Sei sulla pagina 1di 27

1 Verso il Novecento pedagogico

Fine Ottocento-Inizio Novecento


L’inizio della pedagogia come scienza. Pedagogica scientifica e sperimentale
Alcuni passi compiuti verso la costruzione di una pedagogia scientifica:
 Comenio (1952-1679): Attenzione alla didattica e ai processi di apprendimento
 Cartesio (1596-1650): Il problema del metodo. Il processo conoscitivo si imposta in chiave analitica e formale,
promuovendo la ragione e la razionalità
 Rousseau (1712-1778): L’Emilio: inizia la pedagogia moderna e l’avvio di studi sull’infanzia come spazio di sapere
indipendente dalla condizione adulta.
 Pestalozzi (1746-1827): L’educazione attenta ai più poveri. Una nuova educazione popolare, sorretta da
approfondimento critico e scientifico
 Itard (1774-1838) e Seguin (1812-1880) Nasce la pedagogia speciale. Il caso di Victor, il «selvaggio».
 Herbart e lo sviluppo della psicologia come contributo alla pedagogia
 Durkheim (1858-1917) e Weber (1864-1920) e il carattere sociale dell’educazione
 Il positivismo pedagogico francese: sottolineò l’importanza dell’utilizzo del metodo scientifico, cogliendo la
dimensione sociale e naturale dell’educazione
 Gli studi sull’intelligenza, la creazione di testi, gli esperimenti di Pavlov e Binet
Alcuni orientamenti teorici
Il pragmatismo di James e Peirce
La pedagogia scientifica, con Binet, Maria Montessori, Claparède, Decroly
Piaget, Bruner; Vygotsij e il rapporto tra pedagogia scientifica e cognitivista
Lo sviluppo della psicoanalisi con Freud
J. Dewey e l’attivismo pedagogico. La riflessione sul metodo
La pedagogia curricolare degli anni ‘50-60.
La pedagogia come sapere scientifico
La «morte» di una pedagogia basata totalmente sul sapere filosofico e sul buon senso piuttosto che su un sapere
scientifico e sistematico.
La pedagogia come scienza: natura empirico-sperimentale della conoscenza scientifica
Rapporto dialettico tra riflessione filosofica e ausilio delle scienze dell’educazione che permettono un continuo
rapporto tra teoria e prassi
Acquisizione di un preciso metodo di indagine e di analisi e di un «oggetto» di studio ben definito
Le Pedagogie del Novecento (Franco Cambi)
Novecento come “Secolo Breve” (Hobsbawm)un’accelerazione sempre più esasperata degli eventi storici e delle
trasformazioni nella vita degli uomini  2 Guerre Mondiali, la crescita dell’economia capitalista, le trasformazioni e
le scoperte nei diversi campi del sapere: medico, tecnologico, scientifico.
Alcuni eventi strutturali del Novecento
 La fine della tradizione e l’accelerarsi della modernizzazione
 Lo sviluppo della tecnologia
 L’irruzione delle masse, dei giovani, delle donne nella scena sociale, politica, economica e culturale
 L’Olocausto e le guerre mondiali
 L’avvento della Mondializzazione
La pedagogia nel Novecento
Alcune sfide ed eventi che ruotano attorno agli sviluppi della pedagogia nel Novecento
 La nascita della cultura di massa e il boom della scolarizzazione;
 Migliori condizioni di vita. L’aspettativa media si allunga;
 L’avvento della tecnologia e la circolazione facile e più rapidi della conoscenza;
Tre momenti/eventi che rivoluzionano e condizionano gli sviluppi della pedagogia:
1. L’affermarsi delle scienze dell’educazione e lo sviluppo dell’epistemologia pedagogica
2. Il costruirsi un modello di pedagogia critica
3. Lo sviluppo della pedagogia sociale che ha cercato di riflettere su molti fronti.
L’attivismo pedagogico
Una profonda rivoluzione pedagogica che si sviluppò in particolare nei primi 50 anni del Novecento 
Sperimentazioni ed esperienze centrate sul FARE, legata agli aspetti della vita vera e agli interessi dei bambini e dei
ragazzi
John Dewey come esponente più autorevole, in grado di teorizzare le sperimentazioni in ambito educativo e
formativo. Lo sviluppo delle scuole nuove e l’avvio delle scuole attive
 La centralità del fanciullo
 L’attenzione all’apprendimento spontaneo
 La rimodulazione dell’ambiente di apprendimento
 L’insegnante come guida allo sviluppo globale del fanciullo
2 Le scuole nuove in Italia:
 Maria Boschetti Alberti: al centro la spontaneità, la motivazione e l’interesse del fanciullo
 Rosa Agazzi: il rapporto scuola famiglia
 Scuola-città Pestalozzi: ragazzi come cittadini attivi e consapevoli
 Giuseppina Pizzigoni: la Rinnovata, al centro l’esperienza per apprendere
Le sperimentazioni più mature nel mondo
 Kilpatrick e il metodo dei progetti: un processo educativo e formativo fondato sui progetti intesi come
attività intenzionale in cui la motivazione e il fine pratico e reale sono alla base del processo
 Parkursth e il metodo Dalton plan: si fonda sull’individualizzazione dell’insegnamento e su un percorso di
studio libero
 Washburne e la scuola di Winnekta: una parte comune dedicata agli apprendimenti di base e una parte
creativa e personale per ciascuno
 Freinet et Cousinet: una summa del pensiero dell’attivismo pedagogico. La cooperazione e il lavoro comune
come strumento di apprendimento
I teorici dell’attivismo e della pedagogia scientifica
 Binet: Si occupa di psicologia sperimentale, crea una scala per la misura dell’intelligenza. Una pedagogia
basata osservazione e sperimentazione anche in laboratorio. Precursore della psicologia dell’educazione
 Decroly: importanza per tutti di un metodo individualizzato di insegnamento.
 Cleparede: si occupa di psicologia sperimentale, fonda la scuola di Ginevra e basa la sua riflessione
sull’educazione funzionale e sulla scuola su misura.
 Montessori: fondò la prima Casa dei Bambini a San Lorenzo ed elaborò quello che prenderà il nome di
metodo Montessori basato sulla concezione del bambino come mente assorbente, la centralità
dell’ambiente, dell’esperienza e i materiali di sviluppo.
3 John Dewey
Filosofo, teorico e pedagogista. Si forma attraverso studi universitari filosofici di matrice pragmatista (Perce) e si
accosta e sviluppa una filosofia strumentalista.
Lavora nell’Università di Chicago dove realizza la scuola-laboratorio
Viaggia in tutto il mondo negli anni più maturi del suo lavoro per approfondire alcuni studi e far conoscere i suoi
lavori Si impegna dal punto di vista filosofico e pedagogico, ma anche sociale e politico, cercando di cogliere e
riflettere sui numerosi stravolgimenti e le trasformazioni che si realizzano nel tempo sia negli Stati Uniti sia nel
mondo in generale.
Si impegna dal punto di vista filosofico e pedagogico, ma anche sociale e politico, cercando di cogliere e riflettere sui
numerosi stravolgimenti e le trasformazioni che si realizzano nel tempo sia negli Stati Uniti sia nel mondo in
generale.
I principi e le riflessioni
I principi e le riflessioni dell’attivismo pedagogico, che si è andato sviluppando in tutto il mondo, prende piede dalle
riflessioni su alcuni temi cari a John Dewey e sviluppati nei suoi saggi
 Il valore democratico dell’educazione
 Lo sviluppo del pensiero scientifico
 L’educazione come dimensione esperienziale (learning by doing)
 L’educazione come processo psicologico ma anche sociale
 La scuola come società in miniatura
Testi per riflettere e approfondire
1. Il mio credo pedagogico (1897)
2. Scuola e Società (1899)
3. Come pensiamo. Una riformulazione del rapporto fra pensiero riflessivo e l’educazione (1910)
4. Democrazia e educazione (1916)
5. Esperienza e educazione (1938)
1. Il mio credo pedagogico (1897)
Un saggio che raccoglie sinteticamente i capisaldi del pensiero educativo di John Dewey attraverso 5 articoli.
 Art. 1. Che cos’è l’educazione: duplice funzione dell’educazione come fatto sociale e fatto psicologico
 Art. 2. Cos’è la scuola: La scuola come ambiente sociale
 Art. 3. La materia dell’educazione: L’insegnamento delle discipline legato all’esperienza concreta
 Art. 4. Il metodo: mettere al centro del processo i soggetti e i suoi interessi
 Art. 5. La scuola come progresso sociale: Il ruolo della scuola nel raggiungere progresso non solo individuale
ma anche di comunità
2. Scuola e Società (1899)
Al centro il problema sociale dell’educazione. Le riflessioni presenti in questo testo sono state anche e soprattutto
dalle sperimentazioni condotte nella scuola-laboratorio di Chicago
La scuola di Chicago (dal 1896 al 1903)
Rappresentò uno spazio di sperimentazione didattica e pedagogica in cui provare a legare l’apprendimento pratico
con lo sviluppo intellettuale del pensiero.
3 Principi fondamentali:
- Il legame profondo tra la scuola e il progresso sociale
- La centralità dell’apprendimento del fanciullo
- Curriculum basato sull’esperienza
3. Democrazia e Educazione (1916)
Saggio filosofico sulla democrazia come forma politica e di governo più avanzata e più attuale, che può essere
realizzata solo se costruita attraverso l’educazione Funzione democratica dell’educazione  La scienza come
metodo per un’educazione democratica
Assetto democratico non solo della società ma anche della scuola: cambia il ruolo dell’insegnante, e si promuovono
rapporti di orizzontalità, confronto e condivisione che possa permettere a tutti di partecipare e sentirsi liberi di
esprimere ed elaborare un pensiero.
4. Come Pensiamo (1910)
Il saggio affronta il problema dell’organizzazione intellettuale del processo educativo
Il pensiero come strumento per risolvere una questione, un problema.
5 fasi del pensiero secondo Dewey:

5. Esperienza e Educazione (1938)


Esperienza come processo conoscitivo del mondo esterno
L’educazione come esperienza, che si fonda su alcuni principi o caratteri senza la quale essa non può dirsi
un’esperienza effettivamente educativa
Principio 1. La continuità dell’esperienza
Principio 2. La crescita (o crescenza
Principio 3. L’interazione
L’esperienza come mezzo ma anche come fine dell’educazione
Dewey: esperienza ed educazione
Pensiero filosofico: strumentalismo
CONOSCENZA. Secondo il pragmatismo la conoscenza è un processo attivo: conoscere significa modificare la realtà,
l’oggetto, con il pensiero. L’oggetto della conoscenza non è indipendente dal soggetto che conosce.
Ricerca scientifica: stimolata dalla situazione problematica: Suggestione, problematizzazione, ipotesi,
ragionamento, verifica (esempio dell’imbattersi in un ostacolo in una passeggiata)
Scopo della scuola è educare i ragazzi all’approccio razionale ai problemi. Da ciò deriva il “learning by doing”. La
scuola sperimentale di Chicago si caratterizza come laboratorio permanente
Iniziatore dell’ATTIVISMO PEDAGOGICO
Educazione
L’educazione è un fatto sociale. Anche l’educazione scolastica ha un carattere sociale, e tale carattere sociale investe
tutti gli aspetti del processo educativo:
• Fini: favorire la socializzazione
• Contenuti: ciò che è utile per la società
• Organizzazione: scuola come comunità democratica
Democrazia ed educazione (1916): tra i principali fini dell’educazione difesa e diffusione della democrazia
4 Esperienza ed educazione (1938)
Sintesi matura del pensiero dell’autore sul tema generale dell’educazione e delle scuole “nuove”
Tema principale Le idee ispiratrici delle scuole nuove sono corrette, ma sono necessarie modifiche nella realizzazione
di tali idee
Scritto filosofico che nasce dall’esigenza di rispondere alle severe critiche rivolte alle scuole nuove dopo la crisi del
‘29
Prefazione
Anche il tema dell’educazione, così come altri argomenti di interesse sociale, è oggetto di scontri teorico-pratici fra
diverse teorie.
Compito di una filosofia dell’educazione non è trovare un compromesso fra diverse teorie ma introdurre nuovi ordini
di idee che avviino nuovi modi di fare pratica.
Per fare questo bisogna abbandonare ogni “ismo” (es. progressismo) perché i movimenti che operano in base ad un
ismo si limitano a combattere altri “ismi” (tradizionalismo) invece di muovere dai bisogni, dai problemi e dalle
possibilità
Educazione tradizionale ed educazione progressiva
Spesso pensiamo per contrasto, e così pure fa la filosofia dell’educazione: (formazione dal di dentro/ dal di fuori; doti
naturali / acquisizione di abitudini)
Nel periodo in cui Dewey scrive il contrasto si poneva fra educazione tradizionale e progressiva. Per l’educazione
tradizionale materia dell’educazione sono
• Nozioni e abilità accumulatesi nel passato da trasferire agli alunni
• Norme e regole di condotte da trasmettere attraverso una rigida organizzazione (aule, orari, sistemi di esame e
promozione, regole disciplinari ecc.)
Gli insegnanti sono il tramite per comunicare abilità e conoscenze e rafforzare regole di condotta
Attitudine di chi impara: docilità, ricettività, obbedienza
Critica a questa impostazione: tutto è imposto dall’alto e dal di fuori; ai ragazzi sono imposte norme, programmi e
metodi da adulti, che vanno aldilà della loro esperienza
Questo anche se gli insegnanti sanno farlo in modo “non brutale”, non vi è partecipazione attiva
Modo di educare adatto a società statiche
Per capire quale è la filosofia dell’educazione implicita nell’educazione nuova Dewey parte da alcuni principi che
sono comuni alle diverse scuole attive:
• Espressione e cultura dell’individualità (versus imposizioni dall’alto)
• Libera attività (versus disciplina esterna)
• Apprendere attraverso l’esperienza (versus imparare dai libri e dai maestri
• Conseguimento di tecniche come mezzi per ottenere altri fini (versus acquisizione di tecniche isolate e abilità
tramite l’esercizio)
• Familiarizzazione con un mondo in movimento (versus fini e materiali statici)
Si tratta di principi astratti, e tutto dipende dal modo in cui si applicano
Pericolo della teoria dell’opposizione: respingere in toto i fini e i metodi di ciò che si vuole soppiantare; sviluppare i
propri principi in forma negativa (ad esempio rigettare ogni forma di organizzazione della materia di studio per
rifiutare la rigida organizzazione del passato, senza chiedersi come sia possibile arrivare ad una forma di
organizzazione dei contenuti di una materia partendo dall’esperienza, rifiutare in toto l’idea che l’adulto debba
essere una guida)
Se non si esce dalla teoria dell’opposizione si rischia di fare scuola in modo non accettabile; rigettare ogni forma
legata al passato significa cadere nel dogmatismo
Conoscenza del passato non come puro fine, ma come mezzo
La necessità di una teoria dell’esperienza
Non serve quindi soltanto svincolarsi dal passato.
Dewey vuole elencare alcuni dei problemi cui deve far fronte la nuova educazione e suggerire soluzioni
PUNTO FERMO DA CUI PARTIRE: L’EDUCAZIONE DEVE PARTIRE DALL’ESPERIENZA
Non tutte le esperienze sono di per sé educative:
Alcune favoriscono l’acquisizione di nuove esperienze in futuro, altre limitano la possibilità di acquisire nuove
esperienze
Nelle aule tradizionali erano certamente presenti esperienze, ma spesso di tipo negativo : portavano a perdere la
voglia di apprendere, ad acquisire capacità automatiche che poi non si era in grado di utilizzare in nuove situazioni,
ad associare l’imparare alla noia e alla stanchezza
L’aspetto negativo della scuola tradizionale non è l’assenza di esperienza, ma la mancata relazione di tali esperienze
con le esperienza successive
Fondamentale è la qualità dell’esperienza. Non esperienze “gradevoli”, ma esperienze “durature”, che siano in
grado di influenzare le esperienze future
Scegliere esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno”
L’educazione progressiva ha bisogno di una filosofia dell’educazione (basata sulla filosofia dell’esperienza) che la
aiuti a scegliere le esperienze utili per costituire un piano educativo (cosa si insegna, metodi di istruzione e
disciplina, arredamenti, materiale, organizzazione sociale della scuola
Se l’educazione tradizionale era ridotta a semplice routine, ciò non vuol dire che l’educazione progressiva debba
ridursi a improvvisazione. È necessario darsi un’organizzazione anche nelle scuole nuove per costituire il piano
educativo
Si pensa che la nuova educazione debba essere più facile dell’antica. Ma ragionare in questi termini significa
riproporre la teoria dell’opposizione.
La nuova educazione può essere più “semplice”, perché in armonia con i principi della crescita, (l’educazione
tradizionale era artificiosa e quindi complessa) ma non più facile. È un compito arduo distinguere ciò che è
realmente semplice (Tolomeo-Copernico)
Criteri dell’esperienza
Necessità di una teoria dell’educazione perché si possa agire intelligentemente.
Quali i principi significativi di tale teoria?
Movimento progressivo viene prediletto perché più conforme all’ideale democratico. Ma perché preferiamo i metodi
democratici?
Perché siamo convinti che promuovono un’esperienza umana migliore in un maggior numero di persone
Obiettivo dell’educazione è fornire esperienze di qualità superiore, perché la vita dell’uomo può avere livelli
qualitativi diversi in relazione a forme diverse di esperienza
Come discriminiamo un’esperienza qualitativamente migliore?
Ci serviamo di due criteri:
• Principio di continuità: “ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce e al tempo stessi questa
modificazione influenza la qualità delle esperienze seguenti”
• Principio di interazione: “due fattori dell’esperienza: le condizioni obbiettive e le interne. Qualsiasi esperienza
normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni
Principio di continuità
L’uomo attraverso l’esperienza crea abitudini, cioè comportamenti che stabilmente gli consentono di interagire con il
mondo.
Ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l’hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che
seguiranno
Ma quali esperienze sono educative?
Quando l’influenza sulle esperienze successive è positiva, cioè favorisce l’acquisizione di nuove esperienze
qualitativamente di grado più elevato. In educazione parliamo di crescita, ma vi può essere crescita anche in ambito
negativo , che toglie la possibilità di crescere in altre direzioni.
L’educazione è ben riuscita quando la continuità dell’esperienza consente una crescita effettiva delle capacità di
interagire con il mondo (imparare a parlare, imparare a leggere)
La continuità può anche creare abitudini che bloccano la crescita (es. l’indulgenza eccessiva può creare abitudine a
non impegno e ricerca di soddisfazione immediata dei bisogni, creando incapacità di sfruttare esperienze ulteriori).
L’esperienza non è solo interna, ma ha condizioni esterne, non si compie nel vuoto. Viviamo in un mondo di persone
e cose che è stato “costruito” dall’attività degli uomini che ci hanno preceduto
L’ambiente influenza l’esperienza, e l’educatore può così dirigere l’esperienza dell’alunno senza ricorrere
all’imposizione “estraendo dalla situazione circostante gli elementi che contribuiscono a promuovere esperienze di
valore”
Principio di interazione
Tutte le esperienze hanno condizioni esterne, che chi educa può controllare, ed interne, più difficili da controllare e
conoscere. Compito dell’educatore è trovare un’interazione fra condizioni interne e condizioni obiettive. (come la
mamma con il neonato)
L’educazione tradizionale non teneva conto delle condizioni interne, ma ciò non vuol dire che l’educazione
progressiva non debba tener conto delle condizioni obiettive
La continua interazione fra condizioni oggettive ed interne viene a comporre ciò che Dewey chiama Situazione
I due principi di continuità e interazione sono strettamente legati: ciò che un individuo ha acquistato in conoscenza e
abilità in una situazione diventa strumento di comprensione (condizione interna) nella situazione successiva.
L’educatore deve occuparsi di creare situazioni educative, tenendo conto sia dell’individuo, delle sue capacità e dei
suoi bisogni, sia delle condizioni oggettive (es. importanza di una conoscenza o di una disciplina). L’educazione
tradizionale non si poneva il problema di adeguare le condizioni esterne agli individui in crescita: “il mancato
adattamento dei materiali ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare un’esperienza non educativa
quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale”
Applicare il principio di continuità significa tener presente il futuro. Non come “preparazione” al futuro nel senso di
acquisizione meccanica ed esercitazioni di abilità, con l’idea che potranno poi essere utili. Nell’educazione
tradizionale abbiamo appreso e anche dimenticato, perché ogni cosa era appresa isolatamente, staccata
dall’esperienza, utile solo per preparare l’esame. Spesso poi la scuola formava abitudini negative e repulsioni.
L’attitudine più importante da formare è il desiderio di apprendere L’idea di adoperare il presente unicamente come
preparazione al futuro è contraddittoria. Noi viviamo sempre nel nostro tempo, e solo estraendo il pieno significato
nel presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro
Agli educatori spetta la responsabilità di creare le condizioni per un’esperienza che sia significativa nel presente e
che abbia un effetto favorevole sul futuro, considerando e coniugando nell’esperienza il soggetto e l’oggetto
5 Maria Montessori (1870-1952)
Personalità poliedrica: medico, pedagogista, femminista, insegnante, scienziata, filosofa.
Le Radici del Metodo:
1. Internazionalismo culturale 2. Positivismo scientifico 3. Femminismo
Nel suo percorso di crescita intellettuale si intrecciano femminismo e scienza. Potere sociale della scienza, che
diviene strumento di emancipazione e di rigenerazione sociale per chi come le donne si trovava in condizioni di
inferiorità  La costruzione di una Donna nuova
Il Metodo:
 L’osservazione come presupposto di scientificità del metodo (osservazione ecologica);
 L’attenzione all’ambiente e la predisposizione di materiale preordinato;
 La centralità del bambino;
 L’insegnante come guida consapevole;
 Stimoli adeguati;
 La valutazione;
 Il lavoro del bambino;
Obiettivo principale nella pedagogia Montessoriana: L’autonomia del bambino e il suo sviluppo globale e libero --->
predisporre un ambiente a misura ed adatto allo sviluppo spontaneo del bambino
4 steps
1. sviluppare capacità Psico-Motorie
2. acquisizione di competenze cognitive ed affettive;
3. conseguimento di abilità che diventino Amplificatori culturali (es. leggere e scrivere);
4. acquisizione di capacità metacognitive;
Educazione alla Pace ed Educazione Cosmica
L’educazione alla pace è un obiettivo di Maria Montessori e della sua pedagogia. Aiutare il bambino a svilupparsi in
pienezza e libertà senza dover vivere conflittualità, restrizioni. Ottenere disciplina attraverso la libertà di azione e da
una spontanea volontà, che sarà alla base della coesione sociale.
L’educazione cosmica si lega ad una visione ecologica della mente, unitaria ed interconnessa. Agire localmente e
pensare globalmente. Costruzione della consapevolezza della solidarietà del tempo e dello spazio.
«Educare è aiutare la vita ad incamminarsi nelle ampie e sempre nuove strade dell’esperienza con spirito di gioia, di
fratellanza, di desiderio di bene, di responsabilità. Là dove, invece, o nella famiglia o nella scuola o nella società, il
bambino sia messo in una condizione di conflitto, di competizione o sottoposto alla volontà di un adulto dominatore,
o impoverito nei suoi immensi poteri, o, infine, impedito di esprimersi nella sua natura e nei suoi desideri, egli sarà
costretto alla crudele necessità di nascondersi, di snaturare le proprie sensibilità, di difendersi in un impersonale
adattamento. Questa condizione è per il bambino uno stato di guerra, di sacrificio e di sconfitta, perché il suo istinto
non è quello della lotta e dell’opposizione, ma della pace e di una libera e consapevole obbedienza.» (Educazione e
Pace)
“Ne consegue che, se vogliamo modificare i costumi e le abitudini di un paese, o se vogliamo accentuare più
vigorosamente le caratteristiche di un popolo, dobbiamo agire sul fanciullo, perché ben poco si potrebbe fare in
questa direzione attraverso gli adulti. Per cambiare una generazione o una nazione, per esercitarvi un’influenza verso
il bene o il male, per ridestare la religione o sviluppare la cultura, dobbiamo guardare al bambino, che è onnipotente.
La verità di questo assioma è stata dimostrata dai nazisti e dai fascisti, che hanno cambiato il carattere di interi
popoli lavorando sui fanciulli”. (Educazione per un mondo nuovo)
6 L’idealismo pedagogico
Giovanni Gentile, il neoidealismo e l’attualismo
• Intellettuale e studioso del Novecento che promosse il fascismo in Italia
• Ministro dell’Istruzione tra il 1922 e il 1924
• Teorizza insieme a Benedetto Croce il neoidealismo e l’attualismo
La filosofia è l’unico strumento attraverso cui poter conoscere, e sviluppare un pensiero che nel suo agirsi costruisce
la realtà. La pedagogia è subordinata alla filosofia, coincide con essa.
Una scuola centrata sul maestro e sulla trasmissione del sapere
La riforma della scuola di Gentile:
• L’obbligo scolastico viene innalzato fino ai quattordici anni di età e grande importanza viene data alla
formazione elementare;
• Scuole secondarie a numero chiuso;
• Differenze tra licei;
• Istituto magistrale;
IDEA DI SCUOLA:
• Incentrata sull’insegnante e non sul fanciullo;
• Torna ad essere legata al nozionismo e alla trasmissione del sapere;
• Viene negato qualsiasi tipo di spontaneismo;
• Attenzione alla creatività in grado di avvicinare gli alunni alla maturità dello Spirito;
• Introduzione dell’insegnamento religioso;
Oltre l’attualismo di Giovanni Gentile
• Calogero: recupera la parte “tecnica” della scuola e il dualismo tra insegnante e alunno
• Giuseppe Lombardo Radice e la scuola- serena. Una didattica viva. Visione di un fanciullo creativo e artista
• Ernesto Codignola con la Città-Scuola Pestalozzi. Carattere sociale e politico del processo educativo e
formativo
Il Marxismo pedagogico
1. Il rapporto dialettico tra educazione e società;
2. Il legame stretto tra educazione e politica
3. La centralità del lavoro nella formazione dell’individuo;
4. L’idea di una formazione onnilaterale dell’uomo;
5. L’opposizione allo spontaneismo
Il Marxismo pedagogico in Russia
Makarenko: pedagogista ucraino, insegnò in una colonia per ragazzi orfani e delinquenti (la Colonia Gorki)
• Centralità dell’esperienza;
• Insegnamento volto a promuovere comunità e condivisione di valori;
• Carattere dialettico della pedagogia;
• Scuola e società in stretto rapporto;
Il poema pedagogico: Una delle opere più importanti, letta in tutto il mondo
7 Antonio Gramsci e il marxismo pedagogico
Brevi cenni biografici:
• Nasce a Oristano nel 1891
• Di salute cagionevole
• Studia Filosofia a Torino
• Nel 1913 aderisce al partito socialista
• Affascinato da Lenin in Russia, promuove la corrente comunista nel partito socialista:
• Si sposa a Mosca
• Nel 1926 arrestato e incarcerato
• Confinato ad Ustica
• Muore in carcere nel 1937
La sua riflessione si incentra sulla componente storica del marxismo, superando il materialismo marxista e
sottolineando la dimensione storico-critica della realtà, che si oppone ad una visione positivista e scientifica.
La filosofia della prassi in Gramsci
L’uomo come costruttore e attore della realtà che può essere trasformata
La scuola come strumento di costruzione dell’egemonia culturale e politica
Un nuovo principio educativo: la formazione di un uomo onnilaterale e degli intellettuali organici
Il maestro come intellettuale che insegna ad interpretare la realtà sociale e divenire cittadini autonomi; un ponte,
strumento di mediazione tra l’uomo e la società
Il nesso fondamentale tra politica e educazione
I quaderni del carcere
Lavora alla stesura di 33 quaderni, non tutti compiuti, dal 1929 al 1935.
Rappresentano un momento di continuità ma anche di discontinuità con ciò che aveva prodotto prima di essere in
carcere.
Temi trattati:
• Il rapporto tra egemonia e pedagogia
• Il ruolo degli intellettuali
• L’educazione e la condizione di subalternità
Dina Bertoni Jovine
Donna, intellettuale impegnata, educatrice, e infine docente universitaria. Dirige la sezione pedagogica dell’Istituto
Gramsci.
“L’azione che oggi può influire sulla rinascita della scuola non può limitarsi alla elaborazione di teorie e sistemi: deve
essere un’azione politica che spinga la nostra società a realizzare una scuola che abbia le carte in regola: edifici,
attrezzature, insegnanti sufficienti e quella serie di provvidenze che ne garantisca il funzionamento regolare,
un’azione politica che sia capace di rimuovere i secolari ostacoli che impediscono lo sviluppo di una cultura razionale,
la formazione di coscienze libere, critiche, aperte al dubbio e alla verità». (La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri,
1958)
La pedagogia cristiana
La Chiesa prima e dopo il Concilio Vaticano II
L’attivismo cristiano: Manjon e Devaud
Il personalismo pedagogico: il fine del processo educativo è nella centralità della persona, intesa come totalità e nella
dimensione valoriale
• Mounrier: tra esistenzialismo e marxismo
• Maritian: la formazione di un uomo integrale
• Forster: La formazione dell’etica
• Hassen: La filosofia dei valori
• Don Milani e la scuola di Barbiana
8 Le forme sociali dell’educazione. Servizi, territori, società.
Presupposti della Pedagogia sociale
-Pluralità di agenzie educative (non solo gli istituti tradizionalmente deputati all’istruzione e alla formazione, ma
anche il luogo di lavoro, la famiglia, il territorio in cui si abita, gli spazi dell’associazionismo, della partecipazione e
dell’impegno civile, le relazioni sociali, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione).
-Visione ampia dell’educazione e multiforme esperienza di apprendimento del soggetto (pervasività e diffusione in
tutti gli spazi e i momenti nei quali il soggetto acquisisce informazioni, conoscenze e competenze).
-“Cassetta degli attrezzi” per la definizione di risposte adeguate alle istanze e criticità più urgenti della realtà sociale.
-Rinvio ad un progetto di società e ad un modello di uomo e di donna.
Definizioni della disciplina (I)
1. «Lo studio dell’educazione come fatto sociale, nelle sue origini, nelle sue condizioni, nei suoi processi e nei
suoi esiti. […] [L’espressione “pedagogia sociale”] è stata adoperata per significare ora quella parte della
pedagogia metodologica che tratta espressamente delle finalità sociali dell’educazione, o, meglio, di quella
“parte” dell’educazione che viene denominata “educazione sociale”; ora viene usata, e molto largamente,
per designare quel settore della ricerca pedagogica che tratta della “dimensione sociale” dell’educazione,
cioè delle relazioni sociali entro le quali si svolge il processo educativo; […] ora viene assunta in senso
strettamente “storico”, o, se si vuole, “storico-teoretico”, per indicare cioè quelle concezioni pedagogiche
che l’educazione assorbono o privilegiano nell’ordine sociale, rispetto a tutte le altre dimensioni del
comportamento umano» (Colonna, 1994: col. 10802).
2. «fa dei fenomeni sociali (dal tema dell’emarginazione a quello delle nuove povertà […], ecc.) il suo specifico
oggetto di indagine» (Bertolini, 1996b: 416-417).
3. Lo specifico oggetto di attenzione va rintracciato in quella gamma di azioni educative che muovono dal
considerare i soggetti come portatori di diritti di cittadinanza (Tramma, 1999: 25).
4. Il campo della pedagogia sociale deve essere indirizzato a delineare ipotesi di un possibile raccordo tra le
diverse sedi educative (Frabboni, Pinto Minerva, 2001: 384-385).
5. La pedagogia sociale intende «promuovere nei gruppi e nelle istituzioni sociali la conoscenza della loro
funzione educante e l’azione necessaria a far sì che essi siano in modo efficace il luogo in cui le persone
realizzano lo sviluppo della propria umanità» (Pollo, 2004: 23)
6. Campo di problemi e specifico punto di vista interpretativo: «Con un approccio “empirico”, diciamo che la
pedagogia sociale si occupa di certi problemi educativi che sono collegati con problemi sociali. [...] Se
passiamo ad una versione maggiormente “epistemologica”, allora la pedagogia sociale si definisce attraverso
il punto di vista che la contraddistingue, per l’angolazione sociale della sua interpretazione delle questioni
educative e della sua progettualità» (Baldacci,’09 14-15).
Temi

Origini
Origini nel contesto pedagogico tedesco della seconda metà dell’Ottocento (Adolph Diesterweg, Karl Mager, Paul
Natorp)
 Sozialpädagogik (1899) di Paul Natorp (1854-1924): “comunità” come agente educatore essenziale per la
crescita individuale e collettiva; oggetto del campo di studi sono sia le “condizioni sociali” dell’educazione sia
le “condizioni educative” della vita sociale.
 Democrazia ed educazione (1916) di John Dewey (1859-1952): educazione come processo essenzialmente
sociale (educazione intrecciata alle trasformazioni in atto nella società); “teoria dell’esperienza” come
ambito dello scambio attivo tra soggetto e natura; funzione sociale dell’educ. incremento progressivo della
democrazia.
 La sociologia e l’educazione (1922) di Émile Durkheim (1858-1917): funzione di riproduzione sociale e di
creazione dell’essere sociale dell’educazione, in quanto “fatto sociale”.
Pratiche all’origine del campo di studi in Italia
• Centri di Orientamento Sociale (COS), istituiti da Aldo Capitini a partire dal 17 luglio 1944 a Perugia
• Scuola-città Pestalozzi, fondata nel 1945 a Firenze da Ernesto Codignola.
• Centro Educativo Italo-Svizzero (CEIS) di Margherita Zoebeli a Rimini.
• Scuola popolare di Don Lorenzo Milani, prima a San Donato di Calenzano (1947-1954) e poi a Barbiana
(1956 -1968).
• Centro per la piena occupazione di Danilo Dolci a Partinico, a partire dal 1957;
• L’esperienza del Movimento Comunità di Adriano Olivetti (1901-1960).
• La trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” (1959-1968), di Alberto Manzi.
• Altre esperienze innovative nell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento (MCE, MCC, CEMEA,
CEPAS, UNLLA, ecc.).
Il contributo di Ivan Illich e Paulo Freire
Ivan Illich (1926-2002)
La Convivialità (1973): criterio di umanizzazione della società e condizione di capovolgimento della realtà
stereotipica della produttività industriale per la costruzione di relazioni umane che partecipano liberamente alla
creazione della vita sociale.
Descolarizzare la società (1971): funzionalità della scuola alla riproduzione del sistema sociale caratterizzato da
iniquità e ingiustizie. L’impostazione della scuola andrebbe capovolta a favore di un apprendimento “anti-
istituzionale”, da attuarsi in forma partecipativa ed esperienziale in ogni momento della vita del soggetto.
Paulo Freire (1921-1997)
La Pedagogia degli oppressi (1969): educazione strumento di trasformazione della dialettica “oppressori-oppressi”;
analisi dell’educazione “depositaria” (o “bancaria”) vs “educazione “problematizzante”. Caratterizzazione
emancipatrice e di lotta all’esclusione dell’educazione non formale.
La formazione nei Servizi
Bertrand Schwartz (1919-)
si possono «ridurre le ineguaglianze partendo dal rifiuto di considerare come una fatalità l’esclusione delle persone
con debole livello di istruzione» (Schwartz, 1995: 28);
Pedagogia del successo: per responsabilizzare il soggetto e accrescere sia la fiducia in se stesso sia la motivazione;
Missions locales: équipe multidisciplinari con rappresentanti delle istituzioni, delle amministrazioni, delle
associazioni e delle parti sociali, che operano nei diversi territori dello Stato francese, con l’obiettivo di promuovere
l’inserimento sociale e l’impiego dei giovani a rischio di marginalità sociale.
Pubblico, bisogno e domanda di formazione
Pubblico: soggetto, individuale o collettivo, dell’iniziativa di formazione (vs “partecipante”; richiama quella di “non-
pubblico”). Aspetti essenziali: capacità di costituirsi come attore “politico”, consapevolezza del ruolo “economico”,
capacità di divenire pienamente “soggetto della propria formazione” (Federighi, 2000: 199-201).
Bisogno: scarto, squilibrio tra una condizione che si vive e una auspicata (B. formativo: scarto di conoscenze, abilità e
competenze, non possedute dal soggetto). N.b. Bisogno “oggettivo” vs “soggettivo”.
Domanda: richiesta formulata dal soggetto, sulla base del bisogno di formazione percepito.
Modelli di soddisfacimento dei bisogni di formazione del pubblico
Form
azione come strumento di intervento nei servizi
Con finalità plurime (acquisizione di specifiche conoscenze, informazioni, competenze, l’incremento del benessere
del soggetto, la prevenzione di disagio e marginalità, lo sviluppo del potenziale individuale e collettivo, il contrasto
della dispersione scolastica, ecc.):
• servizi educativi e formativi: istituzioni scolastiche, centri di formazione professionale, centri territoriali
permanenti, scuole popolari, ecc.;
• servizi di inserimento lavorativo: centri per l’impiego pubblici, centri di orientamento al lavoro, organizzazioni
datoriali e sindacali, agenzie private di intermediazione lavorativa, ecc.;
• servizi sociosanitari: aziende sanitarie, servizi sociali, consultori, centri di informazione e orientamento per
giovani, ecc.;
• agenzie socioculturali: associazioni culturali e sportive, organizzazioni di volontariato, comitati di cittadini, centri
di servizio culturale e biblioteche, servizi alla cittadinanza, servizi per l’inclusione sociale, centri di aggregazione
giovanile, ecc.;
• agenzie di comunicazione: mass media tradizionali, internet e nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (tra le quali anche le piattaforme di e-learning).
Pratiche nei servizi
1. Centri di aggregazione giovanile: spazi polifunzionali in cui i giovani possono incontrarsi e realizzare, attraverso la
facilitazione di operatori sociali ed educatori, attività laboratoriali di tipo culturale, espressivo, artistico e ludico.
2. Servizi all’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati: utilizzo della formazione per acquisire nuove competenze o
ricontestualizzare quelle precedenti.
I territori e comunità “competenti”
Territorio: “sistema di vita” e spazio vissuto dagli individui, dai gruppi e dalle comunità e ambito di riferimento
teorico e operativo per l’iniziativa di formazione (a) luogo dell’azione, b) luogo di partecipazione , c) contenuto del
programma di formazione; d) distretto).
Comunità: “i suoi membri agiscono reciprocamente e nei confronti di altri, non appartenenti alla collettività stessa,
anteponendo più o meno consapevolmente i valori, le norme, i costumi, gli interessi della collettività, considerata
come un tutto, a quelli personali o del proprio sotto-gruppo o di altre collettività; ovvero quando la coscienza di
interessi comuni anche se indeterminati, il senso di appartenere a un’entità socioculturale positivamente valutata e
a cui si aderisce affettivamente, e l’esperienza di relazioni sociali che coinvolgono la totalità delle persone, diventano
di per sé fattori operanti di solidarietà. Ciò non esclude la presenza di conflitti entro la collettività considerata, né di
forme di potere o di dominio” (Gallino, 2006: 143).
Comunità “competente” quando si rende capace di analizzare la propria situazione, riconosce i propri bisogni ed è in
grado di mobilitarsi e di impiegare le risorse necessarie per soddisfarli. Occorrono tre elementi:
- la “conoscenza”, in primo luogo della sua realtà, dei suoi problemi e delle sue risorse;
- il “potere”, che consiste nella capacità di incidere e avere influenza sulle decisioni che la riguardano;
- la “motivazione”, che si traduce in una partecipazione attiva dei soggetti per affrontare i problemi collettivi
(Caldarini, 2008: 15).
Educazione di comunità, popolare e animazione territoriale
Educazione di comunità: orientamento che si rivolge a soggetti coinvolti in processi e relazioni sociali con problemi
e finalità comuni, in un determinato contesto locale, per identificare bisogni e criticità, e promuovere lo sviluppo di
azioni per il miglioramento delle condizioni di vita.
Educazione popolare: forma di educazione “non formale” che incoraggia il soggetto ad analizzare criticamente la
propria vita e a mobilitarsi per il cambiamento delle condizioni sociali, attraverso un curricolo focalizzato
prioritariamente sul gruppo che emerge dall’esperienza concreta e dai reali interessi delle persone.
Animazione territoriale: approccio attivo che, attraverso metodologie diversificate (ponendo attenzione alle
esperienze, al corpo, alla dimensione non verbale, creativa, espressiva, comunicativa), promuove la presa di
coscienza, lo sviluppo del potenziale di individui, gruppi e comunità, nonché l’incremento della partecipazione
sociale.
Azioni collettive di formazione
• si svolge in un’area territoriale economicamente, socialmente e culturalmente circoscritta;
• è gratuita, di massa, si rivolge a tutti, ma prioritariamente agli adulti con debole livello di scolarità;
• è volta a mettere la popolazione, sia sul piano individuale sia su quello collettivo, in condizione di affrontare
meglio i propri problemi di vita e di lavoro;
• intende fornire strumenti di analisi e di azione partendo dalla situazione degli adulti e dai loro interessi;
• è indirizzata ad attivare un “processo sociale” di coinvolgimento e responsabilizzazione di istituzioni,
associazioni e forze sociali in merito al progetto di formazione;
• è dotata di un proprio dispositivo istituzionale, per la partecipazione delle forze sociali (ad es., un comitato
locale di sostegno, composto da rappresentanti degli enti locali, delle forze sociali, dell’associazionismo, della
scuola, dei gruppi di base presenti sul territorio, che assumono la responsabilità politica del progetto) e per lo
svolgimento dell’azione di formazione (ad es., un dispositivo globale di formazione composto, come chiarito più
avanti, da specifici dispositivi);
• è centrata sui gruppi di apprendimento che stabiliscono, sulla base dei propri interessi e delle proprie esigenze,
contenuti e tempi della formazione;
• utilizza il più possibile le risorse educative, materiali e umane presenti nel contesto locale;
• è indirizzata a raggiungere gli adulti dove essi vivono e lavorano (Susi, 1989 e 2012).
Dispositivo globale di formazione

“Progettazione educativa territoriale”


 Individuazione dei bisogni, con l’analisi del rapporto tra problema, bisogno e domanda; in questa fase,
risultano strategiche la distinzione tra problema (una mancanza oggettiva rispetto a norme e convenzioni
sociali), il bisogno soggettivo di cambiamento (sia individuale sia collettivo) e la domanda (l’atto esplicito
del soggetto volto alla soluzione del problema da cui deriva il bisogno);
 Analisi della situazione, nella quale si acquisiscono i dati dell’ambiente interno ed esterno e si
prevedono le modificazioni future e i relativi effetti; in questa fase, si raccolgono tutti gli elementi
funzionali alla definizione della progettazione educativa: i “condizionamenti”, ovvero i vincoli formali cui
il progetto è sottoposto e le “risorse” umane, finanziarie e strumentali, a disposizione per la realizzazione
dell’iniziativa;
 Elaborazione del progetto, con la definizione di metodi opportuni e di strumenti di controllo coerenti; in
questa fase, vengono individuati gli obiettivi, le risorse, le modalità e i tempi;
 Attuazione del progetto, con la realizzazione delle attività progettate e, contemporaneamente, la
valutazione in itinere della procedura progettuale;
 Conclusione e la valutazione dei risultati, in particolare in merito al raggiungimento degli obiettivi, alla
realizzazione dei cambiamenti auspicati, alla comparsa di eventuali esiti non voluti, all’incremento del
grado di benessere dei soggetti, al rafforzamento, alla stabilizzazione o, in alternativa, alla riduzione
dell’autonomia dei destinatari e, infine, alle nuove prospettive progettuali da intraprendere in seguito
Pratiche nei territori
Scuola della seconda opportunità: offre percorsi formativi alternativi a quelli tradizionali, con metodologie
innovative o investimenti maggiori, in modo da consentire alle fasce vulnerabili della popolazione una ulteriore
opportunità di istruzione, in vista di un migliore inserimento nel mercato del lavoro e una più efficace partecipazione
nella società.
Scuola popolare: rappresenta un’iniziativa di formazione rivolta al pubblico in difficoltà, in un’ottica di promozione
dell’inclusione sociale, con attività caratterizzate da un forte legame con il contesto di vita dei partecipanti. Si
produce, così, un’esperienza alternativa alla scuola tradizionale che valorizza il soggetto e il suo background sociale e
culturale.
La formazione nella Società
“Società della conoscenza” (in avvicendamento all’espressione “learning society”): nel suo contesto di vita, il
soggetto continuamente acquisisce ed elabora criticamente saperi per le finalità più disparate, di natura sia
personale sia professionale, in modo complessivamente funzionale allo sviluppo dell’economia e della società.
Saperi, abilità e competenze come risorse indispensabili nella vita del soggetto, poiché il loro possesso determina la
possibilità di partecipare consapevolmente alla vita sociale e politica, al mercato del lavoro, alle opportunità culturali
e ad ogni dimensione della società contemporanea.
L’apprendimento va considerato, infatti, in primo luogo un diritto, il cui esercizio consente a ciascuno di svilupparsi,
partecipare, agire socialmente e politicamente.
Categorie di apprendimento
Apprendimento formale: si svolge negli istituti di istruzione e di formazione e porta all’ottenimento di diplomi e
qualifiche riconosciute.
Apprendimento non formale: si svolge al di fuori delle principali strutture d’istruzione e di formazione e,
solitamente, non porta a certificati ufficiali. Tale tipologia di apprendimento viene dispensata sul luogo di lavoro o
nel quadro delle iniziative di organizzazioni o gruppi della società civile (ad esempio, associazioni giovanili, sindacati o
partiti politici) e può essere fornita anche da servizi o programmi istituiti a complemento dei sistemi formali (come
corsi d’istruzione artistica, musicale o sportiva, oppure corsi privati per la preparazione degli esami).
Apprendimento informale: è il corollario naturale della vita quotidiana. Contrariamente alle due tipologie di
apprendimento precedenti, non è necessariamente intenzionalmente perseguito e il soggetto può persino non
essere consapevole che tale esperienza rappresenta un apporto alle sue conoscenze e competenze
La pedagogia critica
 Analizza i processi educativi a partire dal fondamentale riconoscimento della loro natura storica e sociale,
approfondendo le circostanze nelle quali si colloca la teoria educativa, le dimensioni ideologiche sottese a
qualsiasi pratica pedagogica, nonché il ruolo dell’educazione in relazione alle dinamiche di riproduzione dello
status quo e delle forme di ingiustizia sociale.
 Origine tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del Novecento, a partire da tradizioni culturali
differenti, sia nel contesto dell’America Latina, con i contributi di Ivan Illich e Paulo Freire, sia in Europa, con
Antonio Gramsci, Michel Foucault, la Scuola di Francoforte.
 Henry Giroux osserva che la pedagogia critica assume come obiettivo prioritario il tentativo di studiare quei luoghi
e quelle pratiche nei quali la capacità del soggetto di agire socialmente (operare consapevolmente nella realtà
sociale intervenendo su di essa), è stata negata (Giroux, 2011: 3).
 Discutendo il ruolo che l’educazione gioca come agente di riproduzione sociale e culturale, Giroux evidenzia che
la scuola, in quanto espressione di una più ampia impostazione della società, rappresenta uno spazio culturale
che incarna valori politici, storie e pratiche conflittuali (Giroux, 2009: 47).
Obiettivi di “Europa 2020”
1. Occupazione  innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni)
2. R&S / innovazione aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3% del PIL dell'UE
(pubblico e privato insieme)
3. Cambiamenti climatici /energia riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le
condizioni lo permettono) rispetto al 1990, 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili, aumento del
20% dell'efficienza energetica
4. Istruzione riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%, aumento al 40% dei 30-34enni con
un'istruzione universitaria
5. Povertà / emarginazione almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in
meno (Commissione Europea, 2010: 12).
Bisogni sociali di formazione
Esempi di bisogni formativi estesamente diffusi nella società:
Giovani NEET (Not in Education,  Employment or Training).
7,5 milioni NEET 15-24 anni nell’Unione Europea (+6,5 milioni 25-29 anni) (Eurofound, 2012: 27-33).
Tassi più alti di NEET nell’UE: in Bulgaria, Italia, Grecia, Spagna e Irlanda. Tasso di NEET in Italia nella fascia 15-24
anni: 21,1% (1 su 5) (in particolare 11,9% nella fascia 15-19 anni, 29,5% in quella 20-24 anni, 28,9% in quella 25-29
anni, 27,6% in quella 30-34 anni (Eurostat, 2013).
Fascia della popolazione a debole livello di scolarità
Il 54,4% degli italiani è dotato di un titolo di studio al massimo di licenza media (il 22,5% è senza titolo o possiede la
licenza elementare e il 31,9% ha la licenza media) (Censis, 2012: 124). Un’analisi delle abitudini culturali degli italiani
evidenzia, poi, che solo una parte di essi (stimata in circa un terzo della popolazione) legge un quotidiano e almeno
un libro all’anno o padroneggia la lingua italiana e l’aritmetica di base (De Mauro, 2010: 238-245).
Pratiche nella società
Risposte ai bisogni culturali degli immigrati: sono presenti in ogni fase dell’esperienza migratoria, condizionandone
sviluppi ed esiti a seconda delle risposte ricevute.
Risposte ai bisogni formativi degli immigrati: offerta di formazione linguistica integrata con orientamento ai servizi
nella società e agli spazi della partecipazione sociale e civica.
9 Il ‘68 educativo
Il 68 come fenomeno storico, politico, culturale e sociale che ha coinvolto numerosi paesi nel Mondo e costituito da
movimenti di giovani, studenti ed operai mossi dalla volontà di contestazione della cultura dominante esistente e
desiderosi di essere protagonisti e partecipi della società civile e dello sviluppo culturale e politico.
Nasce una critica al sistema, alle istituzioni che lo rappresentano e al sapere, un sapere cattedratico, lontano dai
giovani e dalle questioni di ordine sociale e culturale. Ad essa seguono proposte alternative, antisistema e di contro-
cultura
La pedagogia e l’istruzione sono ancora fortemente ancorate ad un’ideologia autoritaria e di consolidamento della
classe dominante, senza rappresentare un simbolo di rottura e di critica alle dimensioni più oppressive e di
omologazione e conformismo alla cultura e alla struttura tradizionale, di matrice classista.
Il movimento del ‘68 nel Mondo
Negli Stati Uniti: lotte studentesche e movimenti giovanili contro la guerra in Vietnam e a sostegno dei diritti
rivendicati dai neri.
Marcuse: l’uomo a una dimensione (1964). Opera che denuncia l’alienazione vissuta dall’uomo, in una società
industriale avanzata che schiaccia l’individuo sotto il dominio del conformismo e di una finta libertà e democrazia.
I movimenti sociali e giovanili criticarono il sapere istituzionale come trasmettitore di una cultura dominante e non
di uno sviluppo del pensiero critico e libero.
In Francia: Il movimento giovanile e studentesco occupò la Sorbona a Parigi. Ai primi scioperi si unirono anche gli
operai per denunciare una società ingiusta, diseguale e un sapere a servizio della classe dominante. “Vietato
vietare”, “L’immaginazione al potere”; Siate ragionevoli, chiedete l’impossibile”.
In Germania: una ripresa del marxismo meno dogmatico e anti-staliniano. crescente rottura generazionale, contro la
guerra del Vietnam e contro i tabù della sessualità. Rifiuto dei metodi disciplinari e selettivi e grandi ondate di
manifestazione e proposte alternative di cultura e educazione comunitaria.
In Italia: il movimento giovanile e scolastico coinvolgerà poi anche quello operaio e di stampo politico. Occupate le
prime Università già nel 1966, per poi manifestare in piazza. Denuncia e critica ad un sistema del sapere autoritario e
conservatorio, distante dai giovani e dagli studenti.
In generale in questi anni emerge:
• Un nuovo modo di pensare e vedere l’educazione e la scuola;
• Il disvelamento dei caratteri ideologici della pedagogia;
• La dimensione mai neutrale della pedagogia e dell’educazione;
• Proposte alternative di pensare l’educazione e del fare scuola;
L’ideologia pedagogica
Angelo Broccoli: Si interessa degli scritti di Gramsci, di impostazione marxista, si occupa del rapporto tra ideologia ed
educazione. “l’ideologia è un’etica priva di storia, che ha finito per diventare storia di tutti i giorni”. Attenzione a
smascherare la componente ideologica nel discorso pedagogico, che ha invece obiettivo principe quello di costruire
pensiero critico e percorsi di emancipazione. Critica e consapevolezza della dimensione ambigua insita nel discorso
educativo sostenuto attraverso le Istituzioni, che riproducono la cultura dominante.
Louis Althusser: filosofo francese si occupa di riflettere sulla dimensione ideologica, si forma attraverso le teorie
marxiste e lo strutturalismo dell’antropologia. L’ideologia come forma di alienazione dell'individuo rispetto alle
condizioni della vita reale. Tutte le forme sociali sono espressione di una ideologia e, quindi, di un condizionamento a
priori nei confronti di ciascun individuo; la scuola rappresenta un apparato ideologico di riproduzione di forza lavoro
e della cultura dominante
Proposte nuove di riflessione e azione educativa
Lapassade e la pedagogia dell’autogestione: Georges Lapassade, filosofo e sociologo francese che si occupò di
psicosociologia, di etnologia, di pedagogia e di analisi delle istituzioni. Esponente della pedagogia istituzionale e
dell’analisi istituzionale, modalità attraverso cui studiare, analizzare le istituzioni. Discipline capaci di fare emergere
l’inconscio dei gruppi nelle istituzioni proponendosi di favorire un cambiamento generale nelle modalità relazionali
esistenti al loro interno. Il principio di autogestione diviene il modo attraverso cui analizzare le istituzioni e si
realizzeranno poi vere e proprie esperienze, che cercheranno di porre al centro la libertà di pensiero, parola ed
espressione degli studenti, recuperando metodi attivi
La pedagogia della differenza: al centro il fanciullo, la sua libertà nell’espressione della corporeità e fuga dalla
dimensione adulta ed oppressiva
Giovanni Maria Bertin: razionalismo critico, la pedagogia regolamenta l’agire dell’uomo, come agire
problematizzato. Uno degli esponenti più maturi del problematicismo pedagogico. L’esperienza umana, in tale ottica,
è problematica, nel senso che ogni teoria attinge alla prassi ed ogni pensiero prende forma a partire dalla realtà. La
prassi e la realtà, quindi, si presentano come sistemi aperti.
Pier Paolo Pasolini: scrittore, intellettuale, insegnante, educatore. Grande interprete della società che vive. Una
grande coscienza critica durante un periodo in cui si afferma una società neocapitalista, confusa e stravolta da grandi
cambiamenti di ordine sociale e culturale. Maestro fortemente impegnato nel suo ruolo di insegnante, nel rapporto
con gli alunni e nel riuscire ad incuriosire, appassionare e guidare i ragazzi verso un loro personale sviluppo.
Come cambia la riflessione sulla epistemologia pedagogica?
La pedagogia appare come scienza, ma anche come filosofia e come politica poiché si costruisce come sapere
scientifico, ma lo fa all’interno di una struttura storico-politica e attraverso un discorso filosofico. La pedagogia si
manifesta come sapere complesso e con identità plurime. Ha bisogno di essere ripensato.
4 Modelli di riflessione epistemologica intorno alla pedagogia.
1: Il Modello analitico
Il discorso pedagogico come fondato su una logica scientifica e sul criterio della spiegazione e della verificazione.
Fonda una analisi del discorso pedagogico e regolamentazione analitica; una serie di procedure che permettessero di
controllare la produzione del sapere pedagogico. Alcune critiche verso questo modello interpretativo: una filosofia
pedagogica coercitiva e normativa.
2 Il Modello strutturalista
Brezinka, più tendente allo strutturalismo; si ispira al razionalismo critico di Popper. La conoscenza della realtà non è
ricavata dall’apriorismo né dai soli risultati dell’osservazione, bensì mediante ipotesi costruttive da controllarsi
empiricamente. Egli individua tre fonti per la teorizzazione pedagogica: le scienze dell’educazione, la filosofia
dell’educazione e la pedagogia pratica
3 Il Modello dialettico
È possibile ricondurvi le riflessioni marxiste, gramsciane sull’educazione, ma anche quelle di Angelo Broccoli e che
pone al centro del discorso pedagogico la dimensione dialettica tra pedagogia e ideologia
4 Il Modello ermeneutico
Secondo questo modello il discorso pedagogico è inserito nel contesto storico e radicato in esso. Quello pedagogico
è quindi un sapere da decostruire e interpretare alla luce della dimensione storica e di come in essa agisce. Una
pedagogia che si faccia interprete degli orizzonti di senso che devono orientare l’educazione contemporanea.
10 La pedagogia e le scienze dell’educazione
Da una pedagogia unitaria e chiusa ad una pedagogia aperta e plurale. La pedagogia diviene ambito del sapere
ipercomplesso.
Aldo Visalberghi “Pedagogia e scienze dell’educazione:
Sapere che riflette sull’agire educativo
Ambiti del sapere educativo che pongono in relazione il sapere con il saper fare
L’enciclopedia pedagogica realizzata da Visalberghi: rappresentazione schematica dei campi in cui si muove la
riflessione e l’agire educativo
Enciclopedia pedagogica
Circolarità tra i saperi
Contiguità
Saperi in stretta relazione
Centralità della filosofia dell’educazione, come filosofia critica e storica
La pedagogia come pedagogia scientifica
Pedagogia sperimentale. Binet e Simon
Raccoglie al suo interno ed organizza diversi ambiti scientifici.
Nasce e si sviluppa in Europa, in particolare in Francia, grazie al lavoro di Binet e Simon attraverso gli studi e i test
sull’intelligenza. Raccoglie al suo interno le dimensioni valutative, l’ambito della docimologia e in generale un
approccio sperimentale alle questioni educative.
Alcuni dei suoi più importanti esponenti saranno Maria Montessori e Piaget, che utilizzano una metodologia
scientifica di studio, sperimentazione e ricerca per realizzare ipotesi, esperienze educative e teorie
La pedagogia sperimentale come un tentativo di superare i limiti del senso comune pedagogico, come un tentativo di
portare, all’interno della riflessione sui fenomeni educativi la rigorosità del metodo scientifico, i caratteri di
replicabilità, causalità e sperimentazione. il progresso delle scienze naturali.
La psicoanalisi. S. Freud, A. Freud, M. Klein
Momento di grande rottura con l’idea che i processi psicologici potessero essere spiegati tutti in modo razionale e
cosciente.
Si inizia a studiare l’inconscio, le dimensioni di conflitto, paura e le emozioni sottese ai comportamenti razionali.
Grazie a S. Freud si guarderà al bambino e al suo sviluppo psichico con attenzioni nuove al suo processo di crescita,
alle sue paure, alle pulsioni sessuali in esso presenti.
Grazie a A. Freud si definirono dei diversi momenti nello sviluppo della mente del bambino, e ad un’attenzione sul
valore dell’analisi e del processo di superamento dei propri conflitti
Grazie a M. Klein si lavora sui mezzi e gli strumenti che fungono da medium per far emergere ed affrontare ai
bambini e ai ragazzi paure, ansie, conflitto.
Sociologia dell’educazione. Durkheim, Gallino, Boudon
Durkheim si interessò di educazione e dei legami che intercorrono tra essa e gli aspetti sociali dell’ambiente
circostante
L’educazione muta al mutare della società in cui viene ad attuarsi, proprio perché essa si realizza in situazione e con
essa di modifica.
Luciano Gallino: Definizione di sociologia dell’educazione come campo del sapere che studia i rapporti osservabili
tra le varie componenti di un sistema educativo.
Educazione che coincide con la Socializzazione. Si interessa dell’inserimento nel contesto sociale di ogni individuo e
sulle strutture e le istituzioni, nonché della mobilità sociale, la dimensione delle disuguaglianze in entrata e in uscita
dal processo formativo.
L’antropologia culturale: C. Levi Strauss, M. Mead, E. De Martino
Un campo del sapere che ha cercato di studiare l’uomo all’interno di una prospettiva culturale, interessandosi quindi
di esplorare e studiare le società e le differenze culturali tra queste.
C. Levi-Strauss: fondatore dello strutturalismo. Ipotizza l’esistenza di strutture universali su cui si fondano tutte le
società; i suoi studi sono improntati alla ricerca di costanti. Fa uno studio sui legami di parentela
Margaret Mead: ricerca sul campo in relazione alla dimensione dell’adolescenza nei giovani dell’isola di Samoa,
nell’Oceano Pacifico.
Ernesto De Martino: antropologo italiano che condusse degli studi sul sud Italia e sulla dimensione della magia,
ancora molto presente nelle pratiche culturali e sociali delle popolazioni meridionali.
Gli studi di antropologia culturale stravolgono le convinzioni e i caratteri etnocentrici della riflessione pedagogica
occidentale, testimoniando la presenza di numerose altre modalità e approcci educativi e di valori differenti.
L’educazione comparata e l’educazione per gli adulti
Educazione comparata: campo di indagine che trova grande impulso sia dagli studi dell’antropologia culturale, sia
dalle innovazioni che nel Novecento produssero grandi sviluppi anche in paesi fino a quel momento più arretrati, e
che promossero modelli educativi e riflessioni pedagogiche diversificate. Strumento indispensabili per permettere la
comparazione, il confronto e la realizzazione di spazi di incontro e comprensione tra modelli di valori educativi e
pedagogici differenti.
Educazione degli adulti: nascono proposte e sperimentazioni legate a percorsi di formazione per gli adulti e alle
dimensioni di consapevolezza della propria condizione, in particolare nei paesi più arretrati in cui i processi di
alfabetizzazione di massa promuovono anche spazi di collettività e di sindacalizzazione, in grado di sostenere
percorsi di attivazione sociale e politica
11 La pedagogia cognitivista
Un campo del sapere che si sviluppa intorno agli anni 50 grazie agli studi e alle sperimentazioni della psicologia
cognitiva, interessata allo sviluppo e all’evoluzione del bambino in relazione alle fasi di apprendimento e
all’acquisizione del linguaggio.
Da questi interessi emergono studi di molti intellettuali, psicologi che si sono occupati anche di pedagogia,
educazione, formazione e istruzione, elaborando numerose teorie utili alle applicazioni educative, alle scelte sui
metodi e sui programmi di istruzione.
 Lev Semënovič Vygotskij
Interessi principali.
- Apprendimento e linguaggio,
- Fasi di sviluppo del bambino
- Pensiero e linguaggio: prima il linguaggio, poi il pensiero
- Dimensione del gioco e del lavoro manuale
- L’educazione per ragazzi con deficit
La teoria dello sviluppo prossimale: Esso definisce la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di
sviluppo potenziale del bambino.
Lo sviluppo si inserisce all’interno della dimensione storica, sociale e culturale ed ha carattere di organicità e
flessibilità. Per tale ragione non esistono fasi di sviluppo predeterminate e suddivise in stadi, che si attivano in un
determinato momento dell’età del bambino. L’apprendimento avviene in ogni momento, attraverso la
socializzazione; e questo momento antecede lo sviluppo e ne è prerequisito.
La dimensione del gioco
Il gioco come momento centrale per il bambino e il suo sviluppo. Permette l’astrazione e il simbolismo.
Rappresenta uno spazio di sviluppo prossimale, proprio perché guidato dalla finzione, dalla fantasia e dalla
creazione di situazioni nuove.
Quali impatti sulle questioni educative/pedagogiche e didattiche?
- La zona di sviluppo prossimale;
- Il ruolo dell’insegnante nell’osservare e adeguare l’ambiente e l’apprendimento alle possibilità potenziali di
sviluppo del bambino;
- L’importanza degli strumenti come medium che acquistano significati durante il loro utilizzo;
- L’interesse per i ragazzi con deficit intellettivi o fisici;
- L’ambiente come elemento attivo e partecipe del processo di apprendimento e sviluppo
Jean Piaget
Intellettuale di fama mondiale, psicologo che ha dato grande impulso non solo alla pedagogia cognitivista, ma in
generale alla pedagogia scientifica e alla psicologia.
Procede con metodo: elabora ipotesi, compie osservazioni ripetute, procede per esperimenti e formula teorie.
Grande apporto alla pedagogia:
-individua gli stadi evolutivi del bambino, al quale corrispondono capacità da acquisire e stadi di apprendimento
successivi alle fasi di sviluppo;
-Promuove l’inserimento delle materie scientifiche nei programmi scolastici
-Si occupa di valutazione dell’apprendimento;
-Sostiene le politiche internazionali per i diritti dei bambini;
-Il linguaggio come frutto dello sviluppo del pensiero
Gli Stadi di sviluppo
Assimilazione e accomodamento: Rappresentano due momenti sempre presenti(invarianti) durante il processo di
sviluppo e apprendimento.
L’Assimilazione: processo di acquisizione di una nuova esperienza, senza bisogno di modificare le proprie capacità;
L’Accomodamento: processo che richiede al bambino di modificare le proprie capacità, per accedere alle esperienze
del mondo esterno.
Promuovono forme di adattamento all’ambiente e quindi lo sviluppo dell’intelligenza.
I STADIO DI SVILUPPO (0-2 ANNI). STADIO SENSO-MOTORIO: conoscenza e sviluppo avvengono tramite le
esperienze sensoriali e il movimento/manipolazione degli oggetti. Il linguaggio non si è ancora sviluppato in forma
compiuta.
II STADIO DI SVILUPPO (dai 2 ai 6-7 ANNI) STADIO SIMOBILICO-PREOPERATORIO: emerge la funzione simbolica del
gioco, il linguaggio, l’imitazione. Si inizia a creare le rappresentazioni e la traduzione delle azioni in pensieri.
III STADIO DI SVILUPPO (dai 7 anni agli 11). STADIO OPERAZIONI CONCRETE: Il bambino raggiunge la padronanza
delle operazioni concrete: la classificazione, la reversibilità, la seriazione. Il pensiero diviene astratto e si manipolano i
simboli.
IV STADIO DI SVILUPPO (dagli 11 anni ai 14) STADIO OPERATORIO-FORMALE: Si costruisce il ragionamento, non più
legato alla dimensione dell’esperienza, ma a operazioni logico-deduttive. Il pensiero diviene astratto, logico, flessibile.

Gli stadi di sviluppi hanno carattere propedeutico: se non si è vissuto uno stadio non si passerà a quello successivo,
ma non hanno carattere di rigidità o estrema fissità.
Oltre la dimensione delle fasi di sviluppo:
- Promozione dei diritti del fanciullo: rispetto dei lavori dell’universalità dei diritti e della garanzia di un’educazione e
un’istruzione per tutti;
- Interesse verso lo sviluppo morale del bambino e dell’adolescente: entra in gioco la componente sociale.
12 Bruner e la teoria dell’istruzione
Bruner, nasce nel 1915. Psicologo si forma sugli studi di Piaget e Vygotskij e ne realizza quasi una sintesi di pensiero. I
suoi studi sulla psicologia cognitiva alla base delle sue proposte sulla didattica e la pedagogia.
Le questioni indagate:
 Sviluppo cognitivo del bambino;
 Critica dell’attivismo pedagogico;
 I fini dell’educazione e il legame con la società;
 La realizzazione di una teoria dell’istruzione;
 La valutazione dei curricula;
Lo sviluppo cognitivo del bambino
La percezione: primo momento attraverso cui conoscere e categorizzare. Approssimazione della percezione
Tre fasi della rappresentazione:
 Operativa: si apprende attraverso l’azione
 Iconica: si apprende attraverso l’immagine e l’imitazione
 Simbolica: si apprende attraverso i simboli: il linguaggio.
Lo sviluppo cognitivo per Bruner è legato alla dimensione socioculturale e alla ricerca di strutture universali che ne
definiscono il processo. Bruner lega la dimensione dell’istruzione allo sviluppo evolutivo del bambino. L’istruzione è
il mezzo attraverso cui orientare tale processo di sviluppo.
Le caratteristiche dello sviluppo intellettivo creano la base per la sua teoria dell’istruzione
1. La crescita è caratterizzata da una crescente indipendenza della risposta dalla natura dello stimolo;
2. lo sviluppo è basato sulla interiorizzazione degli eventi in un sistema di conservazione;
3. Lo sviluppo intellettuale implica la crescente capacità di orientarsi nel mondo e saperlo ricostruire, ricreare in
modo diverso e nuovo;
4. Lo sviluppo intellettuale dipende in grande misura dall’interazione tra educando e educatore;
5. L’insegnamento è facilitato dall’uso del linguaggio;
6. Lo sviluppo intellettuale è legato alla capacità crescente
La Teoria dell’istruzione di Bruner
Quattro dimensioni utili alla realizzazione del curriculum:
1. Importanza e attenzione della motivazione;
2. Opportuna costruzione dei contenuti;
3. Adeguato utilizzo dei metodi;
4. Rinforzo dell’apprendimento;
Una teoria dell’istruzione basata sulle strutture generali alla base della conoscenza. La teoria dell’istruzione basata
sul curriculum a spirale. Il movimento a spirale che parte da un approccio intuitivo alla conoscenza per proseguire
con ciclici approfondimenti e successivi ritorni e iterazioni, permette di comprendere le idee di base connesse
Filosofia della valutazione: la valutazione come forma di intelligenza pedagogica, in grado di orientare la
metodologia, i contenuti e i ritmi di apprendimento. La valutazione non solo finale ma del processo, da compiere in
itinere e insieme all’educando.
La critica all’attivismo pedagogico. La Conferenza di Woods Hole nel 1959.
L’idea pedagogica dell’attivismo non è più adeguata all’età contemporanea:
1. Presunzione di un’innata armonia esistente tra individuo e società;
2. Lo sviluppo mentale dipende dal saper padroneggiare le tecniche, il metodo non risiede nel fanciullo stesso
3. L’apprendimento deve essere sganciato dall’esperienza e produrre conoscenze generali e strutturali
4. Dewey primato dell’azione sul pensiero; Bruner ristabilisce il primato del pensiero sull’attività umana;
Nel tempo elabora una sorta di autocritica, ripensando i curricula e la teoria dell’istruzione con riferimento alla
dimensione politica e trasformativa della scuola
Skinner e le macchine per insegnare
Psicologo comportamentista. I suoi studi si concentrano sulla dimensione del comportamento, che rappresenta
l’unico aspetto osservabile e quindi per questo unico possibile oggetto di studio.
Il pensiero e il linguaggio come abilità comportamentali che si apprendono tramite rinforzi. Si interessa di
programmazione, progettazione e organizzazione della didattica promuovendo l’uso di macchine per insegnare. La
tecnologia a scuola diviene strumento per includere e permettere l’auto-correzione, rischiando però di sostituirsi
quasi completamente alla funzione e alla figura dell’insegnante.
Bloom e Gagnè. Le tassonomie e il curriculum
Costruzione di nuove e organiche teorie del curriculum basate sulla elaborazione di metodi, valutazioni, obiettivi in
grado di poter essere validi e funzionali per tutti gli alunni. Le teorie sul curriculum si basano sulla tassonomia. Si
agisce sia sulle capacità/caratteristiche dello studente, sia sui contenuti/qualità dell’insegnamento, sia sulla
tassonomia degli obiettivi e sulla classificazione delle capacità da apprendere.
Bloom: fattori alla base della teoria dell’apprendimento:
- Pre-requisiti dello studente
- Qualità dell’insegnamento: Risultati di apprendimento più o meno efficaci
- Qualità dell’insegnamento
MASTERY LEARNING
Mastery Learning o Apprendimento per padronanze è una è una strategia di progettazione, organizzazione,
valutazione dell’insegnamento. È una teoria dell’istruzione fondata su diversi aspetti:
 articolazione dei percorsi formativi in unità o blocchi;
 traguardi di apprendimento o obiettivi da raggiungere;
 modalità di verifica in ingresso;
 verifiche in uscita, mirate ad individuare tempestivamente eventuali difficoltà,
L’apprendimento per la padronanza prevede una fase molto attenta di progettazione e programmazione, scelta dei
contenuti e dei micro-obiettivi da raggiugere. Grande valore la dimensione della valutazione e la dimensione
dell’individualità della proposta di apprendimento e di verifica/valutazione.
13 Paulo Freire e la pedagogia della liberazione
Educatore e pedagogista brasiliano, nasce a Recife, da una famiglia di umili origini. Completati gli studi secondari
inizia a insegnare portoghese e intanto studia filosofia e psicologia del linguaggio all’Università di Recife.
Intorno al 1943 inizia a spendere le sue energie e studi per sostenere i più deboli e aiutarli in percorsi di
emancipazione rispetto alle situazioni di marginalità ed esclusione. Tra gli anni ’50 e i primi anni ‘60 realizza una serie
di iniziative che saranno alla base anche delle impostazioni del suo metodo e delle riflessioni teoriche.
Negli anni ‘60 Freire sua partecipazione a vari movimenti: Il Movimento della Cultura Popolare (MCP), nel Servizio di
Stensione Culturale (SEC) della Università di Recife, l'esperienza di Angicos e il Programma di Alfabetizzazione
Nazionale, promosso nel Ministero della Pubblica Istruzione. Nel MCP ha condotto i primi esperimenti didattici,
iniziando ad elaborare prospettive relative all’alfabetizzazione degli adulti.
Nel 1964 viene esiliato ed è costretto a fuggire dal Brasile a causa del colpo di stato che porterà il brasile a vivere un
ventennio sotto il regime militare. Si trasferisce prima in Bolivia, poi in Cile dove sperimenterà diverse esperienze di
sostegno e lotta per l’emancipazione delle fasce più povere dei lavorati agrari. Scrive alcuni dei suoi testi più noti.
Nel 1969 è visiting professor presso Harvard e si trasferisce a Ginevra dove diviene Consigliere Educativo Speciale e si
occupa di processi di riforma educativa in diversi paesi africani.
Nel 1979 può fare rientro in Brasile. Si stabilisce a San Paolo dove insegna all’Università e promuove progetti di
alfabetizzazione per il paese.
Nel 1986 riceve dall’UNESCO il premio per l’educazione alla pace.
Nel 1991 viene fondato l’Istituto Paulo Freire a San Paolo per promuovere un’educazione emancipatrice e una lotta
contro l’esclusione sociale.
Nel 1997 muore a San Paolo.
Alcuni cenni biografici attraverso tre stagioni differenti:
- Il periodo di Recife (1921-1964)
- Gli anni dell’esilio (1964-1980)
- San Paolo (1980-1997)
Personalismo, teologia della liberazione e marxismo umanista
Nell’elaborazione pedagogica di Freire si intrecciano, in particolare, due correnti culturali prevalenti:
• da una parte, il filone cristiano, anzitutto nella sua corrente personalista ed esistenzialista, maturata con lo
studio di autori come Jacques Maritain (1882–1973), Emmanuel Mounier (1905–1950) e Gabriel
Marcel (1889–1973), ma soprattutto nel suo filone di impegno sociale della teologia della liberazione, con il
confronto con teologi come Hélder Câmara (1909–1999), Gustavo Gutiérrez (1928–) e Leonardo
Boff (1938–);
• dall’altra parte, vi è il filone marxista, in particolare con lo studio delle opere di Karl Marx (1818–1883) e
Antonio Gramsci (1891–1937).
Ulteriori ambiti teorici rilevanti nella formulazione della pedagogia freiriana sono, senza dubbio, quelli derivanti dagli
studi di psicologia dello sviluppo e della teoria post-coloniale.
La pedagogia della liberazione e i circoli di cultura
Un pensiero originale e complesso:
- Il personalismo e la teologia della liberazione;
- Il marxismo pedagogico e Antonio Gramsci;
La pedagogia come forma di liberazione da forme di oppressione: fondamentale per l’educazione occuparsi dello
sviluppo del soggetto come attore libero, consapevole e autonomo
L’educazione come pratica di libertà attraverso forme dialogiche e la costruzione di spazi di democratizzazione e
partecipazione. I circoli di cultura come spazi di educazione non formale per il realizzare di una pratica educativa
libera.  La pratica anticipa la riflessione teorica e ne costituisce le basi
- Educazione come pratica della libertà. L’esperienza dei circoli di cultura
Spazio di educazione non formale
- comune lavoro dialogico, per la “conquista del linguaggio”;
- dibattito dei problemi comuni.
«Invece della scuola, che per noi è un concetto troppo carico di passività, secondo l’esperienza della nostra stessa
formazione (anche quando le si dia l’attributo di attiva), abbiamo lanciato i circoli di cultura. Al posto del professore e
delle sue abitudini di insegnare “ex cathedra”, abbiamo messo il coordinatore del dibattito. Invece della lezione
discorsiva, il dialogo. Al posto dell’alunno con tutte le sue tradizioni passive, il partecipante del gruppo. Invece delle
materie e dei programmi alienati, la programmazione omogenea “ridotta” e “codificata” in unità di apprendimento»
(Freire, 1977a: 127).
Livelli di coscienza
• “semi-intransitiva” o “ingenua” corrisponde ad una posizione di immersione in una “cultura del silenzio”,
per la quale il soggetto vive disabituato al dialogo e aderisce alla realtà senza alcuna iniziativa di distacco e
tantomeno di oggettivazione e di analisi.
• transitiva naturale il soggetto sposta le cause della sua precarietà e marginalità nelle condizioni oggettive
della realtà stessa, pur mediante un’analisi dei problemi ancora superficiale e irrazionale, caratterizzata da
una forte tendenza alla polemica e alla massificazione.
• transitiva critica rappresenta lo stadio più maturo della consapevolezza, contraddistinto dal rifiuto delle
posizioni fatalistiche, l’amore per il dialogo, la disponibilità al nuovo e lo spirito di ricerca permanente
• Fase della ricerca «È questa la fase della scoperta dell’universo lessicale, in cui vengono stimolate parole e temi
generatori che si riferiscono alla vita quotidiana degli allievi e del gruppo sociale al quale essi appartengono.
Queste parole generatrici sono selezionate in funzione della ricchezza sillabica, del valore fonetico e, soprattutto,
del significato sociale che hanno per il gruppo. La scoperta di questo universo lessicale può avvenire tramite
incontri informali con gli abitanti della zona nella quale si lavora, convivendo con loro, sentendo i loro problemi
ed apprendendo gli elementi della loro cultura» (Gadotti, 1995: 17).
• Fase della tematizzazione «In questa seconda fase, sono codificati e decodificati gli argomenti sollevati nella fase
della presa di coscienza, vengono contestualizzati, e sostituiscono così la visione magica iniziale con una critica e
sociale. Si scoprono in tal modo nuovi temi generatori, che sono in relazione con quelli che erano stati
inizialmente sollevati. È in questa fase che vengono elaborate le schede per la scomposizione delle famiglie
fonetiche e si forniscono sussidi per la lettura e la scrittura» (Gadotti, 1995: 17).
• Fase della problematizzazione «In questo viaggio di andata e ritorno dal concreto all’astratto, si torna al
concreto ma problematizzato. Si scoprono i limiti e le possibilità delle situazioni esistenziali concrete apprese
nella prima fase. Si mette in evidenza la necessità di una concreta azione culturale, politica e sociale che miri al
superamento di situazioni limite, cioè, degli ostacoli alla [umanizzazione] […]. Saper leggere e scrivere diventa
uno strumento di lotta, un’attività sociale e politica. L’obiettivo finale del metodo è la coscientizzazione. La realtà
oppressiva è vissuta come una condizione che può essere superata. L’educazione per la liberazione deve sfociare
nella prassi trasformatrice, atto dell’allievo come soggetto, organizzato collettivamente» (Gadotti, 1995: 18).
Riduzione, codificazione e decodificazione
- La riduzione consiste nella scomposizione di un tema nei suoi elementi essenziali. Le parole vengono chiamate
“generatrici” perché a partire da esse, gli educandi arriveranno in un secondo tempo a formare altre parole.
- La codificazione costituisce la trasposizione del tema “ridotto” nel miglior canale di comunicazione all’interno del
processo educativo, che solitamente consiste in una raffigurazione in un linguaggio visuale (ad esempio, un disegno,
una diapositiva, ecc.), utile ad esplicitare l’interazione dei diversi elementi che compongono il tema (cfr. “quadri-
situazioni”).
- La decodificazione consiste in un dibattito, nel quale i partecipanti rispondono, sulla base delle sollecitazioni del
coordinatore, alle domande “sottintese” in ciascuna rappresentazione e analizzano criticamente il tema proposto.
«non ci interessa definire semplicemente alcuni attributi dell’uomo in generale. Ci importa invece che questi
uomini particolari concreti riconoscano in sé stessi, nel corso della discussione, i creatori della cultura. Perciò le
immagini devono esprimere qualcosa di loro stessi» (Weffort, 1977: 15)
La coscientizzazione come presupposto della pedagogia della liberazione
Esistono fasce deboli della popolazione, definite da Freire come oppressi con i quali avviare un percorso di
«coscientizzazione», e quindi l’acquisizione da parte degli oppressi di una coscienza critica circa la propria situazione
di oppressione.
Tale percorso può avvenire solo attraverso un processo dialogico, di partecipazione attiva, scambio e confronto tra i
vari soggetti che partecipano al percorso di educazione e coscientizzazione.
È un momento attraverso il quale i soggetti si riappropriano della propria storicità, aiutando i soggetti ad inserirsi in
modo consapevole nel mondo e non semplicemente adattandovisi.
Sono necessari tre momenti/fasi per avviare una coscientizzazione:
1. Situare il processo all’interno di uno spazio e in un tempo specifico;
2. Situare il processo all’interno di una collettività;
3. Promuovere conoscenze sulla situazione reale;
Successivamente al posizionamento attivo all’interno della storia, i soggetti coscientizzati potranno trasformare
quella storia
L’inedito possibile
• «Pensare la storia come possibilità significa riconoscere anche l’educazione come possibilità. Significa
riconoscere che, anche se l’educazione non può fare tutto da sola, può però certo raggiungere qualche
risultato. La sua forza, come si dice, sta nella sua debolezza» (Freire, Macedo, 2008: 72).
• “Essere di più” (in portoghese ser mais) – ha un significato rilevante nel lessico freiriano, che va dal
“migliorarsi” fino all’“andare oltre”, al “trascendere”.
• Essa indica una posizione che supera la condizione dell’impossibilità di esprimersi (che Freire chiama “essere
di meno”), implicando, da una parte, il riconoscimento della natura storica e progettuale dell’essere umano
e, dall’altra, l’idea di un mondo in continuo cambiamento.
Dialettica oppressori-oppressi
• Nella società, gli esseri umani vivono la “contraddizione” dell’oppressione, che si esprime nella “dialettica
oppressori-oppressi”
• Dinamica che vincola gli individui al ruolo di oppressore o a quello di oppresso:
– Sia il primo, che esercita sopraffazione e violenza sugli altri per mantenere una posizione di potere e
privilegio, sia il secondo, che vive una condizione di subalternità e sfruttamento, risultano così
spogliati della loro umanità.
– Il primo in quanto schiavo del mito del potere, il secondo perché gli viene sottratta la dignità
dell’essere umano.
La disumanizzazione
«La disumanizzazione, che non si verifica solo in coloro che si vedono rubare la loro umanità, ma anche in quelli che
la rubano, seppure in maniera differente, è una distorsione della vocazione ad essere di più. È una distorsione
possibile nella storia, ma non è una vocazione storica [...]. Questa lotta è possibile solo perché la disumanizzazione,
anche se è un fatto concreto nella storia, non è però un destino ineluttabile, ma il risultato di un “ordine” ingiusto,
che genera la violenza degli oppressori, la quale a sua volta genera un essere di meno» (Freire, 1971a: 48).
Chi sono gli oppressori?
• Sono coloro che opprimono, sfruttano e esercitano una violenza in forza del loro potere, oppure
semplicemente impiegano, nei confronti degli oppressi, una falsa generosità, che non modifica le cause
dell’ingiustizia, ma le preserva.
Chi sono gli oppressi?
• Chi sono gli oppressi? Sono i vinti, gli sfruttati, i subalterni, gli esclusi, coloro che sono ridotti al silenzio, eredi
dello sfruttamento, che portano sulle proprie spalle i problemi e la svalutazione connessi con la propria
origine, i “dannati della terra”, per utilizzare la nota espressione di Frantz Fanon (Fanon, 1962).
Processo di liberazione
• non può ridursi ad un mero scambio di ruoli (per il quale l’oppresso diverrebbe un nuovo oppressore)
• è il superamento della contraddizione della dialettica oppressori-oppressi
• tensione dell’oppresso ad affermarsi e a lottare per il riconoscimento della propria umanità, senza però
opprimere, a sua volta, l’oppressore
• cercando di recuperare la loro umanità ed evitando di divenire a loro volta oppressori, gli oppressi
divengono restauratori dell’umanità degli uni e degli altri
• “Prassi liberatrice”: riflessione critica congiunta all’azione per il cambiamento: 
  “La prassi [...] è azione e riflessione degli uomini sul mondo, per trasformarlo. Senza di essa, è impossibile il
superamento della contraddizione oppressore/oppressi. Questo superamento esige l’inserzione critica degli oppressi
nella realtà oppressiva, per cui, oggettivandola, agiscono su di lei” (Freire, 1971a: 58).
• Ha una dimensione collettiva (i soggetti si emancipano insieme, con la mediazione del mondo) e pedagogica.
Educazione bancaria vs educazione problematizzante
Il processo educativo non è tutto ugualmente utile e funzionale ad un percorso di coscientizzazione e liberazione
L’educazione bancaria: educazione tradizionale, in cui non vi è dialogo tra educatore ed educando, bensì un
rapporto asimmetrico. Diviene essa stessa una forma di oppressione. L’educazione si riduce all’atto di depositare, di
trasmettere o trasferire conoscenze, in un rapporto fortemente verticale, in cui compito dell’educatore sarà riempire
vasi vuoti degli educandi.
L’educazione problematizzante: si basa sulla prassi, su una forma di riflessione ed azione trasformativa che pone le
sue radici nel dialogo e nella reciprocità tra educatore ed educando. Entrambi sono soggetti attivi del processo.
«l’educatore non è solo colui che educa, ma colui che, mentre educa, è educato nel dialogo con l’educando, il quale,
a sua volta, mentre è educato, anche educa» (Freire, 1971).
Problematizzare significa in particolare considerare la situazione dell’educando come un problema da analizzare e il
mondo diviene oggetto di analisi, ma anche spazio di azione.
Approccio critico
• Educ. problematizzante offre una prospettiva critica:
- considerare la situazione del soggetto come un problema da analizzare
- il mondo rappresenta l’oggetto della riflessione critica e la sede dell’azione trasformatrice
Teoria anti-dialogica
• si determina all’interno di un rapporto verticale
• riproduce l’opposto della comunicazione autentica
• si esprime unicamente attraverso comunicati unidirezionali
Caratteristiche:
• la necessità della “conquista”, i cui contenuti e metodi variano storicamente, ma che comunque si esprime
in un’ansia necrofila di opprimere;
• la “divisione per dominare”, per mantenere gli uomini e le donne immersi nella loro realtà, isolandoli,
creando e rafforzando le divisioni tra di loro;
• la “manipolazione”, intesa come ulteriore strumento di conquista per impedire la vera organizzazione degli
oppressi;
• l’“invasione culturale”, con la penetrazione dell’oppressore nel contesto culturale degli oppressi,
imponendo una specifica visione del mondo e inibendo la loro creatività.
Teoria dialogica
• nasce dall’incontro dei soggetti, attraverso la mediazione del mondo.
• È una necessità ontologica per gli individui, i quali sono «esseri in relazione»
• Presuppone il passaggio dal “parlare a” al “parlare con”
Caratteristiche:
• la “collaborazione”: capovolge la condizione nella quale un oggetto, conquistando l’altro, lo trasforma in
cosa, configurando invece la circostanza di soggetti che si incontrano e cooperano per la trasformazione del
mondo;
• l’“unione”: invece di dividere gli oppressi per mantenere l’oppressione, ci si impegna incessantemente per
rafforzare la loro solidarietà e collaborazione, ai fini di un’emancipazione collettiva;
• l’“organizzazione”: rappresenta l’opposto della manipolazione, perseguendo l’animazione dei gruppi per
l’esercizio comune della liberazione;
• la “sintesi culturale”: al contrario di quanto avviene nell’invasione culturale, i riferimenti intellettuali
dell’educatore e quelli degli educandi si integrano, in vista di un impegno congiunto nel mondo.
L’educazione come atto politico.
Da una parte, gli esiti dell’atto educativo determinano lo spazio sociale, dall’altra tale agire educativa muta in base a
determinati orizzonti di senso. La natura politica dell’educazione è diretta conseguenza del carattere storico e sociale
dei processi educativi.
La natura politica dell’educazione è data dalla natura intenzionale dell’educazione, che presuppone scelta,
posizionamento, prospettiva, senso.
I circoli di cultura hanno rappresentato spazi di educazione, democratizzazione e costruzione di coscienze e
possibilità di partecipazione attiva alla politica
Una dimensione politica dell’educazione, che non è indottrinamento, ma che riguarda la costruzione di conoscenze,
competenze, relazioni sociali, in grado di allargare e promuovere basi democratiche più ampie.
L’educazione permanente
L’educazione permanente si relaziona agli obiettivi della pratica e della riflessione freiriana, che sa sempre ha cercato
di lavorare per l’autonomia del soggetto, la liberazione da forme di oppressione e la partecipazione attiva alle forme
di democrazia della realtà sociale.
L’approccio della pedagogia della liberazione e dell’autonomia è colonna portante di un’educazione permanente che
sancisce il diritto e il potere di educabilità di tutti, in qualsiasi momento della vita. All’interno di questa cornice
pedagogica l’educazione permanente diviene un diritto per tutti e si pone come obiettivo quello di costruire
consapevolezza e coscienza e di formare cittadini e non semplicemente formare per l’inserimento occupazione e al
sistema economico.
Una pedagogia a misura di insegnante
Pedagogia dell’autonomia.
Sulla formazione continua degli insegnanti, che non è mero addestramento ma la costruzione di un’etica
dell’insegnare, con l’obiettivo della liberazione e dell’autonomia dell’educando.
Insegnanti come intellettuali trasformativi e riflessivi, che non si appiattiscono nel ruolo di meri esecutori, specialisti
e burocrati scolastici.
14 Ivan Illich e la descolarizzazione
Nato a Vienna, nel 1926, è costretto ben presto a lasciare l’Austria a quindici anni a causa delle leggi razziali, Ivan
Illich studiò a Roma e venne ordinato sacerdote nel 1951.
Fu uno studioso, storico, pedagogista e scrittore, conoscitore di numerose lingue, viaggiò moltissimo. Dopo essere
stato prorettore alla Università di Portorico, divenne, nel 1959, a 33 anni, uno dei più giovani monsignori del tempo,
ma iniziò a scontrarsi con le direttive del mondo ecclesiastico del tempo, dedicandosi sempre alla dimensione
sociale, educativa e cosmopolita del suo lavoro.
Nel 1961 fondò il Centro Intercultural de Documentación (CIDOC) a Cuernavaca in Messico, che divenne la base
operativa per lo sviluppo del suo pensiero e per le sue sperimentazioni e proposte radicali ed alternative, di critica e
trasformazione della società.
Nato a Vienna, nel 1926, è costretto ben presto a lasciare l’Austria a quindici anni a causa delle leggi razziali, Ivan
Illich studiò a Roma e venne ordinato sacerdote nel 1951.
Fu uno studioso, storico, pedagogista e scrittore, conoscitore di numerose lingue, viaggiò moltissimo. Dopo essere
stato prorettore alla Università di Portorico, divenne, nel 1959, a 33 anni, uno dei più giovani monsignori del tempo,
ma iniziò a scontrarsi con le direttive del mondo ecclesiastico del tempo, dedicandosi sempre alla dimensione
sociale, educativa e cosmopolita del suo lavoro.
Nel 1961 fondò il Centro Intercultural de Documentación (CIDOC) a Cuernavaca in Messico, che divenne la base
operativa per lo sviluppo del suo pensiero e per le sue sperimentazioni e proposte radicali ed alternative, di critica e
trasformazione della società.
Elabora una critica durissima alle forme sociali della società del tempo, scontrandosi con la logica dell’economia
capitalista e con l’idea di sviluppo illimitato
Elabora una critica durissima alle forme sociali della società del tempo, scontrandosi con la logica dell’economia
capitalista e con l’idea di sviluppo illimitato
La convivialità come strumento per rimettere al centro del soggetto i propri bisogni e necessità, attraverso uno
sguardo che va verso la collettività e la costruzione di comunità di uomini coscienti della propria forza, del peso della
loro parola.
Descolarizzare la società (1972)
L’istituzione scolastica come forma manipolatoria e conservatrice dello status quo, che attraverso le proprie strutture
riproduce il sistema industriale e l’economia capitalista, forgiando individui chiamati ad adattarsi al sistema e
selezionando le persone sulla base delle capacità di adattamento.
La proposta della descolarizzazione in realtà assurge a tutti gli ambiti della formazione e dell’educazione. Riguarda in
buona sostanza tutta la società.
Quale riflessione oggi? Illich e la sua proposta ci interroga sulle possibilità pedagogiche alternative, ma anche sul
valore educativo dei tanti spazi altri in cui promuovere formazione e crescita condivisa e costruita sulla base di una
comunità educante ed una pedagogia sociale
Bertrand Schwartz e l’educazione permanente
Nato a Parigi nel 1919, è morto nel 2016. Ingegnere, educatore e formatore. È stato per numerosi anni formatore
della scuola per ingegneri minerari di Nancy, in Francia. Ha fondato e diretto l’istituto nazionale di formazione degli
adulti e dei formatori e si è occupato per anni della dimensione dell’educazione permanente, della lotta alle
disuguaglianze e ha ricoperto numerose cariche di prestigio e di grande spesso culturale e politico.
Riflette su:
- Il sapere attraverso l’esperienza, in grado di ri-orientare le aspettative e i percorsi di vita dei più esclusi.
- l’educazione permanente come processi di orientamento teorico e pratico in grado di interpretare la realtà e
trasformarla.
- La dimensione territoriale come spazio in cui realizzare il percorso educativo
- Autoformazione educativa
Danilo Dolci e l’arte della maieutica
Nato a Trieste (1924) è stato un sociologo, poeta, educatore ed attivista della non-violenza Inizialmente i suoi studi si
riferiscono all’architettura e poi alla poesia. Da sempre avverso al regime fascista, nel dopo-guerra si occupa di
insegnare in una scuola serale per operai a Milano.
Nel 1952 si trasferisce in Sicilia dove inizia una lotta non violenta contro la mafia, l’analfabetismo e la povertà
Dopo una delle sue azioni non violente di sciopero della fame, che ottiene grandi risultati, iniziano i suoi rapporti
epistolari con Aldo Capitini
A partire dagli anni ‘70 l'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso alla sperimentazione, della struttura maieutica, ovvero di una modalità cooperativa di dibattito, studio e
ricerca comune della verità. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo
di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Negli anni successivi Dolci gira l'Italia per animare laboratori maieutici
in scuole, associazioni, centri culturali.
La dimensione dell’ascolto nel processo educativo.
L’educazione come comunicazione, ascolto, azione. Strettamente legata ad un agire politico, di cooperazione e
partecipazione nel costruire una soggettività all’interno di una collettività.
poesia: ognuno cresce solo se sognato
15 La dimensione della complessità
Dalla seconda metà del Novecento in poi ogni ambito della vita e del sapere si è costantemente nutrito di
complessità nel suo svolgersi, costruirsi ed elaborarsi
La necessità di un pensiero e un procedere conoscitivo che sia multidimensionale, complesso, interconnesso
Alcuni autori di riferimento rispetto a questa nuova dimensione, in cui l’educazione, la produzione di conoscenza e la
riflessione pedagogica assumono un ruolo chiave
-Edgar Morin
- Gregory Bateson
-Martha Nussbaum
Morin, Bateson, Prigogine: sostengono i limiti di un approccio alla conoscenza di tipo meccanicistico, positivista e
deterministico. No ad una concezione della realtà unidimensionale.
Alcuni principi alla base delle loro riflessioni:
- l’incertezza
- il caos
- l’errore come elemento positivo
- la limitatezza della conoscenza
- l’interconnessione
Gregory Bateson e l’ecologia della mente
Antopologo, sociologo e psicologo britannico Verso una ecologia delle idee, della mente e dei saperi
Desidero esprimere la mia convinzione che certi fatti come la simmetria bilaterale di un animale, la disposizione
strutturata delle foglie in una pianta. l'amplificazione progressiva della corsa agli armamenti, le pratiche del
corteggiamento, la natura del gioco, la grammatica di una frase, il mistero dell'evoluzione biologica, e la crisi in cui
oggi si trovano i rapporti tra l'uomo e l'ambiente, possano essere compresi solo in termini di un'ecologia delle idee
così come io la propongo”
Edgar Morin e la testa ben fatta
Filosofo francese nato nel 1921
Si occupa di riflessioni sull’educativo, sulla costruzione della conoscenza e la riforma di pensiero, individuata quanto
mai come necessaria
La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma di pensiero (1999)
I sette saperi necessari all’educazione del futuro. (2001)
Riforma del pensiero  riforma dell’insegnamento
cos’è la testa ben fatta?
Capacità di saper organizzare i saperi, comprende e risolvere problemi,capacità di sintesi e di pensiero critico, in
contrato con una testa ben piena, in cui ci sono numerose nozioni disorganizzate, caotiche, prive di nessi,
connessioni e interdipendenze.
 Una riforma di pensiero e di insegnamento in grado di recuperare la dimensione della comprensione umana, per
costruire un’etica umana condivisa
Imparare a navigare nell’incertezza della realtà, intesa come sistema di parti in relazione tra loro
Fine dell’educazione: formare un cittadino con un’identità terrestre, ,consapevole e cosciente di vivere in un mondo
interconnesso e all’interno di una dimensione di specie
I saperi necessari all’educazione del futuro:
- l’errore e l’illusione come fasi ineludibili del procedere conoscitivo. Acquisirne consapevolezza e costruire
una razionalità ragionata;
- La consapevolezza di una dimensione di interdipendenza e la necessità di connettersi all’altro, all’itnerno del
paradigma della diversità;
- Costruire un’etica umana;
- Insegnare la comprensione;
- Conoscere nel contesto e non nel mero astrattismo;
- Comprendere la condizione di umanità vissuta da tutti;
- Saper affrontare le incertezze;
Un nuovo umanesimo, interconnesso, interdipendente e globale
Martha Nussbaum. Coltivare l’umanità
Filosofa neo-pragmatista americana
Costruzione di un cittadino del mondo, cosmopolita, in grado di coltivare l’umanità, la comprensione della natura
umana. Educare l’uomo alla convivenza di valori, etiche, idee, imparando a convivere con l’alterità e con il prossimo
attraverso lo scambio, il confronto e la valorizzazione della differenza
 Sviluppo del pensiero critico e autonomo, dell’empatia, della comprensione umana
16 Don Milani e la scuola di Barbiana
COME CAMBIA LA SCUOLA:
Contesto storico e politico
 La riforma Gentile del 1923: una
Gli anni ’20 e ‘40
concezione idealistica della scuola,
Il Fascismo (ventennio Fascista 1922-1943)
elitaria. La scuola superiore riservata ai
La crisi economica degli anni 30
pochi che avrebbero costituito la classe
Le leggi razziali 1938
dirigente.
La seconda guerra mondiale
 La riforma Bottai del 1940: scuola media
Gli anni ‘50 e ’60
Ricostruzione del dopoguerra unica: unifica tutti i trienni successivi alle
Boom economico e sviluppo industriale nel Nord scuole elementari. Rimase in attività la
La Guerra Fredda scuola professionale.
Concilio Vaticano II nel 1963-1965  Scuola media unificata 1963. Viene
Chi era Don Milani? eliminata la scuola di avviamento
Nasce nel 1923 da una famiglia colta e borghese professionale.
• La famiglia si trasferisce a Milano dove passa l’infanzia e l’adolescenza.
• Torna a Firenze, dove sviluppa il suo interesse per l’arte figurativa e lì inizia la sua conoscenza più approfondita
del Vangelo
• Nel 1942 torna a Milano a causa della guerra
• Nel 1943 entra in Seminario, dove passa un periodo «difficile»: non sempre comprende le regole interne alla
Chiesa. Viene ordinato sacerdote nel 1947
• Nel 1954 viene inviato a San Donato di Calenzano, vicino Firenze. Lì inizia la sua attività di sacerdote di prossimità.
Apre una scuola serale per ragazzi. Inizia a sviluppare quel sentimento di giustizia sociale e di contrasto
all’esclusione che si manifesterà chiaramente nell’esperienza di Barbiana.
• Dopo alcuni screzi con la Curia fiorentina viene inviato a Barbiana
Nasce la scuola di Barbiana
“Barbiana è sul fianco nord del monte Giovi, 470 metri sul mare. 
Di qui vediamo sotto di noi tutto il Mugello che è la valle della Sieve affluente dell'Arno. Dall'altra parte del Mugello
vediamo la catena dell'Appennino. Barbiana non è nemmeno un villaggio, è una chiesa e le case sono sparse tra i
boschi e i campi. I posti di montagna come questo sono rimasti disabitati. Se non ci fosse la nostra scuola a tener
fermi i nostri genitori anche Barbiana sarebbe un deserto. In tutto ci sono rimaste 39 anime.
I nostri babbi sono contadini o operai.  La terra è molto povera perché le piogge la portano via scoprendo il sasso.
L'acqua scorre via e va in pianura. Così i contadini mangiano tutti i loro raccolti e non possono vendere nulla.
Anche la vita degli operai è dura. Si levano la mattina alle cinque, fanno sette chilometri per arrivare al treno e un'ora
e mezza di treno per arrivare a Firenze dove lavorano da manovali. Tornano a casa alle otto e mezzo di sera.
In molte case e anche qui a scuola manca la luce elettrica e l'acqua. La strada non c'era. L'abbiamo adattata un po' noi
perché ci passi una macchina” (Lettera a Mario Lodi, 1963)
L’esperienza di Barbiana: tra mito e realtà…
Denuncia mito
Denuncia delle ingiustizie che si protraggono e Esempio del potere emancipativo e liberatorio dell’istruzione
trovano conferma anche nel sistema di istruzione come produzione di sapere, conoscenze e pensiero critico;
pubblica; Le stato di disuguaglianza e esclusione può essere modificato
Le discriminazioni hanno cause sociali, culturali e e trasformato in un’ottica inclusiva e eguaglitaria;
politiche; Imparare a leggere e scrivere come principali strumenti di
La scuola, come la società tutta, riproduce affermazione della propria identità di cittadino in grado di
istanze di ingiustizia e iniquità, percepite come riflessione critica e di promozione della democrazia
ineluttabili e predeterminate;

Quale suggerimento?
Un’educazione concreta, vicina alle realtà particolari, che restituisce dignità e forza al lavoro educativo, basato sulla
relazione che produce cambiamento e trasformazione.
La corrispondenza con Mario Lodi. L’esperienza di scrittura collettiva e il valore della parola
Mario Lodi, con i suoi ragazzi, propone alla scuola di Barbiana di tenere una corrispondenza.
• La scrittura collettiva:
• Nasce dalla volontà di comunicare;
• Aiuta a sviluppare reciprocità, comprensione, ascolto
• Abitua al confronto e alla riflessione sulle parole.
• Ha un valore pedagogico e politico
Il valore della parola: la parola come strumento di liberazione e “generatore di mondi.” Strumento attraverso cui
conoscere e mediare l’interno con l’esterno. Esclusione dalla parola è esclusione sociale.
L’esperienza educativa di Barbiana, ma non solo…
Freire in Brasile
L’uso della parola come strumento di liberazione verso un processo di coscientizzazione.
• La conoscenza bancaria o problematizzante
• La produzione di conoscenza attraverso ciò che già si conosce e la condivisione
• L’educazione come atto politico, che emancipa e trasforma. Che si schiera e non è mai neutrale
Don Sardelli a Roma. La scuola 725
• Educare lì dove la scuola pubblica fallisce.
• Educare alla conoscenza del mondo e alla consapevolezza dei proprio essere cittadini attivi del mondo
• La condivisione e la co-costruzione della conoscenza
• Produrre coscienza della propria situazione di marginalità per sovvertirla
Alcuni spunti di riflessione:
• strumento generativo di conoscenza, come strumento di dialogo, relazione, discussione. Alla base di una società
democratica e libera;
• La possibilità di produrre cambiamento attraverso la cultura e la condivisione;
• Apprendere attraverso l’esperienza, come bene comune; Porre attenzione, soprattutto agli ultimi;
• L’educazione= atto politico. Intenzionale e non spontanea, per diminuire le disuguaglianze e promuovere
consapevolezza critica;
• L’educazione come problematizzante e volta al cambiamento insita in ogni aspetto della vita e praticabile in ogni
luogo;

Potrebbero piacerti anche