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CAP 1 e 2

INTRODUZIONE
chi educa deve essere a conoscenza che un confine è un limite. Questo confine separa il
mondo dei disabili a quello dei normali. ci può essere l’idea che ogni confine debba essere
cancellato ma bisogna imparare a distinguere confini e confini. esistono poi i sentieri che
nascono dal bisogno, il bisogno di uscire dalla solitudine. forse una persona disabile si aprirà
nuovi sentieri a noi sconosciuti, il rischio è quello di sbagliare orientamento.
l’ICF cerca di rompere lo sguardo che chiude l’altro unicamente nelle sue incapacità.
il sentiero non è un terreno abbandonato in cui noi possiamo fare ciò che ci pare ma bensì è
un percorso per andare da qualcuno.
c’è un grande bisogno di formazione che per essere definita tale deve essere completa di
esperienza.
dobbiamo essere in grado a mettere insieme la logica del confine e del sentiero, bisogna
avere costanza e impegno per poterlo fare

cap 1 → l’incontro delle competenze


2001 → ICF = Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della
salute.
il suo scopo è quello di fornire un linguaggio standard per la descrizione dello stato di salute.
elenchi principali dei domini: funzioni e strutture corporee e attività e partecipazioni.
l’interesse maggiore dell’ICF è rivolto a capire come funziona un individuo, non si tratta del
funzionamento statico ma del funzionamento di progettazione dinamica.
il modello medico vede la disabilità come un problema della persona.
il modello sociale vede la disabilità come un problema creato dalla società.
Questi due modelli devono integrarsi, questo approccio è chiamato biopsicosociale.
degenerazionismo = vedevano l'umanità raccolta in un territorio e con certe caratteristiche
somatiche il punto più alto dello sviluppo intellettuale e umano
relativismo culturale = possibilità delle diverse culture di collocare il soggetto in una cultura
“altra” che gli consente di fiorire.
le disabilità permanenti non esistono, le disabilità sono un processo.
la possibilità di sviluppo di proposte partecipate permette l’incontro di competenze
La presa in carico una volta prevedeva che il soggetto disabile venisse preso in carico
dall’istituto non venivano presi in considerazione i desideri del soggetto
poi c’è stato il passaggio dell’accompagnamento in cui emergono più contesti in continuo
cambiamento, questo perché le famiglie mutano continuamente cosa che non accadeva
negli istituti.
pensiero complesso = elemento primordiale, infantile. non si pone interrogativi e ha sempre
le risposte
pensiero concettuale = evoca il contesto più adatto e da un senso alle parole produce
interrogativi anche senza darsi risposta
riposizionamento = possibilità di un individuo di ricollocarsi e avere sviluppi diversi da quelli
che sembrava avere il suo destino. capire la necessità che abbiamo di aprire la nostra
mente a una circolazione maggiore di idee e possibilità.
debole = significa che un soggetto è fragile, sopporta meno la fatica ed è più soggetto ad
ammalarsi→ la professione dell’insegnante è considerata debole.
impianto concettuale = è l’elemento che consente di raggiungere lo scopo pratico più
adeguato, è capace di variare gli strumenti a seconda del bisogno
necessità di avere un modello che porti alla cooperazione e all’incontro con le persone. il
modello deve essere flessibile ed elastico
funzioni elementari: percezione/azione, reazioni al contesto, capacità corporea di
sopravvivenza, trasformazioni di informazioni
funzioni superiori: realizzazione di un soggetto sociale con cognizioni sociali.
tra queste funzioni troviamo i mediatori che sono come scalini evolutivi. in una comunità
sono molto importanti i mediatori che collegano le risorse di una comunità con l’assenza di
risorse in un’altra comunità. sono fondamentali
c’è un bisogno costante di scendere alle funzioni elementari (che hanno un compito di base)
per arrivare a quelle superiori.
le capacità devono diventare competenze grazie ad un percorso
globalizzazione delle informazioni = umanità pensa che non ci siano più limiti, se qualcosa si
rompe c’è qualcuno nel mondo che l’aggiusterà → Bauman
la parola è lo strumento per la formazione del complesso, il prendersi cura è possibile grazie
al linguaggio ed è una pratica efficace se è aperta e permette la partecipazione degli altri.

cap 2→ il compito è esclusivamente tecnico. ma è veramente così?


Truman nel 1945 prese la decisione di utilizzare le armi atomiche su Hiroshima. le
giustificazioni di quest’ultimo furono quelle di averlo fatto in buona fede per il bene delle
persone. questi presupposti erano tutti falsi. come dice Canetti è noto che gli uomini che
agiscono in seguito a dei comandi sono capaci delle azioni più orribili. infatti quando
l’autorità viene abbattuta e li costringe a guardare da vicino quello che hanno fatto loro non
lo riconoscono.
è necessario il principio di responsabilità in un tempo in cui le tecnologie permettono di
produrre trasformazioni e distruzioni con un minimo sforzo.
gli studiosi hanno rivelato che i mezzi di informazione hanno preso l’abitudine di collegare alcuni
episodi negativi all’etnia → stereotipo → allontanamento → minaccia porta al metterci al riparo.
associazioni → alcune sono storiche altre invece più giovani, ha un ruolo di sorveglianza, si prende
cura dei diritti dei disabili. permettono a tutti di vivere con qualità degna.
la comprensione dei valori ideali e l'insufficienza di risorse porta rabbia e resistenza al
cambiamento. le associazioni hanno bisogno di modificare le condizioni di vita per
migliorarne la qualità. ciò non è facile perchè si entra in un circolo vizioso. le associazioni fanno
cambiare convinzioni alle famiglie → la crescita deve essere operata accettando il punto di partenza e
attivandolo verso una diversa prospettiva. elementi di reciprocità e vicinanza.
i mediatori-sinapsi vanno curati → in una società delle mediazioni siamo portati a vedere le
necessità dei disabili come necessità di tutti. basato su equità e giustizia.
linguaggio → ha una sua struttura complessa, permette una codifica simbolica e quindi una
trasposizione nel tempo e nello spazio
comunicazione → linguaggio del corpo, è carico di ambiguità
bisogno di superare l’idea che ci siano dei destini segnati dal fatto di essere disabili=
possibilità di cambiare rotta.
→ prospettiva INCLUSIVA = produrre un progetto credibile per tutti

CAP3
Capitolo 5

LONTANANZA E VICINANZA
Nella prima parte di questo capitolo si prende in esame una lettera del 1941 del Dott.
Rascher al fine di poter comprendere la produzione sociale di vicinanza in rapporto stretto
alla produzione sociale di lontananza. Ha lo scopo di proclamare: noi siamo persone normali
e nella nostra normalità vi sono dei buoni sentimenti.

Questa lettera si apre con informazioni riguardanti il quadro familiare, ringraziamenti… Ma


fin da subito ci porta a considerare la razza, vuole imporre a chi legge una vicinanza e una
lontananza derivabili da una distribuzione razziale. Lettera continua con una richiesta, viene
descritto un esperimento utile a scoprire quanto un aereo possa volare in alto al fine che
l'uomo sopravviva. viene poi esposto un problema: gli esperimenti con le scimmie non sono
funzionali e servirebbero degli umani che possono morire. termina poi con una richiesta: se
nel campo (di concentramento) in cui lavora il dottore ci fossero dei criminali adatti a questi
esperimenti. Occorrono, quindi, uomini lontani dalla vera umanità, utili soltanto come
materiali da utilizzare senza scrupolo e quindi adatti per esperimenti terminali. In questo
testo viene messo in evidenza l'importante ruolo che ha il linguaggio umano. La più
raccapricciante e la risposta da parte del Dott. Rascher questa lettera in quanto non solo da
la disponibilità a fornire umani ma aggiunge anche saluti e complimenti per i successi
riportati nella lettera. Vi è la dichiarazione di appartenenza allo stesso gruppo realmente
umano e quello di utilizzo professionale che permette di espellere dall'appartenenza altri
umani sotto-umani. In due mosse si realizza la disumanizzazione e l'allontanamento
dall'umanità.

C’è un modo particolare di servirsi della lontananza e della vicinanza: l’invito ad avvicinare
per poter prendere più facilmente le distanze.

L’importanza delle parole

Quando vi è un'organizzazione delle parole che creano lontananza servendosi anche della
vicinanza, vi è un progetto di produzione sociale di lontananza.

produzione sociale di lontananza è un'organizzazione che permette a ciascuno di essere


attivo senza una funzione decisiva. ogni individuo, quindi, se si ribella alle mansioni che gli
sono state attribuite può essere sostituito da qualcun altro.

Oggetto non è tale solo perché altri soggetti lo nominano, ma anche perché gli elementi
materiali lo riconoscono in qualche modo(campi di concentramento → tutto ti faceva capire
che avevi qualcosa che non andava).

I numeri e le categorie per falsare e allontanare

La contabilità = i numeri fanno entrare in una categoria un po' meno umana e leggermente
disumana.

Abbiamo una percezione che divide la realtà in una vicina e una lontana. Su quella lontana il
nostro pensiero è più arrendevole alla sorte, al destino, alla fatalità.

Le parole hanno un potere di definizione che non si compone unicamente di fattori geografici
ma soprattutto di fattori culturali.

Viene preso in esame un’ altro evento storico: 9 Agosto 1945 (Hiroshima e Nagasaki) → sono
circolate molte fake news, tipiche nelle descrizioni fatte da individui lontani dalla realtà colpita.
La guerra è perdita di contatto con la verità per provocare lontananza rispetto a un’umanità
che così può essere distrutta. La lontananza disimpegna dalle responsabilità della
prossimità, della vicinanza.

Le guerre producono un’alterazione della realtà, si pensa che vi siano popoli vinti e popoli
vincitori. La realtà è che ci sono vinti e vincitori solo in coloro che hanno portato un popolo in
guerra.

I popoli sono sofferenti, è lì che si presenta la prossimità. Ma si entra il un loop dove, se si è


lontani fisicamente dall’evento catastrofico, ci si sente meno coinvolti e la prossimità viene
meno.

Le bombe uccidono una quantità numerica che sbiadisce le persone → crea un numero così elevato di
morti da identificare le persone con un semplice numero ed eliminando il loro nome, cognome e la
loro storia.

Logica del dominio (finta pace) = lontananza e vicinanza sono giocate in funzione della
necessità di essere dominati: ci si può avvicinare per sedurre e per allontanare per
distruggere.

La logica del dominio riguarda anche le persone che hanno delle disabilità → la logica del dominio
condiziona la popolazione a considerare le necessità individuali come miserie non compatibili con la
necessità di andare avanti.

Nella società la disabilità viene vista come ostacolo che limita lo sviluppo. Mescolare la nostra sorte
con quella dei deboli vuol dire rischiare di essere valutati come loro → (rischio del nostro lavoro)

Cap. 6

Paradigma à indicare oltre, guardare a lato, confrontare con altro… Un paradigma non è un
parametro, ma un modello utile per andare oltre, anche oltre esso stesso.

Thomas Kuhn (1962) ipotizza che ogni scienziato contribuisca con la sua ricerca a costruire
un nuovo paradigma e a spostare l’orizzonte, in modo che vi sia sempre più margine
d’azione per i futuri colleghi.

Un paradigma è sempre una scelta consapevole che implica un’assunzione di


responsabilità. La possibilità di scelta è un beneficio di molti se la intendiamo come dinamica
di adesione attiva a ciò che accade nella nostra esistenza: questo implica l’assunzione di
responsabilità verso tutto ciò che ci capita nel corso della vita.

Soprattutto in ambito di Educazione parliamo di scelte: educare riguarda in primo luogo


autoeducarsi e non solo il desiderio di educare altri à la reciprocità è implicita nella dinamica
dell’educazione e della pedagogia.

Durante il nostro vivere all’interno del paradigma per poterlo superare, è necessario essere
responsabili della nostra scelta.

Paulo Freire indica la coscientizzazione come un processo attraverso il quale si acquisisce


una coscienza sempre più precisa sulla realtà socio-culturale e sui mezzi a disposizione per
trasformarla agendo su di essa.
La scelta necessita di quella che chiamiamo alfabetizzazione istituzionale, essa comprende
un’intelligenza della situazione che prevede alcuni punti che distinguono nettamente un
debuttante da un professionista:

· Individualizzazione dell’essenziale: un professionista è in grado di


focalizzarsi sull’essenziale. Questo è verificabile quando esso sarà in
grado di riassumere in modo chiaro e definito la situazione, mentre un
debuttante troverà la concettualizzazione difficile.

· Comprensione della struttura: il principio organizzatore del dato


comprende la struttura del significato dell’insieme che il professionista
deve eliminare.

· Semplificazione vera: astrae dai dati raccolti la matrice autentica della


situazione ed estrae la struttura e l’essenziale.

· Distacco rispetto alle implicazioni affettive, fonti di soggettività: il


debuttante lascia che i suoi sentimenti e la sua storia personale lo porti a
giudicare e agire in modo soggettivo, mentre i dati di un problema vanno
considerati in modo oggettivo. Il professionista ha fatto una scelta ed è
pronto ad affrontare una situazione difficile imprevista senza venirne
sopraffatto.

VICINANZA E LONTANANZA OLTRE LA DIMENSIONE SPAZIALE

È importante che chi lavora nell’ambito educativo abbia un’intelligenza che non si riferisce ai
livelli convenzionali di valutazione intellettiva, ma alla capacità di connessione:
connessioni che possono essere presenti anche in individui la cui diagnosi è un’insufficienza
mentale.

Il professionista deve correre alcuni rischi: ad esempio attraverso comportamenti che


posso sembrare la banalizzazione del problema o della sofferenza, oppure la scelta di
utilizzare dei tecnicismi che pare collocare la sua presenza in una dimensione molto lontana.

PRIGIONIERI DELL’EMERGENZA

Distinguiamo fra:

· Fatto: un dato del reale inserito in una durata più o meno precisa e definita.

· Avvenimento: si basa su un soggetto attore e spettatore del fatto che si produce e che
sottopone la struttura psichica del soggetto a una costrizione o pressione.

Il trauma non è la risposta dello psichismo alla situazione, ma il BLOCCO.

Il dolore si manifesta nell’impossibilità di essere condiviso, in quanto esso è refrattario al


linguaggio. In questo caso il professionista non deve avere solo una competenza linguistica,
ma anche essere in grado di integrarla con una più ampia competenza comunicativa.

Margot Phaneuf ci indica delle competenze complesse che richiedono:


· Una dimensione combinatoria di molteplici dimensioni e saperi scientifici.

· Una capacità di decisione e di azione che si sviluppa all’interno di una dimensione


empatica.

· La conoscenza della propria capacità.

· Lo sviluppo chiaro di una dimensione etica.

· Un tempo di attività professionale che permetta di accumulare un certo numero di


esperienze.

IMPORTANZA DI RAGIONARE SUI VETTORI DI FALSA VICINANZA

Vettore à qualcosa che trasporta qualcos’altro. In termini Fisici, i vettori contengono anche la
specificità di una direzione precisa e di una grandezza o intensità.

È importante sapere quando certi vettori producano vicinanza e quando ottengono l’effetto
opposto: ad esempio, fino a che punto i riflettori accesi su una vicenda drammatica è
vettore di produzione sociale di vicinanza?

Fondamentale è che il professionista abbia una <forte sensibilità nel prestare ascolto al
linguaggio frammentario del dolore>: quando si tratta di persone in coma, spesso il
linguaggio adatto al dolore viene creato da coloro che non soffrono, quindi è sovente errato
o impreciso.

Infine, il tema del Confine è comune in Educazione: limitare significa contenere in un


insieme di punti, un’estensione controllata, che ci permette di fare ordine nella narrazione e
nel riassunto della situazione. I confini inoltre vanno posti tra le nostre vicende personali e
quelle che riguardano la sfera professionale.

Cap.9: Una scuola su misura

Edouard Claparède ragionava sulla costruzione di una scuola su misura.

La sua riflessione parte da un periodo storico preciso -> Europa metà 800, momento in cui ci
si occupa dei bambini considerati ritardati ed anormali che furono infatti collocati in classi
speciali.

Si rese conto che non vi erano solo differenze quantitative ma anche qualitative.

Scuola -> limite di voler sempre gerarchizzare le differenze quindi lui vorrebbe creare una
scuola su misura capace di svilupparsi nella direzione delle attitudini personali su ogni
bambino.

Attitudini personali -> elemento strategico per orientare lo sviluppo, la valorizzazione di


ogni bambino/a. Le attitudini hanno un carattere individuale e differenziale ma non
gerarchizzato. Esse non devono essere considerate come esperienze di base, ma investono
quello che verrà dopo.

Qualcun altro ha ripreso la questione della scuola su misura interpretandola in modi diversi:
· Progetto che va dal tempo pieno a scuola alla prospettiva inclusiva, passando
attraverso la scuola pubblica per tutti e unitaria

· Scuola su misura in cui ciascuno si serve come sa e come può (poco condivisibile).
Possiamo definirla “scuola self-service” che permette a ciascuno di connettersi a ciò che
sa, vuole e può fare e investa per poter investire di più

Un’idea dell’educazione e della scuola si caratterizza con -> dimensione dialogica.


Attenzione va posta alla qualità professionale. Educatori ed insegnanti devono avere un
progetto culturale fondato sulla dialogicità: collegarsi a più fonti, valorizzare attitudini,
organizzare, costruire con gruppo classe strumenti per controllare procedure di
apprendimento.

Meirieu -> parla della “scuola e formazione plurali”, indicando capacità di valorizzare il
gruppo come composto da differenze e realizzare una didattica che si rifà in gran parte alla
cooperazione

Flessibilità-> elemento importante ma che spesso viene scambiato per “precarietà”. La


flessibilità deve curare e permettere l’innovazione accanto alla conservazione delle
conoscenze e delle tecniche prodotte in altre epoche e di farle diventare un patrimonio utile.

Oggi però c’è una diversa connotazione della scuola -> dà impostazione su percorsi
sostanzialmente paralleli. Dunque non è più una scuola plurale ma -> scuola a due velocità
dove alcuni affermano “ci sia un maggiore realismo, bisogna smettere di rincorrere modelli
impossibili”. Ma la storia ci insegna che una scuola a due velocità, ne impone una,
producendo continuamente degli scarti

Scuola della cooperazione -> valorizzazione in un impegno nell’apprendimento, portando


avanti tutti, compresi i soggetti disabili. Nell’apprendimento cooperativo c’è idea di forte
cittadinanza attiva che si pone di fronte al futuro con capacità responsabili e competenti.
Questo rende credibile la richiesta rivolta ai soggetti disabili di compiere a loro volta
adattamenti rispetto a una realtà che si adatta.

Reciprocità-> elemento importante che fa della scuola, cooperazione e della sua logica un
contributo per l’intera società.

Dobbiamo cambiare modello di riferimento e trovare strumenti che stiano meglio in un


progetto culturale che comprende aspetti economici, organizzativi e didattici totalmente
differenti.

Cap.10: gli indicatori della buona prospettiva inclusiva

Cosa intendiamo quando parliamo di indicatori

La parola indicatore si riferisce a un modo di segnalare qualcosa. Possiamo distinguere


due tipologie di indicatori:

1. Indicatori permanenti -> visibilità costante

2. Indicatori che si manifestano solo in particolari situazioni


Per quanto riguarda l’integrazione ci sono degli indicatori che possono segnalare la
presenza di un danno, ad esempio -> intero svolgimento dell’attività didattica di uno studente
disabile che è disancorato sia come spazio fisico sia come modalità di intreccio di
programmi e del lavoro di apprendimento e insegnamento.

Ovviamente possono esserci delle situazioni in cui l’assenza è dovuta a forze maggiori ->
stato fisico del soggetto disabile. In questi casi però c’è possibilità di favorire la
collaborazione fra soggetto e coetanei e quindi parlare ugualmente di integrazione perché
l’assenza è stata colmata per quanto possibile.

Cottini ritiene che qualità integrazione scolastica sia data da alcuni fattori:

· Progressi specifici sugli obiettivi definiti dal PEI

· Modalità utilizzate per valutare progressi

· Generalizzazione degli apprendimenti acquisiti

· Connessione fra programmazione individualizzata e quella della classe

· Tempo che allievo trascorre in classe

· Coinvolgimento dei compagni

Colleghiamo ora questi indicatori a quelle che D’Alonzo chiama “direttive” per realizzare
un’azione educativa-didattica di qualità:

· Soddisfazione del bisogno di successo -> proporre attività educativo-didattica che


sia adeguata alle capacità dell’allievo

· Generalizzazione della differenziazione -> scegliere una metodologia che sia


applicata a tutti gli allievi della classe e non esclusivamente al soggetto disabile

· Impegno relazionale affettivo -> rapporto educatore-educando disabile deve essere


basato su accettazione e rispetto

Per ricavare dei buoni indicatori di qualità si potrebbe allora fare riferimento ad alcuni casi
presentati da Kummer Wiss:

· Strutture flessibili

· Collaborazione fra insegnanti ed insegnanti specializzati

· Importanza al lavoro relativo e alle competenze sociali/personali

· Organizzazione accurata delle transizioni

L’integrazione nel linguaggio

Linguaggio -> elemento fondamentale per collegarsi alla realtà


Importante però saper distinguere bene -> linguaggio e comunicazione, sono due aspetti
diversi. Linguaggio implica le parole la comunicazione non per forza, esiste ad esempio la
comunicazione non verbale che può essere mimica facciale, prossemica o comunicazione
attraverso oggetti. Nel caso di un soggetto con una disabilità linguistica la comunicazione
non verbale risulta essere un fattore positivo, ma non è linguaggio.

Indicatore importante -> verificare se c’è evoluzione nella conquista dell’autonomia nel
linguaggio, ovvero autonomia che permette al soggetto di entrare in contatto con una
comunità attraverso il linguaggio della stessa comunità.

Il linguaggio del soggetto deve avere la possibilità di essere interpretato, letto e anche di
raggiungere ed essere raggiunto in una dimensione di reciprocità. Il grado di integrazione si
misura anche attraverso questo elemento.

Caratteristica specifica dell’indicatore -> coevoluzione, cioè non è solo il soggetto che deve
essere valutato per l’indicatore che presenta soggettivamente, ma deve esserci una
corrispondenza nel contesto.

Dalle buone azioni alle buone prassi

Importante ricordare che le buone prassi -> non sono le singole buone azioni, ma sono
un’organizzazione complessa per tutti, sono un indicatore di qualità.

Nella scuola le buone prassi sono -> possibilità che vi sia una regolare presenza di
insegnanti specializzati per il sostegno dell’integrazione. La buona prassi dovrebbe arrivare
ad avere insegnanti specializzati nel sostegno con una stabilità maggiore e con una
possibilità che non identifichi il singolo insegnante con il singolo soggetto disabile, ma siano
una risorsa per l’intera struttura scolastica.

Nelle buone prassi dovremmo anche inserire -> organizzazione materiale che permette la
presenza fisica per quanto riguarda accessi, vita quotidiana e dunque: servizi igienici, sala
mensa, laboratori e molte altre caratteristiche.

Bisogna parlare di “didattica plurale” che si serve di diverse strategie per un traguardo
comune, anche questa dovrebbe rientrare nelle buone prassi.

Nelle buone prassi vorremmo vedere -> alcuni elementi che possiamo identificare come la
capacità nella scuola di riferirsi a una realtà completa e non amputata.

Realtà completa -> composta da vari soggetti (maschi e femmine) con capacità differenziate
e con l’idea di avere una responsabilità per portare tutto il gruppo al traguardo.

Le buone prassi devono essere -> modello condiviso che avrà aggiornamenti che avrà un
processo continuo secondo opportunità ed occasioni.

Nella scuola di oggi ci sono indicatori di cattiva prassi-> prima tra tutti è la precarizzazione,
soprattutto del corpo docente e la sua frantumazione, la perdita della collegialità e molto
altro.

La riduzione di handicap
Riduzione dell’handicap -> creare il presupposto per problematizzare e rendere distinguibili
gli aspetti irreversibili, che sono i deficit, e gli aspetti che vanno invece verso una possibile
variabilità, che sono gli handicap, e che dipendono dall’organizzazione del contesto, dalla
possibilità di avere risorse ed ausili.

Ma la riduzione degli handicap è presente al giorno d’oggi nelle scuole? La scuola ha capito
che il processo di organizzazione deve essere continuo?

Altro elemento da prendere come punto di riferimento -> presenza di una commissione e di
responsabilità stabili nei confronti della disabilità, con la continua possibilità che vi siano dei
momenti dedicati al tema della riduzione dell’handicap.

Ultimo elemento importante -> ruolo dei coetanei. Non dovrebbero esserci delle dinamiche
pietistiche, ma una qualità della didattica che valorizzi il ruolo dei compagni in una funzione
di apprendimento anche del compagno tutore. Si tratta quindi di un compagno che mette il
suo tempo, le sue capacità al servizio di una riduzione dell’handicap.

Capacità di controllo del percorso

Capacità che comprende anche il soggetto con disabilità, ed è un indicatore che riguarda la
qualità della didattica e alcuni elementi che fanno parte dell’organizzazione materiale della
scuola.

Correliamo questa capacità di controllo con il controllo:

· Del tempo

· Dell’organizzazione scolastica

Vi è un’incapacità di conoscere i ritmi della didattica, con la conseguenza di trovarsi sempre


in difficoltà con la distribuzione della propria energia in rapporto allo sforzo di attenzione.

Aula può fornire elementi di controllo a chi svolge i propri impegni, ex. -> corridoi, bagni
possono avere delle connotazioni di ambiente, di arredo, che permettono il controllo della
direzione dei movimenti. Un soggetto ha la possibilità di fare delle scelte e di finalizzarle al
risultato che vuole raggiungere.

Inibizione costruttiva -> capacità di mettere in moto dei meccanismi che permettano di
respingere atteggiamenti istintivi e la pazienza costruttiva verso una finalizzazione

Maternage come scuola guida

Facciamo riferimento ad un meccanismo caro a Vygotskij che ci permette di ragionare


intrecciando due dimensioni:

1. Intrapsichica

2. Interpsichica

Ovvero quelle modalità di ragionare dentro noi stessi per vedere come riusciamo a conciliare
momenti che non sembrano conciliabili proprio dialogando tra loro è la necessità che si fa
più acuta a causa di una sofferenza o di una gioia perché si è in un contesto che ci è ignoto,
di dialogare con l’altro.

La scuola, come l’intero ambiente didattico deve permettere ai soggetti di mixare la


dimensione mentale originale di ciascuno con gli oggetti e l’organizzazione del cruscotto-
aula in modo da rendere possibile la guida. Chi ha la funzione di istruttore deve saper
organizzare il cruscotto più che non intervenire al posto dell’altro. Buon indicatore -> che vi
sia un intervento che va a ridursi perché cresce l’abilità dell’allievo

Presenza di mediatori efficaci

Possibilità che vi siano mediatori è data dalla necessità di funzionare con elemento che
chiamiamo -> automatismo evolutivo.

Le persone che apprendono, come una classe, devono percorrere evoluzione che permetta
loro di saper usare oggetti che siano dei mediatori efficaci per l’organizzazione degli
apprendimenti.

L’apprendimento ha varie fonti:

· Insegnanti

· Libri

· Schede

· Audiovisivi

Si tratta dunque di avere più mediatori che rendono possibile -> ambiente didattico plurimo

Mediatori efficaci quando -> soggetto con limitazioni sensoriali, di movimento, intellettive

Cap. 11: il paradosso di un insegnamento che apprende invece di insegnare

La situazione della disabilità nel mondo

Cifre della disabilità sono molto più dense in alcune parti del mondo che si ritrovano
sprovviste di risorse tali da poterla fronteggiare.

Il mondo è sicuramente cambiato rispetto a 50 anni fa. Nel 1950 vi erano 2 miliardi e mezzo
di abitanti, nel 2005 circa 6 miliardi e fra non molto diventeremo 7 miliardi -> ha cambiato
fisionomia del mondo.

È quindi molto importante che Nazioni Unite, OMS e le azioni delle agenzie correlate ad
esse, si siano rese conto di una necessità di cambiamenti concettuali da cui possono
derivare dei cambiamenti di comportamento. Le nazioni unite hanno un compito legato
prettamente all’affermazione dei diritti.

Bauman-> nella nostra società bisogna sempre ottenere un superamento, che ovviamente
crea dei superati, dei rifiuti che vanno eliminati.
Le Nazioni Unite si stanno orientando all’idea che -> bisogna avere dei limiti, il
superamento non può sempre essere messo al centro di ogni logica e che la crescita deve
essere fatta in termini compatibili con le risorse.

Focus sul termine “giustizia” -> trait d’union tra la dimensione dei diritti umani esigibili e la
dimensione della salute.

· Diritto della qualità della vita -> possibilità di poter scoprire il valore di alcuni
indicatori di qualità che non siano subordinati al modello della coalizione al superamento.

· Diritto all’immigrazione, scelta ed essere accolti in altri contesti

· Diritto d’asilo

· Diritto al lavoro

· Diritto ad avere abitazione

· Diritto al ricongiungimento familiare

E tanti altri diritti che consentono una buona partecipazione all’attività sociale.

Ora, proviamo a prendere in esame gli stessi diritti sopra citati e proviamo a renderli tali per
una persona con disabilità. Anche una persona che si trova in una difficoltà come questa
avrebbe bisogni di tutti questi diritti in modo tale che possa avvenire una buona integrazione.

Ricolleghiamoci al concetto di buona prassi spiegato alcuni capitoli prima. Buona prassi ->
organizzazione adatta ad accogliere e anche a far vivere le differenze come: cultura, genere,
status… quindi una buona prassi è una buona organizzazione che permette percorsi e
progetti di vita per e nelle differenze. Obiettivo Nazioni Unite -> insistere sui diritti di
cittadinanza per tutti.

OMS -> pone l’attenzione ICF, noi funzioniamo in relazione a una pluralità di contesti e
grazie ad una libertà di movimento nei contesti. Questo corrisponde a un’affermazione di
diritto alla cittadinanza attiva e ad altri valori richiamati.

Situazione disabilità a che fare con:

· Fame -> ritardi mentali sono spesso correlati ad una deprivazione di cibo, con la
fame si crea una tale fragilità da permettere una maggiore diffusione di malattie
invalidanti a cui non c’è una cura

· Acqua -> un miliardo di persone si ritrovano a vivere senza questo bene primario.
Tra le varie malattie correlate alla mancanza di acqua abbiamo: cecità, rachitismo e
assenza sviluppo motorio

· Mine -> forma di terrorismo diffusa, sembrano dei giocattoli, hanno colori brillanti e
sono fatte in modo da poter esplodere dopo un certo tempo

Accanto a questi elementi bisogna anche aggiungere le catastrofi di tipo ecologico-


industriale -> Chernobyl
Si tratta di veri e propri problemi a cui bisognerebbe far fronte, a proposito di questo, Don
Milani affermava che difronte ad un problema -> ci sono due atteggiamenti possibili. Uni
consiste nell’affrontarlo per “sortirne tutti insieme”, l’altro atteggiamento è individualistico:
“sortirne da soli è avarizia”.

Il modo di concepire la disabilità è però cambiato notevolmente con il tempo. Negli anni
passati difronte alle difficoltà la persona disabile veniva lasciata indietro e messa da parte.
Bisogna però tenere a mente che il chiedere aiuto non è un fattore negativo, anzi, ognuno di
noi ha bisogno di essere aiutato ed è una dinamica della reciprocità. L’aiuto diventa negativo
nel momento in cui assume l’equivalente di “elemosina”. Allora in questo caso la vita di chi
ha bisogno passa da competente a nullatenente che ha il bisogno di chiedere aiuto per
sopravvivere.

I limiti della logica dell’emergenza

Henri Laborit -> parla dell’incapacità di classificare un avvenimento e come questo porti a
non saper agire in rapporto ad una realtà che paralizza. Questo restare paralizzati può
essere interpretato come: rimanere occupati mentalmente, in termini esclusivi da ciò che tutti
i giorni viene messo in luce in maniera drammatica davanti ai nostri occhi, impedendoci un
ragionamento più vasto. Si è costretti a vivere l’emergenza e non si riesce ad andare oltre.

Vivere la disabilità nella logica dell’emergenza -> motivo per mantenere una persona
disabile in una condizione di subordinazione che possiamo definire: assistenzialismo e
questo è sicuramente ancora uno dei mali da combattere.

Vi è anche un altro male da combattere -> il protagonismo, cioè far vivere individualmente
la condizione e cercare di emergere diventando emergenza per diventare il più possibile
visibile.

Emergenza è anche -> necessità di fare notizia, promuoversi come emergenza e come
elemento che emerge dalla quantità di informazioni quotidiane.

Abbiamo bisogno di costruire una possibilità di bene comune, di promuovere i diritti di tutti,
affermando non la logica dell’emergenza, ma i diritti costanti, permanenti che permettano a
tutti di non essere esclusi.

Bobbio Norberto -> l’integrazione delle persone disabili è un percorso di vita che si
intreccia con altre vite, ed è una dinamica che va avanti con il mondo. Siamo un periodo
storico in cui non possono esserci i diritti dei disabili e i diritti dei non disabili, ma devono
esserci dei diritti con un corpo unitario e quindi ci deve essere il diritto, per tutti, disabili
inclusi.

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