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Le pressioni esterne
Dopo il fallimento della colonizzazione verso il fiume Amur, la Russia si spostò verso nuove
frontiere: Ezochi. A Ezochi i russi saranno respinti e inviati a Nagasaki, dove tuttavia ottennero
soltanto il diniego delle autorità a qualunque relazione commerciale o diplomatica. Per evitare che
i russi avanzassero pretese su Ezochi, i Tokugawa accelerarono l'assimilazione culturale delle
popolazioni Ainu.
Nel diciannovesimo secolo cominciarono le incursioni britanniche in acque giapponesi, ma per gli
inglesi l'obiettivo principale nell'area restava la Cina. Nel 1825 fu promulgato l'ordine shogunale di
respingere con forza qualunque imbarcazione straniera si avvicinasse (anche per sbaglio) alle
coste. Nel 1842, tuttavia, ci fu una revoca prudenziale dell'ordine. Le notizie riguardo le “guerre
dell'oppio” provenienti dalla Cina misero in allarme il bakufu, che revocò le misure contro le navi
straniere in via precauzionale, ma non piegò la ferrea politica isolazionista. Nel 1844 fu data
risposta negativa alla lettera del Re dei Paesi Bassi che metteva in guardia contro la violenza della
politica coloniale britannica.
Nel 1846 gli Stati Uniti acquisirono il controllo del Far West, con l’annessione della West Coast e
della California. La città di San Francisco fu ripensata come porto per aprire l'America ai traffici
commerciali in Asia, oltre ai benefici derivanti dalla caccia alle balene nel Pacifico: il Giappone in
tutto ciò era visto come scalo nella rotta verso la Cina. Nel luglio del 1853 il commodoro Matthew
Perry approdò sulle coste giapponesi con la perentoria richiesta di aprire il Giappone al
commercio: in una lettera amichevole del presidente Fillmore rivolta all'imperatore del Giappone,
venne richiesto l'avviamento di scambi commerciali, il soccorso per i naufraghi e il diritto allo
scalo per i rifornimenti.
I trattati internazionali
Nel trattato di Kanagawa del marzo 1854 si stipulò l'assistenza ai naufraghi, l'accordo per la sosta
nei porti di Shimoda (dove gli Stati Uniti potevano far risiedere un console) e Hakodate, e la
clausola della nazione più favorita. Questo accordo permise alle altre potenze di reclamare
accordi analoghi. Con il console Townsend Harris (1804-1878), -1878), il Giappone si aprì a nuovi
negoziati. Utilizzando la minaccia di un possibile intervento franco-britannico, Harris ottiene un
primo trattato commerciale con il Giappone:
• Grande sviluppo del tessile, molto richiesto a causa di una malattia dei Bachi da seta che
colpì i principali produttori europei, Francia e Italia
• Intaccamento delle riserve metalliche e inflazione (benefico aumento dei prezzi per parte
di classe mercantile e proprietari terrieri, ma ulteriore impoverimento della classe
samuraica che non giovava di adeguamenti salariali).
Conseguenze interne
L'arrivo di Perry coincise con un periodo di grave instabilità politica a seguito della morte dello
shōgun Ieyoshi (1793-1853). La gestione del potere fu affidata al capo del Consiglio degli anziani,
Abe Masahiro (1819-1857). Abe era alla ricerca di un mandato forte per dare una risposta
condivisa a Perry, e fa una scelta senza precedenti: diffonde la lettera del presidente Fillmore a
tutti i daimyō, chiedendo loro di esprimere un parere. Da una porzione maggioritaria dei daimyō
vi fu una posizione conservatrice, ossia non volevano stipulare alcun compromesso; altri invece
optarono per una posizione di massimo compromesso, ossia temporeggiare facendo gli stranieri
alcune concessioni; da una piccola minoranza di daimyō vi fu una posizione di apertura, ossia
cominciare degli scambi commerciali con gli stranieri. Alla fine, venne perseguita la politica del
massimo compromesso.
Come conseguenza, Abe dimostrò la sua debolezza politica: la maggioranza dei signori locali erano
scontenti, sia dalla parte dei conservatori che dalla parte dei fautori dell'apertura. Inoltre, ci fu un
problema della ratifica del trattato, dato che gli americani si rivolgevano nei documenti
all'imperatore e non allo shōgun, a causa della mancata conoscenza dell'effettiva gestione del
potere. L'imperatore regnante Kōmei accetto la ratifica solo come escamotage per prendere
tempo. A seguito della decisione shogunale di ratificare il nuovo accordo col console Harris, il
nuovo capo del Consiglio Hotta Masayoshi si recò a Kyōto per ottenere di nuovo l'approvazione
imperiale, ma questa volta il sovrano disse di no e ciò comportò le dimissioni stesso dello stesso
Hotta. Con un nuovo vuoto di potere appena formatosi e la morte dello shōgun, da subito ci fu
una disputa per la successione:
Lo han di Satsuma
Gli Shimazu, signori di Satsuma, controllavano gli scambi con le Ryūkyū e avevano visto da vicino
l'incremento del passaggio di navi straniere per i mari. Avevano deciso di sperimentare, seppur in
segreto, alcune migliorie tecniche di derivazione occidentale, soprattutto sul fronte della
produzione di navi militari. Nonostante l’alleanza politica con la Corte, di fatto non ne condivideva
inizialmente le istanze xenofobe. Durante l'incidente di Namamugi (1862) presso Yokohama, fu
assassinato il mercante britannico Charles Richardson da parte di un gruppo di shishi: Londra
richiese ingenti risarcimenti al bakufu e allo han di Satsuma. Il bakufu acconsentì al versamento di
tale somma, scontrandosi tuttavia con il rifiuto di Satsuma. A seguito della risposta negativa, ci fu
una rappresaglia militare della flotta navale britannica contro la città di Kagoshima: gli Shimazu
compresero di dover necessariamente scendere a patti con gli stranieri, instaurando relazioni
dirette con la Gran Bretagna tramite l’invio di studenti ad apprendere la tecnica europea e
l’importazione di materiale bellico. Lo han di Satsuma e la Corte riuscirono a far revocare le misure
anti-oppositori varate da Ii Naosuke. Inoltre, il bakufu inviò numerosi studiosi all'estero per
studiare la società e le scienze occidentali. Riduzione degli obblighi del sankinkōtai: le famiglie dei
signori poterono tornare ad alloggiare nelle città dello han, e gli stessi signori dovettero
soggiornare a Edo per un breve periodo ogni tre anni.
La corte di Kōmei restava tuttavia fortemente xenofoba e contraria a qualunque apertura nei
confronti degli stranieri, per volere dello stesso imperatore. Il fronte era stretto attorno a due
grandi pilastri: Sonnō jōi – “riverire il sovrano, espellere i barbari” (il caso di Satsuma però, ci dice
che la posizione non era la stessa per tutti). L'imperatore voleva che il bakufu revocasse i trattati
e cacciasse via i barbari occidentali, sostenuto dalla posizione radicale dello han di Chōshū.
L'imperatore richiese che il bakufu desse inizio alle ostilità contro gli stranieri, ma quest’ultimo
comunicò una data fittizia: tuttavia, lo han di Chōshū recepì questa data come vera, e cannoneggiò
navi mercantili di passaggio davanti alle sue coste. In seguito a questo affronto, le potenze
Occidentali organizzarono una missione punitiva congiunta di Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e
Paesi Bassi contro lo han di Chōshū, i quali membri vennero espulsi anche dalla Corte. Nel 1865
l'imperatore Kōmei siglò infine tutti i trattati.
Nel 1866, gli han di Satsuma e Chōshū strinsero un’alleanza segreta in funzione anti-shogunale. Lo
shogunato indisse una seconda campagna militare contro Chōshū, ma molti domini del Giappone
centrale decisero di non partecipare. Lo shogunato perseguì comunque le ostilità nei confronti di
Chōshū, venendo però ostacolato anche dallo han di Satsuma e dimostrando così di non essere più
militarmente superiore. Il 3 gennaio 1868 Kyōto venne occupata dai contestatori del bakufu e
venne dichiarata la “restaurazione del potere imperiale”: si susseguì una guerra civile tra
oppositori e leali ai Tokugawa, che durò fino a metà del 1869 nel nord del Paese.
La figura imperiale
La figura dell’imperatore assurse ad un ruolo centrale: per la prima volta egli fu esposto alla
nazione come un sovrano Occidentale, ossia una figura pubblica e vestita in abiti militari
(piuttosto che, come in epoca passata, segregato nel palazzo imperiale ed impossibile da vedere).
Infatti, tutta la classe militare doveva d’ora in avanti adottare un abbigliamento militare
Occidentale e venne imposta la rasatura dei chonmage. Il nuovo assetto del Corte imperiale
prevedeva una nuova educazione di stampo samuraico e dedito alle scienze ed alle arti
occidentali; vennero inoltre licenziate le dame di compagnia ed allontanati i membri discendenti
dell’antica aristocrazia curtense.
Facendo leva sugli studi di tipo kokugaku, il governo Meiji impose la concezione dello shintō come
di una religione originaria e autoctona, che fu “depurata” da influenze straniere: ciò avvenne in
particolare nel 1869 con la separazione tra templi e santuari, e nel 1871 con la creazione di un
istituto a capo delle istituzioni templari, i cui custodi (il clero) divennero dipendenti statali, e al
suo interno venne creata una gerarchia al cui vertice stava il santuario di Ise. Venne inoltre
revocato il divieto di professione della religione cristiana e con esso di altri culti religiosi.
• Sul fronte marittimo, vennero occupate le colonie tedesche settentrionali nel Pacifico
(isole Marianne, Marhall e Caroline); le colonie meridionali vennero occupate da Australia
e Nuova Zelanda
• Sul fronte di terra, ci furono scontri nello Shandong con una (sofferta) vittoria sulle truppe
tedesche.
Vengono stese trattative con la Cina, dove il ministro degli esteri Kaito presenta al presidente
cinese Yuan Shikai una serie di richieste (top secret) a seguito della vittoria in guerra, che
prevedevano:
1. Trasferimento di tutti i diritti tedeschi in Cina al Giappone
2. Consolidamento delle operazioni finanziarie giapponesi in Manciuria
3. Sfruttamento delle risorse minerarie cinesi
4. Divieto di ulteriori concessioni a potenze terze lungo la fascia costiera
5. Acquisizione di personale giapponese nella burocrazia, nel governo e gestione congiunta
delle forze di polizia.
A seguito di tali richieste, il presidente cinese, oltraggiato, diffonde la notizia ai media. Con la
caduta della quinta richiesta, la Cina firma il trattato e ciò comporta grandi vantaggi economici per
il Giappone, ma anche una forte compromissione della reputazione internazionale.
La conferenza di pace di Parigi
Durante la conferenza di Parigi del 1919, il Giappone siede al tavolo dei vincitori, ma non riesce a
capitalizzare questo vantaggio a causa della decisione di concentrare le proprie forze nel
mantenere la posizione nello Shandong, evitando di considerare le altre regioni del mondo. La
proposta giapponese non verrà accolta anche per una questione razziale, in quanto i membri
occidentali si ritenevano “superiori” rispetto al loro alleato asiatico. La Cina richiese la restituzione
dei territori, ma al Giappone vennero concessi i diritti tedeschi sulla regione e la Cina, pertanto,
non firmò il trattato di Versailles: ciò portò a una progressiva vena di scetticismo del popolo
cinese verso l’Occidente e il Giappone, con la conseguente fondazione del partito comunista
cinese (nel 1921).
La questione razziale
In California viene redatto un referendum per privare i “non qualificati alla cittadinanza” di
possedere o acquistare terreni agricoli. Nel 1924 viene promulgata una legge federale che
impedisce l’ingresso negli Stati Uniti ai membri della “razza asiatica”: di conseguenza, la rotta
migratoria giapponese punta verso il Brasile.
La “democrazia Taishō”
Durante il governo del Primo Ministro Hara (il primo eletto dalla camera bassa e quindi non di
sangue nobile) viene acceso un dibattito sul suffragio universale maschile. All’Imperatore Yoshihito
succede il principe Hirohito, che salì al trono nel 1925. Il 1° settembre del 1924 un grande
terremoto si abbatte sulla zona del Kantō, causando incendi devastanti a Tōkyō e causando oltre
100.000 morti nella sola capitale. Nel 1925 viene promulgata una legge di tutela dell’ordine
pubblico (chian iji ho), che sancisce pene molto severe per chiunque osi sovvertire l’ordine
nazionale, con lo scopo di evitare la proliferazione e la creazione di gruppi anarchici affiliati al
comunismo. Nel 1928 vengono istituiti i “procuratori di pensiero” (shiso kenji) e la polizia
superiore speciale (tokubetsu koto keisatsu o semplicemente Tokko) per investigare contro le
forze sovversive o i reati di pensiero. Il periodo Taishō era stato caratterizzato da un grande
fermento democratico a livello di classe intellettuale e di mondo politico, che aveva raggiunto un
largo consenso nella popolazione. La situazione, tuttavia, andò mutando verso l’autocensura e
l’asservimento.
Letteratura gesaku
La letteratura d’intrattenimento (gesaku) si disinteressa totalmente al mondo in costante
cambiamento: l’ingresso nell’era Meiji implica semplicemente un cambiamento nelle
ambientazioni, ma non nell’atteggiamento dei personaggi. Gli intellettuali Meiji respinsero con
forza questo tipo di letteratura, giudicandola frivola, inutile e arretrata. Nakamura Keiu, ad
esempio, scrisse diversi saggi in cui elencava i danni che la letteratura di intrattenimento causava
nel lettore e consigliava vari modi per distruggere o bruciare questi libri.
• Quelli ispirati dal desiderio di educare il lettore ai valori e ai principi dell’Occidente, poco
interessati alle qualità letterarie dei testi da tradurre
• Quelli rivolti ad un pubblico colto, cui vogliono trasmettere visioni della società e ideali
politici e sociali dell’occidente
• Traduttori interessati alla letteratura occidentale in sé, come lo stesso Oda Jun’ichirō.
La traduzione di Ernest Maltravers venne mediata tramite l’utilizzo del sinitico letterario, in un
modo non particolarmente adatto al contenuto ma che rendeva più o meno l’idea e faceva sì che il
testo sembrasse degno di nota. Essendo molti termini inglesi non presenti nella lingua giapponese,
la traduzione presenta molti errori strutturali e grammaticali (kiss = leccata; ergo = Iago di
Shakespeare).
Mori Ōgai coniò molti termini nuovi partendo dalla traduzione delle lingue occidentali, come ad
esempio i termini musicali, seiki per secolo, bungaku per letteratura, shinka per progresso. Per la
prima volta fu la Cina ad importare i termini dal Giappone, e non viceversa come era storicamente
sempre successo. Il primo esempio di applicazione delle nuove istanze letterarie fu il romanzo
politico, dove i protagonisti rappresentavano virtù e concetti fondamentali del popolo occidentale
(sulla falsa riga del romanzo di periodo Edo).
Il romanticismo
La nuova generazione di intellettuali nati nel periodo Meiji vanta di una maggiore conoscenza
della cultura occidentale. Il loro atteggiamento verso la società è meno ottimistico dei loro
predecessori e contiene una visione più critica. Viene gradualmente risolta la questione della
lingua, seppur sopravvivono stili e soluzioni stilistiche eterogenei e viene gradualmente introdotto
il dibattito letterario europeo attraverso i giornali e le riviste letterarie. Le correnti del
romanticismo e del naturalismo vengono infine introdotte in Giappone.
I capisaldi del romanticismo europeo sono:
• Rilettura della storia (in senso anti-illuminista), non come frutto di un disegno razionale,
bensì come prodotto complessivo di un insieme di pulsioni diverse e spesso
contraddittorie, in cui, accanto a quelle di natura razionale, ci sono quelle religiose,
affettive, sentimentali e passionali.
• Rivalutazione della cultura medievale e della componente popolare della storia culturale.
• Irrazionalità, Io (individualismo, genio poetico), elemento crepuscolare e cimiteriale.
Il pensiero romantico in Giappone viene introdotto da Mori Ōgai, che si avvicina alla corrente
romantica pur non condividendone l’indole, e si appresta a tradurre testi. Produce la cosiddetta
trilogia tedesca, dove l’autore scrive in prosa basandosi sul mondo romantico.
Il romanticismo giapponese si basa su:
Il naturalismo
In Europa, il naturalismo si basa sulla reazione all’irrazionalità, su una fiducia nella scienza
(nascente teoria psicologica), si pensa che l’individualità di ciascuno dipenda da una serie di attori
come razza o geni. Una figura importante di questa corrente di pensiero è Claude Bernard,
medico francese. La letteratura naturalista sceglie il romanzo come forma chiave per esprimersi:
la particolarità è l’idea che il narratore debba essere il più possibile oggettivo. Nel romanzo
vengono introdotti concetti scientifici, l’autore è come un dottore che analizza i personaggi.
Lo shizen-shugi
Il naturalismo giapponese (shizen-shugi) è completamente ribaltato rispetto all’ideale europeo:
gli autori giapponesi scambiano la totale oggettività con la soggettività. Questi romanzi
autobiografici (watakushi shōsetsu, “romanzo privato”) diventano delle confessioni dove gli autori
raccontano aspetti della propria vita, cercando di mantenere una distanza emotiva ma non
oggettiva. Shōyō diventa il pilastro della letteratura romanzesca in Giappone col suo concetto di
mosha: Mori Ōgai importa la teoria del naturalismo, traducendo fonti tedesche che lo tuttavia lo
criticano. Già all’inizio del 900 vengono prodotte le prime opere di ispirazione naturalista in
Giappone.
Il romanzo Hakai (la promessa infranta) di Shimazaki Tōson racconta la storia di un eta (fuori casta)
del giuramento che fa al padre di non rivelare mai le proprie origini. Tōson racconta la sfera più
umile della società con uno stile limpido e asciutto che evita arcaismi. Il romanzo Ie è una sorta di
sketch di momenti di vita familiare in un condominio, che contribuiscono a formare un’immagine
realistica reale; i personaggi di questo romanzo sono persone reali che l’autore conosceva ma col
nome cambiato.
Il vero romanzo iniziatore del realismo giapponese è Futon di Tayama Katai, che aveva fatto
esperienza nella guerra russo-giapponese. È una confessione senza veli e spudorata raccontata in
uno stile scarno, cercando di tenere per sé le emozioni: uno di questi lati torbidi è l’amore provato
nei confronti di una sua studentessa.
Higuchi Ichiyō
L’autrice femminista più famosa è Higuchi Ichiyō, e con la sua morte si interromperà la corrente
femminista in Giappone per molti anni. A differenza delle altre scrittrici del tempo, Ichiyō non ha
studiato in un istituto prestigioso. A 14 anni entra nella scuola di poesia in stile classico di
Nakajima Utako (Haginoya), dove conosce Miyake Kaho. In seguito alla morte dei maschi nella sua
famiglia, l’autrice conosce un periodo di estrema povertà, ma riuscirà a farsi notare dalla rivista
letteraria Bungakukai, dove pubblica nel 1894 la sua prima opera Ōtsugomori (l’ultimo giorno
dell’anno).
Takerutabe (lettura)
Nel 1895, Higuchi Ichiyō pubblica Takerutabe (schiena contro schiena), considerato il suo
capolavoro. Il titolo dell’opera fa riferimento ad un verso dell’Ise monogatari, con l’intento di dare
un tocco di eleganza ad un racconto umile. La protagonista del racconto è Midori, una giovane
ragazza destinata a divenire una prostituta come la sorella maggiore. Il racconto descrive con
realismo ed eleganza la perdita dell’innocenza e il dolore che comporta diventare adulti.
Lo stile della narrazione si concentra su:
L’amore giovanile
Vi è una differenza tra la percezione del romanzo giovanile maschile (shosei) e femminile
(jogakusei): nel caso della letteratura femminile, il tema del matrimonio è molto più presente e
pressante, per via del ruolo che la donna aveva a quel tempo; contemporaneamente, la
studentessa diventa una sorta di simbolo da sessualizzare. Le jogakusei diventano una sorta di
ostacolo o prova nel caso degli shosei, e si contrappongono allo sviluppo del protagonista. La
parola shosei oggigiorno è utilizzata in modo dispregiativo per una persona con tanto tempo libero
per studiare. Questi volumi erano pubblicati su riviste letterarie, ed erano scritti e letti solo da
persone con una certa agiatezza economica e/o cultura.
In Soseki i personaggi femminili hanno spesso una natura ambigua, inconsapevolmente maligna,
e la passione dell’uomo nei loro confronti tende sempre a determinare una sofferenza o
l’infelicità. La donna ha una posizione ambigua anche rispetto al nuovo sistema di valori (amore):
ne sono oggetto ma non soggetto, la loro oppressione sociale era enorme e ciò tende a dipingerle
come “aggressive”. In Sanshirō, la protagonista femminile principale è Mineko, estremamente
seducente ma respingente, tranquilla ma aggressiva; le amiche Yoshiko (amica cordiale) e Omitsu
(ragazza della porta accanto) fanno risaltare il carattere di Mineko. La descrizione fisica di Mineko
è “esotica”: l’autore la paragona all’opera di un autore francese e ne descrive gli occhi come
voloptuous (in katakana). Il critico Donald Keene la definisce come “ipocrita inconsapevole”: non si
riesce a capire se alla fine Mineko accetti i valori tradizionali o li voglia combattere.
In Seinen di Ōgai, attorno alla figura di Jun’ichi gravitano diverse donne, ma il protagonista si sente
attratto dalla “donna moderna”, sofisticata e sfuggente: la vedova Sakai. Sebbene il protagonista
sia più disinvolto, anche in Seinen l’amore è spesso ragionato in termini squisitamente teorici. La
vedova è un personaggio negativo per il protagonista, che si sente attratto ma al contempo
respinto: l’irrazionale pulsione amorosa nei confronti della vedova diventerà per Jun’ichi un
ostacolo per il suo sviluppo personale e sociale.
Il futuro
Il Giappone deve sviluppare in 40 anni il pensiero che l’Occidente sviluppa in più di tre secoli: ciò
non sembra tangere Sanshirō, che si preoccupa di cose più pratiche; Jun’ichi, invece, si interroga
sulla vita moderna e sulla pressione che la società gli impone. Egli si rende conto che diventare
adulti non è necessariamente tagliare un traguardo, ma ha un significato diverso e senza
ottimismo (sebbene il romanzo abbia un lieto fine).
Il processo di formazione del giovane prevede questi punti chiave:
Natsume Soseki
È uno dei più importanti scrittori del periodo Meiji, assieme a Mori Ōgai. A differenza di
quest’ultimo, Soseki non partecipa a movimenti letterari, non crea una sua scuola e non crea
riviste letterarie, vive un po’ in disparte, si dedica al romanzo realista ma non si avvicinerà mai a
quello naturalista. Studia inglese all’università imperiale di Tōkyō, e successivamente in Inghilterra
per una borsa di studio. Il suo rapporto con l’occidente è però dolorosissimo, ed estremamente
eclettico nella sua educazione, di stampo tradizionale. Le due parole chiave della sua produzione
sono “umorismo” e “pessimismo”.
Soseki ebbe un’infanzia difficile: nasce e cresce coi nonni (che credeva fossero i suoi genitori) e
viene poi dato in adozione ad un’altra famiglia, vivendo come un “bimbo non voluto”. È molto
bravo nel suo percorso di studio del cinese classico e del giapponese. Si laurea in letteratura
inglese nutrendo un forte interesse per il pensiero e la filosofia inglese. Insegna inglese a Tōkyō,
per poi andare a Matsuyama, durante quello che è definito come uno dei più importanti periodi di
isolamento. Si trasferisce poi a Kumamoto, dove compone Sanshirō, e si sposa con Kyoko, una
donna che si scoprirà soffrire di attacchi di isteria e depressione. Il ministero dell’istruzione lo
manda poi a studiare a Londra: l’esperienza lo fa disinnamorare dell’Inghilterra e della sua
cultura, il che lo renderà ancora più insicuro e cupo. Si sente inferiore intellettualmente ed
esteticamente agli occidentali, ma disilluso dalla società inglese, che credeva come “ideale”, e
viene disgustato dal loro materialismo. Nel 1903 torna in Giappone a seguito di un collasso
nervoso e riesce ad ottenere una cattedra di professore di inglese all’università di Tōkyō: di questi
anni è la pubblicazione della teoria della letteratura “bungaku-ron”.
Nella prima fase della sua vita, Soseki è famoso come compositore di poesia in cinese e di haiku:
in questo tipo di composizione prevale il principio dello shasei, ossia di ricopiare la realtà ma con
un’estrema partecipazione emotiva, e quindi non accostabile propriamente al realismo. Nel 1906
pubblica la sua prima opera in prosa, Io sono un gatto (wagahai wa neko de haru).
Io sono un gatto
L’autore ha un intento umoristico già dal titolo dell’opera: esso è scritto in maniera antiquata, e
questa stessa parlata peculiare verrà utilizzata dal gatto protagonista dell’opera. Il gatto è
randagio ma orbita attorno alla casa di un professore di inglese simile a Soseki (Kushami), e riporta
le conversazioni del professore con i suoi ospiti, dando talvolta pareri personali – dal punto di
vista di un gatto. I personaggi che diventano bersaglio di critica del gatto sono i kushai, i nuovi
ricchi, attenti solo al denaro e materialisti, ma critica ferocemente anche i cosiddetti “adoratori
dell’Occidente” e tutto il mondo della burocrazia statale. Il pensiero dell’autore si manifesta nel
gatto, nel professore e del filosofo Dokusen a partire dalla seconda metà del romanzo.
Per Soseki, il grande inganno della società occidentale è quella del progresso: la società positivista
è forte, ma destinata ad essere infelice e stressata; la filosofia orientale buddhista insegna invece
nel trovare la felicità nello spirito. Un altro problema è la cultura individualista “spicciola” delle
persone, che sfocia nell’egoismo e provoca ansia nelle persone, che risultano sempre in continua
competizione tra loro. La società giapponese si è modernizzata troppo in fretta e ciò ha avuto un
impatto devastante sulla popolazione, che ha visto e subito un cambiamento eccessivamente
repentino.
Il tono di fondo è molto umoristico e nessun personaggio viene troppo preso in giro. Con l’arrivo
del filosofo Dokusen, tuttavia, la parte umoristica lascia spazio alle riflessioni.
Trilogie
Lo stesso tono leggero e satirico si riscontra in Bocchan (Il signorino) pubblicato nel 1906, dove si
prendono in giro le qualità del giovane intellettuale di Tōkyō incapace di agire nelle piccole
situazioni. La prima parte della produzione di Soseki è molto variegata:
• Sanshirō (1908)
• Sore kara (e poi, 1909)
• Mon (il portale, 1910)
L’autore guarda a questa difficoltà guardando i personaggi in tre diversi periodi della vita,
giovinezza, età adulta e vecchiaia. Tutte e tre le opere raccontano il tema dell’ansia di vivere che
attraversa l’individuo nella società moderna; la scienza porta a un’insoddisfazione senza fine
poiché punta sempre al progresso e a migliorarsi, quindi la felicità è impossibile.
Della seconda trilogia fa parte Kokoro, e la relazione fra le tre opere è poco solida:
• L’amore romantico: l’amore viene definito “una colpa” ed allo stesso tempo “sacro”; gli
indizi ed i pensieri lasciati dal sensei creano molti interrogativi che tengono il lettore
attaccato alla lettura
• La società umana: l’umanità è deludente, gli uomini diventano malvagi per molte ragioni
come il denaro; la solitudine diventa inevitabile nella società individualista; il maestro
pronuncia le parole “chi si inginocchia a te poi ti dominerà” (p.98)
Un conflitto che viene messo in atto durante il corso dell’opera è l’opposizione tra natura e città.
La natura e la provincia sono caratterizzate da colori vivaci come quello del cielo e del mare,
mentre la città è incolore e monotona, ogni bellezza e speranza vengono perse; lo studente si
trasforma una volta raggiunta la città: tornato a casa nella provincia, lo studente non si ritrova
nelle sue vecchie abitudini, prova disagio nel dover abbandonare le sue comodità cittadine ed è
estremamente cinico. Il padre, tuttavia, ribalta la sua visione: il provincialismo in verità consiste
nell’affetto, nella famiglia e nella comunità, il padre assurge al ruolo di maestro che non aveva mai
posseduto precedentemente; la campagna è “permalosa” ed emotiva, mentre la città è
“polemica” e razionale. Ci sono molte occasioni analoghe per riflettere sulla diversità dei due
ambienti, come durante i festeggiamenti della laurea dello studente, dove le riflessioni sulla morte
avvenute in casa del maestro si contrappongono alla gioia della famiglia.
Nella lettera del maestro nella terza parte, il protagonista può rivedere tutte le questioni che deve
affrontare lungo la strada verso la maturità:
Romanzo dell’io
È il prodotto della concezione giapponese della corrente letteraria realistica europea (romanzo
francese in primis). Il watakushishōsetsu (o shishōsetsu, “romanzo privato”) non è semplicemente
un racconto autobiografico, ma un romanzo-confessione che espone l’anima dell’autore.
Riprende un po’ la corrente del nikki di periodo Heian, dove gli autori raccontano i propri fatti
privati. Non si tratta di un preciso genere letterario, bensì di una tendenza che si espande su più
ambiti. Alcuni romanzi vengono scritti in prima persona, altri in terza persona: non vi è quindi
uniformità stilistica. Inoltre, non essendo mai esplicitato il “patto autobiografico”, non è di fatto
una vera e propria autobiografia. Questi romanzi sono talmente privati e particolari che in molti
presentano anche fatti di natura strettamente intima: molto viene dato per scontato e vengono
presentati personaggi conosciuti solamente all’autore e ad una cerchia stretta di suoi conoscenti
(anche questo metodo di scrittura riprende lo stile del nikki e in particolare di Murasaki Shikibu).
Secondo la teoria di Hijiya, un romanzo viene definito dell’io solo se rispecchia due requisiti:
La letteratura popolare
La letteratura popolare incontra il suo apice negli anni Venti, epoca della “democrazia Taishō”. In
questo periodo si diffondono numerosi giornali e riviste di fascia economica: tra i generi più
apprezzati riscuote molto successo il tantei shōsetsu (romanzo di investigazione) e il jidai shōsetsu
(romanzo in costume, es. Miyamoto Musashi di Yoshikawa Eiji).
I partiti politici, soprattutto di sinistra, venivano repressi e gli affiliati arrestati, ma nel mondo
letterario queste forze si fecero notare con le critiche di stampo marxista: l’arte viene definita
inutile a meno che non voglia esprimere un disagio sociale. Le opere di questo stampo vengono
definite puroretaria bungaku (letteratura del proletariato), il cui obiettivo era quello di denunciare
i soprusi del capitalismo. Questa fase letteraria fu molto breve e benne bandita dopo poco
tempo, e gli autori vennero spesso costretti a rinunciare alle loro idee e a ravvedersi tramite la
stesura di opere confessionali (tenko bungaku, letteratura della conversione).
Alcuni autori, tuttavia, scelsero di non piegarsi al sistema: esempio contro-tendenza fu Miyamoto
Yuriko (1899-1951), autrice vicina alle tematiche proletarie e autrice di Fūchisō (fiori tra le
macerie, 1947). Il romanzo Fūchisō è in stile di romanzo dell’io, ma senza perderne l’impegno
politico di intellettuale: la letteratura diventa una forma di autocoscienza e coscienza sociale. Il
testo unisce una prospettiva marxista e socialista ad una prospettiva femminista.
Alla fine della guerra, la letteratura marxista viene rimessa in piedi pur incontrando l’ostacolo del
pensiero americano (purga rossa). Il sistema capitalistico venne rafforzato e l’economia
giapponese subì una forte ascesa. D’altro canto, questa impennata ebbe ripercussioni pesanti in
fatto di inquinamento ambientale e stile di vita pessimo dei lavoratori.
Lo shin kankaku ha
All’inizio della sua carriera l’autore si interessa alle correnti futuriste come il dadaismo e il
modernismo, tant’è che viene considerato il fondatore della scuola del shin kankaku ha (scuola
della nuova sensibilità), che vuole scardinare i canoni della letteratura tradizionale del romanzo e
propone in Giappone alcune istanze della corrente modernista occidentale. Un evento che
influenzò molto questa corrente fu il terribile terremoto del Kantō nel 1923, che distrusse la
maggior parte della città e causò grande disorientamento alla società giapponese.
Lo shin kankaku ha tenta di esprimere le storie attraverso le sensazioni dei luoghi o i flussi di
coscienza dei personaggi, senza partecipare ad una narrazione coerente. Centro di questa corrente
fu la rivista Bungei jidai, che dava voce a tutti gli autori modernisti. Gli autori si ribellano alla
convenzione della lingua anche interessandosi al cinema e ad altre forme non-convenzionali di
comunicazione. Il movimento ed il flusso senza soluzione di continuità vengono contrapposti alla
staticità del watakushi shōsetsu.
Yokomitsu Riichi scrive Shanhai (Shangai, 1928-1932), in cui viene rappresentata la città dell’Asia
come luogo moderno e cosmopolita per eccellenza. Dello stesso stampo è l’opera di Yasunari
Asakusa kurenaidan (la banda rossa di Asakusa, 1929-1930): sebbene vi siano dei personaggi
ricorrenti, il vero protagonista è la città stessa, un quartiere molto vivo e pieno di teatri e
divertimenti, in cui vinee fornito un archivio dei personaggi che vi si possono incontrare, come le
prostitute, le geishe, i monaci o le “modern girls” (modan garu, abbreviato moga), giovani donne
ispirate alla moda occidentale. Anche la grammatica non segue delle regole lineari: spesso manca
il verbo, ci sono giustapposizioni di sintagmi, c’è una combinazione di lingua classica e poetica con
parlato contemporaneo che strania il lettore.
Nel 1962 viene prodotta l’opera Kurutta ippeiji (una pagina di follia), una pellicola in b/n di cinema
muto girata da Kinugasa Teinosuke e con la sceneggiatura di Kawabata, dove vengono ripresi dei
malati psichiatrici che tentano di fuggire da un manicomio; la pellicola era priva di didascalie, e la
loro lettura era affidata ad un attore esterno.
Nel 1932 viene pubblicato Suishō gensō (Fantasie di cristallo), l’ultima opera puramente
modernista di Yasunari. Il romanzo si basa interamente sui pensieri sparsi della protagonista,
imitando lo stile di Joyce.
In Kanjō sōshoku (suggestioni e artifici, 1926) e Tanagokoro no shōsetsu (racconti in un palmo di
mano) si possono trovare espressioni frammentarie ed enigmatiche del reale: alcuni hanno tratti
di maggiore realismo, altri sono caratterizzati da forte onirismo.
Il nichilismo
Yasunari viene chiamato “il maestro dei funerali” per via delle morti delle persone che lo
circondavano, come lo stesso Mishima, i genitori o tutte le persone che morirono nel terremoto. È
un uomo che vive nel sogno ed è incline alla malinconia.
Nell’opera Kinjū (di uccelli e altri animali, 1933), incompiuta, il tema principale è quello della morte
e del doppio suicidio d’amore. Il protagonista rinuncia al suicidio poiché riesce a raggiungere
“l’appagamento del vuoto” durante quello che doveva essere il suo ultimo istante.
L’opera più importante di Kawabata è Yukiguni (il paese delle nevi), che vede diverse stesure ma
anche una serializzazione molto diluita nel tempo. La trama tratta di un uomo esteta e inetto e
della sua storia d’amore con due donne, la geisha Komako e una fanciulla che incontra lungo il
viaggio. Shimamura è il classico protagonista maschile incapace a vivere la propria vita e ne è
semplicemente trascinato. La scena più famosa è quella iniziale, dove il protagonista entra nella
galleria del treno e quando ne esce il paesaggio è tutto bianco e innevato: il bianco rappresenta
anche il candore femminile, la tonalità di pelle chiara e la verginità della fanciulla.
Kawabata e il governo
Kawabata non si oppose mai al governo totalitario ma non ne fece nemmeno propaganda.
Partecipò a vari circoli ufficiali di letteratura, superficialmente nati con lo scopo di fondare un
rinascimento letterario. A partire dalla fine degli anni ‘30 smette la sua attività pubblica di scrittore
per ritirarsi ad una vita privata e di studio. Durante il periodo bellico, molti autori (tra cui lo stesso
Kawabata) riscoprirono i grandi classici giapponesi. Egli li considera come una colonna portante
dello spirito giapponese, e dedicherà la sua vita a riscoprirne e divulgarne il fascino. Nel 1941
viaggiò in Manciuria e scrisse per una rivista mancese in merito alla cultura giapponese. Alla fine
della guerra venne insignito della presidenza del Japanese PEN Club, e cominciò un’attività di
promozione della cultura giapponese a livello internazionale.
• Da una parte persone semplici e nonostante tutto spensierate, escluse però dalla società
per ragioni di censo (come si evince dai cartelli “vietato l’ingresso ai mendicanti ed artisti
girovaghi)
• Dall’altra il protagonista, accettato dalla società borghese ma escluso emotivamente da
essa per la sua condizione di orfano e l’incolmabile solitudine; un ragazzo complesso e
pieno di pensieri.
Infine, nel romanzo vi è una mancata realizzazione del sentimento che rimane soltanto in forma
virtuale: il distacco definitivo dalla comitiva chiude un sogno e una felicità che il protagonista
comprende sin da subito non appartenergli. Secondo la critica Cécile Sakai, il viaggio a Izu
potrebbe rappresentare un viaggio iniziatico alle “terre dell’omosessualità”: in realtà la sfera della
sessualità non è mai chiamata in causa nell’opera, né dalle relazioni con la danzatrice, né nei
riguardi di Eikichi. Si tratta di relazioni spontanee, senza una finalità espressa o compresa.
Le relazioni maschili di amicizia risultano più spontanee e facili: del resto, l’unico grande e sincero
amore che Kawabata abbia mai incontrato in letteratura è quello per Kiyono; gli altri amori narrati
da Kawabata sono sempre bloccati dall’incapacità di vivere, interrotti, irrealizzati o impossibili
perché realizzarli significherebbe sporcare la purezza che determina il desiderio.
I giovani e la guerra
Gli anni Trenta
Il regime totalitario giapponese di questi anni si dice abbia matrice “fascista”, in particolare gli
studiosi giapponesi utilizzano il termine tennōsei fashizumu (fascismo del sistema imperiale). Si
può parlare tuttavia veramente di “fascismo”? L’imperatore non era soggetto alla Costituzione
perché considerato al di sopra di essa, ed aveva un rapporto stretto con il Governo per prendere le
varie decisioni. Secondo il critico Maruyama Nasao, lo spirito ultranazionalista giapponese
deriverebbe da un “fascismo dal basso”: i cittadini della campagna erano molto ideologizzati e
venivano reclutati nei bassi ranghi dell’esercito (causando nel 1936 il niniroku jiken, dove alcuni
giovani dell’esercito assaltano il parlamento e vogliono restituire all’imperatore l’appannaggio del
Governo), a causa di frustrazioni sociali e campagne politiche feroci. A queste tendenze si
aggiungeranno più avanti tendenze di “fascismo dall’alto”, come conseguenza dell’ingresso in
guerra e l’avanzata militare in Cina. La differenza con le altre due potenze fascista e nazista è la
mancanza di un vero e proprio leader carismatico che incitasse la popolazione con tali ideologie
(l’imperatore governava ma non era un leader fascista). Tuttavia, vi sono alcuni elementi di
somiglianza tra le tre ideologie di estrema destra:
• Ideologia della superiorità della propria nazione/razza sulle altre (Panasiatismo in Asia)
• Senso di rivalsa nei confronti della comunità internazionale: tutti questi paesi si sentivano
privati di fondamentali diritti a seguito della Prima guerra mondiale
• Governi autoritari e spauracchio del comunismo, ritenuto una minaccia: tentativi di
espansioni imperialiste e interventismo statale in ambito economico entro l‘alveo del
sistema capitalista
La guerra sino-giapponese
A seguito dell’incidente del ponte di Marco Polo a Pechino (1937), le operazioni militari giapponesi
si allargarono al nord e all’area di Shangai, sconfiggendo le forze cinesi di Chiang Kai-shek.
Sebbene Tōkyō chiedesse il contenimento di tali operazioni militari, i plotoni agivano secondo la
loro volontà. Nel dicembre del 1937 ci fu il “massacro di Nanchino”. Nel 1938 il Governo emana la
Kokka sodoinho (legge quadro di mobilitazione nazionale), ossia la legge marziale, ed assume
potere legislativo.
L’8 dicembre 1941, le forze giapponesi attaccano la base navale di Pearl Harbour nelle Hawaii: ciò
causò l’intervento statunitense voluto dal presidente Roosevelt, che nel 1944 sconfisse i governi
nazifascisti, il 6 agosto 1945 sganciò la prima bomba atomica su Hiroshima e tre giorni dopo su
Nagasaki. Il 15 agosto il Giappone accetta la resa incondizionata con l’unica clausola di
salvaguardia del corpo dello Stato (kokutai, il sistema imperiale): l’imperatore annuncia la
sconfitta del Giappone con un messaggio audio senza precedenti, e nel settembre dello stesso
anno incomincia l’occupazione americana che si concluderà nel 1952 col trattato di pace di San
Francisco. Con la Costituzione liberale del 1946, l’imperatore rinuncia alla propria natura divina e
si definisce unicamente il “simbolo” dello Stato e dell’unità del popolo giapponese.
• Ricostruzioni immediatamente successive con enfasi sulla tragedia, le macerie, sul terrore
• Riflessioni scaturite a distanza di tempo tramite testimoni e analisi degli effetti a lungo
termine, con tono documentaristico e retrospettivo (Hayashi Kyoko con le riflessioni sui
bambini malformati a causa delle radiazioni)
L’atteggiamento degli scrittori è quello di far convergere la tendenza del makoto (della verità,
raccontando la realtà dal proprio punto di vista con la maggior sincerità possibile) ma al contempo
cercano di documentare oggettivamente gli eventi: Kuroi ame (la pioggia nera, 1965) di Ibuse
Masuji, fonde punti di vista soggettivi e oggettivi che dialogano all’interno della narrazione.
Furyoki (lettura)
Furyoki è un romanzo confessionale, ma da un punto di vista formale e stilistico alcuni critici non
lo considerano tale: secondo Nakamura il pregio di questo racconto è quello di sfuggire dalla
canonicità del romanzo dell’io con un cambio di dinamica e la presenza di due io, uno del passato
che vive l’esperienza ed uno del presente che la analizza. Non c’è il tentativo di ricostruire
oggettivamente gli eventi tramite documenti o testimonianze, ma la prospettiva universale viene
data proprio dai due “io” per venire infine ricollegata ad una riflessione sull’umanità in generale.
Il romanzo viene scritto tra il 1948 e il 1952, periodo in cui le opinioni sulla guerra da parte dei
giapponesi mutano (l’evento scatenante è la guerra in Corea, con la conseguente cooperazione tra
USA e Giappone): se l’enfasi inziale era sulla colpa del Giappone e dei suoi crimini, negli anni ‘50
l’enfasi si traslerà sulla colpa della bomba atomica e sulla gloria dei Giapponesi che hanno
combattuto per l’imperatore. Lo stesso romanzo di Ōoka mostra questi segni di mutamento
durante la sua scrittura.
Il protagonista è un trentenne che ha appena costruito la sua famiglia, ma viene chiamato alle
armi all’estero. Dall’innocenza iniziale, il protagonista giunge ad una maturità nei confronti di
cosa vuol dire essere “umano” attraverso l’esperienza infernale della guerra. Questo processo di
maturazione avviene in modo suggestivo su due binari, l’io del passato e del presente. Il primo
capitolo può essere letto come un’opera a sé, rinominato “Prima della prigionia”, poiché era
previsto come unica narrazione (i successivi undici sono stati scritti successivamente e raccontano
della guerra stessa). Il romanzo comincia con una citazione presa dal Tannishō (trattato sulla
lamentazione delle differenze, XIII sec.): la frase “se non uccidiamo, non è per bontà di cuore”
significa che l’uomo ha un karma (o il caso) che lo porta o non lo porta a compiere certe azioni.
L’epigrafe allude a tre problemi trattati nel capitolo:
I giovani e l’impero
Hirohito
La figura dell’imperatore giapponese Hirohito (imperatore Showa, 1901-1989) è certamente una
delle più importanti del Novecento. Su di lui ricadono le responsabilità (indirette?) dell’entrata del
Giappone nella Seconda guerra mondiale e del rifiuto della dichiarazione di Potsdam, seppur tali
responsabilità siano piuttosto vaghe e siano state talvolta coperte/insabbiate. Durante la guerra,
la figura imperiale passa da capo supremo a burattino dell’esercito, e dopo la guerra egli si
trasforma concettualmente da dio incarnato ad umano e benevolente pacifista. Le mosse
utilizzate per cambiare passo sono principalmente due:
1. Dichiarazione radio senza precedenti di resa del Giappone
2. Dichiarazione scritta in cui egli dichiara di non essere una divinità (il linguaggio forbito e
oscuro non lascia trasparire effettivamente tale affermazione), diventando semplicemente
un simbolo dell’unità dello Stato.
Ōe Kenzaburō (1935 -)
Una delle voci più autorevoli della letteratura giapponese. La sua esperienza della guerra è
abbastanza ovattata, siccome egli nasce e cresce nello Shikoku, isola raggiunta dalla guerra in
modo superficiale. Gli elementi di vicinanza con gli scrittori deli anni Sessanta sono l’ambiguità
della cultura giapponese, la sfida al nichilismo e il rifiuto del potere e delle istituzioni, che
schiacciano l’uomo invece che sostenerlo. Vincitore del premio Nobel per la letteratura, è
considerato l’ultimo autore del junbungaku, la letteratura alta e non commerciale.
Riguardo all’ambiguità della cultura giapponese, è interessante il discorso di Stoccolma
dell’autore, il cui titolo parodizza il discorso di Kawabata: aimaina Nihon no watashi (io e il mio
ambiguo Giappone, 1994). Il Giappone è un paese di contraddizioni, è un paese asiatico ma
potenza occidentale, è un paese invasore ma invaso, dipendente dagli altri Paesi ma al contempo
grande potenza economica, dalla costituzione pacifista ma di nuovo armato. L’autore definisce il
Giappone un paese periferico rispetto al mondo e si autodefinisce un autore periferico rispetto al
Giappone stesso.
Il rifiuto del potere e delle istituzioni prevede una decostruzione e critica all’ideologia
imperialista, sempre nell’affermazione dell’indispensabile ruolo politico della letteratura e dello
scrittore, che non può sottrarsi alla responsabilità di essere un intellettuale nella società del suo
tempo.
La sfida al nichilismo viene tratta da Oe a modo suo. In quasi tutte le sue opere l’orrore della vita
non manca, ma viene lasciato ai protagonisti il modo di autodeterminarsi e di raggiungere la
felicità dopo un percorso di dolore e sacrificio, capendo il senso della vita. I temi del corpo e della
natura sono fondamentali: il tema del sesso in tutte le sue forme, anche aberranti, fa parte del
processo di espiazione che i protagonisti subiscono; la natura è ambigua come lo stesso Giappone,
vista come una cosa sacra ma allo stesso tempo come un ostacolo al progresso e alle industrie.
Nel breve romanzo Shiiku (l’animale di allevamento, 1958) il protagonista è un soldato
afroamericano catturato in un villaggio giapponese tradizionale, trattato come una bestia e ucciso
dal padre di un ragazzino che cercava di fare amicizia con lui. Queste storie raccontano il peggio
dell’umanità, da cui ripartire per riflettere sull’umanità stessa e compiere qualcosa di buono.
Il romanzo Kōjinteinataiken (un’esperienza personale) è un romanzo dell’io ma con elementi di
finzione, che affronta il tema dell’assunzione della responsabilità nei confronti della società, della
famiglia e di sé stessi, da parte di un intellettuale passivo e inetto a causa di un vento tragico
(nascita di un figlio con disabilità mentali).
Altra opera importante è il romanzo Man’en gannen no futtoboru (la partita di calcio del primo
anno di era Man’en, 1967, it. “il grido silenzioso”). Anche questo racconto contiene elementi
autobiografici (figlio disabile, suicidio dell’amico) e tratta il tema della periferia, della mancanza di
lavoro e dà un’immagine pastorale del Giappone.
La letteratura di Ōe, secondo il critico Endo, è caratterizzata dalla ricerca della salvezza in un
mondo senza Dio. Ōe cerca di sviscerare gli aspetti peggiori dell’uomo per dare un senso
all’esistenza di quest’ultimo.
Sebuntin (lettura)
Questo romanzo creò forti reazioni nelle organizzazioni di estrema destra, che minacciarono al
tempo l’autore e l’editore di morte. Tutte le copie della seconda parte del racconto vennero
cancellate sino alla sua ripubblicazione nel 2018.
L’evento storico reale è l’omicidio del segretario del Partito Socialista Asanuma Inejiro,
osteggiato dall’estrema destra. Il 12 ottobre 1960 un giovane diciasettenne radicalizzato trafigge
Asanuma con una spada giapponese corta, scatenando una reazione di altri affiliati di estrema
destra contro esponenti di sinistra. Il giovane viene arrestato per impiccarsi in cella un mese dopo,
scrivendo sul muro “lode all’imperatore”.
Nel romanzo si fondono elementi documentaristici sul clima politico ed elementi inventati
(contesto familiare del protagonista, ecc.). l’obiettivo dello scrittore è duplice: indaga le
motivazioni personali del protagonista ed al contempo quelle dell’ideologia ultranazionalista. Il
punto di vista è raccontato in prima persona dall’assassino, analizzando la sua psiche, le sue
tendenze sessuali, il suo ambiente familiare ed i ragionamenti che lo portano a compiere il gesto. Il
lettore, leggendo le parole del ragazzo viene portato all’orrore ed alla pena più che alla condanna
del protagonista. Inoltre, vi è una tendenza a ridicolizzare l’ideologia imperialista, parodizzando il
romanzo di formazione in una forma distorta.
Il protagonista (“ore”, pronome di prima persona molto informale e associato ai teppisti) è un
ragazzo estremamente solo e la sua famiglia è indifferente alla sua vita (secondo Oe le colpe
individuali derivano da colpe del gruppo sociale). È insicuro sul suo fisico, ossessionato
dall’onanismo (masturbazione) ed impaurito dal giudizio altrui (senso di colpa e odio universale).
Le sue idee politiche sono inizialmente confuse: all’inizio dell’opera egli è affascinato dal
movimento studentesco di sinistra e accusa la famiglia imperiale di essere inutile per lo Stato; si
rende conto però che le idee di sinistra sono troppo complicate e ne acquisisce solo una piccola
parte superficiale. Egli ha un disperato bisogno di essere accettato e di far parte di un gruppo, ma
non ce la fa. Inoltre, ha molta paura del vuoto e della morte. Ne risulta quindi un ragazzo fragile,
pieno di complessi, che trova il suo unico sfogo nella masturbazione e scoppia in atti di rabbia
senza senso.
Il protagonista subisce una doppia umiliazione a scuola, nel test di matematica e giapponese ed in
quello di educazione fisica. Un ragazzo suo compagno di classe approfitta della condizione del
protagonista per indurlo all’ideologia di destra. Ōe riesce a descrivere bene la vicinanza del partito
al governo, che viene usato da quest’ultimo come braccio armato per fare il “lavoro sporco”. Per la
prima volta, vedendo la paura negli occhi degli altri, il protagonista si sente potente e l’idea di
poter finalmente far parte di un gruppo lo porta infine a identificarsi come “di destra”. Quando il
capo del partito Sakakibara lo loda e gli dà importanza, egli non si sente più “un filo d’erba” e
trova nel culto dell’imperatore un nuovo motivo di vita: il capo cura le assenze di idee del
protagonista regalandogli una serie di dogmi molto facili e immediati, senza ulteriori riflessioni
necessarie. L’attaccamento al gruppo dei giovani del kodoha si percepisce anche dal punto di vista
grammaticale, dove verso la fine del capitolo il “loro” diventa un “noi”.
Le sue azioni denotano un totale scollamento dalla realtà storica, e addirittura il protagonista
arriva a negare le recenti sconfitte in guerra poiché “sarebbero offensive nei confronti
dell’imperatore”. Una scena cruciale è quando il protagonista incontra uno scrittore contrario al
movimento del kodoha e lo affronta in un club, ubriaco fradicio: qui per la prima volta egli capisce
di avere una “missione” da portare a termine, e successivamente perde la sua verginità con una
prostituta. Ōe mette in scena il meccanismo della maschilità e dell’estremismo di destra che porta
l’individuo a voler sempre prevaricare con gli avversari politici e le donne: il suo senso di
inferiorità si manifesta nei sogni di voler eliminare con violenza i nemici e stuprare le donne. Il
quinto capitolo è il punto di non-ritorno, il giovane si vede impossibilitato a fuggire dalla propria
missione e dell’immagine che dà agli altri di sé, facendo intuire al lettore una componente (seppur
minuscola) di umanità e lucidità.
Il racconto dell’evento terroristico e della morte del politico è raccontato in seconda persona: l’io
diventa un “tu” per mezzo di una voce esterna che racconta l’accaduto al protagonista tramite
prove oggettive come fotografie o registrazioni. Il protagonista ha una coscienza esaltata e vive
una realtà ormai parallela, e non sarebbe stato più attendibile come narratore. Infine, l’ultimo
capitolo (suicidio del protagonista) è narrato da una voce terza e neutra. Ricordando il volto
disperato di un omicida del kodoha, decide di non voler vivere col pentimento e preferisce
dedicare la sua vita all’imperatore trasformando il suo ultimo istante in un “istante di gloria” ed un
“orgasmo perpetuo”.
Riferendosi a Sebuntin ma anche alla sua letteratura in generale, Ōe definisce questo stile
parodistico come “realismo grottesco alla Rebelais”, che distorce modelli intellettuali e serie
portandoli alle estreme conseguenze “comiche”. L’ideologia ultranazionalista viene ribaltata come
una semplice forma di masturbazione, individuale e sterile. Il romanzo può essere concepito come
l’opposto di un bildungsroman, dove il giovane si forma e matura tramite incontri fuori dalle
istituzioni, ma matura in una maniera totalmente distorta che lo porterà alla sua stessa morte.
Yūkoku (lettura)
È un racconto di Mishima Yukio (1925-1970), e viene pubblicato nel 1961, contemporaneamente
all’uscita di Sebuntin (periodo di grande fermento politico e ridiscussione dell’ideologia imperiale).
Obiettivo di entrambi gli scrittori è quello di sconvolgere intellettualmente il lettore e farlo uscire
dalla comfort zone, costringendolo a fare i conti con una serie di ideologie negative; tuttavia, le
due prospettive sono totalmente opposte, e mentre Mishima propone l’ideologia
ultranazionalista dal punto di vista estetizzante, Oe lo fa da quello parodistico.
I punti in comune tra le due opere:
• la popolarizzazione del cinema e della televisione, che diventa parte del quotidiano di ogni
persona;
• il successo degli anime e dei manga in Giappone e nel mondo;
• il fenomeno del media mix (franchise che occupano tutti i piani come cinema, musica e
letteratura, in occidente es. harry potter, Giappone lady oscar o final fantasy) e dei
fandom;
• nuove forme di narrazione (keitai shōsetsu, letteratura da telefono)
Murakami Haruki
È un fenomeno pop e l’esempio dello scrittore idol, che ha vendite da record in Giappone e nel
mondo ed un fandom a lui dedicato, specialmente composto di pubblico femminile. Lo scrittore
idol deve bilanciare sapientemente uno “stile caratteristico” e la diversità dei temi nelle sue opere,
che non sono più “arte per arte” ma “arte per consumo”. Il suo successo internazionale lo
raggiunge con Norwei no mori (Norvegian wood, 1987), che confonde elementi di cultura alta e
bassa, esotici e familiari, americani e giapponesi.
Dal punto di vista del suo stile, è influenzato dallo stile americano cinematografico dello hard
boiled o pulp fiction, e affronta temi disparati ma sempre con uno stile tipico della letteratura
popolare (mystery, fantascienza): da ciò può essere facilmente associato alla taishū bungaku;
tuttavia, cerca di dare profondità e spessore alla psicologia dei personaggi, sperimenta lo stile
narrativo e fa numerosi riferimenti alla cultura lata: ciò lo accosta maggiormente alla junbungaku.
Un critico giapponese, Tastumi, definisce la letteratura di Murakami come Avant-pop, una
letteratura che tenta di superare il confine binario tra letteratura bassa e alta, includendo
elementi di entrambe le correnti.
In 1Q84, ad esempio, convergono tutti gli elementi sopracitati: la relazione col sovrannaturale
(realismo magico), riferimenti alla cultura alta (Orwell, musica classica, letteratura giapponese
classica, impegno politico) e bassa (complottismo, musica jazz e pop). È ricorrente il “tema del
doppio mondo”, in cui Murakami cita sé stesso e può essere letto su molteplici piani di lettura, di
metafisica, introspezione e fantascienza.
In Giappone esiste un vero e proprio “Murakami franchise”, in cui lo scrittore traduce i classici
della letteratura americana. Il suo pubblico è la cultura maschile bianca, e pertanto non vengono
tradotti autori controversi, radicali o appartenenti a minoranze. Murakami è un traduttore fedele
e invisibile, che cerca di utilizzare frasi giapponesi piacevoli all’ascolto ma che rimandano allo stile
americano, cercando di non far trapelare il suo stile (pur sempre riconoscibile).
• Opposizione al patriarcato della società giapponese, che non viene mezionato o viene
visto in maniera negativa
• Punto di vista non-maschile, non-adulto, non-eterosessuale, non-posizione di potere
• Una società che non conosce gli orrori della bomba, che non sente più attuale il senso di
colpa e lo spaesamento del dopoguerra, vista attraverso lo sguardo innocente e utopistico
della ragazza adolescente
• Assenza di figure maschili “dominanti”: assenza di padri o di maschi eterosessuali adulti in
genere.
Il tema della sessualità è slegato da quello della riproduzione, e vi partecipano positivamente
solo figure maschili innocenti e deboli: il maschio eterosessuale e caratterizzato come tale vi
partecipa solo come antagonista, come stupratore od oppressore. L’uomo, più che come partner
sessuale della protagonista, compare in veste di essere spirituale in grado di aiutare la donna nella
sua trasformazione o nella sua guarigione (spesso le protagoniste sono ferite da malattie fisiche e
psichiatriche, lutti o traumi).
La spiritualità nell’opera di Yoshimoto è onnipresente e sempre caratterizzata in termini positivi
(non c’è ricerca in una fede specifica come in Endo o uno spirito che attraversa l’apocalisse come
Ōe, nemmeno certezze ma solo dubbi circa la pericolosità delle Nuove religioni come in
Murakami). Il sud-est asiatico viene utilizzato come metafora della spiritualità, il Giappone è
paradigmatico della femminilità e di casa, mentre l’Occidente è visto come pericoloso e
contaminatore.
La letteratura di Yoshimoto è contrapposta a quella del padre (generazione di Mishima e Ōe), e
rifiuta il sensazionalismo, la voglia di raccontare gli eventi in maniera cruda, scegliendo invece una
via di leggerezza e superficialità.
Kicchin (lettura)
La narratrice si racconta in prima persona, e l’opera è caratterizzata da un marcato
sentimentalismo, con una costante rilevazione dei propri stati d’animo. All’interno vi si possono
trovare sia ingredienti tipici della letteratura degli anni Settanta/Ottanta (quotidianità, oggetti
come status symbol) che del manga femminile (emotività eccessiva, facile commozione, elementi
di fantasia come sogni e visioni).
Il personaggio principale (Mikage) all’inizio non possiede una grande caratterizzazione, a
differenza degli altri personaggi che la circondano; tuttavia, durante il proseguimento del
romanzo riacquista la sua determinazione ed agisce, in un processo di “guarigione” dalla sua
“malattia spirituale”. Kicchin può essere inteso come un romanzo di formazione, intesa come
guarigione della protagonista dal suo iniziale stato di inettitudine: lei stessa, alla fine del romanzo,
sarà a guaritrice del co-protagonista maschile Yūichi.
Yūichi viene descritto nel racconto come un uomo dolce, spirituale, accorto. Eriko, padre-madre di
Yūichi, è una donna trans, esempio di figura androgina e di mascolinità “annullata”. La stessa
viene da una famiglia disfunzionale e si propone come madre di Mikage, replicando in suo figlio il
suo stesso passato “incestuoso”. L’unico uomo adulto di cui si parla nel romanzo è l’assassino di
Eriko, ed evidenzia la connotazione negativa che l’autrice dà al mondo maschile eterosessuale.
La narrazione di Yoshimoto tratta di argomenti importanti e pesanti, come tragedie, lutti e
riflessioni sulla vita, ma sempre da un punto di vista superficiale e spesso in maniera non
risolutiva. Altri temi che vengono toccati sono la solitudine e la malattia.
Sukegawa Durian
È noto come poeta, scrittore, clown, pasticciere ed insegnate accademico. Il suo romanzo più
famoso è An (marmellata di Azuki), che diventa un grande successo commerciale in Giappone e
all’estero, tanto che nel 2015 ne è stata fatta una rappresentazione cinematografica.
An (lettura)
Il romanzo An (marmellata di Azuki, it. “Le ricette della signora Tokue”) tratta il tema dell’ingresso
nel mondo degli adulti da tre punti di vista:
• L’honkadori, che ripropone antiche poesie per farle dialogare con poesie più recenti
• Il kabuki, che crea i propri spettacoli riscrivendo le stesse storie ma cambiando alcuni
elementi (kakikae), unendo due trame principali per crearne una nuova (metodo yatsushi),
o intrecciando due trame che non hanno niente in comune (naimaze)
• Rapporto dinamico fra testo e illustrazioni (Genji monogatari veniva raccontato con rotoli
illustrati)
• Riscrittura di aneddoti e storie celebri
• Drammatizzazione (teatro Nō, ecc.)
• Riscritture imitative (Yoru no mezame, kagami-mono)
• Estensioni, prequel (Yoshitsune, Tamakura di Motoori Norinaga)
• Adattamenti spaziali e temporali (da Heian a Edo, da Cina ed Europa a Giappone)
• Adattamenti di genere (Keisei suikoden, onna sukeroku, ecc.)
Lo stesso si può dire della letteratura del Novecento:
• Adattamenti e riscritture di opere occidentali
• Riproposizione di modelli di epoca Tokugawa
• Pastiche ed imitazioni stilistiche
Letteratura e cinema
Il cinema compare in Giappone come documentari di immagini mute, che diventa ben presto uno
strumento di conoscenza del mondo esterno, occasione unica per i giapponesi di osservare e
conoscere di più sui paesaggi, le tendenze e le culture estere. Anche in Giappone, a partire dagli
anni Venti, si comincia a fare del cinema una vera e propria forma d’arte: all’inizio, la più grande
influenza dei registi giapponesi era il teatro e la declamazione, dopodiché vi fu un avvicinamento
alla letteratura, che divenne un’inesauribile fonte di ispirazione. Su esta base, i film giapponesi
vennero suddivisi in:
• Jun’ichirō Tanizaki, che lavorò come consulente alla sceneggiatura per la compagnia
cinematografica Taikatsu
• Kawabata Yasunari, che lavorò come sceneggiatore di Kurutta ippeiji di Kinugasa, e adatta il
suo romanzo Yukiguni per trasporlo come pellicola cinematografica
Anche le opere classiche vengono trasposte nel cinema, come il Genji monogatari (1951) di
Yoshimura Kōsaburō o Saikaku ichidai onna (1952) di Mizoguchi Kenji; molte di queste opere
vengono rese note anche nel panorama internazionale e premiate, come Rashōmomon (1950) di
Kurosawa Akira.
Yukio Mishima ebbe uno stretto rapporto come il cinema: oltre a partecipare come attore in
diversi film, ha anche trasposto filmicamente diverse sue opere come Patriottismo: egli riscrive il
suo racconto con estrema precisione e frappone fra il suo testo ed il cinema l’espressività del
teatro Nō.
Oriente e Occidente
Differentemente da Soseki, la posizione di Ōgai in merito alla cultura occidentale era sicuramente
meno conservatrice. L’autore aveva avuto una esperienza tutto sommato positiva all’estero,
inoltre non si unì mai alle critiche nei confronti degli “adoratori dell’Occidente”: Keene scrive che,
semmai, era la mancanza di spirito pratico dei giapponesi a dover essere stigmatizzata, perché
essa minava la possibilità di comprendere quanto delle proprie tradizioni dovesse essere
perpetuato e quanto invece abbandonato. In conclusione, quindi, Oriente e Occidente non erano
in conflitto secondo la visione di Ōgai, che percepiva questo aspetto anche secondo il punto di
vista di un uomo di scienza.
I primi romanzi
Seinen (gli anni della giovinezza, 1911), è un bildungsroman di Ōgai che racconta di un giovane
ragazzo, Koizumi Jun’ichi, che si reca a Tōkyō con l’obiettivo di diventare uno scrittore. Come
Sanshirō, è un ragazzo puro e idealista (ma non stupido) e l’esperienza urbana è il momento di
crescita, grazie agli incontri con scrittori affermati e figure femminili di contorno.
Gan (l’oca selvatica, 1911) è un racconto ambientato all’inizio del periodo Meiji, pieno di
simbolismo (serpente, oca selvatica) e dai toni leggendari. Questo racconto segna il punto di svolta
dell’autore verso un ritorno ai temi ispirati a leggende giapponesi ed alla storia del Giappone, con
particolare riferimento alla vita di personaggi storici e studiosi.
Il romanzo storico
Ōgai dedicò la sua carriera adulta alla produzione di romanzi ispirati a leggende giapponesi e alla
storia del Giappone. Alcune opere continuano a trattare il tema del suicidio d'onore, sulla falsariga
di Okitsu Yagoemon no isho, come Abe ichizoku (la famiglia Abe, 1913) o altre tematiche che
indicano riflessioni sull’etica moderna, come Takasebune (una barca a Takase, 1916), che riflette
sul tema della “morte dolce”.
Tra i testi ispirati a leggende della tradizione giapponese il più celebre è sicuramente Sanshōdayū
(L’intendente Sanshō, 1915). In esso si denota il metodo storiografico di Ōgai, esplicitato anche in
un saggio pubblicato lo stesso anno da Rekishi sonomama to reikishibanare (la storia così com’è è
l’allontanamento dalla storia), fatto di fedeltà estrema al dato storico e adattamento della trama.
Traspare inoltre la volontà dell’autore di legare sempre la riflessione etica nel presente al racconto
storico (tema del lavoro minorile e dello sfruttamento, esempio di Anju e la tessitura).
Infine, sono da ricordare le biografie di letterati confuciani di periodo Tokugawa, all’interno delle
quali l’autore ricostruisce attraverso materiale dell’epoca il ritratto fedele di personaggi che
sentiva affini a lui: capolavoro è sicuramente Shibue Chusai, che rientra tra i cosiddetti racconti
dell’aware, l’umanità e la compassione per le diverse forme di vita.
Sanshōdayū (lettura)
Questo racconto di Ōgai è una riscrittura di una leggenda già nota in Giappone, nata in periodo
medievale come sekkyobushi (racconto declamatorio buddhista) e riproposta successivamente sia
come spettacolo teatrale per joruri e kabuki, sia come racconto per l’infanzia. Ōgai tenta di
ricostruire storicamente tale leggenda, attribuendo le identità storiche ai personaggi e spiegando
gli eventi attraverso le conoscenze storiografiche; tuttavia, nel farlo, l’autore si prende numerose
libertà:
• Modifiche alla trama (es. riduzione del numero dei figli di Sanshōdayū)
• Eliminazione degli elementi di fantasia/miracolo, sostituiti da semplici sogni
• Eliminazione di elementi eccessivamente sentimentali e/o cruenti (torture, morti,
punizioni atroci)
• Modifiche ai nomi di alcuni personaggi letterari per far sì che combacino con personaggi
storici
L’obiettivo di Ōgai è quello di raccontare il passato per riflettere sul presente. Il racconto ragiona
da una parte sul tema della giustizia e della legge, considerata dapprima ingiusta ma poi rivelatasi
essenziale per il finale buono della storia, dall’altra sul tema della schiavitù. La storia mantiene
tratti leggendari e non cerca di “ammodernare” la narrazione principale.
Akutagawa Ryūnosuke
Scrisse quasi 150 racconti brevi, la maggior parte dei quali furono riscritture di storie note, sia
appartenenti alla tradizione classica e buddhista, sia alla tradizione occidentale e cristiana. Alcune
delle sue opere possono essere accostate al Modernismo, che si riconosce in Akutagawa per:
Rashōmon (lettura)
Rashōmon (la porta dei demoni, 1915) è una storia liberamente ispirata ad aneddoti di contenuto
buddhista (setsuwa) di tardo periodo Heian, ma con influenze della letteratura occidentale. In
questo racconto, carico di miseria e dall’atmosfera cupa, un uomo conosce ed impara ad
accettare il Male come necessario per la propria sopravvivenza. Gli aneddoti sono presi dal
Konjaku monogatarishū, in particolare:
Letteratura e storia
Per Akutagawa la verità storica non esiste, e la storia in sé è solo un pretesto per far volare la
fantasia dell’autore, che rielabora temi del passato al fine di raccontare dell’uomo moderno.
Questo metodo stilistico viene proposto anche nella lettura di Akutagawa intitolata Tabako to
akuma.
Il Burai-ha
Il termine Burai-ha (scuola della ribellione), spesso chiamato anche shin-gesaku, indica un gruppo
di scrittori appartenenti all’immediato dopoguerra (non un vero ‘gruppo’, ma un insieme di
scrittori indipendenti con vari tratti comuni):
Shura (lettura)
Shura (I demoni guerrieri, 1958) è un racconto ambientato durante l’era Onin (1467-1469). Al suo
interno vi si possono riscontrare alcuni personaggi storicamente esistiti, come Ikkyū Sōjun,
Ninagawa Shinzaemon e l’ottavo shōgun Yoshimasa.
Il racconto evidenzia il potere delle masse che influiscono sugli eventi storici, e il cui unico
obiettivo è quello di sovvertire il potere costituito. Gli eventi storici che vengono raccontati nel
racconto sono:
• Nō (struttura narrativa del racconto, con il monaco errante e figure ultraterrene, dramma
Eguchi)
• Tradizione poetica (inserimenti di poesie e composizione di poesie pseudoclassiche)
• Bakin e altre fonti cinesi (figura di Koma e della sua nascita miracolosa)
I fatti narrati in questo racconto sono un pretesto per raccontare una verità, quella dello scontro
tra i due mondi dell’azione (guerra che vede militari e aristocratici combattere per la lotta al
potere, vita degli ashigaru) e quello del pensiero (simboleggiato dal monaco Ikkyū). Entrambi i
mondi rifiutano la realtà storica del loro periodo, ma l’atteggiamento verso di essa è
diametralmente opposto.
Secondo l’autore, alla base delle spinte storiche c’è il desiderio di rivoluzione, di anarchia,
impersonato da Koma, figura misteriosa al centro della storia e crocevia tra pensiero e azione.
Koma sembra poter impersonare entrambi i mondi, del pensiero e dell’azione, ed è un
personaggio simbolico perché emerge dai cadaveri della guerra.
Le suggestioni dall’Occidente
Nagai Kafū
È considerato il terzo grade autore del periodo Meiji/Taishō assieme a Soseki e Ōgai: con loro
condivide la permanenza all’estero ed il rifiuto delle istanze naturaliste. In Kafū, l’interesse per la
cultura occidentale, in particolare quella francese, si fuse con la nostalgia per il tempo passato e le
atmosfere della vecchia Edo. Anche gli altri due autori lamentarono la velocità con cui la
modernità divora il passato, ma mentre la reazione di Soseki fu di disprezzo e di abbandono al
pessimismo e quella di Ōgai fu di accettazione razionale del corso dei tempi, quella di Kafū fu di
rifugiarsi nella nostalgia (escapismo).
Diversamente dagli altri due autori, Kafū crebbe in un ambiente familiare già estremamente
occidentalizzato, dato che il padre aveva studiato presso Fukuzawa Yūkichi e si era recato in
America nel 1871. Tuttavia, non condivise con gli altri lo studio del cinese, che non fu mai
sostituito da quello di cose occidentali, bensì si sommò ad esso. Kafū iniziò la sua carriera di
scrittore nell’alveo della scuola Ken’yūsha, con storie ispirate al racconto sentimentale di tardo
periodo Edo.
Nel 1901 cominciò ad interessarsi alla letteratura occidentale, influenzato in maniera molto forte
dal naturalismo francese. Dal 1902 comincia a scrivere i primi racconti ispirati a Emile Zola, come
Yashin (Ambizione) e Jigoku no hana (I fiori dell’inferno). In essi, ricerca il lato oscuro del cuore
umano e del suo desiderio di individualità, in opposizione alle convenzioni del tempo. Yashin è un
resoconto dell’aberrazione dell’ideale del risshin shusse, centrale nel periodo Meiji; in Jigoku no
hana sono più chiari i temi tipici dello zolaismo, ovvero il rapporto tra caratteristiche umane,
ambiente ed ereditarietà.
Dal 1903 al 1907 viaggerà in America, e dal 1907 al 1908 in Francia. Prima di partire per l’estero,
Kafū aveva già una certa reputazione come giovane scrittore ‘naturalista’: il suo naturalismo fu
sempre differente dalle forme di naturalismo giapponese, che avrebbe concentrato l’attenzione
sull’analisi minuziosa della vita dell’autore; in Kafū sono l’oggettività e lo studio delle
caratteristiche umane di Zola ad essere tenuti in alta considerazione. Epitome della sua
produzione americana sono gli Amerika monogatari (Storie americane, 1903-1907), racconti
ambientati in America con protagonisti giapponesi, e i Furansu monogatari (Storie francesi, 1909),
racconti dettagliati delle sensazioni provate durante il soggiorno francese. Molti passaggi di questi
racconti vengono usati come pretesto per esprimere disgusto per il Giappone e per i giapponesi, o
la sensazione spiacevole collegata al suo ritorno in patria.
Tornato in Giappone, egli ottiene una cattedra all’università Keiō su raccomandazione di Ōgai, per
poi abbandonare il suo lavoro nel 1916 e riprendere a tempo pieno la carriera di scrittore. Nel
racconto Reisho (Sogghigno, 1910), Kafū ricerca la bellezza di Edo al di sotto della bruttura della
moderna Tōkyō.
Di questa fase sono noti i racconti Sumidagawa (Il fiume Sumida, 1909) e Udekurabe (Rivalità,
1917), storie ambientate nei quartieri popolari di Tōkyō, con geisha e altri personaggi del
demimonde della vita notturna di Edo. In essi si nota il contrasto tra la modernizzazione
improvvisa che devasta la città, come simbolo di crisi culturale, e le atmosfere di un passato che a
volte ritorna in forma di nostalgia. Kafū, a differenza degli altri due autori a lui contemporanei,
non critica l’Occidente in sé, quanto piuttosto l’eccessiva occidentalizzazione dei giapponesi,
trovando nei quartieri del piacere di Edo l’ultimo baluardo della cultura tradizionale popolare della
città, ormai persa nella modernizzazione.
• Shiroi hito (Gli uomnini bianchi, 1955) e Kiiroi hito (Gli uomini gialli, 1955)
• Umi to dokuyaku (Il mare e il veleno, 1957)
• Chinmoku (Silenzio, 1966)
• Iesu no shōgai (Vita di Gesù, 1979)
• Samurai (1980)
• Fukai kawa (Il fiume profondo, 1993)
Chinmoku (1966)
Scritto in forma epistolare, narra dell’apostasia (rinuncia alla religione) di padre Ferreira e la
missione di padre Rodriguez e padre Garupe nel Giappone del XVII secolo. Lo stile epistolare
evidenzia in modo esplicito il tormento interiore di Rodriguez, il cui paradigma comportamentale
passa dalla ‘certezza’ iniziale nella sua fede all’apparente ‘sconfitta’ all’Oriente nel finale.
Il Giappone viene definito una palude (numa), poiché tutto quello che viene coltivato (fede) non
riesce ad attecchire e resta soltanto in superficie. La fede scristiana in periodo Tokugawa viene
descritta usando la metafora della “farfalla intrappolata nella rete del ragno”, incapace di
muoversi e di prendere il volo.
La figura di Dio che emerge nell’opera è quella di un “Gesù materno”, una sorta di figura
femminile che abbraccia e protegge in silenzio i suoi fedeli, come una madre si sacrifica per i suoi
figli.
Dazai Osamu
Scrittore con una produzione piuttosto limitata poiché muore giovane, scrive soprattutto nel
dopoguerra. La sua giovinezza è caratterizzata dall’interesse per l’ideologia di sinistra, salvo poi
rendersi conto di non poter intraprendere quella strada per via delle sue origini aristocratiche. A
diciannove anni egli compie il suo primo tentativo di suicidio, in totale saranno nove.
Comincia a scrivere già negli anni Trenta, con pubblicazioni di stampo occidentale:
• Tendenza all’autobiografismo
• I personaggi sono caratteristiche e pensieri dell’autore che prendono vita, e le loro storie
passano quasi in secondo piano
Pubblicazioni del dopoguerra:
Mishima Yukio
Autore estremamente complesso e controverso. I suoi romanzi sono spesso di difficile lettura, con
molti piani diversi ed interpretazioni, spesso influenzati dalla vita ingombrante dell’autore, fatta
di eccessi, anticonformismo e stravaganza, ma soprattutto dalla sua morte spettacolare, che
rispecchia la sua vicinanza all’ideologia militare di estrema destra e lo spirito samuraico.
Sin dall’infanzia, Mishima si mostra come un bambino prodigio nella scrittura, seppur di salute
cagionevole. Frequenta la Scuola dei Pari (Gakushūin), dove si interessa alla lingua giapponese ed
alle attività letterarie. Le sue prime produzioni (raccolte in Hanazaki no mori, “La foresta in fiore”,
1944) sono anacronistiche e ricercate:
Aoi no ue (lettura)
Riscrittura in forma di dramma borghese di un dramma del teatro Nō Aoi no ue, a sua volta
ispirato alla relazione tra Genji, la signora degli Aoi e la signora di Rokujō descritta nel Genji
monogatari.
Può essere interpretata quasi come una parodia o un travestimento popolare del dramma
medievale:
• Linguaggio abbassato
• Condizione sociale dei protagonisti abbassata
• Sentimenti e ideali riproposti come insignificanti e risibili
Personaggi:
Tanizaki Jun’ichirō
I primi racconti giovanili di Tanizaki apparvero sulla rivista letteraria Shin-shichō (nuovo pensiero).
Il racconto Shisei (Il tatuaggio, 1910) è ambientato in periodo Tokugawa, e narra di un tatuatore
che, in cerca del soggetto perfetto per i suoi tatuaggi, trova una bellissima fanciulla
(riconoscendola dai piedi) che si fa tatuare un ragno sulla schiena: il tatuaggio è così realistico che
il ragno prende vita e divora il tatuatore.
La letteratura di Tanizaki rispecchia i suoi gusti personali: la passione per il feticismo ed il
sadomasochismo può essere incontrata anche in uno dei suoi ultimi racconti, Diario di un vecchio
pazzo. La donna è cattiva e crudele, ma scelta dall’uomo che decide volontariamente di farsi
sottomettere per trarne godimento (come in Shōnen, “Adolescenti”, 1911).
La sua letteratura è stata da sempre oggetto di censura ed omissioni in fase di pubblicazione
(tramite fuseji, puntini sospensivi per eliminare le parti inappropriate) e post-produzione (libri
rimossi dal mercato). Tuttavia, Tanizaki non si piegò mai a tale censura e non cambiò il suo stile
letterario.
L’autore ottiene la benedizione artistica di alcuni degli autori più importanti del suo tempo, come
Nagai Kafū, che lo elogerà come “uomo di successo che ha aperto nuovi orizzonti nell’arte” poiché
i suoi scritti possiedono:
• Katashiro, sostituzione di persona per fini di affetto (madre adottiva per la madre perduta,
Takeshi per la madre adottiva)
• Relazione erotizzata con la madre (suzione di seni anche in età adulta)
• Triangolo amoroso con la nuora (che serve solo a curare la madre e verrà abbandonata
una volta morta la madre)
Il narratore è inaffidabile, scrive basandosi sui propri ricordi e molti dettagli vengono omessi. Il
racconto si presenta come una pseudo-confessione in prima persona di un uomo anziano, Otokuni
Tadasu. All’interno del racconto si presentano molti misteri irrisolti:
• Paternità di Takeshi
• Causa della morte di Tsuneko (Chinu)
Le donne vengono proposte con una bellezza idealizzata, dal punto di vista estetico e caratteriale.
Il comportamento di queste donne non è aggressivo, ma grazioso e contenuto come da tradizione
giapponese. Esse sono in grado di soggiogare l’uomo, ma sempre all’interno della trama ordita dal
maschio (il padre). Queste caratteristiche sono presenti in entrambe le donne, dati i ricordi confusi
del protagonista.
Tendenze nel teatro nel Novecento
Durante il periodo Tokugawa, il teatro Nō e il kyogen erano le principali fonti di intrattenimento
dello shogunato: questa correlazione darà cattivo lustro al Nō in periodo Meiji, ma verrà in seguito
ripreso e rivalutato. In concomitanza, sopravvivono anche le arti declamatorie popolari come il
rakugo, il kodan e il rokyoku, e al teatro popolare come kabuki e bunraku.
L’incontro tra il teatro giapponese e quello occidentale è quello di due grandi tradizioni, seppur
molto diverse l’una dall’altra:
Onnamen (lettura)
Il romanzo Onnamen (Maschere di donna, 1958) narra della vendetta di una donna attraverso il
potere occulto e la cultura intellettuale. Il racconto è estremamente raffinato e pieni di elementi
intertestuali, basato sul Genji monogatari ed in particolare sulla figura della signora di Rokujō; il
teatro Nō e le sue maschere vengono usate per rappresentare donne che incutono timore.
Il romanzo, diviso in tre capitoli, ha per ciascun titolo il nome di una maschera femminile del
dramma Nō. Inoltre, la stessa idea di maschera è metafora per la condizione femminile, sulle cui
donne è imposta una maschera di contegno e riserbo, ed il “mistero femminile” che mai potrà
essere compreso dall’uomo.
• Kanshi (poesia in cinese), in voga tra gli intellettuali fino al periodo Meiji
• Waka > Tanka (poesia breve), poesia in 31 sillabe, diviso 5-7-5-7-7
• Haikai > Haiku (poesia in 17 sillabe), diviso 5-7-5 con almeno un riferimento stagionale
Lo shintaishi
Il nuovo influsso occidentale crea lo shintaishi (poesia nello stile nuovo), che successivamente
verrà chiamato shi. I primi esempi di shintaishi, come per il teatro, avevano lo scopo di diffondere
i concetti ed i pensieri occidentali in Giappone. Il primo esempio è Shintaishisho (raccolta di
poesie in nuovo stile, 1882), una raccolta di poesie tradotte dall’inglese al giapponese in verso
libero: la raccolta fu importante poiché favorì lo sviluppo di un dibattito intenso sulle traiettorie di
sviluppo della poesia shi, come:
• Gruppo “romantico” di Ōgai, che scrive sulla rivista Shiragami zoshi (i quaderni della
graticciata, 1889-94) e Bungakukai (mondo letterario, 1893-98)
• Gruppo conservatore, che scrive sulla rivista Taikoku bungaku (letteratura imperiale, 1895-
1920)
• Gruppo progressista, che scrive sulla rivista Waseda bungaku (letteratura di Waseda, 1891-
98) diretta da Tsubouchi Shōyō
• Dōjin zasshi (autori dilettanti) e bundan locali
Durante il primo Novecento si riscontra il parallelo sviluppo di queste correnti e scuole:
• Scuola romantica
• Scuola naturalista
• Simbolisti di ispirazione europea
Figure centrali della poesia del primo Novecento sono Tamakura Kotaro (1883-1956), importante
anche per il suo contributo artistico e critico, e Hagiwara Sakutarō (1886-1942).
La raccolta poetica Tsuki ni hoeru (abbaiare alla luna, 1917) di Hagiwara Sakutarō si presenta
relativamente conservatore a livello stilistico…:
Lo haiku
Il fondatore dell’haiku moderno è Masaoka Shiki (1867-1902), grande amico di Soseki. Egli
seleziona all’interno dello haikai di periodo Tokugawa lo hokku, i primi tre versi. Questi verranno
infine ribattezzati haiku dallo stesso Shiki, che:
• Amplia i temi ed il lessico della poesia haiku rispetto alle precedenti versioni
• Mantiene un rigore formale (kingo, presenza di strutture grammaticali tipiche dello haiku)
• Dal punto di vista estetico, propugna l’ideale dello shasei (realismo descrittivo, poesia
autobiografica)
Masaoka Shiki fonda nel 1897 la rivista Hotogitsu (il cuculo), nella quale Soseki scriverà Io sono un
gatto e Il signorino. Alla sua morte nel 1902, l’eredità di Shiki fu raccolta in particolare da
Takayama Kyoshi, che ne conserverà la poetica dello shasei e la naturalità della poesia haiku; in
parallelo, altri discepoli e poeti tentarono una riforma dello haiku sia in termini di contenuti che di
metro (jiyuritsu haiku, “haiku a metro libero”).
Oggi, lo haiku viene praticato in Giappone a livello scolastico e dilettantesco, ma non esistono
poeti professionisti di haiku. Questo genere poetico è tuttavia entrato nella cultura globale e
praticato da diversi poeti di numerose scuole (italiana, sudamericana, inglese): a differenza del
Giappone, dove lo haiku è visto come un passatempo, in Occidente vi si ricerca una nuova linfa
artistica.
Il tanka
Poesia giapponese classica di 31 sillabe (5-7-5/7-7). Fu sviluppato all’interno di scuole poetiche,
che ruotavano attorno a celebri o autorevoli kajin, uomini letterati.
Tra i grandi riformatori del tanka in epoca Meiji, si trovano Masaoka Shiki e i coniugi Yosano
(Tekkan e Akiko): Shiki invoca il recupero della tradizione “sincera” del waka, dunque un ritorno al
Man’yoshu e un allontanamento dall’eccessivo formalismo e astrattismo delle antologie imperiali
di periodo Heian. Il Man’yoshu, secondo l’autore, conteneva già ante litteram l’ideale dello shasei.
Yosano Akiko pubblica invece Midaregami (capelli arruffati, 1901), una raccolta di poesie di
prevalente tema amoroso, in cui il metro e lo stile classico raccontano però un amore inteso in
senso moderno, con connotati di passionalità e di quotidianità moderna, con riferimenti alla
condizione femminile e alla rivendicazione femminile alla libertà e all’autodeterminazione.
Akiko conosce e frequenta la letteratura classica femminile giapponese, traducendo due volte in
lingua moderna il Genji monogatari (nel 1911 e nel 1938) ed il Sarashina nikki.
Nel 1908 viene fondata la rivista Araragi (farfalle), principale rivista del tanka moderno che si basa
sull’idea poetica dello shasei di Shiki, e quindi custode della tradizione del tanka Meiji. Nel tanka
del Novecento, infine, andarono a formarsi due principali posizioni: quella conservatrice che ruota
attorno ad Araragi e i vari movimenti che vi si sono contrapposti nel corso dei decenni.