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Il MEDIOEVO ED IL SISTEMA FEUDALE

Valerio Ciarrocchi – 3 N
Origine e significato del termine:

Il termine feudalesimo deriva da feudo (termine di origine franca che significava “bene” o
“bestiame”), che indicava i beni regalati da un capo ai suoi
guerrieri in cambio di servizi che gli avevano resi.

In seguito, il termine “feudalesimo” indicò il sistema politico e


sociale che si consolidò in Europa nell’Alto Medioevo quando
esigenze militari e politiche spinsero i sovrani ad instaurare
legami personali con i principali guerrieri, nobili ed
ecclesiastici del proprio regno in modo da ottenerne
l’obbedienza e delegare loro funzioni amministrative su dei
territori.

I tre elementi fondamentali nel sistema feudale:

1. IL BENEFICIO: era regolato da un “contratto di


concessione”: il signore (re o nobile) assegnava un
territorio ad un suo fedele (vassallo) affinché potesse
vivere con la rendita di quel terreno. In cambio, chi
riceveva il beneficio assicurava al signore il suo sostegno militare.
Inoltre il vassallo doveva svolgere una serie di servizi che venivano elencati nel “contratto di
concessione”. Alla morte del vassallo il feudo, ritornava in possesso del signore, anche se
spesso il beneficio veniva rinnovato agli eredi del defunto.
Con il passare del tempo, però, il privilegio del beneficio diventò ereditabile dal successore
del defunto. L’eredità del feudo fu prima applicata ai feudi maggiori e successivamente
(dopo violentissime lotte contro i feudatari maggiori) anche ai feudi minori.

2. IL VASSALLAGGIO: La concessione del beneficio rappresentava, all’epoca, un atto


politico e religioso. Vi era una vera e propria cerimonia che rappresentava l'omaggio del
vassallo al signore e avveniva in pubblico.
Il vassallo s'inginocchiava davanti al signore con le mani giunte, il signore le prendeva
stringendole in segno di protezione e di difesa; il vassallo, poi, giurava fedeltà al signore
estendendo la mano sul Vangelo o su oggetti sacri, e
dichiarava di essere un “vassus”, ovvero un vassallo, cioè
dipendente dal suo signore.
Al giuramento seguiva l'investitura: il signore consegnava al
vassallo un simbolo del feudo da lui concesso, per esempio
uno scettro, un'insegna, un bastone, una zolla erbosa, un
guanto o un anello.
Il vincolo così non poteva essere violato: il vassallo che
veniva meno ai patti veniva pubblicamente chiamato
“fellone”, ovvero colpevole di tradimento o ribellione;
ugualmente riprovevole era un signore che non rispettava gli impegni presi nei confronti
del vassallo.

3. L’IMMUNITÀ: il vassallo era esente da alcuni obblighi fiscali, militari ecc.. oppure
otteneva specifici privilegi, come quello di amministrare la giustizia o di battere moneta,
ovvero coniarla.

Il ruolo della Chiesa nel sistema


feudale:
I signori concessero beni e privilegi
anche agli uomini di Chiesa, ai
conventi e alle abbazie.
Il vantaggio per i signori era
evidente: gli ecclesiastici non
potevano avere eredi, quindi alla
loro morte l’imperatore era certo di
rientrare in possesso del feudo.

Nel corso del Medioevo la Chiesa


acquistò un enorme patrimonio
terriero, e a parte i territori italiani
controllati direttamente dal Papa, le abbazie e i conventi sparsi in tutta Europa ricevevano di
frequente lasciti testamentari, insieme a donazioni. Inoltre, molti piccoli proprietari, oppressi dai
feudatari, preferivano consegnare la loro terra alla Chiesa, mantenendone il ricavato e ottenendo in
cambio protezione.

In conseguenza di tutto ciò gli ecclesiastici furono sempre più coinvolti in interessi mondani e
politici e cedettero sempre più spesso alla corruzione. La missione spirituale passò in secondo
piano rispetto alla fame di accumulare ricchezze e potenza e si diffuse ampiamente la simonia,
ovvero la compravendita di beni spirituali o temporali, quali indulgenze o cariche ecclesiastiche.

La nascita della cavalleria:


Durante l’età feudale, i soldati a cavallo divennero professionisti della guerra legati da un vincolo
di fedeltà al loro signore. Essi dovevano
provvedere al proprio equipaggiamento, ossia
procurarsi armi e armatura e un buon cavallo; per
questo, in quel tempo di grande e diffusa povertà,
poteva divenire cavaliere solo chi era abbastanza
ricco e apparteneva alla nobiltà, anche decaduta.

A partire dall’XI secolo, i cavalieri, fino ad allora


quasi sempre analfabeti, divennero via via più colti
e raffinati: la frequentazione delle corti dei Signori
e l’adesione sempre più convinta ai precetti del
cristianesimo ammorbidirono i loro modi violenti e
spietati. La stessa Chiesa intervenne per frenare i
loro eccessi, cercando di imporre loro un codice di comportamento morale e religioso. Così, anche
per distinguere i veri cavalieri dai semplici predoni di strada, fu creato l’istituto della cavalleria. Chi
entrava a farne parte doveva sottostare a una serie di regole: dalla cerimonia d’investitura al
rispetto di alcune norme di comportamento.

Era necessario seguire un percorso lungo ed elaborato.


All’età di sette anni, i figli di cavalieri e i figli cadetti dei feudatari (cioè coloro che non ereditavano
il feudo in quanto non primogeniti) diventavano paggi, svolgevano cioè servizi domestici per i
signori; più tardi, a partire dai quattordici anni, si mettevano al servizio di un cavaliere; verso i
vent’anni erano pronti per l’investitura, ossia per la nomina ufficiale a cavaliere, che poteva
avvenire dopo una battaglia, per il coraggio e l’abilità militare dimostrati o, in tempo di pace, in
occasione di una pubblica cerimonia civile e religiosa.

L’incastellamento:
Tra il IX ed il X secolo l’Europa fu investita da un’ondata migratoria di popoli nomadi. Dal
momento che i sovrani non erano in grado di assicurare la totale difesa dei propri territori, i grandi
signori e le popolazioni contadine cominciarono ad autodifendersi.

Mentre i rapporti con il potere centrale diventavano sempre più deboli, i signori organizzavano la
loro resistenza e innalzando ovunque castelli e fortezze per proteggersi.
I feudatari diedero vita a piccoli centri fortificati, collocati in posizioni strategiche, ben definibili,
come la vetta di un colle.

Il castello serviva non solo a proteggere il signore, la sua famiglia e gli abitanti del villaggio, ma fu
anche un centro di scambio economico e di vita sociale. Intorno ad esso sorsero borghi abitati con
una vita autonoma ed in esso il popolo si rifugiava nel caso di attacchi esterni. Il castello divenne
ben presto un simbolo di potere ed uno strumento mediante il quale estendere la propria autorità
politica, amministrativa ed economica, non soltanto sui contadini direttamente dipendenti, ma anche
su tutti i residenti nell’area in cui si trovava la grande proprietà. Per questo i sovrani furono sempre
piuttosto riluttanti a riconoscere il diritto di un vassallo a costruire castelli, perché essi
rappresentavano un problema che avrebbe portato all’autonoma amministrazione del territorio.
Il sistema curtense:
L’economia feudale si fondava sulla “curtis”, che rappresentava un modello di organizzazione della
grande proprietà terriere. La curtis era divisa in due parti tra loro:
 La “pars dominica”: comprendeva le terre amministrate, gestite direttamente dal signore
feudatario e coltivate dai contadini schiavi (chiamati anche “servitori della gleba”, ovvero
zolla di terra); ne facevano parte: l’abitazione signorile, gli alloggi dei servi, le stalle, le
cantine, i magazzini, i laboratori artigianali, i ponti, i forni, ecc..

  La “pars massarica”: l’insieme delle


piccole terre coltivate con autonomia
dai contadini liberi; erano date solo in
gestione ed il ricavato dalle terre
andava nelle mani del signore, ad
eccezione di una piccola parte lasciata
al contadino per sfamare lui e la
famiglia.

I signori provvedevano alla difesa del


territorio e all’amministrazione della giustizia. Per risolvere i casi più incerti, però, si ricorreva
spesso ad un’antica usanza germanica: l’ordalia.

I casi più frequenti erano: le accuse di adulterio, gli accertamenti di paternità e i delitti religiosi
quali l’eresia e la stregoneria. L'ordalia consisteva in una durissima prova fisica: tenere in mano un
oggetto di ferro infuocato, camminare su una piastra incandescente, immergere la mano o essere
gettati nell’acqua bollente o sfidarsi a duello. Se l’imputato superava la prova era considerato
innocente, diversamente colpevole.

La curtis ospitava anche attività non agricole. Grazie alla presenza di lavoratori dei più diversi
mestieri e pertanto la curtis rappresentava un’unità produttiva che tendeva all’auto sufficienza
locale.

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