2. L'ambiente storico-politico
4. Protagora
Vita
Il primo e più importante esponente della sofistica fu Protagora, la cui fama si
diffuse in tutta la Grecia. Protagora nacque ad Abdera attorno al 490 a.C., e la
sua formazione, tenutasi in numerose città, fu influenzata dal pensiero di
Eraclito; soggiornando più volte ad Atene strinse amicizia con Pericle. Gli
crearono diverse opposizioni le sue idee spregiudicate in fatto di religione. Fra
le sue opere di sicura attribuzione troviamo Ragionamenti demolitori e Le
Antilogie; troviamo altri scritti sulla religione, sullo Stato ecc, di cui ci
rimangono pochissimi frammenti.
Utilità e polis
Il sofista, per Protagora, si presenta come un propagandista dell’utile, ovvero
come un intellettuale che mediante l’arte della parola tenta di modificare le
opinioni in base al principio dell’utilità. Oltretutto Protagora diceva di “rendere
migliore il discorso peggiore”, ossia di trasformare l'opinione meno utile e più
dannosa in opinione più utile e proficua; di conseguenza, l'esercizio della
retorica, da parte di Protagora, non deve essere visto a sé, ma come finalizzato
a questa funzione politico-educativa del sofista. Tale posizione rischiava di
ridurre il “mestiere” di sofista a uno strumento del potere, uno strumento che
legittimava soltanto l'utile dei potenti. Ma questo non è attribuibile a Protagora
il quale concepiva l’utile e le leggi in prospettiva del benessere comune della
polis, mentre più avanti si conosceranno sofisti che teorizzeranno le “leggi del
più forte”.
5. Gorgia
Vita
L'altra grande figura della Sofistica è Gorgia, che, rispetto a Protagora,
presenta una dottrina più negativa circa le possibilità conoscitive e pratiche
dell’uomo. Egli nacque nel 485 a.C. in Sicilia e probabilmente morì a 109 anni a
Larissa. Gorgia esercitò la su arte retorica in molte città della Grecia.
Soprattutto ad Atene. Tra le sue opere ricordiamo Sul non essere o sulla natura
e l'Encomio di Elena.
Uomo e legge
Anche la questione filosofica sulle leggi nasce nel contesto dell'umanismo
sofistico. Anticamente si credeva in una derivazione extra-umana delle norme
sociali, che venivano concepite come decreti degli dèi, mentre, dopo
l'avvenimento della democrazia, soprattutto i Sofisti proclamarono un origine
tutta umana delle leggi. Da qui nasce l'inchiesta filosofica sull'origine e la
validità delle leggi; infatti, se le leggi sono esclusivamente opera umana, che
cosa obbliga a rispettarle?
Per Protagora le leggi non derivano dagli dèi ma sono di origine umana in
quanto sono i cittadini, tramite le assemblee e le votazioni, a decidere le leggi.
Per Protagora l'uomo diventa uomo soltanto entrando in una società, la quale
esiste solo in funzione delle leggi e della politica; quindi le leggi devono essere
rispettate perché senza di esse non ci sarebbe la società, e quindi neppure
l'uomo.
Con Ippia abbiamo per la prima volta la distinzione netta tra legge naturale
immutabile e legge umana mutevole. Secondo Ippia sono da rispettare solo le
leggi naturali in quanto uniscono gli uomini al di là dello spazio e del tempo,
mentre le leggi umane li dividono e li tiranneggiano.
Con Antifonte troviamo un ulteriore passo verso la totale “dissacrazione” delle
leggi, ovvero troviamo la distinzione tra legge naturale immutabile
(uguaglianza di tutti gli uomini – concordia e armonia) e legge umana
mutevole. Infatti egli ritiene vera solo la legge di natura, mentre reputa quella
umana falsa o opinabile.
Trasimaco afferma, invece, che le leggi sono nate come una semplice
maschera per nascondere gli interessi dei potenti, i quali si servano di esse per
tutelare i propri interessi; quindi gli individui sono obbligati a seguire le leggi
appunto perché sono leggi che regolano la società, favorendo
involontariamente i potenti.
Secondo Crezia le leggi sono soltanto dei paraventi attraverso cui i potenti
tutelano i propri interessi; è proprio per far rispettare le leggi che i potenti
inventano il timore degli dèi.
Callicle fa una distinzione tra leggi naturali e leggi civili, definendo le prime
come “il diritto del più forte”, e le seconde come “mezzi di difesa inventati dai
deboli per difendersi dai potenti”; quindi le leggi vengono seguite per
“difendersi” dai più forti.
9. Linguaggio e realtà
Le antilogie
L’importanza della parola è una delle grandi scoperte dei Sofisti. Essi non si
limitarono a celebrarne la potenza, ma la tematizzarono sul piano filosofico,
studiandone i problematici rapporti con la realtà e la verità. Per gli antichi
filosofi il linguaggio non costituiva un interrogativo, in quanto essi
riconoscevano l’equazione “pensiero = essere = verità”. I sofisti, in virtù della
loro impostazione filosofica, eliminarono il rapporto tra linguaggio da un lato, e
verità e realtà dall’altro. Protagora in particolare, basandosi sulla sua teoria
dell'uomo-misura, sosteneva il metodo dell’antilogia, o del discorso doppio,
cioè l’arte di costruire due discorsi contrastanti su ogni questione. Sebbene i
Sofisti siano stati accusati di utilizzare il metodo dell’antilogia in modo vistoso e
“scandaloso”, tale accusa può essere eliminata e, tenendo presenti alcune
considerazioni, si possono manifestare alcune profondità filosofiche.
• Anticamente si pensava che su ogni argomento esistesse un unico punto
di vista vero, e un unico discorso capace di esprimerlo. Protagora, per
mezzo del metodo dell'antilogia, ritiene che non esista situazione che non
possa essere considerata da un'altra ottica. Intesa in questo modo,
l'antilogia, va contro ogni assolutismo teorico e pratico.
• Inoltre al pensiero antilogico può essere attribuito il merito di far posto al
“nuovo” e al “diverso”, contrariamente ad ogni punto di vista dogmatico
che esclude ogni apertura verso essi.
Per questi motivi, l'antilogia rivela la sua connessione storico-politica con la
democrazia; l'esperienza di quest'ultima insegnava infatti che intorno ad ogni
problema vi possono essere opinioni opposte, e che il dibattito è apertura a
coloro che la pensano diversamente.
La retorica
La retorica Gorgiana spezza completamente la struttura essere-pensiero-
linguaggio e, la parola, perde ogni potere rivelativo nei confronti della realtà
diventando qualcosa di completamente autonomo rispetto ad essa; ciò
aumenta l'importanza e la potenza della parola che, in mancanza di un
criterio di giudizio extra-linguistico, è tutto e può tutto. La retorica come arte
del bel parlare diviene dunque l’arte della suggestione e della persuasione, e
chi la detiene ha in mano la retorica, in quanto la politica tende a ridursi a
retorica. Ci si chiese se il linguaggio avesse un’origine naturale, capace di
spiegare la connessione tra la parola significante e la cosa significata, oppure
se fosse solo convenzionale, separato e autonomo dalla realtà. Fra i Sofisti
che si occuparono di questo problema troviamo Prodico di Ceo, il quale non
escludeva una connessione del linguaggio con la realtà. Queste discussioni
sul rapporto linguaggio-realtà segnano la transizione da una fase acritica
della problematica filosofica, fondata sul postulato dell'identità fra i due
termini, ad una fase critica, contrassegnata dalla consapevolezza della
problematicità del loro rapporto; tale questione è ancora oggi tema di
dibattito tra i filosofi.