Sei sulla pagina 1di 35

STORIA PEDAGOGIA

FONDAMENTI STORICI, FILOSOFICI E PEDAGOGICI: STRUMENTI DI AIUTO


DELL’INSEGNANTE
Protagonisti dell’educazione sono i bambini e i loro educatori. Non si sottolinea mai abbastanza
come la variabile fondamentale che più incide nel determinare la qualità del processo di
insegnamento-apprendimento sia la preparazione dell’insegnante, cioè di colui che mette in
pratica l’arte di educare. I fondamenti storici e filosofici sono essenziali nel bagaglio culturale
dell’educatore, non si tratta di teoria astratta, ma di strumenti intellettuali che permettono di
affrontare i problemi della prassi educativa con maggiore consapevolezza.
Dewey: la pedagogia è un’arte pratica, che si avvale di diverse fonti, compresa la filosofia che è
sempre anche filosofia dell’educazione. La storia dell’educazione è una storia culturale che non
può prescindere da una prospettiva filosofica.

1) DALLA PREISTORIA ALLE PRIME CIVILTA’


PALEOLITICO
L’educazione precede la scrittura, sicuramente l’insegnamento aveva importanza già nel
paleolitico.
Nelle tribù di CACCIATORI RACCOGLITORI NOMADI principi, valori, abilità e
comportamenti venivano “insegnati” nella vita quotidiana, tramite un’EDUCAZIONE
NATURALE, basata su informalità, oralità, imitazione, ampia partecipazione del gruppo
sociale, differenze di genere (NB, donne cura educativa relativa a funzione riproduttiva,
necessario limitare le nascite!)
NEOLITICO
Con rivoluzione neolitica e l’introduzione dell’agricoltura (a partire da 11mila anni fa nella
Mezzaluna fertile) cambiano gli scenari.
Teorie diffusioniste sorpassate: teoria del cambiamento processuale (agricoltura “inventata
in tempi e luoghi diversi).
Civiltà idrauliche (mesopotamiche ed egizie), stanziali, organizzate, crescita demografica
(a differenza dei nomadi per le società agricole e stanziale più figli = piu braccia),
accumulo surplus.
Opere idrauliche e architettoniche, città, templi palazzi, nuovi saperi.
Civiltà organizzate, regni unitari, rigida stratificazione sociale.
Nasce proprietà privata, nasce la società, nasce una nuova concezione del tempo
(proiettata verso il futuro, e l’educazione si basa sulla fiducia nel futuro!), nasce il potere.
Nasce una nuova organizzazione sociale e NUOVE ESIGENZE EDUCATIVE:
 educazione differenziata per classi sociali
 famiglia non è più l’unico soggetto educativo, nascono nuove figure (maestri), nuovi
tempi e nuovi spazi per un’educazione più specializzata (inaccessibili alla plebe,
che lavora. Nb che termine “schola” nella grecia classica si riferiva al “tempo
libero/riposo)”
SUMERI (mesopotamia 5°-3° millennio ac) nasce la SCRITTURA cuneiforme.
Scrittura legata a agricoltura, necessità di quantificare e catalogare prodotti agricoli e
scambi.
1
Nasce la figura dello SCRIBA, depositario del sapere. La conoscenza diventa un
“thesaurus”, una ricchezza che si associa con il potere. Sapere è potere.
NASCE LA SCUOLA: presso il tempio, un luogo e un tempo per un’istruzione
specializzata. Concezione dell’educazione direttiva, verticale, educando passivo,
coercizioni, punizioni: necessario educare all’obbedienza in una società fortemente
gerarchica.
FENICI: popolo semitico, stanziato in attuale Libano da 2° millennio ac.
No regno centralizzato, città stato, colonie, cosmopolite, religione sincretica, commercio e
navigazione.
Adottano ALFABETO FONETICO: 22 consonanti, da cui derivano greco, ebraico, latino.
EBREI: popolo semitico, stanziato in attuale Palestina a partire dal 2° millennio ac.
1000 ac, breve Regno di Israele (gerusalemme, david, saul, salomone), poi conquiste e
deportazioni (assiri, egizi, babilonesi, romani), diaspora che si conclude nel 1948 con
fondazione moderno stato di Israele dopo Shoa.
Religione monoteista, nazionale, basata su un libro: educazione è un dovere. Torah. In
epoca cristiana scuole presso sinagoghe.

2) IL MONDO GRECO
Le prime scuole (private o con sede nei templi) compaiono presso Sumeri ed Egizi (le
scuole degli scribi). Ma è nella Grecia arcaica ed ellenistica che si assiste a uno sviluppo
filosofico dell’idea di educazione, alla nascita di una PEDAGOGIA (riflessione
sull’educazione). La cultura greca, basata su CENTRALITA’ DELL’UOMO, influenza
l’intero Occidente dal punto di vista filosofico, artistico, politico e pedagogico.
GRECIA ARCAICA (8°-6° SEC AC)
Nasce sotto influsso di civiltà Minoica e Micenea (scrittura lineare a e b), poi invasione
Dori, medioevo ellenico e età arcaica
- I poemi di Omero (8°-9° sec ac), tradizione orale (aedi)
ILIADE: affresco della grecia arcaica, descrive storia, geografia, religione, morale e valori
di una società aristocratica
Già in età arcaica, attraverso i poemi di Omero, la Grecia giunge ad elaborare una precisa
idea educativa incentrata sulla nozione di aretè (virtù), di cui coglie la duplice dimensione
«fisica» ed «intellettuale», (che influenzerà gli obiettivi dell’educazione greca successiva).
I poemi omerici propongono l’imitazione di modelli ideali, incentrati sulle figure degli eroi,
che incarnano le espressioni più elevate della forza e dell‘intelligenza.
Dall’eroe dell’Iliade, Achille, a quello dell’Odissea, Ulisse, l‘areté del guerriero si dilata
fino ad includere qualità intellettuali ed aspetti della personalità in cui la forza non sempre
occupa necessariamente una posizione di rilievo.
Nella grecia arcaica istruzione riservata ai ceti più elevati: combattimento, armi, cavalcare,
poesia, musica, canto, religione. Formazione affidata non solo a genitori ma anche a
“sapienti”, anziani (o addirittura a figure mitologiche come il centauro Chirone, maestro di
Achille).
Per i ceti più modesti il poema di riferimento era “Le opere e i giorni” di Esiodo, poema
didascalico, di ambientazione rurale, dedicato appunto ai lavori campestri.
GRECIA CLASSICA
A partire dal 7° sec si rafforzano e si diffondono le città-stato greche, le POLIS,
espansione commerci porta a fondazione colonie (magna grecia).

2
Polis ognuna indipendente e con la propria organizzazione territoriale, con modelli diversi
di organizzazione del potere (monarchia, oligarchia, tirannide o prime forme di
democrazia), spesso in lotta tra loro (atene e sparta) ma caratterizzate da omogeneità
culturale.
Grecia riprende alfabeto fenicio con aggiunta di vocali e scrittura da sin a ds.
Dal periodo arcaico eredita la centralità dell’uomo, uomo misura di tutte le cosa (protagora
5 sec ac), divinità a immagine e somiglianza degli uomini, ma l’eroe-guerriero diventa
CITTADINO, membro di una comunità.
- L’educazione nella polis: Sparta e Atene. La polis spartana conserva l‘ideale
dell‘areté eroica dell’epos omerico, ma essa non designa più la forza, il coraggio del
singolo «eroe», ma assume significato sociale e patriottico. A Sparta lo Stato si
impossessa del fanciullo all‘età di sette anni e provvede direttamente alla sua formazione
in un’ottica prettamente militare di obbedienza e dedizione incondizionata.
Nella polis ateniese, meno guerriera e più commerciale, prevale l‘aspetto civile e
l‘educazione si arricchisce dell’arte dell’oratoria e della filosofia, creando un canone
educativo umanistico e retorico che permane fino ai nostri giorni.
E’ nell’Atene democratica che l’educazione diventa non solo educazione del cittadino,
ma educazione dell‘uomo.
E’ qui che si sviluppa la PAIDEIA, un ideale di educazione e formazione globale
dell'uomo.
E’ qui che nel 4-5° secolo si sviluppo il massimo sistema educativo (e filosofico)
dell’antichità, con i suoi massimi esponenti:
SOCRATE (469-399ac): il maestro che “sa di non sapere” concepisce la conoscenza
come un percorso di indagine critica verso la verità e il bene che parte dall’interno di
ognuno (conosci te stesso). L’arte del maestro è l’arte della maieutica, della levatrice, che
tramite la il dialogo (ti esti?) consiste nel tirare fuori la conoscenza (e non metterla dentro
recipienti vuoti, in polemica con i sofisti).
Socrate predilige quindi l’oralità, sarà il suo allievo Platone a usare la scrittura
riportandoci i dialoghi socratici.
PLATONE (427-347): pur utilizzando la scrittura, riprendendo dal suo maestro il metodo
dialogico (utilizzato nella sua Accademia) e il grande valore educativo della parola e del
dialogo.
Nell’affresco di raffaello La scuola di atene platone indica il cielo, a richiamare la
filosofia delle idee pure che esistono nell’iperuranio e di cui la realtà terrena è solo
un’imitazione imperfetta. Distingue tra una conoscenza sensibile, imperfetta, la doxa e la
vera conoscenza, l’episteme che consiste nel ricordare le idee pure, cui l’anima ha
partecipato prima di incarnarsi nel corpo.
Quella di platone è anche una filosofia civile, in opere come la repubblica e le leggi
immagina una società ideale governata da filosofi.
Una filosofia, una concezione politica ed educativa comunque aristocratica, gerarchica.
(Platone divide la popolazione in tre categorie: quelli plasmati con l'oro (i governanti),
quelli plasmati con l'argento (i soldati) e quelli plasmati con metalli ―vili‖ quali il ferro o il
rame (gli artigiani e il popolo);
Ognuno riceve l’educazione necessaria alla sua funzione: esercizi fisici per l’armonia del
corpo, musica e poesia per educare al bello (ideale greco di kalokagathia), ma solo i
migliori proseguono gli studi dedicati alle scienze e alle forme più alte del sapere: filosofia
e dialettica.

3
ARISTOTELE (348-322) precettore di alessandro magno e fondatore di una scuola ad
Atene (liceo o peripatetica)
Nell’affresco di raffaello indica la terra, il regno della sua filosofia della natura costruita con
metodo deduttivo.
La sua filosofia, che abbraccia tutti i campi del sapere non è una filosofia delle idee ma
della natura e dell’uomo.
Se Platone aveva espresso l‘opposizione irriducibile di anima e corpo, Aristotele
ricompone l’unità dell’uomo nella complessità delle sue dimensioni corporea e razionale,
affettiva e volontaria, in un umanesimo che rimane la cifra della visione filosofica e
pedagogica del mondo classico.
Con l’impero di alessandro magno e i successivi regni ellenistici la grecia classica
consolida la sua egemonia culturale, ma entra anche in contatto con diverse culture,
generando fenomeni nuovi.
Con il venire meno del modello della polis e l’affermarsi di vaste monarchie terriotoriali la
concezione dell’uomo muta, da una dimensione pubblica, collettiva, ad una più personale
e intimistica con conseguenze profonde sulla filosofia e l’arte.
La massima istituzione culturale ellenistica era la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, che
nel 1 sec ac contava 700.000 volumi e fu definitivamente distrutta nel 600 dc.
3) IL MONDO ROMANO
La storia di Roma si snoda per 12 secoli dal attraverso il periodo monarchico (753ac-
509ac), repubblicano (509 ac -31 ac) e imperiale (31ac-476dc), lasciando un’impronta
profonda nella cultura Occidentale.
La cultura romana rielabora in modo originale e specifico i molteplici influssi delle
popolazioni e delle culture con cui è entrata in contatto: da quelle italiche (sabini, etruschi,
sanniti) ai greci, dalle culture orientali ed egizie a quelle barbariche del nord-europa,
passando per il Cristianesimo.
IN GENERALE per quanto riguarda l’educazione la Roma repubblicana e imperiale
incorpora, rielaborandole, l’educazione e la cultura ellenistica (modello predominante).
L’insegnamento si struttura nelle arti del trivio (grammatica, retorica, logica/filosofia) e del
quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica), che insieme saranno le 7 arti
liberali che costituirono il piano di studi nell’educazione medievale europea.
LA MONARCHIA (753ac-509ac): i circa due secoli della roma dei 7 re sono una realtà
storica che si confonde con il mito e la tradizione.
La sua società era agricola e pastorale (come le sue divinità Cerere e Quirino), i suoi valori
quelli che fondano il mos maiorum (senso civico, pietas, valore militare, austerità dei
comportamenti e rispetto delle leggi) e che saranno il nucleo della morale tradizionale
della civiltà romana
L’EDUCAZIONE: sembra non vi fossero scuole, la famiglia aveva ruolo centrale:
educazione era affidata alla madre (devota, casta, frugale, operosa) e al pater familias,
guida ed esempio da rispettare e temere, che introduceva il figlio maschio al proprio
lavoro. I modelli proposti, gli exemplum vitae dal valore educativo, erano diversi da quelli
dell’eroe-guerriero aristocratico della grecia arcaica: incarnano valore e coraggio
disinteressato e volto al bene comune (non abbiamo eroi individuali come achille, ma
cittadini-soldati che si sacrificano per la patria, come muzio scevola).
LA REPUBBLICA (509 ac -31 ac): in quasi 5 secoli roma estende progressivamente il suo
predominio su tutti i popoli che si affacciano sul mediterraneo.

4
La cultura arcaica del mos maiorum declina sotto l’influenza dei modelli ellenistici: la colta
e raffinata Grecia, una volta conquistata, conquista, culturalmente, i suoi conquistatori
(non senza resistenze e contrasti di chi vedeva nell’influsso greco una corruzione della
tradizione romana).
Con CICERONE: il Mos maiorum, fondendosi nell'insieme dei valori acquisiti in seguito
all'ellenizzazione della cultura latina, darà vita all’ideale educativo dell’humanitas.
L’educazione per cicerone ha una chiaro stampo letterario, retorico, civile e deve mirare
alla formazione dell’uomo politico, l’oratore (vir bonus dicendi peritus) (de oratore rimane
punto di riferimento per la pedagogia)
VARRONE: contribuì a delineare il sistema delle scienze, l’insieme di quelle arti liberali
che costituiranno il fondamento del sapere occidentale.
Successivamente saranno distinte in arti del trivio (grammatica, retorica, logica/filosofia) e
del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica), che insieme saranno le 7 arti
liberali che costituirono il piano di studi nell’educazione medievale europea.
La SCUOLA: in età repubblicana inizia a diffondersi la famiglia perde la sua esclusività nel
campo dell’educazione e nascono nuove figure che si occupano dell’educazione dei
bambini benestanti a partire dai 6-7 anni. Sono precettori privati (come il ludi magistri,
letteralmente maestro di giochi) che insegnano a domicilio o presso la loro abitazione. Non
avevano uno status di rilevo. Si usavano punizioni corporali.
L’IMPERO: in età imperiale l’arte, la cultura e l’educazione assunsero un ruolo
fondamentale per la tenuta identitaria di un impero sempre piu vasto, per la diffusione
della lingua latina, per la costruzione della ”romanitas”. Già con Augusto (e il suo
consigliere, Mecenate) la cultura legano sempre più a un disegno politico e
propagandistico.
Molti imperatori si impegnarono per lo sviluppo dell’educazione, elemento cardine per
veicolare valori e ideali della romanitas, svolgendo funzione unificante dell’impero.
Si struttura un curriculum educativo che comincia con la scuola del ludi magister (sorta
di scuola elementare), poi scuola di grammatica e infine di retorica (il gradino più alto,
rivolto alla futura classe dirigente, a chi avrebbe intrapreso carriere pubbliche)
Prevale quindi un’impostazione umanistica e letteraria (che risale a Cicerone e Varrone).
Il pedagogium era invece il luogo in cui giovani di estrazione più umile venivano avviati ai
lavori manuali (a conferma della scarsa considerazione in cui era tenuto il lavoro, ma già
dall’età repubblicana).
Tra le figure di maggior spicco che contribuirono a delineare il modello educativo romano
troviamo Quintiliano, pedagogo ante litteram, che nella sua opera De Instituitio Oratoria
sistematizza i vari gradi dell’educazione, delineando metodi di insegnamento e
apprendimento, arricchiti anche di osservazioni anche psicologiche, che testimoniano una
prima attenzione per l’educando e la necessità di adeguare gli insegnamenti agli interessi,
alle capacità, allo sviluppo dell’alunno. A favore della scuola pubblica, contro le punizioni
corporali.
Un vero e proprio manuale di didattica, dimenticato nel medioevo e riscoperto
dall’umanesimo, diventando un punto di riferimento fondamentale per il rinascimento.
IL CRISTIANESIMO: 395 impero romano diviso: Oriente e Occidente. Impero d’Occidente
cade nel 476 (quello d’Oriente sopravvive fino al 1453).
Con l’editto di Milano del 313 l’imperatore Costantino riconobbe libertà di culto
nell’impero. Il cristianesimo non era più illecito e divenne poi religione di stato con
Teodosio. Il cristianesimo era stato osteggiato con violenza dall’impero, in quanto
5
contrastante con il politeismo latino, incompatibile con la concezione imperiale (predicava
la fede e l’obbedienza in un solo dio, superiore all’imperatore, l’uguaglianza di tutti gli
uomini, l’umiltà).
Mentre l’impero vedeva il suo lento declino la Chiesa romana si costituiva e si
consolidava, a partire dal concilio di Nicea in cui vennero canonizzati i vangeli sinottici, il
nuovo testamento che si affiancava al vecchio.
La dottrina cristiana assimilò in parte elementi culturali greci e latini (e autori classici come
Platone, Virgilio), rielaborandoli affinché fossero compatibili con il messaggio evangelico.
La Chiesa di Roma e il papa diventano un’istituzione non solo religiosa, ma anche civile e
politica. La Chiesa diventa anche la principale istituzione educativa, elaborando un
nuovo modello pedagogico che supera la paideia classica, basato su una nuova
concezione dell’uomo.
4) IL MEDIOEVO
I CARATTERI DEL MEDIOEVO
Il medioevo copre circa un millennio tra il 5° e 15° secolo, la storiografia lo divide
tradizionalmente in:
ALTO MEDIOEVO (dal 476 all’anno Mille): contrassegnato dall’istituzione dei regni
romano-barbarici (franchi in spagna, ostrogoti in italia) e dall’espansione del
cristianesimo, che mostra la capacità di integrare popoli diversi.
Il Medioevo è caratterizzato inoltre dal feudalesimo, un’organizzazione sociale ed
economica basata su vincoli di fedeltà e protezione che legano imperatore, re, feudatari
locali fino ai servi della gleba. La società feudale medievale è fortemente gerarchizzata e
divisa in ordini: gli oratores, uomini di studio (di Chiesa), i bellatores (aristocratici, mestiere
delle armi), laboratores (popolo lavoratore).
Nel periodo di transizione verso il Medioevo e per tutto l’alto medievo europeo la
Chiesa cattolica fu l’unica istituzione sociale ad assumere il controllo nell’educazione,
secondo il modello monastico. L’aristocrazia, come il popolo, era spesso illetterata e
ricorreva agli ecclesiastici per leggere e scrivere.
A partire dalla fine dell’8° secolo si assiste alla cosiddetta “rinascita carolingia” sotto
l’impero di Carlo Magno (che comprendeva Francia, germania, parte di spagna e italia
centro-settentrionale (una rinascita culturale in realtà rivolta solo a una minoranza
destinata a svolgere funzioni amministrative x l’impero).
Lo stesso Carlo Magno, re dei Franchi e primo Imperatore del Sacro Romano Impero
nell’800, era essenzialmente un illetterato. Ma affascinato dalla cultura. Con la rinascita
carolingia si afferma una maggiore necessità di sostenere e diffondere la cultura, rivolta
sia ai chierici che ai laici («rinascita carolingia, protagonista Alcuino, importanza della
retorica per applicazione pratica anche nelle questioni civili, di diritto, per ragioni politiche e
amministrative, necessità di «quadri» per la Chiesa e per l‘Impero).
BASSO MEDIEVO (11°-15° SEC): crescita demografica, ripresa della vita cittadina, (in
Italia ed europa si sviluppa la civiltà comunale) nuovi ceti sociali, il mercante (il futuro
borghese), che guarda alla libera iniziativa, all’utile, al guadagno, si afferma un “economia
precapitalista”. Questa nuova classe sociale richiede una cultura nuova (una cultura
mercantile!), una cultura utile, che gli dia competenze di ordine pratico, che non può
coincidere con quella impartita dalle scuole episcopali e monastiche.
LE SCUOLE MONASTICHE

6
Nel periodo di transizione verso Medioevo e nell’alto medioevo europeo la Chiesa
cattolica fu l’unica istituzione sociale ad assumere il controllo nell’educazione, secondo il
modello monastico.
I monasteri iniziarono a diffondersi in europa a partire dal 3° sec e nel vuoto
amministrativo e politico causato dalla decadenza dell’impero romano il monastero
svolgeva funzioni non solo religiose, garantendo sicurezza, sopravvivenza economica,
conservazione della cultura ed educazione.
Con il tempo i monasteri si trasformavano in abbazie, amministravano vasti territori,
diventano centri economici, artistici e culturali.
Con la diffusione del volgare la Chiesa continuava a preservare il latino come lingua della
liturgia, della teologia, della cultura. Gli ecclesiastici dovevano sapere leggere
(interpretare il linguaggio della Bibbia) e scrivere e fare di conto (stabilire le festività
liturgiche, i calcoli matematici per definire la data della Pasqua, il moderno calendario). Nei
monasteri venivano copiati (scriptorium degli amanuensi) e conservati i manoscritti greci
e latini (nelle biblioteche). I monasteri e le Cattedrali divenivano centri culturali e istituzioni
educative (a volte aperte anche ai laici, la scuola del coro). L’aristocrazia, come il popolo,
era spesso illetterata e ricorreva agli ecclesiastici per leggere e scrivere.
La SCUOLA MONASTICA impartiva un’educazione cristiana per la formazione del clero
(regolare e secolare), non sembra sia esistito un modello unico, ma in genere gli
insegnamenti (storici, scientifici morali e filosofici) erano basati sulla Bibbia cristiana
(antico e nuovo testamento). La grammatica e la retorica, fondamentali nell’educazione
romana secondo Cicerone e Quintiliano, persero importanza. Le lezioni erano
caratterizzate dalla lettura (lectio) da parte del maestro di testi, mentre l'alunno doveva
ascoltare e memorizzare.
LE SCUOLE URBANE
La rinascita carolingia tra 8° e 9° sec favori la diffusione delle scuole (nel disegno
politico di carlo magno promuovere l’educazione era funzionale alle necessità dell’impero:
garantire coesione, contrastare imbarbarimento culturale e civile dei sudditi, fornire
funzionari per amministrare l’impero).
Oltre alle scuole monastiche già esistenti si diffondono la scuola palatina e le scuole
urbane.
La schola palatina, presso la corte imperiale di Acquisgrana, era appunto quello che
provvedeva alla formazione dei “quadri”, degli intellettuali, degli alti funzionari dell’impero.
Era frequentata da personalità eminenti (come Alcuino di York, fondatore della schola e tra
i principali protagonisti del rinascimento carolingio), vi si impartiva un’educazione cristiana
aperta però alla cultura classica.
Le scuole urbane sorgevano presso le chiese cittadine (la ”scuola cattedrale”) e si
differenziavano da quelle monastiche non solo per il luogo (scuole monastiche in luoghi
isolati, scuola cattedrale nelle città che crescono di importanza dopo anno mille) ma anche
per il tipo di insegnamenti impartiti, più laici, mondani, secolarizzati, rispondevano alla
necessità di una formazione per le professioni civili, di competenze pratiche.
Nelle scuole urbane si consolida l’articolazione del sapere nelle 7 arti liberali del Trivio
(grammatica, retorica, dialettica) e del Quadrivio (aritmetica, geometri, astronomia e
musica) (articolazione delineata da Varrone e sistematizzata nel 5 sec da Capella).
Anche il metodo era diverso, basato sulla disputatio che coinvolgeva anche gli studenti,
mentre le scuole monastiche privilegiavano il silenzio e la meditazione.

7
Possiamo ricondurre i due modelli educativi cristiani della scuola monastica e della
scuola cattedrale (scuola urbana) a due correnti all’interno della Chiesa, una più mistica e
ascetica che negava il valore della ragione e della scienza(es. la figura di Bernardo di
Chiaravalle, fondatore ordine cistercensi), una più secolare (es Pietro Abelardo), aperta ai
mutamenti sociali, che cercava di conciliare ragione e fede, teologia e scienza (aperta
anche agli studi scientifici, che dopo anno mille hanno nuovo impulso grazie alla cultura
araba, che diffonde anche opere di aristotele, della medicina greca).
L’educazione delle scuole monastiche e cattedrali era ovviamente rivolta a una piccola
parte dei giovani. Anche per i nobili lo studio era una “seconda scelta” riservata per lo più
ai cadetti ed era comunque diffusa la presenza di precettori “a domicilio”.
Con lo sviluppo delle arti e dei mestieri (artigiani ma anche notai, giudici, medici…)
cresce l’esigenza di una formazione professionale, svolta tramite apprendistato “a bottega”
ma anche nelle scuole delle corporazioni dei mestieri, che offrivano un insegnamento
laico e un’opportunità di istruzione anche alle classi sociali più povere.
A queste forme di istruzione formale si affiancavano forme di educazione informale (oltre
a quella svolta dal tradizionali soggetto educativo, la famiglia): la Chiesa trasmetteva
contenuti educativi tramite la liturgia, i riti, le rappresentazioni sacre, e quella grande
Bibbia dei poveri che sono le arti figurative diffuse nelle chiese, efficace strumento
pedagogico per un popolo a maggioranza ancora analfabeta.
I grandi poteri del tempo, la Chiesa e l’Impero, spesso in concorrenza tra loro, usarono le
arti come veicolo di idee, valori, strumento di educazione popolare.
Gli studi matematici hanno un forte impulso, si sviluppa la scienza della misurazione del
tempo e dello spazio. Alla fine del 13 sec viene inventato l’orologio meccanico, si
diffondono le mappe geografiche che mostrano il mondo diviso secondo latitudine e
longitudine.
NASCE L’UNIVERSITA’
Il culmine dell’istruzione nel medioevo fu la nascita delle Università.
Nelle città c’è una crescente domanda di alfabetizzazione e conoscenze qualificate, nasce
una categoria di MAGISTRI la cui fama attirava studenti aumentando il prestigio della città
che li ospitava, alcune scuole urbane diventano “studia” (luoghi di formazione superiore).
Il passaggio dallo studium all’universitas non fu omogeneo e lineare, ma diverso da città a
città, avvenne per opera di soggetti diversi, corporazioni di studenti o maestri, per iniziativa
dell’Impero o della Chiesa.
Il primo Ateneo ufficiale dell’Occidente nasce a Bologna nel 11 sec. (studi giuridici)
Seguono Oxford, Cambridge, Parigi (la Sorbona), Napoli (la prima università statale
italiana fondata da Federico II). Tra 13° e 14° sec le università si diffondono in tutta
Europa. Facoltà medievali: Arti, Diritto, Medicina, Teologia.
Tratti comuni: comunità di studenti e maestri; la filosofia scolastica (difendere la fede
tramite la ragione); l‘insegnamento basato sulla lectio (lettura dei testi) dell’insegnante e
sulla disputatio, analisi e interpretazione cui prendono parte anche gli alunni.
Le Università diventano centri di potere, spesso in conflitto con il potere imperiale o
ecclesiastico, rivendicando una propria autonomia. Si apre la strada a una nuova cultura e
a una nuova educazione, che si avvia con l’Umanesimo e prosegue con il Rinascimento
portandoci nell’età moderna.

Note mie

8
Nel Medioevo: la cultura si presentava come un organismo unitario e ordinato
gerarchicamente secondo il principio agostiniano della reductio artium ad theologiam. La
cultura classica non vi era assente, ma vi occupava la posizione strumentale di un insieme
di discipline e di conoscenze utili ai fini della comprensione delle Scritture. L‘idea
pedagogica vedeva il momento religioso come momento culminante dell’itinerario
culturale. All‘ideale educativo del saggio, che era stato proprio del mondo classico, veniva
sostituito l‘ideale del santo.
Con l‘Umanesimo, a partire dal Quattrocento, nell‘ordinato sistema culturale del
Medioevo viene introdotto un elemento di forte rottura rappresentato dalla scoperta
dell‘autonomia dell‘arte. Si guarda ora alle opere classiche non più dal punto di vista
cristiano, come mezzi per una comprensione più approfondita dei testi sacri; ma le opere
classiche vengono apprezzate per se stesse, in forza della loro intrinseca bellezza e del
loro contenuto di umanità. E l‘arte viene considerata come creazione umana che ha il
proprio fine in se stessa, nella bellezza che essa introduce nel mondo.
Con il Rinascimento, a partire dal Cinquecento si accentua progressivamente il
processo di disgregazione, già avviato dall‘Umanesimo, dell‘unità del sistema culturale
medievale, portando ad un’autonomia delle scienze. Così, come aveva tatto in
precedenza l‘arte, ora la politica, l‘economia, la filosofia, la scienza abbandonano la casa
comune, retta dall‘etica e dalla teologia, e provvedono a mettere su casa in proprio,
ognuna fondandosi su un proprio distinto valore: l‘utile (la politica), il profitto (l‘economia),
la verità della ragione (la filosofia), la spiegazione razionale dell‘ordine della natura (la
scienza). È la nascita delle scienze moderne e del progressivo trionfo della ragione
umana; dopo l’uomo saggio e l’uomo santo l‘idea pedagogica avanza una prospettiva
incentrata sull‘homo faber fortunae suae, su un uomo che si colloca saldamente al centro
dell‘universo, signore del proprio destino e agente di cambiamento del suo mondo.
Nuove idee sviluppate in Occidente attraverso l’innegabile ruolo di mediazione della
cultura arabo-islamica, che ha portato al Rinascimento in un momento in cui gli europei,
ignorando la ricchezza intellettuale e scientifica dei Greci, avevano perso ogni contatto con
il loro pensiero.

5) L’ETA’ MODERNA
CARATTERI DELLA MODERNITA’
Età moderna comincia convenzionalmente con scoperta america (1492) (o con caduta
impero romano d’oriente 1454) e finisce con rivoluzione francese (1789).
Tre secoli in cui processi avviati già nel medioevo subiscono accelerazioni che portano a
cambiamenti epocali e a una nuova realtà economica, politica, sociale.
Fenomeni (interagenti):
- Scoperte geografiche, nuovi mercati e crescita economica
- Affermazione borghesia
- Affermazione di Stati nazionali (francia, inghilterra, spegna)
- Riforma protestante (lutero 1517)
- Fine predominio Chiesa e Impero
- Umanesimo e rinascimento, cultura laica autonomia delle scienze
- Economia borghese, precapitalistica, manifatturiera, mercantile, finanziaria
- Sviluppo tecnologico
- Rivoluzione scientifica e copernicana
- Invenzione della stampa (1455), diffusione cultura e nascita opinione pubblica

9
L’EDUCAZIONE NEL 15° E 16° SECOLO
Organizzazione statale sempre più complessa ed Economia non più solo agricola ma
manifatturiera, mercantile finanziaria: richiedono competenze specializzate.
I movimenti dell’umanesimo, del rinascimento e poi la riforma protestante contribuiscono a
una nuova concezione di cultura e di educazione e a una rinnovata riflessione pedagogica.
La Riforma protestante avviata da Lutero nel 1517 ebbe importantissime implicazioni
pedagogiche: e ogni cristiano ha diritto di interpretare le sacre scritture bisogna che
ciascuno sia capace di leggerle: l’istruzione diventa un dovere religioso, l’ignoranza è
nemica della fede. Si diffonde l’alfabetizzazione di massa.
In particolare l’Umanesimo e il Rinascimento segnano un passaggio importante per lo
sviluppo dei moderni metodi didattici: nuovo interesse per i classici, che vengono ora
riscoperti nel loro valore originario e non filtrato dalla visione cristiana; si supera la reductio
ad theologiam dei saperi e si afferma l’autonomia delle singole branche della conoscenza;
ristabilita centralità all’uomo nella sua interezza come sintesi di anima e corpo, superando
visioni dualistiche; affermazione della responsabilità civile dell’educazione; attenzione
sull’educando.
Personalità di spicco della pedagogia umanista e rinascimentale:
VITTORINO DA FELTRE (1378-1446): è stato un umanista ed educatore italiano. Fondò a
Mantova, presso una villa dei Gonzaga, una scuola elementare, la Giocosa, scuola per
eccellenza del 15 sec. Fu la prima scuola realizzatrice degli ideali umanistici fusi con lo
spirito cristiano, dove accedevano studenti poveri e figli di signori secondo principi di
uguaglianza. Punizioni corporali abolite, il castigo rarissimo,
L'insegnamento si basava ancora sulle arti del trivio e quadrivio, ma l'esercizio mentale si
alternava alle pratiche ginniche, al gioco, all’educazione artistica con una nuova attenzione
posta sugli interessi degli educandi e sullo sviluppo armonico di mente e corpo.
ERASMO DA ROTTERDAM (1467-1526 olandese): aspirazione alla creazione di una
cultura universale tramite sintesi delle lettere classiche e di un rinnovato cristianesimo
(condivideva le critiche di Lutero alla chiesa ma senza schierarsi mai con la Riforma).
Erasmo ritiene, come tutti gli umanisti, che le lettere classiche siano lo strumento più
valido nella formazione dell'uomo, ma rifiuta gli atteggiamenti più accademici, aridi e
pedanti di un approccio ai classici puramente linguistico e grammaticale. Attenzione per
inclinazioni e interessi dell’educando.
Lo studio, che avviene sia sui testi classici sia sui tesi sacri, deve mirare in primo luogo
all'educazione morale, trasmettere senso di humanitas e valori cristiani.
Inoltre l'educazione etico-religiosa auspicata da Erasmo non è proiettata su un piano di
pura individualità e interiorità, ma è volta a una dimensione sociale, per cui l’educazione
è anche responsabilità dei pubblici poteri.
CONTRORIFORMA con la riforma protestante la chiesa cattolica perde in parte il suo
monopolio sull’educazione. Dopo il Concilio di Trento (1545-1563), la Chiesa rilanciò
l’educazione cattolica, rivolgendo un’attenzione particolare alle “opere di misericordia
spirituale” che imponevano di insegnare agli ignoranti: sorsero ordini e congregazioni
dediti a quelle finalità: le Orsoline per l’istruzione delle ragazze; i Somaschi, che si
dedicavano all’educazione degli orfani e dei ragazzi abbandonati. È tutto un fiorire di
iniziative religioso-educative spesso a carattere “popolare” in quanto rivolte ai più poveri.
LA COMPAGNIA DI GESU’: a partire dalla metà del 500 l’ordine dei gesuiti (appartenenti
alla Compagnia di Gesu fondata da Ignazio da Loyola) svolsero un ruolo predominante

10
nell’educazione dei giovani aristocratici e dell’alta borghesia: oltre 150 collegi gesuiti che
per 3 secoli formano la classe dirigente d’europa, colta e devota alla chiesa.
Il metodo gesuita si basava sulle regole della Ratio Studiorum, improntato a una rigida
severità e abnegazione dell’educando, sottoposto a una disciplina di obbedienza e
sottomissione che regolava ogni aspetto della vita degli studenti.
Il curriculum privilegiava le humanae litterae, lo studio del latino e dei classici, la filosofia
cristiana.
La pedagogia gesuitica fu duramente criticata dalla cultura laica e dall’Illuminismo (l’ordine
fu soppresso nel 700, poi ricostituito nell’800, papa francesco primo papa proveniente
dall’ordine gesuita).
L’EDUCAZIONE NEL 17° SECOLO
Il 1600 vede l’inasprirsi dello scontro religioso tra chiesa cattolica e i movimenti protestanti,
il rafforzamento dello stato moderno e delle monarchie assolutistiche, la crescita
dell’economia capitalista, l’affermarsi di una borghesia mercantile e finanziaria, una nuova
concezione della scienza.
Fenomeni che interagiscono tra di loro (come ha evidenziato anche Weber con “L’etica
protestante e lo spirito del capitalismo”)
Il ‘600 vede completarsi la rivoluzione scientifica avviata da Copernico nel ‘500: Galileo
galilei definisce il suo metodo scientifico basato su spirito critico, osservazione empirica,
misurazione e verifica delle ipotesi. Una nuova scienza che minava alla radice il principio
di autorità, dall’ipse dixit di Aristotele ai dogmi della Chiesa (galileo processato da
inquisizione e costretto all’abiura).
L’educazione come sempre viene influenzata dai caratteri del suo tempo e a sua volta li
influenza: i luoghi dell’educazione restarono la famiglia, la bottega artigiana, la chiesa e le
confessioni religiose, mentre la scuola conosceva un lento sviluppo specie con i collegi sul
modello gesuitico e non mancarono iniziative per alfabetizzare gli strati sociali medio-
bassi.
Nacquero numerose accademie che si impegnavano nello studio e nella diffusione delle
scienze (accademia dei Lincei), delle lettere (accademia della crusca), delle arti e della
musica (accademia di santa cecilia).
Si laicizzano i contenuti e fini di un’educazione sempre più rivolta ad un inserimento
civile, e metodi più “scientifici”, che considerano le specificità degli alunni, a partire dalle
differenze di età.
COMENIO (1592-1670) Nel Seicento, una figura di notevole influenza è Comenio, che
getta le basi della didattica moderna. Convinto che l'educazione fosse uno dei principali
strumenti in grado di garantire la pacifica convivenza tra gli uomini, cercò infatti di
sviluppare una formazione completa della persona e, per garantire un'istruzione a tutti,
cercò di collegare le scuola a un'organizzazione centrale e distribuita meglio sul territorio;
cercò anche di guidare i maestri alla conoscenza della didattica e si impegnò per
sviluppare specifiche strategie didattiche ed educative
Nella sua opera Didactica Magna parla di Didattica come arte che fornisce metodi e
strumenti per insegnare; ogni disciplina deve possedere la propria didattica in modo da
raggiungere fini determinati e valutabili.
I suoi termini pansofia (totalità del sapere) e panpedia, che indica l’aspirazione a una
scienza universale e a un’istruzione estesa a tutto il genere umano, senza distinzione di
ceto sociale e di sesso,

11
Il metodo comeniamo è caratterizzato dalla gradualità, procedendo dal semplice al
complesso, dal particolare al generale, dai sensi alla mente. Segue lo sviluppo del
fanciullo, è ancorato alla concretezza dell’esperienza, senza severità o costrizioni. Le
stesse materie di studio vengono ripresentate, in maniera graduale, a livelli sempre più
complessi (scuola d’infanzia, scuola nazionale, scuola di latino, accademia).
Suo è anche il primo libro illustrato (Orbis sensualium pictus) per avviare i fanciulli alla
lettura tramite il nesso tra immagine e parola.
LOCKE (1632-1704): John Locke è il filosofo dell’empirismo come metodo di
conoscenza fondato sull’esperienza guidata dalla ragione. Le sue opere più importanti
(“Lettera sulla tolleranza”, “Saggio sull’intelletto umano” e “Due trattati sul governo civile”)
ne fanno un precursore dell’Illuminismo, del pensiero critico e del liberismo che
accompagna la rivoluzione industriale.
La tesi centrale di Locke (nel saggio sull’intelletto umano) è che la mente di un neonato sia
una tabula rasa e che tutte le idee si sviluppino dall'esperienza (contro innatismo)
I “Pensieri sull’educazione” e altri saggi sono dedicati all’educazione del gentiluomo, rivolta
alla classe borghese, non si serve della coercizione e delle punizioni ma fa leva sulla
libertà dell’educando, che va rafforzato nel fisico, nelle capacità di osservazione e di
ragionamento, nelle doti morali e nel corretto uso dell’esperienza. L’educazione morale
tende al controllo dei propri istinti, all’uso della ragione, al senso di responsabilità, il
rispetto e la solidarietà verso gli altri, l’osservanza delle leggi.
Nel percorso formativo delineato da Locke trovano posto discipline (dalle lingue moderne
al latino, dall’aritmetica alla storia, alla filosofia naturale) e attività (ballo, equitazione,
scherma, un hobby manuale, viaggi) in un quadro eterogeneo e lontano dalle possibilità e
dai bisogni educativi degli strati popolari.
JEAN-BAPTISTE DE LA SALLE è un sacerdote francese che fece dell’educazione dei
poveri la missione della sua vita; nel 1680 fondò l’Ordine dei Fratelli delle scuole cristiane.
Andrò oltre l’assistenza la carità per i bambini poveri, costruendo per loro una vera e
propria scuola organizzata nei metodi e pedagogicamente fondata. Una scuola elementare
per insegnare a leggere e scrivere, un po’ di aritmetica e tanto catechismo.
Si interessò inoltre alla formazione tecnica e professionale dei giovani, per consentire loro
di emanciparsi dalla povertà attraverso il lavoro.
Nell’Europa del XVII secolo si consolidarono i differenti percorsi educativi per gli
strati sociali medio alti, che avevano a disposizione precettori privati e collegi religiosi, e
per il popolo, alla cui istituzione di base provvederanno le istituzioni religiose. In entrambi i
casi si registrarono le prime scuole gestite dal potere civile, in particolare nei paesi
protestanti.
Prosegue il processo di laicizzazione della scuola, sempre più orientata verso finalità civili:
all’educazione del buon cristiano si sostituisce sempre più l’educazione del buon cittadino.
L’EDUCAZIONE NEL 18° SECOLO
Il ‘700 è il secolo dell’Illuminismo, che sancisce cambiamenti culturali già in atto da
tempo. La seconda metà del 700 introduce all’era contemporanea, con profondi mutamenti
economici, sociali e politici che si riconducono alla rivoluzione industriale, alla
rivoluzione americana e alla rivoluzione francese.
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: inizia in Inghilterra nella seconda metà del secolo, per
poi estendersi in Europa e nordamerica.
Favorita da una precedente rivoluzione agricola, dalla presenza di un intraprendente ceto
borghese, da importanti innovazioni tecnologiche (macchina a vapore, telaio meccanico):
12
trasformò la tradizionale economia agricola, commerciale e artigianale in un sistema
industriale capace di produrre e vendere grandi volumi di prodotti, soprattutto tessili e
metallurgici.
Nasce un nuovo protagonista sociale, il ceto operaio che si contrappone alla borghesia
industriale.
La rivoluzione industriale produsse effetti rilevanti sul medio-lungo periodo, tali da mutare
in profondità gli assetti socioeconomici e geopolitici del mondo, portando alla società di
massa e alla mondializzazione dell’età contemporanea.
LA RIVOLUZIONE AMERICANA (1775-1783) fu la guerra per l’indipendenza dalla Gran
Bretagna di tredici colonie nordamericane. Anche qui la borghesia difende i propri interessi
economici e politici contro il sistema di governo e di tassazione della madrepatria.
Al termine di una guerra sanguinosa nacque il nuovo Stato, con un assetto federale
abbastanza inedito all’epoca; la Dichiarazione d’indipendenza del 1776 e la successiva
Costituzione degli Stati Uniti d’America sancivano i principi della separazione dei poteri,
della libertà e dell’uguaglianza dei cittadini e garantivano diritti civili, politici e religiosi
ispirati al pensiero liberale di John Locke, al giusnaturalismo e all’Illuminismo.
LA RIVOLUZIONE FRANCESE (1789-1999) La riv americana fu in prologo della riv
francese (la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino adottata dall’Assemblea
nazionale del 1789 si ispirava ai principi della Dichiarazione d’indipendenza americana)
con cui la borghesia rovesciò l’ancien regime affermando un nuovo criterio di
legittimazione del potere (la nazione e il suo popolo)
Per quanto riguarda l’educazione la Costituzione del 1793 (quella giacobina! Che non
entrò in vigore) proclamava il dovere della società di “mettere l’istruzione alla portata di
tutti i cittadini”. Il tema del diritto all’istruzione animò il dibattito degli illuministi francesi, che
possono a riguardo essere divisi tra una “destra” (Voltaire) per la quale quel diritto non
includeva le classi popolari, e una “sinistra” (Diderot) che le ammetteva agli elementi del
leggere, scrivere e far di conto.
L’ILLUMINISMO costituisce la base filosofica e culturale delle trasformazioni del 18° sec.
Nella definizione di Kant è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità grazie all’uso della
ragione (“Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza! Questo dunque è il
motto dell'illuminismo.”).
Gli illuministi (maggiori esponenti Montesquie, diderot, voltaire, rousseau) combattevano
con i lumi della ragione l’oscurantismo culturale, scientifico ed educativo imposto dalla
religione, sottoponendo ad analisi critica i principi dell’autorità culturale e politica.
“L’Enciclopedia delle scienze, delle arti e dei mestieri” (diderot, d’alambert), pubblicata tra
il 1751 e il 1772 in diciassette volumi, fu un potente strumento di diffusione delle idee
illuministe.
JEAN-JACQUES ROUSSEAU (1712-1778) pensatore ginevrino, esponente illuminismo,
precursore romanticismo, poliedrico, si interessa di filosofia, politica, musica ed
educazione: è uno dei fondatori della pedagogia contemporanea.
Con Rousseau nel 700 vediamo un tentativo di rivoluzione metodologica
dell’insegnamento e dell’educazione. Rousseau sposta l'attenzione sul soggetto che è
destinatario dell'insegnamento (avviando quella rivoluzione copernicana di cui parla dewey
in educazione e società). Col suo romanzo pedagogico, l’Emilio, propone una riflessione
che avrà influenze determinanti. Inaugura una pedagogia egualitaria, rivolta a tutti, senza
distinzioni di classi sociali, e introduce nel piano di studi le arti manuali, senza distinzioni

13
tra percorso “umanistico” per aristocratici e percorso “professionale”, manuale per i più
poveri.
Nelle suoi “Discorsi” sulle scienze e le arti e sull’origine della disuguaglianza esprime una
forte critica della società quale si è venuta costruendo storicamente, colpevole ai suoi
occhi di essersi allontanata dallo stato di natura. L’uomo naturale viveva una condizione
di libertà, di felicità e di virtù che è stata corrotta dall’introduzione della proprietà privata
(origine della disuguaglianza), dal vivere associato, dallo sviluppo delle arti e delle
scienze, dalle abitudini e dalle regole del vivere associato (idee che anticipano tematiche
romantiche e che procurarono all’autore le critiche degli illuministi, in particolare di
Voltaire).
Nel “Contratto sociale” prosegue la critica alla società moderna che vede gli uomini nati
liberi ridotti in catene. Delinea un ordinamento sociale che scaturisce da un patto
volontario tra cittadini, che in questo modo accettano di “alienare” le libertà dello stato di
natura per acquisire quelle della vita civile. Nello stato sociale di rousseau la sovranità
appartiene al popolo che esercita il potere legislativo; le leggi nascono dalla volontà
generale di cittadini liberi e uguali, con un ricorso minimo alla democrazia rappresentativa;
spetta al potere esecutivo (un governo su mandato del popolo) far rispettare le leggi. La
proprietà privata è garantita nei limiti del bisogno di ciascuno per il proprio lavoro e la
propria sussistenza.
La libertà dell’uomo può essere indirizzata al bene o al male: di qui l’importanza
dell’educazione, la necessità di educazione morale del cittadino.
L’”Emilio o dell’Educazione” è un romanzo in cui si narra il percorso formativo ideale del
piccolo Emilio (sano e robusto), isolato in campagna per proteggerlo dai guasti della
società e lì educato secondo natura; vero protagonista è lo stesso Rousseau, in veste di
precettore e insieme di narratore.
L’opera è divisa in cinque libri:
1) va dalla nascita ai tre anni ed è dedicato alle cure dell’allevamento e della
nutrizione; l’autore insiste sulla necessità dell’allattamento materno, critica l’uso del
tempo di affidare i neonati alla nutrice, l'uso delle fasce che limitano la libertà di
movimento
2) dai tre anni ai dodici anni, si occupa dello sviluppo sensoriale e motorio di Emilio
a contatto con la natura. Il precettore si limita a guidarlo nel gioco, ad assicurare il
dispiegamento delle sue inclinazioni e a predisporre situazioni educative.
3) tra i tredici e i quindici anni Emilio può affrontare lo studio, fondato
sull’osservazione e sull’utilità pratica delle conoscenze; che acquisisce in modo
attivo, cioè attraverso l’esperienza, il vero metodo che egli deve apprendere.
4) dai sedici ai vent’anni, si introduce l’educazione sociale e morale: accanto allo
studio della storia, necessario per comprendere l’uomo, Emilio viene avviato alla
conoscenza religiosa (una religione naturale fondata sulla ragione).
5) centrato sull’incontro di Emilio e Sofia, la ragazza che il precettore intende
destinargli come moglie. Sofia racchiude in sé le virtù della sposa e della madre;
Emilio ne è attratto ma il precettore vuole che completi la sua educazione di
cittadino con un lungo viaggio per conoscere il mondo, i popoli, le culture; solo al
suo ritorno i due si sposeranno.
Nell’Emilio Rousseau espone i fondamenti della sua concezione educativa:
1) la bontà dello stato di natura, contrapposta alla corruzione della società;

14
2) il puerocentrismo colloca l’educando al centro del processo formativo: “cominciate
dunque impegnandovi a studiare meglio i vostri allievi, perché di certo non li conoscete”
(dewey, rivoluzione copernicana);
3) l’educazione indiretta: “l’educazione ci deriva da 3 maestri: la natura gli uomini e le
cose”; la prima sviluppa le facoltà e il fisico, la seconda “insegna quale uso dobbiamo fare
di tale sviluppo”, la terza presiede all’esperienza personale e nasce soprattutto nel
rapporto con la natura e con le cose;
4) l’educazione negativa: “La prima educazione deve essere puramente negativa. Essa
consiste non nell’insegnare la verità, ma preservare il cuore e la mente dall’errore.”. Il
precettore dovrebbe “non fare nulla”, lasciare all’educando la libertà di manifestare i propri
interessi, limitandosi a correggerlo con l’esempio o con la “mano invisibile” dell’intervento
indiretto.
Problema del rapporto tra la libertà dell’educando e l’autorità dell’educatore: emilio ha
l’apparenza della libertà, la sua educazione è cmq diretta e manovrata dall’educatore. Una
questione controversa, come molti altri aspetti del pensiero di rousseau che comunque è
considerato dal pensiero pedagogico il fautore di un’educazione infantile libera e
spontanea.
Il ruolo dell’educatore è fondamentale: nell’EDUCAZIONE INDIRETTA l’adulto deve creare
le condizioni per la relazione del bambino con le cose, predisporre contesti e lasciare che
il bambino sperimenti da solo, in autonomia. L’esperienza del mondo è la vera maestra
(educazione non come processo intellettualistico, ma come esperienza concreta). Compito
dell’educatore è garantire che il bambino compia esperienze adeguate alle capacità delle
sue facoltà nel rispetto della sua natura e della natura delle cose (da questo punto di vista
vi sono molte connessioni con le future teorie dell’Attivismo).
HEINRICH PESTALOZZI (1746-1827) pedagogo svizzero protestante di origini italiane
che realizzò diverse iniziative educative: a Neuhof istituì una sorta di casa-famiglia-
scuola elementare per bambini poveri, poi diresse l’orfanotrofio di Stans.
Suo metodo educativo delineato nelle opere “Veglie di un solitario”, “Leonardo e
Gertrude”, “Come Gertrude educa i suoi figli”.
Rilesse Russeau, convinto che i ragazzi potessero apprendere le materie accademiche
essenziali mentre imparavano arti pratiche come l’agricoltura o l’artigianato. Non vedeva
alcuna contraddizione tra attività manuali e conoscenza. Come per Russeau l’esperienza
è la vera maestra. Precursore attivismo.
Pestalozzi ha avvertito l’importanza del lavoro e della formazione dei giovani in comunità e
non in solitudine, perché la vita della scuola si svolga in armonia con quella della famiglia
e della società.
Rivaluta ruolo della famiglia, sottolinea importanza relazione madre-figlio.
Nel suo ideale educativo l’intuizione racchiude i tre elementi (forma, numero e parola) che
organizzano il pensiero. Famiglia e scuola devono perseguire la formazione completa
dell’educando, nelle dimensioni del cuore (educazione morale), della mente (educazione
intellettuale) e della mano (educazione al lavoro). La funzione educativa della famiglia è
importante, ma va affiancata dall’istruzione pubblica assicurata dallo Stato, per la
formazione delle virtù civiche del cittadino. All’uso del denaro dedica particolare
attenzione, perché i poveri vanno abituati al risparmio.
Per molto tempo, quasi tutto il secolo XIX, la scuola rimase in gran parte estranea al
movimento attivista, legata alla tradizione, ispirata a rigidi schemi didattici.

15
6) L’ETÀ CONTEMPORANEA
CARATTERI DEL XIX SECOLO: La Rivoluzione francese segna convenzionalmente
l’inizio dell’età contemporanea che racchiude gli ultimi due secoli fino al primo scorcio del
nuovo millennio. A grandi linee nel 1800:
1) il superamento definitivo di quel che restava degli assetti feudali, dopo l’abbattimento
dell’ancien régime da parte della Rivoluzione francese, e le guerre napoleoniche;
2) il fallimento della Restaurazione fondata sul ritorno allo statu quo ante, la nascita del
nazionalismo, il consolidamento degli Stati nazionali e la formazione di nuove entità
statuali, a opera di una borghesia liberale ormai egemone sul piano sociale e politico;
3) la contestuale diffusione, sul fronte opposto, del socialismo e delle organizzazioni del
movimento operaio e contadino, cioè di un proletariato sempre meno disposto a pagare il
prezzo dello sviluppo economico;
4) l’unificazione del forte Stato tedesco, poi divenuto impero, con un ruolo di
stabilizzazione – destabilizzazione del continente;
5) l’estendersi dell’imperialismo europeo in Africa e in Asia con la creazione di vasti
possedimenti coloniali;
6) l’ascesa di una giovane potenza, gli Stati Uniti d’America.
EDUCAZIONE E SOCIETÀ NEL XIX SECOLO: Il Romanticismo, l’idealismo, il
Positivismo, rappresentano le diverse modalità con cui una borghesia dinamica afferma
la propria identità nei campi della letteratura, dell’arte, della filosofia, della scienza e della
tecnica.
L’istruzione diventa una funzione statale, pubblica, dotata di risorse finanziarie,
regolata da apposite leggi, con insegnanti formati appositamente;
la SCUOLA conosce un’espansione inedita nella storia: non si tratta solo di un aumento
quantitativo ma anche qualitativo: la pubblica istruzione si fa carico di nuove funzioni
educative sconosciute nel passato: coscienza nazionale, diritti e doveri, formazione
dell’uomo e del cittadino (in alcuni casi scolarizzazione legata a diritto di voto).
Educazione pubblica assume FUNZIONE SOCIALE, si diffonde anche tra le donne e gli
strati sociali più deboli la consapevolezza che l’accesso alla conoscenza è un diritto della
persona.
La pubblica istruzione “contamina” l’educazione familiare, investe il poco che resta di
quella artigiana; sottrae alla Chiesa cattolica il suo monopolio educativo.
Emerge sempre più chiara anche la consapevolezza della FUNZIONE POLITICA
dell’educazione: lo Stato vede nella pubblica istruzione la possibilità di garantire la
riproduzione dei ceti dirigenti, di formare maestranze, quadri intermedi, professionisti e
insieme di contribuire all’organizzazione di una società ordinata, e confermata dall’alto.
Diventa sempre più esplicito il nesso tra scuola e società.
I fatti educativi vengono studiati con approccio scientifico: è in questo periodo che la
pedagogia si consolida come scienza dell’educazione, incontrando altre discipline che
nel clima positivista acquisiscono status di scienza, come la psicologia e la sociologia.
700-1800: Espansione economica e diffusione della scolarizzazione e introduzione delle
discipline professionali, sempre più indispensabili nella rivoluzione meccanico-industriale
Scienza, invenzioni, urbanesimo, aumento richiesta formazione e specializzazione.
Parallelamente condizioni di vita sempre più difficili per il proletariato urbano e contadini.
Due nuovi messaggi educativi:

16
-Filantropia, sostegno e carità per i figli dei poveri, bisognosi anche di insegnamento
- maggiore attenzione per la preparazione professionale
FROBEL E HERBART: è in Germania che i nascono i principali movimenti culturali
dell’800: lo Sturm und Drang, poi il Romanticismo, l’idealismo tedesco di Fitchte, Schelling
e Hegel: filosofi che si riferirono in modo più o meno esplicito all’educazione, cmq
allontanandosi dalle suggestioni rousseiane sull’educazione libera e spontanea:
l’educazione deve trasmettere, anche con la costrizione e l’obbedienza, le regole della vita
civile.
È in germania che il ministro prussiano dell’istruzione VON HUMBOLDT riorganizza il
sistema educativo volto alla formazione sia dell’uomo che del cittadino, con un impronta
umanistica, basata su studio di greco, latino, filosofia, con una rinnovata attenzione per la
ricerca (influenzato da Pestalozzi; si ritirò dal governo per la sua opposizione alle idee
reazionarie predominanti).
FROEBEL (1782.1852, tedesco) L’idealismo romantico di schellling, la sua filosofia della
natura, la concezione di unità tra natura e spirito influenzano il pedagogo del
romanticismo, froebel, fondatore dei Kindergarten.
La sua concezione dell’infanzia fu, almeno in parte, rousseauiana: il bambino è buono in
quanto vicino alla natura, che è buona a sua volta perché in essa Dio si manifesta e vive.
Sottolinea la necessità per il bambino di intrattenere intensi rapporti relazionali;
l’importanza del gioco, che è creazione oltre che ricreazione.
Nel Kindergarten al bambino viene affidato un giardinetto per coltivare fiori e piccole
piante, seguito da “maestre giardiniere” appositamente formate.
Per favorire l’attività ludico-creativa elabora la teoria dei doni, solidi geometrici di materiali
e dimensioni diverse che, attraverso un’attività di manipolazione, composizione e
scomposizione, avviano il bambino all’attività conoscitiva.
Il giardino d’infanzia frobeliano fu soppresso dallo Stato prussiano nel 1851, perché
considerato troppo vicino alle idee “liberali; subì anche pesanti critiche da parte delle
autorità cattoliche e protestanti, ai cui occhi la visione religiosa di Frobel appariva troppo
naturalistica.
L’esperienza dei giardini d’infanzia ebbe tuttavia notevole diffusione in Europa nel corso
dell’Ottocento allorché la crescente industrializzazione pose a molte famiglie, alle prese
con i pesanti orari del lavoro di fabbrica, il problema dell’affidamento dei figli.
Già dai tempi della rivoluzione industriale erano nate le sale, o asili, di custodia, spesso
squallidi locali dove i bambini venivano assistiti da persone, quasi sempre donne, non
formate.
Frobel mise in pratica una prima didattica per l’infanzia, affidata a maestre preparate,
all’interno di una specifica pedagogia definita nei fini e nei metodi, in un quadro
riconducibile alla “scoperta dell’infanzia”: nell’età moderna, mutate le condizioni di vita
(diminuisce la mortalità infantile) la cultura europea “scoprì” il bambino e la necessità di
un’educazione infantile.
HERBART (1776-1841, tedesco): Con Herbart la pedagogia esce dallo spontaneismo e
dalla improvvisazione e si avvia ad acquisire lo statuto di scienza autonoma. (Herbert
individua i criteri metodologici fondamentali per ogni tappa d'insegnamento, i cosiddetti
“gradi herbartiani”, 5 gradi formali dell’insegnamento).
Contrario al Romanticismo e all’idealismo, sostiene che la conoscenza si fonda su ciò che
viene percepito, sull’esperienza (mente è tabula rasa, non esistono neanche le forme a
priori di kant)
17
Pedagogia finalizzata al “governo dei fanciulli”: all’educatore spetto il compito di guidare
e controllare il fanciullo, di allontanarlo dalla sua spontaneità incontrollata.
È notevole il suo interesse per la psicologia: coglie il filo che lega le percezioni sensibili e
le rappresentazioni mentali: introduce concetto di “masse appercettive” (il complesso
delle idee consce derivate dagli stimoli sensoriali), che sarà particolarmente importante
per la psicologia dell'educazione del 900.
IN ITALIA: la riflessione pedagogica tra restaurazione e unità è frammentata, come il
paese. La scolarizzazione procede a rilento, con una pubblica istruzione che inizia a
diffondersi nel centro-nord (nel regno di sardegna di carlo alberto e vittorio emanuele 2,
nel lombardo veneto sotto gli asburgo “illuminati”, nel granducato di toscana di leopoldo 2)
mentre il principio dell’istruzione pubblica per tutti viene osteggiato nel centro sud (stato
della chiesa e borbonico) dove l’educazione rimane affidata per lo più alle congregazioni
religiose.
La pedagogia italiana risente delle contrapposizioni politiche risorgimentali, con una
divisione tra laici e cattolici destinata a durare nel tempo (inasprirsi del conflitto tra chiesa
e stato liberale dopo unità, encicliche pio 9 condannano modernità e stato liberale).
Pedagogia laica, di ispirazione liberale e a volte democratica (mazzini, cattaneo):
necessità di scuola pubblica, seppur distinta tra istruzione popolare e borghese, attenta
alla formazione dell’uomo e del cittadini, alla costruzione di un’identità nazionale.
L’educazione scolastica deve essere laica, scientifica, lontana dagli eccessi del nozionismo,
rispettosa dello sviluppo psicologico dell’alunno; animata da insegnanti preparati, attenti alla
dimensione culturale e sociale dell’insegnamento; deve concorrere alla formazione dell’uomo e del
cittadino, contribuire allo sviluppo dell’identità nazionale, favorire la crescita delle diverse classi
sociali.
Pedagogia cattolica, espressione di un cattolicesimo liberale (gioberti, rosmini) più aperto
alla dimensione sociale anche questa animata da idee nuove rispetto alla tradizione.
Contiene alcuni elementi che resteranno a lungo nella cultura italiana: la critica del naturalismo
rousseauiano e della sua idea di un’educazione isolata dalla società; la concezione di un bambino
dotato di fantasia, di una visione sincretica ella realtà, che l’educazione deve incanalare verso
forme positive di conoscenza, procedendo dal generale al particolare; l’autorità e l’amorevolezza
dell’educatore debbono guidare la libertà dell’educando verso ciò che è giusto piuttosto verso ciò
che è giusto piuttosto che verso ciò che piace;
DON GIOVANNI BOSCO (1815-1888) fondatore degli oratori salesiani che ebbero
grande diffusione non solo in italia, (con appoggio chiesa, istruzione religiosa delle masse
popolari anche come argine al socialismo, anticipa il cattolicesimo sociale, rinnovato
impegno della chiesa nelle questioni sociali avviato da leone 13 con la rerum novarum).
Pedagogia attenta agli strati più disagiati, sostenuta dalla convinzione che marginalità e
criminalità non fossero (come sostenevano alcune teorie pseudoscientifiche del tempo,
vedi lombroso) dovute a una disposizione naturale, genetica quanto piuttosto a problemi
sociali, alla povertà, all’ignoranza.
Il suo impegno per i giovani è racchiuso in “Il sistema preventivo nell’educazione della
gioventù”: educare cristianamente, con amore, attenzione alla persona, atteggiamento
aperto e amichevole, in una prospettiva di emancipazione personale e sociale
IN GENERALE, IN ITALIA: attenzione crescente per l’infanzia, maggiore interesse per
istruzione popolare (soprattutto al nord), ma anche correnti più reazionarie che vedono
nell’istruzione popolare una minaccia per l’autorità e l’ordine sociale.
In questo quadro di attenzione crescente all’infanzia si diffuse il metodo del MUTUO
INSEGNAMENTO (O LANCASTERIANO, da Joseph Lancaster), al fine di istruire un gran

18
numero di bambini, si utilizzavano i ragazzi più grandi e più diligenti in funzione di monitori
che insegnavano ai più piccoli le conoscenze elementari apprese a loro volta dai maestri.
I sacerdoti FERRANTE APORTI E RAFFAELLO LAMBRUSCHINI diedero un notevole
impulso agli asili di infanzia, che abbandonarono la funzione “custodialistica” delle
precedenti sale di asilo in favore di attività educative organizzate.
ENRICO MAYER fu un esponente di rilievo della cultura laica e cosmopolita: si occupò di
asili infantili che considerava sia come luoghi di istruzione popolare per la crescita fisica e
morale dei bambini poveri, sia come servizio sociale, necessari allo sviluppo economico e
civile, sostenendo l’importanza dell’educazione per l’emancipazione delle classi
subalterne.
IL POSITIVISMO
Movimento filosofico e culturale diffuso nella seconda metà dell’800, in europa e anche in
italia.
Espressione di una borghesia industriale in forte ascesa economica e politica, figlio
illuminismo: fiducia nella scienza e nel progresso, nel metodo sperimentale (grandi
innovazioni scientifiche, elettricità, ferrovie, telegrafo, radio, cinema). Ottimismo di una
nascente società industriale guidata dalla borghesia, convinta che scienza e liberismo
avrebbero portato a benessere e felicità (magnifiche sorti e progressive di un secolo
superbo e sciocco, disse leopardi)
Termine positivismo rinvia a un sapere certo, utile, produttivo, una visione scientifica della
realtà che contrasta con il Romanticismo e l’idealismo.
La mentalità positivista spinge ad estendere l’osservazione oggettiva e il metodo
sperimentale anche alle scienze umane: nascono la psicologia scientifica, la sociologia,
l’antropologia (darwin). Anche la pedagogia doveva farsi scienza , meno filosofica,
senz’altro laica, più osservativa, sperimentale anch’essa.
ARISTIDE GABELLI fu l’esponente più importante del positivismo pedagogico italiano: nel
1888 redasse i nuovi programmi per la scuola elementare, nei quali si raccomandava il
metodo dell’osservazione e dell’esperienza, l’importanza di stimolare la curiosità, in luogo
del nozionismo teorico.
Emergono intuizioni che saranno poi sviluppate dalla pedagogia del 900: la necessità di
formare lo strumento testa, cioè il pensiero riflessivo e critico; la capacità di imparare ad
imparare, cioè utilizzare esperienza e conoscenze apprese per costruire nuove
conoscenze.
7) IL PRIMO NOVECENTO
Dopo il prologo felice e ottimistico della belle epoque si apre il secolo breve (dalla prima
GM alla caduta dell’URSS, 91), caratterizzato da eventi sconvolgenti e mutamenti
rapidissimi.
‘900 suddiviso in due periodi: 1914-1945 e da secondo dopoguerra a fine secolo.
Primo 900, eventi storici: Prima GM spazza via ottimismo e fiducia; rivoluzione russa e
nascita Unione Sovietica; crollo imperi e affermarsi stati nazione; affermarsi potenze USA
e Giappone; precari equilibri dopo trattato di Versailles; depressione 29 apre strada a
regimi totalitari; seconda GM e divisione mondo in due blocchi, sovietico a est e liberal-
democratico a ovest.
Aspetti socio-culturali: si afferma nuovo modello sociale, la società di massa:
urbanizzazione, società dei consumi standardizzati, sistemi di comunicazione di massa
(radio, cinema, giornali) che diffondono cultura di massa, suffragio universale e nascita
partiti di massa.
19
Nuova concezione dell’uomo, tra individualità e omologazione: in una società sempre
più secolarizzata l’uomo è sciolto da vincoli di origine e appartenenza, vediamo
un’esaltazione della libera scelta individuale ma al tempo stesso società di massa porta a
omologazione di bisogni e stili di vita.
Scontro tra regimi totalitari e sistemi liberal democratici si riflette nella propaganda
culturale: sistema delle comunicazioni e sistema educativo potenti strumenti per
orientare opinione pubblica e conformare l’uomo e il cittadino all’ordine politico.
In generale la pedagogia occidentale sposta l’attenzione sull’educando (non solo il
fanciullo, ma l’adulto, la donna, il disabile); il binomio democrazia-educazione porta alla
valorizzazione di attitudini e meriti individuali senza distinzione di genere, ceto, religione.
La pedagogia diventa sempre più scientifica e accoglie contributi di altre scienze ormai
mature, come la psicologia e la sociologia.
LE SCUOLE NUOVE
Dette anche scuole attive: insieme di esperienze educative nate in europa e usa nei primi
decenni del 900, nate per iniziative di singoli educatori, esperienze diverse in contesti
diversi (non un movimento pedagogico, non un vero e proprio paradigma educativo come
quello successivamente elaborato dall’attivismo pedagogico) con degli aspetti in comune:
Insoddisfazione per scuola tradizionale, necessità di innovare modalità educative.
Concezione dell’infanzia aggiornata da ricerche psicologiche: bambino non è piccolo
adulto, ma ha una sua specificità.
Bambino è attivo, sue modalità di apprendimento sono legate al fare, all’esperienza,
all’attività pratica: l’astrazione e la generalizzazione appartengono a momenti successivi
dello sviluppo cognitivo.
Quindi importanza dell’ambiente e degli oggetti tramite i quali il bambino fa esperienza,
che diventano sussidi didattici. Apertura all’ambiente e necessità di continuità tra ambiente
scolastico e familiare.
 MARIA BOSCHETTI ALBERTI: maestra attiva nella svizzera italiana, lavora con
bambini disagiati, fonda la “scuola serena” di Agno, incentrata su attività che
scaturiscono da i bisogni e interessi del bambino, il maestro diventa un facilitatore e una
guida, che predispone le condizioni per un lavoro sereno e gratificante
 SORELLE AGASSI: fondarono nel bresciano scuola elementare sul modello della
“scuola serena”. Educazione infantile ispirata alla libera attività del bambino; questi non
doveva avvertire la separazione tra il calore famigliare e la scuola, tanto che la maestra,
adeguatamente formata, doveva assolvere una funzione “materna”.
La scuola aveva un giardino (come nei kindergarten di froebel) con animali e piante,
luogo di libere attività, di scoperte, di apprendimento indiretto e di educazione estetica.
Si utilizzavano “cianfrusaglie” portate dai bambini come spunti per attività didattiche:
si sottolinea l’ importanza degli oggetti come materiali didattici e l’attenzione per gli
interessi dei bambini.
Si usavano contrassegni, diffusi nelle odierne scuole dell’infanzia, semplici immagini
con le quali i bambini segnavano i propri oggetti e li mettevano a posto: ordinare gli
oggetti per colore, forma, uso, stimolava la curiosità e l’osservazione. Nominare gli
oggetti favoriva l’apprendimento della lingua.
Il movimento dell’attivismo pedagogico fornì il retroterra teorico a queste prime
esperienze di scuole attive.

20
L’ATTIVISMO PEDAGOGICO
L’attivismo pedagogico non è solo un approccio educativo basato sulla libera attività
dell’educando. È stato un movimento di portata mondiale, animato da una pluralità di
studiosi, che ha elaborato un nuovo paradigma educativo, raccogliendo l’eredità della
riflessione pedagogica dall’Illuminismo in poi e sistematizzandola, alla luce delle
successive acquisizioni delle scienze umane e sociali. Un paradigma educativo che
risponde alle esigenze della società democratica di formare cittadini critici e responsabili,
di contribuire allo sviluppo economico, di emancipare dalla povertà tramite l’istruzione.
Fra i punti più importanti:
1) il puerocentrismo, quella che dewey ha definito la “rivoluzione copernicana” operata
da Rousseau, che ha posto l’educando al centro del processo educativo.
La necessità di centrare l’educazione sul bambino nasce da una più moderna concezione
dell’infanzia, alla quale la psicologia dello sviluppo ha dato fondamenta scientifiche,
valorizzando l’interesse, la motivazione, le modalità attive, operative, ludiche con cui il
bambino conosce l’ambiente.
2) il concetto di esperienza, che va oltre il fare, il manipolare, il procedere per tentativi ed
errori: queste azioni vanno ricondotte a un momento riflessivo: “fare” e pensare
rappresentano così il tramite conoscitivo tra il soggetto e il suo ambiente naturale e
sociale. In questo quadro acquista importanza il gioco, in cui si realizza un equilibrio tra la
spontanea iniziativa dell’educando e le regole che il gioco comporta;
3) l’educazione alla socialità che orienta il bisogno relazionale dell’educando, così come
si manifesta nei suoi molteplici rapporti, verso uno “stare con gli altri” in cui la propria
libertà rispetta la libertà altrui.
Sul terreno scolastico l’attivismo: a) rifiuta l’autoritarismo dell’insegnante (non la sua
autorevolezza), ridefinendone il ruolo in termini di guida e di direzione del processo
educativo, raccomandando un’adeguata formazione del docente; b) rifiuta il nozionismo
della scuola tradizionale: stimolare l’interesse dell’educando, utilizzando gli spunti forniti
dal suo vissuto personale, permette un processo di insegnamento-apprendimento più
motivato ed efficace; c) apre la scuola all’ambiente, considerato come scenario dal quale
un’osservazione opportunatamente guidata trae stimoli e informazioni per esperienze di
conoscenza; d) apre la scuola alla democrazia, intesa come norme di comportamento,
diritti e doveri, coinvolgendo anche donne, svantaggiati sociali, soggetti con handicap, nel
rispetto dei principi di uguaglianza e di pari dignità.
OVIDE DECROLY (belga prima metà 900) è stato un medico, neurologo e psicologo
(lavorò con soggetti con handicap, trasferendo metodi a soggetti normodotati), che
elaborò alcuni principi destinati a restare nell’attivismo e nella pedagogia contemporanea:
1) l’individualizzazione: i processi educativi e di insegnamento sono sempre rivolti a un
determinato ragazzo, con propri interessi, modi e tempi di apprendimento, stati emotivi e
affettivi, che l’insegnante deve conoscere per costruire un adeguato rapporto educativo;
2) la globalizzazione (metodo globale): la didattica deve adattarsi alle modalità cognitive
del bambino, che percepisce la realtà in modo globale e solo nello sviluppo successivo
giunge a differenziare i particolari e ad associarli tra loro;
3) i centri di interesse: necessità di elaborare percorsi didattici partire dalle attività
elementari dell’uomo, dall’ambiente quotidiano che circonda i bambini, dai loro interessi
con obiettivi di apprendimento graduati sull’età degli alunni.
CLAPAREDE (svizzero, prima metà 900) fu un medico e neurologo con rilevanti interessi
in psicopedagogia, che nel 1912 ha fondato a Ginevra l’Istituto Jean-Jacques Rousseau,

21
uno dei centri di ricerca più accreditati in psicologia dell’educazione (cui collaborò dewey).
È stato un esponente di rilievo del funzionalismo pedagogico (dewey), un filone di
ricerca dell’attivismo, che studiava i fenomeni psichici come funzioni di adattamento
all’organismo all’ambiente fisico e sociale. Si concentrò principalmente su:
1) l’educazione funzionale: se l’evoluzione psichica risponde ai bisogni di adattamento e
relazione all’ambiente anche l’educazione deve essere funzionale a tali bisogni.
(insegnamento individualizzato che parte dagli interessi dell’educando in relazione al suo
ambiente);
2) la scuola su misura, che propugnava la necessità di rinnovare contenuti, programmi,
metodi della scuola tradizionale, poiché non adeguati alla realtà psico e cognitiva degli
alunni e scollegati dalla loro esperienza concreta.
MARIA MONTESSORI (1870-1852): Fu una delle maggiori esponenti dell’attivismo
pedagogico in campo internazionale. Come decroly, claparede a altri attivisti era Laureata
in medicina (la terza donna in italia, nel 1896), con studi in psichiatria, impegno con i
bambini “anormali”.
Fondò la Casa dei bambini nel 1907 a San Lorenzo a Roma cui applicò una nuova
concezione di scuola d'infanzia: “il metodo della pedagogia scientifica” (1909). Il testo
venne tradotto e accolto in tutto il mondo con grande entusiasmo. Alte opere fra cui: “La
mente assorbente”, “Educazione per un mondo nuovo”.
Il metodo sperimentato nella casa dei bambini e che la rese famosa nel mondo era
articolato in due direzioni:
a) l’ambiente educativo, studiato nei dettagli per favorire lo sviluppo naturale dei piccoli,
rispettarne bisogni, favorire l’autonomia (arredi erano a misura di bambino, colori vivaci)
b) il materiale di sviluppo, pensato per finalità sia ludiche sia di potenziamento senso-
motorio. Diverso dalle cianfrusaglie delle sorelle agassi: non sono oggetti casuali, ma
materiale appositamente studiato e predisposto in funzione della sua finalità educativa. Il
materiale di uso individuale consisteva in una serie di solidi da incastrare, oggetti da
ordinare per forma, dimensione e colore, lettere dell’alfabeto da manipolare e riconoscere
al tatto, forme geometriche, aste e altri strumenti per imparare a contare.
Tali materiali rispondevano a un criterio analitico, nella convinzione che il bambino partisse
dalla singola qualità di un oggetto, per poi giungere alla sua conoscenza globale (al
contrario di decroly).
Tre elementi centrali del pensiero montessoriano:
1) l’approccio scientifico, che faceva della ricerca sperimentale il metodo di lavoro,
utilizzando gli apporti di discipline diverse;
2) la fiducia nel libero svolgimento dell’attività del bambino. È il tema della mente
assorbente che assume attivamente le immagini a mezzo dei sensi. Gli adulti vedono
l’ambiente, ma il bambino lo assorbe in sé: nei primi anni di vita il bambino ha una
tendenza all'assorbimento inconsapevole dei dati del suo ambiente grazie a una capacità
sensitiva straordinaria (poi neuroscienze dimostrano plasticità del cervello), incarna in se
stesso le cose che vede e che sente, ricevendo tutto senza giudicare o respingere.
La maestra, che la montessori chiama “direttrice”, deve appunto guidare, dirigere e
indirizzare la relazione del bambino con l’ambiente e con i materiali di sviluppo.
3) l’aspirazione all’emancipazione sociale dei soggetti più deboli, dei diversi (difesa dei
diritti dell’infanzia e della condizione femminile), nella convinzione che l’educazione non
fosse un privilegio per pochi e che la scuola dovesse essere uno strumento per
combattere l’emarginazione sociale.
22
Pedagogista scomoda, prima appoggiata poi contrastata dal fascismo (la montessori
lasciò l’Italia negli anni 30 per tornare dopo la guerra), svalutata dal neoidealismo
pedagogico di gentile e dalla pedagogia cattolica. Il suo metodo ebbe comunque grande
diffusione in italia e nel mondo, oggi esistono moltissime scuole montessoriane.
JOHN DEWEY (USA 1859-1952): Fu il più importante teorico dell’attivismo pedagogico.
Pensiero influenzato dall’evoluzionismo di darwin, dalla corrente filosofica del
pragmatismo americano, dalla psicologia: filosofia della conoscenza è scienza psicologica,
il pensiero e l’azione umana sono orientati a fini da raggiungere (filosofia funzionalista) in
relazione all’ambiente naturale e sociale.
Opere: “Democrazia e educazione”, “il mio credo pedagogico”, “come pensiamo”, “le fonti
di una scienza dell’educazione”, “logica, teoria dell’indagine”.
Dewey sosteneva che l’incontro tra psicologia ed educazione comportasse la necessità: a)
di una buona formazione psicologica degli insegnanti; b) di fondare fini e mezzi
dell’educazione a partire dalla dimensione e dall’evoluzione psicologica dell’educando; c)
che i fini dell’educazione dovessero comprendere una dimensione etica, sociale,
(democratica) che consentisse al soggetto di capire e trasformare la propria realtà;
Pur riconoscendo la rivoluzione copernicana attuata da russeau (mettere l’educando al al
centro) ne rifiutava il naturalismo.
Presso l’università di Chicago istituì una scuola elementare a carattere sperimentale
(stazione pedagogica sperimentale), una scuola che non fosse preparazione alla vita ma
un luogo di vita, non separato dall’ambiente quotidiano, con attività legate alla realtà
sociale, dove il fanciullo potesse fare esperienza di partecipazione al lavoro produttivo con
attività di laboratorio (falegnameria, cucina, tessitura) e un apprendimento pratico di cose
reali. L'industrializzazione ha allontanato il giovane dalle esperienze di partecipazione al
processo lavorativo, la scuola ha il compito di introdurre il lavoro come fattore formativo.
La scuola deweyana è definita come attiva (attivismo pedagogico, il bambino impara
attraverso il fare, lo sviluppo del pensiero è connesso all’azione) e progressiva in quanto
l'attività didattica ha uno sviluppo progressivo: il ragazzo non è un uomo in miniatura, ma
un soggetto con le sue specificità, una realtà in svolgimento, che presenta diverse
capacità e interessi legate alle fasi di sviluppo.
Punti salienti pensiero deweyano:
1) educazione concepita come necessità della vita, vita umana che non è solo
biologica ma culturale e sociale, per cui l’educazione deve riguardare la dimensione
individuale (soggettiva, psicologica) e quella sociale (relativa all’ambiente fisico e
relazionale). Individuo, ambiente e società sono inseparabili.
2) I concetti di educatore ed educando. L’educatore è una guida, il suo compito non
è “depositare” conoscenze precostruite nella mente dell’educando ma dirigere
esperienze che servano allo sviluppo del pensiero. L’educando è quindi attivo,
immaturo solo in quanto non ha dispiegato le sue potenzialità, l’educazione si basa
sull’interesse dell’educando (interest, inter-esse ciò che è tra, soltanto lo sforzo
motivato da un autentico interesse può essere utile e produttivo)
3) L’educazione deve essere educazione al pensiero riflessivo, che si identifica con
il metodo sperimentale (il modello dell’indagine).
Nello strumentalismo deweyano il pensiero è legato al fine da raggiungere. Il
pensiero è legato all’agire, è riflessione nel corso dell’azione e sull’azione (schon).
E’ un processo che nasce da una situazione problematica (di incertezza, dubbio),
seguita da 5 fasi: a) suggestione (desiderio di agire per superare il problema) b)
intellettualizzazione (posizione del problema) c) osservazione dei fatti del caso; d)
23
formulazione di ipotesi-soluzione; e) sperimentazione e verifica delle ipotesi. il
bambino, che viene a contatto con una delle difficoltà che il mondo gli pone, tenta di
agire su di esso e cerca di reagire alle conseguenze che derivano dalle sue azioni.
Il bambino mette in atto le sue strategie, elabora congetture per verificare o
falsificare le sue ipotesi (attua modello indagine, che accomuna sapere comune e
sapere scientifico).
4) Il concetto di esperienza, che è interazione tra mente e mondo (fisico e sociale)
che porta allo sviluppo del pensiero e della conoscenza: “non educhiamo mai
direttamente ma indirettamente per mezzo dell’ambiente”
5) Il superamento delle antinomie: tra teoria e pratica, esperienza sensoriale e
astrazione logica, professioni intellettuali e tecniche. ( no “depositare” conoscenze
precostruite nella mente dell’educando ma dirigere esperienze che servano allo
sviluppo del pensiero). Contro spezzettamento delle conoscenze e delle materie.
6) Il rapporto tra democrazia ed educazione (superamento antinomia tra individuo e
società): La scuola è prima di tutto un'istituzione sociale e ha il compito di
promuovere la democrazia nella vita comune. Il lavoro scolastico consente
un'educazione democratica destinata a tutti. L’educazione alla società democratica
è educazione al pensiero riflessivo, al metodo scientifico, critico, pratico,
collaborativo. Nella società industriale e democratica la scuola ha il doppio compito
di inserimento nella vita del tempo e di trasformazione di essa in senso democratico
(rapporto scuola società: non adesione acritica della scuola alla società,
appiattimento scuola ai fini della società, non controllo della società sulla scuola,
ma autonomia)
Al centro della riflessione di DEWEY c'è il concetto di esperienza che deriva da una visione in cui
uomo, natura e società risultano strettamente legati. La vita dell’uomo è interazione con
l’ambiente: l'uomo è essenzialmente azione, mediante la quale egli si adatta alle richieste
dell'ambiente mettendo a punto una serie di strumenti che devono risultare funzionali
Dewey propone la centralità dell'attività del fanciullo che, guidato dall'insegnante, apprende
attraverso il fare, un programma che tiene presenti gli interessi, i bisogni e lo sviluppo fisico e
psicologico dell'alunno, che non consideri il sapere fisso e definito, ma qualcosa che si arricchisce
e modifica progressivamente grazie all'esperienza. Con una simile impostazione la scuola, non
può che essere scuola attiva.
Dewey propone agli insegnanti di permettere ai loro studenti di seguire essenzialmente il metodo
scientifico nella risoluzione dei problemi.
Le fasi del metodo sono cinque: 1) partire dagli interessi infantili e da una reale attività
d'esperienza; 2) porre l'alunno in una oggettiva situazione problematica, perché venga stimolato il
pensiero; 3) fornirgli il materiale informativo per consentirgli le opportune ricerche e indagini; 4)
stimolare nell'alunno lo sviluppo organico delle ipotesi che è in grado di formulare
spontaneamente; 5) metterlo in grado di verificare le sue idee per mezzo dell'applicazione.
Dewey introduce nella scuola “attiva” il lavoro sotto forma di laboratori in cui svolgere quelle
attività quotidiane (tessere, cucire, fare il pane, lavorare il legno o altri materiali ecc.). Il lavoro
scolastico consente un'educazione democratica destinata a tutti. La scuola è prima di tutto
un'istituzione sociale e ha il compito di promuovere la democrazia nella vita comune.

LA PEDAGOGIA DEL NEOIDEALISMO:


Il neoidealismo è stato una corrente filosofica sviluppatesi in Europa a cavallo tra XIX e XX
secolo e che ha dominato la cultura (e la pedagogia) italiana nella prima metà del 900
Il neoidealismo, ispirato all’idealismo assoluto hegeliano, si è opposto al neopositivismo e
al pragmatismo, contribuendo a un certo isolamento della cultura italiana (e della
riflessione pedagogica) rispetto al dibattito internazionale. Tutte le scienze umane,
24
didattica compresa, si riconducono alla filosofia neoidealistica che rafforza l’asse
umanistico (storico, filosofico, letterario) a discapito dei saperi scientifico-sperimentali.
I principali esponenti del neoidealismo italiano sono Giovanni Gentile, Benedetto Croce,
Giuseppe Lombardo Radice.
GIOVANNI GENTILE è stato il padre dell’attualismo (o idealismo attuale) che guarda più
a Fichte che a Hegel, unificando pensiero e realtà (per l’attualismo non esiste una realtà al
di fuori del pensiero).
Principale teorico del regime fascista, ispiratore del “Manifesto degli intellettuali fascisti”
(cui si contrappose Croce, teorico del pensiero liberale, con il “manifesto degli intellettuali
antifascisti”)
Per Gentile la pedagogia è scienza filosofica (in polemica con l’attivismo), il processo di
insegnamento si fonda sulla comunicazione del sapere tramite l’unione spirituale di
maestro e alunno. Gentile restituisce al maestro, alla sua cultura, alla sua autorità, il posto
centrale e preminente nel rapporto educativo.
La “Riforma Gentile” del 1923 ha avuto effetti rilevanti nella pedagogia italiana fino alla
fine del 20° sec.
La sua riforma rafforza l’asse umanistico del percorso ginnasio-liceo-università rivolto
alla formazione della classe dirigente e assegna un carattere subalterno all’istruzione
tecnica in una concezione elitaria e selettiva della scuola (per Gentile la
scolarizzazione era cresciuta in maniera eccessiva, meglio “poche scuole, ma buone).
Ripristinò nella scuola elementare l’insegnamento della religione cattolica, considerata una
filosofia minore in grado di avviare i bambini a quei valori morali che sarebbero stati
oggetto degli studi filosofici liceali.
GIUSEPPE LOMBARDO RADICE è stato collaboratore di Gentile, ma poi assume
posizione più defilata rispetto al fascismo.
Si differenzia dalla pedagogia gentiliana per alcuni aspetti: consente sulla centralità del
maestro, ma sottolinea l’importanza di una sua formazione umana all’”arte didattica” che
necessita di riflessione critica e autocritica sull’agire educativo; sostiene che nella
formazione magistrale deve trovare adeguato spazio al tirocinio; da importanza anche
all’aspetto emotivo, sostenendo la necessità che il maestro abbia un atteggiamento di
comprensione e di vicinanza verso il bambino; non enfatizza l’importanza dell’ambiente,
ma appoggia la continuità e la collaborazione tra famiglia e scuola; elogia la
partecipazione attiva dei bambini della scuola serena di della Boschetti Alberti.
LA PEDAGOGIA CATTOLICA: La Chiesa, che per secoli ha detenuto il monopolio della
funzione educativa, tra il XIX e XX secolo è chiamata a confrontarsi con le sfide della
contemporaneità.
L’enciclica Rerum novarum del 1891 (Leone XIII) apre alla questione sociale, iniziative
rivolte ai lavoratori (arginare diffusione socialismo!), esortazione alla collaborazione tra
capitale e lavoro (no lotta di classe!).
La Chiesa sostiene come vera educazione solo quella cristiana, che spetta in primo
luogo alla Chiesa e alla famiglia (enciclica Divini illius magistri, condanna scuola laica) e
ribadisce il suo primato educativo (enciclica Non abbiamo bisogno quando il fascismo
tenta di sopprimere l’Azione Cattolica), posizioni rimaste immutate fino al Concilio
Vaticano II degli anni ’60.
IL PERSONALISMO è una filosofia che si è sviluppata in Europa e negli Stati Uniti (fine
800-900) a opera di una molteplicità di studiosi cattolici. Visione realistica dell'uomo in
contrasto e in alternativa sia all'individualismo che ai totalitarismi che si stavano
25
affermando in quell'epoca. Esso si distingue per: 1) la centralità della persona umana
creata a immagine di Dio, intesa dunque in senso trascendente e integrale; 2) la polemica
contro quelle filosofie che in nome di impostazioni storiciste, empiriste o razionaliste
finiscono per negare il valore della persona (marxismo in primis!) 3) l’importanza dei valori
cristiani come connotato inscindibile dello stesso concetto di persona. Questi presupposti
portano il personalismo a dedicare grande attenzione all’educazione e alla ricerca
pedagogica. Esponenti personalismo:
JAQUES MARITAIN, filosofo francese (tra le opere: “Umanesimo Integrale”), critica il
pensiero moderno e mondano, ai totalitarismi, all’individualismo e alla massificazione. cui
contrappone una visione integrale della persona e dei suoi valori.
Contro il funzionalismo della pedagogia pragmatista Maritain afferma che l'educazione
riguarda direttamente la persona; i suoi aspetti professionali e sociali, per quanto
importanti siano, sono secondari e subordinati allo sviluppo della persona, che è in se
stessa un fine e un valore.
Fu anche il filosofo che più di ogni altro avvicinò gli intellettuali cattolici alla democrazia
allontanandoli da posizioni più tradizionaliste.
Nel nome di un umanesimo integrale è necessario un impegno educativo integrale che
investa tutti gli aspetti della persona in uno stretto rapporto fra educazione e democrazia.
L’educando è persona a tutti gli effetti e l’educazione consiste nel risveglio umano verso la
verità ed è un’arte che deve rivolgersi a tutti.
EMMANUEL MOUNIER, filosofo francese e fondatore del personalismo comunitario, che
esprime una posizione di forte impegno sociale a favore del mondo del lavoro, accostando
i valori cristiani alla realtà storica del socialismo europeo.
8) IL SECONDO NOVECENTO
EDUCAZIONE E SOCIETÀ: L’assetto geopolitico successivo al 1945 era contrassegnato
da 1) Guerra fredda, cioè la contrapposizione tra due blocchi, quello liberal democratico
guidato dagli USA e quello socialista guidato dall’Unione Sovietica; anche l’Europa era
attraversata dalla stessa divisione, 2) la formazione di nuovi Stati: Israele, India e Cina
comunista, e poi Egitto, Libia, Tunisia, Marocco, Sudan; 3) il Terzo mondo, comprendente
zone in via di sviluppo e zone sottosviluppate, si organizzava nel movimento dei “Paesi
non allineati” impegnati contro la povertà e per la cooperazione internazionale; 4)
l’assetto tripolare è divenuto multipolare a partire dagli anni 1989-1991 con: il crollo del
blocco comunista; con l’ascesa economica di Paesi fino ad allora arretrati (cina, india, sud-
est asiatico); con le tensioni fondamentaliste in parte del mondo islamico, che hanno
alimentato fenomeni di terrorismo internazionale.
Tuttavia, la seconda metà del secolo ha conosciuto un lungo periodo di relativa stabilità,
pace (nonostante frequenti guerre locali o “dimenticate”) sviluppo economico ha registrato
(interrotto dalla crisi petrolifera degli anni 70).
A partire dagli anni ottanta la globalizzazione dei mercati ha modificato i rapporti
prodottivi e di scambio su scala planetaria, ha incrementato i poteri economico-finanziari a
discapito di quelli politico-statuali.
Travolgente lo sviluppo scientifico e tecnologico in tutti i campi: le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione hanno cambiato il modo di lavorare, di fare
economia e finanza, di comunicare, di insegnare e di apprendere (informatica, internet,
multimedia, editoria digitale, social network hanno effetti rilevanti sui processi educativi).
PIÙ EDUCAZIONE, PIÙ SCUOLA: Nei Paesi sviluppati si generalizza la scolarizzazione
di massa: aumenta il reddito delle famiglie, l’istruzione diventa un investimento per il
futuro dei figli, il mondo produttivo esige lavoratori e qualificati e consumatori istruiti. Anche
26
nei PVS vaste campagne di alfabetizzazione per bambini e adulti: si afferma il principio
democratico novecentesco dell’accesso all’istruzione come diritto per tutti.
L’UNESCO, l’agenzia dell’ONU per l’educazione, la scienza e la cultura, promuove
l’educazione degli adulti per affrontare il problema dell’alfabetizzazione degli adulti
(prerequisito per lo sviluppo).
Le attività formative si moltiplicano, nasce un vero e proprio mercato della formazione,
che affianca le sedi tradizionali (scuola, famiglia) e ne minaccia la centralità educativa.
Per mettere ordine in questa pluralità di agenzie e occasioni educative, si è operata una
tripartizione: a) attività formative formali, che si svolgono in tempi e luoghi
istituzionalmente finalizzati ai processi di insegnamento e apprendimento; b) attività
formative non formali, gestite da numerosi soggetti, di solito privati che impartiscono
conoscenze in campi diversi con molteplicità modalità e rilasciano attestati di frequenza
ma non titoli; c) le attività formative informali, che non sono legate a tempi o luoghi
specifici e comprendono quei processi che portano all’acquisizione di principi e valori, di
capacità e conoscenze, per l’azione esercitata da diversi soggetti (dalla famiglia, ai luoghi
di culto, ai circoli sportivi) la cui incidenza educativa può essere molto profonda.
I sistemi di comunicazione di massa (in particolare la TV)vanno a costituire un nuovo
soggetto educativo tanto potente e sempre più pervasivo (e controverso, contrapposizione
apocalittici e integrati, umberto eco)
Nel 1972 l’UNESCO, con il rapporto “Apprendre à etre” (Imparare ad essere, rapporto
Faure), richiamava l’attenzione su tre idee-forza:
1) l’indicazione di “apprendere ad apprendere” (stimolare l’attitudine all’apprendimento)
(quella formazione dello strumento testa di cui parlava gabelli, o il pensiero critico di
dewey), l’insegnamento deve assumere l’obiettivo di “insegnare a pensare”, cioè
promuovere modalità di apprendimento volte all’acquisizione di conoscenze, capacità,
competenze trasferibili da un campo all’altro, superando la specificità dei saperi, esigenza
che si coniuga anche con la necessità di
2) un’educazione permanente (lifelong learning): l’obsolescenza delle conoscenze, la
crescente complessità economico-sociale, le trasformazioni del mondo del lavoro,
rendevano non più praticabile una formazione una tantum seguita da un lavoro sempre
uguale per tutta la vita, pertanto si raccomandava l’adozione di specifiche azioni formative,
rivolte all’età adulta per favorire la crescita, la competitività e l’occupazione (libro bianco
Delors 1993: valorizzare il capitale umano per lo sviluppo individuale e sociale),
3) la prospettiva della comunità educante nasceva dalla consapevolezza della pluralità
dei soggetti educativi che si erano moltiplicati ben oltre la famiglia e la scuola. La comunità
educante diveniva un approdo di lungo periodo che vedeva famiglia, scuola, educazione
extrascolastica e tessuto sociale concorrere al raggiungimento di obiettivi educativi
consapevoli e condivisi.
Si trattava di costruire un nuovo rapporto tra scuola e società, fondato su logiche
educative convergenti, non sempre realizzabili (assistiamo più spesso a una concorrenza
o divergenza).
PIU EDUCAZIONE MENO SCUOLA
Gli anni 70, dopo il 68 con la stagione della contestazione, vedono un ampio dibattito
molto critico sulla scuola, si teorizza la morte della scuola e la descolarizzazione (Paul
Goodman, Ivan Illich)
Posizioni radicali che colgono i problemi reali di una scuola pubblica troppo costosa,
socialmente iniqua, che educa i giovani a una cultura standardizzata.

27
Si sperimentano vie alternative, dall’homeschooling ai voucher formativi per frequentare
scuole private alternative (charter schools) nel nome di una libertà educativa
consapevole e autodeterminata che riprende le idee dell’attivismo pedagogico (centralità
dell’alunno, maggiore attenzione all’apprendimento piuttosto che all’insegnamento, classi
con pochi studenti, interventi individualizzati e non standardizzati) e della comunità
educante (nella prospettiva indicata dall’Unesco).
La seconda metà del 900 vede anche la diffusione di una cultura della valutazione della
scuola e dei processi di insegnamento-apprendimento. Organismi nazionali e
internazionali (come IEA-PIRLS, Ocse-Pisa, Invalsi, Unesco) attivano programmi di
monitoraggio e analisi comparativa dei sistemi scolastici. La scuola, fattore strategico dello
sviluppo, viene analizzata in termini economici di costi-benefici, di produttività ed efficienza
nell’implementare il “capitale umano” (bagaglio culturale, conoscenze, competenze
linguistiche, scientifiche, tecnologiche necessarie all’individuo affinché sia un membro
produttivo della società: riduzione dell’educazione alle ragioni dell’economia?)
LA RICERCA PEDAGOGICA
La pedagogia ha conosciuto grande sviluppo nella seconda metà 900, che si affranca
definitivamente dalla filosofia.
Accanto alla dimensione teoretica, quindi a una riflessione sui fini dell’educazione, si è
sviluppata una dimensione sperimentale, volta alla raccolta e all’interpretazione dei dati
e delle esperienze educative.
La pedagogia si avvale inoltre dei contributi di altre discipline (psicologia dello sviluppo
e dell’apprendimento, sociologia dell’educazione, didattica, docimologia…) configurandosi
sempre più come il luogo d’incontro di diversi studi. Come proposto da Mialaret si tende
oggi a sostituire il termine pedagogia con “scienze dell’educazione” per evidenziare il
carattere multidisciplinare della ricerca pedagogica e la complessità dei fatti educativi
(educazione termine di per se polisemico) che riguardano l’interazione tra diversi soggetti
(bambino, educatore, società…) e diverse dimensioni (cognitiva, emotiva, relazionale…).
Le grandi teorie dell’educazione che si sono consolidate nel 900:
IL COMPORTAMENTISMO
una corrente psicologica che studia il comportamento (behaviour) in quanto direttamente
osservabile (scienza sperimentale per il controllo e la previsione dell’azione), tralasciando
gli aspetti introspettivi che caratterizzano l’agire dell’essere vivente (la mente è
considerata una black box le cui operazioni interne non possono essere osservate, ciò che
è osservabile scientificamente è solo il comportamento).
Ha elaborato una teoria dell’apprendimento che ha dato luogo a una teoria dell’istruzione
(se apprendimento è modifica comportamento, come avviene questa modifica? Come sia
apprendono comportamenti nuovi? Come funziona l’associazione stimolo-risposta?).
La psicologia del comportamento nasce dagli studi del fisiologo russo Ivan Petrovic
Pavlov che nel 1927 elaborò la teoria del condizionamento classico, sulla base del
concetto di riflesso condizionato (esperimenti sulla salivazione dei cani, associazione
stimolo condizionato e riflesso condizionato) più che di apprendimento nei suoi esprimenti
si trattava di condizionamento. (meccanismo condizionamento classico sperimentato poi
anche su umani, watson e il piccolo albert, generalizzazione della risposta).
Condizionamento operante spiega come una risposta già presente nel repertorio
comportamentale di un soggetto (es salivazione) possa estendersi a situazioni nuove, ma
come è possibile che il soggetto acquisisca comportamenti del tutto nuovi??

28
Edward Thorndike (esperimenti puzzle-box, gatti, deduce che l’apprendimento si verifica
gradualmente, attraverso una serie di “tentativi ed errori”, che portano al consolidamento
delle reazioni dell’organismo che sono state ricompensate (legge dell’effetto)) formulò la
“legge dell’effetto soddisfacente” che segna il passaggio dal reagire (pavlov)
all’apprendere a reagire: le catene associative tendono a fissarsi per effetto delle risposte
positive e l’attenzione si sposta così dallo stimolo alla risposta. Condizionamento
strumentale (che skinner chiama operante)
Anche Skinner (esperimenti ratti, skinner box) supera il condizionamento classico di
pavlov e introduce il concetto di condizionamento “operante” che produce “operazioni”
osservabili come modificazioni del comportamento: uno stimolo può originare risposte
diverse per tentativi ed errori; solo la risposta soddisfacente viene appresa e ripetuta in
condizioni analoghe. Introduce quindi un “rinforzo”, un premio, che conferma
retroattivamente la risposta corretta.
Skinner nega che “sbagliando si impara” e crede piuttosto che “indovinando si impara”:
una risposta giusta, opportunamente rinforzata, gratifica e sostiene il processo di
apprendimento, mentre la punizione va evitata in quanto la frustrazione danneggia quello
stesso processo.
In ambito didattico le idee di skinner trovano applicazione nell’istruzione programmata.
(Skinner stesso elebora negli anni 50 delle macchine per insegnare): l’oggetto di
apprendimento viene scomposto in unità informative minime, dalle più semplici alle più
complesse, quindi si somministra al soggetto la prima unità di informazione, seguita da
una verifica in forma di domande o esercizi; se la verifica è positiva, si passa alla seconda
unità di informazione, a un’altra verifica e così via. È un metodo efficace perché determina
un apprendimento verificato, individualizzato, modulare, permette di fare a meno
dell’insegnante, è automotivante e autogratificante, perché c’è un rinforzo immediato in
caso di successo (risposta, feedback positivo, si passa al livello successivo!). principi di
funzionamento simili a quelli degli odierni software didattici.
Critiche: assenza di relazione emotiva educatore/educando, non si preoccupa della
motivazione e dell’interesse.
IL COGNITIVISMO: Negli anni venti la Scuola di Berlino diede vita alla corrente
psicologica della Gestalttheorie, teoria della forma. Se il comportamentismo osservava il
comportamento e trascurava la black box, i gestaltisti intendono scoprire le leggi mentali
che regolano la percezione, l’assunzione e l’elaborazione dell’informazione, anche con
modalità intuitive e inconsce; ricorre al metodo clinico, all’osservazione del singolo
(introspezione). Il soggetto investito da stimoli sensoriali da loro una “forma” (gestalt), una
struttura, un’organizzazione sincretica ("Il tutto è diverso dalla somma delle sue parti").
(psicologia gestalt beneficiava della tradizione filosofica tedesca, con particolare
riferimento all'opera di Immanuel Kant che, senza una verifica sperimentale, aveva già
intuito l'idea di una mente che percepisce la realtà su schemi intrinseci, chiamati dal
filosofo giudizi sintetici a priori).
Studiano percezione della realtà (illusioni percettive, effetto phi).
La psicologia cognitiva nasce verso la fine degli anni cinquanta come critica al
comportamentismo. I gestaltisti prima, e i cognitivisti poi, si interessavano a quello che
accade nella “black box” quando riceve un’informazione. Studio dei processi mediante i
quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate,
archiviate e recuperate. Per i cognitivisti la mente “legge” la nuova informazione alla luce
delle conoscenze già possedute e l’informazione nuova tende a ristrutturare tutto il campo
delle conoscenze precedenti, retroagendo su di esse.

29
La percezione non è soltanto un processo fisiologico, ma assume sempre un significato in
funzione della personalità del soggetto, dei suoi bisogni e dei suoi scopi, del suo stato
emotivo (esperimento Bruner monete bambini poveri)
E’ un modello costruttivista della conoscenza, che cresce su se stessa a partire dal vissuto
esperenziale del soggetto e anche dai suoi stati emotivi.
JEROME S. BRUNER (1915-ancora in vita): È uno psicologo americano che a partire
dalle teorie della Gestalt le supera, fondando il movimento del New Look on Perception e
contribuendo alla sviluppo della psicologia cognitiva e della ricerca psicopedagogica.
La prima parte della attività si colloca, nel contesto della guerra fredda, ed è influenzata
dalla spinta competitiva usa-urss, che si giocava anche in campo educativo.
La psicologia cognitivista di Bruner è fortemente innovativa nell'ambiente accademico
americano, centrato sul paradigma del comportamentismo.
Critico anche nei confronti di dewey (scrive opera “Dopo Dewey”), a sua avviso troppo
centrato sull’aspetto sociale dell’educazione e sull’apprendimento tramite l’esperienza: per
Bruner il fine dell’educazione non è semplicemente trasmissione di cultura legata a un
contesto sociale, ma la conoscenza del mondo e delle sue leggi. E’ uno sforzo cognitivo,
anche individuale, in cui l’astrazione gioca un ruolo essenziale. (nb: scrive “dopo dewey”,
smonta suo “credo pedagogico”, ma il pensiero di dewey va oltre, e non è certo basato su
una trasmissione delle conoscenza, il concetto di insegnare a pensare è presente anche in
dewey)
Critico anche nei confronti della teoria evolutiva dello sviluppo infantile di Piaget (che
impediva di “forzare” le tappe dello sviluppo cognitivo)
In “Studies on Cognitive Growth” (studi sullo sviluppo cognitivo) afferma che lo sviluppo
intellettivo “è influenzato dal modo con cui gli esseri umani apprendono a rappresentare il
mondo in cui operano: attraverso l’azione, l’immagine e il simbolo”.
Esistono quindi 3 modalità diverse di rappresentazione (La rappresentazione è un
processo mentale che consiste nel ri-produrre nella mente le esperienze provenienti
dall'ambiente esterno) che NON seguono una sequenza di sviluppo, non interessano
ognuna un’età, ma si acquisiscono e utilizzano durante tutta la vita e sono tra loro
interagenti.
a) la rappresentazione attiva consiste nel conoscere attraverso l’esecuzione di
un’azione. L’azione è esterna, ma la conoscenza acquisita è interna (capacità di elaborare
solo informazioni pratiche, immagini concrete di cose e azioni).E’ la prima ad essere
acquisita, è tipica dell’infanzia ma permane anche in età adulta (es. nodo: conosco cos’è
un nodo facendo un nodo)
b) la rappresentazione iconica opera sulle immagini, si fonda sulla percezione visiva,
permette di conoscere le cose indipendentemente dall'azione svolta (es. nodo: conosco
cos’è un nodo vedendo un nodo… il che non implica che lo sappia fare!)
c) la rappresentazione simbolica rappresenta azioni e concetti mediante simboli
linguistici (parole e numeri). Svincola il soggetto dalla necessità di fare o vedere per
conoscere. E’ una conoscenza tutta basata su procedure mentali. E’ più ricca della
modalità attiva e iconica, permette più possibilità (di rappresentare non solo il reale, ma
anche il possibile e l’irreale, se ho capito bene).
Psicopedagogia di Bruner attenta anche alla dimensione emotiva dell’educando, attento
non solo alla sua “mano destra” (mano di colui che fa, mano della ragione) ma anche alla
sua “mano sinistra” (quella di chi sogna, mano dell’intuizione). (Teoria del pensiero
logico, che segue percorso lineare e del pensiero narrativo che segue percorso… diverso!)

30
La sua teoria dell’istruzione investe:
1) l’oggetto dell’insegnamento che risiede nello sviluppo delle capacità fondamentali,
delle tre forme di conoscenza della rappresentazione attiva e simbolica
2) il curriculum, inteso come sviluppo delle capacità che conducono ad acquisire nuove
conoscenze più elevate; nello strutturalismo pedagogico di bruner è possibile insegnare
qualsiasi cosa a qualsiasi eta (nella forma giusta, adatta alle forme di pensiero e all’età del
discente), non limitandosi a insegnare nozioni ma a sviluppare una “struttura” delle diverse
discipline,
3) conseguenza è il programma a spirale secondo cui, definita la struttura di una
disciplina, si insegnano prima gli elementi più semplici e poi quelli più complessi, in un
approfondimento che guida (e non segue!) la crescita dell’alunno;
4) il metalinguaggio, inteso come la capacità di studiare le prospettive del possibile e non
solo di ciò che è noto. Promuovere sviluppo di metacognizione, di strategie e modalità di
apprendimento. Società soggetta a mutamenti sempre più rapidi, conoscenze diventano
obsolete: occorre insegnare a pensare e ad imparare piuttosto che trasmettere nozioni.
5) il metodo del problem solving, secondo cui lo studente di arrivare autonomamente alla
soluzione di un problema anche a partire da dati e info mancanti. Tramite le strategie
dell’insight (intuizione) o del transfer (trasferire conoscenze e procedure da una disciplina
all’altra) che consentono di superare il fenomeno della fissità funzionale (incapacità di
considerare oggetti in una prospettiva nuova).
Bruner e cognitivismo rappresentano un aggiornamento dell’attivismo (mutate condizioni
sociali): tramonta il naturalismo di rousseau e la concezione deweyana di apprendimento
solo tramite esperienza, messa in discussione delle teorie di piaget (lo sviluppo può
essere guidato e accelerato!).
8.8 PIAGET, VYGOTSKIJ (E BRUNER):
JEAN PIAGET (1896-1980), psicologo e pedagogista svizzero.
Collabora e dirige Istituto jj russeau di ginevra (fondato da claparede nel 1912)
nel 1955 fonda sempre a Ginevra il Centro internazionale di epistemologia genetica,
un nuovo settore di studi dedicato alla ricerca teorico-sperimentale sulla genesi e sullo
sviluppo della conoscenza (episteme).
Bambino: organismo attivo e interattivo rispetto all'ambiente, un soggetto che agisce e
reagisce diversamente dall’adulto, secondo modalità proprie della sua fase di sviluppo.
Il suo pensiero cambia di continuo, interagendo con la realtà, cercando di comprenderla e
di adattarsi tramite le funzioni di ASSIMILAZIONE E ACCOMODOMENTO
Assimilazione: si intende assimilazione di esperienze e informazioni in schemi mentali
già esistenti. Con questo processo il bambino tenta di capire qualcosa di nuovo
assimilandolo a conoscenze già acquisite (es zebra-cavallo, uomo-uomi)
Accomodamento le strutture già esistenti vengono modificate per adattarsi a nuove
esigenze, il bambino modifica i suoi schemi mentali per renderli più consoni alla realtà
delle cose.
Con un lavoro di osservazione sistematica e di ricerca sperimentale (anche su i suoi figli)
piaget individua 4 fasi di sviluppo cognitivo del bambino, serie di stadi distinti ma in
relazione di continuità
IL CORPO, l’azione, il movimento sono PUNTO DI PARTENZA SVILUPPO,
PERCEZIONE, APPRENDIMENTO.
L’intelligenza si sviluppa a partire dalla relazione con l’ambiente, fisico.
31
1) nella fase senso-motoria, da 0 a 3 anni, il bambino non distingue il sé dagli altri e
dagli oggetti, il suo è un pensiero egocentrico, non coglie i rapporti di causa ed effetto. I
sensi sono i suoi principali veicoli di conoscenza di quanto lo circonda; l’attività motoria
amplia via via il suo campo conoscitivo; (dopo 1° anno permanenza oggetto)
2) con la fase intuitiva (pre-operatoria) da 3 a 7 anni, il bambino inizia a percepire la
realtà come distinta da sé; il suo pensiero è sempre meno egocentrico e lo porto a
immaginare che gli oggetti siano animati di vita propria: magari parla con loro, ascolta e
comprende le persone che gli sono accanto, usa il linguaggio, in modo ancora
inconsapevole, come strumento relazionale;
3) nella fase operatorio-concreta, da 7 a 11 anni, scompare ogni traccia di pensiero
egocentrico e il bambino stabilisce rapporti più consapevoli con persone e cose. Agisce
sugli oggetti e li usa, mosso da desideri, curiosità, interessi e si confronta con regole e
procedure formali;
4) la fase ipotetico-deduttiva (operazioni formali) da 11 a 14 anni, è caratterizzata da
un’ormai matura capacità simbolica e di astrazione che consente al ragazzo di formulare
ipotesi e trarre deduzioni.
CRITICHE: eccessiva rigidità della (ma x piaget fasi sono orientative)
BRUNER: oppone alla teoria degli stadi di sviluppo di piaget sua teoria di sviluppo
cognitivo basato su modalità di rappresentazione attiva, iconica, simbolica (che
NON seguono una sequenza di sviluppo, non interessano ognuna un’età, ma si
acquisiscono e utilizzano durante tutta la vita e sono tra loro interagenti). Nella visione di
Bruner l’educazione non si limita a seguire le fasi di sviluppo del bambino, ma guida,
forzando anche tappe, lo sviluppo cognitivo.
LEV SEMENOVIC VYGOTSKIJ è uno psicologo russo che ha esercitato una vasta
influenza sulla psicopedagogia occidentale, nonostante la sua breve vita le difficoltà che
hanno accompagnato la diffusione delle sue opere (Nei primi anni trenta, Vygotskij fu
vittima della repressione politica durante il regime stalinista - che condannava la
psicologia, che alla luce del materialismo storico risultava una sorta di perversione
borghese. Le sue opere vennero messe al bando e furono riscoperte solo a partire dagli
anni sessanta grazie a Bruner che promosse la traduzione americana di Pensiero e
linguaggio)
Lo sviluppo dell’intelligenza del bambino è fortemente legato alle influenze dell’ambiente
NON SOLO FISICO MA SOPRATTUTTO SOCIALE E CULTURALE: più sono le
stimolazioni sensoriali, più intenso è lo scambio relazionale (tramite il GIOCO E
SOPRATTUTTO LE INTERAZIONI VERBALI), più rapido sarà lo sviluppo del pensiero.
Nella sua opera più nota “Pensiero e linguaggio” (1934) sostiene che pensiero e
linguaggio hanno diverse radici genetiche e si sviluppano inizialmente lungo linee differenti
e indipendenti; (bambino molto piccolo, fase prelinguistica, emette suoni non collegati a
una rappresentazione mentale); dal secondo anno avviene il cambiamento più rilevante: le
curve dello sviluppo del pensiero e del linguaggio fino allora separate, si incontrano e si
uniscono, il pensiero diventa verbale e il linguaggio diventa razionale.
Sottolinea quindi grande importanza del linguaggio per la crescita del pensiero, le
parole diventano idee, le strutture del linguaggio diventano strutture del pensiero
(che bambino acquisisce dando un nome alle cose e poi sviluppando un linguaggio, un
discorso interiore)
Il concetto di ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE sottolinea l’importanza della relazione
sociale per lo sviluppo del pensiero.

32
La zdp è la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale,
che può essere raggiunto con l'aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari.
l'educatore dovrebbe proporre al bambino problemi di livello un po' superiore alle sue
attuali competenze, ma che può risolvere grazie all'aiuto degli altri, sviluppando nuove
capacità.
Quindi è decisivo il ruolo dell’insegnamento che stimola lo sviluppo mentale,
consentendo di superare e accelerare la fissità degli stadi evolutivi di Piaget (in linea
con la visione di bruner!)
8.9 METODI E INSEGNAMENTI:
Ultimi decenni 900 e inizio 2000: novità in campo educativo.
INNOVAZIONI TECNOLOGICHE: tecnologie dell’info e della comunicazione che hanno
cambiato modo di comunicare, lavorare, educare, scuola digitale.
APPROCCIO ECONOMICO ALL’EDUCAZIONE: istruzione considerata come risorsa
strategica per sviluppo economico e sociale, valutata in termini di rapporto costi-benefici
(abbiamo visto come in 2° metà 900 si sviluppa una cultura della valutazione della scuola)
Istruzione serve ad accrescere il CAPITALE UMANO (di cui parlava il libro bianco UE di
Delors nel 93)
Nasce UN’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (knowledge economics), una nuova
disciplina che si occupa della conoscenza come bene economico, come capitale
immateriale che produce benessere individuale e sociale, legato a crescita economica del
reddito pro capite e del PIL.
Economia della conoscenza sposta attenzione sulle performance dei sistemi scolastici,
arrivando a considerare la scuola come un’azienda, di cui valutare l’organizzazione in
termini di investimenti, di utili, di customer satisfaction.
Questo ha portato a una maggiore attenzione alla razionalità dell’organizzazione
scolastica e della didattica, aspetto positivo, ma molti evidenziano i rischi di un’eccessiva
deriva aziendalistica delle scuola (cui il mondo della scuola si è generalmente opposto).
 PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA E DIDATTICA: sicuramente c’è una crescente
attenzione per la programmazione educativa e didattica.
Scuola di oggi accoglie e rielabora principi dell’attivismo (puerocentrismo di dewey,
individualizzazione di decroly, scuola su misura di claparede) perseguendo sempre più un
APPRENDIMENTO PERSONALIZZATO, con metodi e obiettivi tarati sul singolo
studente (non solo su fasi di sviluppo generali del bambino) considerando il suo stato
fisico, cognitivo, emotivo, il suo contesto sociale e culturale, le sue motivazioni e i suoi
interessi.
In quest’ottica la programmazione didattica individualizzata prevede valutazione iniziale,
formativa e sommativa, proprio per personalizzare l’intervento didattico.
Insomma, una programmazione non più top-down, stabilita dall’alto e uguale per tutti, ma
bottom-up, che parte dalle specificità del singolo alunno per stabilire metodi e obiettivi del
processo di insegnamento-apprendimento (in collaborazione con famiglie e altri soggetti di
riferimento del bambino)
 IL MASTERY LEARNING (apprendimento per la padronanza): una strategia (non
un metodo, diceva Vertecchi!) di progettazione, organizzazione, valutazione del processo
di apprendimento proprio nell’ottica di una programmazione personalizzata che permetta
di compensare le difficoltà per consentire a tutti il raggiungimento di risultati di livello
elevato, anche con modalità e tempi diversi (in linea di principio, scegliendo i mezzi

33
appropriati, si dovrebbe poter mirare a «insegnare tutto a tutti» come diceva nel 17° sec.
Comenio).
Il mastery learning prevede un’accurata definizione degli obiettivi, un’articolazione
dell’intervento didattico in unità e una verifica continua (che consentono anche di
verificare efficacia metodi di insegnamento).
In quest’ottica è di fondamentale importanza definire nello specifico gli obiettivi educativi
da raggiungere e quindi disporre di una tassonomia (classificazione oggettiva) come
quella elaborata da Bloom negli anni 50 riferita agli obiettivi educativi nell’area
cognitiva (conoscenze, capacità, espressione), affettiva (interesse, impegno,
partecipazione) e psicomotoria (movimenti percezione, comportamento non verbale).
Tassonomia di Bloom è ancora oggi un importante riferimento per gli insegnanti che
possono così accertare e valutare in modo più obiettivo lo sviluppo e le capacità
dell’alunno. Utile anche per evitare rischio di distorsioni dovute a valutazioni personali,
come EFFETTO PIGMALIONE (aspettative positive o negative insegnante influenzano
apprendimento studente).
 L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO è una strategia didattica nata dalle ricerche
e dalle esperienze di diversi studiosi in cui gli studenti apprendono non tramite una lezione
frontale ma lavorando in piccoli gruppi (ricerca o problem solving di gruppo) aiutandosi
reciprocamente e sviluppando competenze cognitive ma anche socio-relazionali.
Apprendimento cooperativo, peer tutoring sono strategie di dimostrata efficacia,
recentemente se ne promuove sempre di più l’utilizzo, riprendono principi e idee
dell’attivismo pedagogico di dewey ma anche del mutuo insegnamento lancasteriano (fine
700) applicato in italia da Lambruschini e mayer (800), la cui efficacia trova riscontro
anche nella teoria della zona di sviluppo prossimale di Vigostki.
 TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE (TIC)
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) che a partire dalla fine del 900
stanno penetrando nelle scuole cambiando il modo di insegnare e di apprendere.
Fruizione di conoscenza tramite TIC rappresenta una sorta di “grado iniziale” ancora
all’interno di un paradigma trasmissivo.
Il passo successivo è rappresentato dalla formazione di comunità di apprendimento online
in cui gli studenti interagiscono tra loro, dando vita a un lavoro di gruppo tra soggetti
fisicamente lontani, costruendo l’apprendimento su interazione e cooperazione. E-learning
che diventa costruzione di conoscenza all’interno di comunità virtuali.
Secondo il modello costruttivista della Knowledge Building Community (KBC) anche la
classe non è più un gruppo in cui ciascun elemento cerca di accumulare autonomamente
apprendimento, ma una comunità che costruisce conoscenza di valore per i suoi membri.
 PROFESSIONE DEL DOCENTE tic e nuovi modelli costruttivisti stanno cambiando
la concezione stessa della cultura e dell’educazione, basata per secoli sostanzialmente
sulla trasmissione di conoscenze dall’educatore all’educando, aprendo la strada a nuove
prospettive anche per quel che riguarda la professione docente.
La professione del docente, le conoscenze e le competenze che la sostanziano, i percorsi
per la sua formazione, hanno conosciuto negli ultimi decenni novità rilevanti:
1) alla professionalità del docente concorrono due aree distinte ed interconnesse: a)
saperi disciplinari, cioè le discipline di cui il docente è titolare; b) saperi professionali,
riconducibili alle scienze dell’educazione, sulla base della considerazione che essere un
buon matematico non significa essere un buon insegnante di matematica;

34
2) anni 80 visalberghi distingue le competenze dell’insegnante in quattro aree: a) le
conoscenze disciplinari; b) la conoscenza dell’allievo (puerocentrismo da comenio,
russeau a dewy) c) la conoscenza della società; d) la conoscenza dei metodi, scienza
della didattica.
La ricerca nelle scienze dell’educazione ha recentemente proposto e sta proponendo
diversi modelli di professionalità docente:
- Si sottolinea inoltre l’importanza delle competenze relazionali dell’insegnante, che
dev’essere in grado di gestire una comunicazione empatica (rogers) per stabilre
un’efficace relazione educativa (che è bidirezionale, interattiva, dall’educatore
all’educando e viceversa).
- donald schon ha proposto il paradigma del professionista riflessivo, che non si limita
allo svolgimento delle funzioni didattiche, ma le assume come oggetto di osservazione e
riflessione, diventando un insegnate-ricercatore (teoria e prassi, dewey)
- Competenze psicologiche, anche per poter riconoscere e valorizzare i diversi stili
cognitivi e le intelligenze multiple di cui parlava Gardner.
- Lawrence Stenhouse pensa a un docente dalla professionalità estesa, proponendo una
programmazione per principi procedurali che, muovendo dagli interessi dello studente,
sviluppi in lui modalità di riflessione e di ragionamento, favorisca il senso critico e la
capacità di cogliere relazioni, rapporti e nodi concettuali, che sia svincolata dal criterio
dell’utilità pratica.

35

Potrebbero piacerti anche