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3. Consegnarsi e dare fiducia: la fiducia si basa sul cogliere sul serio le nostre
parole e relazione mentre la responsabilità personale è costruire in libertà
quella fiducia.
4. Sentirsi in debito: esperienza del distacco da cose e persone nasce da dentro.
Nella solitudine e nella separazione che la morte crea, la nostalgia mostra come
l’esistenza d’altri ha contribuito a costruire la nostra. Sento debito e
gratitudine, sono consapevole di una solidarietà che resiste e questa nel tempo
diventa responsabilità.
5. La rabbia: articolata in uno spazio comune non origina solo sfoghi ma può
diventare un non sopportare la vittoria della morte sulla vita.
6. Scuola come comunità di senso: riappropriazione del diritto al dolore può
avvenire in contesti di gruppo dove non si attivano rapide rimozioni o circuiti
vittimistici.
7. Attenzione alle biografie: ci sono linguaggi e metodologie usati in luoghi
formativi extrascolastici che possono arricchire la capacità di cogliere e
indagare tratti esistenziali degli allievi. Raccogliere biografie ci comunica e
chiede un atteggiamento profondo di pudore e rispetto.
8. Stare in silenzio: silenzio che può capire e legare la diversità, occorre
recuperare il valore pedagogico del silenzio per l’assimilazione interiore.
Occorre creare una scuola dove si apprende a vivere, una scuola in cui si fa sazio
al mondo e si contrasta il narcisismo dell’uomo occidentale.
La scuola è il luogo d’incontro tra diverse generazioni e istituzioni dove spesso i
ragazzi possono essere portatori di puti di vista che fanno fatica a essere
considerati e valorizzati.
Nei modelli educativi tradizionali, sofferenza e morte non attengono al campo
scientifico quindi sono argomenti che non vengono trattati in classe ma rilegati al
privato. La morte smuove nuove soglie comunicative, c’è bisogno di parlare ma
spesso il linguaggio si rivela inadeguato.
“Cosa fare per i giovani che affrontano la morte e la sofferenza?”
Occorre offrir loro un terreno di prova per loro e con loro che eviti di fornire
spiegazioni, accogliere il loro messaggio di sofferenza senza pretesa di
consolazione ma accompagnando verso un’interpretazione e utilizzare un modo di
parlare che affianca ma non li illuda.
Di fronte alla sofferenza, ci può essere indurimento o affidamento e da qui partono
2 indicazioni pedagogiche che riguardano l’ascolto e il silenzio, in quanto ogni
comunicazione autentica e profonda nasce dal silenzio.
SENTIRE L’ALTRO
Si porta ora l’esempio di momenti di formazione e di riflessione con gli anziani
perché gli anziani colgono il tempo di attesa e di astinenza perché devono
adeguare il desiderio alla realtà. Tutto questo svela i tratti di una nuova saggezza
del desiderio, che ritrova la bontà nelle relazioni e nei gesti curati del presente.
5 qualità nell’esperienza degli anziani:
1. NUOVA EVIDENZA DELLE RADICI dove è radicato il gusto e il senso del
vivere
2. SENSO DELLA CASA
3. SENSO DEL VIAGGIO che va vissuto come esperienza di scoperta e di
incontro
4. SCOPERTA DI UNA MEMORIA DI VITA che coniuga emozioni con
esperienze
5. GUSTO DI UNA STORICITÀ PIENA, è il senso di comunanza profonda,
consapevolezza di una storia comune a cui si è appartenuti e di cui si è
testimoni
NELL’EMPATIA IN ATTO
Se rompo la centratura su di me, percepisco l’ambiguità di un vissuto proprio in
cui se ne manifesta un altro, io mi trasformo perché nel mio vissuto entrano
emozioni altrui. Tra me e l’altro si crea lo spazio di una nuova esperienza, ossia
ospito il vissuto di altre persone e questo allarga la mia esperienza. Si tratta di
un’acquisizione emotiva della realtà che fa cogliere che esiste l’altro.
Si può definire l’empatia come un atto attraverso il quale la persona si costituisce
attraverso l’esperienza dell’alterità. Oggi però, c’è sempre più scomparsa della
comprensione di ciò che accade all’altro.
Nell’incontro, si tende a uscire dai confini dell’io, in questa esperienza può
apparire un’empatia in atto osservabile in 6 caratteri:
1. Arricchimento del nostro sentire
2. Più chiara conoscenza del conoscente e del senziente
3. Posso vivere valori che il mio vissuto non ha e scopro livelli correlativi della
mia persona così risveglio dimensioni di valore sopite e chiariamo ciò che non
siamo pur non essendo a ciò estranei
4. Disporre del mondo come esperienza degli atti con cui le persone si scambiano
significati e emozioni
5. Attenzione
6. Se sono stanco e arido non faccio posto dentro di me a ciò che vivo, serve un
momento di recettività
Oggi il malato è espropriato dal controllo delle terapie, è più dipendente dall’apparato
medico e c’è più peso psicologico della malattia. Oggi, la malattia sorprende e
sospende la vita.
Oggi la rivelazione del morire è improvvisa, non si basa su un’evidenza di un corpo
malato visibilmente ma rimane il dolore e l’angoscia nel vedere decadere le
possibilità di agire. Negli ospedali non si accettano i troppo malati o i troppi vecchi,
ecco perché si creano nuovi spazi che richiamano la famiglia e la dedizione
volontaria assistenziale.
Ci sono diversi modelli per cogliere la malattia:
Modello ontologico: salute e malattia hanno una loro costituzione
Modello relazionale-funzionale: malattia è alterazione di un equilibrio dentro
di sé e con il mondo
Modello endogeno: malattia come radici genetiche da cui parte un processo
degenerativo
Modello esogeno: malattia come un’invasione
Modello additivo: presenze estranee che intrudono
Modello sottrattivo: perdita e sottrazione
Modello malefico: malattia come corrosione
Modello benefico: malattia porta a più conoscenza di sé e a diversi stili di vita
Modello antagonistico: combattere contro la malattia
Modello omeopatico: attiva processi di riattivazione
Modello esorcistico: guarire è come strappar fuori il male
Modello adorcistico: guarire è come un processo iniziatico e educativo.
Il malato viene sospesa dalle leggi e dalle normative, vive un periodo parziale di non
vita e quando la malattia è grave comporta un isolamento dalla vita normale con
internamento e degenza in strutture specializzate.
Si pensa che la relazione di cura sia sincronica, si pensa che il tempo vissuto nella
sofferenza sia sincronico al tempo della diagnosi e della terapia ma in realtà, la
relazione di cura è non-coincidenza. La cura si da come relazione quando nasce dalla
consapevolezza del tempo diverso in cui l’altro si trova.
CAP 4 APPRENDERE A VIVERE IL TEMPO DI UN NUOVO INIZIO
Gli adolescenti segnalano agli adulti che non trovano spazio, ascolto per poter
elaborare la loro debolezza e confessare la paura, così sono arrabbiati fuori mentre
dentro provano sensi di colpa e di disistima. La solitudine, che è recupero e
accoglimento in sé, diventa senso di abbandono se non ci si sente affidati.
Alcuni studi rinviano i suicidi adolescenziali al fallimento del processo di
separazione, sicuramente vi è un legame con le rappresentazioni mentali del sé e del
corpo e con le differenze tra realtà e fantasia. Quando le sensazioni interiori non
trovano elaborazione e non si traducono in progetti di futuro, si pensa di non riuscire
più a ridescriversi allora si avverte il bisogno di far tacere il corpo.
Il dover lasciare è una caratteristica dell’adolescenza, gli psicologi parlano di diversi
momenti di elaborazione del lutto:
- Collera dell’abbandono
- Illusione che nulla sia cambiato e che il distacco non sia reale
- Memoria di quel che vi è stato di buono
- Accettazione, ossia apprendere a vivere la sofferenza, capacità di condurre un
dialogo in assenza
! Le elaborazioni pubbliche e condivise della sofferenza e della morte non sono
reali.
Già dall’infanzia, si parla di apprendimento della perdita e occorre che sia sviluppata
progressivamente. L’angoscia della separazione ha una forza particolare nell’infanzia
e il pensiero della morte è presente ma i bambini non possono dedicare tutte le
energie al lutto. Una parte di questo resta non elaborato e si risveglia nell’adolescenza
in occasione di altre perdine. È importante ricordare però che anche altri sono passati
attraverso esperienze simili e parlare con loro può aiutarci.
SAPERSI LEGARE PER ESSERE AUTONOMI
I ragazzi devono imparare a vivere rapporti di vicinanza-distanza, di non simbiosi
totale con le persone perché la simbiosi impedisce la riflessione interiore, la capacità
di star da soli e il raccoglimento in sé.
La società d’oggi spinge gli individui verso l’autonomia, l’autosufficienza che è uno
dei disagi della modernità diventando così individui privi di legami. Il sentimento di
futuro nei ragazzi è caratterizzato dall’incertezza, dalla convinzione che esso riguardi
leggi necessarie piuttosto che volontà e progetti condivisi. Molti adolescenti si
confrontano con ingiustizia, sofferenza di uomini e donne e su queste realtà si vive il
vero dolore e si sviluppa la riflessione.
Nei racconti dei ragazzi emerge la fatica di assumere e tradurre tutto questo in scelte
professionali e in decisioni e parole civili e sociali.
RISPETTO DELL’INDICIBILE
I giovani vengono visti come una cultura a sé, quasi a escluderli dalle comunità che li
hanno partoriti, così gli adolescenti creano i propri linguaggi e i propri modi di
descrivere la realtà.
L’esperienza della transizione (da scuola a lavoro, da dipendenza a autonomia) è una
situazione frequente tra i giovani. La pressione a costruirsi identità in autonomia,
vivere la libertà come autodeterminazione spinge molti a dipendenze e verso
l’anomia.
Ci sono 2 possibili cammini esposti allo smarrimento:
- Verso l’interno: ricerca di sé, società vista come una minaccia potenziale,
occorre liberarsi da legami e condizionamento e prendere distanze da ruoli e
relazioni
- Verso l’esterno: apertura verso identità temporanee contestuali
PRATICHE DI NOMINAZIONE
Tra adulti e adolescenti servono pratiche di nominazione che aprono all’incontro e al
conflitto non distruttivo. Tra generazioni vi è la fatica di far fronte alla paura e
all’ansia.
Acquisire di nuovo la consapevolezza del proprio nome significa essere accolti o
chiamati in contesti formativi e sociali in cui si prova che “si è di qualcuno”, perché
c’è chi ha bisogno di noi.
UNA GENERAZIONE VITALE
Il gruppo di pari, l’innamoramento, le esperienze e i pensieri attorno alla morte e
all’amicizia sono luoghi di risimbolizzazione affettiva profonda di sé, dei genitori, del
contesto di vita e del mondo.
Il lutto e la sua elaborazione sono uno dei fili rossi dell’adolescenza, vi è una nuova
nascita che comporta dolore per la perdita e per la separazione. Lutti gravi e delicati
La scuola vive in rincorsa rispetto alla velocità del modificarsi delle tecnologie e del
mondo del lavoro ma LA SCUOLA DEVE ESSERE IN ANTICIPO.