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Storia della Pedagogia

La storia della pedagogia può riguardare due piani significativamente diversi tra loro: quello della
"pratica educativa" e quello della riflessione teorica su quest'ultima.

Essa inoltre va distinta dalla storia dell'istruzione, la quale tratta delle istituzioni scolastiche
(legislazioni, organizzazione, personale, corporazioni e sindacati etc.). Recentemente, si è anche in
parte trasformata in storia dell'educazione, che tratta dei sistemi educativi in generale, e quindi
anche di quelli sviluppatisi al di fuori dell'ambito scolastico, come la famiglia, gli scout, le
associazioni sia laiche sia religiose, etc.

Indice
 1 Le origini della pedagogia
 2 Pedagogia classica
 3 Pedagogia medievale
 4 Pedagogia moderna
 5 Note
 6 Voci correlate
 7 Collegamenti esterni

Le origini della pedagogia


Fin dalla sua prima e remota comparsa sulla terra, l'uomo, appena ha riconosciuto nel nuovo nato un
essere destinato a crescere ed a somigliargli, ha messo in atto delle procedure educative,
trasmettendogli l'abitudine e la capacità di affrontare le situazioni e di sopravvivere. Le prime forme
di apprendimento si basavano presumibilmente sull'imitazione e l'emulazione degli antenati più
valorosi, mentre successivamente sarebbero subentrate conoscenze più autonome basate sul metodo
dei tentativi ed errori. Certamente, la pratica educativa è cambiata nel tempo, e si è affinata
adattandosi anche alle mutate situazioni storiche.

Pedagogia classica
Lo stesso argomento in dettaglio: Paideia.

Socrate istruisce Alcibiade, opera di Marcello Bacciarelli (1776)

Nel periodo più arcaico della Grecia antica, la questione della formazione umana, sorta
prevalentemente in un contesto aristocratico, trasse dai poemi omerici le sue prime ispirazioni, in
particolare dai modelli offerti dagli eroi Achille e Odisseo.[1]

In seguito giunse progressivamente a maturazione l'ideale della paideia con l'enfatizzazione delle
virtù del cittadino, quali l'obbedienza alle leggi e la dedizione alla vita collettiva della polis, nella
quale l'individuo poteva approdare a quella realizzazione e perfezionamento di sé conosciute come
kalokagathia (propriamente «bellezza e bontà»), fatta cioè di qualità sia esteriori che interiori,
mirante a fare di lui un essere umano nel senso più autentico della parola.[1]
Dal V secolo a.C. Socrate, con la sua maieutica, vede il lavoro dell'educatore simile a quello della
levatrice: il suo compito è solo quello di tirar fuori la conoscenza insita nelle persone, tramite una
serie di domande che indurranno l'interlocutore a cercare una risposta. Questo sarebbe stato
possibile in quanto, secondo Socrate e il suo discepolo Platone, l'anima già preesisteva alla sua
venuta al mondo, avendo appreso nel cielo iperuranio quella sapienza, successivamente caduta
nell'oblio al momento della nascita, che era compito dell'educatore risvegliare.

Platone affronta in uno dei suoi dialoghi il problema di come avvenga tale apprendimento, che
consiste essenzialmente in una reminiscenza, dando avvio ad un filone di studi composto da una
lunghissima e fitta schiera di pensatori che ha discusso sull'essenza della pedagogia, sui suoi metodi
e sui fini che dovrebbe proporsi.

Presso i Romani l'ideale greco della paideia si identificò con quello latino di humanitas, ad esempio
in Aulo Gellio,[2] Marco Terenzio Varrone,[3], e Marco Tullio Cicerone,[4] per essere portata avanti
dai primi Padri della Chiesa, come Clemente di Alessandria, Origene o Gregorio di Nissa, che
l'armonizzarono con i fondamenti della nascente teologia cristiana.

Pedagogia medievale
Per tutto il Medioevo restò vivo l'ideale di formare integralmente una persona completa, retta e ben
inserita nella società, dando luogo a numerosi trattati per ampliare la conoscenza sull'uomo, sulla
natura e su Dio. Questo desiderio di universalità fu alla base di un'educazione scolastica di alto
livello, basata sulle autorità classiche,[5] e consacrata nella formula del trivio e del quadrivio, che
pose le basi per la nascita e il consolidamento del sistema universitario.

Raimondo Lullo (1235-1315) scrisse il primo manuale conosciuto di istruzione dei bambini scritto
in una lingua romanza. La sua pedagogia era tesa a provvedere i mezzi per conseguire la salvezza
spirituale e, insieme, la cristianizzazione degli infedeli. Formulò anche i principi di un
insegnamento intuitivo e analogico, raccomandò che la lingua nativa si insegnasse prima della
lingua latina, e che fossero docenti stranieri a insegnare le loro rispettive lingue.

Pedagogia moderna
Con l'età moderna permase l'interesse degli umanisti rinascimentali a modellare l'uomo universale,
facendo del discepolo quasi come un'opera d'arte.

Il XV secolo vede un radicale rinnovamento culturale che gravita intorno a tre istituzioni principali
(arti liberali, cancellerie e corti) in cui l’educazione non attinge più dagli antichi testi medievali ma
dai classici in lingua originale. Con l’avvento dell’Umanesimo si affermano gli studia humanitatis
nell’ambito delle arti, come grammatica, retorica e dialettica, diffondendo l’uso dei grandi testi
greci. Dove la tradizione universitaria è più antica, come a Bologna e a Padova, la penetrazione
della nuova cultura è più faticosa rispetto a città come Firenze o Ferrara. A Firenze in particolare
l’umanesimo entra nello Studio con una cattedra nuova, di greco; ed è attraverso il greco e la
letteratura dei greci che vi domina.

Filologo insigne, convinto del valore del greco e della cultura greca, fu il Guarino, di grande rilievo
nella sua scuola è l’apertura non solo ai figli di grandi famiglie, ma anche a giovani modesti che
diventeranno a loro volta maestri o funzionari pubblici o faranno carriera ecclesiastica. L’Università
è scuola volta a preparare specialisti: medici, giuristi, teologi. Tutta questa educazione imperniata
sugli studia humanitatis è collegata al concetto di cittadino che caratterizza i secoli fra il
Quattrocento e il Seicento, in cui l’uomo, si ama ripetere con Aristotele e con Cicerone, è essere
politico, nato non per sé, ma per la patria e per il bene comune, per la res publica. La scuola deve
quindi prepararlo, innanzitutto, ad assolvere questo compito[6].

In seguito, con l'illuminismo, Rousseau teorizzò una nuova forma di pedagogia che riformulando il
concetto cristiano del male, prescindeva dalla nozione di peccato originale. Autore della teoria del
"buon selvaggio", Rousseau riteneva infatti che l'uomo fosse "buono" per natura: la corruzione e
l'inclinazione al male per lui vengono dal di fuori, avendo origine cioè dagli ordinamenti della
società. Nell'Emilio, egli trattava pertanto di un'educazione del fanciullo allo stato di natura, fuori
dalla società. Questa teorizzazione ha ispirato la fondazione dei Centri Rousseau in Italia.

Immanuel Kant espresse una teoria con una forte spinta positiva nei confronti dell'uomo: la fiducia
nell'essere umano porta il pensatore a vederlo come artefice di un miglioramento della sfera sociale.
L'educare il fanciullo evitandogli completamente ogni rapporto con la realtà lo porterà ad una
formazione tale da riuscire a cambiare in meglio la società che lo ospita.

Il teorico del positivismo Auguste Comte così come il sociologo Émile Durkheim sostenevano che
l'educazione dovesse portare l'individuo a condividere l'ethos della società, per consentirne il
progresso e che di conseguenza dovesse essere sovraordinata a deterministica.

Di diverso avviso Herbert Spencer, il quale rifacendosi a Darwin considerava l'evoluzione come un
processo evolutivo che dovesse coinvolgere il corpo (in fondo l'uomo è un animale che deve essere
pronto per la guerra) e la mente (razionalità scientifica). Il filosofo britannico riteneva che i valori
etici dipendessero dalla società e per questo l'educazione morale doveva rifarsi alla comprensione
empirica dei propri errori. Rispetto ai pensatori francesi Spencer riteneva che l'educazione dovesse
portare allo sviluppo personale della persona, secondo le sue aspettative, di conseguenza con una
maggiore dose di individualismo.[senza  fonte]

Ralph Waldo Emerson teorizzò un'educazione liberale, senza restrizioni perché quelle verranno da
sé se si impianterà un atteggiamento morale perfezionistico, che prevede sempre scopi elevati,
associato alla fiducia in sé e nella capacità di utilizzo dei propri talenti.

Il sociologo Émile Durkheim, al contrario di Rousseau, è restio ad educare astraendo


completamente dalla realtà sociale, poiché ciò porterebbe ad una ritorsione dei costumi della
comunità contro il soggetto stesso, se questi non li rispettasse. Ogni società ha delle regole che, se
non conosciute, vengono innocentemente ignorate, causando situazioni "illecite" che possono
ritorcersi contro l'autore.
L'evoluzione storica del discorso pedagogico
Della filosofia come concezione della vita la pedagogia costituisce una specializzazione come
riflessione filosofica sul momento educativo: essa elabora una tecnica organica nei principi e nelle
finalità dell'educazione e dell'insegnamento (metodologia) e studia l'impiego di appositi mezzi
(didattica) secondo le discipline e le età. La storia della pedagogia esamina le dottrine educative
nella loro successione temporale, nella situazione geografica o storica e nel loro collegamento
ideale. Si può parlare di pedagogia ovunque esista un processo educativo non occasionale
(pedagogia dei primitivi come teoria della trasmissione ripetitiva di formule di comportamento,
pedagogia coranica o biblica come adeguamento dell'educazione-istruzione al Libro Sacro, ecc.). La
pedagogia nasce in Grecia (sec. VI-V a. C.) con la sofistica che nega l'esistenza, e quindi
l'insegnabilità, di verità universali e afferma la possibilità dell'insegnamento-apprendimento di
capacità utilitarie atte a dominare la natura: in tal modo la sofistica (Protagora, Gorgia, Trasimaco,
ecc.), riflettendo sulla soggettività personale, fa appello alle energie spirituali individuali. Al
soggettivismo sofistico Socrate contrappone, pur adottandone la metodologia del dubbio metodico,
la ricerca di valori oggettivi attraverso la scoperta di concetti universali per mezzo del dialogo
(ironia), che egli considera come “maieutica”, capace di autogenerazione della consapevolezza etica
universale. La pedagogia classica prosegue con Platone, per il quale l'educazione tradizionale
culmina nella dialettica, cioè nella contemplazione delle idee grazie alla reminiscenza dell'originaria
convivenza dell'anima con esse, processo riservato a un'aristocrazia di reggitori assoluti (repubblica
filosofica) senza evasioni soggettivistiche. Per Aristotele l'educazione mira alla formazione di
abitudini buone, etiche e intellettuali in tutti gli uomini. Roma attua una realistica e ottimistica
didattica familiare e civica senza peraltro elaborarne una pedagogia (Cicerone e Seneca si ispirano
all'ellenismo, Quintiliano traccia la metodologia educativa dell'oratore). Il cristianesimo fonda la
sua pedagogia sulla carità e sull'amore, sulla trascendenza della verità e sulla ricerca di un rapporto
con Dio. Sant'Agostino basa la pedagogia sull'interiorità come rivelazione intima del Christus
docens, mentre San Tommaso, senza rinnegare tale posizione, ne trae la necessità di una logica
deduzione intellettuale. Umanesimo e Rinascimento elaborano una pedagogia laica della
formazione equilibrata e armonica della personalità aristocratica (Pier Paolo Vergerio, Vittorino da
Feltre). La pedagogia della Riforma protestante da un lato proclama la libertà dello spirito
suscitando l'educazione popolare, dall'altro reagisce al laicismo rinascimentale. La pedagogia
gesuitica (sec. XVII-XVIII) estremizza il formalismo letterario e la disciplina esteriore nella
formazione delle classi dominanti. Comenio è considerato l'ideatore del metodo pedagogico nella
misura in cui attua il tentativo di trasferire la dimensione empirica dell'educazione a un livello di
riflessione sistematica e quindi scientifica. Il razionalismo (Cartesio) e l'empirismo (F. Bacone, J.
Locke) fondano originalmente la pedagogia sulla chiarezza razionale e sulla coscienza morale,
laddove l'italiano G. B. Vico ne pone la premessa sulla memoria e sulla fantasia.

La pedagogia come scienza dell'educazione


Nel sec. XVIII J.-J. Rousseau con la pedagogia negativa (Émile), fondata sull'esperienza e sul
sentimento, propugna un'educazione naturale da cui I. Kant deriva la pedagogia come coscienza
della personalità autonoma; l'idealismo tedesco (J. W. Hegel, F. W. Schelling) sviluppa il concetto
dell'autoeducazione. Nella prima metà del sec. XIX J. H. Pestalozzi e F. W. Fröbel proseguono
Rousseau con un'attenta considerazione della storicità del processo educativo, scoprendo il mondo
dell'infanzia nella pienezza dei suoi interessi: il primo, superando il dogmatismo e l'oggettivismo di
Rousseau, afferma la spontaneità e la concretezza dell'educazione familiare, il secondo nel
“giardino d'infanzia” libera l'attività creatrice del fanciullo. Alla pedagogia pestalozziana si collega
quella del romanticismo (G. P. Richter, F. Schleiermacher) particolarmente importante in Italia,
dove si accompagna al sorgere della coscienza nazionale iniziata col “rinnovamento civile” (G.
Parini) e irrobustitasi nel quindicennio napoleonico (V. Cuoco); la pedagogia del Risorgimento
italiano, fondamentalmente spiritualistica, si esprime nel cattolicesimo liberale (A. Rosmini, G.
Capponi, R. Lambruschini) come tentativo di conciliazione della dogmatica cattolica con
l'autonomia del discente e nello spiritualismo attivistico del Mazzini, che formula il concetto
dell'educazione trasformatrice del mondo in ogni suo aspetto (politico, economico, sociale) grazie
alla scoperta del compito (“missione”) di ogni individuo e di ogni popolo per il progresso indefinito
dell'umanità. Nella seconda metà del sec. XIX il positivismo scientifico con H. Spencer in
Inghilterra, A. Comte in Francia, R. Ardigò in Italia fonda la sua pedagogia sulla psicologia
scientifica meccanicisticamente intesa. In Germania la figura dominante è J. F. Herbart con la
pedagogia della gradualità e della pluralità degli interessi come fondamento dell'istruzione
educativa. L'accentuazione del metodo e il culto delle scienze positive (con la conseguenza
scolastica della svalutazione delle discipline umanistiche), propri del positivismo, vengono
combattuti nei Paesi latini e anglosassoni dalle filosofie attivistiche (H. Bergson, M. Blondel, W.
James), che in pedagogia rivendicano la personalità e l'autonomia del discente e mettono in luce
l'unilateralità del metodo scientifico. La reazione allo scientismo è particolarmente vivace in Italia,
dove l'idealismo assoluto (B. Croce, G. Gentile, G. Lombardo Radice) rivaluta la fantasia creatrice e
quindi l'importanza dell'educazione estetica figurativa e musicale. La pedagogia idealistica nella
riforma della scuola sostituisce la pedagogia positivistica (A. Gabelli) e costituisce il fondamento
della pedagogia del periodo fascista (riforma Gentile, 1923), che subisce tuttavia prima del suo
crollo l'influsso della pedagogia del lavoro di G. M. Kerschensteiner (Carta della scuola Bottai,
1939). Sulla stessa linea antipositivistica, ma senza disconoscere l'apporto della psicologia dell'età
evolutiva (J. Piaget), si pone la pedagogia attivistica delle “scuole nuove” con J. Dewey, A.
Ferrière, O. Decroly, C. Freinet che culmina nella pedagogia della liberazione del fanciullo di M.
Montessori, che ha avuto larghissimo influsso in tutto il movimento pedagogico contemporaneo.
Una pedagogia sociologica è largamente fiorita negli Stati Uniti sulla scia di Dewey, massimo
teorico dell'educazione civica (W. H. Kilpatrick, C. W. Washburne). Un filone rousseauiano è nella
pedagogia antiautoritaria di Ferrer, L. Tolstoj, Gandhi e A. Capitini (dottrina della “non violenza”)
che giunge alla dottrina della descolarizzazione totale (Illich, Reimer). Fino alla fine degli anni
Ottanta del sec. XX, nei Paesi del socialismo reale era diffusa una pedagogia di ispirazione marxista
che guardava con particolare attenzione alle esperienze collettivistiche e alla unità fra sapere tecnico
e mondo del lavoro. Influssi deweyani si trovano nella pedagogia internazionale avallata dall'azione
dell'UNESCO che si rifà ai principi della “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” (Parigi,
1948) fondando l'educazione sul pacifismo, sulla comprensione internazionale e sulla cooperazione
mondiale. Una particolare applicazione come “civismo europeo” è evidente nell'azione pedagogica
del “Consiglio d'Europa” di Strasburgo, che ha ispirato la “Carta europea dell'educazione”
(Bruxelles, 1968) e ha suggerito la pedagogia di partecipazione, che è in realtà una metodologia
(scuola del dialogo, lavori di gruppo, condirezione delle “tre componenti” insegnanti, genitori,
alunni, ecc.). Ormai il termine pedagogia sembra oltrepassare il significato etimologico per
estendersi a ogni dottrina educativa: si parla perciò di pedagogia dell'educazione ricorrente o
intervallata con periodi lavorativi, di pedagogia dell'educazione permanente o degli adulti, cioè
estesa a tutto il corso della vita umana. In Francia si parla altresì di pedagogia sperimentale,
intendendosi colà per pedagogia quella che in Italia si chiama metodologia didattica in ambito
scolastico (tale è la dottrina di R. Dottrens che studia, prescindendo dalle finalità dell'educazione, i
mezzi perfettibili di lavoro dei docenti e dei discenti). Negli ultimi decenni si è sviluppato un nuovo
approccio alla pedagogia che trae ispirazione dalla tecnologia e dalla ricerca applicata, e dalla
concezione dell’educazione avanzata da T.P Pavlov e sistematizzata da B.F. Skinner.
Questo nuovo approccio ha portato alla nascita della pedagogia cibernetica. Alla base della
pedagogia cibernetica c’è l’idea che l’apprendimento sia un continuo mutamento delle conoscenze
già acquisite e che questo cambiamento possa essere programmato dall’educatore attraverso la
somministrazione di stimoli. Obiettivo della pedagogia cibernetica  è inoltre quello di imprimere nel
discente una capacità di adattamento che consenta di reagire alle novità e ai cambiamenti attraverso
un meccanismo che può essere paragonato al feedback delle macchine cibernetiche.

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