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LA CONCESSIONE DELLA GENEROSITA IN SARDEGNA di Enrico Tola Grixoni*

Quando in Sardegna esistevano i Giudicati e sino alla conquista de jure nel 1290; de facto, perlomeno per i tre quarti dellIsola, nel 1323 da parte dei Catalano-Aragonesi, non si parlava di nobilt n di titoli nobiliari nellaccezione moderna (contrari a tale affermazione alcuni scrittori). Non pu negarsi che anche in epoca giudicale esistesse, in Sardegna, una classe di persone che, per censo, per importanti cariche loro affidate dal Giudice-Re, per potere familiare e cospicue alleanze parentali, dominasse sul resto della popolazione e fosse seconda soltanto alla famiglia regnante. Tale classe di persone, indicata impropriamente da taluni come magnatizia era formata dai nobili del Giudicato chiamati Majorales o anche Principales, vale a dire i maggiori, i pi importanti. Poich i Majorales, per la loro eminente posizione economica, non dovevano occuparsi dellesercizio di arti meccaniche, di norma non lavoravano e se qualcuno esercitava una professione era certamente scelta tra quelle comprese nelle arti liberali. Dal momento che, in qualsivoglia contesto storico, sempre esistita la Nobilt comunque essa sia stata chiamata, si pu individuare nelle famiglie dei Majorales la pi vecchia espressione di Nobilt sarda. Nobilt originaria e naturale, non di concessione. Col decadere dei Giudicati i Majorales andarono perdendo la loro importanza sia sociale che economica, talch allavvento dei Catalano-Aragonesi, la quasi totalit di essi era ridotta a dei normali proprietari terrieri, talvolta neppure troppo abbienti o addirittura poveri, spesso superati per censo da altre famiglie un tempo in loro soggezione. I conquistatori iberici non tennero certo in gran conto i vecchi Majorales, specie quelli dimoranti nei villaggi; fecero, anzi, del tutto per abbatterli definitivamente tranne giusto alcuni, ancora economicamente forti, che inglobarono nel loro sistema politico-amministrativo, pure senza concedere loro nienteche li elevasse al di sopra degli altri sardi. Non appena gli Aragonesi ritennero di poter disporre della Sardegna come di cosa propria, concedettero beni, privilegi e feudi soltanto ad aragonesi e catalani, niente ai sardi che tenuti in concetto di sudditi ribelli (e non sempre erano in errore), erano visti con grande sospetto. Le cose andarono un po diversamente con i notabili delle citt e, particolarmente, con quelli della citt di Sassari che vantava antichi privilegi sorti sin dallepoca in cui essa si era data gli Statuti di libero comune. Si detto che la conquista si comp di fatto nel 1323, ma solo per i Giudicati di Cagliari, Gallura e Torres (Sassari); il Giudicato dArborea era ancora saldamente in potere della dinastia, ormai sarda, dei Lacon de Thory, Visconti di Bas, che non solo osteggiava gli Aragonesi contestando il loro diritto a regnare in Sardegna, ma li combatteva con aspre battaglie nelle quali il vessillo dArborea era spesso vittorioso. Oltre a ci vi erano alcune potentissime ed illustre famiglie liguri, quali i Doria (imparentati con la Casa dArborea), i Malaspina e gli Spinola, che detenevano in Sardegna vastissimi possedimenti terrieri muniti di castelli-fortezza, vere e proprie signorie feudali, le quali vedevano negli iberici una minaccia costante e pressante alle loro prerogative ed ai loro beni e, pertanto, non si risparmiavano nel fomentare ribellione e congiure atte a destabilizzare la potenza catalano-aragonese. Vi era inoltre, seppure meno impellente, la continua rivendica avanzata sui territori dellex Giudicato di Torres dai Conti di Donoratico quali eredi diretti della Regina Adelasia ultima signora di quel Regno. A fronte di tutto questo grave stato di tensione e posto che i territori delle tre famiglie liguri, specie quelli dei potentissimi Doria, erano situati per la maggior parte nel Capo di Sopra dellIsola, gli Aragonesi credettero saggia politica fare in modo di blandire e rendersi amica la citt di Sassari che con il suo esteso circondario territoriale era troppo pericolosamente vicina al potente e ricco Regno di Arborea ed alle signorie doriane.

In un primo tempo furono almeno, furono confermati alla Citt di Sassari gli antichi privilegi tanto difesi ed enfatizzati dai notabili cittadini e, ad alcuni di questi definiti sardos fideles furono affidati incarichi (invero non particolarmente importanti) che, di norma, venivano commessi esclusivamente a catalani o aragonesi. Tale politica di blandizie, indubbiamente, diede i suoi frutti tanto che nella prima met del XV secolo, allorch gli Aragonesi scacciati dalla Sardegna Malaspina e Spinola ormai ridotti nei loro meno accessibili possedimenti in Corsica si ritrovarono nella necessit di abbattere definitivamente di Doria ancora potenti nellIsola e sempre arroganti e pericolosi, nellultima e conclusiva battaglia, la espugnazione della fortezza e castello di Monteleone Rocca dOria (1432), molti notabili sassaresi (e non soltanto) combatterono sotto la bandiera dAragona dando prova di grande valore e fedelt. Tanta manifestazione di valore e di fedelt non poteva essere ignorata dal Sovrano aragonese, il quale, forse obtorto collo, si vide tenuto ad elargire delle ricompense senza, peraltro, sostenere gravi sacrifici economici. E quale migliore ricompensa di quella di concedere in signoria personale (una forma di allodio), da tramutarsi magari in vera e propria signoria feudale, alcuni villaggi, pi o meno spopolati, con territori annessi? Non vi erano forse i pingui e vasti beni sottratti ai Doria, dei quali, sino ad allora, nessun reddito aveva tratto il Sovrano, che opportunamente spezzettati potevano egregiamente servire alla bisogna? Cos fu deciso e cos fu fatto. Ai tre fratelli Manca il pi vecchio dei quali, Giovanni, aveva gi combattuto valorosamente per Aragona nelle guerre di Corsica (1420) e di Napoli (1421) furono concesse nel 1436 le ville di Thiesi, Cheremule e Bessude in consignoria; ai fratelli Montaan (o Montagnano), dei quali Serafino gi Cavaliere nel 1420 durante la guerra di Corsica fu il comandante delle milizie sassaresi nella presa di Monteleone Rocca dOria, il Re concesse in consignoria le Ville di Giave e Cossoine e poi quelle di Codrongianus, Bedos e Saccargia; a Francesco Saba che, oltre ad avere prestato ingenti somme alla Corona, aveva pure combattuto con valore, furono concessi il Salto di Quirchigio e le Ville di SantAntonio, Moruscos e Oristale; a Francesco Melone fu concessa la signoria della Villa di Pozzomaggiore; e cos via. Vi erano per anche altri illustri sassaresi che avevano combattuto o avevano concorso con il loro denaro allultima fase della guerra contro i Doria e anche questi si aspettavano una ricompensa cui conseguisse qualcosa di concreto: se non da redditi da territori, quantomeno franchigie, esenzione da certi tributi e privilegi in genere, cos come ne godevano i nobili catalani e aragonesi e quei due o tre sardi gi creati Cavalieri. Daltro canto i nuovi concessionari di signorie territoriali ambivano a divenire signori feudali a tutti gli effetti, e poich in Sardegna il feudo poteva essere concesso more italico, secondo il costume dItalia, questi signori necessitavano di un preciso titolo di nobilt al fine di godere pienamente del feudo e dei diritti ad essi connesso. E proprio a questo punto che nasce quel particolare e specifico privilegio nobiliare sardo e, massimamente, del Capo di Sopra della Sardegna, chiamato Generosit, presto dimenticato e non pi concesso, se non rarissimamente, dopo il 1498. Il privilegio di Generosit (di presumibile estrazione catalana dove i nobili di maggior grado, non necessariamente anche feudatari, i ricos hombres erano detti anche generosi) si diversifica e dal privilegio di Cavalierato e da quello pi tardo di Nobilt Sarda, ma in qualche modo li compendia entrambi, pur essendo, certamente, privilegio pi ampio degli altri due. Il Cavalierato poteva essere concesso ad personam e moriva con il concessionario, e sono di tal tipo i primissimi e scarsissimi cavalierati concessi a sardi; poteva essere ereditario, come fu la grandissima parte dei Cavalierati concessi in Sardegna, ed in tal caso tutti i discendenti maschi del primo investito avevano il diritto di fregiarsi del titolo e di godere dei privilegi ad esso legati. La Nobilt Sarda, privilegio, come detto, assai pi tardo e concesso di norma a chi gi era Cavaliere Ereditario, dava il diritto a tutti i discendenti del primo investito, maschi e femmine, di essere qualificati dallappellativo di Nobile Don e Nobile Donna (dal 1530 in avanti i Nobili di nuova creazione venivano privilegiati del doppio diploma di Cavalierato e di Nobilt: si pagavano i diritti separatamente).

Il diploma di Generosit, pi che una concessione, un vero e proprio riconoscimento, appunto della generosit di sangue da cui il privilegiato discende e pertanto non privilegio specificamente personale o interessante soltanto i discendenti del primo investito, ma si riflette su tutta la famiglia per cui ne traggono godimento, quantomeno, anche fratelli, con la loro discendenza, e sorelle (esclusivamente) dellinvestito. E quindi una dichiarazione con la quale il Sovrano riconosce la generosit, ovvero nobilt del sangue della famiglia dellinvestito contenente tutti i diritti, esenzioni, franchigie del doppio privilegio di Cavalierato e Nobilt, ivi compresa la concessione dello stemma. Si spiega cos perch dei tre fratelli Manca solo Giovanni ebbe la Generosit, mentre il fratello Giacomo fu anche creato Cavaliere ed il terzo fratello Andrea non ebbe alcuna concessione personale e ciononostante pot godere dei feudi e partecipare ai Parlamenti quale nobile. Era anchegli Generoso perch discendente dal medesimi padre e avo dei fratelli maggiori. Egualmente pu dirsi per i fratelli Montaan: Serafino fu Cavaliere Ereditario, suo fratello Guglielmo, con feudatario, fu Generoso; laltro fratello Giuseppe, che pure ebbe feudi personali e ricopr incarichi importantissimi, non risulta onorato di alcun privilegio, ma come nobile partecip alle Cortes del 1421, presiedute dallo stesso Re dAragona Alfonso V il Saggio. La Generosit venne concessa a diverse famiglie notabili sassaresi, o del suo immediato circondario, ed anche a famiglie gi nobili venute da Aragona e Catalogna e stanziate nella Citt di Sassari, alcune delle quali gi privilegiate del titolo di Cavaliere Ereditario. Sino al 1460 circa i privilegi furono concessi in numero discreto, se non proprio ragguardevole, poi sempre pi raramente e per significativi fatti darme o politici. Nel 1498 sembra sia stato concesso alla famiglia Satta quello che appare essere lultimo privilegio di Generosit. Certamente dopo tale data non risulta pi alcuna concessione di tal tipo (si ritrova una conferma del 1508). Le concessioni di generosit non furono, in sostanza, molto numerose proprio perch, attribuendo privilegi amplissimi, ponevano alcuni Sardi alla stregua dei pi illustri hidalgos e ricos hombres dAragona e Catalogna. Nei secoli successivi al XV e sino a tutto il secolo XVII, i Sovrani spagnoli privilegiarono i Sardi esclusivamente con patenti di Cavalierato Ereditario o di Cavalierato Ereditario e Nobilt Sarda. Continuarono, naturalmente, ad esser concessi feudi, more italico, con titolo di Signore, Barone, Conte e Marchese. Carlo dAsburgo, nel limitato periodo in cui la Sardegna fu sotto il dominio dAustria e, poi, i Savoia si comportarono nella medesima maniera sino al 1848. Allorch, nel 1720, la Casa di Savoia ottenne la sovranit del Regno di Sardegna, si manifest la necessit di procedere ad una ricognizione della classe nobiliare dellIsola anche al fine di evitare abusi. I componenti il Tribunale del Regio Fisco Sabaudo organo con competenza esclusiva in materia nobiliare, feudale ed araldica sembra non fossero troppo versati nelle discipline che dovevano trattare ed infatti commisero diversi errori, fecero confusioni e perpetuarono equivoci. Nel mentre non vi furono problemi relativamente alla ricognizione ed al legittimo possesso dei feudi, ne sorsero di grossi quando si tratto di constatare il possesso dei titoli di Nobilt, separati dal feudo, quali quelli di Cavaliere, Nobile e Don, Generoso. Il Regio fisco assunse delle decisioni quantomeno discutibili: Agli insigniti del solo titolo di Cavaliere Ereditario (che fosse stato concesso nel XV e nel XVII secolo non ebbe rilievo), detto titolo fu riservato a tutti i maschi discendenti del primo investito da portarsi dopo il cognome e lappellativo di Magnifico (che cadde presto in disuso) precedente il nome di battesimo; le femmine venivano indicate negli atti scritti dei Cavalieri precedente il cognome ed il trattamento duso di Donna (es. Donna Caterina, dei Cavalieri Mora). Ai Cavalieri Ereditari privilegiati anche della Nobilt Sarda venne riservata la qualifica e il titolo di Don e Donna per le femmine con la specifica dizione di Nobile (es. Nobile Cavaliere Don, Nobile Donna .) Per quelle famiglie (poche ormai) che portarono quale loro titolo primordiale di Nobilt il solo

privilegio di Generosit la decisione del Regio Fisco non fu chiara e caus notevoli scontentezze e critiche. La Generosit, concessa sic et simpliciter, senza il conforto di altri titoli, venne equiparata al Cavalierato e quindi soltanto tale titolo poteva essere portato, ed esclusivamente dai discendenti diretti del primo investito; i discendenti dei fratelli del primo investito, da sempre trattati per Nobili Generosi, vennero privati del titolo e costretti, se credevano, a richiederne uno nuovo. Se la Generosit era stata preceduta o seguita, nel primo investito o dai suoi discendenti immediati, dal titolo di Cavaliere Ereditario, allora la Generosit veniva equiparata alla Nobilt Sarda e dava luogo alla qualifica di Nobile Don e Donna, ma esclusivamente ai discendenti legittimi e diretti del primo investito, quindi, anche in questo caso, vennero esclusi i discendenti dei fratelli del concessionario. evidente come molti furono gli scontenti che si appellarono al Supremo Tribunale della Reale Udienza per ottenere riconoscimenti legittimi, e quindi giustizia. Bisogno dire che la Reale Udienza rese quasi sempre effettivamente giustizia. Un solo caso rimase insoluto e cio quello riguardante quelle famiglie che furono insignite di tutti e tre i privilegi: Cavalierato, Generosit, Nobilt Sarda. La Reale Udienza non commut la decisione del Regio Fisco che stabil di prendere in considerazione soltanto i privilegi di Cavalierato e Nobilt, ponendo in non cale quello di Generosit, ritenendolo chiss perch in questo caso pleonastico, cio un duplicato della Nobilt Sarda che nulla di nuovo e di pi poteva aggiungere. Ma la Generosit era ben altro. Non per niente quei ricos hombres o generosi catalani che pure godevano di quel solo, ma importantissimo titolo, per il fatto di essere stati compaeros (cio Comites) dellInfante Don Alfonso nella sua prima spedizione in Sardegna nel 1323, furono tutti nominati o riconosciuti Conti. Una volta di pi la Sardegna, pur valorosa e sostanzialmente fedele ad Aragona prima, alla Spagna poi, si vide usata, ma non ricompensata. La generosit una speciale distinzione nobiliare data ad alcune famiglie dai re d'Aragona, specialmente dalla dinastia dei Trastamara. Non si trattava di una nuova concessione nobiliare ad un singolo investito, ma del riconoscimento della nobilt di sangue dell'intera famiglia (genus). Per questo motivo, i beneficiari della generosit erano tutti i membri della famiglia con virtuale valore retroattivo per gli antenati.Uso [modifica] Fu prevalentemente utilizzata in Sardegna verso la fine del medioevo per riconoscere ad una determinata famiglia la sua antica e nobile origine. La formula tradizionale era un diploma reale in cui il concessionario veniva dichiarato ex nobili genere natus (nato da nobile stirpe). Valore [modifica] La generosit dava amplissimi privilegi analoghi ai ricos hombres iberici, senza per particolari obblighi verso il sovrano. I generosi erano infatti considerati a tutti gli effetti discendenti dai cavalieri e dai nobili fondatori della patria (nei secoli dal IX al XIII). Riconoscimenti posteriori [modifica] Nel tempo, la specificit di questa concessione si perdette e fu accomunata al semplice cavalierato, pur con diverse incongruenze nei riconoscimenti da famiglia a famiglia. La situazione venne poi semplificata da ulteriori concessioni di nobilt elargite a quasi tutte le famiglie generose. Con i successivi ordinamenti dello stato nobiliare italiano ed in particolare con l'ultimo[1], oggi i componenti di famiglie che non abbiano avuto altra concessione che la generosit godono il titolo di nobile cavaliere. Note sulla nobilt Aragonese e Spagnola con riferimento alla nobilt sarda di Francesco Loddo Canepa

La pi alta nobilt aragonese era costituita dai ricos hombres . Il titolo di rico hombre comincia ad apparire in Aragona dopo il secolo XII e non abolito fino al secolo XVI. Come riporta Michele de Molino, si dice rico hombre per i Fueros di Aragona, il signore di qualche baronia, n si deve intendere per tale chi ricco di denari, ma di nobilt, conformemente a quanto afferma anche Villadiego nel Fuero-Iuzgo . Altra divisione degli scrittori aragonesi quella di ricos hombres de naturalezza, oriundi cio dai primi signori e scarsi di numero, e ricos hombres de masnada, molto pi numerosi, creati dal re che dava loro, en honor , terre e vassalli la cui rendita bastasse a sostenere pi di quattro cavalieri. Per la concessione di tali caballerias de honor , i ricos hombres dovevano servire il monarca, prestargli omaggio, ricevendolo a lor volta dai cavalieri con cui ripartivano las tierras de honor. Spettava al re di elevare a ricos hombres gli infanzones (nobili) che dopo aver passato il grado di milizia, ossia cavalleria, fossero gi masnaderos, naturali d'Aragona. A tale effetto bastava loro concedere terre in honor sufficiente per mantenere un certo numero di cavalieri, perch se questi fossero solo uno, due o tre, non potevano i concessionari chiamarsi ricos hombres o barones. Dovevano servire il re una volta all'anno, ripartire i concessi honores tra i loro cavalieri, difendere le terre e specialmente quelle comprese nei loro honores . Erano consiglieri del re e intervenivano in tutte le deliberazioni e giudizi dei tribunali; potevano come i re llevar alzados los pendones (inalberare bandiera), prendendo, da tal privilegio, il titolo di ricos hombres de senera (stendardo). I loro privilegi li facevano quasi uguali al sovrano. Non potevano essere condannati a morte, a mutilazione o a ferita, n torturati, carcerati per debiti, o assoggettati alla confisca dei beni, fosse pure per tradimento, e la loro dimora era inaccessibile anche al re. Sorpresi in adulterio, non era lecito ucciderli. La nobilt pi prossima ai ricos hombres era quella dei mesnaderos donde il sovrano traeva la rica hombria de mesnada . Secondo il vescovo Canellas, i mesnaderos sarebbero gli oriundi da stirpe di ricos hombres per linea paterna, tra i cui ascendenti non si avesse memoria che fosse vassallo se non di re, figlio di re, o di conte discendente da stirpe reale o di alto prelato. Caballeros (milites) erano in Aragona gli infanzones (nobili) che ricevevano il grado di milizia per mano del re, del suo primogenito oppure da rico hombre discendente dai re, o da prelato. Avevano tutti i privilegi degli infanzones , ma non potevano essere armati prima di compiere 14 anni. Il figlio di cavaliere non nasceva cavaliere, ma infanzon ; per la infanzonia si ereditava, i cavalieri si creavano. Non pagavano tributi che in tempo di guerra. Non eran tenuti a recarsi all'esercito o a cavalcata, se il re stesso non marciava in battaglia campale; potevano per privilegio rendere liberi da tributi i beni che compravano dai villani. Vi erano infine gli infanzones de carta che, non discendendo da antenati illustri per lignaggio o naturaleza , ricevevano l'infanzonia per strumento autentico dal signore al cui servizio erano assunti. Pertanto, secondo i frammenti del vescovo Vidal de Canellas del secolo XIII, citati dagli storici aragonesi, al principio del secolo XIII, gli infanzones si dividevano in hermuneos (immuni) liberi cio da ogni tributo, che non pagavano nulla al re e infanzones de carta . I primi si frazionavano in barones (ossia ricos hombres ), mesnaderos, caballeros e simples infanzones . Le speciali e note condizioni storiche in cui si formarono e svolsero le monarchie d'Aragona e Castiglia, permisero alla nobilt di conquistare, a detrimento del potere regio, una potenza formidabile e, con essa, tanti sconfinati privilegi. I contrasti tra la maest sovrana e i ricos hombres e le violenze della nobilt, giungono a tale in Aragona nel secolo XIII, che le principali citt aragonesi si vedono costrette, prescindendo da ogni autorizzazione del re, a stringersi in lega (hermandad) contro le prepotenze di quella. Le corti di Egea (1265), con la conferma e l'ampliamento di privilegi in favore di ricos hombres , dei caballeros e degli infanzones , segnano una decisa affermazione della preponderanza dei nobili sul sovrano. Secondo il tenore dei privilegi ivi accordati, in tutte le cause tra i re e i ricos hombres , gli hidalgos e gli infanzones era sempre giudice competente il Justicia Major de Aragona , previo consiglio di

ricos hombres y caballeros della Corte assistenti al giudizio, qualora egli e gli altri non fossero parte interessata; il Giustizia sarebbe dovuto appartenere alla classe dei caballeros . In questo periodo la monarchia ereditaria non aveva veramente sudditi, poich il potere pubblico era costituito da un'aristocrazia mai soddisfatta di concessioni e privilegi. I nobili costituiti in unione giunsero a dichiarare che se il re infrangesse i loro privilegi, non lo terrebbero "por rey". Ma pi tardi, sconfitta l'unione a Epila (23 luglio 1348) Pietro IV d'Aragona lacera il Privilegio dell'Unione affermando cos abolito quel diritto di insurrezione legale dei sudditi, che la prepotenza nobiliare aveva imposto al suo antenato Alfonso III (1287). Anche nei regni di Castiglia, Navarra e Leon la nobilt di primo grado fu costituita come in Aragona dai ricos hombres . Dal regno di Enrico II in poi abbondano in Castiglia i titoli di marchese, conte, duca. I nobili di secondo grado si chiamavano pure infanzones e fijosdalgo , nomi che cominciano ad apparire nel secolo XII. L'ultimo grado della nobilt era quello di caballero , ma vi erano anche cavalieri non procedenti dalla nobilt: caballeros de villa o collaciones . Questa nuova classe, obbligata a mantenere cavallo di guerra, fu molto favorita dai suoi re, per esempio da Ferdinando III, che esent dai tributi tutti i "veinos" di Leon che tenessero il cavallo di guerra (1222), privilegio esteso poi da Alfonso X ai cavalieri di Madrid. I municipi concedettero poi per la loro parte e per le stesse ragioni militari, analoghi privilegi. I nobili, oltre il privilegio dell'esenzione tributaria, avevano quello di foro per cui dovevano essere giudicati davanti al tribunale del re dai loro uguali e quando non ricevevano soddisfazione delle offese, quello della guerra privata. Per l'istituto del maggiorasco eran proibite l'alienazione dei beni e la divisione di essi tra i figli, restando i beni stessi vincolati al primogenito. Gli ultrogeniti si davano alle armi ed alla carriera ecclesiastica. Le encomiendas aumentavano le ricchezze dei nobili. Esse potevano essere de honor quando il re cedeva ad essi i diritti fiscali di un certo luogo; oppure de tierra , quando il sovrano assegnava loro le rendite di uno o pi luoghi. Ma non mancavano le usurpazioni conseguenti alle violenze e prepotenze. Anche in Castiglia la debolezza del potere regio di fronte alla nobilt non pot reprimere le lotte fra i nobili dal secolo XI al XV, estendendosi dappertutto l'anarchia caratteristica della nobilt casigliana di allora e fu soltanto con l'unificazione della monarchia spagnola sotto lo scettro di Ferdinando e Isabella (1479) che la nobilt pot dirsi sottomessa al potere regio. Non senza significato che col regno di Ferdinando il cattolico comincer nelle carte reali, nelle prammatiche e nei regi biglietti ad apparire la segnatura Yo el Rey , mentre i sovrani precedenti firmavano solamente Rex (seguito dal nome). Anche le formule cancelleresche rispecchiano cos le mutate condizioni politiche e contengono un'energica affermazione del potere sovrano di fronte alla nobilt. Nell'isola di Sardegna, il cui regime giuridico nobiliare si ispira alle norme e consuetudini catalane, invalsero i titoli di nobile , caballero (militar) donzel e le qualifiche di Don, di generoso e hombre de paratge . L'isola non conobbe invece quelle di rico hombre, infanzon e hidalgo, particolari di Aragona, Castiglia e Navarra. Il testo delle Partidas citate spiega la parola hidalgo come hiyo d'algo , cio figlio di qualcuno, ossia di persona di conto. Per il commentatore di esse, hidalgo significherebbe invece italicus , libero da pesi e carichi, poich gli antichi italici conquistatori della Spagna, avrebbero goduto del privilegio dell'esenzione dai tributi, a differenza degli indigeni. La fidalguia secondo la definizione dello stesso commentatore sarebbe la " nobleza que viene a los omes por linage". Viene menomata moralmente sposando una villana o quando la fidalga sposa un villano. Per, soggiunge il testo, "la mayor parte de la fidalguia ganan los omes, por honrra de los padres. Ca maguer la madre sea villana e el padre fidalo, fijo d'algo es el fiyo que dellos nasciere. E por fijo dalgo se puede contar: mas non por noble. Mas si nascesse de fija d'algo, e de villano, non tovieron por derecho que fuesse contado por fijo d'algo". L'origine degli homens de paratge discussa tra gli scrittori. Secondo lo Zurita, essi sarebbero i discendenti dagli antichi sudditi che, pro defensione Comitis Barchinonae (R.Borrel), avrebbero, cum equis, more militum e al seguito del Conte, cacciato dal territorio patrio i nuovi invasori (anno 987). Il Conte vittorioso li avrebbe cos chiamati de paratico e decorati dei privilegi militari,

equiparandoli alla classe dei cavalieri, assegnando loro in pari tempo case e predi, con l'obbligo di tenersi nei loro possessi pronti coi cavalli a difendere la terra e la patria. Anche un manoscritto del R. Archivio di Cagliari del secolo XVI comproverebbe in tutto l'opinione dello Zurita. Nelle stesse istruzioni al De Boyl si accenna agli uomini di paratico: "Che i Riformatori di Sardegna possano punire di morte gli ufficiali regi colpevoli di delitti, eccettuati gli homens de paratge (essendo la loro condanna capitale riservata al re); possano per essi punire i detti ufficiali e uomini de paratge privarli dell'ufficio ed assoggettarli a pene pecuniarie, rimosso ogni appello, eccezion fatta del governatore a carico del quale non potevano esser da loro presi quei provvedimenti". Secondo il Pillito gli homens de paratge apparterrebbero alla classe dei cavalieri. Egli fonda tale opinione su una prammatica di Alfonso V del 10.5.1444 in cui detto che gli uomini generosi erano soggetti al foro del vicer al pari dei cavalieri, date che appartenevano al braccio militare, n da esso potevano separarsi. Il testo del manoscritto citato dal Pillito conforterebbe questa ipotesi, in quanto farebbe un tutt'uno dei generosi e degli homines de paratico con le parole seguenti: "Item de istis hominibus loquitur pragmatica quaedam regis Martini quae vult ejusdem fori esse nobiles et milites et homines de paratico sive homines generosos et bis repetens homines de paratge sive homines generosos, videtur velle quod idem sint homines generosi et homines de paratico". Non sembra per che gli argomenti siano sufficienti a fondere queste tre categorie in un'unica: quella dei militars o cavalieri. La prammatica di re Martino del 1444 null'altro ci dice se non che i milites et homines de paratico sive homines generosos, erano soggetti al foro del vicer cio che tutti quanti avessero tali qualifiche nobiliari, erano giudicati dal foro privilegiato di lui. Anche se la prammatica identifica i generosi con gli uomini di paratico , non dice che gli uni e gli altri debbano identificarsi coi semplici cavalieri , in antitesi ai nobili. Nei diplomi nobiliari sardi del secolo XV spesso citati, abbiamo visto come spesso ricorra la formula personae militares , de genere generoso seu de paratico , che pure si riscontra nel sigillo del braccio militare di Catalogna, ad indicare tutti i membri dello stamento formato dalla nobilt di secondo grado in contrapposto a quello dei baroni o ricos hombres e dei nobili, i quali tutti avrebbero dovuto costituire altro stamento a s. Nei documenti nobiliari sardi pi antichi che conosciamo (del secolo XV e dei primi del XVI) ricorre sempre, come abbiamo visto, la formula militares, generosos, seu de paratico, la quale identica a quella usata da re Giovanni nella prammatica che riconosce a tutti costoro, ad evitare frequenti dissensi e lotte, la facolt di costituirsi in braccio separato. Di tale prammatica, come noto, fu, a domanda del braccio militare, chiesta conferma a Ferdinando il Cattolico. Gli stessi militari, gelosi delle loro prerogative, chiesero poi ed ottennero dal re, nelle Corti di Monson, che non fosse consentito privilegi ni orde de Militia a algu home que sia vassal de Prelat, Baro, Cavallero o Gentil Home , se non fosse nell'esercito ove intervenisse personalmente il re (Prammatica 2-9-1510). Risulta chiaro pertanto che i militars, generosos y homens de paratge sono contrapposti ai magnates, barones, rici homines et nobiles principatus Cataloniae e che con questi non si identificano. Non parrebbe d'altra parte che le tre prime categorie, cos bene distinti nelle fonti e contrapposte ai nobili del principato di Catalogna, possano costituire la stessa classe di persone. Pu ritenersi che i generosos et homines de paratico fossero una categoria particolare di privilegiati costituita da coloro che per lunghe generazioni vantavano antenati illustri nelle imprese belliche contro gli invasori arabi; erano pertanto in una condizione particolare che si diversifica da quella dei semplici militars e dei nobili appartenenti, questi ultimi, ad altro stamento. E probabilmente la generositas rendeva illustre per se stessa tutta la famiglia e tutti i discendenti utriusque sexus del concessionario poich, come abbiamo visto, nei diplomi sardi del secolo XV (i quali conferiscono di regola la generositas tacendo della nobilt), ricorre la formula di concessione a tutta la discendenza in linea retta inclusa la femminile, che con la suddetta formula spesso (sebbene non sempre) espressa nel privilegio. Naturalmente le donne, secondo il principio universalmente accettato per i titoli nobiliari non feudali, non la trasmettevano ai discendenti.

Bisogna venire ai primi del secolo XVI per trovare in Sardegna qualche diploma che conferisca esclusivamente la nobilt a chi gi cavaliere, secondo la prassi che invalse poi nei secoli successivi. Tale il caso di Salvatore Aymerich, signore di Mara, che discendendo (come detto nel diploma) da antica famiglia e traendo origine ex utroque latere a genere militari , nonch per altre sue benemerenze, fu gratificato della nobilt con diploma di Carlo V in data 20.12.1521. Nella concessione a Pantaleo Fanchelli di Ploaghe troviamo invece una formula che differisce da quelle dei comuni e gi considerati diplomi di generosit del secolo XV. In esso la nobilitas e la generositas vengono eccezionalmente accoppiate senza che si faccia menzione della qualit di militar. Inoltre, nel diploma non si accenna che il concessionario fosse gi cavaliere. Al contrario, in altro diploma a favore di Francesco Carta (5.4.1520) gli si concede il gradum militiae facendo espressa riserva per la pretesa sua alla generosit e alla nobilt, la quale ultima gli fu forse conferita pi tardi con diploma separato. Anche nel diploma a Stefano Sussarello del 31.5.1539 si conferisce al concessionario solo il cavalierato, con facolt per che i discendenti utriusque sexus legitime possano portare le armi gentilizie concesse. Ci induce a credere che in Sardegna, gi dai primi del secolo XVI, si sia abbandonato l'uso di concedere semplici diplomi di generositas , per conferire con diplomi separati il cavalierato e la nobilt secondo l'uso generale che invalse sicuramente nell'isola nei secoli XVII e successivi. Non possibile per un giudizio assoluto sui pochi diplomi del secolo XVI esistenti nell'Archivio di Cagliari. Dalle carte dei primi tempi della conquista aragonese esistenti nell'Archivio Regio di Cagliari, risulta evidente che in Aragona, e di riverbero in Sardegna, si tenevano all'epoca gi distinti, i titoli di nobile, di cavaliere o di donzello. Le persone di conto laiche od ecclesiastiche non fregiate di titoli nobiliari, erano nelle lettere regie e viceregine variamente qualificate come amati, dilecti, fideles, magnifici, venerabiles, spectabiles, discreti ; appellativi ai quali venivano aggiunti, trattandosi di nobili o cavalieri, i titoli relativi di domnus, nobilis, miles, domicellus, cavaller etc . Erano nobiles in genere coloro i quali stavano al sommo della gerarchia statale e sociale, come ad esempio, nell'isola, i Governatori Generali e i membri della potentissima famiglia Carroz. I due titoli di miles (cavaliere) e di nobilis sono poi chiaramente distinti nella segnatura delle costituzioni del primo parlamento sardo (anno 1355) e gli esempi potrebbero moltiplicarsi nell'isola per quanto riguarda le qualifiche di nobilis , di miles e di domicellus attribuite ai pi alti funzionari aragonesi. Ancora, sono chiaramente distinte le due qualit di donzel e di noble in un altro documento del 26.9.1363 e la stessa distinzione l'abbiamo nel secolo XV (Alfonsus..Nobilem et dilectum consiliarum e maiordomum et Francisco de Erill militem; dilecto Jacobe de Bessora militi). Altro fatto degno di nota che alcuni primi concessionari di titoli, capostipiti di famiglie feudali, i cui membri sono pi tardi qualificati nobili e don, figurano nelle prime concessioni o senza i titoli di miles e di nobilis o col solo titolo di donzel . Cos Michele di Sancto Justo, primo acquisitore di Furti nell'11.11.1415 qualificato venerabilis domicellus, habitator Castri Callari ; Azzorre Zapata acquisitore della Baronia de Lasplassas nel 1561 qualificato nel 1528 magnifich mossen donzel unitamente al Magnifich mossen francesch sabbata, donzel ; Salvatore Aymerich, noble don, heretat en lo Cap de Caller nel 1528, semplicemente chiamato mossen ed heretat nel parlamento del 1511, mentre Pere Dedoni chiamato soltanto magnifich mossen, donzel , nel parlamento del 1528. Il che farebbe supporre che tutti costoro erano forniti in origine del solo cavalierato o sforniti di questo e della nobilt e che essi stessi od i loro discendenti la conseguirono posteriormente. Infatti nello citato parlamento del 1528 leggiamo: "al noble Don Monserrat Sanct Just, heretat en lo Cap de Caller" ; nel parlamento del 1533: "a Don Fernando Dedoni heretat" e in quello del 1573 "al noble Don Francesco Capata heretat". Per, sia nelle lettere regie che negli elenchi parlamentari riferentisi all'isola, non troviamo mai che i destinatari di esse o i membri dello stamento militare vengano individualmente chiamati col titolo di generoso; titolo che invece conferito come si visto nei diplomi singoli di concessione di tale

dignit. Ci starebbe a dimostrare che al generosus (qualificato appartenente in Catalogna, come il miles , al quarto stamento e facente parte della nobilt di 2 grado), era attribuito praticamente, almeno in Sardegna, quando egli fosse chiamato per nome, il titolo di miles o di cavaller . Questi privilegi di generosit si solevano poi chiedere dagli interessati in Catalogna per avere l'esenzione da carichi e imposizioni nelle citt e ville di loro domicilio, con danno degli abitanti di tali luoghi. Pertanto il re Pietro nelle corti di Monson del 1363 ordinava: che chiunque di tali generosi o di quelli che impetrassero d'allora in poi privilegio di generosit "sino rebran cavalleria, aquells qui ara son generosos, dins un ani del die se la publicacio de la present, e aquels qui de aqui avant se faran, del die quel privilegi, o generositat a aquells sera atorgat complador, per no generosos de tot en tot sien hauts" . Cio non ricevendo la cavalleria entro l'anno dal privilegio, era nullo il privilegio stesso. Una chiara definizione di homens de paratge si rinviene in una causa, avente per oggetto il feudo di Mara, fra Don Salvatore Aymerich e Don Pietro Dedoni, il quale sosteneva l'incapacit del primo acquisitore Aymerich a possedere il feudo, non essendo uomo de paratico , ma semplice civis : "Homo de paratico secundum foros Aragoniae et constitutiones principatus Cathaloniae dicitur homo descendens de progenie militari et antiqua extirpe (sic) nobili et genologitate quorum procerum qui ob sui et anticorum nobilitatem in multis decorantur et privilegiantur, atque quamplurimis gaudent privilegijs et signanter privilegio immunitatis et exemptionis solutionis victigalium, munerum et aliorum judictionum peragii peyte cise et aliarum imposicionum.Quinimo usque adeo privilegiantur quodquam modo equiparantur ducibus eomitibus et baronibus in convocatione regie curie in predictis regno Aragoniae et principatus Cathaloniae ubi dum curia celebratur in agraduatione personarum convocatarum privilegiantur tam in celebratione curie et in votis circa negozia in curia gerenda quam in sedendo dum Vestra Majestas in solio residit. prout patet in Constitutionibus principatus Cathaloniae " e poco prima afferma che, secondo lo stile e la pratica aragonese se duien y nomenen homens de paratge los cavallers de antich linatge que en altre mes modern vocale se duien generosos e danzells matriculats y scrits per tals. evidente per che le concessioni di carte di generosit continuavano a farsi in Spagna nel secolo XIV, se dobbiamo credere alla citata prammatica di re Pietro (1363), anche a richiesta e a favore di persone nuove, come pi tardi doveva avvenire in Sardegna; persone le quali cos venivano, verosimilmente ad avere un trattamento pari a quello dei generosi discendenti da antica stirpe. Troviamo usata la parola generos in Sardegna anche in fonti pi tarde. In una lettera di Filippo III del 2.5.1615 al vicer duca di Gandia, il re prescrive che siano puntualmente osservate le antiche forme per l'ammissione al parlamento sardo di coloro che vi abbiano diritto; che gli abilitatori esaminino anzitutto le prove ed i titoli su cui tal diritto si fonda per modo che i pretendenti a far parte alle Cortes siano generosos e decidano senza rimettere tali giudizi direttamente al re o al Consiglio Reale. Ma probabilmente la parola qui usata nel senso pi ampio di persone decorate di titolo nobiliare che contano cio una condizione uguale o equiparata a quella di gentiluomini di altro lignaggio, fossero essi semplicemente cavalieri, o cavalieri e nobili insieme. Sembra pertanto corretto intendere la qualifica di generosos nel senso generico di persona antiquo genere nata. La questione di fondamentale importanza, e investe tutta la storia del regime nobiliare sardo e catalano con le sue complesse e non facili questioni. La parola militar in senso strettamente nobiliare indica quindi esclusivamente la qualifica di cavaliere in contrapposto a quella di nobile. Le qualifiche generosus e de paratico stanno invece a significare la discendenza da lunga serie di illustri antenati, creati generosi o parificati ai cavalieri e ai nobili dagli antichi re, per le loro imprese belliche. Si us per anche in senso pi largo ad indicare persone insignite in genere di titolo nobiliare, quando non si volle particolarmente ed esclusivamente indicare la qualit di cavaliere che spettava pure ai nobili. E diciamo militare in senso nobiliare perch, come nota il Fontanella: in toto discursu dum de militia loquimur intelligimus, idest equestrem ordinem non militiam belli. La parola generosus si riferisce alla nobilt dei natali nel Commento alla legge III, tit. XXI della Segunda partida del Rey Don Alonso el Sabio: "Generosus ex utroque parente dicitur proprie

nobilis licet generosus sit, seu filius d'aigo; ex matre vero generosa patre plepeio genitus, patrem sequitur et non est generosus seu filius d'algo". E' cio chiamato fidalgo (non nobile) il figlio di padre nobile ( generosus ) e di madre plebea. Il figlio di plebeo e di madre nobile segue la condizione del padre e non n generoso ne filius d'algo . Don Luigi I nella real cedola del 14.8.1724 disse che i generosi erano propriamente gli hidalgos de sangre y solar conosido (di stirpe antica) per cui questo titolo significava la hidalguia delle persone di lignaggio conosciuto ab antico per le sue prodezze militari. Soggiunge il Coroleu e Pella che in egual senso vedesi usata questa parola negli statuti degli ordini militari, nell'esigere dai cavalieri nobleza generosa, cio ereditaria ed antica. Tali sarebbero i generosi di sangue che godevano dei vantaggi dei cavalieri anche se non fossero armati cavalieri, differenziandosi dai donzelli in quanto questi erano coloro che, senza essere armati cavalieri, erano figli di tali, anche sei i padri avessero un titolo recente di cavalleria. Madramani nota che non vi ha sostanziale differenza fra gli hombres de paratge, donceles, infanzones e generosos rispettivamente d'Aragona, Catalogna e Valenza e gli hidalgos de sangre y solar conocido (antico ceppo) di Castiglia e Leon, in particolare con coloro che discendono da quelli che furono armati cavalieri dagli sproni dorati i cui ascendenti ottennero o continuarono la nobilt per i loro servizi militari. Pi in l (continua il suddetto autore) i re concessero titoli di generosidad che erano come esecutoriali ordinarie di nobilt e non valevano tanto come quello di cavaliere, in riconoscenza della lealt dei plebei che si distinguevano nei regi servizi. Evidentemente la generositas, anche intesa in quest'ultimo senso, una qualifica nobiliare generica e le stesse discrepanze degli autori e delle fonti, mentre dimostrano che le voci accennate non sempre erano intese in senso tassativo e assoluto, confortano l'opinione su espressa sul pi corretto modo di intenderle. Questi concetti rispecchiano le definizioni della parola generoso che troviamo anche negli antichi dizionari catalani e castigliani: "La persona constituida en altre estat honros desprs dei cavallers ab titol de generositat, sens esser armat cavaller, per especial privilegi, obtenint armatura de cavaller dins d'un ani, y altrament no". *** La gerarchia nobiliare fu determinata chiaramente da Carlo V nel secolo XVI (1520) per la penisola iberica. In testa figurano i Grandi di Spagna in numero di 25, ampliato pi tardi (90 nel 1660). Essi si pregiavano di discendere da principi di sangue reale (di Castiglia, Aragona, Leone, Portogallo e Navarra) o da figli naturali del re. In effetto la maggior parte dei casati principali di Castiglia e Leone aveva origine reale anche se si diede il caso (1690) di concedere il grandato al Marchese di Clarafuente per 300.000 pesos. Essi potevano sedersi e coprirsi il capo in presenza del re, il re li chiamava cugini e parenti (primos o parientes) ed essi pretendevano di essere considerati e trattati come uguali, dai sovrani di Germania e d'Italia. Non potevano essere arrestati che per cedola regia, non servivano nell'esercito che come capi e avevano privilegi non pochi che davano luogo a questioni di competenza e a ripicchi personali mentre per i loro intrighi di palazzo costituivano un pericoloso elemento politico. Avevano esenzioni e privilegi estensivi anche al loro seguito. I loro beni costituivano dei veri stati. Venivano poi gli hidalgos, che godevano del foro di hidalguia cui erano annesse certe esenzioni tributarie. Grande era il loro numero e si dividevano in hidalgos de sangre e de privilegio. I primi erano i pi poveri, gli altri sfruttavano i beni di fortuna e le ricchezze con cui avevano comprata dal re la nobilit o avevano fondato un maggiorasco. Alla fine del secolo XVII vi erano in Spagna 625.000 nobili. Non potevano essere carcerati per debiti n chiusi nella prigione comune per cause criminali, n puniti con le pene corporali ed i supplizi infamanti riservati ai plebei. Grande era l'ambizione di questi ultimi di nobilitarsi anche per essere esenti dai numerosi tributi e servizi che li ridussero in gran miseria nel secolo XVII. Le professioni manuali (non il possesso e la fondazione di fabbriche) erano incompatibili con la nobilt. Da tale stato di cose venne un decadimento delle industrie prima fiorenti, come quelle della lana e della seta.

Il Savelli calcola che nel secolo XVII esistessero in Spagna, oltre ai Grandi, 26 Duchi, 72 Marchesi, 124 Conti, e 9 Visconti che assorbivano i pi alti gradi dell'esercito e dell'amministrazione, che accumulavano dignit, titoli e ricchezze essendo possessori di territori vasti come province e di rendite da 1 a 3 milioni. Cos il duca dell'Infantado possedeva 4 milioni di rendita con 90.000 sudditi e 6000 vassalli nobili; i duchi di Medina di Risecco, d'Ossuna (famiglie di questo nome dimoravano anche in Sardegna con i vastissimi feudi di Oliva e di Quirra) e di Medina Simonia, una rendita di 5 milioni. Gli hidalgos si sforzano di imitarli nel loro sfarzo, che corrispondeva a quello di vere e proprie corti, indebitandosi fino ai capelli e costituendo la piaga pi dolorosa per lo stato, poich aspirando ai posti della burocrazia e dell'esercito e disdegnando il lavoro manuale, costituivano il maggior numero di spostati. Quanto precede chiarisce in sommarie linee che, se pure il regime giuridico della nobilt in Sardegna ebbe non pochi punti d'affinit col regime catalano-aragonese, ben diverso ne fu lo svolgimento dal lato eminentemente politico. Seri ed insanabili contrasti politici tra la classe nobiliare e la podest sovrana non riscontriamo nell'isola nei periodi aragonese e spagnolo fino almeno al noto episodio del parlamento Camarassa del 1668, in cui il partito capeggiato dal marchese di Laconi Don Agostino di Castelv, sostenitore della riserva esclusiva degli impieghi ai sardi, rompe in aperta lotta con la rimanente nobilt che, (guidata dal marchese di Villasor), appoggiava il vicer ed il sovrano. Ma mai la nobilt nell'isola si trov unita e concorde in pieno contrasto con la podest regia. Creazione ed emanazione di essa non ebbe forza sufficiente per opporsele neppure nei periodi in cui nella penisola iberica si ebbero gli episodi pi significativi e grandiosi di lotta tra nobilt e monarchia, n nei momenti di maggior debolezza di questa. I pi forti e potenti feudatari di Sardegna erano spagnoli e in Spagna facevano parte dell'entourage del Re, mentre la rimanente nobilt, pure travagliata e divisa da odii e da rivalit personali, di cui sono gi indice nel secolo XVI i contrasti tra gli Aymerich e gli Arquer, i Selles e i Torrelles, restava sottomessa al sovrano paga dei privilegi ricevuti, ed avida di altri. Occorrer che una forza nuova ed estranea all'isola entri in gioco, perch si formi nei primi del secolo XVIII un forte partito antispagnolo. E tale forza sar data dalle pretese al trono di Spagna di Carlo VI d'Austria che, nella lotta contro Filippo V, riuscir ad attrarre a s buona parte della classe nobiliare desiderosa di novit e vantaggi (Sifuentes, Alagon, Villamarina). Tuttavia questi fervidi seguaci di casa d'Austria nell'isola, accetteranno pi tardi di buon grado i nuovi sovrani sabaudi imposti dal trattato di Londea, dai quali impetreranno anzi con ossequienti proteste di fedelt, la conferma dei precedenti privilegi nobiliari. Anche i tentativi di opposizione alla monarchia nel periodo sabaudo da parte di qualche famiglia o gruppo nobiliare, hanno cos scarso rilievo che non si riesce a coglierne nei documenti la vera fisionomia e l'importanza. Sono anzi forse pi maturati da rivalit di persone e di gruppi, solleciti di cercare aderenti l'uno contro l'altro, che da un chiaro e preciso programma politico, cui sarebbe mancata del resto una seria base di attuazione pratica. Sotto un altro punto di vista opportuno raffrontare la nobilt sarda con la iberica. Piegata alla monarchia la resistenza di quest'ultima di Ferdinando il Cattolico, dopo lotte secolari celebri in Aragona, Catalogna e Castiglia, essa viene trasformata da rurale in cortigiana, secondo gli accorti disegni del potere regio, e va man mano acquistando nuova fisionomia. Diminuita col mutar dei tempi la sua forza politica e militare, essa si accresce di numerosi elementi che impetrano ed ottengono dai re privilegi nobiliari, per averne vantaggi materiali, esenzioni ed onori, non gi per l'antico sentimento cavalleresco e militare. Intorno ad essa si assiepa, come si visto, una moltitudine di aspiranti alla nobilt, uomini nuovi venuti su col commercio e con l'industria. Nel periodo della conquista (sec. XIV-XV), la nobilt di importazione quella che assume nell'isola ogni preponderanza politica. Essa costituita da elementi stranieri, coopera lealmente e potentemente col re a tale scopo. Cos la soggezione feudale sar piena e perfetta in Sardegna tanto nei rapporti dei baroni col re che dei vassalli coi baroni. Manc pertanto nell'isola quello stadio di sviluppo e di formazione della nobilt iberica alla cui influenza e potenza tanto giovarono le necessit di difesa

contro i mori. I ricos hombres di Castiglia e di Aragona conquistano in quelle lotte tale posizione di preminenza da considerarsi quasi uguali ai re ed il grandato di Spagna, con le sue sconfinate prerogative, ne il miglior indice anche in tempi pi recenti. Si giustamente osservato che il feudalesimo spagnolo differisce moltissimo, nei rapporti tra signori e vassalli, da quello francese e tedesco, ove la gerarchia feudale si rivela, anche se non in tutti i momenti storici, assai pi forte e compatta. La Catalogna invece, meno soggetta alle devastazioni e alle aggressioni arabe, ebbe un sistema di feudo che pi si avvicina a quello dell'Europa continentale. Nondimeno il regime giuridico del feudo catalano non fu esteso alla Sardegna, poich i conquistatori vi introdussero deliberatamente le forme secundum morem Italiae , con l'intento di tenere maggiormente avvinti a s i nuovi concessionari dei feudi. Soltanto gradualmente e pi tardi introducono con le impropriazioni ( feudi secundum quid ) e con gli allodi, forme che conferiscono maggiori privilegi e facolt di feudatari, sia per quanto riguarda il diritto successorio (ammissione della successione femminile in linea retta in mancanza di maschi, e dei collaterali), sia per quanto riguarda la disponibilit del feudo per atto inter vivos . Anche il diritto di intestia , caratteristico del feudo catalano, non documentato in modo da poter sostenere che di regola fosse applicato nell'isola; la cugucia (diritto del signore sulla met dei beni dell'adultera) proprio del feudo catalano, non ebbe applicazione in Sardegna, o almeno non ne conosciamo traccia, e l'obbligo del vassallo di risiedere nel feudo salvo riscatto fu abolito, a richiesta degli stessi baroni, nel parlamento del 1452. Altri diritti che non trovano affatto riscontro in Sardegna sono: la exorquia per cui il signore riceveva dal vassallo che non lasciava figli, una porzione equivalente alla legittima del figlio; la arsina per cui quando un predio si incendiava casualmente il paesano era tenuto a dare al signore il terzo dei suoi beni; la firma de spoli , per cui esso riceveva due soldi per lira sull'importo della dote della donna che sposava una remensa . Tutte queste imposizioni vigenti pienamente in Catalogna prima dell'emancipazione delle classi rurali, furono ignoti all'isola, le cui prestazioni feudali si ricalcarono invece sul vecchio sistema tributario locale, anteriore alla conquista aragonese. Inoltre le citt nella penisola iberica godettero di sconfinati privilegi che le costituirono in una notevole posizione di indipendenza non solo di fronte al re, ma anche alla nobilt. Tali privilegi vennero estesi, vero, anche ad alcune citt sarde come Cagliari ed Alghero e pi tardi Sassari; ma esse, pi che per forza propria, li ottennero come benigne concessioni sovrane fatte, more patrio , ai catalani ivi abitanti. La nobilt indigena, come appare dalle linee di evoluzione gi tracciate, si forma assai tardi nell'isola. Affiancata alla vecchia, potente e fedele nobilt aragonese e spagnola, che creazione della maest sovrana, al re si mantiene quasi sempre ligia e sottomessa, paga dei privilegi ricevuti. Anche nei momenti pi gravi della storia isolana e di maggior pericolo per la monarchia, fu sempre alleata di questa da cui si content di ottenere, per via d'ossequiente domanda, le ambite prerogative. Essendo venuta meno in Sardegna con la conquista una vera e propria classe nobiliare indigena di origine militare, le concessioni fatte per imprese belliche furono per lo pi ristrette a particolari persone e ad episodi di valore individuale. Negli ultimi secoli, e specialmente durante la dominazione sabauda, il movente delle numerose concessioni trae origine dalla necessit di ricompensare importanti servizi civili resi alla corona o da singole benemerenze (opere pubbliche, miglioramenti nell'agricoltura, servizi prestati nella magistratura); ed infine da ragioni patrimoniali (somme offerte al tesoro regio per la concessione dei titoli). Talora anche i titoli rappresentano compensi per la retrocessione alla Corona, fatta da particolari, di diritti gi concessi in precedenza dal fisco ai loro antenati (feudi, scrivanie, emolumenti patrimoniali). Esula evidentemente da tutte queste concessioni ogni carattere militare e invano si cercherebbe in esse quelle ragioni di lotte e di contrasti col potere regio, che resero cos celebre la nobilt dei grandi stati continentali. Il cavalierato ereditario introdotto in Sardegna con la dominazione aragonese del 1323, era concesso

dal Re con speciale diploma (privilegio militar, de cavallerat) emanato in forma solenne e munito delle segnature del Supremo Consiglio d'Aragona (sotto la Spagna) o di quello di Sardegna nell'epoca sabauda. I diplomi spagnoli recano il nome e cognome dell'investito (non la paternit) e anche (ma non di frequente) il luogo di nascita. In quelli sabaudi sono contenuti in genere dati pi precisi sul concessionario (paternit, luogo di nascita) e pi particolari specificazioni circa i motivi che danno luogo alla concessione che, negli spagnoli, sono espressi in formule cavalleresche generiche, comuni a tutti i diplomi. Non mancano per, anche nei diplomi spagnoli, casi di motivazione specifica, specie quando il titolo concesso in conseguenza di un atto singolarmente gradito alla Corona, come la partecipazione ad un fatto d'armi, o altro che riveli un particolare attaccamento al Re o alla causa regia. Non di rado i motivi personali che danno luogo alla concessione sono di scarso rilievo e hanno bisogno, particolarmente nei diplomi sabaudi e specie in quelli degli ultimi anni della monarchia, di essere integrati dal versamento di una somma , alla Regia Cassa, il cui ammontare (da 1500 a 6000 lire sarde) indicato nei diplomi stessi. Le motivazioni per il conferimento del cavalierato e della nobilt sono: particolari servizi resi allo Stato in determinate circostanze speciali, benemerenze acquistate nel campo della scienza, nelle pubbliche cariche, nel Regio servizio e anche, pi recentemente, l'incremento dato all'agricoltura nonch le opere edilizie fatte a cura di privati nel pubblico interesse. Un requisito che sempre specialmente menzionato, la fedelt e il particolare attaccamento del concessionario alla causa regia ed alla Corona. Precedeva l'invio del diploma di cavalierato la commissione regia (cartilla de armaon) diretta al Vicer (o ad altro illustre personaggio che lo rappresentava), per mezzo di particolare lettera regia, perch armasse cavaliere il concessionario. Il Vicer con cerimonia solenne in cui non era neppure dimenticata l'accolade degli antichi tempi, lo cingeva della spada. Dopo tale cerimonia il Re rilasciava il diploma o privilegio in cui approvava l'operato del Vicer, autorizzando il concessionario a chiamarsi cavaliere in tutti gli atti pubblici e privati, e ad adottare le armi gentilizie concessegli (particolarmente descritte nel diploma di concessione), e cio a farle figurare nella propria casa, a portarle nei tornei, a fregiarsene secondo le norme consuete, col diritto di trasmetterle ai suoi figlie e discendenti maschi. In pari data, o qualche giorno pi tardi, veniva rilasciato, all'investito del titolo, anche il diploma di nobilt, che dava in Sardegna il diritto alla qualifica di Don. Non di rado le armi gentilizie, anzich essere concesse, come di consuetudine, col diploma di cavalierato, erano conferite a parte, mediante speciale diploma. Durante il governo sabaudo, frequentissimo il caso di conferimenti di cavalierato e di nobilt non accompagnati dalla concessione di alcuno stemma gentilizio. Nonostante la mancanza di tale concessione, i discendenti dei concessionari si trovano oggi quasi tutti in possesso di uno stemma di famiglia la cui legittimit viene ammessa dalla Consulta Araldica, con la dimostrazione dell'uso ultratrentennale di esso, corroborata, quando possibile, da altre prove equipollenti quali l'esistenza dell'arma in uso in tombe, monumenti o cimeli familiari. Le formule di concessione della nobilt erano piuttosto generiche. Nell'Archivio di Cagliari non si conservano concessioni (di cavalierato e nobilt) anteriori alla prima met del secolo XV. Nelle pi antiche che si possiedono, il titolo di nobile conferito anche collettivamente, non singolarmente, a pi persone, con un unico diploma. Si d pure il caso che alla concessione del cavalierato non si accompagni quella della nobilt. Ci potrebbe dipendere dal fatto che del secondo diploma, per smarrimento o mancata registrazione, non rimasta traccia; o che il concessionario non fu, sic et simpliciter, gratificato della nobilt. O infine che il concessionario stesso non ademp, dopo la concessione del cavalierato, alle indicazioni impostegli, purch venisse gratificato di entrambi i privilegi. La nobilt si estende a tutta la discendenza maschile e femminile dell'investito, ma la donna non la trasmette ai discendenti. Il cavalierato si trasmette ai discendenti maschi (cio in linea retta), ma non, naturalmente, alle femmine. La donna maritata pu portare maritale nobili i titoli di Nobile e Donna, ma non li conserva oltre lo stato vedovile (Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano, del 1929, art.18). Secondo una disposizione, la donna nubile perde le qualifiche nobiliari per effetto del matrimonio e quindi anche quello di Donna, anche se si deve ammettere che la disposizione non

abbia effetto retroattivo (cfr. Gazzetta Ufficiale n55 del 1930, R D 14-2-30 n101). Cos il diritto della donna a tali qualifiche derivante dalla nascita, prima personale a vita, viene a subire una grave restrizione, con la conseguenza che le donne nubili non nobili, sposando un nobile, lo diventano; mentre le donne nobili, sposando un non nobile, perderanno la qualifica. Prova del cavalierato e della nobilt Per provare il cavalierato o la nobilt, occorre dimostrare l'attacco genealogico cl primo concessionario. A ci soccorrono gli atti di nascita o di matrimonio dei discendenti, o altri documenti idonei a tal prova. Grande utilit offrono a tale scopo i registri dello stato civile conservati nelle Curie Arcivescovili o Vescovili anteriormente al 1865. Mancando uno degli attacchi genealogici pu suffragare, come criterio equipollente, la prova del possesso del titolo di cavaliere o di nobile (congiuntamente ad altre circostanze e documenti), per varie generazioni di ascendenti del richiedente. Costituiscono valido elemento per la prova anche gli elenchi dei cavalieri, nobili, feudatari, compilati dalle singole Prefetture dell'isola nel 1822 per ordine del Governo. Privilegi dei Cavalieri e Nobili I Cavalieri e i nobili che erano esenti dalla giurisdizione del Veghiere e del loro assessore al pari dei loro servi e familiari, erano soggetti da tempo immemorabile, a quella dei Luogotenenti Generali e dei Governatori. L'ingiuria arrecata ad un nobile da una persona di bassa condizione era punita pi gravemente che non quella arrecata ad uno del popolo. I nobili potevano liberarsi con denaro dalle ingiurie arrecate ai plebei (v. Dexart). Essi erano colpiti con la deportazione quando ai plebei si applicava la pena di morte, e la relegazione era, in loro riguardo, sostituita alla pena del remo cui era condannato il plebeo. I membri dello Stamento, e cio i feudatari, i nobili e i cavalieri, dovevano essere giudicato da un Consiglio di Pari. Si eccettuavano i delitti di lesa maest divina e umana, la sodomia, la falsificazione di moneta, il sacrilegio in monastero. Con Carta Reale 23-8-1633- S.M. confermava il capitolo di corte 18 concesso nel Parlamento celebrato nel 1511, prescrivente che i cavalieri, in materia criminale, venissero giudicati con il voto del Reggente la R. Cancelleria, d'un giudice della Reale Udienza e di sette pari. Godevano del privilegio di portare armi e di non potere essere disarmati (cos pure i loro familiari) dagli ufficiali regi. Se poi in teoria i cavalieri non potevano essere torturati se non nei casi citati di lesa maest, di sodomia, di falsa moneta, eccnel Regno di Sardegna, ci dice il Dexart, "no hi ha memoria de homens en contrari que hage vist militar torturat". Il pregone prescrivente che non si ponesse mano alla spada, non si intendeva esteso ai militari e alle persone dello Stamento. I cavalieri e i militari non potevano essere presi e carcerati per debiti civili. Inoltre i militari erano esenti da molte imposizioni. I cavalieri non feudatari potevano essere imbussolati e estratti a sorte per la carica di consigliere di Cagliari. I cavalieri e i nobili facevano parte dello Stamento Militare e potevano pertanto intervenire di diritto tanto alla riunioni stamentarie dei tre bracci congregati insieme, quanto a quelle separate, che lo Stamento Militare era autorizzato a tenere. Infine i cavalieri potevano in Sardegna attribuirsi la qualifica di Don in quanto fossero pure nobili, essendo essa, come pure oggi, il distintivo della nobilt sarda, nonch di varie famiglie principesche e di molte famiglie lombarde. Non spettava quindi tale qualifica ai semplici cavalieri. Il Codice feliciano mantenne ancora il giudizio dei pari sancendo che i feudatari, i nobili e i cavalieri fossero esenti dalla giurisdizione ordinaria e che non potessero essere citati se non davanti alla R.Udienza o alla Real Governazione (rispettivamente nel capo di Cagliari e in quello di Sassari). Le sentenze poi che condannavo un nobile o un cavaliere alla pena di morte non potevano eseguirsi senza la regia approvazione. I nobili e i cavalieri che dessero ricetto a banditi, oltrech con la pena pecuniaria sancita dalle prammatiche, erano puniti con quella di dieci mesi di presidio, o con altra maggiore o minore, a seconda dei casi. Quelli che semplicemente li proteggessero, erano soggetti al sequestro della giurisdizione baronale e alla pena di 1000 scudi. Per il codice feliciano i ricettatori di banditi di qualunque stato, grado o

condizione, erano puniti con la pena da un anno di carcere a tre anni di galera (Codice Feliciano, art.1752). Esclusione delle nobilt dalle cariche civili. I feudatari ed i nobili (non i cavalieri) erano esclusi dal reggimento della citt di Cagliari, ostandovi i privilegi concessi a questa. Le domande per essere ammessi alle cariche cittadine, fatte nei parlamenti, non furono accolte. L'influenza dei feudatari e dei nobili con tutti i loro grandi privilegi avrebbe assicurato infatti ad essi una forza preponderante in seno al Consiglio. Cos i consiglieri e l'Universit del Castello ottennero l'esclusione ad tempus dell'elemento militare dal Corpo Consolare. L'esclusione si estendeva un tempo sia ai nobili che ai semplici cavalieri. Ma mentre per i feudatari e signori di vassalli esisteva un valido motivo di incompatibilit, a cagione di alcuni privilegi posseduti in loro pregiudizio dalla citt, come la provvisione di frumento, di carne e altre derrate, non ne esisteva alcuno contro i militars non heretats. Perci nel Parlamento del 1497, concluso nel 1511, si chiese dallo Stamento e si ottenne "que los militars non heretats" potessero entrare nel reggimento della citt. Il Re Ferdinando, con prammatica 14-4-1511 (v. Dexart), aderendo all'istanza del sindaco dello Stamento Militare stabil, in analogia ai principi della costituzione barcellonese, che per un triennio venissero imbussolati per le cariche di consigliere i nomi di dieci cavalieri (esclusi i nobili, i baroni e i feudatari), con qualche altra condizione o limitazione. Sembra lecito ritenere che, ferma sempre l'esclusione dei nobili e dei feudatari (i quali non potevano esercitare alcuna carica regia se non rinunciano ai loro feudi, n coprire quella di vicario), siano rimasti, anche in seguito, abilitati i semplici cavalieri. Tale norma almeno vigeva ancora nel 1641, come risulta dal Dexart. La nobilt sarda dopo il 1848 Con l'unione della Sardegna agli stati continentali (30 novembre 1847), l'isola cessava di reggersi, oltre che con bilancio separato, con legislazione indipendente da quella del Piemonte. Da quella data di fondamentale importanza storica, i codici e le leggi di terraferma sostituirono la secolare legislazione costituita dai vecchi codici spagnoli, dalle carte reali, dagli editti e pregoni iberici e piemontesi, gi riuniti e compendiati sistematicamente in un solo corpo, col codice feliciano (1827). I feudi erano stati riscattati pochi anni prima dell'annessione (1836-1844) con la clausola che ai feudatari e ai discendenti di essi, fossero riconosciuti i titoli loro spettanti in base ai diplomi di infeudazione. Il riscatto feudale e l'accennata unione venivano pertanto a chiudere definitivamente il libro delle concessioni nobiliari sarde fatte in base alle antiche leggi e consuetudini e ne circoscrivevano l'ambito ai discendenti delle antiche famiglie, che continuano tuttora a portarli, mentre i titoli di tante altre, per graduale estinzione degli eredi maschi, non hanno pi rappresentanti. Il R.D. del 16-8-1926, n1489, trasfuso nell'Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano, approvato con R.D. 21-1-1929 ha inoltre disposto, in deroga alle vecchie concessioni sovrano del diritto sardo, variamente disciplinanti i feudi impropri (cio trasmissibili per linea femminile in mancanza di maschi), che "i titoli, i predicati e gli attributi familiari non si trasmettano alle femmine, n per linea femminile (art.54); che quelli gi concessi alle femmine, spettino alle medesime durante lo stato nubile e non diano luogo a successione (art.57) e che la successione dei titoli, predicati e attributi nobiliari, abbia luogo a favore dell'agnazione maschile dell'ultimo investito, per ordine di primogenitura, senza limitazione di gradi e con preferenza della linea sul grado (art.54). estinte le linee maschili, aventi per stipite comune la femmina intestataria del titolo, questo con gli annessi predicati dovr tornare, previe lettere patenti di regio assenso, all'agnazione maschile della famiglia cui apparteneva prima della promulgazione delle leggi abolitive della feudalit., osservate le norme dell'art. 54 (art.59). Pertanto anche questa legge porta indubbiamente a circoscrivere e restringere sempre pi la cerchia dell'antica aristocrazia sarda, molte famiglie della quale godevano del privilegio di trasmissione dei titoli per linea femminile. Cos il libro delle famiglie isolane, chiusosi definitivamente nel 1848, andr sempre pi assottigliandosi e perdendo i rappresentanti degli antichi titolati (cavalieri, nobili e

feudatari). Si noti ancora che in Sardegna, a differenza delle antiche repubbliche italiane, non esisteva una nobilt decurionale, poich i comuni vi ebbero vita breve e poco fiorente. Caratteri della nobilt sarda Si notato altrove che i conferimenti di cavalierato e nobilt a sudditi sardi cominciano a riscontrarsi nei primi decenni del secolo XV come risulta dalla serie dei pi antichi rilasciati in favore degli isolani. Per quanto riguarda le concessioni feudali, in numero ben limitato furono quelle fatte a sardi fedeli nei primi tempi della conquista e pi tardi a cittadini di Sassari e Bosa distintisi nell'assedio di Monteleone e Bonvehi (1436) contro Nicol Doria, quali validi cooperatori degli aragonesi. Gli isolani cominciarono quindi ad essere ammessi nei ranghi della nobilt non fornita di feudo solo nel secolo XV e, in misura ristrettissima, continuano ad appartenere a quella feudale, partecipando cos dei benefici riservati ampiamente ai conquistatori. Cedeva man mano la diffidenza di questi verso gli indigeni, di fronte a prove inconcusse e manifeste di fedelt alla causa regia, che facevano allontanare ogni sospetto di ribellione e di autonomia. Nondimeno la pi alta e potente aristocrazia restava sempre etnicamente e politicamente, come all'inizio della conquista, catalano-aragonese (e tale continuer a restare in seguito), poich i feudi pi numerosi ed importanti si trovavano in potere di quelle famiglie i cui antenati erano venuti dalla Spagna a fianco dei re e dei principi, per la spedizione di Sardegna. N i re vollero permettere che l'elemento sardo acquistasse importanza politica nell'isola, non accedendo mai alla domanda degli impieghi e delle prelature agli isolani, pi volte ripetuta nei parlamenti, sia per poterne disporre a favore dei magnati spagnoli, sia per prudenziale misura di governo. significativo che le maggiori cariche, soprattutto quelle di vicer, siano rimaste durante i secoli, monopolio esclusivo, o quasi, degli spagnoli e dei piemontesi. Cos si spiega facilmente come al momento del riscatto feudale la Sardegna era ancora infeudata per massima parte ai discendenti delle antiche famiglie d'origine iberica quali i Sanjust, gli Aymerich, i Pilo, i Zapata e gli Amat, per tacere di altre potentissime, che non si degnavano ormai pi di risiedere in Sardegna. La conquista aragonese aveva evidentemente segnato il tramonto dell'antica nobilt indigena costituita dalle dinastie dei giudici, dai loro parenti e dai loro principaliores degli staterelli sardi nel lungo periodo dell'autonomia (gli Athen, i De Serra, i De Laccon, i De Thori). Pur tuttavia gli isolani, dal secolo XV in poi, continueranno ad essere ammessi, sempre pi largamente, nei ranghi del cavalierato e della nobilt, come rivelano le concessioni relative, che si fanno pi numerose nei secoli XVI-XVII e numerosissime sotto la dominazione sabauda, favorite anche, come abbiamo visto, da ragioni patrimoniali e da motivi d'interesse pubblico. Venne pertanto meno alla Sardegna la sua remota nobilt indigena la quale, in un primo tempo, per la vigorosa penetrazione pisana e genovese e poi per il processo rapido e violento dovuto alla conquista, fu soppiantata da una nobilt di importazione. Quella nuova composta di elementi locali, che cominci a formarsi un secolo dopo la prima spedizione iberica, non sorse per forza propria n in contrasto con l'autorit regia, come, in antico, nei grandi stati continentali, ma come benigna emanazione della monarchia e priva per lo pi di feudi, e mal si fuse con quella feudale e potentissima che era figlia della conquista. Infatti non pochi avversari della potenza o prepotenza dei baroni che, nella memoranda rivoluzione del 1796 si schiereranno con Don Giovanni Maria Angioy, leader del movimento, erano insigniti del cavalierato e della nobilt. I sardi nella maggioranza dei casi impetrarono dalla maest sovrana i privilegi nobiliari (anche se non mancarono concessioni di cavalierato e nobilt fatte dalla Corona in ricompensa di benemerenze in imprese belliche o per sussidi pecuniari offerti in tali imprese) e non di rado, soprattutto negli ultimi tempi, corroborarono le loro istanze col versamento di somme considerevoli al tesoro regio, come dimostrano incontrastabilmente i diplomi di concessione. Cos ben poco pot fare per l'isola questa nobilt indigena di uomini nuovi asservita alla corona, nella cui orbita e secondo i cui interessi, era portata a muoversi e ad esplicare la sua azione. La casa di Savoia, seguendo qualche esempio precedente, cre, specialmente negli ultimi tempi (fenomeno del resto non peculiare al regno sardo) una nuova nobilt a carattere feudale. Non avendo campo o non trovando opportuno di concedere nuovi feudi e dopo l'abolizione dei medesimi, non avendo la possibilit, ricorse all'espediente di annettere titoli feudali a territori

demaniali o anche di propriet privata del concessionario, oppure di conferire sic et simpliciter (ad es. nel caso del Barone Rossi), i titoli stessi senza alcun speciale predicato. Su queste concessioni prive di giurisdizione o di diritto, o almeno di fatto per mancanza o quasi di vassalli, abbiamo altrove fermato l'attenzione chiamandole impropriamente feudali. Alcune di esse hanno infatti un contenuto esclusivamente onorifico, essendo soltanto dirette a conferire un lustro e decoro al concessionario, e alla sua famiglia. Possono dirsi di tale natura e di data assai recente, molte fra quelle che hanno per predicato il nome di un santo o il cui predicato per lo pi il nome di un possesso territoriale privato dell'investito. Queste concessioni nulla hanno di feudale se non il titolo, il territorio e la fedelt alla corona, n presentano alcuna affinit, se non formale, con le antiche concessioni di feudi, le quali avevano la base politica della conquista armata e della difesa contro i non infondati pericoli di una ribellione allo straniero. Resta per ad esse il carattere remuneratorio di speciali e devoti servizi resi alla corona e pertanto evidente e preponderante in esse l'elemento del vassallaggio. In epoca recente, la concessione di feudi e dei relativi titoli, rappresenta anche un compenso dato dalla corona in contraccambio di cessioni di diritti patrimoniali. Il feudo e la nobilt feudale in rapporto alla politica di conquista Riesce agevole, dopo queste considerazioni, tracciare rapidamente le linee d'evoluzione della nobilt feudale e del feudo in Sardegna. Gli aragonesi, per affermare ed estendere il loro dominio nell'isola, operarono con sagacia e prudenza politica, sfruttando abilmente quella grande arma di conquista che era il feudo. Si spiega cos la formazione, nella prima met del XIV secolo, di un potente nucleo feudale nella parte meridionale dell'isola, centro delle prime loro fortunate operazioni. Esso ha per base i grandi feudi di Quirra e di Mandas detenuti dai fedelissimi Carroz, congiunti del sovrano e suoi cooperatori con gli altri baroni catalani, aragonesi e valenzani, venuti a seguito del principe per la grande impresa. Assicurata Cagliari dalla parte del mare, con la sconfitta dei pisani (1325) e contro la minaccia dei Donoratico dopoch questi furono dichiarati ribelli e spogliati dei loro possedimenti in Sardegna (1355), si costituiva in vasto territorio infeudato una base formidabile e sicura di azione militare. Si dominava cos l'iglesiente e si tagliava in pari tempo la strada agli arborensi, potenti signori di Oristano, e minaccia grave per i regi. Si pensi che il ribelle Mariano pot, nel 1355 e nel 1367, giungere alle porte di Cagliari e mettere a repentaglio la sicurezza del Castrum, ove gli Aragonesi avevano gi potentemente iniziato (1327) la catalanizzazione dell'isola, come manu militari l'avevano iniziata in Alghero (1355) e in Sassari (1329), dopo le ribellioni di queste citt. Ma la preoccupazione pi grave per i conquistatori doveva essere la parte settentrionale dell'isola ancora sotto il dominio dei genovesi, dei Doria e dei Malaspina, pi esposta a pericoli da parte del mare e della Corsica e meno tranquilla per il fuoco di perpetua ribellione che vi tenevano acceso quelle potenti famiglie, spalleggiate dalla repubblica di Genova. Anche Sassari per le sue recenti rivolte (1325 e 1329) e per il suo glorioso passato di autonomia non era tale da rassicurarli appieno. Non mancarono pertanto i tentativi di penetrare vigorosamente con il feudo anche nel settentrione e di costituire con esso altrettante rocche di difesa e di offesa attorno al giudicato arborense, contro i Malaspina e i Doria. Lo dimostrano le infeudazioni di Terranova e quelle di molte ville della Nurra, della Gallura e del nuorese, ove evidentemente si cercava di iniziare una base sicura di dominio, sebbene con scarso successo. Ai Doria, ai Malaspina, momentaneamente pacificati, si dovettero riconfermare i feudi riconoscendo il dominio dei primi sull'Anglona, su Monteleone e su Castelgenovese (1355-1357) e dei secondi su Osilo (1325-1325-52) ritardando cos la penetrazione nella parte settentrionale dell'isola. Il Monteacuto, concesso in un primo tempo, unitamente a Terranova, a Giovanni d'Arborea gli fu violentemente ritolto dal giudice ribelle quando scoppi il conflitto fra quest'ultimo, il fratello e il Re. N certo fu estraneo alla rottura l'acume del regolo arborense, che intese perfettamente le mire dei conquistatori, suoi antichi alleati e ora suoi forti nemici. Il predominio quindi della corona dovette limitarsi nel settentrione alla stretta zona nord-est, ove Giovanni d'Arborea e Giovanni Carroz, fedelissimi sudditi erano gi investiti di feudi: e cio di Terranova e di Monteacuto il primo (1375); di Mandas, Orgosolo e dei villaggi della curatoria di

Seurgus (1350) il secondo. Anche il feudo di Terranova si riunisce poco dopo (28 ottobre 1376) nella famiglia di Giovanni Carroz per la concessione fattane dalla Corona in quell'anno a Benedetta d'Arborea di lui moglie. Ma gli avvenimenti dovevano precipitare in favore dei dominatori. La spedizione di Aimerigo di Narbona riusciva fatale ai loro nemici, che si erano illusi di trovare nel visconte un potente alleato. La sconfitta di Sanluri (1409) doveva dare una grave colpo alla potenza arborense, che ormai non potr pi arginare la preponderanza decisa dei vincitori. Resa vana la resistenza di Leonardo Cubello dalle armi di Pietro Torrellas, il primo scende a patti tanto gravi che, pu dirsi, segnino di fatto la rovina della vecchia e gloriosa dinastia arborense (1477). Alla perdita del titolo di giudice si accompagna per i patti del 1410 quella pi concreta della diminuzione del territorio, che viene ristretto alla citt di Oristano, ai tre Campidani e al Goceano, con perdita del Monteacuto e del Marghine, potenti sentinelle avanzate del giudicato. Sul Goceano stesso gli aragonesi, nonostante la concessione del 1410, pare si arroghino dei diritti, poich lo vediamo infeudato nel 1421 al Centelles e soggetto ad incursioni di sardi capitanati dal ribelle Barzolo Manno. Se poi tale infeudazione fu arbitraria e illegale, dimostra per se stessa che ormai il marchese di Oristano nn destava pi preoccupazioni. La Corona, quasi un secolo dopo la spedizione, analogamente a quanto aveva fatto nel cagliaritano, riesce finalmente a costituire nel nord dell'isola, un formidabile centro feudale in favore di una potente famiglia iberica, quella dei Rivosecco-Centelles. Questa considerazione spiega pertanto la cessione in feudo a Bernardo di Riusec (alias Gilaberto de Centelles, che copr anche la carica viceregia nel 1421 e 1422), delle contrade tolte agli arborensi e la costituzione del Contado di Oliva che gareggia, per vastit, potenza e ampiezza di privilegi, col feudo meridionale di Quirra. Negli anni 1421 e seguenti, si riuniscono in mano dei Centelles il Marchesato del Marghine, il Ducato di Monteacuto, l'anglona, la Baronia e il castello di Osilo gi tolto a Brancaleona, marito di Eleonora (1390). I Doria, ricacciati verso il mare nelle ultime loro rocche di resistenza (Castelsardo, Monteleone e Bonvehi), mediante l'aiuto dei magnati sardi, fedeli alla corona, saranno ben presto completamente debellati e annientati con la confisca dei loro possessi (1436). Alcuni di questi sardi fedeli otterranno concessioni feudali di poco rilievo; altri costituiranno il primo considerevole nucleo di nobilt non feudale che, come si visto, avr sviluppo, con scarsa potenza politica, nei secoli posteriori. Queste, in rapporto al feudo, le linee della politica aragonese e il piano della conquista cos felicemente attuato. Le numerose concessioni feudali minori, fatte in genere a famiglie catalane, aragonesi e talora a sardi fedeli, ne confermano e completano il quadro. Nei centri urbani esclusi dal feudo come i pi importanti (Cagliari, Sassari, Iglesias, Alghero, Castelsardo e pi tardi Oristano e Bosa), gli aragonesi e poi gli spagnoli, esplicano assiduamente la loro influenza o sovrapponendo addirittura ai vecchi, istituti catalani, (come a Cagliari e ad Alghero), o facendo opera assidua di penetrazione per mezzo delle istituzioni e dei costumi iberici (specie di diritto pubblico), oppure trasformando gradualmente le indigene e le antiche comunali. Resta da considerare l'evoluzione del feudo dal lato giuridico. Il carattere patrimoniale non fu, nel feudo sardo, mai disgiunto dal carattere politico, poich la proverbiale "avara povert di Catalogna" port, fin dai tempi della conquista, a sfruttare il feudo come cespite di reddito anche per gli impellenti bisogni delle guerre. Alienazioni di feudi e specialmente trapassi a titolo oneroso, furono quindi frequenti fin dai primi tempi. Senonch, dopo il secolo XV, venne meno al feudo sardo la sua funzione di strumento di conquista e di base delle operazioni belliche, come si gi notato altrove. Il detto di Ugolino, feudum est beneficium, non definisce quindi esaurientemente la sua funzione in Sardegna, come vuole il Mondolfo, e, come ha acutamente osservato il Solmi, non ne mostra che un solo aspetto. N, assicurata la conquista, viene meno in esso ogni carattere politico, in quanto i poteri amministrativi e giurisdizionali inerenti alle concessioni feudali perdureranno, con non sostanziali limitazioni, fino al riscatto, restando sempre il feudo, fino a quel momento, la base del sistema di governo. Nel breve periodo della dominazione austriaca, risorgono per poco le concessioni nobiliari, feudali o di altre cariche a scopo prevalentemente politico, fatte cio dal nuovo governo col fine di ricompensare e tenersi fedeli i suoi partigiani, validi artefici della conquista contro la Spagna (in

realt anche la Spagna si comportava nella stesso modo, anche si gli sforzi fatti non le avevano evitato la perdita della Sardegna). Durante il periodo sabaudo le concessioni feudali, sebbene perfette nei loro tre elementi, trovano non di rado principale movente in un particolare e determinato interesse del regio fisco, in quanto rappresentano l'equivalente della cessione, in suo favore, di beni ed emolumenti da parte dei nuovi investiti; oppure anche in un interesse pubblico, quale l'accrescimento della popolazione e la colonizzazione dell'isola. Nello stesso periodo si affermano le concessioni a base beneficiaria che possono chiamarsi impropriamente feudali, cio tali non intrinsecamente, ma per elementi esteriori (titolo, territorio, emolumenti patrimoniali di carattere non tributario) e nell'ottocento quelle di puro titolo. Tali concessioni, che il Mondolfo non distinse chiaramente dalle altre n per epoca n per funzione, potrebbero, a differenza delle seconde, essere esattamente definite dal detto di Ugolino. Alla nobilt non feudale degli ultimi tempi (sec. XVIII e XIX) venne meno ogni influenza politica diretta, anche per il fatto della mancata convocazione dei parlamenti dopo il 1698. Che essa, al pari della nobilt feudale, non fosse rassegnata quietamente a questa violazione del Trattato di Londra (1718), lo dimostra la domanda fatta dagli Stamenti nel 1793 per la convocazione di tali assemblee, come si era fatto in passato; domanda che rimase frustrata dal corso degli avvenimenti posteriori. Cos la levata di scudi delle classi nobiliari e borghesi (1794-1795) per il ripristino e la conquista di vantaggi e privilegi in ricompensa delle benemerenze acquisite dai sardi contro i francesi (alle quale volle darsi, a torto, significato di rivendicazione nazionale anzich, come fu realmente, di ristretto e particolare interesse di classi), ebbe a restare, si pu dire, lettera morta. Non di rado i titoli feudali sono concessi con la clausola che i titoli stessi possono essere portati dal primogenito durante la vita del padre. Concessioni del semplice cavalierato Normalmente in Sardegna alla concessione del cavalierato si accompagna quella della nobilt e quindi i cavalieri sono anche nobili (i nobili isolani poi, derivanti il loro titolo da concessioni e diplomi del regno sardo anteriori al 1848, sono pure cavalieri. Le famiglie sarde che hanno il solo titolo di nobile senza quello di cavaliere derivano la loro concessione da S.M. il Re d'Italia). Quest'affermazione pu per farsi solo limitatamente alle concessioni posteriori al sec. XVII. Gli esami degli elenchi degli intervenuti alle assemblee parlamentari persuade infatti che le concessioni del semplice cavalierato, pi frequenti nei quattro secoli di dominazione spagnola, si fecero assai limitate nel periodo successivo. In queste liste, ove anche per ragioni giuridiche, e cio per il controllo dei documenti conferenti il diritto di intervento alle riunioni stamentarie, i titoli erano attribuiti agli intervenuti con scrupolosit ed esattezza, troviamo elencate molte persone insignite del semplice cavalierato. In tali casi l'appellativo Cavaller, segue il nome delle medesime, preceduto dall'appellativo di Mossen, o Micer o Amado. Cos, nel parlamento del 1553-1554 (Vicer d'Heredia), troviamo un Mossen Bartolomeo Sellers cavaller, un Micer Prospero Serra cavaller e cos pure un Micer Virgili Ruiz, un Amado Duran Guio, un Thomas Aleu, un Ambroso Larca, un Eliseu Dore e un Joan Galeazzo, tutti qualificati solamente cavallers. Resta per il fatto che gli intervenuti indicati con il duplice titolo di Noble Don (o Noble Dona) precedente il nome o, come altri, col semplice Don, hanno sui primi una grande preponderanza numerica. caratteristico che non troviamo attribuita ai nobili, in tali elenchi, la triplice qualifica moderna: Cav. Nob. Don, pure essendo costoro anche cavalieri. Gli stessi provvedimenti riferiti pi sopra, che autorizzavano i semplici cavalieri a sedere nei consigli della citt di Cagliari, confermano che le concessioni del semplice cavalierato prive della nobilt, dovettero essere pi numerose dei quattro secoli della dominazione spagnola. Tuttavia anche allora il numero dei cavalieri fu pi ristretto in confronto di quello dei nobili tra i quali andavano annoverati moltissimi feudatari, compresi i pi potenti possessori di grandi feudi. D'altra parte la nobilt non feudale (cavalieri e nobili) creata per controbilanciare, specie nei parlamenti, l'influenza di quella potentissima fornita di feudo, ben rispondeva nelle congreghe stamentarie, per numero di voti almeno, a tale scopo politico.

Feudatari non nobili n cavalieri, qualificati semplicemente heretats si riscontrano pure frequentemente negli atti dei parlamenti. Erano mercanti arricchiti o, in genere, borghesi facoltosi che, unitamente al feudo, acquistavano anche il diritto di intervenire a quelle assemblee. Col tempo essi per ottennero generalmente la concessione del cavalierato e della nobilt delle quali la corte regia non fu mai troppo avara ai propri fedeli; oppure, alienato il feudo per ragioni economiche, rientrarono nelle file della borghesia scomparendo, di conseguenza, dalle liste stamentarie. Dal 1720 in poi, sono assai limitate le concessioni del semplice cavalierato, perch, unitamente a questa, i concessionari ottengono anche quella della nobilt. Riepilogando, il nobile feudatario qualificato come Nobile Don o semplicemente Don in precedenza al nome, seguito dall'appellativo heretat; il feudatario non nobile come Mossen, Magnifich Mossen o Amado prima del nome seguito dall'appellativo heretat; il semplice cavaliere come mossen, o micer, o amado che precedono il nome, mentre il titolo di Cavaller lo segue; il semplice nobile e cavaliere insieme, col Don o col Noble Don a precedenza del nome; il Donzello con amado o mossen che precede il nome e con la qualifica di Donzell che lo segue. Questa qualifica ricorre spessissimo negli elenchi stamentari anteriori al secolo XVII. Abuso di titoli nobiliari Contro l'abuso di titoli nobiliari il R.D. Legge 20-3-1924, n442, ha stabilito che, indipendentemente dall'applicazione della pena comminata per l'usurpazione di titoli quando il fatto costituisca il delitto previsto dall'art.186 del cessato codice penale (in data 30-6-1889), chiunque, sia in documenti ufficiali, sia in qualsiasi atto giuridico o anche negli ordinari rapporti sociali, faccia uso di titoli o attributi nobiliari che non risultino appartenergli da conforme iscrizione nei registri della Consulta Araldica, sia punito con l'ammenda da Lit.1.000 a 5.000 (art.5). che in caso di recidiva non possa essere applicata un'ammenda inferiore al doppio di quella precedentemente inflitta (esclusa l'oblazione nel caso stesso) e che una quota delle ammende applicate per le singole contravvenzioni, sia devoluta agli agenti autori delle denunzie (stesso art.5). Nessuno pu far uso di titoli e attributi nobiliari se non sia iscritto come legittimamente investito di tali titoli o attributi nei registri della R. Consulta Araldica. Dell'inscrizione fa fede l'annotazione nell'Elenco Ufficiale Nobiliare, approvato con R.D. 3-7-1921 n972 e nei successivi elenchi supplementari, approvati e depositati nei modi stabiliti dal detto decreto (art.1). I notai e gli ufficiali dello stato civile e tutti gli altri pubblici ufficiali, non potranno attribuire ad alcuno, in atti pubblici o in qualsiasi atto o documento di carattere ufficiale, titoli o attributi nobiliari se non risultino appartenenti all'interessato dagli elenchi suindicati, o se l'interessato non dimostra di esserne investito, esibendo un certificato d'iscrizione nei registri della Consulta Araldica, sotto pena dell'ammenda di Lit. 500 o 1000 (art.4). Numerose famiglie che hanno diritto a titoli nobiliari non si trovano iscritte in registri della Consulta Araldica e nell'Elenco Ufficiale della Nobilt Italiana, e persistono tuttora nella trascuranza di far le pratiche relative, sia per ragioni economiche, sia perch noncuranti dei titoli nobiliari loro appartenenti. frequente il caso che dei diversi rami di una famiglia, facenti capo allo stesso concessionario, sia iscritto il solo ramo primogenito o anche il primogenito ed alcuni degli ultrogeniti, e che i rimanenti rami collaterali, con i loro discendenti, non curino affatto l'iscrizione nei libri araldici. Si d anche il caso di casati con numerosi rappresentanti viventi, i quali non figurano nel citato elenco nobiliare. Tutti costoro, pur avendo potenzialmente il diritto a titoli nobiliari, cadrebbero, per mancanza del decreto di riconoscimento, nelle sanzioni della legge se li portassero pubblicamente. In sostanza, allo stato attuale delle cose, gli elenchi ufficiali non contengono che una parte dei casati nobiliari e dei nobili. Concessioni nobiliari di carattere particolare Non mancano concessioni di cavalierato e nobilt fatte personaliter tantum, ad ecclesiastici. Hanno caratteristiche speciali le concessioni del cavalierato e delle armi gentilizie (oltre che della nobilt) fatte a donne purch profittino ai figli. Cos il 13-6-1778, a favore di Donna Maura Marras furono spediti tali diplomi, perch ne fosse fatta la trasmissione ai figli di primo letto, maschi e femmine e

ai discendenti maschi e femmine di essi figliuoli maschi immediati. Le stesse concessioni del cavalierato, della nobilt e delle armi gentilizie, furono fatte nell'8 aprile 1774 a favore della vedova Maria Elisabetta Pugioni nata Loddo e dei suoi figliuoli e discendenti maschi e femmine, esclusivamente per ai discendenti da queste. La Pugioni aveva comprato la peschiera di Pontevecchio con la condizione di ottenere tali distinzioni nobiliari. Curioso che, secondo la dizione del diploma, anche ad essa fu concesso il cavalierato senza per la cerimonia dell'armamento. Cos essa (caso eccezionalissimo), ebbe diritto al titolo di cavaliere e ai privilegi inerenti ad esso. Donna Maura Marras vedova Mura, nelle trattative per la concessione in enfiteusi della Montagna d'Abbasanta, chiese ed ottenne, con la nobilt, il cavalierato per i figli di primo letto si maschi che femmine e per i discendenti maschi e femmine dei medesimi figliuoli maschi immediati, esclusivamente per ai discendenti delle femmine immediate.

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