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SOCIOLOGIA GENERALE

Prof. Stella Milani


2023\24
Che cos’è la sociologia?
La sociologia è lo studio della vita sociale umana, dei gruppi e delle società. (Giddens 1994)

Sono numerosi i fenomeni che all’apparenza sembrano «dati» o sono considerati «naturali» ma che in
realtà sono influenzati da fattori sociali (esempio: Matrimonio e amore, Salute e malattia).
● La sociologia, a differenza di altre discipline, deve fare i conti con le idee che le persone stesse
si fanno della situazione in cui si trovano (senso comune), ogni termine sociologico è già carico
di significati dati dalla conoscenza di senso comune. (per esempio chimica – la struttura
molecolare, sociologia – la famiglia)

La sociologia può essere considerata una scienza sociale attraverso i suoi strumenti, supera i limiti del
sapere di senso comune, formulando interrogativi sulla base di una riflessione teorica (teoria) e
cercando risposte a questi interrogativi (ricerca empirica) sulla base di informazioni raccolte
sistematicamente (metodo).

Ci aiuta e ci invita a porci interrogativi su di noi, sugli altri, sulla vita sociale e a non accontentarci di
risposte «facili», ci incoraggia a pensare che la conoscenza di noi e degli altri, del mondo sociale non ha
un punto conclusivo ma è un processo dinamico il cui scopo è una comprensione sempre maggiore.

➣ Nell’incontro con il mondo familiare regolato dalla routine con il suo potere di riconfermare le
convinzioni la sociologia può apparire come un estraneo irritante.
➣ Mettendo in discussione ciò che è dato per scontato, ha il potere di disturbare le confortevoli
certezze della vita facendo domande.

● L’obiettivo di un buon sociologo sarà allora quello di: «De-familiarizzare quel che è familiare
(sfatando la sua presunta autoevidenza) & Familiarizzarsi con ciò che non è familiare»
(Bauman 2015)

«Imparare a pensare sociologicamente significa coltivare un potere di immaginazione, lo studio della


sociologia non può essere un processo meccanico di acquisizione di conoscenze» (Giddens 1994)

Quali sono i limiti di questo sapere?


➤ È legato alla nostra esperienza diretta che, per quanto vasta, resta comunque circoscritta agli
ambienti sociali con cui entriamo in contatto.
➤ Si alimenta, per andare oltre al mondo sociale per noi direttamente accessibile, del ‘sentito dire’
basato sull’esperienza altrui con il rischio di fare nostre credenze, pregiudizi e immagini distorte della
realtà.
➤ Basandosi sulla nostra esperienza, è storicamente circoscritto al presente, laddove la dimensione
dell’organizzazione sociale trascende temporalmente quella degli individui che di volta in volta la
abitano.
➤ Il senso comune ci offre le conoscenze minime per affrontare le questioni di tutti i giorni ma, proprio
per servire da «bussola» nel nostro agire quotidiano è un sapere che diamo per scontato, non ci
interroghiamo rispetto ad esso.
«Quando sono ripetute in maniera sufficiente, le cose tendono a diventare familiari e ciò che è familiare
viene considerato come se si spiegasse da sé» (Bauman, 2003)

La sociologia ha numerose implicazioni pratiche per la nostra vita:

​ 1. consapevolezza delle differenze culturali;


​ 2.ricadute sul nostro modo di pensare\agire;
​ 3.programmazione e valutazione delle politiche (ma anche interventi educativi);
​ 4.sviluppo del welfare state;
​ 5.auto-comprensione (di Sé e della propria collettività);

Che cos’è l' IMMAGINAZIONE SOCIOLOGICA?

Il concetto di immaginazione sociologica viene introdotto da Charles Wright Mills nel testo
dall'omonimo titolo pubblicato nel 1959.
➤L’immaginazione sociologica è la capacità di riflettere su sé stessi liberi dalle abitudini familiari della
vita quotidiana, al fine di guardare la realtà sociale con occhi diversi.

Per Mills l’immaginazione sociologica è una particolare qualità della mente, chi la possiede:

● É capace di fare un certo ordine nell’ambiente sociale che lo circonda, è capace di percepire
l’ordito della società e la trama tessuta su questa da uomini e donne;
● É in grado di riconoscere la sua condizione come simile a quella di altre categorie di persone,
con le quali condivide problemi e prospettive;
● É in grado di capire che la propria esperienza e il proprio destino possono essere compresi solo
collocandoli dentro la propria epoca
● Riesce a distinguere difficoltà personali, circoscritte all’ambiente immediato e in questo
affrontabili, da problemi pubblici che nascono nella più grande organizzazione della società e
nel funzionamento delle sue istituzioni;

> Richiede una sensibilità antropologica: mette in luce la molteplicità delle forme differenti di vita
umana e sociale e così mette in evidenza la specificità dei nostri modelli di comportamento.
> Richiede una sensibilità storica che permette di mettere in luce le specificità del mondo
contemporaneo nel confronto con il passato.
Ha una proiezione verso il futuro: la sua componente immaginativa può permetterci non soltanto di
chiarire come stanno le cose (consapevolezza), ma anche come potrebbero andare se tentassimo di
cambiarle.

ESEMPIO di immaginazione sociologica, un gesto familiare come bere un caffè:

Da un punto di vista sociologico lo possiamo vedere come:

● Un rito: ha un valore simbolico, incontrarsi per un caffè ha una serie di significati che vanno oltre
al consumo della bevanda
● Il caffè è una droga (caffeina) ma nella maggior parte dei casi è una droga «socialmente
accettata»
● È un tipo di consumo che si lega ad una rete complessa di relazioni economiche e sociali di
portata globale
● È un prodotto che si è diffuso solo a partire dal XIX sec. Il consumo di massa iniziò con
l’espansione coloniale dell’Occidente

IL CONTRIBUTO DELLA SOCIOLOGIA NELLO STUDIO DELLE RELAZIONI FAMILIARI


⇢FAMILIARE: Famiglia come spazio fisico, relazionale e simbolico apparentemente più noto e comune,
al punto di essere usato come metafora per tutte quelle situazioni che hanno a che fare con la
spontaneità, con la naturalezza
⇢NATURALE: A livello di senso comune idea di una presunta «naturalità» della famiglia
⇢COSTRUZIONE SOCIALE: La sociologia ci invita ad osservare la FAMIGLIA come COSTRUZIONE
SOCIALE e a prendere atto del pluralismo che da sempre ha caratterizzato i modi di fare famiglia

Riguardo al tema della famiglia ci sono diverse contraddizioni:

La famiglia come luogo privilegiato di costruzione di archetipi e miti: Famiglia rifugio, luogo dell’intimità
e dell’affettività, spazio di autenticità, della solidarietà, della privatezza

VS

Famiglia come luogo di oppressione, di inautenticità, dell’obbligo, come generatrice di violenza, la


famiglia che uccide.

● Bisogna saper contemplare la complessità e l’ambivalenza e saper decostruire la presunta


naturalità della famiglia.

«Non vi è nulla di meno naturale della famiglia, sia per quanto riguarda i
rapporti di coppia, inclusa la sessualità, sia per quanto riguarda la
generazione. Gli studi di storia sociale, insieme a quelli antropologici ed
etnologici, hanno documentato bene quello che chiamerei il paradosso
normativo della famiglia. In ogni società conosciuta e in ogni epoca
troviamo forme di regolazione dei rapporti di sesso, di generazione e tra le
generazioni. In particolare, ogni società regola i rapporti di filiazione,
ovvero a chi appartengono i figli, a chi è concesso avere figli e quindi quale
è lo statuto di chi viene al mondo a seconda che la generazione avvenga o
meno secondo le norme socialmente stabilite. Ma ciò avviene ed è
avvenuto in modi così differenti nelle diverse società ed epoche storiche
che è impossibile non solo ricostruire una vicenda unitaria di
trasformazioni, all’interno della quale rintracciare il filo unitario della “famiglia”. È difficile anche
individuarne il nocciolo duro, persistente al di là delle variazioni storiche e sociali – una sorta di “famiglia
naturale”, o fondata sulla natura umana, di cui le evidenze storiche e sociali rappresenterebbero delle
semplici declinazioni. Al contrario, la storia umana presenta un pressoché inesauribile repertorio di modi
di organizzare e attribuire significato alla generazione e alla sessualità, alla alleanza tra gruppi e a
quella tra individui – [un inesauribile repertorio di modi] di costruire, appunto, famiglie». (Chiara
Saraceno 2008)

LA FAMIGLIA COME SPAZIO DI DIFFERENZE

● Differenza tra famiglie nelle diverse società e culture : Studi di storia sociale, antropologici e
etnologici hanno avuto il merito di mostrare la varietà delle forme familiari nelle società umane.
L’esperienza familiare si differenzia più o meno profondamente in base alle varie culture e ai
vari gruppi.
● Differenze interne alle famiglie: di sesso e generazionali: La famiglia è il luogo sociale e
simbolico in cui le differenze di sesso e di generazione sono assunte come fondanti e
contemporaneamente costruite come tali. L’appartenenza sessuale corrisponde a un «destino
sociale»,implicitamente o esplicitamente normato, e viene collocata entro una gerarchia di
valori, potere e responsabilità.
Generazioni: come elemento di continuità e di differenziazione

LA FAMIGLIA: definizioni in base alle funzioni

Malinowski (1913): universalità del bisogno di cura dei piccoli = universalità della famiglia e di alcune
funzioni universali («quasi naturali»): la riproduzione,la cura, l’ educazione e la regolamentazione della
sessualità.

La ricerca etnografica ha mostrato, invece, come culture diverse organizzino e distribuiscono


diversamente le funzioni che siamo abituati a considerare unite nella famiglia.
Es. società matrilineari: fratello come padre sociale dei figli della sorella (ma non lo è dei propri)

⭢ Le regole e i criteri di individuazione della famiglia cambiano nello spazio e nel tempo = la famiglia da
considerarsi come costruzione sociale, istituzione storico-culturale costruita attraverso norme culturali,
religiose e giuridiche.

STRUTTURE della famiglia:

È un’identificazione basata sul tipo di vincolo che lega i membri di una convivenza , la struttura della
famiglia, regole con cui la convivenza si forma e si trasforma (composizione e ampiezza).
Viene definita secondo 2 assi:

● orizzontale: rapporti tra sessi (coppia coniugale)


● verticale: rapporti di generazione (genitore-figli)

RESIDENZIALITÁ & VINCOLI

RELAZIONI nella famiglia:


Le realazioni sono rapporti di autorità e affetto tra persone che vivono insieme (Barbagli 1984)

Una stessa struttura può essere caratterizzata da rapporti tra sessi e/o tra generazioni sia di tipo
democratico-egualitario che di tipo autoritario e asimmetrico.
ES. FAMIGLIE A CEPPO: convivenza tra coppia anziana + coppia erede maschio: vincolo coabitazione +
vincolo autorità tra generazioni.

Statuti di sesso: figlie non ereditano e se si sposano escono dalla famiglia, non tutti i figli maschi
ereditano.

Struttura familiare e rapporti tra componenti mutano nel tempo, da una fase all’altra del ciclo di vita
● Ciclo di vita familiare : Nascite, morti, matrimoni - modificano vincoli e struttura
● Ciclo di vita individuale : Crescita, invecchiamento - modificano competenze, potere, autorità,
ruoli.

CONVIVENZA familiare: confini della casa\della famiglia

Le ricerche antropologiche mostrano che non sempre il confine dell’abitazione coincide con quello della
divisione del lavoro, dell’acceso al cibo, dei rapporti sessuali.

Segalen (1981), parla di famiglie tacite riferendosi a famiglie che vivevano in abitazioni diverse ma si
scambiavano quotidianamente risorse e lavoro.
Esempi di oggi: Anziani che vivono soli ma con figlia/figlio che frequentano quotidianamente e dalla/dal
quale ricevono aiuto quotidianamente (Nonna/nonno che accudisce quotidianamente i nipoti).

IL MATRIMONIO
Matrimonio come unione fra un uomo e una donna tale che i bambini nati dalla donna vengano
riconosciuti come prole legittima da entrambi i genitori (Notes and Queries on Anthropology, 1955).

➙ Si tratta di una coppia composta da coniugi di sesso diverso inevitabilità dell’attribuzione della
paternità al marito della madre.

Definizione oggi contestata e modificata in molti paesi, si smentisce la validità universale della
Poliandria adelfica: donna moglie legittima di un gruppo di fratelli (incertezza della paternità).

Ricerche ETNO-ANTROPOLOGICHE: matrimonio come unione fondata sulle differenze di genere

Un elemento che sembra ricorrere nelle varie culture è piuttosto l’idea del matrimonio come un’unione
che dà luogo alla filiazione quindi comporta una differenza di genere tra i membri della coppia che si
sovrappone perlopiù al sesso, ma non sempre.
Esempio: Matrimonio tra donne nella popolazione Nuer : donna sterile (non considerata donna), se ricca
può aspirare allo statuto di uomo-marito di una donna che le darà figli tramite un uomo-servo.

Differenze di genere nel matrimonio : complementari e asimmetriche


Il matrimonio appare come il principale istituto per l’attribuzione della posizione dei singoli entro la
struttura sociale di genere vale a dire una collocazione sociale che non è equivalente per uomini e
donne (anche nel caso delle Nuer).

Complementarietà nella divisione del lavoro – interdipendenza tra i sessi, Asimmetria di potere, di
autorità.

L’asimmetria è presente già nel termine (preminenza della filiazione): l’etimologia del termine
MATRIMONIO deriva da Matrimonium: come riferimento al mutamento dello status femminile
(diventare Mater), il termine pone, almeno in origine, maggiore enfasi sulla finalità procreativa
dell’unione: l’etimologia stessa fa riferimento al “compito di madre” più che a quello di moglie, ritenendo
quasi che la completa realizzazione dell’unione tra un uomo e una donna avvenga con l’atto della
procreazione, con il divenire madre della donna che genera, all’interno del vincolo matrimoniale, i figli
legittimi. (Accademia della Crusca).

☞ Il matrimonio costituisce un istituto che definisce la paternità attraverso il controllo sociale e legale
della fecondità della donna, più che sancire un rapporto coniugale, istituisce un rapporto di filiazione
legittima.

Asimmetrie del matrimonio: LÉVI-STRAUSS e LA TESI DELL’ALLEANZA TRA GRUPPI


Lévi-Strauss afferma che il matrimonio non è un’unione tra 2 individui, ma, più spesso, è un legame tra
più gruppi di individui, perché avvenga il matrimonio deve esserci la decisione da parte del gruppo di
non scegliere una moglie al proprio interno, ma di cercarla fuori.

> Lo scambio delle donne era collegato alla sopravvivenza dei gruppi e alla creazione di legami di
interdipendenza tra questi (rapporti tra i sessi costruiti come complementari e asimmetrici – uomini
scambiano, le donne circolano).

>Le strategie matrimoniali vengono considerate come strategie di alleanze, politiche e economiche -
viene sottolineato il valore strumentale della coppia coniugale ci sono differenze tra ceti: nelle famiglie
contadine e artigianali, più che in termini di alleanza, matrimonio come risposta alle necessità di lavoro.

Costruzione sociale del genere, interdipendenza, complementarietà.

La costruzione sociale delle identità di genere e dei ruoli di genere avrebbe come scopo la costruzione
della necessità di una complementarietà e di un’interdipendenza tra i due sessi.
Simmel (inizio ’900): cultura borghese europea (ben lontana dalle strategie di alleanze tra gruppi)
caratterizzata da divisione del lavoro che «forzava» uomini e donne «in una specializzazione unilaterale
delle loro facoltà» e di conseguenza li spingeva a cercare gli uni negli altre la compensazione nella
complementarietà.
Aggiungeva: complementarietà in un rapporto di subalternità, socialmente costruita, del femminile
rispetto al maschile.

Origini della regolamentazione matrimoniale in Occidente: il ruolo della Chiesa.

Il matrimonio è inteso come ambito di intensa regolazione ma anche di conflitti di competenza tra
parentele, famiglie, la Chiesa, lo Stato e gli individui.

Si ha un ruolo cruciale della Chiesa cattolica in Occidente per la definizione della forma occidentale
matrimoniale.
Dal XII secolo controllo normativo della Chiesa: inizio del dibattito sulla sacramentalità del matrimonio.
Principio della sufficienza del consenso – unioni matrimoniali che possono prescindere dal controllo e
consenso delle parentele
Il dibattito si sposta sulle caratteristiche di potenziali sposi/e in grado di dare un consenso libero.
Concilio di Trento (1545-1563): l’età è stabilita a 30 anni per i maschi e a 25 per le femmine (età elevate
rispetto all’età media al matrimonio e considerato la speranza di vita media dell’epoca)
Concilio di Trento: istituzione del rito matrimoniale che fa sì che il libero consenso diventi un atto non più
reversibile – indissolubilità del matrimonio

Regolamentazione dello stato moderno

Il diritto canonico precede di molto l’intervento dello Stato moderno nella regolazione.

Gli stati nazionali occidentali, con tempi ed intensità diversa, cercheranno di sostituirsi alla Chiesa nella
regolamentazione del matrimonio, facendo prevalere i tratti di contrattualità e la rilevanza civile
(assetti patrimoniali ed assi ereditari).
Momento culminante nel Codice civile napoleonico (1804): matrimonio come contratto tra liberi
individui è soprattutto contratto patrimoniale (in Italia introdotto nel 1865 con il primo Codice dello Stato
postunitario)
Si sancisce normativamente una gerarchia tra i sessi: unità patrimoniale della famiglia, nuovo valore
attribuito all’individuo-maschio possidente e dipendenza della moglie. [Società borghese come «società
dei capifamiglia»: le femmine passano da una tutela (del padre) a un’altra (marito)]

Nuzialità nel passato europeo

Tassi di nuzialità e l’età al matrimonio risentono innanzitutto delle strategie familiari


Ad es. nella famiglia unità produttiva: matrimonio quando uomo e donna sono in grado di apportare
risorse all’unità familiare (dote, mestiere, eredità terre)

In più i modelli di trasmissione dell’eredità incidono sull'età al matrimonio e la possibilità di sposarsi degli
uomini.

Età al matrimonio nel passato europeo

Nel XIX e per buona parte del XX secolo, nell’Occidente europeo prevale un modello caratterizzato da:
1. Età relativamente elevata al matrimonio (26-27 anni per le donne)
2 .Alta proporzione di persone che non si sposavano mai (11% contro il 5% delle regioni europee orientali,
Nord Europa 20%).

Nell’Europa meridionale e in Italia l’età delle donne che si sposavano era leggermente più bassa (24-25
anni)

N.B. Le Medie nascondono tuttavia le differenze tra città e campagna e tra ceti: ceti rurali età più
bassa, nubilato/celibato più diffuso in città.

I mercati matrimoniali

Soprattutto nel passato una regola fondamentale per la scelta del coniuge era quella dell’omogamia:
scegliere il “simile” socialmente per evitare mésalliances (“cattivo matrimonio” che può comportare
degradazione sociale per la famiglia).
Tale regola si combina, come visto, con quella dell’esogamia che impone di uscire dal proprio gruppo
per allearsi con altri.

● Società del passato: collocazione dell’individuo determinate in gran parte dall’appartenenza


familiare – matrimonio come strategia di alleanze matrimoniali che si traduce in scelte quasi
obbligate all’interno di gruppi professionali o ceti sociali.

Nei ceti rurali l’omogamia si accompagna spesso all’endogamia : l’unità patrimoniale è costituita dalla
terra, il/la coniuge va cercato nella stessa località e possibilmente con terra adiacente.
L’endogamia in alcuni casi poteva arrivare fino al matrimonio tra affini e consanguinei soprattutto in
quei contesti in cui i «non parenti» disponibili erano pochi e perciò il mercato matrimoniale era stretto.

Ristrettezza del mercato matrimoniale aveva effetti diversi su uomini e donne: squilibrio demografico in
favore delle donne (meno uomini per migrazioni o morte in guerra) l’uomo è raro la donna abbonda

Seconda metà ‘800 (industrializzazione, urbanizzazione): maggiore mobilità geografica e allargamento


dei confini del mercato matrimoniale.

Il matrimonio oggi
Affermazione dell’ideologia dell’amore romantico come fondante il matrimonio.

● Società tradizionali: amore come rischio rispetto a strategie familiari e alla stabilità
coniugale–matrimoni non sono scelta dei singoli e al sentimento amoroso è negato un valore
rispetto al rapporto coniugale (in favore di valori quali il rispetto o l’interesse).
● Società contemporanee: nel matrimonio non può mancare l’amore.
Gli individui sono socializzati a innamorarsi e a farsi guidare dal sentimento nella scelta del
coniuge.

Conseguenze dell’amore romantico come fonte di legittimazione della coppia (Goode 1964)

1. Parentela: relativa autonomia (spaziale, economica e sociale) della coppia


Ricerche fine anni ’60: + ridotto lo spazio della parentela, + focalizzato e intenso lo spazio della coppia.
Modello di relazione che presuppone parità e reciprocità a livello affettivo (ma, vedremo, perdurano
asimmetrie di potere tra i sessi)

2. Transizione all’età adulta: affermazione dell’ideologia dell’innamoramento fornisce legittimazione al


matrimonio che diventa una sorta di “rito” moderno di passaggio all’età adulta, attraverso la
separazione e autonomizzazione dalla famiglia di origine

3. Mutamento sociale: connotati erotici e sessuali dell’ideologia dell’amore romantico: può costituire
rafforzamento della sfera di libertà concessa ai giovani nelle società occidentali contemporanee.

Fasi storico-sociali di affermazione dell’ideologia dell’amore romantico

1.1. Affermazione dell’ideale cattolico della sposa-come-madre: comune progetto educativo della
coppia, valorizzazione delle qualità morali (verginità e castità) e affettive della donna, affettività di
coppia de-erotizzata. Creazione di uno spazio per la coppia coincide con la creazione del posto della
donna e di sfere sociali separate in base al sesso.

2.2. Coppia coniugale come unità erotica: affettività ed eros come momento di fusione della coppia
(innovazione introdotta dapprima nei ceti medi). Sempre con asimmetrie di potere = amore della
donna come sostegno della vita dell’uomo.

3.3. Da coppia fusionale e coppia negoziale: germe di uguaglianza che il rapporto di amore +
trasformazioni del costume e soprattutto emancipazione femminile = modello di matrimonio dove
l’autonomia dei partner diviene valore e base dell’unità di coppia.

4.4. Trasformazioni del significato del matrimonio e delle aspettative su cui si basa (solidarietà,
amore, libera scelta e intimità) aprono alle possibilità di concepire il matrimonio omosessuale e, prima
ancora, alla legittimazione sociale della coppia omosessuale come coppia amorosa.

Mutamento culturale e delle pratiche del fare coppia

1. Fine anni ’60 - prima metà degli anni ’70: ruolo centrale dei movimenti degli studenti e dei
giovani e dei movimenti femministi - rivoluzione culturale nei comportamenti e nelle relazioni
tra sessi e tra le generazioni - Progressiva affermazione dell’ideale della parità tra sessi
2. Amore e sesso sono la base per la coppia prima, e a volte a prescindere, dal matrimonio -
processo graduale di verifica della coppia: coppia a piccoli passi
3. Da coppia fusionale e coppia negoziale: germe di uguaglianza che il rapporto di amore +
trasformazioni del costume e soprattutto emancipazione femminile = modello di matrimonio
dove l’autonomia dei partner diviene valore e base dell’unità di coppia
4. Trasformazioni del significato del matrimonio e delle aspettative su cui si basa (solidarietà,
amore, libera scelta e intimità) aprono alle possibilità di concepire il matrimonio omosessuale e,
prima ancora, alla legittimazione sociale della coppia omosessuale come coppia amorosa.

Italia: convivenze more uxorio

In Italia: nel 1980 1,3% dei matrimoni era stato preceduto da convivenza, nel 2005-2009 il 34,8%
(aumenta anche la durata della convivenza).

Le indagini mostrano che le convivenze fuori dal matrimonio sono caratterizzate da:

▪ Maggiore autonomia reciproca dei partner (sia economica che come organizzazione dello spazio e
della vita sociale). La divisione del lavoro domestico, seppur non paritaria, è meno asimmetrica che nelle
coppie coniugate. NB. maggiore “negoziabilità” del rapporto di coppia potrebbe dipendere anche dalla
classe sociale: nelle convivenze mediamente persone più istruite che nei matrimoni e donne più spesso
occupate
▪ Minore stabilità delle convivenze fuori dal matrimonio rispetto alle unioni matrimoniali. Da considerare
anche autonomia, possibilità e conseguenze dell’uscita dalla relazione.

Separazione e divorzio
Cambiamento delle condizioni di ammissibilità del divorzio: in alcune società e epoche legittimato da
Sterilità della donna, o Infedeltà (perlopiù della donna), in altre ancora incompatibilità,mancanza di
amore.
Nel corso degli anni ’70 i tassi di instabilità coniugale iniziano a salire rapidamente in tutti i paesi
dell’Europa Centro-Settentrionale (in maniera più contenuta in Italia)

In Italia:

•⭢ Divorzio come processo a due stadi: separazione/tempo/divorzio. Fino a poco tempo fa dovevano
trascorrere 3 anni fra i due procedimenti, dal 2015 “divorzio breve” 12 mesi.
⭢ Differenze territoriali: maggiori tassi di divorzialità tra ceti più istruiti e regioni del Centro-Nord.

Crisi della coppia è massima tra 35 e 44 anni anche se l’età media di mogli e mariti al momento del
divorzio è aumentata progressivamente (posticipazione matrimonio e “divorzi grigi”).

+ Asimmetria nella coppia + facile che la continuità della coppia sia la scelta più vantaggiosa per i due
partner.

Più instabilità coniugale:


1. se c’è occupazione femminile in attività professionale
2. più frequente nella classe medio-alta

Il lavoro della donna crea tensioni di coppia? (Interpretazione semplicistica)


Donna con occupazione professionale: economicamente autonoma, più possibilità di negoziare un
rapporto coniugale egualitario/simmetrico, più possibilità di sciogliere un rapporto che non è più
conforme alle sue aspettative
Interpretazione confermata dal fatto che quando le donne hanno un’occupazione professionale sono
più spesso loro a chiedere il divorzio dei mariti.

Vulnerabilità economica delle donne nella separazione e nel divorzio


Alcune ricerche hanno stimato che dopo il divorzio:

• Il reddito dell’ex-marito aumenta del +42%


• Il reddito dell’ex-moglie e dei figli crolla del -73%

Effetto della “tradizionale” divisione di genere dei ruoli: uomo procacciatore di reddito, donna madre
(con limitato investimento nel lavoro remunerato)
Non a caso questa vulnerabilità delle donne non è presente nei paesi scandinavi dove le donne lavorano
(senza grosse differenze tra madri e non madri, coniugate e non) e ci sono politiche attive di sostegno
all’occupazione femminile e nella garanzia di reddito per i bambini.

Le seconde nozze
Spesso il divorzio rappresenta il passaggio obbligato per un nuovo matrimonio.
Rispetto alla vedovanza (causa principale di interruzione del matrimonio in epoche passate) il divorzio
reimmette sul mercato matrimoniale una popolazione doppia: oggi infatti le seconde nozze
coinvolgono ben più divorziati/e che vedovi/e
La probabilità di risposarsi per le donne divorziate è minore di quella degli uomini e diminuisce
ulteriormente se sono presenti figli.

«I figli fanno la famiglia»


Figli spesso come obiettivo e fondamento della famiglia.
Trasformazioni della posizione dei figli sia sul piano simbolico e affettivo (da famiglia genitoriale
educante – a – famiglia affettiva), oltre che in termini di consistenza numerica (riduzione n. figli con
aumento della loro importanza affettiva).
Trasformazioni che coinvolgono l’intera catena dei rapporti tra generazioni e le posizioni generazionali

I figli nella famiglia nelle società tradizionali


Per molti secoli, 2 regolatori principali della fecondità:

1. Mortalità (regolatore “naturale”): mortalità femminile elevata (parto, gravidanze) + mortalità infantile:
50% circa di bambini che giungevano all’età adulta
2. Età al matrimonio relativamente alta (regolatore sociale) vita riproduttiva della donna limitata nel
tempo.

Altri fattori: allattamenti prolungati che (nelle condizioni di vita del tempo) potevano provocare
temporanea sterilità della donna. Uso di non avere rapporti sessuali durante l’allattamento, aborto –
fecondità non era quindi del tutto incontrollata.

I figli come RISORSA e RISCHIO


Modello culturale e familiare in cui i figli, molti figli, erano una risorsa - lavoro minorile per lungo tempo
risorsa familiare importante (oggi aberrazione a testimonianza del radicale cambiamento del posto del
bambino e della bambina nell’ordine simbolico familiare)
Figli come garanzia di sopravvivenza della famiglia, forza lavoro da spendere sia in attività familiari che
all’esterno (servi: figli “in eccesso”)

Rischio - Costi alimentari, riduzione delle prestazioni lavorative della madre (anche se limitata), rischio
morte madre, rischio di sbilanciamento nel tempo dell’equilibrio familiare tra risorse e bisogni
Nelle famiglie aristocratiche e possidenti i figli possono rappresentare più spesso un costo: solo eredità e
dote potevano garantire loro un futuro adeguato (riduzione dei figli ammessi all’eredità o alla dote).

FIGLI E FIGLIE
Inseriti precocemente in mondi differenziati: divisione del lavoro, delle competenze, dei comportamenti
legittimi, dei saperi anche l’bbigliamento era considerato come mezzo per segnare le gerarchie di
status e le distinzioni di sesso.

Ma anche “utilizzo” diverso di figli e figlie da parte dell’unità economica familiare (ad es. contadina) :
- Figlie: impiegate nel mercato del servizio domestico
- Figli: emigrazione stagionale e in lavori esterni alla produzione familiare (ambulanti, lavori in miniera,
ecc.)

Figli come servitori e allevati da servitori


Per molti secoli divenire servitori è fase specifica del ciclo di vita individuale per contadini, artigiani, ma
anche per i nobili (paggio, scudiero). Avere persone a servizio faceva parte della maggior parte delle
esperienze familiari (tranne per ceti più poveri)

Servitori, insieme ai fratelli/sorelle più grandi erano i soggetti con cui i bambini passavano più tempo:
soprattutto nelle famiglie aristocratiche era soprattutto la servitù ad allevare i bambini, nobildonna tra il
14° e il 18° secolo difficilmente allattava i propri figli che erano invece affidati a balie.
Importanza della presenza dei servi nell’esperienza di crescita dei figli permane anche più tardi (nanny
inglese nella formazione della classe dirigente britannica, mammy nera nella formazione della classe
proprietaria del Sud degli Stati Uniti).

Statuto della giovinezza nelle società tradizionali


Diventare adulti nelle società tradizionali dipendeva in gran parte dalle strategie familiari (meno da
sviluppo e capacità del soggetto) – donna pienamente adulta quando si sposava/ uomo quando
diventava capofamiglia (non quando iniziava a lavorare)

Fine Ottocento: invenzione della giovinezza come fase della vita con bisogni propri (nesso con
istituzionalizzazione e prolungamento dei processi formativi)
Nascita della famiglia moderna
Nascita della famiglia moderna come luogo dell’affettività : Ariès (1968) creazione di uno spazio
domestico/privato. Processo che interessa prima le famiglie aristocratiche e borghesi.

Dalla metà del ’600 figli come oggetto di specifiche strategie educative: si avvia processo di definizione
dell’infanzia come specifica età dello sviluppo (protezione e controllo/educazione) che arriverà a
compimento solo nell’800.

Famiglia educante-affettiva = nuova collocazione dei figli nella famiglia e nuova costruzione sociale
della maternità con compiti affettivi ed educativi (moralisti: madre come educatrice da educare alla
sua «naturale» vocazione, dare i figli a balia=indifferenza, freddezza, vanità).

Famiglia moderna: prima rivoluzione contraccettiva


Ridefinizione del «posto dei figli» nella famiglia e costruzione sociale della madre come soggetto
educante e affettivo
=

Prima rivoluzione contraccettiva: modalità di regolazione delle nascite con l'obiettivo di contenerne il
numero. Strategie di contraccezione «naturale», eminentemente maschile (coito interrotto). Dalla fine
del ’700, riduzione del tasso di fecondità coniugale.

Rapporto tra coniugi più improntato dal rispetto che dalla pulsione sessuale: la donna si libera dalla
coazione alla riproduzione biologica per tutta la propria vita feconda.

Doppia morale maschile borghese: le donne delle classi subalterne sono soggette alle aggressioni
sessuali degli uomini borghesi che, rispettando le «loro» donne, lasciano libero corso agli istinti con le
«altre».

Nascita della famiglia moderna: le classi operaie


Proletariato urbano (inizio Ottocento): incompatibilità dell’allevamento dei neonati con le nuove richieste
del lavoro di fabbrica (figli a balia o affidati alla carità pubblica)
Resistenza delle famiglie operaie alle forme di regolazione del lavoro minorile.
La creazione dell’infanzia tra questi ceti avviene perlopiù sotto forma di imposizione (scuole per
bambini di classe operaia, villaggi operai ad opera di imprenditori – educazione domestica della
madre)
Progetto educativo rivolto a madri e bambini delle classi operaie quando saranno disponibili risorse per
una vita domestica vera e propria, con risorse per incoraggiare un investimento nei figli.

Affermazione della famiglia moderna in Italia


Affermazione più lenta e tardiva della famiglia moderna (predominanza popolazione rurale – modello
famiglia unità produttiva)

Diversi ritmi dello sviluppo economico sociale = tempi differenziati di affermazione delle nuove strategie
riproduttive (calo fecondità prima nelle città e nel Nord, rispetto alle campagne e al Meridione).

Riduzione del numero di figli nel passato più recente

Il fenomeno della riduzione della fecondità è andato progressivamente omogeneizzandosi nei paesi
europei a partire dal Secondo Dopoguerra.

A partire dagli anni Sessanta declino della fecondità in tutti i paesi.


Ma ripresa o stabilizzazione nella maggior parte dei paesi UE, in Italia ulteriore crollo della fecondità dal
1975 in poi.
Se negli anni ’70 sembrava ci fosse un rapporto diretto tra bassa occupazione femminile e alta
fecondità.
Tra fine anni ’80 e negli anni ’90 il rapporto sembra essersi invertito: i paesi con più alta occupazione
femminile hanno tassi di fecondità più alti.

Possibili spiegazioni dell’inversione del rapporto occupazione femminile/fecondità


2 ordini di spiegazioni (tra loro interrelate):
1. Come le diverse società reagiscono all’aumento dell’occupazione femminile
2. Come le diverse società sostengono il costo dei figli e ne promuovono precocemente l’autonomia
economica

- Paesi mediterranei: poco sostegno all’occupazione delle donne con figli, poco sostegno (al reddito)
per il costo dei figli – donne (soprattutto più istruite) riducono il numero di figli per mantenere
un’occupazione
- Paesi scandinavi: sostegno dell’occupazione femminile con offerta di servizi e misure per la precoce
autonomizzazione economica dei figli

Attenzione nell’interpretazione dei rapporti causa-effetto tra occupazione femminile e fecondità


Orientamenti culturali e personali: se avere un lavoro e 1 o più figli è complicato, è anche vero che coloro
che vogliono investire nella vita professionale potrebbero essere meno motivate ad avere più di 1-2 figli
rispetto a coloro che hanno un più esclusivo orientamento verso la famiglia
Le decisioni relative alla procreazione risentono inoltre di ciò che avviene sia nella vita individuale che
familiare: non solo nella vita professionale dei 2 partner o nelle esperienze con i primi figli ma anche di
ciò che avviene nella rete parentale.

Fecondità differenziale per regioni in Italia


Almeno 2 modelli di famiglia dal punto di vista della fecondità:
- Regioni del Nord: numero contenuto di figli
-Regioni meridionali o insulari: numero elevato di figli (regioni del Centro in posizione intermedia)
Ma è soprattutto nelle regioni del Meridione che si è ridotto più drasticamente il numero di figli per
famiglia
Nelle regioni del Centro-Nord, soprattutto del Nord, ripresa del tasso di fecondità legate alla
procreazione delle donne straniere.

Mutamento del posto della filiazione nel ciclo di vita


Indagini effettuate nei paesi occidentali mostrano che, a partire dagli anni ’50, il modello ideale di
famiglia passa da famiglia con 2-4 figli ad un più condiviso orientamento su famiglia con 2 figli.

Seconda rivoluzione contraccettiva: non più sorveglianza per controllo del numero dei figli (prima riv.
contraccettiva) ma situazione in cui lo stato «normale» per una coppia è quello della non procreazione
(tecnologie contraccettive – tocca direttamente la fecondità femminile, sessualità liberata dal vincolo
della procreazione)

N.B. la riduzione della fecondità non è solo effetto dello sviluppo di tecniche di contraccezione – in Italia
divieto della diffusione di informazioni e della vendita di contraccettivi fino al 1975, decisamente dopo
che il calo della fecondità ha iniziato la sua accelerazione

Dalla procreazione responsabile alla procreazione scelta


Affermazione di una cultura della scelta e delle procreazione voluta:
1. Figlio/a è percepito come un bene in sé
2. Perché voluta, la generazione dei figli deve essere un piacere e corrispondere al desiderio dei genitori
(....mutamento delle aspettative dei genitori?)

Mutamento delle visioni e del vissuto della sterilità: se un tempo poteva essere vista come un mancato
compimento dell’identità femminile adulta o del progetto di continuità familiare, oggi ostacolo nella
realizzazione di una scelta che, proprio perché opzionale, una volta realizzata chiede di essere
compiuta (diffusione delle tecnologie riproduttive al fianco di quelle contraccettive)

«Sterili per scelta» e genitori «ad ogni costo» (– etero o omosessuali – ) sono le due figure sociali
estreme nel processo di ridefinizione della procreazione nella famiglia e nel corso di vita adulto iniziato
oltre un secolo fa

Mutamento strategie riproduttive e conseguenze sul vivere in famiglia


Quali conseguenze del mutamento delle strategie riproduttive sull’esperienza del vivere in famiglia?

▪ Minore articolazione delle età nella famiglia: minore articolazione delle età dei figli
▪ Maggiore articolazione delle età nella parentela: + posizioni generazionali

Trasformazioni della maternità:


Da una prima fase di riduzione delle nascite (tempo «liberato» dalla procreazione è sostituito da tempo
per le cure materne e l’educazione) – a un’ ulteriore riduzione (anni ’70, strategie consapevoli di
combinazione lavoro produttivo/lavoro familiare)

Trasformazioni della paternità:


(ambito recente di ricerca) divisione del lavoro familiare ancora squilibrata ma nuova rivendicazione
delle attività di cura e del rapporto con i figli (specialmente più piccoli): soprattutto uomini più istruiti e
residenti nelle città

Mutamento delle relazioni genitori-figli e trasformazioni sociali che interagiscono con la ridefinizione
delle relazioni
Scuola: definizione di curricula di crescita e curricula dei genitori
Strumento di modifica e insieme di rafforzamento della stratificazione sociale: legittima periodi lunghi di
dipendenza sia dall’autorità genitoriale che dal mantenimento da parte dei genitori
Persistenza delle disuguaglianze: Istat (2012) le possibilità per il figlio di operai di accedere all’università
sono 8 volte meno rispetto a quelle di un figlio di laureati.
Nuovo investimento dei genitori nella formazione delle figlie ma persistenza di percorsi «maschili»
e«femminili» (i curricula più praticati dai maschi permettono di ottenere lauree più forti sul mercato del
lavoro e danno accessi a redditi mediamente più alti)

Esperienza del crescere tra coetanei: nuova distinzioni degli spazi e delle attività in relazione alle età.
Gruppi di pari in età adolescenziale e giovanile sono perlopiù omogenei per condizione sociale e
individuale.

Calendari di crescita non lineari


Dalla seconda metà ’800: scansione delle classi di età e dei diversi statuti corrispondenti
Rigida scansione delle età nei sistemi di istruzione ma le scansioni sociali diventano sempre meno chiare
nel passato recente: adolescenti ad es. autonomia di consumi e tendenza all’anticipo di comportamenti
un tempo consentiti solo dopo il matrimonio (relazioni sessuali), giovani e indipendenza abitativa, ma
tutto questo in situazione diffusa di dipendenza economica prolungata dai genitori.
Mutamento nei modelli delle relazioni familiari: la famiglia per lunghi archi di tempo diviene una
comunità di adulti di varia età o adulti e quasi-adulti (famiglia lunga del giovane-adulto)

Instabilità coniugale e relazioni familiari


La quota di bambini/e che sperimenta l’interruzione del rapporto tra i genitori è minore di un secolo fa:
diverse le motivazioni (vedovanza, oggi instabilità coniugale)

Conseguenze di divorzi/separazioni sui figli:

▪ Fino agli anni 80 del ’900: ricerche fornivano immagine negativa dell’esperienza dei figli di
separati/divorziati in termini di sviluppo psico-sociale. Ricerche più sistematiche negli anni ’90:
▪ Quota consistente di padri (20-35%) che a pochi anni di distanza dalla fine del rapporto coniugale
hanno praticamente interrotto i rapporti con i figli (quota più alta nei ceti meno privilegiati). NB. Padri già
molto coinvolti nella cura dei figli prima della fine del matrimonio sono più presenti con i figli anche dopo
la separazione
▪ Famiglie monogenitore più esposte all’esperienza della povertà (diversa esperienza in relazione alle
diverse tipologie: assenza rapporto di coppia o interruzione)
▪ Famiglie ricostituite: reti parentali complesse con poco riconoscimento sociale (in Italia mancanza di
termini non dispregiativi per nominare le nuove relazioni acquisite)

SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI

Lo studio delle migrazioni internazionali


«gli esseri umani sono una specie migratoria» [Massey et al.1998]

Consistente propensione alla mobilità geografica individuabile nello sviluppo del genere umano

⭢ Es. Atene classica (V sec. AC): meteci (posizione intermedia tra cittadini liberi e schiavi) lavoratori e
commercianti forestieri, privi di diritti politici e di cittadinanza in quanto non appartenenti alla polis
⭢ Mercanti medievali
⭢ Spostamento di popolazioni perseguitate in cerca di scampo
⭢ Colonizzazioni (migrazioni forzate degli schiavi)

Definizione di «immigrato»
La definizione di immigrato varia a seconda dei sistemi giuridici, delle vicende storiche e delle
contingenze politiche e l’impiego di definizioni differenti incide sul conteggio della popolazione
immigrata (scarsa comparabilità delle fonti statistiche e scarsa affidabilità dei dati quantitativi sul
fenomeno)

Definizione di immigrato internazionale proposta dalle Nazioni Unite:

«una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel
paese da più di un anno»

1. Attraversamento di un confine nazionale e spostamento in altro paese


2. Il paese di destinazione è diverso da quello in cui il soggetto è nato o in cui vive
abitualmente
3. Permanenza prolungata nel nuovo paese, fissata convenzionalmente a 1 anno

Limiti: non tiene conto degli spostamenti inferiori all’anno (migrazioni stagionali) e delle diverse visioni
giuridiche che stabiliscono chi sono gli immigrati e chi i cittadini (seconde generazioni)
Il linguaggio di uso comune
Sia il termine «immigrato» che «extra-comunitario» sono utilizzati nel linguaggio comune soltanto per
alcune categorie di stranieri. «Immigrati (ed extracomunitari) sono ai nostri occhi gli stranieri provenienti
da paesi che classifichiamo come poveri, non quelli originari di paesi sviluppati» (Ambrosini 2010)

Il confine che separa immigrati e stranieri graditi è in realtà mobile:

• Sviluppo economico di alcuni paesi di provenienza (es. Giappone, Taiwan, Corea)

• Es. dei cittadini provenienti da paesi poveri ma che si distinguono per l’eccellenza nello sport, nella
musica, nell’arte…a cui raramente si applica l’etichetta di «immigrati»

Nel senso comune l’impiego del concetto immigrato allude a una doppia alterità: una nazionalità
straniera e una condizione di povertà.

MIGRAZIONI
Il problema di definizione del concetto di «immigrato» ci indica che le migrazioni devono essere
inquadrate come:

1. Processi: poiché dotate di una dinamica evolutiva che comporta modificazioni nel tempo.
2.Sistemi di relazioni: che riguardano le aree di partenza, quelle di transito e quelle infine di
destinazione, coinvolgendo una pluralità di attori e di istituzioni
● Emigrazione: si riferisce all’uscita dal paese d’origine
● Immigrazione: si riferisce all’ingresso nel paese ricevente
● Migrazione: abbraccia le diverse direzioni della mobilità geografica seguita da insediamento
(recente sviluppo di approcci transnazionali nello studio dei processi migratori)

Migrazioni interne
Spostamenti da un territorio all’altro, all’interno di un medesimo paese

Caratteristiche in parte diverse da migrazioni internazionali:


• Immigrati interni sono cittadini (diritti di cittadinanza), più facilmente condividono con gli altri residenti
le appartenenze linguistiche,culturali e religiose
Caratteristiche in parte sovrapponibili alle migrazioni internazionali:
• Percepiti come «diversi», possibili discriminazioni nell’accesso al lavoro e all’abitazione, etichettati come
pericolosi e inferiori, possono attivarsi nella costituzione di reti basate su comune origine o parentela
In Italia spostamento dell’interesse da dimensione dell’emigrazione a quella dell’immigrazione e,
successivamente, dalle migrazioni interne (oggetto di studi soprattutto negli anni ‘60) a quelle
internazionali.

Gli attori delle migrazioni


Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse in cui agiscono tre principali gruppi di attori:
1. Le società di origine: capacità di offrire benessere, libertà, diritti ai propri cittadini ma anche politiche
più o meno favorevoli all’espatrio della popolazione
2. I migranti attuali o potenziali: le loro aspirazioni, i loro progetti, i loro legami sociali
3. Le società riceventi: regolazione degli ingressi, politiche di inclusione e reazioni sociali all’arrivo di
popolazioni straniere.

Il fenomeno delle minoranze etniche come riflesso dell’interazione tra attori delle migrazioni
Il concetto di minoranza etnica è utilizzato in riferimento a gruppi di immigrati stranieri, stabilmente
insediati in un paese e che dànno vita a nuove generazioni, ma che non sono considerati come membri
a pieno titolo della società in cui vivono, con la conseguente esposizione a condizioni discriminatorie.

Castles e Miller [1993] ne individuano le seguenti caratteristiche:

• Sono gruppi subordinati all’interno delle società


• Presentano aspetti fisici o culturali soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi dominanti
• Acquistano autocoscienza del gruppo, essendo accomunati da appartenenze linguistiche, culturali ,
religiose e da una storia, una tradizione condivisa, oltre che da una comune posizione sociale
(svantaggiata)
• Possono in qualche maniera trasmettere alle generazioni successive l’identità minoritaria

Sebbene possa variare l’intensità dell’auto- o dell’etero-definizione come «minoranza etnica», il


concetto implica sempre qualche grado di marginalità sociale e di esclusione che conducono a
situazioni attuali o potenziali di conflitto sociale.

Diverse figure di immigrati


Superamento dell’identificazione dell’immigrato con una sola figura sociale

Figura del male breadwinner tipica delle prime migrazioni di massa: uomo, lavoratore manuale, poco
qualificato, che, almeno inizialmente, migra da solo.

Pluralizzazione delle figure dei migranti:


• Migrazioni per lavoro: articolate in diverse tipologie (stagionali) e con competenze diversificate
(migranti qualificati)
• Familiari ricongiunti
• Rifugiati e richiedenti asilo
• Immigrati in condizioni irregolari
• Migranti di seconda generazione
• Migranti di ritorno

Gli immigrati per lavoro


Non più prevalentemente uomini ma intensificazione delle migrazioni di donne nella veste di primo
migranti, non più scarsa istruzione e scarsa qualificazione professionale.
Ma l’inserimento lavorativo continua ad attuarsi prevalentemente nei settori e nelle occupazioni meno
ambite dei mercati del lavoro dei paesi riceventi (lavori delle tre «D»: dirty, dangerous, demanding/
sporchi, pericolosi, gravosi)
✓ Scarsa possibilità di riconoscimento dei titoli di studio e delle competenze pregresse
✓ Nicchie del lavoro scarsamente tutelate e con rilevante diffusione di rapporti di lavoro irregolari
✓ Donne: principale inserimento dei servizi di assistenza alle persona e alle famiglie

Immigrati stagionali
Si distinguono dai precedenti perché in vari paesi sono sottoposti a regolamentazione specifica:
autorizzazione all’ingresso per periodi limitati per rispondere ad esigenze temporanee e definite dalla
manodopera.
Incremento di questa forma di immigrazione in tutta Europa: viene preferita rispetto alle forme più
stabili e agevolata con specifiche politiche governative, riclassificata come «migrazione circolare».

I familiari al seguito
Categoria che diventa rilevante in Europa dopo la svolta restrittiva delle politiche migratorie (metà anni
‘70) e la sostanziale chiusura delle frontiere nei confronti dell’immigrazione per lavoro.
Da questo momento il ricongiungimento familiare diventa la motivazione più frequente negli ingressi in
molti paesi dell’Europa
Come conseguenza: aumenta la quota di popolazione che non partecipa al mercato del lavoro (figli)
insieme alla domanda di servizi sociali
Il profilo demografico della popolazione immigrata tende così a «normalizzarsi», diventando più simile
per composizione ed età a quello della popolazione nativa.

Rifugiati e richiedenti asilo


Altra componente della popolazione migranti che è cresciuta negli ultimi decenni

La Convenzione delle Nazioni Unite (1951) o «Convenzione di Ginevra» definisce il rifugiato come una
persona che risiede al di fuori del proprio paese di origine e che non può o non vuole tornarvi a causa
di un «ben fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a
un particolare gruppo sociale, opinione politica»

Il richiedente asilo è una persona che si sposta attraverso le frontiere in cerca di protezione ma che non
sempre rientra nella rigida categorizzazione della Convenzione di Ginevra, non potendo dimostrare di
essere oggetto di una persecuzione esplicita (es. migrazioni per catastrofi naturali). Alcuni autori
parlano in proposito di migrazioni forzate

Ai numeri contenuti di perseguitati politici si sono aggiunti ingenti flussi dei profughi di guerra

Migrazioni irregolari e non volute

● Immigrato/a in condizione irregolare: la persona che, entrata nel paese di destinazione in


maniera regolare, è rimasta dopo la scadenza del titolo che gli permetteva l’ingresso.
● Clandestino/a: la persona che entra nel paese di destinazione senza documenti, con
documenti falsi o corrompendo i pubblici ufficiali preposti al controllo.
● Vittima del traffico di esseri umani: la persona che viene coinvolta nell’attraversamento della
frontiera con la forza o con l’inganno, condizionata nella sua libertà anche dopo l’arrivo nel
paese di destinazione e costretta a svolgere attività che procurano introiti alla rete che ha
organizzato il suo ingresso e ne gestisce il suo soggiorno (tratta delle donne straniere e
prostituzione forzata; sfruttamento della mendicità).

Immigrazione regolare e irregolare:i confini mobili della distinzione


L’analisi sociologica tratta in maniera cauta e problematica la distinzione tra immigrati regolari e
irregolari che appare tutt’altro che netta

La storia recente delle migrazioni internazionali verso l’Italia è costellata dal frequente ricorso allo
strumento delle sanatorie attraverso le quali l’immigrato che si trova in condizione irregolare ed è
soggetto a provvedimenti di espulsione è trasformato in regolare, in grado di accedere a benefici che
fino al giorno prima gli erano negati

Allo stesso tempo, la perdita del lavoro può determinare, dopo un certo periodo, la perdita del diritto di
soggiorno. E il matrimonio con un’italiano/a consentire invece di diventare cittadini a pieno titolo.
Le definizioni di regolarità e irregolarità hanno quindi a che fare con i meccanismi di regolazione
dell’immigrazione del paese ospitante, meccanismi che sono soggetti a revisione e che spostano i
confini della definizione giuridica dell’immigrato.

I migranti di seconda generazione

Seconda generazione: nell’analisi sociologica ricomprende, generalmente, i figli di immigrati nati nel
paese ricevente o nati nel paese di origine e ricongiunti in seguito.

Nel secondo caso: minori immigrati che sono associati allo status dei genitori
Nel primo caso: si parla di «migranti senza migrazione», nati e cresciuti al di fuori del paese di origine,
verso i quali i paesi di destinazione hanno atteggiamenti diversi
➤Ius soli: sono considerati cittadini in quanto nati sul territorio nazionale
➤Ius sanguinis (cittadinanza si trasmette per discendenza da coloro che sono cittadini): sono ritenuti
stranieri al pari degli altri
➤Caso italiano: possibilità di acquisire la cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età.

Migranti di ritorno e discendenti di cittadini

Migranti di ritorno: coloro che ritornano nel paese di origine dopo aver trascorso un periodo della loro
vita in un altro paese
Flusso non irrilevante: si stima che tra gli italiani immigrati all’inizio del 1900 il 60% circa abbia fatto
ritorno in Italia
Incentivato dai paesi di origine perché si tratta di immigrati che apportano capitali e talvolta
competenze ed esperienze professionali utili. Tipo di mobilità non facile tuttavia dal punto di vista
psicosociale per chi deve affrontare nuovamente la migrazione e l’adattamento

Discendenti di cittadini: caso particolare di discendenti di antichi emigranti o coloni ai quali è accordato
uno status particolare per l’ingresso (in Italia e Germania ad es.) e che acquisiscono automaticamente
la cittadinanza.

Per una periodizzazione della storia delle migrazioni

Nello studio delle migrazioni si opera generalmente una distinzione della storia contemporanea delle
migrazioni in periodi, con l’obiettivo di individuare gli spostamenti attraverso le frontiere nei contesti
economici e politici in cui si inseriscono e con cui interagiscono

1. Periodo dello sviluppo industriale e della «grande emigrazione» (dal 1830 per i paesi anglosassoni e
nordeuropei; dal 1880 alla prima guerra mondiale per l’Italia)

Migrazioni di massa in direzione delle Americhe (l’Europa è prevalentemente terra di emigrazione)


principalmente legate ai grandi volumi di manodopera richiesti e al concomitante impoverimento delle
aree rurali di provenienza dei migranti. In questo periodo dall’Italia anche migrazioni stagionali verso
paesi europei economicamente più avanzati (Francia, Germania, Svizzera).

Il periodo tra le due guerre


Espulsioni, esodi di profughi (soprattutto dall’Unione Sovietica) e deportazioni: in Europa si stima che
circa 5 milioni di persone furono obbligate ad abbandonare i territori in cui risiedevano
Si accompagnano a nuovi bisogni di manodopera per compensare i vuoti lasciati dalle perdite belliche
Istituzione dell’Ufficio Internazionale del lavoro presso la Società delle Nazioni Unite: si afferma l’idea
della regolamentazione delle migrazioni attraverso trattati internazionali. Maggiori limitazioni e
selettività rispetto al periodo precedente ma anche prime forme di riconoscimento dei diritti dei
lavoratori migranti
Nello stesso periodo l’avvento dei regimi totalitari ha come conseguenza l’esodo di oppositori politici e
rifugiati (antifascisti italiani, ebrei in fuga dalla Germania)

Il periodo della ricostruzione (1945- primi anni ‘50)


Rilancio dei movimenti migratori legati alla ripresa economica che richiede manodopera
Migrazioni dall’Italia verso Francia, Belgio, Svizzera. Tra il 1946 e il 1951 dall’Italia verso l’estero parte circa
un milione di persone.
Sempre in Italia si sviluppano, inoltre, le migrazioni interne inizialmente soprattutto dalle aree rurali
verso i poli del cosiddetto triangolo industriale (Torino, Milano, Genova)

Il periodo del decollo economico (dai primi anni ‘50 ai primi anni ‘70)
Caratterizzato da accordi intergovernativi per la fornitura di forza lavoro
Cresce il volume delle migrazioni e si allargano le aree di reclutamento dei lavoratori immigrati (Con
l’inclusione di Spagna, Portogallo, Grecia ed infine Turchia in direzione della Germania)
Si rafforza anche l’emigrazione dalle ex-colonie verso Francia e Gran Bretagna
Sono anche gli anni delle grandi migrazioni interne in Italia con spostamenti di massa dal Mezzogiorno
verso le regioni del Nord in corso di industrializzazione.

La crisi petrolifera e il blocco ufficiale delle frontiere (dal 1974)


La crisi petrolifera avvia un processo di ristrutturazione dei modelli di produzione e contribuisce a
ridefinire anche la questione migratoria
- Paesi europei attuano politiche restrittive in materia di ingressi sul territorio
- I flussi di migranti continuano con nuovi canali di ingresso: ricongiungimenti familiari e domande di
asilo politico
- Stabilizzazione della presenza immigrata sul territorio
- Ampliamento delle aree geografiche interessate dal fenomeno migratorio (l’Italia diviene meta di
flussi migratori)

Le migrazioni internazionali da fenomeno rispondente alle esigenze di manodopera dei paesi


industrialmente avanzati (periodo 3 e 4) si trasformano da questione prettamente economica a
questione politica: è l’alba della lunga riflessione sulle forme di integrazione degli immigrati.

Tendenze generali dei processi migratori contemporanei

● Globalizzazione delle migrazioni: crescita del numero dei paesi interessati dal fenomeno
● Accelerazione delle migrazioni: crescita delle dimensioni quantitative del fenomeno in tutte le
principali zone di destinazione
● Differenziazione delle migrazioni: crescente eterogeneità delle tipologie di immigrati che
compongono i flussi e del loro profilo socio-anagrafico. Ma anche, in relazione alla
globalizzazione del fenomeno, crescente eterogeneità in termini di appartenenze linguistiche,
culturali, religiose.
● Femminilizzazione dei flussi migratori: Dagli anni Sessanta, le migrazioni per lavoro e per
ricongiungimento familiare delle donne si intensificano (sebbene le migrazioni femminili non
siano un fenomeno nuovo!)
La sociologia delle migrazioni come discorso sull’Altro

Aspetto che smettano di parlare dell’«Altro» e che la finiscano di ripetere quanto sia importante parlare
di differenza. Importante non è soltanto ciò di cui parliamo, ma anche come e perché decidiamo di
parlare. Spesso questo discorso sull’«Altro» è anche una maschera, un parlare oppressivo che nasconde
vuoti e assenze, quello spazio dove le nostre parole prenderebbero corpo se fossimo noi a parlare, se
intorno a noi ci fosse silenzio e soprattutto se noi ci fossimo. Questo «noi-soggetto» è quel
«noi-oggetto» nei margini del «noi e loro», quel «noi-soggetto» che abita lo spazio del margine inteso
non come luogo di dominio, ma di resistenza. Entrate in quello spazio. Spesso questo discorso sull'
“Altro” annulla, cancella: «Non c’è bisogno di sentire la tua voce, quando posso parlare di te meglio di
quanto possa fare tu. Non c’è bisogno di sentire la tua voce. Raccontami solo del tuo dolore. Voglio
sapere la tua storia. Poi te la ri-racconterò in una nuova versione. Ti ri-racconterò la tua storia come se
fosse diventata mia, la mia storia. Sono pur sempre autore, autorità. Io sono il colonizzatore, il soggetto
parlante, e tu ora sei al centro del mio discorso». Stop. Noi vi celebriamo come liberatori. Questo
«noi-soggetto» è quel «noi-oggetto» nei margini del «noi e loro»,quel «noi-soggetto» che abita lo
spazio del margine inteso non come luogo di dominio, ma di resistenza. Entrate in quello spazio. Il mio è
un invito deciso. Vi scrivo, vi parlo, da un luogo ai margini, un luogo dove io sono diversa, dove vedo le
cose in modo differente. Sto parlando di ciò che vedo (bell hooks, Elogio del margine 2020, pp. 131-132)

I FIGLI DELL’IMMIGRAZIONE
Seconda generazione : «seconde generazioni, figli di immigrati, minori stranieri, studenti di gruppi etnici
minoritari, quale che sia la denominazione utilizzata non risulterà difficile provarne il carattere riduttivo e
spesso fuorviante. Riduttivo perché riduce una biografia ad un’origine e fuorviante perché rimuove le
modalità dei soggetti di definirsi liberamente, giocando tra i molti appigli identitari e simbolici in uno
spazio fluido» (Queirolo Palmas, 2006)

Un tratto è messo in risalto è non è detto che sia quello ritenuto maggiormente importante dai soggetti
stessi (giovani, studenti, ecc.),ma permette di cogliere la specifica condizione sociale che accomuna
questo gruppo (vincoli e opportunità) e che lo distingue dai coetanei.

Rumbaut (1997) propone la graduazione delle generazioni dei figli di immigrati in relazione al momento
del loro arrivo nel paese di destinazione e ai diversi gradi di socializzazione/scolarizzazione nel paese di
origine.

● Generazione 1,25: minori che vivono la migrazione tra 13 e 17 anni e che non sempre
frequentano la scuola secondaria (esperienza più simile a quella della prima generazione)
● Generazione 1,50: minori che vivono la migrazione tra 6 e 12 anni. Inizio del percorso scolastico
nel paese di origine e termine nel paese di destinazione
● Generazione 1,75:migrazione in età prescolare (0-5 anni)
● Generazione 2: nati nel paese in cui vivono i genitori immigrati

Più spesso il termine seconda generazione è utilizzato in maniera estensiva (come nel testo in
programma): figli/e di almeno 1 genitore immigrato, nati all’estero o nel paese dove i genitori si sono
stabiliti.

I giovani di origine straniera come «osservati speciali» Giovani e controllo sociale

Attenzione e preoccupazione delle società riceventi per l’assimilazione dei giovani con background
migratorio
Marginalità sociale vs acculturazione agli stili di vita del contesto di residenza - Rifiuto della posizione
subalterna spesso ricoperta dai genitori
Socializzazione culturale ma persistente esclusione socioeconomica: studi su marginalità e devianza
dei giovani figli di migranti che non riconoscono l’autorità dei genitori
Roy: bande di giovani magrebini «etnie inventate» in risposta alla non- integrazione.

INTEGRAZIONE DELLE SECONDE GENERAZIONI, prospettive strutturaliste


Focus sulle discriminazioni permanenti (lavoro)

Rea et al. (1999) – Paradosso dell’integrazione: invisibilità delle prime generazioni di migranti vs. nuova
visibilità delle seconde generazioni (aspirazioni di vita molto più simili ai coetanei autoctoni e vissuto del
razzismo)
> Insuccesso scolastico dei figli di migranti come strategia che giustifica persistenti disuguaglianze
(discriminazione visibile a parità di titolo di studio con coetanei autoctoni – il vissuto e la percezione
della discriminazione incidono su motivazione allo studio!)
Etnicizzazione della povertà e rischio di costruzione di un’ underclass costantemente esclusa dal
mercato del lavoro
NB. Importanza di contestualizzare il vissuto della discriminazione e tenere conto delle strategie variabili
di risposta.

Prospettive assimilazioniste
Le origini del concetto di «assimilazione»
Scuola di Chicago (anni Venti del Novecento) – Città e prospettiva dell’ecologia umana

In una prima definizione del termine, data da Park e Burgess (1921, 735), il concetto di assimilazione è
caratterizzato da una dimensione di reciprocità e inteso come un processo di «compenetrazione e di
fusione nel quale gli individui e i gruppi fanno propri i ricordi, i sentimenti e gli atteggiamenti di altri
individui e di altri gruppi e, condividendo la loro storia e la loro esperienza, entrano con essi a far parte
di una cultura comune»

Pochi anni più tardi Park, riformulerà tale definizione parlando questa volta di assimilazione sociale
intesa come «un termine per indicare il processo o i processi con cui uomini di diverse origini razziali e
differenti bagagli culturali abitando lo stesso territorio raggiungono un livello di solidarietà culturale
sufficiente per sostenere l’esistenza nazionale » (Park 1930, 281).

Contestazione del carattere normativo del concetto - rielaborazione Brubaker (2001) assimilazione
come incorporazione (la diversità culturale è metabolizzata) vs. assimilazione come processo che
conduce alla similarità – accettabile per Brubaker nell’uso intransitivo («diventare simili» – non transitivo
«rendere simili»)

1. Assimilazione in questo senso è da intendere come un processo che avviene a livello aggregato ed è
perlopiù intenzionale ed invisibile
2. Va perseguita come obiettivo nell’ambito socioeconomico (non culturale) e rappresenta quindi
l’opposto di emarginazione, segregazione, ghettizzazione

Alba e Nee (2003) - Assimilazione come processo relazionale che può condurre a vari esiti. Implica
processi di aggiustamento reciproco tra stranieri e autoctoni con progressivo declino delle differenze
culturali ed etniche.
Prospettive intermedie (tra strutturali e assimilazioniste)
Portes (1995)

⭢Assimilazione segmentata: verificare empiricamente in quali ambiti e per quali aspetti gli
stranieri e i loro figli tendono ad assimilarsi alla popolazione autoctona
Non è un processo necessariamente di segno positivo (come nella tradizione di studi della
Scuola di Chicago)

⭢Downward assimilation: assimilazione nell’ambito delle comunità marginali della città composte dalle
fasce più svantaggiate e creazione di culture oppositive nei confronti della
maggioranza autoctona

⭢Acculturazione selettiva: studi su successo scolastico di giovani di seconda generazione che si


allineano con aspetti della società di residenza ritenuti positivi (successo, istruzione, ecc.)
ma la conservazione di aspetti della «cultura» dei genitori e legami con loro connazionali
rappresenta un fattore protettivo da comportamenti non desiderabili (alcol, droghe, ecc.)

Figli e famiglie migranti


Elementi di vulnerabilità:
- Frammentarietà della rete parentale (video In between - «la ragazza con la chiave») Possibili tensioni
tra genitori e figli
- Fenomeno del «rovesciamento dei ruoli»
- Rischio di perdita di autorevolezza dei genitori (stigma sociale)
- Rifiuto delle forme di integrazione subalterna da parte dei figli – aspirazioni e comportamenti più simili
ai coetanei autoctoni che a quelli dei genitori
- Tensioni attorno ai possibili modelli culturali ispirati alla società di origine
- Ribellione verso le aspettative di mobilità sociale di cui i figli sono investiti dai genitori
- Questioni di genere – pressioni conformistiche più forti nei confronti delle figlie

Non solo questioni «culturali» ma anche, problemi strutturali: precarietà economica, questione
abitativa, segregazione spaziale
La Scuola
Elementi che possono influire sull’integrazione scolastica e le carriere dei giovani di seconda
generazione

1. Risorse e strategie familiari o Il livello di istruzione dei genitori anche per i figli di migranti rappresenta il
principale predittore di successo scolastico
2. Funzionamento dei sistemi scolastici (….al di là delle linee guida, contesto di aula, relazioni
scuola-famiglie, ecc.)
3. Contesto di ricezione dell’immigrazione: legalità della presenza dei genitori, loro inserimento nel
mercato del lavoro, discriminazioni e pregiudizi

Persistenti difficoltà scolastiche degli adolescenti che provengono da famiglie immigrate: ritardo e
abbandono scolastico, canalizzazione su percorsi formativi professionalizzanti.

Il caso delle bande


Eterogeneità delle strategie identitarie dei giovani figli di migranti («italiani col trattino»)
Cosmopolitismo, isolamento, ritorno alle origini, mimetismo (processuali!!!)

Aggregazioni di strada: deficit di integrazione e produzione di nuove identità?


Rielaborazione di immagini di Sé e di identità che attingono a riferimenti tradizionali (e li reinterpretano
– re-invenzione dell’etnicità)
Socializzazione tra pari, sostegno emotivo, conferma identitaria, supporto materiale.

Funzioni delle bande identificate da ricerche sviluppate nel contesto nordamericano:


⭢ Recovery– fuoriuscita da esperienze di vita traumatiche e spazio collettivo fonte di
autostima e benessere
⭢ Renaming– ri-significazione della realtà sociale circostante a partire dalla posizione di
marginalità (rituali), performances di strada – (graffiti, musica) saperi collettivi, capacità,
consapevolezza (visibilità)
⭢ Reintegration– re-inserimento sociale (ad es. all’uscita dal carcere) una sorta di famiglia

Minori stranieri non accompagnati


Crescita del numero dei MSNA come effetto delle politiche restrittive dei paesi del Nord globale

Oltre gli stereotipi:


1. Non sono bambini, in prevalenza maschi 16-17 anni
2. Non sono orfani o minori abbandonati. Per emigrare occorrono risorse. Rilevanza della famiglia e del
progetto familiare
3. Idea che fuoriuscendo dall’accoglienza scompaiono nel nulla (attraversamento delle frontiere)

DONNE MIGRANTI E FAMIGLIE TRANSNAZIONALI


Prospettiva di genere e migration studies Female breadwinner
Le donne hanno sempre migrato anche da sole (balie, cameriere, operaie) dopo la crisi degli anni
Settanta (+piccole imprese, + servizi alla persona), la manodopera delle donne migranti diventa
funzionale ai mercati del lavoro e «almeno agli inizi, la meno esigente» (Morokvasic,
1984, 886).

Race,gender and class


Doppia, tripla discriminazione
>Gender: sovrapposizione degli stereotipi di etnici e degli stereotipi di genere - «Destino» della cura e
concentrazione nelle attività tradizionalmente ritenute «femminili»
>Race: processi di razzializzazione– stereotipi su comunità immigrate e preferenza di alcune
nazionalità piuttosto che altre nell’occupazione (caso albanesi)
>Class: Stereotipo della donna migrante proveniente da contesto povero – In realtà dequalificazione
professionale e inserimento in occupazioni che hanno scarso riconoscimento sociale.

Il lavoro di cura
Inserimento prevalente delle donne nei «lavori delle 3C»: Cooking, cleaning & caring.
Assistenti familiari straniere come parte più accettata dell’universo dei migranti – suscita meno ansie
anche se irregolari (sanatorie ad hoc in Italia) ma anche difficoltà a trovare occupazione in altri settori!
Inserimento lavorativo funzionale – Welfare familistico (paesi mediterranei e Italia)
«Delega» della cura e del lavoro domestico come funzionale all’emancipazione delle donne
autoctone-italiane (Andall 2000) che assumono prevalentemente il ruolo di care-manager (non
redistribuzione dei carichi di cura tra maschi e femmine all’interno delle famiglie) «Care» come luogo in
cui si evidenzia come la categoria di genere non sia neutra dal punto di vista dei rapporti di potere
anche tra donne.
Lavoro olistico – richiesta di coinvolgimento affettivo. Lavoro emozionale (Hochschild 2006) – tipico del
lavoro nei servizi alla persona ma peculiarità per asimmetria di potere tra datori di lavoro e lavoratrici e
specificità dell’attività, spesso 24h.

Almeno 3 profili professionali del lavoro domestico-assistenziale (Parreñas 2001):


- Assistenza agli anziani – domanda di coresidenza (ampio impiego di donne migranti in condizione di
irregolarità) – Morte o ricovero dell’assistito
- Collaboratrici familiari fisse – lavoro domestico ma anche con bambini (status delle famiglie
abbienti)
- Colf ad ore – più spesso donne ricongiunte ma anche evoluzione dei primi 2
Lavoro ad ore come «promozione orizzontale» – meno convenienza economica (costo abitazione) e
più rapporti di lavoro (nero parziale) ma autonomia abitativa.

Una tipologia delle assistenti familiari (Ambrosini e Cominelli 2004)


➥ Profilo esplorativo: donne molto giovani, senza carichi familiari, occupate nel settore in maniera
piuttosto casuale, interessate a sondare le opportunità che il contesto può offrire.
➥ Profilo utilitarista: donne più grandi (45 anni e più), in prevalenza dell’Europa dell’Est con figli già
grandi (dipendenza ma non prospettiva del ricongiungimento), poco interessate alla stabilizzazione,
inclini a lavorare e risparmiare il più possibile. Profilo che si è più diffuso negli ultimi anni (mater
oeconomica). Caso delle donne ucraine – «sindrome italiana» come conseguenza di eccesso di lavoro,
solitudine affettiva, convivenza prolungata con persone «in declino»
➥ Profilo familista: donne giovani-adulte, soprattutto dell’America Latina, con figli minori in patria.
Ambiscono al ricongiungimento, al lavoro ad ore e all’autonomia abitativa che permetta di vivere con i
figli.
➥ Profilo promozionale : donne giovani-adulte, alti livelli di istruzione, volontà di migliorare il proprio
status. Vivono con frustrazione la collocazione occupazionale nel settore. Se sono presenti figli, più
difficile la ricerca di occupazioni vicine alle loro aspirazioni.

Riflessi delle migrazioni femminili e del lavoro e di cura delle donne straniere

1. Sovrapposizione stereotipi etnici e di genere (da «la donna» a «la filippina»)


2. Canalizzazione nella cura e rinuncia ad aspirazioni di miglioramento – «adattamento al ribasso»
3. Estesa violazione degli obblighi contrattuali soprattutto in assenza del permesso di soggiorno(nuova
servitù)
4. Alterità culturale attribuita e diverso trattamento da lavoratrici autoctone
5. «Familiarizzazione»- rapporti quasi-familiari: potere ma anche legami sinceri.
Patronage come forma di supporto ma anche revocabile (conclusione del rapporto di lavoro come
tradimento). Parrenas, anche capacità delle lavoratrici di manipolare le relazioni paternalistiche a
proprio vantaggio
6. Famiglie transnazionali: ruolo dei padri? – stratificazione internazionale dell’accudimento e care
drain– care shortage nei paesi di origine

Riflessi delle migrazioni femminili e del lavoro di cura delle donne straniere AGENCY
La prospettiva delle catene globali della cura ha però sottostimato come l’emigrazione possa costituire
anche un mezzo di emancipazione sociale per le donne – aspirazioni di vita, indipendenza economica
ma anche sottrazione a matrimoni infelici o falliti
1. Autonomia
2. Aumento del potere nell’ambito delle strategie familiari
3. Potenziale emancipativo nell’ambito dei rapporti coniugali
4. Status accresciuto attraverso l’inserimento lavorativo rispetto ai mariti (che possono trovare più
difficilmente impiego)
5. Centralità delle donne nelle reti relazionali familiari ed extrafamiliari e centralità nei processi di
integrazione

Famiglie in emigrazione
Vita familiare come fattore di normalizzazione delle condizioni di vita delle/dei migranti.
Le letture per molto tempo hanno oscillato tra «disorganizzazione sociale» e «tradizioni familiari
idealizzate»

Rischi di replicazione della dicotomia tradizione/modernità – pensare la migrazione come esperienza


che modella ruoli, relazioni e orientamenti anche nella famiglia.

Famiglie transnazionali
Membri di una unità familiare vivono in un paese diverso dagli altri, soprattutto adulti.

Legami affettivi attraverso i confini


«Dislocazione affettiva» (Parrenas 2001) : amore per i figli si traduce in distanza dai figli – figli vivono
sentimenti di solitudine, vulnerabilità, insicurezza (sicurezza finanziaria vs. insicurezza affettiva).
Persistenza dello stigma della madre che abbandona i figli – Children Left Behind o «orfani sociali».

In realtà la ricerca mostra continuità dei rapporti madri-figli attraverso i confini: rimesse ma anche
«circolazione delle cure» (non solo madri all’estero verso i figli ma anche fratelli e sorelle in patria verso
i genitori anziani o i nipoti, ecc.).

Diversificazione delle pratiche di accudimento

Strategie eterogenee nel gestire la separazione dai propri cari e fronteggiare il care drain.
Ricongiungimenti familiari
Le famiglie transnazionali sono spesso una fase del ciclo di vita familiare.
Progressiva affermazione del diritto al ricongiungimento familiare – diritti umani
Tentativo di restrizione – requisiti abitativi ed economici - persistenza di disuguaglianze e
discriminazioni nell’esercizio della «cittadinanza genitoriale» (Hacker 2017)
Le migrazioni familiari sono coinvolte nel l'irrigidimento delle politiche di immigrazione
Doppiopesismo sulle visioni della famiglia: si proclama il valore della famiglia ma le famiglie immigrate
sono temute e viste come protagoniste della cosiddetta «sostituzione etnica»

Ricongiungimenti
Le 3 famiglie dell’immigrato (Esparragoza 2003): il ricongiungimento è spesso un nuovo inizio (originaria,
transnazionale, ricomposta).
Ricostruire l’intimità (tempi spesso lunghi della separazione)

Rovesciamento dei ruoli coniugali


Il caso delle madri sole che ricongiungono figli ormai adolescenti (carenze di tempo da dedicare ai figli,
difficoltà educative dopo sradicamento di figli che spesso non volevano partire)
Costi dell’integrazione sociale delle famiglie migranti: non uso dei servizi superiore a quello degli
autoctoni ma certamente spesa sociale più significativa della migrazione di singoli individui…quest’ultima
paradossalmente meno accettata della prima.

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