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PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE i

La pedagogia nasce come riflessione sull’educazione, così da assumere il paradigma

della scienza in quanto:

• include rigore

• definisce gli ambiti di indagine

• impiega un metodo scelto tra quelli che caratterizzano la ricerca pedagogica

• possiede un proprio statuto epistemologico.

Una riflessione è chiamata in causa nel momento in cui si deve indicare il senso,

scientifico-culturale, che l’educazione deve possedere in una determinata società.

Così la pedagogia protende il suo impegno circa:

• i traguardi dell’educazione

• i principi su cui erige le sue riflessioni

• i modelli attraverso cui l’azione pedagogica si compie

Se si vuole fissare una data di nascita della pedagogia ci si deve ricondurre agli scritti

del vescovo Comenio con la sua Didattica Magna, il quale indaga sulle pratiche di

avviamento del bambino alla conoscenza e al mondo.

Se con Comenio possiamo dare avvio alla scienza pedagogica, di educazione si

comincia a parlare dai primordi dell’umanità, in particolare quando si è sentita la

necessità di consegnare alle giovani generazioni gli elementi della tradizione più

significativa, nel campo:

• teorico: parte della ricerca che assume la fisionomia di filosofia dell’educazione

• pratico: creazione di tecniche, mezzi e strumenti per agire.


La prospettiva storica apre la strada per un altro aspetto dell’educazione, la sua

problematicità.

I problemi che l’educazione porta in servo vanno dalla comprensione del soggetto che

si educa, alle forme di conoscenza, fino a giungere ai contenuti in cui opera.

PEDAGOGIA SOCIALE: scienza che investiga sulla trama delle relazioni che instaura il

soggetto che si educa con le strutture e sovrastrutture della società. Il problema della

dialogicità interpersonale è oggi definito dagli studi neuroscientifici, che attribuiscono

al cervello la funzione di “pilota automatico”; il cervello rappresenta quindi il pilota del

nostro comportamento, ed ogni attività sociale è determinata dal suo funzionamento.

La famiglia assume forme differenti sia per la presenza o meno di bambini, sia per

l’esistenza dei nonni, sia per le soluzioni mononucleari quando si reclama il diritto anche

alla donna singola di educare la prole. Invece conviene richiamare il principio della coppia

come modello di famiglia, che il sociologo Alberoni aveva definito come “movimento

collettivo a due”.

Da un punto di vista storico, il termine pedagogia compare per la prima volta sul finire

del V secolo a. C. In tale periodo il significato semantico di pedagogia viene ricondotto

esclusivamente all’allevamento della prole, al travasare conoscenze ed abilità

spendibili nel quotidiano vivere.

Successivamente, con la parola pedagogia si cominciò ad intendere l’insieme di tutte

quelle pratiche che I pedagoghi, ossia i servi cui erano stati affidati i bambini almeno fino

all’efebia, mettevano in atto per portare a compimento i loro compiti (Genovesi).


La pedagogia è “la scienza e l’arte dell’insegnamento”. Questa è la

definizione classica sulla quale possiamo riflettere con maggiore modernità.

Occorre quindi chiedersi perché scienza e perché arte:

• è scienza perché ogni intervento progettato per educare esige una riflessione e

una legittimazione che assicurino il successo educativo e tengano alla larga la

pretesa che colui che possiede conoscenza, l’insegnante quindi, possa fare ciò che

vuole rispetto a colui che non conosce e vuole apprendere

• è arte perché si affida alla sensibilità dell’insegnante, alla sua genialità creativa, al

suo amore nei riguardi dell’allievo, alla sua passione ed intelligenza nell’educare.

L’insegnamento rinvia necessariamente al sisnum agostiniano: quello, cioè, che

consente di individuare attraverso l’indicazione del maestro la fonte di verità.

Insegnare significa dare qualcosa, sotto forma di contenuto o altro, quindi, di

informazione o formazione a qualcuno.

Una tendenza alla solidarietà ed apprezzamento umano, in cui la relazione educativa

fa da padrona.

Questa espressione, l’insegnamento, negli anni recenti, anche sotto l’influenza della

tecnologia e degli studi di settore, è stata sostituita dalla parola “apprendimento” che

ribalta la responsabilità educativa spostandola dall’educatore all’educando.

La persona umana è dotata di potenzialità interiori profonde che chiedono di essere

liberate ed espresse.

Esse si orientano certamente sul piano:

• dell’esistenzialità: si pensi alla cura della salute fisica, psichica e mentale

• dell’essenzialità: cioè quella definita come la dimensione trascendente che

conduce alla valorizzazione dello spirito.


Deve essere osservato che la pedagogia non può e non deve essere riconosciuta

come la (unica e sola) scienza dell’educazione. Il rapporto che la pedagoga fissa con

la scienza dell’educazione è a fondamento di quest’ultima e ne rappresenta una delle

maggiori espressioni nei contesti educativi e formativi. La pedagogia quindi è una

scienza autonoma all’interno delle scienze dell’educazione, alla quale offre il suo

aspetto critico e disciplinare.

La pedagogia ha il grande dovere di riflettere sul significato e sull’importanza sociale

che ha l’educazione, sollecitando criticamente ogni aspetto ad esso appartenente.

Tale immagine suggerisce e reclama l’elaborazione di un pensiero umanizzante, il

quale costituisce la maggior forza al servizio dello sviluppo del singolo e della comunità

in generale, nonché capace di riconoscere l’uomo nella sua totalità e diversità. Parlare

di pedagogia, così come di educazione, significa principalmente riflettere sulla

persona.

Un valore assunto, quello della persona, su cui si è investito ed edificato ogni sviluppo

collettivo e singolare e su cui saremo costretti a capitalizzare il nostro divenire. La ricerca

scientifica, appartenente alla pedagogia, sostiene questo impegno; di certo si tratta di

una sfida continua, di un’impresa che richiede impegno e sacrificio, ma comunque

capace di assicurare alle nuove generazioni un futuro migliore rispetto a quello, seppur

qualitativamente sostenibile, lasciato dai nostri padri. Per questo è necessario

ricercare nuove strade, paradigmi e strategie educative e formative.

Così, la pedagogia si delinea come scienza fondando le sue radici nel rinascimento, e

più precisamente in quell’inquietudine scientifico-culturale che si è espressa nell’Italia

fiorentina nel XVI secolo.

Nel XX secolo, attraverso l’affermarsi dello spiritualismo e del neoidealismo, la

pedagogia ha cercato di connotarsi come scienza in continuo divenire, capace di

conformarsi ai rapidi cambiamenti imposti dalla società moderna. Tutto ciò è

indicatore dell’intenzione, da parte della pedagogia, di assumere un ruolo


fondamentale nell’esistenza della persona al fine di maturare ogni soggetto in modo

equilibrato e sociale.
EPISTEMOLOGIA: il termine deriva dal greco epistème, cioè scienza, e lògos, cioè il

sapere della scienza stessa. L’epistemologia rappresenta lo studio dei paradigmi e

del pensiero che appartengono ad una data area del sapere umano, attraverso

metodi e verifiche che corroborano o falsificano, secondo il modello popperiano, un

dato sapere.

Tra le principali aspirazioni e connotazioni dell’epistemologia si ricordano:

• il convenzionalismo: aderente al pensiero di E. Mach e P. Duhem

• il neoempirismo logico: espresso dal Circolo di Vienna agli inizi del secolo trascorso,

che si connota per un approccio positivista ed empirico alla realtà

• le ricerche: riferibili a I. Lakatos, T. Khun, P. Feyeraben

• il metodo della falsificazione: di popperiana, memoria che, nel 1902, espresse la

necessità di un metodo secondo il quale “una teoria scientifica è tale se è falsificabile,

ossia se è concepita e formulata in termini da poter essere sottoposta ad esperimenti

in grado di provarne la (eventuale) falsità” (Morselli 1993).

Il termine pedagogia deriva dalle parole greche pàis, che significa fanciullo, e goghè,

termine usato per identificare un determinato tipo di condotta (sia da parte

dell’educatore che del discente), nonché il condurre e guidare il soggetto in

apprendimento verso la realizzazione dei propri obiettivi di vita.

Come si è potuto osservare, la pedagogia non dipende da una sola idea di

impostazione positivista, intendendo con questo temine il suo aspetto ermeneutico,

ma che nella scientificità dei fatti e nel suo processo di sperimentazione, sviluppa

concetti metafisici e platonici. Da quanto espresso ne deriva la sua connotazione

filosofica, non a caso la pedagogia trae la sua origine espistemologica dalla filosofia.

Ed è qui che la pedagogia trova la sua più naturale ragion d’essere. Una

responsabilità educativa che contempla:

• il suo essere scienza dell’educazione


• di essere arte filosofica dell’educazione.

Una riflessione critica sulla pedagogia ha l’obbligo di:

• indagare sulla formazione e sull’educazione del soggetto considerandolo nella

sua totalità psicofisica, determinando i fini e gli scopi che si debbono perseguire

• definire il metodo più adeguato alla realizzazione degli obiettivi, l’arte con cui

intraprendere tale viaggio.

A modo di una prima conclusione, può essere riaffermata l’autonomia della

pedagogia rispetto alle altre scienze, in particolare alla filosofia. La pedagogia “fa

tesoro dalla filosofia la volontà di andare oltre il fenomenico, di cercare di capire la

causa dei fenomeni stessi assegnando loro una ragione, ma che non si vede né si

tocca perché manca dei requisiti della concretezza” (Genovesi).

Comenio, attraverso i problemi educativi di quel tempo, soffermandosi soprattutto sulle

opportunità che ogni soggetto possiede nel formarsi, nell’evolvere e nell’aumentare il

suo grado culturale e intellettivo attraverso la potenzialità, definita dallo stesso autore

come “ragione”. Ecco, allora, la necessità di un ideale pansofico, dove ogni soggetto è

ritenuto custode di possibilità educative da dover far innalzare attraverso una

formazione aperta a tutti, distaccata dall’idea di formazione èlite, riconosciuta solo alle

classi più benestanti.

La pedagogia si trova ad un punto nodale: il suo riconoscimento universale che

disciplina investigativa sull’educazione.

La lezione comeniana trova sostanza nella rivoluzione espressa nel pensiero di

Rousseau, dove si sancisce una “educazione secondo natura”, in contrasto con quella

oppressiva di una società lentamente in declino nei suoi ideali.

L’eredità di Rousseau risiede nell’ideale di libertà, di sviluppo delle facoltà del bambino

attraverso un contatto diretto con la natura: tutto ciò che è naturale è buono.
I GRANDI MAESTRI

Le correnti di pensiero attraverso cui è possibile suddividere i grandi maestri sono:

• corrente mistica

• corrente scientifica

• corrente filosofica

CORRENTE MISTICA: ne fanno parte i derivanti di Rousseau, i quali hanno l’idea positiva

di un’educazione secondo natura. Di questa corrente fanno parte anche Lew Tolstoy,

con la sua scuola di Jasnaja Polijana fondata sulla libertà del discente, e Anton

Semenovic Makarenko, per mezzo del suo collettivo pedagogico. Possono essere

accreditati anche Maria Montessori e le sorelle Agazzi e Maria Boschetti Alberti (la

maestra dalla penna rossa), che sottolineò l’esigenza di una vera e propria

“personalità dell’educatrice”, quale componente fondamentale per ogni agire

formativo.

LA CORRENTE SCIENTIFICA: attraverso le chiavi di lettura date dalla corrente mistica e con

un ripensamento del bambino come “un essere completo” e portatore di aspetti morali,

di valori e di relazioni empatiche, che nell’adulto si trovano spesso sopite dietro a ritmi

e ad azioni sociali, talvolta oppressive e repressive, la pedagogia assume una

prospettiva che trova nello studio scientifico del processo educativo una solida base

teorica e prassica che farà da cornice alle future idee pedagogiche.

Molti sono stati gli studiosi che hanno riflettuto su tali questioni tanto da rendere

impossibile di fare una rassegna completa.

Tra i grandi maestri ricordiamo Ovide Decroly, il cui apporto risiede nell’aver definito

l’educazione come un bisogno e un processo mentale di soddisfazione e maturazione,

e Maria Montessori, che, oltre ad aver riferito concetti ancora attuali sulla pedagogia,
reclama la necessità di una scuola “a misura di bambino” al fine di sostenere

l’autoeducazione.

LA CORRENTE FILOSOFICA: tale corrente si basa su un concetto di educazione teorico-

riflessivo, secondo cui la pedagogia ha il compito di costruire sistemi educativi di

riferimento nel momento di attuazione dell’educazione.

Da qui una pedagogia sistemica, che annovera la pedagogia come insieme di una

pluralità di azioni.

Di questa corrente fa parte John Dewey, il quale sostiene l’importanza dell’agire e del

fare in modo diretto proponendo scuole-laboratorio, ed Edouard Claparède, che pone

l’accento sull’attività soggettiva quale unico elemento per una corretta

autorealizzazione psicologica e biologica fondata sull’interesse personale.

Molti altri autori rimangono esclusi dalla triplice classificazione delle varie correnti

di pensiero. Scienziati che difficilmente possiamo circoscrivere all’interno

dell’una o dell’altra corrente, ma che comunque hanno avvalorato la pedagogia

quale scienza, rendendola a pieno titolo autonoma ed appartenente

all’universo educativo.

Ci si riferisce, ad esempio, a Flores d’Arcais, Santomauro, Leang, Gattullo, Freinet,

Piaget, Bruner, Mencarelli etc. che, quantunque non appartenenti ad un specifico

pensiero, nella loro opera educativa si possono rintracciare le basi della pedagogia

moderna.

Con quanto espresso si vuol intendere che le varie esperienze educative che hanno

contrassegnato tutto il XX secolo, se non anche antecedenti, generano e rendono

possibile teorie e modelli di pensiero sulle “grandi idee”:

• il mondo come ambiente da rispettare e onorare;

• L’uomo quale espressione metafisica di potenzialità assolute


• Dio quale ente supremo

Le varie esperienze educative che hanno segnato la nascita della ricerca educativa

derivano da due principali correnti di pensiero: l’attivismo e il positivismo.

L’ATTIVISMO ebbe inizio sul finire del XIX secolo principalmente per opera di John Dewey.

Porta alla nascita delle scuole nuove, che si differenziano dalle precedenti perché

escludono la memorizzazione delle nozioni, basandosi sugli interessi dei discenti e su

un’alternanza di attività teorica e pratica. Si ha quindi un passaggio da una scuola

basata sulla figura del maestro a una basata sugli interessi dell’alunno, quindi sia

l’insegnante che l’alunno hanno un ruolo fondamentale sulla realizzazione del percorso

di maturazione. Le caratteristiche dell’attivismo possono essere sintetizzate in:

• la forte componente puerocentrica

• Notevole importanza della psicologia, soprattutto quella riferibile allo sviluppo ed

apprendimento umano

• Il ruolo secondario assegnato al docente, visto come guida e non come protagonista

• Una personalizzazione del percorso formativo secondo gli interessi e i bisogni del

discente

• Una concezione dell’educazione come prospettiva pratica ed operativa

Il POSITIVISMO è nato nella prima metà del XIX secolo è ispirata ad alcune idee guida

fondamentali riferite alla celebrazione del progresso e del metodo scientifico.

La parola deriva dal latino ponere, che ha come significato ciò che è posto, ciò che è

concreto e reale. Il Positivismo nasce come risposta dell’Idealismo, opponendo alle

condizioni metafisiche espresse nel pensiero idealista, la concretezza scientifica del

metodo sperimentale.

Tale corrente di pensiero si è andata ad affermare in tutto il pensiero

occidentale e si è tradotta in paradigma di riferimento a seconda delle tradizioni

culturali e politiche dei vari Paesi.


Non poche sono state le critiche mosse al modello positivista; un modello di riscontro

oggettivo della critica empirica del positivismo è stato elaborato da Mach, il quale

sostiene che la conoscenza sia una esperienza pura nella quale si effettuano delle

sintesi scientifiche per una economia di pensiero. Soltanto queste sintesi possono

essere sottoposte a controllo e verifica sperimentale rappresentando la massima

espressione della conoscenza stessa.

Ma nonostante i suoi aspetti critici e le forti perplessità epistemologiche e

paradigmatiche, il positivism lascia in eredità alla cultura moderna, in particolare a quella

occidentale, il credito circa l'importanza che la ricerca scientifica possiede per la

conoscenza e per la trasformazione sociale.

Non a caso la pedagogia sperimentale pone a suo fondamento il metodo positivista,

avanzando l’idea che, come afferma Kelly, tutto ciò che è conoscibile è anche

misurabile, attraverso il metodo scientifico sperimentale e le scienze.

Positivismo e Attivismo hanno influenzato la nascita della pedagogia. Il Positivismo da

importanza al metodo scientifico per poter verificare un fenomeno; l’Attivismo invece crea

una nuova idea di rapporto tra docente e discente, dove il docente non è più la figura

centrale ma una guida. La pedagogia è considerata quindi una tra le scienze a

fondamento delle scienze dell’educazione.

I GRANDI MAESTRI: Tolstoj, Makarenko, sorelle Agazzi, Maria Boschetti Alberti, Maria

Montessori

Per LEW TOLSTOJ l’educazione rappresenta un diritto inalienabile della persona, in tal

senso l’educazione rappresenta un insieme di norme e comportamenti generali che

vigilano e regolano i rapporti tra gli uomini e per questo ha l’obbligo di essere accessibile
a tutti. La sua idea di educazione era fondata sul principio che si poteva crescere ed

educare senza oppressioni e paura generata da castighi e punizioni, per questo fondò

la Scuola di Jasnaja Polijana. Secondo tali prospettive l’insegnamento diviene uno

strumento educativo e di cultura a disposizione del discente che apprende in

autonomia e libertà.

ANTON SEMENOVIC MAKARENKO rappresenta uno dei grandi Mestri per la creazione

della colonia di Gorkij. Inquesta colonia, chiamata La Comune, il lavoro nella classe

era svolto con molto rigore e ai bambini veniva chiesto il massimo sforzo possibile con

metodi a volte molto duri. Tale modello educativo diviene a fondamento dell’idea e

dell’agire educativo comunista, il quale esprimeva la volontà di formare un uomo

collettivo (espressione di uomo morale, sociale e politico). L’opera più significativa di

Makarenko è “Il Poema Pedagogico” che rievoca l’esperienza della colonia di Gorkij. Da

qui nasce il collettivo pedagogico che sostiene che l’educazione deve essere un’azione

comune, che coinvolge in modo naturale insegnanti e alunni e che soltanto educando

nel collettivo è possibile educare e formare in modo significativo e completo. Si può

affermare quindi che il pensiero e l’opera di Makarenko sono stati diretti e determinati

da due principi: uno politico e uno ideologico.

Il metodo educativo di ROSA e CAROLINA AGAZZI si basa su due principi: dell’ordine e

del rigore; è solo attraverso questi elementi che è possibile esercitare la propria

libertà senza traumi, obblighi ed affanni, giocando con le cianfrusaglie che si trovano

all’interno della scuola e della classe, selezionate dall’insegnante. Tale contributo è

da collocare nella corrente dell’Attivismo pedagogico italiano. Nel metodo utilizzato

dalle due sorelle forte è l’uso del colloquio, della relazione educativa che le maestre

istituiscono con i bambini, della pulizia e della cura di sé stessi (igiene personale).

L’asilo di Mompiano, diretto dalle sorelle Agazzi, proclamava: l’esercizio

dell’ordine, il metodo intuitivo, l’osservazione delle cose naturali, il gioco, l’uso del
linguaggio, l’operosità e i modi gentili. L’educazione nasceva dal gioco,

dall’ascolto, dal fare e dall’osservazione.

MARIA BOSCHETTI ALBERTI è stata identificata come la “maestra della penna rossa”. La

sua idea di educazione era mossa dalla grande propensione e naturalità all’educare.

Nel suo momento pratico adottò notevoli metodi, soprattutto quello di promuovere

un’educazione attiva e a misura del discente. Proponeva una “scuola serena”, basata

appunto sul discente, fondata sulla semplicità e sull’amore.

Il focus educativo era la cura dello spirito, l’esaltazione dell’ideale di libertà e la

flessibilità didattica. L’insegnante voleva promuovere un’educazione attiva, capace

di svegliare l’interesse del ragazzo per lo studio.

MARIA MONTESSORI è stata la prima donna in Italia a laurearsi in medicina. Ha dato un

grande contributo alla Pedagogia, in particolare alla pedagogia speciale perché nel

1906 ha aperto “La Casa dei Bambini”, in cui ha applicato il metodo educativo da lei

stessa ideato, in cui si ha particolare attenzione nei riguardi dei bambini cosiddetti

“anormali”. La casa era organizzata in maniera scientifica, a misura di bambino, il quale,

per la Montessori, possessore di una mente capace di apprendere e assorbire

esperienze. Il rispetto per il bambino, anche portatore di deficit, è alla base del metodo

della Montessori, fino al punto di eliminare il confino tra soggetto normale e anormale.

Il metodo si focalizza sul bambino promuovendone i sensi, definiti “la porta dell’anima”;

in questo modo l’educazione sensoriale è fondamentale non solo per la corretta

educazione, ma anche per un proficuo apprendimento. Nel metodo della

Montessori, il docente è solo il tramite tra il discente e l’ambiente circostante; nello

stesso modo risiede un altro concetto fondamentale, quello dell’autoeducazione. Ed è

grazie all’interesse per il bambino che il XX secolo è stato identificato come “secolo del

bambino”.
OVIDE JEAN DECROLY è un medico psicologo appartenente alla corrente scientifica ed è

una delle massime autorità del positivismo europeo. Il suo pensiero risalta nel “metodo

globale”; la sua riflessione pedagogica si basa sul concetto di maturazione retta sulla

natura psicologica dei fanciulli e perciò da definire sulla

scorta di osservazioni oggettive nel quotidiano. Tale modellistica si incentra sulle

capacità e sui bisogni del soggetto.

Dal pensiero di Decroly si estrapolano due principi:

• globalismo conoscitivo: esprime la necessità nel bambino di una matrice ad una

visione globale delle cose provenienti dall’osservazione, dall’associazione e

dell’espressione; un insegnamento di cose attraverso un metodo che proceda dal

complesso al semplice.

• centri di interesse: l’apprendimento nasce dagli interessi ed essi scaturiscono

dai bisogni (nutrirsi, difendersi, agire); ogni percorso formativo deve quindi

possedere centri di interesse specifici.


CELESTIN FREINET è considerato il rappresentante della “scuola attiva” francese. La

sua didattica si ispira ad un criterio che dovrebbe caratterizzare l’esprit experimental

dei docenti, i quali non consideravano il fatto che non esistono certezze assolute e

soluzioni prefabbricate, ciò nonostante vengono proposte agli scolari. Didattica e

pedagogia, come l’apprendimento, dovrebbero procedere per tentativi, il discente

avrà così la facoltà di scoprire da sé una scuola attiva. Secondo Freinet lo scopo

dell’educazione è lo sviluppo della personalità del bambino, visto come membro di

una determinata società. Per lui la scuola deve esser luogo di esperienze formative

basate sui bisogni e interessi del soggetto. Varie sono le tecniche che il pedagogista

propone, molte delle quali ancora in uso; nella sua classe di Bar-sur-Loup offre una

manifestazione di una scuola aperta alla vita, un’educazione capace di destare gli

animi del soggetto attraverso esperienze formative attive (gite, visite, lavori di gruppo)

basate sugli interessi e i bisogni del soggetto.

JOHN DEWEY è l’esponente della corrente americana del pragmatismo e il massimo

rappresentante della Scuola Progressiva, le sue idee si mossero in tutto il campo delle

scienze umane: dal pensiero filosofico origina l’idea di uomo, dalla sociologia ricava

l’attenzione e l’importanza della libertà in ogni agire formativo e dalla pedagogia ottiene

il fine dell’agire educativo riassunto nella semantica “il posto giusto per ogni persona”.

La finalità dell’educazione diventa sociale, a sostegno della democrazia, che sarà il

perno di una scuola basata sull’esperienza e sul fare, una scuola laboratorio che

insegna il giardinaggio, la cucina, la scelta, ecc, che fonda il suo processo nello slogan

“imparare facendo”. Democrazia ed educazione sono in stretta reciprocità.

Dewey riassume la sua teoria nella frase “il posto giusto per ogni persona”, cioè

bisogna partire da un’educazione che riguardi gli interessi del soggetto, svolgendo

attività comuni e quotidiane, che creino una persona in grado di agire nella vita sociale.

Perciò il fare deve essere orientato allo sviluppo soggettivo.


JEAN PIAGET sostiene che il processo evolutivo avviene tramite un’influenza reciproca e

costante tra il soggetto e l’ambiente sociale che lo circonda. Una crescita in cui giocano

un ruolo importante la natura biologica e il pensiero. Lo sviluppo soggettivo consiste

essenzialmente in un cammino verso l’equilibrio. Alla base di tale sviluppo esistono due

leggi: l’assimilazione e l’accomodamento. Quando qualcosa viene assimilato e fatto

proprio, il soggetto sarà in grado di riprodurlo mentalmente in un processo chiamato

interiorizzazione. Tutto avviene attraverso diverse fasi.

Lo sviluppo del bambino si può paragonare alla crescita organica che tende verso un

equilibrio. Sotto tali aspetti si possono distinguere: equilibri stabili (la crescita organica)

ed equilibri mobili (l’intelligenza, la sfera affettiva ecc..).

Inoltre esistono funzionamenti costanti a tutte le età come gli interessi, capaci di

muovere l’agire, e l’intelligenza come spiegazione all’azione. Il superamento di uno

stadio non è altro che un bisogno generato da uno squilibrio.

Le fasi dell’evoluzione del bambino per Piaget sono:

• Senso motoria: il bambino fa le prime esperienze

• Senso percettiva: cominciano le prime operazioni intuitive che imitano l’adulto

• Operazioni concrete: il bambino di 7/8 anni necessita di sperimentare

attraverso i sensi per concettualizzare un oggetto

• Operazioni formali: 11/12 anni, si raggiunge la compiutezza dell’intelligenza riflessiva.

Piaget per descrivere le scienze dell’educazione adotta la metafora “il cerchio delle

scienze”. Questa metafora offre dignità scientifica ad ognuna e allo stesso tempo

obbliga a considerare ognuna di esse come parte di una circonferenza e che

eliminandone anche soltanto una si può rompere il cerchio. La pedagogia, così come

la filosofia, la didattica, la psicologia e ogni altra scienza umana dell’educazione, fanno

parte di questa circonferenza. Ognuna dialoga obbligatoriamente con le altre offrendo

e ricevendo contributi.
JEROME BRUNER rappresenta uno dei massimi esponenti del comportamentismo. Una

delle sue grandi idee, su cui si fonda anche la scuola italiana, è quella

dell’organizzazione dei contenuti secondo una “spirale a progressione ottimale”. La

flessibilità dei contenuti è data dalle fasi si sviluppo dell’apprendimento; un

apprendimento “di cose e sulle cose”.

Nella tesi di Bruner, l’attività del pensiero è fortemente creativa, i contenuti devono

essere organizzati in maniera tale che ogni soggetto possa apprendere con facilità ciò

che è essenziale alla crescita intellettuale. La struttura di una disciplina è data dai sui

concetti chiave e dai suoi principi organizzatori.

I principi educativi espressi da Bruner sono presenti nella teoria dell’istruzione, che ha

origine nell’idea di struttura, la quale conferisce all’argomento la sua fondamentale

semplicità. L’educazione diviene una continua azione di apprendimento delle strutture,

che hanno la particolarità di essere conservate e riutilizzate quando si riconosce che

sono un aspetto particolare di un caso generale. Per Bruner è indispensabile insegnare

tutto ciò che vale la pena sapere.

MARIO MENCARELLI pone le basi del concetto di “educazione permanente” in

Italia. L’educazione permanente deve essere:

• educazione totale (per il rispetto dovuto ad ogni essere umano)

• Educazione integrale

• Educazione critica

• Educazione alla sintesi operativa (per educare all’originalità)

• Educazione al dialogo.

L’educazione permanente trova le sue radici in una scuola di base intensa, cioè

una scuola in grado di creare una società adulta del bambino; bisogna quindi

promuovere nei ragazzi l’essere responsabili, l’esprimersi e il vivere la realtà

comunitaria.
Con la “vigilanza epistemologica” Mencarelli sostiene che occorre riflettere sulla

codificazione di informazione, dove ogni soggetto può tradurre dati sociali in

cambiamenti significativi.

Sulla scorta delle riflessioni prodotte da Comte e Durkheim si può definire la pedagogia

come “teoria pratica dell’educazione” o la “scienza dell’educazione dei bambini”.

Secondo tale prospettiva si possono distinguere nettamente la pedagogia e

l’educazione. La pedagogia risulta essere una sfaccettatura, soprattutto teorica,

dell’educazione, la quale, a sua volta, può essere considerata come azione volta a far

esprimere le potenzialità che ogni soggetto possiede. La pedagogia si incarica di

meditare sull’educazione e sulla sua valenza sociale. Il processo educativo è un

percorso che invece dura tutta la vita, in cui ogni scienza si attiva per rendere ogni

azione educativa capace di formare e dare possibilità di maturazione al soggetto in

apprendimento in un percorso culturale, riferibile sia ad un bambino che ad un adulto.

IL METODO

Il termine metodo sta ad identificare la via da percorrere per giungere ad un determinato

obiettivo.

In senso più ampio, descrive l’insieme delle fasi e l’utilizzo degli strumenti che si attivano

al fine di giungere a una nuova conoscenza. Il metodo serve sia per ordinare e

classificare, sia per incrementare conoscenze o avvalorare quelle già esistenti. Da qui

si evincono:

• il metodo sistematico, che indica le norme con le quali il sapere viene ordinato

• il metodo inventivo, che offre i procedimenti con i quali dalle cognizioni note si passa

a quelle ignorate.

I metodi usati in pedagogia sono:

metodo sperimentale, deduttivo, intuitivo, comparativo, fenomenologico e discorsivo.

Tuttavia i metodi principalmente utilizzati sono due: discorsivo e sperimentale.


Il metodo discorsivo è di stampo cattolico, derivante da Metèlli di Lallo. È il confine di

una moltitudine di informazioni sulla natura della persona sia di origine sociologico

che filosofico, ma anche biologico e psicologico. Tali informazioni potrebbero essere

ordinate per dare un quadro su dimensioni, risorse e bisogni della persona.

(discorsivo: cercare di far confluire più prospettive su un determinato argomento).

Il metodo sperimentale deriva dal positivismo, sostiene la ricerca empirica e si avvale

dell’esperimento sia in laboratorio che in contesti educativi.

Nelle scienze umane il metodo assume un ruolo essenziale sull’investigare la natura

dell’uomo attraverso tecniche e strumenti capaci di fornire informazioni.

LA RICERCA

Per ricerca si intende lo studio sistematico con il quale si propone di

implementare il proprio sapere. La ricerca è un’indagine condotta con criteri di

sistematicità per scoprire o approfondire i fatti.

Vi sono due tipi di ricerca:

- la ricerca teorica, che necessita di un discorso fondato sul paradigma filosofico

derivante dalle idee che si si hanno di uomo, persona ed educazione

- la ricerca pratica che necessita di un discorso fondato sul paradigma scientifico,

ed è quindi l’oggetto di studio il punto principale. Da qui la sostituzione del

pensiero filosofico con quello scientifico che indaga la natura dell’uomo

attraverso metodi capaci di fornire informazioni esatte.

Mialaret sostiene che la ricerca teorica, definita come pura, e la ricerca pratica

(applicata) non devono essere prese in considerazione unilateralmente ma devono

costantemente relazionarsi tra loro. Egli chiama questa relazione “atteggiamento

scientifico”.
Inoltre, Mialaret identifica 8 macro-fasi della ricerca:

1. Identificazione del problema specifico che si vuole studiare: si definisce l’oggetto

della ricerca e l’azione da esercitare

2. Rassegna dell’argomento: a che punto siamo? Cosa è già stato fatto? Risultati

ottenuti?

3. Analizzare la situazione: definire le variabili dipendenti e indipendenti, si fanno ipotesi

sulla ricerca

4. Valutazione variabili: criteri e metodi. Si definiscono gli strumenti di valutazione.

5. Costruire un piano sperimentale che conferma o respinge l’ipotesi

6. Applicazione del piano sperimentale: esige dal ricercatore delle attività a monte, cioè

sceglie i soggetti sui quali verterà l’azione educativa sperimentale, e a valle, cioè come

saranno raccolti, raggruppati ed analizzati i risultati.

7. L’insieme delle osservazioni fatte nel corso della sperimentazione permettono al

ricercatore di fornire interpretazioni sia particolari che generali e ad incrementare il

sapere nel campo studiato; così emergeranno nuove ipotesi

8. Pubblicazione scientifica della ricerca per divulgare dati e teorie.

La situazione educativa è un processo di trasformazione continua e di maturazione

delle potenzialità umane. È fortemente influenzata dall’instabilità che la società

odierna porta. La società viene definita complessa o liquida, ovvero una società in cui

tutto si sposta con estrema velocità e dove il soggetto viene costantemente

sollecitato a codificare e selezionare un’infinità di informazioni.

Mialaret individua 6 fattori che influenzano la situazione educativa:

• il tipo di società, ogni società ha determinate caratteristiche economiche, storiche,

politiche, ecc..

• sistema educativo, il quale produce un proprio impianto educativo a seconda dei fini

che la società stessa intende perseguire


• programmi generali e particolari: ogni sistema educativo produce un programma che

definirà il contenuto dei vari insegnamenti

• metodi e tecniche al fine di attuare i programmi

• architettura scolastica, in questo settore rientravano le risorse ambientali, gli edifici

predisposti e adatti al lavoro pedagogico, il materiale per l’elaborazione dei metodi

tecnologici ecc.

• reclutamento della formazione degli educatori.

La pedagogia è un elemento di mediazione tra ciò che è già esistente (la persona nel

suo stato di quiete) e ciò che essa potenzialmente può diventare attraverso un

processo di ricerca ed educativo di tras-forma- zione:

• tras: modifica del soggetto

• forma: assumere la propria forma

• azione: momento pratico dell’agire.

Esiste una possibilità per operare questa mediazione:

• richiamare i paradigmi del discorso scientifico-culturale

• tentare di fissare il parallelo mente e metodo

• recuperare la “mano sinistra” (metafora di Bruner), quella del cuore, perché operi

unitamente alla destra, quella della ragione.

L’ambiente entro cui si svolge la situazione educativa deve fornire il piacere

dell’apprendere e del fare domande ricercando le soluzioni in un contesto ricco di stimoli

da parte degli insegnanti volti alla realizzazione delle potenzialità umane. Ciò implica

luoghi dove sia possibile esprimersi liberamente, senza costrizioni, imparare a

conoscere, imparare a fare e imparare ad essere, in una prospettiva di educazione

permanente, dando origine a quello che l’UNESCO descrive con lo slogan “imparare ad

imparare”.
L’EDUCAZIONE DEL BAMBINO

L’educatore moderno deve possedere queste caratteristiche:

• cogliere i cambiamenti sociali

• interagire con il bambino in modo produttivo ed empatico

• vigilare sulle esigenze e sui bisogni del fanciullo attraverso apprendimenti significativi

• saper identificare metodi e strumenti adeguati.

L’educatore inoltre deve saper progettare un percorso formativo, mantenere un

dialogo con i colleghi e dialogare correttamente con i genitori. Deve avere l’onere di

sensibilizzare la famiglia a svolgere un ruolo di sostegno nel processo di maturazione

del bambino e intrattenere relazioni con gli altri enti formativi.

Freud considera l’educatore e il genitore mestieri impossibili, in quanto

costantemente chiamati a confrontarsi, sia pure da prospettive diverse per ruolo,

investimento personale e sociale, modelli, tempi e luoghi del rispettivo agire.

Questi mestieri però trovano comune accordo nell’impegno di rendere il bambino

capace di liberare le proprie potenzialità creative e relazionali, e nell’adottare

metodologie permanenti e strumenti efficaci.

PROBLEMI EDUCATIVI DEL BAMBINO

Oggi il bambino è sottoposto a continuo stress e a veri e propri bombardamenti di

informazioni; i tempi e i modi del bambino non sono i tempi e i modi dell’adulto.

Secondo Gisle George il maggior problema che l’educazione del bambino deve

affrontare nella società moderna è l’iperfunzionamento appunto, ciò avviene quando

il bambino viene messo sotto pressione, la macchina si esaurisce. A scuola, con ritmi

che occupano fino a 10 ore giornaliere, lo sport in cui è sempre più richiesta una

filosofia della vittoria e della prestazione, le famiglie in cui i bambini vengono lasciti soli

a se stessi davanti alla tv, il gruppo di coetanei dove vi è la presenza di abusi e atti di
bullismo, provocano così affaticamento fisico e mentale, talvolta un isolamento e

senso dell’abbandono. Tutto questo sfocia in una qualità della vita inevitabilmente

meno elevata, appagata e soddisfacente.

Non a caso negli anni Ottanta viene ad essere descritto un preoccupante dilagare di

ragazzi Hikikomori, termine coniato da Saito Tamaki, psichiatra giapponese, al fine di

identificare una intera generazione di soggetti autoreclusi. Si trattava di ragazzi che

interrompevano le comunicazioni con il mondo sociale e reale e si ritiravano nelle

proprie stanze rimanendovi interrottamente per lunghi periodi, ammazzando il tempo

con i videogiochi prima e con internet poi. Quanto manifestato ha determinato il fatto

che l’educazione del bambino sia diventata sede di ricerca e riflessione per due ragioni:

• la prima, di natura sociale, nella quale si è connessa la necessità di offrire un servizio

pubblico che doni condizioni ottimali di sviluppo ai bambini e permette alle madri di non

interrompere l’attività professionale.

• La seconda, di ordine pedagogico, consiste nel preparare i bambini a diventare allievi,

di andare a scuola e acquisire le competenze necessarie alla vita.


IL GIOCO

Il gioco deriva dal latino iocus, cioè attività gratificante ad esercizio organizzato praticato

in particolare nelle fasi giovanili dell’adulto. Il gioco è un’attività naturale volta alla

preparazione alla vita, è un’azione incondizionata e non legata ad un determinato fine

o scopo, anche se è stabilito da regole e norme. Esso rappresenta un atto complesso

connesso al concetto di libertà, è visto come un momento di crescita e di formazione

nella libertà di fare ed esprimersi in vari contesti senza limitazioni.

Il gioco, nello sviluppo umano, ha sempre più un ruolo fondamentale per valorizzare le

potenzialità umane, assumendo importanti funzioni psicologiche e pedagogiche, a tal

punto da essere usato come metodo di insegnamento e prevenzione. Può essere la

chiave per avvicinare l’azione educativa al bambino in totale armonia.

Deve essere quindi un’attività scelta liberamente e non espressamente

finalizzata ad un obiettivo (ad esempio il dovere di vincere.

Per Bauman il movimento e il gioco riproducono un sistema antropologico che

assicura uno sviluppo adeguato ed armonico della personalità del bambino,

aiutandolo ad avere più fiducia in sé stesso e autostima, che gli permetterà di

affrontare la vita.

Piaget evidenzia 3 tipologie di gioco:

• senso motorio, dei primi anni di vita

• simbolico, tipico dell’infanzia

• specifico, dell’età scolare.

Il gioco deve caratterizzarsi per alcuni aspetti fondamentali:

• stimolare l’interesse attraverso il gioco e la curiosità

• l’insegnamento giocoso propone elementi di apprendimento soprattutto emozionali.

TEORIA E PRATICA IN PEDAGOGIA

La pedagogia si orienta verso due principi:


• Teorico, detto anche speculativo, in cui la riflessione e il pensiero critico vengono ad

essere mobilitati

• Pratico, chiamato in causa nell’attuazione del modello teorico di riferimento.

La teoria viene ad essere alimentata dalla riflessione e dalla elaborazione della

scienza stessa, mentre la prassi si diversifica a seconda:

- dei contesti su cui opera

- dalle variabili ambientali

- dagli elementi contestuali

- dall’unicità della persona.

Teoria e prassi sono due termini che vengono spesso sovrapposti delineandone la loro

interdipendenza, ma la loro unità è scissa nella quotidianità dell’insegnare e

dell’apprendere. Spesso si hanno insegnanti preparatissimi da un punto di vista

teorico, ma incapaci di tramutare le idee in azioni formative e viceversa. Davanti a

questo, Bruner dichiara la necessità di teorie ingenue e pratiche popolari. Tali accezioni

descrivono la necessità di dotare ogni soggetto educante di una “cassetta degli attrezzi”

che sia corredata sia di teorie, per quanto elementari, sia di buone pratiche.

Il King fu tra gli autori che apportarono un contributo allo studio comparativo della

pedagogia.

La pedagogia comparata è il risultato di uno studio prodotto da più teorie che

hanno determinato la realizzazione di istituzioni educative; è un lavoro di ricerca

nel quale più teorie pedagogiche vengono comparate per arrivare a una verità

che risulta dal confronto di più informazioni.

Quando invece si parla di educazione comparata, si intende definire l’ambito di studio

in base al materiale, agli oggetti ed eventi educativi, che vengono manipolati. Nella

situazione educativa si può perciò sostenere che sia la pedagogia che l’educazione

trovano i loro punti di riferimento nel sistema persona-cultura e valori.

Il King suddivide la pedagogia in:


• pedagogia pura (quella teorica)

• pedagogia applicata (l’aspetto pratico)

• pedagogia sociale (intesa come riflessione degli atteggiamenti umani).

King sottolinea la necessità che questi tre elementi sono in costante solidarietà per

mezzo di connessioni.
MODELLO DIDATTICO DELLE TRE I: questa modellistica didattica ha permesso una

messa a fuoco delle finalità dell’agire educativo e attraverso una profonda

riflessione, ha consentito di gettare le basi per un riferimento di analisi.

Tale modello è definito da tre elementi: informatica, inglese e impresa. Essi sono i

perni che rappresentano la possibilità di ogni persona di essere cittadino del proprio

tempo e di restare al passo con i cambiamenti nella società e della cultura. Grazi ad

internet una persona può comunicare e recepire informazioni in modo veloce e sicuro,

con una buona conoscenza dell’inglese può comunicare e fare ricerca in un linguaggio

universalmente comprensibile. Il concetto di uomo colto ricade necessariamente nella

padronanza degli elementi del modello delle tre I.

In pedagogia, così come in didattica, esistono molti modelli a cui riferirsi. Tra i tanti si

possono ricordare:

• modello della comunicazione: “insegnare è comunicare” (ma non è solo trasmissione

di nozioni)

• modello dell’apprendimento: “educare è far apprendere” (ma non è solo apprendere,

è anche insegnare)

• modello tecnologico: efficienza didattica/migliore comunicazione (ma non deve

sostituire l’uomo)

• modello dell’istruzione: “progressione ottimale” (istruire è anche educare).

GLI SCOPI EDUCATIVI

Gli storici saperi basilari dell’istruzione sono: saper leggere, saper scrivere e saper fare di

conto.

I saperi a cui ci esponiamo strutturano e modificano, attraverso la relazione che il

soggetto si trova a sostenere in un momento del suo percorso di istruzione con un

settore del sapere, le operazioni logico- mentali confacenti l’apprendimento,


permettendo così di acquisire abilità metacognitive spendibili in un contesto diverso

da quello nel quale si sono apprese.

L’apprendimento è un percorso attivo mosso da curiosità, motivazione e impegno che

ha come traguardo la maturazione del soggetto.

Bloom tassonomizza 6 obiettivi di questo percorso:

1. conoscenza: livello formata dal puro sapere nozionistico, mnemonico, di

informazioni e dati puramente quantitativi

2. comprensione: rientrano in questo livello gli obiettivi che si possono riassumere

sul fare prorpio un concetto, ma non ancora di applicazione in altre situazioni. Bloom

ne distingue due gradi: traduzione e interpretazione

3. applicazione: consiste nell’applicazione di regole e teorie ad un caso specifico

4. analisi: qui si determina la capacità di cogliere elementi impliciti, ma non direttamente

comprensibili (es:

se si vede un dipinto di un artista si deve essere in grado di risalire all’autore attraverso

il colore ecc.)

5. sintesi: consiste nel riunire gli elementi dell’analisi e nel cercarne dei nuovi, unici

e irripetibili, perché derivanti da un atto creatore

6. valutazione: è la capacità più complessa in quanto richiede uno spirito critico,

di analisi dettagliata capace di entrare all’interno dell’anima delle cose. Consiste

nel poter apprezzare, e quindi valutare, qualitativamente e quantitativamente

eventi, fatti o oggetti in base ad un determinato criterio.

PEDAGOGIA SOCIALE: promozione ad ampio respiro e risposta a quelli che sono i bisogni

sociali che hanno il fulcro del discorso nel “diritto all’educazione”. La pedagogia sociale

ha la facoltà di promuovere azioni di senso circa le idee di trasformazioni miglioristiche

della società stessa.


PEDAGOGIA SPERIMENTALE: deve essere fondata sull’osservazione e sull’esperienza,

che deve essere prima di tutto sperimentale, cioè quella che contiene documenti

raccolti metodicamente e riportati con sufficienti dettagli e precisione perché si

possa ricominciare il lavoro dell’autore, verificarlo o trarre delle conclusioni che egli

non ha rilevato.

PEDAGOGIA SPECIALE: si occupa dell’educazione dei bambini diversamente abili. Il

diverso oggi viene visto come una persona con una dignità, libertà, con un suo diritto

all’educazione, indipendentemente dalle sue condizioni. Sono dunque inadeguate le

prospettive di un tempo che hanno prodotto scuole speciali, le quali hanno contribuito

solo ad una emarginazione ed accentuazione del problema.


PEDAGOGIA E CULTURA

Con in termine pedagogia della cultura si intende l’insieme di idee e di correnti di

pensiero in cui la visione del fenomeno educativo è concepita in base alle civiltà

storiche oggettivamente intese. Un primo esempio della pedagogia della cultura si ha

con Willman, il quale attesta che l’azione culturale avviene per mezzo di impulsi

coscienti e istintivi. Il fine della pedagogia della cultura è creare un uomo colto che

porterà alla creazione di una società di cultura vicino agli ideali di amore e vita. Un

uomo colto è un uomo di coscienza, capace di azioni volontarie volte all’educabilità e

all’apprendimento. Su tali basi lo psicologo tedesco fonda il convincimento che tutti gli

uomini capaci di cultura rappresentano “il ponte verso le altezze da cui vengono luce,

amore e vita”.

La cultura, oltre a diventare un insieme di materiale da offrire come contenuto alla

persona, è assunto nella sua natura costitutiva. Il fattore cultura viene quindi

contestualizzato nell’agire educativo e formativo. La cultura si differenzia in base a due

sensi:

• Senso classico: vengono messi in luce tutti quegli elementi storici che

identificano l’uomo nel suo progredire.

• Senso antropologico: con il termine cultura si intende l’universo come espressione

dell’umanità nella sua singolarità.

Peters nel 1977 coniò uno slogan “viviamo per imparare e impariamo per vivere”, con

tale slogan si vanno a rappresentare le più alte potenzialità del singolo. La persona ha

l’attitudine di rendersi autonoma e di avvalorare le sue più intime manifestazioni

creative, iniziamo ad imparare quando c’è qualcosa da sapere e qualcuno che lo

insegna, poco importa come.


METODOLOGIA DELLO STUDIO

La metodologia di studio risulta tanto importante quanto la conoscenza

qualitativa- quantitativa della disciplina e lo stile di apprendimento dei saperi e

delle informazioni che ne scaturiscono.

Gli elementi che compongono una corretta metodologia di studio sono:

• come si legge

• come si scrive

• come si ascolta

Fasi della lettura:

1. avere il libro, testo, saggio, ecc.

2. memorizzazione di alcuni elementi: titolo, sottotitolo, autore, casa editrice e anno di

pubblicazione

3. riflettere su: struttura del libro, prefazione, introduzione, capitoli, conclusione e

appendice

4. leggere le parti evidenziate nel punto 3, sottolineare e fare appunti

5. riassumere: si elabora infine un riassunto contenente le parti lette con l’aggiunta

di approfondimenti personali

Ciò deve essere eseguito a voce e in forma scritta; si esegue una scheda riassuntiva

alla fine.

Quando si legge si deve cercare il concetto essenziale, si devono cogliere i particolari

importanti e si deve valutare ciò che si legge.

Fasi della scrittura:

1. focalizzare il problema e scrivere il titolo

2. strutturare il proprio discorso, aggiungere materiale e scrivere di getto su un

problema
3. citare altre fonti, inserire eventuali note a piè di pagina, aggiungere eventuali supporti

visivi

4. controllare che lo scritto sia armonico

5. riscrivere il testo in forma corretta

6. scrivere una conclusione

7. scrivere la prefazione, che potrebbe essere eseguita anche da terzi, ma vanno

comunque citati il metodo e i punti nodali del libro

8. scrivere la bibliografia

9. scrivere l’indice dei nomi.

Lo scrivere implica un’organizzazione del pensiero, la conoscenza approfondita di un

settore specifico del sapere e fornisce un’utile e pratica competenza.

L’ascolto permette di poter prendere appunti o di registrare. La registrazione permette

di assumere dei dettagli del parlante, permette di seguire meglio il discorso, non

avendo da concentrarsi sullo scrivere, però potrebbero sorgere delle distorsioni del

discorso, in sede di riascolto, prendendo appunti, infatti occorre rileggerli e apportare

eventuali osservazioni. Bisognerebbe annotare i concetti chiave attraverso schemi e

con una grafia leggibile.

Quando si ascolta si impara ad analizzare, scegliere, criticare e memorizzare

correttamente.

Per uno studio serio e responsabile bisogna:

• definire gli scopi

• organizzare il materiale da studiare

• comprenderlo

• elaborarlo, anche in base alle proprie conoscenze pregresse

• memorizzarlo

• rievocarlo.
Ogni individuo utilizza strategie di studio e tecniche individuali, in maniera più o meno

consapevole.
PEDAGOGIA E NEUROSCIENZE

La pedagogia ha trovato nelle neuroscienze un valido supporto per

incrementare il proprio grado di efficacia formativa.

Le neuroscienze esprimono l’importanza che ha il buon funzionamento cerebrale

per una corretta maturazione dell’individuo. Il nostro cervello viene considerato

“pilota automatico” che controlla i nostri comportamenti, e le attività sociali

dipendono dal suo funzionamento.

Le neuroscienze permettono di avere consapevolezza sulla presenza o meno di deficit

e di improntare al meglio il percorso formativo.

Le neuroscienze offrono un grande contributo alla pedagogia. Neuroscienze,

didattica e tecnologia stabiliscono un’intersezione di sicuro successo, tanto che la

tecnologia avrà un ruolo importante nell’assunzione di nuovi comportamenti, perché

potrà fare raggiungere le informazioni inviate al cervello più ordinatamente.

DIDATTICA METACOGNITIVA: si è vista in particolari campi dell’agire umano, come ad

esempio nel potenziamento della memoria, nella comprensione, nei casi di soggetti

affetti da ADHD, nell’apprendimento e in alcuni casi di ritardi mentali lievi. L’intervento

metacognitivo didattico si colloca in particolare nella pedagogia speciale.

LEADER, LEADERSHIP E SOCIALIZZAZIONE

Leader, leadership e la socializzazione fanno parte del macro argomento del gruppo,

il quale è centrale in un discorso pedagogico educativo. Ogni azione formativa ed

educativa prevede e avviene per mezzo di una relazione di gruppo, a meno che non

si tratti di una didattica individualizzata.

Il leader è la persona, soggetto, individuo, il cui compito principale è quello di trasmettere

sentimenti positivi alle persone che gestisce. È l’individuo in cui è riscontrabile la capacità
di scegliere i componenti del team, motivarli, condividere e collaborare per raggiungere

insieme obiettivi stabiliti

Abbiamo 4 definizioni di leader:

• descrittivo rappresentativa: una persona che modifica, dirige o controlla, mediante

le proprie azioni, le azioni o gli atteggiamenti di uno o più proseliti

• situazionalista: soggetto che occupa una posizione tale da conferire ai suoi comandi

un peso elevato, atto a controllare il comportamento di un gruppo sociale

• personologica: un individuo che possiede i tratti caratteriali necessari per la leadership

• statico-strutturale: figura di riferimento che riceve il maggior numero di scelte

sociometriche.

Nell’esercitare la propria funzione, il leader può assumere determinati ruoli e stili di

leadership:

• manifesta: quando tutti gli appartenenti al gruppo riconoscono in un soggetto la figura

di leader

• presunta: ove la figura di leader è equivoca e fraintendibile (non è chiaro ai membri chi

sia il leader)

• reale: la figura del leader è concreta e realizzata

• adeguata: il ruolo del leader è adatto al raggiungimento dell’obiettivo prefissato dal

gruppo.

La leadership è la funzione che i leader esercitano e può essere:

• formale: si ha quando il leader è riconosciuto formalmente dal gruppo

• informale: quando il leader non è riconosciuto a pieno titolo ma è comunque visto

come tale dal gruppo

• manifesta
• presunta

• reale

• adeguata

La leadership è vista come una funzione osmotica, un incarico, cioè che contribuisce

alla produzione del capitale di sicurezza e alla costruzione di valori e norme comuni; si

tratta dei porta-bandiera, degli alfieri, degli animatori e organizzatori della vita del

gruppo, dei controlli interni delle attività. Non ha alcuna importanza se la leadership

poi risulta stabile o labile, fissa o circolare, gestita secondo uno stile autoritario o

partecipativo.

Vi sono 4 orientamenti di leadership:

• orientamento personologico, anni ‘40: considera la leadership come derivata da un

tratto, o da un sistema di tratti, della personalità umana (es. di caratteristiche:

intelligenza, onestà, coraggio e adattamento)

• orientamento interattivo, anni ‘60: una persona è leader quando gli viene affidato tale

ruolo i base all’importanza attribuitagli nelle relazioni con gli altri

• orientamento funzionalista, anni ‘80: concepisce la leadership come fenomeno

legato al raggiungimento degli obiettivi, cioè alle funzioni del gruppo

• orientamento nuovo funzionalismo, anni ‘90: la leadership include le caratteristiche

precedenti, il leader deve possedere la “vision”.

Il gruppo rappresenta la massima espressione di socializzazione. Socializzare

significa aprirsi all’altro, sentirsi parte di un gruppo, partecipare, cooperare, costruire

assieme, operare nello spirito di gruppo. Quindi per gruppo è lecito intendere

“un’entità collettiva che ha un’opera comune da compiere e tende verso una relativa

coesione delle manifestazioni sociali”. Gli elementi che lo caratterizzano sono: i

partecipanti, l’animatore, il programma, gli obiettivi e i fenomeni interni. Ogni gruppo

deve promuovere delle dinamiche. All’interno di un gruppo è importante: la

chiarezza, la coerenza, l’accettazione e l’esperienza.


Un corretto lavoro di gruppo prevede 4 fasi:

1. ricerca di un’empatia: sono i primi 10-15 minuti di una seduta durante il quale si

fa conoscenza con le persone e le cose

2. definizione degli obiettivi: i due obiettivi fondamentali del gruppo sono: produzione e

sensibilizzazione

3. realizzazione del programma: si attua ciò che è stato prodotto nelle fasi precedenti

4. analisi, transizione e separazione: si fa il punto della situazione analizzando i vari

momenti del lavoro. I partecipanti del gruppo devono possedere delle

caratteristiche:

• produrre uno sforzo cooperativo

• rispettare i membri del gruppo stesso

• integrarsi nella vita di gruppo

• non perdere la propria personalità e singolarità

• essere disponibili

• avere il senso dello sforzo lavorativo

• mantenere sempre intatto il proprio equilibrio

• saper ascoltare (atteggiamento attivo)

• essere aperti al dialogo

Solo così il gruppo potrà raggiungere i propri obiettivi in modo efficace e armonico.

SCALA DI SOCIALIZZAZIONE:

1. stadio dell’io o punto zero: non vi è socializzazione

2. stadio della coppia: il soggetto inizia una relazione con un altro soggetto

3. stadio del piccolo gruppo: vi sono diverse teorie sul numero minimo di componenti

4. stadio dell’itergruppo: un gruppo si relazione con un altro gruppo


5. stadio della comunità: più gruppi si relazionano tra loro

6. stadio dell’istruzione

La socializzazione è importante perché offre all’educazione indicazioni su come svolgere

il proprio operato nella pratica formativa ed educativa

LA RELAZIONE EDUCATIVA

Il termine relazione, già per sua natura, richiama un rapporto che viene ad essere

mediato nello spirito di cooperazione tra due o più entità. Nella relazione educativa

subentrano tutte le variabili riferibili alla singola azione di educare in modo tale che

anche le esperienze soggettivi e le conoscenze possedute dal singolo diventino

accessibili a tutti. La relazione educativa richiede vigore, passione e conoscenze

specifiche derivanti da una cultura approfondita delle dinamiche che intervengono

in ogni processo educativo,

Il gruppo possiede degli obiettivi, una struttura interna, un grado di socializzazione e una

salvaguardia dei processi e dei prodotti che gli consentono di essere esso stesso una

continua opportunità educativa. Questo vale sia nella dimensione educativa, sia nelle

trasformazioni che il singolo soggetto ha nella sua percezione del sé e del suo processo

di maturazione.

Freinet definisce la relazione educativa come “movimento di cooperazione educativa”,

sul finire degli anni‘60. Questo perché, il tale contesto, i continui scambi di opinioni e

comunicazione attiva, portano ad un profondo arricchimento culturale e personale,

dove si moltiplicano le possibilità educative.


Marx invece descrive la relazione educativa come uno scambio di amore con amore

e fiducia con fiducia. Questo perché nella relazione educativa troviamo una forza

seduttiva carica di eros che non esclude, anzi suscita, una forte partecipazione

all’azione comunitaria e cooperativa, tanto che, nei casi più estremi, può sfociare in

relazione di amore vere e proprie.

COOPERATIVE LEARNING

Nasce in Gran Bretagna alla fine del XVIII secolo con la diffusione delle scuole private

chiamate di “mutuo insegnamento”. Esse hanno lasciato il segno per quanto

riguarda l’organizzazione del processo di apprendimento.

Nella cultura anglosassone, con l’espressione cooperative learning si vuole indicare una

nuova forma di insegnamento, dove gli studenti lavorano in piccoli gruppi per

raggiungere un obiettivo comune e cercando di migliorare l’apprendimento aiutandosi

reciprocamente. Ognuno apprendeva in base alle proprie esperienze, veniva così

creato un percorso formativo a misura di discente.

Attualmente ci è stato un tentativo di ritorno al mutuo insegnamento, anche se in termini

diversi, con il learning by teaching, ovvero “imparare insegnando”, dove il tutor

insegnando, impara a guidare il proprio insegnamento.

TECNOLOGIA ED APPRENDIMENTO

La tecnologia nell’apprendimento assume un valore morale e scientifico.

L’insegnamento online viene considerato fonte di annullamento di alcune facoltà

umane e di incremento della pigrizia intellettuale; il percorso formativo appare irreale.

Si può dire che le nuove tecnologie supportano la connessione ad una “memoria

universale” dove il sapere comune diventa bagaglio culturale del singolo e viceversa.
I due obiettivi principali sono: assicurare una migliore diffusione del sapere e

accrescere l’eguaglianza delle opportunità.

La tecnologia permette l’interazione tra tutor e studente, permette lavori di gruppo e

di discussione per colore che, a causa di orari diversi, non possono incontrarsi per

discutere la lezione. l’informatica e il suo utilizzo ha raggiunto un elevato livello di

integrazione, tanto da essersi estesa a tutti i settori educativi, sia sotto il profilo

tecnico, sia sotto quello applicativo e di sostegno.

Vi sono diversi modelli educativi tecnologici:

• modello content +support: lo studente trova all’interno del corso il programma di

lavoro strutturato entro un periodo di tempo prestabilito

• modello wrap around: il programma di lavoro è sempre lo stesso ma viene

strutturato in base alle esigenze dell’alunno, che viene aiutato dal tutor

• modello integrated: lo studente crea il proprio percorso formativo dopo aver preso

informazioni da gruppi di discussione.

Le tecnologie stanno sempre più diventando punto nodale di ogni processo

di insegnamento- apprendimento. Ma ci sono dei pregi e dei difetti.

• Pregi: il soggetto può gestire il suo tempo in base alle sue esigenze, non ci sono limiti

di spazio e tempo, la distanza fra realtà e rappresentazione virtuale si avvicina e le

conoscenze del singolo vengono condivise nei gruppi

• Difetti: si ha la necessità di personale formato, non c’è la certezza di un apprendimento

sicuro, le tecnologie sono in continua evoluzione e modificazione.

Ma ci sono dei modi per evitare i rischi di alienazione nel lavoro utilizzando la tecnologia:

• con la personalizzazione della formazione e degli interventi formativi;

• coinvolgimento attivo dello studente;

• progettazione per competenze;

• sviluppo del curriculum unitario e verticale;


• ruolo consapevole di intermediazione e di supporto alla formazione da parte del

docente;

• raccordo con la realtà e con il mondo del lavoro;

• didattica attiva e laboratoriale.

E-LEARNING: significa insegnamento elettronico. È un processo che utilizza strumenti

tecnologici al fine di far apprendere a distanza. Per essere usato correttamente deve

essere al passo con l’evoluzione della società e avere personale aggiornato. A questo

termine viene attribuito un valore di conoscenza ottenuto attraverso i sensi, la prova

e lo spostamento dei dati.

L’utilizzazione dell’e-learning comporta un forte impatto sull’organizzazione e sui

processi di formazione perché necessita di specifiche strutture opportunamente

attrezzate e di personale doverosamente formato. Per tali ragioni si parla di progettisti,

di istructional designer, di esperti dei contenuti, di tutor informatici e di piattaforme.

FAD (FORMAZIONE A DISTANZA): ha origini lontane, infatti se ne parla già negli scritti di

Platone e S. Paolo. Ovviamente a poco a che fare con l’e-learning attuale, se non la

distanza tra docente e discente.

Crispiani e Giaconi identificano 3 generazioni di FAD:

• FAD di prima generazione o per corrispondenza (dal 1930 al 1960), si hanno nuove

tecniche di stampa e lo sviluppo del trasporto ferroviario

• FAD di seconda generazione o FAD multimediale (dal ‘60 al ‘90), che punta l’ausilio di

sussidi multimediali (videocassette o CD)

• FAD di terza generazione o on-line education (anni ‘90), che punta all’uso di tecnologie

telematiche.
TIC: è un acronimo che significa tecnologia dell’informazione e della

comunicazione. Attraverso le TIC è possibile far fronte alle conclusioni sociali e

culturali che impediscono ad alcune categorie di accedere al sapere e

all’educazione. Richiedono nuove competenze ai docenti. Un esempio di TIC è la

teledidattica.

SFIDA IN PEDAGOGIA

La sfida è memoria di ieri, certezza del presente e visione del futuro. Essa permette

una crescita armoniosa del soggetto, di comprendere il posto che ognuno occupa

nella società, di combattere la solitudine, la paura, l’angoscia e le emozioni distruttive,

come la mancanza di creatività.

Per la pedagogia, le sfide più importanti sono quelle all’interno del contesto

scolastico di ogni ordine e grado.

Esse sono:

• formare educatori competenti

• mettere le scuole in relazione con gli ambienti lavorativi

• collegare le istituzioni tra loro

• introdurre il metodo dell’apprendistato nelle scuole

• colmare le distanze geografiche e psicologiche.

LA FAMIGLIA: è un sistema emozionale plurifunzionale che ha come compito principale

quello di educare. È il primo luogo con cui il soggetto viene a contatto e dove sperimenta

l’amore e il rispetto. La famiglia è infatti espressione di amore, aiuto e bisogno reciproco,

insegna a dialogare e a saper ascoltare, formando così un uomo colto. Degli squilibri

all’interno della famiglia, come separazioni, conflitti e assenza di un genitore, possono

generare disturbi della personalità, incertezza e disagio.


L’APPORTO DELLE NEUROSCIENZE

Il cervello si suddivide in due grandi aree:

• l’emisfero destro: si occupa degli aspetti alogici come conoscere e riconoscere le

emozioni, le passioni e la memoria

• l’emisfero sinistro: si occupa degli aspetti logici, quindi i calcoli, le operazioni e la

razionalità.

La struttura biologica del cervello influisce sull’apprendimento. Ogni capacità

deriva dalla plasticità neuronale, ovvero l’efficienza e l’elasticità dei neuroni ad

attivarsi e a comunicare tra loro.

Da un punto di vista educativo, del cervello interessano in particolare 3 aree:

• l’amigdala: sede delle emozioni (paura, gratificazione)

• il ganglio basale e l’insula: sede del disgusto

• la corteccia cingolata prefrontale e anteriore: deputata al controllo cognitivo delle

emozioni, le quali, in modo sinergico, orientano ogni flusso emotivo.

NEURONI A SPECCHIO: sono elementi cerebrali che si trovano nell’emisfero sinistro

e si occupano del movimento e dell’imitazione. Permettono di capire i movimenti

e i pensieri di una persona.

ECONOMIA DEI VALORI

Bauman definisce la società odierna così complessa da essere “liquida”; con questo

intende che nella società moderna tutto è effimero e i valori vengono messi in crisi.

Quindi Bauman ci invita ad assumere un atteggiamento attivo, accettando le sfide che

la realtà ci propone, per un accrescimento personale e una continua ricerca.

Il sistema valoriale rappresenta uno dei cardini primitivi dell’educazione. Parlare di

economia da un punto di vista valoriale significa salvaguardare e avere cura di ciò che

nell’educazione ha un ruolo fondamentale. Il bene, l’amicizia, il rispetto, l’amore e la


giustizia non possono essere racchiusi in un luogo sicuro lontano dalle cattive intenzioni,

vanno investiti, formando un’etica e una morale pubblica che responsabilizzi l’individuo

e gli permette di uscire dalle mediocrità e realizzarsi.

LA CREATIVITÀ

Con in termine creatività si intende l’unica e vera potenza che possiede ogni essere

umano fin dalla nascita; l’obiettivo della formazione dell’uomo è orientare questa

potenzialità. La capacità creativa ci diversifica dall’animale, in quanto non si tratta di

svolgere azioni ripetitive, ma consiste nell’elaborazione e nella risoluzione di problemi

quotidiani in maniera sempre diversa. La persona, tramite lo stato creativo, assume

una propria singolarità identificata determinando una realizzazione di sé in completa

autonomia. La creatività è guidata ed alimentata dalla cultura dell’educazione

permanente.

La creatività è costituita da diversi elementi: ragione, intelligenza, volontà,

determinazione, immaginazione, fantasia, sentimento e sensibilità.

Lo sviluppo del processo creativo richiede delle fasi:

1. preparazione: al momento della scoperta creativa si giunge attraverso un’attività di

osservazione

2. frustrazione

3. incubazione: i dati vengono ripensati nell’inconscio

4. fantasticare

5. illuminazione: dove si raggiunge quello stato di interfunzionalità tra i due emisferi.


CREATIVITÀ ED INTELLIGENZA: sono due concetti che si relazionano senza sovrapporsi o

coincidere. l’intelligenza è lo strumento principale dell’intelletto umano, può essere

considerata l’essenza della singolarità del soggetto. La creatività è la capacità di

generare soluzioni inusuali in risposta a problemi per cui il pensiero convergente ha

soluzioni standard.

VALORE EDUCATIVO DELLA CREATIVITÀ: l’educazione ha il compito di educare alle diversità.

La creatività è alimentata e guidata dall’educazione permanente ed è la condizione

perché si possa creare una società diversa, degna di essere vissuta in tutti i suoi

aspetti.

LA PERSONA

Deriva dal latino; questo termine è stato trasmesso da Boezio, il quale estrapolava il

suo valore traducibile in: persona est rationalis naturae individua substantia, che

tradotto significa essere individuale di natura ragionevole. Un’entità quindi, con

determinate caratteristiche ed elementi speculativi, racchiusi in quel movimento e

dottrina che abbiamo detto essere il personalismo.

Si può infine affermare che la persona è un essere cosciente di sé e

moralmente autonomo. Da principio è doveroso dover definire alcuni punti

nodali di tale concetto.

La persona è:

• idea regolativa, sostanza spirituale, razionale, libera, responsabile, incarnata e

modernizzata

• principio supremo

• essenza pluridimensionale, ed ente che possiede una poliformità strutturale

• realtà prismatica e costellazione di valori e fine


• storicità e ulteriorità; ha bisogno di relazionarsi con gli uomini; concreto; posizione

eccentrica

• valore di trascendenza

• spiritualità, casa interiore dell’Io

• integrità/unità/totalità

• libertà/responsabilità; consapevolezza, conoscenza

• capace di scegliere la verità

• progetto valoriale

• perfezionamento: uomo/persona autore del suo sviluppo

• non può essere spiegato dalla scienza

• universo a sé

• capace di amore

• cosciente di sé nel mondo: uomo nuovo, concreto, capace di aprirsi e darsi

• essere biologico

• storico-sociale; emotivo-affettivo; intellettuale

• essere in possibilità

• in lui risiedono umano (si affaccia sul mondo); umanità (mondo che si protende

all’uomo)

• capace di formazione (conoscenza della propria essenza), educazione (conoscenza

della propria esistenza)

• problematicità della persona compresa in un orizzonte metafisico, ontologico

trascendentale.

Ma al di là delle possibili definizioni di persona che si possono dare, è doveroso tradurre

il tutto in elementi ed in un itinerario capaci di dare una precisa connotazione di

assoluto valore educativo e formativo.


Così, all’interno dei gangli della persona è possibile scorgere tre peculiarità che fanno di

un individuo (essere biologico) una persona (essere totale):

• l’autonomia, legittimata dalla cultura, infatti una persona è autonoma perché è colta,

ovvero quando è in grado di interpretare la realtà in diversi modi

• la creatività, come momento di massima singolarità espressiva della persona.

I suoi elementi sono fantasia,intelligenza, immaginazione

• l’amore, è l’apertura della persona con il mondo. Una persona è aperta quando

ha bisogno di rapporto razionale, affettivo e amorevole, quando necessita di

un’educazione che privilegi il sentimento e che consolidi l’amore nelle persone e non

solo. Una persona è definibile autonoma quando è colta, ovvero quando è in grado

di interpretare la realtà in modi diversi.

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI: è uno dei momenti fondamentali per l’apprendimento

del discente. Per calibrare il percorso formativo a fare una progettazione

personalizzata questo momento è vitale e permette la graduale crescita dei soggetti.


LA PROGRAMMAZIONE

Nell’azione educativa, la programmazione, rappresenta il fondamento scientifico

nella scienza dell’educazione; l’obiettivo è quello di produrre una scuola su misura.

È lo strumento di intervento del docente nel momento educativo, ed è rivolto al

discente, al docente, agli operatori di settore, agli educatori, ai formatori ecc.

La programmazione presenta delle caratteristiche:

• definizione del team teaching

• definizione dei ruoli

• definizione degli spazi

• definizione degli strumenti

• cultura dei laboratori

• fattibilità

• rigore

• professionalità del docente

• prossemica (linguaggio adatto)

• cercare l’attenzione

• modalità di intervento.

Nella programmazione è possibile dividere 3 fasi.

- Progettazione: (che cosa voglio fare?) si incarica di apportare e

organizzare le attività che permettono al soggetto d’impegnarsi e

apprendere.

- Realizzazione: (come voglio fare?) si mette in atto il progetto e il docente

concretizza l’operato.

Le fasi di una corretta lezione sono:

1. iniziare la lezione con una sintesi dei temi trattati precedentemente

2. enunciare gli obiettivi, le finalità e il percorso formativo, condividendoli con il discente


3. presentazione del nuovo materiale a piccoli passi

4. dare istruzioni chiave, dettagliate e comprensibili

5. offrire un alto grado si esercizio attivo dello studente

6. proporre la possibilità di fare domande

7. guidare gli studenti durante l’esercizio

8. concedere feed-back

9. fornire indicazioni personalizzate.

- Valutazione:(con quali strumenti mi accerto del percorso fatto?) si attribuisce

un valore a fatti, eventi, oggetti, in base allo scopo che si intende perseguire.

Essa richiede un’attenta lettura delle potenzialità individuali e per fare ciò è

necessario possedere delle competenze statistiche, un quadro riassuntivo

delle abilità del soggetto acquisite.

SCALA DI VALUTAZIONE: strumento che permette di stabilire la frequenza con cui avviene

un evento. Vi sono due scale:

• scala numerica: le varie posizioni vengono rappresentate dai numeri

• scala verbale o di giudizio: che può essere a sua volta:

-nominale: si assegnano numeri a degli attributi da rilevare. Permettono il calcolo statico

-ordinale: si ordinano gli elementi in modo crescente o decrescente

-intervallo: il Δ è sempre uguale, quindi anche la differenza degli intervalli

-proporzionale: classificazione in base alla percentuale precedentemente stabilita.

MODELLO DI VALUTAZIONE DELLE 4C si basa su:

• conoscenza: patrimonio di informazioni

• comprensione: identificata nel momento della conoscenza


• comunicazione: istanza dialogica

• coscienza: descritta come stato di sensibilità e consapevolezza.

Bruner definisce la valutazione come una forma di intelligenza pedagogica, che ha il

compito di educare e di aiutare nella crescita fisica e mentale il soggetto. Per fare ciò è

necessario conoscere le potenzialità di ognuno al fine di educarlo.

La valutazione assume un valore importante nella docimologia, è la scienza che

studia gli esami. La padronanza delle tecniche docimologiche esige competenze

matematiche che non sempre si rivelano adeguate. Il fine della docimologia è di

dare indicazioni su come trovare parametri oggettivi per l’attribuzione di punteggi

nelle prove.
EDUCAZIONE PERMANENTE E FORMAZIONE DEGLI ADULTI

L’educazione permanente è l’unione delle realtà che legano l’istruzione e la formazione

ad un momento specifico della vita di ogni persona, come l’educazione della

fanciullezza, dell’adultità e dell’anzianità. Il fine di essa è di elevare la qualità della vita e

di rendere la persona capace di codificare e accettare la realtà che gli si pone davanti.

La formazione degli adulti ha come scopo acquisire competenze spendibili nel campo

del lavoro.

La formazione degli adulti è una parte dell’educazione permanente. Entrambe hanno

come obiettivo l’autoeducazione e l’emancipazione educativa, non si arrestano mai e

richiedono alla persona di esprimersi in modo creativo.

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