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VIVERE INSIEME: COMUNITA’ E RELAZIONI NELLA SOCIETA’ GLOBALE

 Individuo come essere sociale ed individuale

 Mondo globalizzato e disunito

 Il bisogno di sicurezza

 La solidarietà

 La persona all’interno della comunità sociale

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CAPITOLO 1 : ESSERI SOCIALI, ESSERI INDIVIDUALI
Da un mondo chiuso…
Sin dall’antichità, quando gli esseri umani hanno iniziato a riflettere sulla loro condizione, è stato
sottolineato il carico di problemi e difficoltà che il vivere insieme portava con sé.
L’uomo, oltre ad aver governato ogni altra forma di vita, ha saputo darsi la vita civile e la città;
quest’uomo però, può anche percorrere la strada del male.
Per l’uomo, la maggior parte dei mali è causata da altri uomini.
Come possono gli uomini vivere insieme nonostante la loro natura?
La capacità di vivere in società è un dono divino che corregge la condizione originale della natura
umana: l’uomo è si un animale ma è anche l’unico animale che possiede la ragione ed è socievole.
La legge è sempre giusta?
La schiavitù è un esempio di legge non scritta ma che è rimasta una condizione immutabile nel
corso dei secoli, questo perché considerata giusta essendo naturale.
Lo schiavo è colui che non appartiene a sé stesso ma che è l’uomo di un altro ed è schiavo per
natura: in questo modo viene fatta una distinzione tra uomini superiori ed inferiori che non verrà
più fermata.
Natura dell’essere umano
L’idea dell’essere umano per natura prevaricatore e violento è sempre stata diffusa.
L’uomo è considerato come individualista, dominato dal desiderio di imporsi sugli altri, si associa
solo per bisogno o ambizione.
Il sociale
Dalle considerazioni di Freud, il sociale non ha alcun ruolo positivo nella costruzione della persona:
la libertà individuale non è frutto della civiltà.
La società organizzata è necessaria esclusivamente per poter vivere insieme ma l’uomo, per sua
natura, rivendicherà sempre la sua esigenza di libertà opponendosi alla massa.
La divisione
Questo boomerang di eventi e di nature innate che vengono ad intricarsi tra di loro, porta ad una
radicale divisione tra gli uni e gli altri.
Una disuguaglianza che impregna le condizioni materiali e di esistenza, finendo per rendere li altri
non solo inferiori, ma anche meno umani degli uni che ne utilizzano il corpo, la mente ed il lavoro.
Le differenze tra l’uno e l’altro hanno assunto la valenza di inferiorità e di superiorità non certo per
cause naturali, ma nell’ambito delle vicende di quel mondo non naturale ma umano che l’attività
degli esseri umani ha prodotto, costituendo, insieme, i modi della vita associativa e quelli della vita
individuale.

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…a un mondo di relazioni
L’uomo non è un edificio chiuso in sé ma un essere fatto per proiettarsi all’esterno, fatto in modo
che possa e debba stabilire rapporti con gli altri.
È dotato di un’organizzazione psichica assai più plasmabile e versatile di quanto non lo sia quella
degli altri esseri viventi legata ad un più rigido corredo istintuale.
La plasticità e la versatilità degli esseri umani con l’ambiente hanno reso la vita associata umana più
differenziata e complessa di ogni altra che caratterizza le altre specie viventi sulla terra.
I due eventi che hanno permesso tale proiezione esterna di sé sono stati:
 Fabbricazione degli strumenti
Fondamentali per la modalità attiva e trasformativa con cui l’uomo si relaziona con
l’ambiente.
 Linguaggio
Costituisce il nesso tra la società del fare e quella del pensare, penetrando ogni forma di
relazione uomo-mondo che si svolge nell’ambito della vita associativa.
È sia uno strumento sociale sia un legame che connette la nostra soggettività e socialità.

Sopravvivenza
Condizione che ci fa vivere sia come essere individuali che come esseri sociali inseriti in una società
al di fuori della quale non potremmo sopravvivere e neppure sviluppare la nostra individualità.
Il nostro non è soltanto un mondo di relazioni ma uno mondo costruito dalla relazione: è dato
dall’insieme delle interazioni che gli esseri umani hanno intrattenuto tra loro sin da quando si sono
rivolti all’ambiente fisico-naturale con la loro attività.

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Categorie umane e vita individuali
L’immagine visiva ha assunto un’importanza crescente restituendo a cose, eventi e persone la loro
concretezza.
Una di queste immagini rappresenta un barcone di migranti: esseri umani anonimi, riuniti insieme
da un viaggio intrapreso nella speranza di una vita più decente a cui si è sovrapposta l’ansia di
ottenere almeno la sopravvivenza.
Il raggruppamento in categorie delle cose che percepiamo, è un’operazione necessaria per
organizzare l’esperienza: nelle categorie di persone le caratteristiche vengono a caricarsi di giudizi
valutativi connessi con la nostra vita relazionale, generalmente presenti nel contesto sociale in cui
viviamo e siamo cresciuti.
Collocare un individuo in una di queste categorie significa portare con sé stereotipi a cui sono
connesse.
I pregiudizi tendono a radicarsi perché frutto di categorizzazioni dell’ambiente sociale normalmente
utilizzate per farci un’idea rapida ed immediata dell’altro, soprattutto in mancanza di informazioni
più particolari sulla sua specifica persona.
Il lato negativo di tale operazione è evidente: la persona, identificata in base alle caratteristiche
della categoria, viene a deindividualizzarsi, perdendo la propria identità e caricandosi degli attributi
di cui la categoria è affetta.
Questo porta ad un vero e proprio atteggiamento di ostilità che può portare ad un’attivazione:
l’altra categoria viene a manifestarsi come un outgroup rispetto al proprio ingroup.
In tale situazione entra in funzione anche quell’etnocentrismo conosciuto come la tendenza di un
gruppo a considerarsi al centro di un universo sociale, e a valutare gli altri gruppi in base ai propri
valori, alla propria religione, alla propria morale, ai propri usi e costumi.
A questa valorizzazione del nostro gruppo consegue una svalorizzazione del gruppo con cui
veniamo in contatto.

L’uno e l’altro: reciprocità e conflitto


Le immagini ci hanno mostrato come l’essere umano non possa rinunciare a porre questi vincoli di
riconoscimento personale che sono parte intrinseca della nostra specie.
Trascorriamo la nostra esistenza in un mondo di relazioni con gli altri: la loro presenza ci è talmente
abituale da non richiamare la nostra attenzione.
L’altro è qualcuno al di fuori del nostro spazio mentale, contrassegnato da una lontananza che ne
mette in evidenza la diversità.
Una condizione umana che non è la nostra e che può essere partecipata (da chi possiede una
morale) proprio perché è altra e diversa da noi.
Nello spazio umano in cui i processi di identificazione e di differenziazione si collocano, l’uno
identifica lo spazio del singolo, l’altro lo spazio proso fuori da questo.
L’uno e l’altro sono categorie che reciprocamente si costituiscono nell’ambito della loro relazione.

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CAPITOLO 2 : UN MONDO GLOBALIZZATO E DISUNITO
Lo spazio della rete
L’attributo globalizzato è ormai di uso comune per indicare la situazione complessiva di un mondo
nel quale le interconnessioni sociali si sono enormemente intensificate, avvolgendo il pianeta in una
rete che oltrepassa barriere geografiche e confini posti da mano umana.
Queste interazioni richiamano la frequenza e l’ampiezza delle comunicazioni che entrano in ogni
aspetto della vita sociale e richiamano anche problematiche che impegnano l’attenzione collettiva
di tutti gli abitanti della terra.
Il termine network society è appropriato per chiarire come a rendere effettivo il processo di
globalizzazione sia stata quella rete invisibile che si è insidiata nel nuovo spazio.
Una rete invisibile ma ben concreta sul piano operativo, perché è nel cyber space che viaggiano le
comunicazioni di ogni genere che presiedono la vita sociale.

Come cambia l’esperienza individuale e collettiva


Globalizzati e divisi: siamo immersi in questa condizione che entra nella gestione della nostra vita.
Come potremmo organizzarci senza internet?
La rete è uno spazio che si nutre di quanto noi e milioni di altri come noi, mettiamo in circolo: già
all’inizio del processo di globalizzazione si segnalava come l’intensificazione dei collegamenti tra
località anche molto lontane tra loro permettesse che eventi locali fossero mossi e controllati da
operazioni aventi luogo a migliaia di chilometri di distanza.
Per secoli i problemi della vita associata sono stati affrontati dentro a territori delimitati e specifici,
a portata dell’esperienza diretta che definivano anche i tempi di attività ed azioni.
L’impatto che le tecnologie elettroniche e digitali hanno assunto entra anche nella costituzione dei
processi identitari di ognuno: la presenza altrui si è arricchita delle nuove presenze circolanti
attorno all’individuo nel cyber spazio.

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Scenari globali e problemi sociali
Disuguaglianze, sofferenze e conflitti risalgono al fatto che la globalizzazione è stata ed è ben
lontana dal manifestare l’emergere di un’armoniosa società mondiale.
Originatasi come un prodotto dell’estensione e intensificazione dell’economica capitalistica anche
grazie alle opportunità offerte dallo sviluppo delle nuove tecnologie, nel cyber spazio è diventato
particolarmente agevole organizzare il mercato finanziario, baypassando i possibili vincoli prima
imposti da barriere e frontiere geopolitiche.
La globalizzazione ha evidenziato la persistenza di quell’ideologia del mercato che ha influenzato da
almeno due secoli la vita della modernità.
La produzione ed il mercato passano al centro del sistema e la ricchezza diventa valore dominante.
La capacità di iniziativa personale diviene un valore dominante sul piano psicosociale e il mercato è
il luogo essenziale in cui verificarne gli esiti.
Nonostante la società industriale abbia innalzato il livello complessivo di vita nel mondo
occidentale, il capitalismo ha prodotto ricchezza solo per pochi, determinando differenze sociali.
Allo stato attuale delle cose, si constata che la ricchezza complessiva della metà della popolazione è
diminuita del 42%.
La persona necessita di condizioni materiali e sociali che le consentano di vivere in quanto tale:
sono queste le condizioni che la povertà intacca, producendo non solo dolore ed infelicità
all’individuo, ma corrodendo il tessuto sociale della comunità.

La società del lavoro


Le nuove povertà sono in larga misura dovute alle profonde crisi dell’occupazione che la nuova
economia del mercato ha prodotto.
I disagi connessi a tale situazione sono presenti a tutti: le nuove povertà vengono a incidere non
solo sull’esistenza di tante persone, ma anche sull’insieme della vita sociale, accrescendo la sfiducia
verso l’intero quadro politico-istituzionale.
Il lavoro permane lo strumento essenziale con il quale la maggior parte degli esseri umani provvede
alla propria vita: la figura del lavoratore acquista uno status sociale.
Il lavoro è però un possesso debole rispetto a quello dei capitali che consentono ai pochi di
sviluppare la propria attività, di acquistare le macchine per le loro fabbriche e di gestire il mercato.
La società del lavoro troverà la sua strutturazione nel contesto del lavoro fordista che concentra la
produzione in grandi fabbriche in cui migliaia di lavoratori operano sulla base dello scientific
management che impone all’uomo di adeguarsi alla macchina senza tener conto dei disagi
psicofisici.
È stato questo inserimento di grandi masse operaie scarsamente acculturate nel lavoro, unitamente
alla certezza di un posto fisso e di salari più alti rispetto a quelli ottenibili fuori dall’industria, che ha
contribuito a costituire il nucleo della società del Novecento.

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Trasformazioni del lavoro e vite cambiate
Nel mercato troviamo non più aziende che offrono alle masse l’automobile economica per tutti,
piuttosto compratori che chiedono modelli personalizzati, capaci di sottolineare la loro individualità.
Questo è il cerchio del consumismo che, promosso dal mercato, continua a cambiare.
Questa situazione richiede alle aziende una produzione magra che serve al momento giusto per
restare al passo con la concorrenza e per non riempirsi di giacenze invendibili.
Cambiato il lavoro e svuotati gli stabilimenti, l’occupazione si fa difficile anche perché non tutti
possiedono la scolarità e la formazione culturale di base necessarie per accedere ai nuovi moduli
lavorativi.
L’irruzione della precarietà ha fatto emergere forme e condizioni di esistenza individualizzate che
costringono gli uomini a fare di sé stessi il centro dei propri progetti e della propria condotta di vita.
Il mercato costituisce un elemento importante della società moderna perché contribuisce a
garantirne la dimensione di libertà: tuttavia esso produce competizioni e non legami sociali.

Vivere da individui
Siamo esseri sociali e viviamo in società che esercitano la loro costante influenza su di noi.
Siamo esseri individuali che impattano i problemi incontrati nel contesto sociale in cui si svolge la
nostra esistenza e ciascuno, come individuo, li deve affrontare gestendo se stesso mediante scelte e
decisioni che lo impegnano in prima persona.
Il senso di sé è la base essenziale del nostro riconoscimento personale: riconoscersi significa sapere
che esiste in quanto se stesso, persona con un suo corpo e un io che sono suoi.
Il corpo sarebbe il processo psicologico da cui nasce l’io: un corpo inteso come un attivo
partecipante dell’attività mentale e come parte più intimamente sentita dell’individuo.
Il corpo diviene in questo modo un nucleo importante del senso di sé.
Sin dai primi giorni di vita è attraverso un sistema di comunicazioni che prende forma e matura il sé
personale: una comunicazione che da parte dei caregivers è costantemente intessuta di
riconoscimenti.

Individualità e società
Il riconoscimento dell’individuo quale essere umano avviene soltanto nella modernità, quando le
idee di libertà e di uguaglianza vengono tratte fuori dall’universo e calate nel dominio pratico
dell’esperienza materiale e sociale: in questo dominio l’individualità è stata sempre presente.
La libertà assume significato quando viene inserita nelle pratiche reali della vita: siamo liberi perchè
è libera la nostra volontà.
Il cambiamento diviene possibile ed è interamente affidato all’uomo.
La libertà va riconosciuta come caratteristica dell’individualità, in cui libertà ed autonomia possono
realizzarsi in relazione a quelle degli altri.

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Il mondo privato e la soggettività
La sfera soggettiva privata è parte intrinseca dell’individuo: l’intimità si pone come dimensione
essenziale dell’essere umano, portandolo a misurare la realtà in termini psicologici.
L’io non è qualcosa che l’essere umano cerca nella nebbia ma piuttosto un dato psicobiologico
emerso nelle vicissitudini evolutive della specie e che emerge nella sua personale vicenda fin dalla
nascita.
Non si è individui per scelta così come non si è per scelta esseri sociali.
Le sfere del psichico e del sociale partecipano ugualmente ai vissuti esperienziali.
Se queste due categorie vengono vissute dall’interno dell’esperienza concreta della persona, ci
appaiono non così separate ma come aspetti diversi del campo unitario nel quale il pensare, il
sentire e l’agire si articolano con il contesto fisico e sociale.
La soggettività e costitutiva dell’individuo.
L’atteggiamento critico verso il quadro sociopolitico ha promosso nuove forme di collaborazione tra
le persone da cui sono nati non solo programmi alternativi, ma anche movimenti di azione sociale
particolarmente attivi quando i valori di base sono messi in discussione.
Nelle nuove situazioni di difficoltà provocate dai processi di globalizzazione, si registrano reazioni
dello stesso tipo, rivolte alla difesa dei diritti sociali che le crisi del lavoro vengono a compromettere
incidendo materialmente sulla vita di singoli e famiglie.

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CAPITOLO 3 : IN CERCA DI SICUREZZA
Chiudersi nelle mura della città
Tanti muri ma è quello progettato da Trump che ha prodotto uno shock per il forte carattere
emblematico che questo muro viene ad assumere.
Questo perché gli Stati Uniti sono il paese che nella prima Dichiarazione dei diritti ha sancito essere
tutti gli esseri umani liberi e uguali per volontà stessa del Creatore.
La patria per eccellenza della libertà, ove questa si è affermata e ha prosperato proprio nell’ambito
di quel melting pot che del paese costituisce la base e che da fastidio al neo presidente.
Il progetto del muro ha colpito l’opinione pubblica perché è l’espressione dura e corposa di un
vasto programma protezionistico che si è concretizzato in due provvedimenti:
 Uno che impone alle imprese statunitensi di produrre ed investire nel loro paese, sotto pena
di pesanti tasse doganali per i loro prodotti in caso di trasgressione

 Uno che vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai musulmani di sette nazioni mediorientali
considerate centri per eccellenza di sviluppo del pericolo terroristico
Questi provvedimenti rappresentano una sintesi di quell’ideologia securitaria che è andata a
consolidarsi sempre più a fondo nelle comunità sociali e politiche.
Una situazione complessivamente critica, generata dalle trasformazioni tecnologiche ed
organizzative della produzione e dell’economica globalizzata, accentrando la ricchezza nelle mani di
pochi lasciando vaste aree del pianeta nella totale povertà.
La sicurezza è diventata il problema del nostro tempo: questo quadro dominato da sentimenti di
insicurezza ha permesso all’ideologia securitaria di penetrare profondamente nel clima sociale e
nelle pratiche politiche del nostro tempo.

Il bisogno di sicurezza ed il sentimento di insicurezza


Il bisogno di sicurezza ha sempre accompagnato l’essere umano come la necessità di procurarsi
condizioni adatte per vivere al riparo da pericoli derivanti sia da condizioni ambientali, sia da altri
esseri viventi.
I pericoli che l’essere umano ha dovuto affrontare non sono stati anche quelli derivanti dalla sua
azione sulla natura e dai rapporti con i suoi simili.
La sicurezza diviene un fenomeno umano come parte costitutiva di quel mondo umano che gli
uomini hanno costruito mediante la loro attività mentale e pratica.
Sicurezza e paura sono connesse: la paura implica un processo di valutazione delle situazioni in
relazione a noi stessi e può funzionare come un avviso di pericolo.

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Dalle paure del Medioevo…
L’insicurezza si chiama in primo luogo fame, seguita da malattie, epidemie, violenze…
il rischio di morire di fame era reale nel Medioevo e resterà tale per i secoli successivi.
 Violenza
Domina largamente in tutti i ceti sociali.
La violenza viene intesa come strumento possibile di sopravvivenza, mentre ai piani alti
domina la violenza come strumento di conquista e mantenimento del potere.
 Malattie
Nell’insicurezza che domina il contesto il popolo e le istituzioni vanno alla ricerca di capri espiatori
sui quali versare rabbia e frustrazione.
L’idea di sicurezza, con il maturare della scienza, diviene una conquista contro l’ignoranza in
un’ottica che vede il cambiamento reso possibile dalla capacità di conoscenza e previsione.

…alla società del rischio


L’impianto odierno della scienza rifiuta l’idea di certezze assolute ed è aperto a correzioni.
La risk analysis nelle sue versioni non si muove nell’ambito della ricerca pura: la determinazione del
giusto e del sbagliato con i quali le analisi si confrontano, è inevitabilmente coinvolta nelle
dinamiche dei poteri politico-economici operanti sulla scena.
Essendo questi poteri fondati su un loro mantenersi ed autoriprodursi, le loro azioni sono
suscettibili di provocare situazioni sempre più rischiose.
La complessità degli eventi che agiscono nel sociale escono largamente dalle possibilità di controllo
dei cittadini.

Il terrorismo. Lo straniero….e dintorni


Nel quadro delle insicurezze globali viene a collocarsi la minaccia del terrorismo che conserva la
caratteristiche tradizionale di colpire soprattutto attraverso l’impatto psicologico.
Questo terrorismo viene ulteriormente amplificato dal sistema mediatico, provocando crisi di
sfiducia nelle istituzioni e conflitti interni.
A questo, si aggiungono altri fattori come la sua caratterizzazione come islamico che, unita
all’estremismo è fatta oggetto di vari distinguo.
Un secondo fattore è il carattere suicidario di un largo numero delle imprese terroristiche.
Il terrorismo è inoltre una fonte continua di vittime civili, di persone che scappano da guerra e
miseria le cui migrazioni vengono a costituire un ulteriore fattore che incide sia sui sentimenti di
insicurezza sia sui problemi degli Stati nazionali.
In tale contesto si colloca la costruzione dello straniero come possibile nemico o sospetto: il
migrante diventa il colpevole dell’abbassamento della qualità della vita.
Il rifiuto dello straniero costituisce il cemento che tiene insieme le pietre di quei famosi muri.

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Nel quotidiano
Persone insicure e comunità insicure: in tale clima complessivo i sentimenti di insicurezza si
originano e prendono forza.
Tra le ricerche condotte sul campo, alcune hanno evidenziato come il sentimento di sicurezza, pur
funzionando come un nucleo unitario psicosociale, venga strutturato da tre essenziali fattori:
 Percezione negativa del contesto locale di vita dovuta alla presenza di fenomeni di
delinquenza, di violenze di strada, di vandalismo, sporcizia, degrado ambientale, etc.

 Inquietudini che nascono dai grandi problemi che impattano sulla vita sociale, come la
persistenza di grandi aree di povertà, la possibilità di attacchi terroristici, la corruzione della
vita politica.

 Somma di timori e dubbi sulla propria capacità di fronteggiare le situazioni sociali in


generale e le relazioni con gli altri in particolare.

In conclusione
Fin dalla seconda metà del Novecento, il programma della sicurezza di andava imponendo sia
nell’opinione pubblica sia nel pensiero politico.
Il terrorismo ha aggiunto un ulteriore elemento problematico ai processi confusi della
globalizzazione, poiché questa minaccia non è affrontabile pienamente da nessuna organizzazione
statale.

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CAPITOLO 4 : I SENTIERI DELLA SOLIDARIETA’
Perché sentieri
Vivere insieme non sarebbe tanto difficile in un mondo meno caratterizzato da violenze e guerre.
Viene fatto notare come sia difficile definire la pace senza far ricorso alla nozione di guerra: questa
è sempre definita con aggettivi caratteristici, la pace è solitamente indicata come non guerra.
Questo significa che il termine pace è il più debole della coppia e che il termine guerra è quello che
indica lo stato di fatto esistenzialmente più rilevante.
Al centro della riflessione sulla condizione umana vi è stata soprattutto la violenza sull’altro
piuttosto che il versante solidaristico della relazione tra l’uno e l’altro.
Ogni società nasce nel momento in cui ne viene narrata la sua violenza, ossia quando la violenza è
finalizzata ad essere valutata, classificata e distinta a livello delle istituzioni della convivenza umana,
come fenomeno specificatamente legato alle relazioni sociali.
Scoperta di sé, nascita della violenza
Il potere di agire sulla natura di cui l’uomo si sente dotato, diventa il tratto distintivo ed identitario
di quel suo essere sé che lo rende diverso a tutto il resto della vita sulla terra.
È un potere la cui legittimazione viene fatta risalire agli dei stessi: la punizione divina, che lo renderà
realmente uomo della terra, scatta proprio per il fatto di aver voluto infrangere la sua condizione di
innocenza (frutto nel giardino dell’Eden).
I racconti delle origini ci presentano due elementi di grande rilievo psicosociale:
 Condizione femminile
“al tuo marito rivolgerai il tuo desiderio ed egli dominerà su di te”.
Nella narrazione compiuta da una cultura maschilista è evidente non solo lo spostamento
della colpa sull’altra, ma anche l’acquisizione del dominio su di questa, quasi una
autocompensazione di contro all’umiliazione subita.

 Rifiuto
Rifiuto che Dio compie del dono offertogli da Caino.
Egli subisce un rimprovero divino a causa dell’irritazione che il rifiuto gli aveva provocato.
L’insicurezza diventa parte dell’essere umano e strumento della divisione tra gli uni e gli
altri: l’insicurezza impedisce a Caino di chiedere spiegazioni a Dio, scegliendo la via più
semplice, quella dell’uccisione di Abele.
Nell’ambito delle grandi divisioni che iniziano a dividere il mondo simbolico umano, questa violenza
non appartiene all’ordine del male ma a quello del bene: una giustificazione perché connessa al
superiore ordine divino che presiede la comunità.
La violenza è ormai riconosciuta e classificata sul piano sociale: è ingiusta quella che viene a
rompere la vita normale della comunità, è giusta quella che le leggi della comunità utilizzano per
ripristinare tale normalità.

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Un monumento perfetto ed un alibi insidioso
La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi in cui l’uccisione e la distruzione
sono strumenti per ottenere la supremazia politica.
La guerra è il monumento perfetto che l’umanità ha elevato alla propria violenza.
Nello stesso tempo è l’alibi più insidioso perché nella guerra, l’uccidere ed il distruggere, possono
essere legittimati, trasformando in dovere ciò che nella comunità è delitto, facendo della vittima il
nemico.
La creazione del nemico è una delle operazioni più utilizzate per produrre contrapposizioni e
discriminazioni tra etnie e nazioni attraverso la rottura del rapporto interumano.
Il nemico è sempre presentato come una minaccia incombente: è lui che vuole attaccarci, che
insidia la nostra vita e comunità, a noi spetta la difesa e se questa si prolunga nella conquista, è per
mettere a tacere la minaccia sempre possibile.
Soldati significa essere spersonalizzati, vestiti in modo uguale con una divisa, registrati e numerati,
inseriti in un’organizzazione gerarchica dove occorre soltanto ubbidire a degli ordini
dell’impersonale autorità dello Stato.

Disumanizzazione e deindividualizzazione
I processi di deumanizzazione e di deindividualizzazione sono capaci di rompere l’impianto della
relazione interumana: il primo nei confronti della vittima, il secondo in quelli del carnefice.
 Vittima
La rottura viene concretamente realizzata dal sistema razionale di deumanizzazione pratica,
mirato ad annullare fisicamente e spiritualmente la persona, stroncandone le caratteristiche
psico-socio-somatiche che la rendono tale.
Questo era fatto attraverso umiliazioni e torture crudeli.
La degradazione è centrale: l’altro viene cacciato fuori dal mondo umano materiale e
simbolico nel quale la nostra società ha collocato la sua esistenza.

 Carnefice
Il distanziamento tra i due mondi viene rinforzato dal processo di deindividualizzazione fatto
agire sui persecutori: consiste nell’inchiodare l’essere umano al contesto dell’azione tanto
fortemente da fargli rinunciare ad una parte di sé per identificarsi in modo quasi totale con
l’istanza rappresentata dal compito che deve eseguire.

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L’umanità dell’essere umano ricuperata nella solidarietà
La solidarietà operante è un’impresa umana diversa dalle altre poiché non solo si contrappone alla
violenza, ma non fa appello allo scambio e all’interesse.
Nella solidarietà c’è il senso umano del messaggio evangelico di andare verso l’altro, dell’amore
verso il prossimo.
È presente anche il senso dell’appartenenza e della condivisione, capaci di rendere operanti nelle
pratiche sociali quelle uguaglianze e quelle libertà spesso sommerse.
La solidarietà vengono recuperate l’individualità e la persona umana dentro alla relazione tra l’uno
e l’altro.
Coloro che si impegnarono a prestare soccorso ai perseguitati del nazismo non furono molti ma
neppure pochi: i sentieri della solidarietà sono stretti ma non disabitati.
In generale i volontari sono persone che hanno una buona stima di sé: non si ritengono eroi ma
sono attivi, impegnati, aperti a farsi coinvolgere.
Sottolineano i motivi razionali e morali che li hanno condotti a scegliere un’azione capace di
produrre un beneficio agli altri, ma vedono in tale scelta anche un completamento di sé.

Dalla compassione degli antichi al percorso della solidarietà moderna


La comprensione, intesa come partecipazione alla sofferenza altrui, ha una lunga storia nel pensiero
umano, in connessione con quella vita affettiva la cui espressione nell’amore, nell’emozione e nella
passione è presente in tutte le più antiche narrazioni mitiche e religiose.
Questo è possibile perché tutto ciò che riguarda affetti ed emozioni mette in evidenza le valenze del
corpo: la compassione esprime il sentimento positivo verso l’altro.
Nell’uomo è presente un senso morale che induce non solo a curare il proprio interesse personale
ma anche ad andare verso l’altro, a simpatizzare con gli altri e a far emergere quel senso di
comunità che unisce l’uno con i molti nella vita della comunità.
La necessità dominante che l’essere umano ha è di essere riconosciuto, stimato ed apprezzato nella
sua vita sociale: questa necessità viene realizzata attraverso la simpatia.
La simpatia è un processo psicologico che diviene la base di un sistema incrociato di giudizi che
esercitano una grande importanza nella vita individuale e collettiva.
La solidarietà è diversa dalla carità perché poggia sul fatto che nell’uomo, l’amore per l’altro, è
accompagnato da un uguale amore per sé: è per questo che una società solidaristica, capace di
armonizzare tali due motivazioni di fondo, può sviluppare un concreto ugualitarismo pur
permettendo al singolo di esternare la propria individualità.

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Solidarietà oggi
Il faticoso sentiero percorso dalla solidarietà ha portato a un risultato sicuramente positivo ma ciò
non significa che il cammino sia stato completato.
La solidarietà ha ancora un vastissimo campo in cui dispiegarsi: in questo si muovono le
organizzazioni solidaristiche cui il mondo offre ormai un territorio globale.
È un’ampia rete rivolta a lenire sofferenze, a prestare soccorsi ospedalieri, a fornire assistenza di
ordine scolastico e formativo, mettendo insieme quel minimo di acqua e cibo per i molti che
muoiono letteralmente di fame.
La solidarietà comporta una qualche forma di sensibilità empatica: capace di instaurare una
relazione positiva con l’altro quasi spontaneamente, prima ancora di essere cognitivamente definita
e classificata.
L’azione solidaristica richiede poi di rimboccarsi le maniche, provando a dare risposte concrete a
bisogni concreti, richiede risorse non solo umane ma economiche e sociali.

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CAPITOLO 5 : DIVENIRE PERSONE IN COMUNITA’ POSSIBILI
Aprire il presente
Il tempo presente come luogo in cui la solidarietà appare essere lo strumento più immediatamente
umano per contribuire a quel riconoscimento reciproco tra l’uno e l’altro, suscettibile di farsi molto
fragile in una normalità dove è semplice creare prevaricazione ed autoritarsimi capaci di
deindividualizzare sia l’uno che l’altro: disumanizzando entrambi.
Una normalità che è tuttora la nostra, in cui la globalizzazione ha ulteriormente mostrato le
debolezze e le contraddizioni.
Le asimmetrie di potere tra individui e gruppi si sono fatte più forti, le rivendicazioni di potere
continuando a pesare sulla vita del pianeta, allargando aree di profonda disuguaglianza culturale e
materiale.
Guardando alla situazione sociale complessiva del nostro tempo, e all’attuale condizione umana,
non possiamo che rilevare le carenze e le difficoltà che incidono sul vivere insieme nella nostra
società di individui.
Questa situazione è un percorso tutt’altro che lineare, ricco di contraddizioni e quindi suscettibile di
sviluppi ancora contradditori.
Richiamare il senso storico contribuisce a non farci sottostare all’idea di un tempo che sembra
essersi bloccato su di sé: se è vero che il presente contiene in sé anche il futuro psicologico, è anche
vero che il senso del futuro agisce soltanto quando il presente non sia sentito solamente come tale
ma piuttosto come un momento nel quale il corso del tempo sia un passaggio di un futuro al
presente.
Individui e persone
Nasciamo come individui e viviamo come tali: questa vita individualizzata non è una nostra scelta
ma un dato connesso alle vicende della nostra specie, nelle quali si sono connesse la dimensione
sociale ed individuale dell’essere umano.
Il vivere come individui è largamente influenzato dal contesto sociale, perché la dimensione sociale
non vale soltanto a farci vivere in società ma anche a fornirci le dotazioni necessarie per vivere in
quella individuale.
La presenza di risorse umane e materiali disponibili nell’ambiente condiziona le possibilità del
pensare e del fare che sono alla base del vivere come individui.
Persona è un termine che utilizziamo quotidianamente: chiamiamo persone gli esseri umani perché
non sono oggetti.
Esiste anche un uso del termine nel quale essere persone non significa soltanto non essere un
tavolo o una sedia e neppure un essere come gli altri: indica un individuo con sue caratteristiche
specifiche che ne indicano la singolarità rispetto ai molti.
Tuttavia, masse imponenti di uomini, donne, bambini continuano a restare persone a metà.

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La persona come fine
L’idea di specifiche caratteristiche capaci di evidenziare i tratti particolari di un individuo era
presente nel termine latino persona che indicava la maschera indossata dagli attori di teatro.
Il termine acquista poi una valenza maggiore: con i romani indicava lo status del soggetto
possessore di diritti rispetto a coloro che ne erano privi: in primo luogo gli schiavi.
Schiavi
Non liberi, uomini altri, non-persone.
La schiavitù fu praticata in tutte le nazioni antiche ed ha sempre avuto alla sua base una
motivazione economica di sfruttamento dell’altro.
Gli schiavi sono beni mobili che si possono comprare, ereditare e vendere.
Questi non possono possedere nulla e tutto ciò che ottengono per i loro darsi da fare sarà di
proprietà del loro padrone.
Kant
La persona viene intesa come espressione del suo soggetto attivo, capace di autoriconoscersi nel
momento stesso in cui dà un senso al mondo in cui vive.
Kant è consapevole che le relazioni tra gli esseri umani non siano angeliche ma l’uomo è dotato di
ragione che può essere utilizzata per costruire uno spazio collettivo comune che egli definisce come
regno dei fini, cioè di quei valori fondamentali che possono essere seguiti da tutti perchè di tutti è la
ragione che li pone.
Persone nelle pratiche sociali
È all’interno dell’attività pratica che la persona trova la sua concretezza.
Il senso di sé tende a farsi meno certo, minacciato all’interno di un individuo in cui, accanto alle
possibilità offerte dalla ragione, agiscono dei desideri e delle passioni: la propria identità di persona
deve essere ricercata e costruita da ciascuno all’interno di un percorso nel quale la dimensione
soggettiva si unisce a quella pratico-sociale.
L’essere umano si trova spesso a vivere in dei conflitti e le figure utilizzate da Hegel per descrivere
questo mondo scisso sono la ricchezza e la comunità.
 Ricchezza
Portatrice di beni e potere personale, isola la persona consentendole il godimento di sé in
quanto singolo.
 Comunità
In essa si realizza la partecipazione alla collettività, l’individuo vi vede negato il senso della
sua iniziativa personale.
Il riconoscimento sociale è vincolato alle profonde disuguaglianze di potere che in questo mondo
continuano ad essere dominanti.
L’attività comune con cui l’uomo ha prodotto la propria vita mette in primo il legame interumano
che tale attività ha contribuito a creare: quando il legame si rompe, la sfera personale tende a farsi
labile e il soggetto perde le sue capacità di scelta reale.
Il mancato riconoscimento dei diritti deriva dalla possibile marginalizzazione della persona
nell’ambito della comunità in cui vive, comportando un deficit di quel rispetto di sé.
Con la negazione della solidarietà si danneggiano le relazioni essenziali della propria autostima.
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Le dieci capacità fondamentali
 Vita
Capacità di condurre una vita di durata normale
 Salute fisica
Capacità di essere in buona salute e ben nutriti
 Integrità fisica
Capacità di disporre del proprio corpo
 Sensi, immaginazione e pensiero
Capacità di farne uso, usufruendo di un’istruzione adeguata etc.
 Emozioni
Capacità di provare emozioni, affetto ed amore
 Ragione pratica
Capacità di compiere scelte etiche consapevoli
 Appartenenza
Capacità di vivere in comune con altri e di fodere delle basi sociali del rispetto di sè
 Altre specie
Capacità di vivere in relazione con le altre specie
 Gioco
Capacità di ridere e giocare
 Controllo del proprio ambiente politico e materiale
Capacità di partecipare alle scelte politiche, di avere proprietà e lavoro

Un’idea di comunità
Utilizziamo il termine comunità per indicare in senso generale il contesto nel quale è organizzata la
vita sociale entro un ambito territoriale definito.
È quindi alla comunità politica che ci riferiamo, perché in questa la vita sociale ha preso forma
nell’insieme delle strutture istituzionali e dei modi di governo che la reggono.
Si è sviluppata quell’idea di comunità come forma di possibile vita sociale organizzata che, nella sua
ottica, si contrappone alla società.
La comunità è fondata non sul contratto ma sulla comprensione, su un modo di sentire comune e
reciproco, espressione di una volontà collettiva che ne comporta l’unità.
In essa la dignità diviene la caratteristica essenziale su cui si fondano le differenze tra i membri.
Al contrario, nella società di uomini, pur vivendo pacificamente l’uno accanto all’altro, restano
essenzialmente separati in uno stato di tensione contro tutti gli altri.
La società è un tessuto di relazioni ma è anche un fatto unitario, che trova le sue matrici in quei
gruppi primari che contribuiscono a compattare le persone tra loro e a inserirle in modo più
completo nel contesto sociale.

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Comunità, territorio, globalizzazione
Il processo di globalizzazione è un insieme di dinamiche attraversate da situazioni conflittuali: tra
queste quelle indirizzate a rivendicazioni localistiche e territoriali.
Un quadro multiforme e complesso nel quale la rivendicazione di identità collettive si coniuga con
motivazioni di ordine economico e con problemi di vita materiale.
La vita quotidiana si svolge in uno specifico territorio di cui ha bisogno per esistere: qui la gente
abita e lavora.
Attraverso la rete siamo in contatto con un mondo in cui tutto può essere realizzato.
L’idea della comunità esce dal quadro della territorialità, permanendo come una linea di tensione
verso rapporti interumani improntati dalla solidarietà e dalla partecipazione.
È in questo contesto che si colloca il riconoscimento della persona nella pienezza della sua
dimensione psicologica, sociale e politica, così come il vivere insieme trova le sue dimensioni
estendendosi dal privato al pubblico.

Vivere come persone in comunità pluralistiche ed aperte


L’idea di una comunità fondata su reali dimensioni di membership ha trovato espressione in alcuni
studiosi americani: questi hanno elaborato l’idea di comunità fondata su un bene comune,
concepito come un vero e proprio nucleo etico di base che diviene il fattore per lo sviluppo di una
vita collettiva più giusta e caratterizzata da relazioni umane e solidali tra i suoi membri.
La loro critica all’individualismo è radicale: il soggetto considererebbe la società unicamente come
un mezzo per realizzare i suoi dini e valori.
Una comunità dove l’integrazione non è concepita come un ridurre ai miei i valori dell’altro, ma
l’inserimento dell’altro in quel sistema di diritti-doveri che tutelano la libera espressione di
entrambi senza prevaricazioni reciproche.
Teoria della giustizia
 Beni primari = indispensabili per realizzate una vita buona
- Beni naturali = dotazione psicofisica personale
- Beni sociali = criteri di giustizia della comunità

 Beni sociali
- Libertà fondamentali
- Possibilità concrete di accesso alle posizioni sociali
- Vantaggi socioeconomici

Il senso di membership dell’uno è costruito contro quello dell’altro, determinando ulteriori


lacerazioni in un tessuto sociale già non particolarmente solido.

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