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STORIA E ISTITUZIONI DELLA CINA

MODULO 2

PRIMA GUERRA DELL’OPPIO (1839-1842)

Le guerre dell’oppio si combattono fra l’impero Qing e le potenze occidentali fra cui l’impero britannico e
poi Francia, stati uniti e impero russo. Le cause della guerra dell’oppio furono economiche e commerciali,
infatti dal 600 l’asia era nelle mire degli europei che però non riuscivano a siglare degli accordi commerciali
vantaggiosi; l’oppio fu la chiave per svoltare la situazione a favore degli inglesi. L’impero britannico
commerciava oppio in Cina, nel 1839 Lin Zexu sequestrò a Canton molto oppio e arrestò i mercanti inglesi.
Un paio d’anni più tardi la flotta inglese si dirige verso Pechino, sbaragliando le difese cinesi. L’imperatore
trovandosi alle strette dopo una serie di rifiuti di accordi agli inglesi si trova costretto a firmare il trattato di
Nanchino, il 29 agosto del 1842, che aveva pesanti clausole per l’impero cinese fra cui il monopolio
commerciale inglese nell’impero.

SECONDA GUERRA DELL’OPPIO (1857-1860)

Le debolezze della Cina attirano altre potenze occidentali che volevano ottenere accordi commerciali come
quello dell’impero britannico. Allo stesso tempo l’imperatore dovette confrontarsi con la rivolta dei Taiping,
una guerra civile atta a rovesciare il governo, che provocò oltre 20 milioni di vittime; la guerra terminò nel
1864 grazie al sostegno britannico, ma fece aumentare la sfiducia nei confronti dell’impero.

Nel 1856 il sequestro di una nave inglese e l’omicidio di un missionario francese furono il casus belli che
regno unito e Francia aspettavano per attaccare la Cina; nel 1856 la flotta anglo-francese sconfigge
l’esercito dell’imperatore Xianfeng, costretto nel 1858 a firmare il trattato di Tianjin, che concede a Francia,
impero britannico e Russia la possibilità di permanenza delle delegazioni diplomatiche a Pechino, il
risarcimento delle spese di guerra e l’apertura delle zone interne della Cina per motivi commerciali e
religiosi. Tramite la convenzione di Pechino del 1860 su cedono territori cinesi agli stati stranieri.

RIFORME TONGZHI

La restaurazione Tongzhi fu un tentativo di arrestare il declino della dinastia Qing restaurando l’ordine
tradizionale. Questa restaurazione fu un risultato del movimento di auto rafforzamento guidato da Zeng
Guofan per rivitalizzare il governo e migliorare le condizioni culturali e economiche in Cina. Furono attuate
molte riforme fra cui lo sviluppo dello Zongli Yamen (1861) cioè un ministero degli esteri per trattare gli
affari internazionali, la restaurazione degli eserciti regionali, la modernizzazione delle ferrovie e degli
arsenali, aumento produttività industriale e l’istituzione di un periodo di pace che doveva dare alla Cina il
tempo di modernizzarsi e svilupparsi.

GUERRA SINO GIAPPONESE (1894-1895)

Verso la fine del 19° secolo il Giappone con le sue mire espansionistiche prende in considerazione l’idea di
annettere la corea, stato tributario della Cina ma che era da tempo conteso fra Giappone e Cina. I filo
nipponici presenti nel governo grazie all’appoggio militare del Giappone tentarono, nel 1894, di rovesciare
il governo; l’intervento cinese sedò la rivolta ma aumentò così la tensione fra i contendenti. L’intervento
armato fu fermato grazie alla convenzione di Tianjin del 1895 tramite il quale sancivano di abbandonare
simultaneamente la corea e di non intervenire nelle dispute interne senza il consenso dell’altra parte.
Tuttavia nel 1894 sotto richiesta dell’imperatore coreano, la Cina invia delle truppe per sopprimere la
rivolta del movimento Donghak, avvisando Tokio del sostegno inviato, che però considerò comunque
questo gesto come una violazione degli accordi e inviò quindi 8000 soldati nella capitale coreana. L’8 giugno
del 1894 i Giapponesi occupano il palazzo reale di Seoul e rimpiazzano il governo con sostenitori nipponici e
impongono alla Cina di abbandonare il territorio. Il mancato riconoscimento del nuovo governo da parte di
Pechino porta alla prima guerra sino-Giapponese, dichiarata ufficialmente il primo agosto del 1894. La
guerra ha conseguenze disastrose per la Cina, in meno di un anno la Marina Giapponese conquista la
maggior parte dei porti della parte orientale della Cina. Il conflitto si conclude il 17 aprile del 1985con il
trattato di Shimonoseki, in cui la Cina si impegnava a riconoscere l’indipendenza della Corea; la Cina
dovette inoltre cedere la penisola Liaodong, Taiwan e le isole Pescadores. La Cina deve inoltre rinunciare ai
tributi dalla Corea, deve versare l’indennità di guerra al Giappone, aprire 4 porti e permettere
l’insediamento di aziende Giapponesi in Cina.

Il crescente disagio sociale e la pressione delle potenze straniere porta, nel 1898, a quella che viene definita
rivolta dei boxer. La rivolta ebbe come base molte scuole di kung-fu che inizialmente adottarono il nome di
pugili della giustizia e della concordia, poi definiti boxer, che iniziano a attaccare la ferrovia di Pechino e a
tagliare le linee del telegrafo, successivamente attaccano missionari , ritenuti colpevoli dell’appropriazione
di terreni e di inserirsi nell’amministrazione e in generale considerati responsabili della dominazione
straniera in Cina. Nel giugno del 1900 i boxer attaccano il quartiere delle legazioni a pechino; nello stesso
momento arriva una spedizione internazionale chiamata “alleanza delle otto nazioni”, atta a difendere le
delegazioni europee, il governo Qing condanna le azioni violenti degli europei e il 20 giugno del 1900
dichiara guerra alle otto potenze, spingendo i boxer a attaccare il quartiere dove si trovavano le delegazioni.
Nel 1901 l’imperatrice Cixi è costretta a firmare il protocollo dei boxer, che impone alla Cina una pesante
indennità di guerra e che permette inoltre alle delegazioni straniere la presenza militare, limitata al solo
quartiere delle legazioni. k

LA PARABOLA DEL REPUBLICANESIMO 1912-1916

È un mattone fondamentale della Cina contemporanea, ci sarà un grande problema di politica interna, cioè
la frammentazione del paese, nei primi 20 anni del 900 non esiste un’autorità centrale ma molti potentati
che rendono una politica unitaria infattibile, ha risvolti negativi nelle relazioni internazionali, in un periodo
in cui la Cina è sotto scacco dalle potenze estere che cercano di ottenere nuovo potere e privare della Cina
di sovranità nazionale. La Cina è soggetta a attacchi dall’imperialismo occidentale e Giapponese, siamo
nell’epoca che gli storici definiscono di alto imperialismo, la storia degli imperi in epoca moderna conosce
un cambio dal 16° secolo, tuttavia mai come alla fine dell’800 l’imperialismo è stato così aggressivo, in
epoca moderna le potenze imperialiste non sono mai andate alla ricerca di un completo controllo delle
colonie come in questo periodo; una delle regioni più importanti sta nel GAP TECNOLOGICO che ha
costruito una differenza fra alcune potenze internazionali con il resto del mondo, primo fra tutte l’impero
inglese. È stata una grande condizione per l’entrata di questa nuova fase di imperialismo; così come
l’imperialismo europeo è stato molto aggressivo in Africa, la condizione della Cina in questo periodo è
quella di un paese semi coloniale perché le potenze straniere hanno un controllo in Cina, hanno sviluppato
una serie di prerogative che limitano la sovranità cinese però senza arrivare a occupare completamente il
potere. Da un lato le potenze occidentali erano interessate a un accesso ai mercati cinesi, però era anche
senso comune dell’epoca il fatto di non accettare la costituzione di una colonia in un territorio in cui
esisteva uno stato con una solida tradizione storica statuale che doveva essere conservata, cioè impediva
alle potenze straniere di collocare un nuovo ordine coloniale. Abbiamo visto che lo stato di lunga tradizione
cinese ha avuto delle difficoltà a gestire lo scontro con le potenze straniere ma anche ad amministrare la
politica interna, infatti la parabola discendente, gli ultimi anni dell’impero Qing è riuscita a estendere il
territorio, questo impero lungo il 19 secolo perde il controllo sulla popolazione; c’è uno scollamento delle
istituzioni dalla società. È una condizione che ha dato vita alle sollevazioni popolari, causate anche da la
presenza delle potenze straniere e dei prodotti stranieri che entrano nel mercato senza tasse doganali (nei
trattati delle guerre dell’oppio gli stranieri impongono di bloccare e togliere le tasse su import export)
questo facilita i prodotti esteri e quindi danneggia la produzione interna cinese, i centri tessili subiscono un
grande contraccolpo dalla presenza di merci straniere e questo ha un riscontro in termini di sofferenza
sociale che darà vita alle sollevazioni come la rivolta dei boxer ecc.

Questa incapacità venne affrontata da un lato coloro che detenevano il potere regionale, ottengono un
maggiore potere di iniziativa e riforma sul territorio che amministrano e anche più forte potere politico, che
è anche potere militare, infatti il fatto che anche le forze amate dell’impero fossero diventate obsolete
rispetto agli eserciti stranieri fa si che i governatori provinciali fossero costretti a organizzare da se la
riforma anche delle forze militari locali che diventano quali degli eserciti militari locali. Nell800 si assiste a
una militarizzazione della società cinese, scollegata da un potere centrale, i governatori regionali
organizzano eserciti personali, ma anche i villaggi e le città organizzano gruppi di autodifesa. Da un lato la
ragione per cui accade ciò e, appunto l’obsolescenza dell’esercito imperiale ma anche perché si assiste a
una crescita del banditismo, in Cina come in altre parti del mondo, causato dal disagio sociale e dalla
criminalità organizzata. In alcuni casi avevano anche carattere religioso, politico; hanno dato vita alla rivolta
dei boxer e creavano una situazione di instabilità della sicurezza locale i villaggi sono costretti a
costituire gruppi di difesa autonoma. La progressiva militarizzazione fa comprendere la situazione della Cina
per quanto riguarda i signori della guerra e la frammentazione.

Questa è l’antecedente per la formazione del fronte unito tra comunisti e nazionalisti e la grande opera di
riunificazione del paese.

LE ISTITUZIONI DELLA CINA REPUBBLICANA

Fanno anche vedere l’adozione di istituzioni democratiche, democrazia rappresentativa che inizia nei primi
anni del 900. Queste istituzioni sono state introdotte dalla corte imperiale, l’assemblea provinciale (1909) e
l’assemblea nazionale (1910) vengono introdotte negli ultimi anni dell’impero dei Qing che conoscono
questa svolta dopo la sconfitta col Giappone della prima guerra sino Giapponese, imprimerà
un’accelerazione sul piano delle riforme istituzionali. Che riguardano anche tanti aspetti della società
mancese; ad esempio l’importanza del governo e dell’amministrazione politica a opera di una burocrazia,
formata da letterati selezioni da esami di stato, elemento caratteristico della civiltà cinese dall’epoca Song
in poi, il sistema degli esami nazionali venne chiuso nel 1905 e questo ha un valore storico importante,
perché gli esami rappresentavano un modo di selezionare la classe dirigente del paese e erano un mezzo
con cui il confucianesimo veniva assunto a ideologia di stato, perché gli esami erano basati cui classici
confuciani; levare questo sistema significava chiudere con la cultura confuciana all’interno delle istituzioni,
ed è la corte imperiale che dirige questo a favore dell’idea secondo cui l’impero Qing non era espressione di
assolutismo politico incapace di cambiare.

Le istituzioni della Cina repubblicana, vi è un tentativo di separazione dei poteri su base francese e
introduzione e utilizzo della democrazia rappresentativa per la nomina dell’assemblea nazionale,
responsabile della scelta del presidente. Vi sono tentativi per la scrittura di una costituzione repubblicana.

Come è avvenuto il passaggio da monarchia a repubblica; avviene l’ammutinamento dell’esercito, che


decide anche spunto da fase di crisi politica che investe impero, criticato per scelte e in particolare sulla
nazionalizzazione delle linee ferroviarie. C’è anche un altro pezzo importante per capire che succede negli
ultimi mesi dell’impero fra 1911-12; non solo ammutinamento dell’esercito ma anche con una sollevazione
popolare che era guidata da membri dell’alleanza rivoluzionaria guidata da Sun Yatsen che è citato nel
preambolo della costituzione della repubblica cinese, considerato uno dei padri della patria in Cina, anche
nella Cina di oggi è una figura importante. La presenza di forze rivoluzionarie che hanno collaborato alla
presa al potere delle forze repubblicane, la più importante è appunto quella guidata da Sun Yatsen che è un
uomo del sud, cantonese che parlava dialetto locale di Guan Zhou e quindi una lingua non molto diversa dal
cinese di Pechino. Proveniva da una famiglia non molto ricca, origine contadine e che nella sua vita visse
quasi più anni all’estero che in Cina, da giovane nelle Hawaii inizia una carriera da missionari protestanti,
diventa cristiano e molto fluente in inglese; fu un uomo di azione e teorico e nei suoi scritti l’occidente e il
pensiero politico europeo è sempre presente, è un pezzo fondamentale. È però anche un uomo d’azione,
nel 1905 forma la Lega Giurata, una lega rivoluzionaria di ampio raggio che cerca di raggruppare tutti i
gruppi anti mancesi anti Cina, è un uomo che ha cercato contatto con i grandi gruppi della criminlati
organizzata e che ha avuto della tattica politica come riferimento il populismo russo e anche elementi di
anarchismo di fine 800, cioè idea che in cambio di regime fosse possibile a condizione di una grande rivolta
popolare che raccogliesse tutte le forze popolari presenti nel territorio e sollevazioni guidate da
avanguardia di rivoluzioni che compievano anche atti di terrorismo, lotta armata e omicidi politici. È un tipo
di strategia che prende ispirazione dai movimenti di Mazzini, il risorgimento italiano è molto conosciuto da
riformatori cinesi dell’epoca. Bisogna considerare che era il leader di gruppi che in molti casi guidava questi
gruppi dall’estero perché era conosciuto dalle autorità cinesi e quindi impedito di entrare in Cina, guida da
Hong Kong britannica o da Tokio, che era esempio per un centro delle reti internazionali e anche politici,
molti rivoluzionari si sono formati a Tokio e qui è dove sono entrati in contatto con le dottrine repubblicane.

Nel 1911, con la crisi della corte imperiale, sostiene l’ammutinamento militare e insieme agli ammutinati
prende il controllo delle istituzioni politiche. Bisogna citare qual è il suo messaggio politico più importante,
cioè i 3 PRINCIPI DEL POPOLO, per cui prende come riferimento le dottrine politiche occidentali e in
particolare la rivoluzione francese, che sono: nazionalismo, democrazie e benessere del popolo. Sostiene
che la libertà e la fraternità in Cina non hanno senso perché lo stato cinese non ha una grnade forza di
controllo sulla società e quindi sono liberi dal controllo statale, paragonati agli europei, e nemmeno la
fraternità perché lui è un uomo del sud della cine caratterizzata dalla presenza di clan che sono gruppi
famigliari che comprendono centinai di individui che gestiscono in modo unitario risorse economiche e
politiche; questa cultura era la cultura che Suhn Yatsen conosceva e quindi anche la fraternità non avrebbe
senso. È invece importante sviluppare il nazionalismo, cioè l’amore per lo stato e quindi anche la voglia di
difendere le istituzioni contro l’imperialismo straniero, secondo lui il futuro ella Cina era garantino solo
dalle sollevazioni popolari. Un altro principio fondamentale è la democrazia, l’assolutismo delle istituzioni
imperiali fa parte di uno stadio superato, adesso la civlità è pronta per affacciarsi al nuovo stadio delle
istituzioni politiche che ‘ la democrazia rappresentativa, anche se i cinesi non sono ancora pronti a gestire in
modo efficiente una democrazia, cioè gran parte della popolazione non ha un’istruzione che la permetta di
esprimere in modo giusto i propri interessi attraverso la dinamica del sistema politico moderno. Quindi lui
sarà il grande teorizzatore di un periodo di dittatura che è neccessaria di tutela politica, cioè una fase in cui
un’avanguardia politica prende il controllo delle istituzioni e interpreta il volere popolare, ma non fa
intervenire direttamente il popolo con delle elezioni, riferimenti alla dottrina marxiana; sarà solo una fase
ceh poi doveva lasciare il passaggio a un pieno sviluppo delle istituzioni demcratiche. Benessere del popolo,
grande novità rispetto ai riformatori cinesi confuciani, perché loro parlavano di riforme in senso astratto,
mentre invece Sun Yatsen dice per cambiare le cose ci vuole una sollevazione di popolo, e per averla era
importante partire dai bisogni della società, promette di costituire un nuovo stato con al centro il benessere
del popolo. I riferimenti erano legati alla social-democrazia, cioè una società che metteva in atto una serie
di riforme che creassero uno stato sociale moderno, che si prendesse cura anche delle esigenza materiali
della popolazione. Questo è stato un elemento importante nella costituzione della RPC nel 1911. Diverso da
Yuan Shikai, che era un uomo d’armi, ma completamente estraneo alla cultura repubblicana, immaginava
una monarchia costituzionale, con un governo che doveva guidare le riforme economiche., lo sviluppo in
modo assolutistico su modello Giapponese, ma che non aveva interesse nell’introdurre e nel sostenere le
istituzioni democratiche.
WARLORDS

Un terzo elemento sono i signori della guerra, frutto della militarizzazione della società del maggiore potere
dei leader regionali e che con la caduta dell’impero vanno a colmare i vuoti di potere creatori. Estrema
eterogeneità, c’è chi proviene da eserciti provinciali, come Yuan Shikai, ci sono anche war lords che hanno
un passato di amministrazione locale. Ci sono anche membri di formazioni della criminalità organizzata, fra
cui Zhang Zuolin, che proveniva da gruppi crijminali della manciuria. Anche le dimensioni del potere che
hanno cambia di zona in zona, chi controlla solo una città, chi tutta la provincia. Bisogna prendere in
considerazione anche le fonti di finanziamento e i loro rapporti con le potenze straniere. Le fonti principali
erano la tassazione, come l’imposta sulla terra e le tasse sui beni e l’oppio; infatti, molti contadini erano
costretti a coltivarlo in larga scala. Per quello che riguarda i contatti con le Potenze bisogna dire che molte
potenze rifornivano i warlords di armi, in cambio di favori quando una fazione avrebbe preso maggiore
potere; ad esempio Zhang Zuolin aveva contatiti con i Giapponesi, che cercavano di mantenere il controllo
sulla Manciuria. I conflitti interessano maggiormente la parte nord del paese, nel sud tuttavia si ricorda che
Sun Yatsen fondò, a Canton nel 1917, un governo dissidente da Pechino “movimento per la protezione della
costituzione”, con l’obiettivo di ripristinare il parlamento che a Pechino era stato sciolto per l’ennesima
volta. Tuttavia, nel 1918 Sun viene estromesso dal movimento che era poco interessato a una guerra contro
il nord

In genere si dipingono come personaggi crudeli e feroci ma c’erano anche uomini colti e anche
sinceramente interessati a far progredire il territorio con riforme e con il sostegno dell’ideologia
repubblicana. Nell’insieme il fenomeno dei Warlords e della militarizzazione della politica, produce una
crescente instabilità istituzionale e mina le basi del consenso verso la repubblica.

Debacle cinese a versaille

Il trattato di Versailles, che pone fine alla Prima guerra mondiale porta delusioni alla Cina, mostra al popolo
cinese la debolezza sul piano internazionale della Cina e contribuisce al risveglio del senso nazionalistico. La
conseguenza sarà il movimento del 4 maggio del 1919 che porterà alla formazione del partito comunista.

Nel 1915 scoppia la Prima Guerra mondiale che vede la Cina e il Giappone schierati a fianco e vicini alla
francia e all’impero britannico, se il Giappone inizia a intraprendere azioni sul lato militare, occupando le
concessioni tedesche in Cina, la Cina non ha la possibilità di partecipare al livello militare ma manderà
motissimi operai cinesi a lavorare nelle fabbriche francesi di armamenti, sperando che questo supporto
fosse una condizione per cercare di cambiare e di migliorare la posizione cinese all’interno del quadro
internazionale. La Cina nell doveva subire e accettare la presensa di trattati ineguali cehil Giappone era
riuscito a rinegoziare negli anni novanta dell’800, il Giappone riesce a ottenere la revisione dei trattati. La
situazione è complicata, infatti i Giapponesi fanno avere ai cinesi una serie di richieste che vengono
chiamate “21 richieste” che renderebbero se accetate una colonia Giapponese, viene addirittura chiesta la
presenza di advisor Giapponesi in tutti ruoli chiave della poltica cinese, dare libera iniziativa economica alle
aziende Giapponesi, la possibilità della polizia di operare in modo libero sul territorio Giapponese; di fatto la
sovranità nazionale perde ogni tipo di autonomia da parte della Cina. La Cina si trova in una situazione
difficile, cerca di migliorare con i trattati di pace di versailles, tuttavia succede questa cristi della diplomazia
cinese, infatti il giappon aveva già degli accordi con l’impero britannico, con l’italia e con la francia; anche
un accordo segreto fra Giappone e una parte della leadrship politica cinese dell’epoca. Di fatto il trattato
premia i Giapponesi e non riconsce nessun tipo di benefit alla Cina.

Le concessioni tedesche in Cina verranno trasferite al Giappone, la Cina verrà poi esclusa dall’abrogazione
dei trattati ineguali. La debacle produrrà un vasto terreno di proteste fra gli studenti universitari che si
organizzano in manifestazioni il 4 maggio del 1919 che ancora oggi sono ricordati come MOVIMENTO DEL 4
MAGGIO. È ricordato ancora oggi perché, secondo alcuni storici, è il momento in cui in Cina si instaura la
cultura della modernità, il modernismo è anche una visione del mondo basata sull’idea che quello che è
nuovo è meglio rispetto al passato, è necessario rompere con le tradizioni e che si debba costruire qualcosa
di nuovo. Questa cultura non era presente nella Cina imperiale perché il confucianesimo e i modelli
tradizionali erano presi come modello da salvaguardare. È stato il movimento che rappresenta il momento
di una prima ricezione a livello di grandi numeri di cultura modernista, cioè se la Cina si vuole salvare deve
abbracciare nuova cultura, istituzioni e ideologia; sono le università il centro di questo movimento.

È un movimento che dalle università si propaga anche nella classe operaia, nelle grandi città con una
tradizione manufatturiera come shangai e nanchino, in questi anni nascono le prime fabbriche il
movimento è stato anche l’occasione per la nascita dei gruppi di operai hce si sentono solidali alle proteste
studentesche. Vi è un contesto più ampio di queste proteste, come la rivoluzione russa, la rivoluzione
sovietica che avviene per la prima volta in un paese arretrato come la Russia zarista. Queste rivoluzioni
danno speranza anche a Sun Yatsen che apprezza molto Lenin e la rivoluzione bolscevistica. In questo
movimento si formano quelli che saranno i primi leader del partito comunista come Chen Duxiu e anche
mao Zetong si trova a pechino in questi anni e riuscirà a partecipare alle proteste e avviCinarsi al marxismo.

Il movimento è molto limitato che riguarda sol dei segmenti piccoli della società ma ha grande significato
nella storia, anche culturale; sono studenti che vogliono tagliare i ponti col passato, vogliono disfarsi del
confucianesimo e abbracciare idee europee e anche il pensiero scientifico moderno. Lo stesso Mao Zedong
è impregnato di spirito modernista, uno dei caratteri fondamentali dei suoi scritti è quello di basare la
strategia militare e politica sulla conoscenza della realità e su questa costruire una strategia.

Il marxismo esercita in quegli anni sugli intellettuali cinesi, infatti il marxismo era scientifico e occidentale,
offriva una visione rivoluzione del progresso che si basava sul materialismo storico, cioè sostenneva che lo
sviluppo della società umana avveniva secondo determinate tappe e che il passaggio fra una fase e l’altra
avveniva grazie al ruolo di propulsore della lotta fra le classi sociali per il controllo dei mezzi di produzione;
era in grado di spiegare scientificamente che la ragione dell’arretratezza della Cina stava nel suo ruolo di
dipendenza all’interno del sistema capitalistico e imperialistico.

COMINTERN E FONDAZIONE DEL FRONTE UNITO

Nel gennaio del 1924 si tiene a Canton il congresso di riorganizzazione del partito nazionalista cinese,
secondo Sun Yatsen erano 3 le questioni essenziali che emersero dai lavori congressuali: il rapporto con il
PCR (1921), i rapporti con l’URSS e la politica agraria.

Per quello che riguarda la convenzione con l’URSS, Sun sostiene che le nazioni capitaliste non avevano mai
mostrato sostegno per la Cina e che Mosca fosse l’unica che poteva aiutare la causa cinese. Sun acconsente
quindi a moderare la critica per l’occidente all’interno del suo programma politico e Borodin, agente del
Comintern (organizzazione internazionale dei partiti comunisti, guidata da Mosca), sostiene
l’indispensabilità per la Cina di un legame esclusivo con l’URSS. Nel 1920 la strategia del Comintern
dichiarava l’interesse per i paesi coloniali; fu così che fu avviato un dialogo con Sun Yatsen e con il governo
di Canton, viene sostenuta la nascita di un partito comunista in Cina. Nel 1923 Borodin viene inviato tramite
la missione Joffe, come consigliere di Sun Yatsen per il partito nazionalista (KMT), contribuisce assegnando
una struttura organizzata bolscevica e migliora così la sua efficacia nella lotta che si apprestava a unificare il
paese; nel 1924, nel primo congresso del KMT, si conferma l’alleanza con l’URSS. Borodin supporta
l’esercito nazionalista, contribuendo a creare l’accademia militare di Whampoa e quindi l’Esercito
Rivoluzionario Nazionale.
Per le relazini con il PCC, Sun propone e ottiene con difficoltà, una collaborazione con quest’ultimo sotto la
forma di un FRONTE UNITO, finalizzato all’unificazione e pacificazione della Cina, da realizzarsi attraverso
una spedizione al Nord, partendo da Canton. Questa collaborazione doveva rafforzarsi con l’interno di
dirigenti comunisti all’interno del PNC; per tranquillizzare i dubbiosi sul rischio di un’ideologia comunista
all’interno del pnc rispondeva che non c’era una sostanziale differenza fra il principio del benessere del
popolo e i comunismo.

LA FONDAZIONE DEL PCC (terza lezione slide, pag. 124 del libro)

Il PCC viene fondato ufficialmente il 1 Luglio del 1921, ma in realtà la nascita risale alla fine di luglio, quando
dodici delegati, fra cui Mao Zedong, si riuniscono in occasione del primo congresso nazionale. Il congresso
elegge un UFFICIO ESECUTIVO CENTRALE provvisorio composto da Che Duxiu, Zhang Guodao e Li Da, con il
compito di mantenere i rapporti con i gruppi comunisti locali. Il programma politico mirava a rovesciare le
classi capitalistiche e stabilire una dittatura del proletariato, con ostilità nella collaborazione con altri gruppi
politici. La fondazione del PCC fu frutto di diversi fattori, fra cui le proteste studentesche e popolari, la
rivoluzione culturale dal 1915, il lavoro politico del Comintern. Ma anche la sede del primo nucleo
comunista a Shanghai, e Pechino, dove era stato fondato fondata la prima società do studi sul Marxismo.

Durante il secondo congresso del pcc che si tiene a luglio del 1922, il commissario del comintern Maring si
pronuncia negativamente sul pcc, suggerisce che i membri del pcc si uniscano al pnc, idea che viene
respinta; il congresso approva l’adesione del pcc al comintern, lo statuto prevedeva la creazione di un
comitato esecutivo centrale.

Con la fine del 1923 e l’inizio del 1924, in seguito alla creazione del fronte unito il compito prinicipale del
pcc era sia di portare avanti la collaborazione con Sun Yatsen, sia rafforzare l’influenza del partito
all’interno del fronte unito. Nei primi due anni l’esperienza del fronte unito si rivela positivo, l’influenza
all’interno del pnc cresce in modo significativo e fra il 1925 e il 1926 c’è un grande afflusso di nuovi membri;
inoltre nel sud del paese la forza comunista tra i contadini cresce e si consolida. Con la scomparsa di Sun
Yatsen, si aggregano nuove e vecchie forze che intendevano liberarsi della tutela sovietica, inoltre
all’interno del pcc c’erano delle divisioni fra chi operava in modo clandestino all’interno del movimento di
massa e fra chi agiva in piena legalità a Canton, all’interno del fronte unito. In soli due anni, dal 1925 al
1927, il pcc passa dal ruolo politico e sociale crescente degli anni dello sviluppo del movimento operaio alla
sconfitta del 1927 che lo costringe alla clandestinità. Successivamente si verifica una ascesa e una caduta
della parabola comunista, se si tiene conto delle assemblee del successivo biennio; infatti nel congresso
nazionale del 1925 c’è un clima di ottimismo, viene riaffermata la vocazione proletaria del partito, viene
adottato un documento che esplicitava l’essere essenziale delle masse rurali alla rivoluzione; Chen Duxiu
viene riconfermato come segretario generale. Al contrario nel congresso generale del 1927 si svolge in un
atmosfera di incertezza, infatti la repressione ispirata da Chiang Kaishek aveva inferto duri colpi
all’organizzazione comunista. Il drammatico epilogo del 1927 rappresenta una tragica tappa nella storia, ma
consente anche al pcc di dotarsi di una larga esperienza politica che si sarebbe rivelata essenziale negli anni
a venire.

Ad agosto del 1927 si tiene una conferenza straordinaria del comitato centrale del pcc, si doveva decidere
una nuova strategia politica e l’elezione di un nuovo gruppo dirigente; Qu Qiubai indica nell’organizzazione
di rivolte armate e nel sostegno alla rivoluzione rurale il fulcro della nuova strategia. La principale
contraddizione nel rapporto consisteva nel fatto che Stalin insisteva affinché si non si abbandonasse del
tutto la collaborazione coni nazionalisti; all’interno del pnc invece alcuni gruppi miravano ancora a una
collaborazione con il pcc. L’intervento di lominadze scaricava la responsabilità del fallimento alla Cina,
sostenendo che non era stato in grado di seguire le direttive del comintern. Sul piano organizzativo si
apriva per il partito una nuova fase clandestina; in attesa di un nuovo congresso nazionale viene istituito un
nuovo ufficio politico provvisorio guidato da Qu Qiubai. Il progetto più importante nell’ambito della nuova
strategia fu nel settembre del 1927, con l’obiettivo di scatenare insurrezione congiunte nelle province del
Guangdong, Jiangxi, Hunan e Hubei per mobilitare i contadini e introdurre le prime riforme agrarie
concentrate sulla confisca delle terre ai grandi proprietari terrieri e la loro distribuzione ai contadini. Il
progetto, salvo nella parte nord, fallisce. Questo porta a concentrarsi sull’area del Canton, inizialmente la
città viene occupata ma ben presto diventa una disfatta.

Diviene chiara la necessità di cambiare strategia, si passa così da una rivoluzione urbana a una
RIVOLUZIONE RURALE, si affermava che pur mantenendo il suo carattere proletario, il partito doveva
impegnarsi nel lavoro organizzativo delle campagne e promuovere l’organizzazione della guerriglia armata
contadina; questa fase porta a un salto di qualità, il riconoscimento del ruolo contadino si fa sempre più
strada.

Nella risoluzione politica approvata nel VI congresso, svolto in ritardo il ceh denotava ancora unna
disorganizzazione, si sottolineava che la Cina stava attraversando una situazione di stallo come predetto dal
Comintern. Il compito del partito era quello di mantenere i legami con le masse in modo da non perderne il
controllo; la strategia futura doveva trarre esperienza dal passato, doveva evitare “gli errori di destra”, cioè
la collaborazione portata all’estremo con Chiang Kaishek, sia gli “errori di sinistra” e cioè il putchismo di Qu
Qiubai.

Viene introdotto il concetto di soviet come sistema di governo da creare nella fase di preparazione della
nuova ondata rivoluzionaria. L’introduzione del concetto di soviet indicava la proposta di una forma di
governo esteso a tutto il paese, dall’altra la creazione di basi militari dalle quali i comunnisti poteva
accerchiare le città e porre le premesse per la conquista del potere. La forma di governo sovietico
rappresentò insieme al partito e all’Armata Rossa (esercito creato negli anni 20), il perno su cui si sarebbe
basata la rivoluzione comunista.

A partire dalla fine del 1928 il fenomeno dei soviet va espandendosi, a differenza del passato in cui le
esperienza di guarriglia venivano disintegrate proprio perché non avevano una base territoriale, ci si
concentra su tali basi per organizzare e mobilitare i contadini, per distribuire la terra e per rafforzare il
lavoro politico, militare e sociale. Nello stesso periodo vengono formate basi sovietiche fra i confinin fra lo
Hunan e lo Hubei, fra lo Hubei, lo Henna e lo Anhui, nello Hunan orientale e nel Jiangxi.

Li Lisan diventa presto il vero leader del partito ed il suo sostegno da parte di Mosca è determinante; la sua
strategia puntava a assumere la guida della “marea rivoluzionaria” e attraverso la convocazione di due
assise, ad assumere il controllo dell’apparato militare e di partito nei soviet, con l’ordine di raggruppare le
forze armate in quattro corpi d’armata che dovevano attaccare i centri urbani maggiori nella Cina centrale e
centromeridionale. La strategia si rivela un fallimento, infatti nell’autunno del 1930 Qu Qiubai e Zhou Enlai
vengono inviati in Cina con lo scopo di indebolire i poteri di Li Lisan, fin’ora sostenuto da Mosca. Quando
venne rivelato il completo fallimento delle insurrezioni militari vengono inviati in Cina il gruppo dei “28
bolscevichi” (1931), cioè studenti cinesi che aveva studiato in URSS all’università di Sun Yatsen e che
avevano il compito di prendere il potere.

Il processo di consolidamento delle basi territoriali ha successo, infatti nel 1930 si erano creati forti nuclei
territoriali; il primo era il soviet del Jiangxi, infatti dopo la disfatta dell’attacco condotto da Li Lisan, Mao
Zedong aveva inviato le truppe nel Jiangxi sudoccidentale, dove vennero tracciati gli elementi della futura
strategia sovietica fino all’avvio della Lunga Marcia. Negli ultimi mesi del 1930 Nanchino aveva condotto
una campagna di annientamento contro il soviet centrale del Jiangxi, seguita poi da una seconda: l’Armata
rossa vince affermando così la validità della strategia.
SPEDIZIONE AL NORD (pp 83)

Il 1° luglio del 1926 viene dato l’ordine di mobilitazione che segnava l’inizio della spedizione al nord, con
guida Chiang Kaishek, nella dichiarazione del pnc si identificava in Wu Peifu il nemico principale della
rivoluzione. Wu aveva però stretto un’alleanza con Zhang Zuolin, avevano così il controllo della Cina
centrale e della Cina settentrionale e di Pechino. dopo le prime fasi L’ENR controllava le sette province di
Guandong, Hunan, Hubei, Jiangxi, Fujian, Guangxi e Guizhou. A questo punto si verificano delle divergenze
sulla strategia da adottare; i sostenitori del fronte unito, insieme a sovietici e comunisti intendevano
attaccare il nord connettendosi a Feng Yuxiang, nemico di Zuolin; mentre Chiang kaishek e coloro che
sostenevano eccessiva influenza sovietica a comunista, puntavano alla conquista di Shanghai. Le divergenze
militari si traducono anche in divergenze sociali e impediscono compromessi. Chiang decide quindi di
proseguire autonomamente all’attacco di Shanghai, quindi il governo di Wuhan fa una mobilitazione
popolare contro il signore di Shanghai, con l’obiettivo sia di agevolare l’ingresso delle truppe di Kaishek, sia
di esercitare pressione su di lui.

Le insurrezioni popolari fra il 1926 e il 1927 indeboliscono il signore di Shanghai, quando le truppe entrano i
primi giorni di marzo 1927 trovano stazioni di polizia e stazioni ferroviarie occupate dagli insorti. Sebbene le
insurrezioni erano cessate con l’arrivo delle truppe di Chiang Kaishek, restava il problema di chi doveva
prendere il controllo della città, e i rapporti fra Wuhan e Nanchang andavano definiti dopo la rottura degli
ultimi mesi.

Dopo il suo arrivo a Shanghai, Kaishek prende contatti con la Banda verde e con ambienti industriali e
finanziari, in modo da ottenere finanziamenti e manodopera; nell’aprile del 1927 le sedi dei sindacati
vengono attaccate, la repressione si estende fino alla Cina centrale e meridionale e infine fino ai territori
controllati dal governo di Wuhan, dove comandanti militari decidono di allearsi con Kaishek dirigenti
nazionalisti accusano comunisti e sovietici di aver guidato la rivoluzione a un punto ceco e così il FRONTE
UNITO CESSA DI ESISTERE. Questi avvenimenti prendono il nome di CRISI DI PRIMAVERA.

Per Kaishek il compito primario consisteva nel compoletamento della spedizione al nord, nel gennaio del
1928 viene riconfermato come comandante; stringe contatti con Feng Yuxiang che controllava alcune aree
della Cina settentrionale e con Yan Xishan che governava lo Shanxi nella Cina nord occidentale.

L’obiettivo finale era rappresentato da Pechino, ancora sotto il controllo di Zhang Zuolin, l’accordo di
Kaishek prevedeva l’attacco a Tianjin, in modo da tagliare i ponti fra Pechino e la Manciuria. Tokio convince
Zhang Zuolin dell’esigenza di abbandonare Pechino, tuttavia mentre egli si trova su un treno diretto in
Manciuria, il convoglio viene fatto esplodere provocandone la morte. L’esercito Nazionale Rivoluzionario
entra a pechino in estate, ed essa viene posta sotto il controllo di Yan Xishan, e vengono iniziate delle
trattative con il figlio di Zuolin che rafforza i suoi contatti con Kaishek, pur assicurando ai Giapponesi il
mantenimento di autonomia sulla Manciuria Nanchino, con il suo governo fondato nell’ottobre
1928, diventa la capitale ufficiale del nuovo governo e Beijing viene ribattezzata come Beiping, cioè pace
settentrionale. UNIFICAZIONE NORD E SUD.

IL GOVERNO NAZIONALISTA A NANCHINO

Viene fondato ufficialmente il 10 ottobre 1928, le basi politiche e la struttura organizzativa traevano
ispirazione dalle idee di Sun Yatsen. Tra la fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 30 vengono promulgate una
costituzione e viene articolata una struttura di governo basata sui 5 YUAN (poteri): Yuan esecutivo,
composto da ministri e che sovrintendeva la burocrazia; lo yuan legislativo, con compito di legiferare ma di
fatto di approvare decisioni assunte da altri organi; Yuan giudiziario; Yuan d’esame che sovrintendeva il
sistema degli esami per il reclutamento dei funzionari statali; Yuan di controllo, che godeva di poteri di
censura e sanzione politica e morale nei confronti di dirigenti e funzionari. Ognuno di questi Yuan era
presieduto da un presidente, quello più importante era quello dello yuan esecutivo che agiva da PRIMO
MINISTRO. Anche se formalmente i poteri erano divisi, l’autorità suprema decisionale era nelle mani di un
gruppo ristretto di persone che avevano le cariche più importanti ai vertici del partito; a capo di questo
sistema c’era Chiang Kaishek che accumulò nel corso degli anni le massime cariche, controllando così il
PARTITO, che doveva avere la funzione di tutore del popolo, l’ESERCITO, fondamentale ai fini della gestione
del potere e dello STATO, che forniva legittimità a rappresentare la Cina nelle relazioni internazionali.

Le relazioni fra il governo centrale di Nanchino e i poteri locali divennero problematiche; cos’ come Yuan
Shikai, Chiang Kaishek riteneva che i poteri locali con troppa autonomia rappresentassero un ostacolo
all’edificazione di uno stato forte , quindi dal 1928 viene mantenuto il “distretto” come ultimo livello del
potere statale ma al di sotto viene creato un sistema di unità amministrative con a capo un responsabile
che veniva però nominato direttamente dall’autorità statale. Inoltre, dal 1932 viene ripristinato il sistema
del BAOJIA con la popolazione divisa in gruppi di 1000 famiglie (bao) divisi in dieci gruppi (jia) composti da
100 famiglie; ogni famiglia era tenuta a procurare informazioni alle autorità sulle altre famiglie che
facevano parte del gruppo. La reintroduzione del sistema del Baojia era finalizzata a creare le basi per la
reintroduzione del servizio militare obbligatorio; nel 1933 viene approvata la legge sul servizio militarae
obbligatorio, nel 1936 vengono promulgate leggi ceh per la formazione di cittadini soldati che cobinavano
preparazione militare e spirituale.

La struttura politica era completata da una serie di poteri paralleli, infatti vari gruppi operavano all’interno
PNC fra cui la cricca di Huangpu, con all’interno un nucleo denominato Società delle camicie azzurre; la
cricca era portatrice di valori militaristici di tipo fascista e molti dei suoi membri avevano stretti legami con
Kaishek. Le camicie azzurre erano incaricate della formazione politica nell’esercito, nel governo e nelle
scuole ed erano impegnate nelle attività di organizzazione delle milizie popolari.

fra il 1929 e il 1931, vi fu l’esigenza di ridurre il costo delle spese militari sul bilancio dello stato, si avvia
quindi un processo di smobilitazione degli effettivi militari, soprattutto a livello provinciale. Viene quindi
convocata la conferenza per la smobilitazione e la riorganizzazione militare nel 1929, però i contrasti fra gli
ufficiali militari e Chiang Kaishek porta al fallimento di quest’ultima, si avviano così una serie di confronti
militari fra Nanchino e i comandanti militari provinciali.

Inoltre fra la fine del 1930 e il 1934 organizza delle campagna di sterminio e annientamento delle basi
rurali comuniste della Cina; le prime due falliscono, mentre la terza viene interrotta dall’aggressione dei
Giapponesi. Dalla terza campagna viene cambiata la strategia adottata, cioè le operazioni militari dovevano
essere accompagnate da riforme amministrative, economiche e sociali. La quarta campagna fu un nuovo
fallimento ma la quinta ebbe successo, costringendo i comunisti ad abbandonare il sud e a stanziarsi, dopo
la lunga marcia, nel nord ovest.

POLITICA ECONOMICA NAZIONALISTA

Nonostante Chiang Kaishek avesse dato prova della sua capacità di trovare fondi, negli anni 30 la Cina ha
bisogno di trovare nuovi fondi per dare una svolta alla modernizzazione del paese. Sempre negli anni 30 si
sviluppa quindi una nuova riforma agraria; la riforma recitava che il coltivatore avrebbe dovuto dare
solamente il 40% del valore del raccolto, contro il 65% di media cui era costretto, venne inoltre stabilito che
se un proprietario terreno si fosse trovato assente per lungo tempo, il contadino avrebbe potuto
richiederne l’acquisto. Tuttavia questa riforma risultò un insuccesso perché in molte aree rurali essa nono
veniva rispettata.

Così il governo diventa sempre più dipendente da altre voci di entrata e in particolare dai dazi doganali, che
rappresentavano ormai il 50% delle entrate totali.

TERZA LEZIONE SLIDES

RELAZIONI INTERNAZIONALI DEGLI ANNI 20

A partire dagli anni 20 del 1900 vengono stilati dei trattatati sul suolo americano, durante la conferenza di
Washington, conferenza tenutasi dal novembre del 1921 al febbraio del 1922; vengono redatti tre trattati,
che mirano a mettere fine alla corsa agli armamenti navali e davano una stabilità all’assetto politico militare
nel Pacifico, in particolare proteggevano gli interessi americani in questa zona.

Il primo trattato del 1921, chiamato “Patto delle quattro potenze”, coinvolgeva Stati uniti, Gran Bretagna,
Francia e Giappone, e stabiliva il rispetto dell’indipendenza delle Isole del Pacifico; in particolare impegnava
i firmatari al reciproco rispetto dei loro possedimenti e domini insulari nell’oceano Pacifico.

Il secondo trattato, chiamato “patto delle nove potenze”, richiamava al rispetto territoriale e
dell’indipendenza territoriale della Cina, che riacquistò i diritti sullo Shandong anche se vengono approvate
delle garanzie sulla presenza Giapponese; inotre la GB rinuncia all’affitto della base di Weihaiwei e al
governo cinese viene permesso di alzare il valore delle tariffe doganali sulle merci.

Il terzo trattato del 1922, chiamato “Trattato navale di Washington”, firmato da Us, GB, Francia, Giappone e
Italia, mirava a limitare il riarmo navale del Giappone, viene quindi stabilito che GB e USA possono avere la
stessa quantità di armi, superiore del Giappone a cui vienne comunque riconosciuta una superiorità nel
Pacifico, visto che gli armamenti si sarebbero concentrati in altri luoghi; per Francia e Italia gli armamenti
permessi erano in quantità ancora minori.

Il Giappone inoltre rinuncia alle 21 richieste.

REGIME DI NANCHINO E ROTTURA EQUILIBRI DIPLOMAZIA

Dall’intransigenza degli anni 14-15, gli anni delle 21 richieste, si passa all’approccio conciliatorio della
conferenza di Washington. Fra gli anni 27-28, sotto il governo Tanaka, si torna all’approccio di una linea
dura. Il Giappone attacca quindi la Cina, nel contesto della crisi istituzionale dei foverni di partito degli anni
20, con l’opposizione indebolita. Nel 1929 le forze armate e i partiti di destra vanno contro alle politiche del
governo Hamaguchi.

INVASIONE GIAPPONESE DELLA MANCIURIA

Il tutto inizia nel 1928 quando la spedizione al nord era in corso sotto la guida Chiang Kaishek, quando i
cinesi iniziano a far pressione sui territori Giapponesi in Cina, vengono così inviati dei soldati Giapponesi a
protezione degli abitanti nipponici della Cina; nonostante la decisione cinese di evitare attacchi diretti
contro la città, nascono furiosi combattimenti che portano a migliaia di morti e all’intensificarsi dell’odio
Giapponese contro i cinesi. In questo contesto, nel settembre del 1931 accade l’incidente di Mukden, in
manciuria. Il 18 settembre 1931 gli ufficiali Giapponesi fanno esplodere un tratto della linea ferroviaria di
proprietà Giapponese con l’intento di dare la colpa ai cinesi e di far scoppiare una crisi nell’area.

Una volta completata la conquista della Manciuria, i Giapponesi sostengono la creazione dello stato
fantoccio del 1932, si passa così dalla penetrazione coloniale indiretta a una forma diretta di possesso
coloniale. Tuttavia nel 1933 la società delle nazioni si riunisce nella commissione Lytton e si decide di
rigettare la nozione di stato indipendente, il Giappone abbandona l’aula e si segna così il distacco fra la
società delle nazione e il Giappone. La perdita della manciuria fa perdere al governo cinese il 15 percento
del totale degli introiti doganali, viene diminuita di due terzi la vendita dei prodotti Giapponesi; la pressione
diviene alta a Shanghai e le navi da guerra Giapponesi bombardano il quartiere di Zhabei, la 19° armata
cinese decide di opporre resistenza, gli scontri vanno avanti a lungo fino a che viene firmato un armistizio.

LA LUNGA MARCIA (segue “la nascita del PCC; pag. 139)

Dopo i successi militari del 1930-1931 bisogna incrementare il coordinamento delle varie esperienze
sovietiche, nel novembre del 1931 si tiene quindi il primo congresso dei soviet; viene così fondata la
Repubblica Sovietica Cinese, come dittatura democratica del proletariato e dei contadini che dava il compiti
al proletariato di dirigere le masse verso il socialismo.

Nel 1932, con la temporanea stabilizzazione della situazione nella Cina settentrionale, Nanchino da il via alla
quarta campagna annientamento contro le basi sovietiche, questo costrinse alla fine i comunisti a spostarsi
verso a ovest verso l’interno, dove nella primavera del 1935 incrociano le truppe di Mao impegnate nella
lunga marcia.

Dopo aver deciso di abbandonare il Jiangxi bisogna decidere la direzione delle truppe: la pressione militare
del nemico costringe le truppe a spostarsi verso sudovest, fra il confine del Guizhou, Hunan e Guangxi. Nel
gennaio 1935 si effettua la CONFERENZA DI ZUNYI, con i membri effettivi dell’ufficio politico; Mao critica la
strategia seguita. Infine, viene approvata la linea politica generale del partito ma vengono criticati gli errori
di strategia militare imputati alla strategia di pura difesa portata avanti da Bo Gun e Braun; Zhang wentian
diventa segretario generale, Zhou Enlai diventa il responsabile della politica militare affiancato da Mao.
L’importanza della conferenza di Zunyi fu di segnare la fine del movimento sovietico in Cina centrale e di
segnare la crisi del comando dei bolscevichi sulla futura rivoluzione cinese.

A fine gennaio 1935 la prima armata del fronte lascia il Guizhou per arrestarsi, vengono inviate direttive a
Zhang Guotao per mobilitare le truppe affinché favorisse la manovra della prima armata, egli disattende agli
ordini e l’azione della prima armata viene bloccata dalle forze nazionaliste che infliggono danni significativi.

A fine giugno le due armate si riuniscono, ci sono divergenze sulla strategia da adottare: Mao voleva
portare le truppe verso nord per la creazione di un nuovo soviet mentre Zhang Guotao voleva spostarsi
verso est. Dopo alcuni mesi, le assemblee dell’ufficio politico decidono di proceder verso nord ma
mantenendo dei soldati nell’area, si muovono quindi verso il Gansu e lo Shenxi organizzate in due colonne
separate. Una parte delle truppe verso la fine del 1935 raggiunge lo Shenxi settentrionale dove trova dei
combattenti che avevano formaton un soviet mentre Zhang Guotao si dirige a sud, verso il Sichuan e poi
verso il confine del Sichuan-Xikang. Fra ottobre e dicembre Zhang convoca delle riunioni politiche e militari
nell’area e fa approvare una risoluzione secondo cui veniva creato un nuovo centro del partito sotto il suo
comando e venivano rimossi da ogni carica Mao, Zhang Wentian e altri dirigenti.

Mentre la lunga marcia si concludeva, restavano i conflitti con Zhang Guotao; nel Jiangxi vengono portate
avanti delle azioni di guerriglia fino al 1934 che portano alla costruzione di molte piccole basi. Le strategie
erano molto diverse fra di loro, dettate dalle esigenze dei vari territori in cui si svolgevano.
Riforma agraria, resistenza ai nemici e redistribuzione dei cereali si intrecciano, mentre viene spesso
tralasciata la mobilitazione delle masse. Il ruolo centrale della lunga marcia fa spesso perdere di vista le
piccole realtà locali ceh però svolsero un ruolo prezioso nell’impegnare costantemente le truppe nemiche e
creando i presupposti per l’attivismo comunista nelle aree centrali e orientali negli anni della guerra contro
il Giappone.

Concludendo, la lunga marcia fu una tappa vittoriosa per il PCC nella conquista del potere ma allo stesso
tempo come precisa Mao, ebbe inizio da una grande sconfitta, con l’abbandono delle basi nella Cina
centrale; l’armata rossa perse tantissimi effettivi, il partito vide ridurre il numero dei suoi membri e le
organizzazioni del pcc nelle area controllate al pnc vengono totalmente spazzate via.

IL REGIME DI YAN’NAN

Nei due anni dell’insediamento del pcc nello Shenxi (1935) alla guerra sino-giapponese (1937) si lavora per
consolidare la nuova base. Inizialmente gli organi centrali vengono stabiliti a Bao’An e quando viene
conquista Yan’nan fra la fine del 1936 e l’inizio del 1937, la città diventa la “capitale rossa” e centro della
rivoluzione comunista cinese.

Vengono avviati dei contatti con l’esercito nazionalista, in particolare con Zhang Xueliang e Yang Hucheng,
concordare una tregua con loro era vitale. Nel 1936 un incontro segreto avviene fra Zhou Enlai e Zhang
Xueliang, Zhou propone di un accordo che metteva fine alla guerra civile e all0unità contro i Giapponesi. Tra
la primavera e l’estate i comunisti inviano a Nanchino dei messaggi con la richiesta di cessare il fuoco e in
settembre l’ufficio politico approva una risoluzione in cui si formalizzava la proposta di un accorso in
funzione patriottica.

Nel dicembre del 1936 mentre si recava a Xi’an Chiang Kaishek viene arrestato dalle truppe nazionaliste,
dando così luogo all’incidente di Xi’an. Il pcc svolge un ruolo mediatore sottolineando l’esigenza di una
situazione pacifica; Chiang viene liberato e va a Nanchino con Zhang Xueliang che viene arrestato e la sua
armata smantellata; l’armata rossa occupa così vari distretti nella provincia, inclusa Yan’nan.

La svolta oplitica nell’unità nazionale era motivata dalla minaccia giapponese, rivolte esercitavano
pressione per porre fine alla guerra civile. Inoltre il VII congresso del comintern aveva sancito la nascita del
fronte unite, chiamando tutte le classi a lottare assieme contro il fascismo, rovesciando così la precedente
politica del movimento comunista, la lotta al social fascismo dei partiti europei, accusati di collaborare con
la borghesia.

Un'altra questione da risolvere era quella di Zhang Guotao che nel 1936 fu sconfitto dalle truppe
nazionaliste, si rifugia così al confine con il Tibet dove viene raggiunto a He Long a cui alla fine si convinse a
unirsi nella marcia verso nord. Alla fine del 1936 l’armata rossa si trova riunita nella parte nord dello Shenxi.
Zhang Guotao viene condannato e viene estromesso dal partito, lascia così segretamente Yan’nan e
collabora con Chiang Kaishek.

Nel bienni fra il 1935 e il 1937 si inizia a parlare della strategia comunista dopo il 1937, Liu Shaoqi solleva la
questione del lavoro nelle aree bianche, cioè quelle non controllate dal pcc; nel 1937 si tiene una
conferenza proprio su questo e Liu esprime le riserve sul’approccio soggettivistico e formalistico del partito
nell’affrontare i rapporti con il comintern. Le sue lettere forniranno un terreno fertile per l’attacco che Mao
avrebbe mosso alla strategia della dirigenza comunista e per la riscrittura del partito che verrà avviata negli
anni 40. Pg 152
SLIDE RIASUNTIVA

QUARTA LEZIONE SLIDES

L’INVASIONE GIAPPONESE

La guerra sino giapponese inizia sostanzialmente con l’incidente del ponte di Marco polo; infatti, nel luglio
del 1937 nella zona vicina a Luguoqiao (detto anche ponte di Marco Polo), vengono sparati colpi da fuoco
su delle truppe giapponesi che stavano compiendo delle manovre nella zona.

La guerra era iniziata al nord e da li si era espansa: a fine luglio caddero Pechino e Tianjin; tuttavia, le
battaglie più importanti furono combattute nei pressi del fiume Yangzi.

Fra la fine di luglio e inizio agosto il Giappone ammassa forze navali e truppe a Shanghai; prima che altri
rinforzi arrivassero Chiang decide di attaccare i giapponesi in modo da impedire lo sbarco; infatti, a
Shanghai erano presenti i reparti più forti dell’esercito nazionalista. Tuttavia, l’attacco fallisce e i Giapponesi
riescono ad accumulare forze, il 13 settembre parte così l’attacco. Dopo un mese, le truppe Cinesi erano in
evidente difficolta; l’offensiva finale avviene fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre e l’8 novembre i
cinesi ordinano la ritirata verso Nanchino, che avviene in modo confuso fra bombardamenti e la
disintegrazione del comando militare.

A metà novembre le truppe giapponesi occupano le linee difensive cinesi lungo il percorso da Shanghai a
Nanchino, iniziando così la corsa verso questa città, che non era così importante dal punto di vista
strategica ma era più un trofeo. Nanchino era difficilmente difendibile, ragione per la quale Chiang Kaishek,
il governo e il comando militare scappano prima che inizi la battaglia; il governo viene trasferito a
Chongqing mentre la commissione militare rimane nell’area dello Yangzi. Il 13 dicembre 1937 prese il via
quello che viene definito come “il massacro di Nanchino”, i soldati giapponesi infatti entrarono in città e
uccisero in modo indiscriminato uomini, donne e bambini.

Una volta occupate Shanghai e Nanchino, l’obiettivo dei giapponesi era quello di estendere il controllo sulla
regione dello Yangzi con la conquista di Wuhan, a tal fine bisognava impossessarsi prima di Xuzhou che
aveva una posizione strategica, era infatti posizionata su una linea ferroviaria che portava direttamente a
Wuhan. Prima dello scontro finale per la conquista di Xuzhou, il Giappone subisce la prima sconfitta
militare, tuttavia Xuzhou cade a maggio 1938. Verso fine maggio vengono delineai piani per la conquista
della città, dopodiché le truppe giapponesi avanzano velocemente, occupando Kaifeng; il 9 giugno Kaishek
ordina la distruzione di alcune dighe sul Fiume Giallo, le inondazioni ritardano l’avanzata giapponese ma
distruggono le zone interessate, creando così 2 milioni di persone senza tetto. Wuhan viene occupata nella
fine di ottobre 1938 e pochi giorni prima venne occupata anche Canton.

Alla fin del 1938 gran parte dei centri industrializzati erano in mano ai giapponesi, ora occorreva
consolidare e estendere le posizioni e sferrare un attacco decisivo a Chongqing.

Per quello che riguarda i comunisti il loro ruolo era stato fondamentalmente quello di preservare ed
espandere le aree di confine, alcune divisioni dell’VIII armata erano state inviate nella provincia dello
Shanxi.

Tra la fine del 1938 e l’autunno del 1939, quando scoppiò la seconda guerra mondiale in Europa, l’avanzata
giapponese si arrestò; il cambiamento della guerra fu dovuto a vari fatto ma in particolare il giappone
riconosceva che la guerra non sarebbe stata di breve durata, mentre i nazionalisti consci della loro
debolezza puntava a una possibile vittoria in tempi lunghi.

IL SECONDO FRONTE UNITO (1937/1938)

La creazione del secondo fronte è influenzata anche dall’incidente di Xi’an del 1936, quando Chiang Kaishek
si reca per verificare l’operato di Zhang Xueliang, dove viene poi catturato proprio dalle sue truppe. Zhang
Xueliang avanza delle richieste fra cui la fine della guerra civile che però Kaishek non vuole assecondare. In
un primo momento il PCC sostiene la ribellione pensando che la morte di Kaishek avrebbe avuto risvolti
positivi, tuttavia dopo un telegramma da mosca si sostiene la possibilità di un fronte unito e quindi la
liberazione con la promessa verbale dell’appoggio alla creazione del secondo fronte unito.

Lo scoppio della guerra in luglio fu il fattore determinante che portò alla creazione del fronte unito; dopo
numerose trattative viene raggiunto un primo accordo che prevedeva un’alleanza rivoluzionaria nazionale,
con a capo Chiang Kaishek, sia pcc che pnc avrebbero avuto un egual numero di rappresentanti.
Successivamente fra luglio e agosto venne deciso che l’Armata rossa sarebbe stata integrata nell’Esercito
nazionale rivoluzionario, con il nome di VIII Armata di campagna; anche se nominalmente sotto il controllo
nazionalista, avrebbe avuto una strategia largamente autonoma. In novembre le forze della guerriglia
comunista presenti in Cina meridionale e centrale vengono rinominate Nuova IV armata costituendo una
parte significativa della resistenza militare.

1940: fallimento offensiva 100 reggimenti; 1941: incidente nuova armata e fine del fronte.

REGIME NAZIONALISTA A CHONGQING

In seguito alla perdita dopo il 1938 del controllo sulle aree industriali dell’est e del sud, Chongqing si trova
privata delle fondamentali risorse che nel periodo pre-guerra avevano rappresentato la maggior parte delle
entrate. Con il crollo delle entrate e le spese belliche da sostenere si crea un grande deficit che viene
colmato con l’emissione di moneta che diventa poi la causa della crescente inflazione. Uno degli strumenti
che lo stato usò per cambiare la difficile situazione fu quello di far crescere il ruolo dello stato
nell’economia; vengono incrementate le tasse sui consumi e sui redditi, viene reintrodotto il controllo
governativo sull’imposta sulla terra. Vengono poste le basi per un capitalismo di stato gestito da una
burocrazia.

Viene creata la COMMISSIONE NAZIONALE PER LE RISORSE, il cui compito era quello di creare un’economia
per la difesa nazionale”, le imprese industriali, minerarie e elettriche vengono nazionalizzate, i settori vitali
nella produzione di beni di consumo vengono posti sotto il controllo diretto dello stato e delle regole
riguardanti la produzione, il prezzo e l’esportazione vengono introdotte.

Dal 1941 l’espansione industriale inizia a dare segni di difficoltà e nel 1943 le aree bianche controllate dai
nazionalisti erano immerse in una forte depressione e industriale. Fra il 1943 e il 45 la produzione di
carbone, ferro e acciaio ha un forte declino. A partire dal 1938, Chongqing si trova sempre più isolata,
chiuse le vie marittime per america e europa, le comunicazioni stradali vengono fortemente dimuti;
Chingqing poteva ricevere aiuti solo con i ponti aerei che sorvolavano le aree montuose della Birmania.

Durante la guerra vengono emanati dai nazionalisti diverse leggi, fra cui: le misure straordinarie per il
mantenimento della sicurezza durante il periodo d’emergenza (1940), legge per la mobilitazione nazionale,
e le regole provvisorie per la punizione dei crimini contro lo stato e le regole per la punizione dei banditi.
Data l’emergenza giudiziaria durante la guerra, nel 1943 vengono istituiti dei funzionari locali il cui compito
era mediare nelle dispute civili.

Anche nel campo della scienza e dell’educazione vi sono delle posizioni contrastanti, infatti da una parte
c’erano colore che favorivano un’assoluta mobilitazione delle risorse scientifiche al servizio dello stato, e
dall’altro coloro che spingevano verso il mantenimento di un certo grado di autonomia.

REGIME COMUNISTA A YAN’NAN

Verso la fine del 1937 erano giunti in città Wang Ming e altri comunisti cinesi che avevano passato gli ultimi
anni a Mosca come rappresentanti del PCC. Scoppiarono contrasti fra loro e Mao, fra le maggiori divergenze
c’erano le posizioni da adottare nell’ambito della guerra e dei rapporti con i nazionalisti. In particolare
Wang Ming sosteneva che il fronte unito andasse consolidato e trasformato in un’alleanza rivoluzionaria
nazionale con una confederazione di partiti con vari soggetti politici all’interno che avrebbero mantenuto la
propria autonomia. Nella sessione del Comitato Centrale del 1938, la posizione di Mao emerse egemone,
infatti sottolinea l’importanza del fronte unito ma ricorda la necessità di tenere l’indipendenza del partito.

Nei primi mesi del 1941 la crisi nel fronte unito si consuma definitivamente, i comunisti marcano una
maggiore autonomia dai nazionalisti e adottano modifiche nella propria strategia. Le questioni affrontate
furono tre: la POLITICA ECONOMICA, la cui revisione era necessaria alla luce del blocco nazionalista; la
RIDUZIONE DELLA BUROCRAZIA; la RIFORMA DEL PARTITO, urgente alla luce dei cambiamenti intervenuti.

Per la politica economica, Peng Zhen nel 1941, con il suo rapporto illustra l’esigenza di una politica
economica più moderata e flessibile, incentrata sul sostegno ai piccoli proprietari e agli artigiani e sul ruolo
marginale dello stato che doveva invece concentrarsi solo sull’impresa degli armamenti. Zhen critica il
concentrarsi dell’economia solo sull’industria statale e mette anche in guardia l’applicazione di leggi
economiche improntate a una visione pianificata dell’economia. Anche Mao parla della necessità di
sviluppare un’economia mista.

Per quello che riguarda la riduzione dell’apparato burocratico sono due i problemi denunciati: l’eccesso di
personale al vertice e le carenze alla base, bisognava quindi spostare verso il basso dell’organizzazione del
personale esperto, con un decentramento di poteri. Il secondo invece era il proliferare di strutture e
organismi, le quali dovevano subire un processo di semplificazione e accorpamento.

La riforma del partito era urgente perché verso il 1940 gli iscritti erano passato da 40 mila a 800 mila, era
quindi necessario forgiare un partito con un’identità meglio definita e rafforzarne la forza centralizzata. Nel
1941 la campagna di rettifica ebbe due obiettivi principali: legare meglio teoria (marxismo) e pratica
(esperienza della rivoluzione cinese) e fornire un’interpretazione corretta della linea politica. Nel febbraio
del 1942 Mao identifica tre tendenze erronee all’interno del parti: soggettivismo, settarismo e formalismo,
muove queste critiche in particolare a Wang Ming e ai 28 bolscevichi. Anche Liu Shaoqi rimarca
l’importanza dell’autocritica, che però doveva colpire i principi e non le singole personalità e non doveva
danneggiare l’importanza del lavoro del partito fra le masse.

Il tema del lavoro di massa diventa sempre più importante in quegli anni con la nascita di numerose
associazioni di massa (contadini, operai ecc.) che rappresenterà una chiave di successo nel nuovo regime.

La mobilitazione di massa si basava sulla lotta di classe, ossia sulla mobilitazione contro i nemici di classe
rappresentati dai grandi proprietari terrieri e borghesi. Il compito del partito in questo era quello di
incoraggiare la rabbia contadina orientandola verso precisi obiettivi in modo da spezzare i legami di
solidarietà sociale. (1942-1943).

2WW E GUERRA DEL PACIFICO (pag. 160)

Il primo settembre 1939 la Germania invade la Polonia, pochi giorni dopo Francia e Gran Bretagna
dichiarano guerra alla Germania. Da una parte ci sono le potenze dell’Asse (IT E GER) mentre dall’altra le
potenze democratiche (GB, FR,USA) alleate con l’URSS. Forte del patto di non aggressione firmato con
l’URSS nel 1939, Hitler attacca la Francia; nella prima metà del 1941 l’asse ha sotto controllo i Balcani e
L’Europa centrale. Nel giugno del 41 la germania attacca l’urss, pochi mesi dopo il giappone attacca Pearl
Harbour e così entrano in guerra anche gli USA e viene dato il via a quella che viene definita guerra del
pacifico. Nel 1941 il Giappone firma un patto di neutralità con l’URSS, tramite il quale il supporto di
quest’ultima ai comunisti Cinesi diminuisce.

Con la conferenza del Cairo nel 1943, vede Chiang Kaishek a fianco delle potenze alleate, anche con la
fornitura da parte degli USA di rifornimenti e prestiti alla Cina.

LA FINE DELLA GUERRA

La fase della guerra fino al 1942 vide l’intensificazione dell’avanzata delle forze italo tedesche e di quelle
Giapponesi nel pacifico. Ma dal 1942-1943, c’è un’inversione di tendenza con la vittoria americana delle
Midway (6/42), ed è così che la presenza degli USA nel Pacifico diventa una vera minaccia per il Giappone.
Tuttavia, in luglio viene riaffermato l’obiettivo di creare una sfera di co-prosperità e di dare priorità
all’avanzata verso sud, fu così che il Giappone riesce a continuare ad avere il dominio completo sull’asia
orientale. Nei primi anni quaranto iniziano i primi bombardamenti su larga scala degli USA, partendo dalle
basi in Cina, allo scopo di creare un collegamento da nord a sud; vengono attuate delle controffensive
giapponesi, in particolare “l’offensiva Ichigo” (aprile-dicembre 1944) che porta alla conquista del giappone
centri non ancora occupati e usati poi per la distribuzione delle basi aeree. A quel punto la strada verso
Chongqing era aperta ma l’avanzata nipponica si fermò, questo per le gravi perdite subite e al pressing
esercitato dall’offensiva americana. Gli ultimi anni del conflitto vedono una serie di conferenze, fra cui
quella del Cairo (’43) in cui viene stabilito che il Manchuguo e Taiwan sarebbero tornati alla Cina dopo la
fine del conflitto.

Il 1945 è l’anno dei grandi bombardamenti atomici da parte degli USA ai danni dei giapponesi, dopodiché il
Giappone dichiara la resa.

LEZIONE 2

Apice dell’importanza dell’era del Maoismo, Mao Zedong è stato uno dei dirigenti del partito comunista,
presente alla sua formazione, era stato criticato, senza posizione centrale nel partito; negli anni della
spedizione a nord aveva una posizione marginale. Ha conquistato una posizione grazie alle sue doti di
rivoluzionario e teorico. Nei primi anni della RPC c’è il dominio di Mao Zedong sul partito e sulla Cina. Se si
guarda la costituzione cinese nel preambolo c’è riferimento al pensiero di Mao che deve essere la guida
della Cina, insieme a quello di Xin Zhingping. Ancora oggi è considerato una guida ma con grandi riserve,
oggi c’è un riconoscimento ma anche una forte critica. Negli anni 50 riusciamo a vedere entrambi gli aspetti
che poi esploderanno nel corso degli anni; non si può comprendere la Cina di oggi senza aver chiaro cosa è
successo nella Cina di Mao, è difficile dire quando è cominciato ma si può dire dalla fondazione della RPC nel
1949 fino alla sua morte nel 1976. Successivamente fra luglio e agosto venne deciso che l’Armata rossa
sarebbe stata integrata nell’Esercito nazionale rivoluzionario, e anche se nominalmente sotto il controllo
nazionalista, avrebbe avuto una strategia largamente autonoma.

DOPOGUERRA E AVANZATA NAZIONALISTA


(La seconda guerra sino giapponese, che poi si sviluppa anche un terzo fronte nel pacifico dagli anni 40, ha due grandi
fasi: 36-39, poi periodo di assestamento e 41-45. Nella prima fase si formano due nuovi regimi, quello sovietico di
Yan’nan a nord-ovest e il regime nazionalista di Chongqing nel sud-ovest. La formazione di un nuovo fronte unito che
vede uniti questi due partiti, avrà vita abbastanza breve ma porterà anche frutti che verranno ripresi nel dopoguerra, i
primi anni di ricostruzione del paese si cercherà di ricostituire questa alleanza che si era spaccata, soprattutto con la
mediazione americana).

Finita la guerra, con l’importanza dell’intervento americano, cambio degli attori internazionali coinvolti in
questo conflitto, meno importanza potenze europee con protagonismo degli americani, che combattono
contro il Giappone dopo l’attacco di Pearl Harbour, determinante nella sconfitta dei Giapponesi; infatti, ne
comunisti ne nazionalisti riescono a vincere i Giapponesi in modo definitivo. Fallimento dei nazionalisti in
quella che viene chiamata offensiva ICHIGO, capiscono l’importanza di aprire dialogo anche con i comunisti.
Se nella costituzione del primo fronte unito era stato importante il ruolo dell’unione sovietica, nel secondo
dopoguerra sono gli americani che cercano di mediare fra le parti. Occorre sapere qual è la forza in campo
di queste parti e dove si trovavano al momento della fine della guerra. In Cina, nell’agosto del 45, gli
americani si trovano nei porti della Cina. Troviamo una presenza dei sovietici in Manciuria, che cercheranno
di far beneficio dell’occupazione temporanea della Manciuria, quando vanno via portano con sé i
macchinari che i Giapponesi avevano lasciato in quest’area. In Manciuria ci sono molte materie prime, fra
cui il carbone, elementi importanti per l’industria pesante; è proprio in Manciuria che anche grazie
all’intervento colonialista giapponese, si sviluppa il cuore dell’industria socialista cinese, cioè nel
dopoguerra fino agli anni 70 il centro industriale della Cina è la Manciuria, perché è lì che si trovano i
macchinari che i Giapponesi hanno lasciato. Non ci sono bombardamenti che invece ci sono in Giappone;
quindi, le strutture industriali rimangono in piedi e i cinesi utilizzano queste così come sono, ma anche il
personale che ci lavorava. I Giapponesi che nel periodo della guerra si trasferiscono nelle colonie sono a
migliaia, una gran parte di loro stanno in Manciuria e con la fine della guerra si organizzano gruppi per
tornare in Giappone, anche con la collaborazione dei Giapponesi, ma vengono trattenuti i tecnici industriali
per insegnare a usare i macchinari; quindi, ci sono delle tracce enormi dell’epoca coloniale.

I comunisti nel 1945 sono un milione, e sono nel nord, con scarsi aiuti ricevuti dall’URSS; i nazionalisti
tradizionalmente sono nel sud e sono quasi 3 milioni, con il sostegno degli USA. Gli stati uniti cercano di
portare avanti una mediazione fra Mao e Chiang per il cessate il fuoco, la mediazione però non va a buon
fine e quindi dal 1946 ricomincia la guerra civile. Le due parti si confrontano senza invasione di una potenza
esterna.

Nel 1946, i nazionalisti attaccano il nord ed occupano la capitale comunista Yan’nan. Dal punto di vista
militare, per i comunisti sarà fondamentale la guida di Lin Biao che dalla Manciuria porta avanti una
controffensiva che dalla va verso sud e che sbaraglia le formazioni nazionaliste. La controffensiva è costruita
da zero, la Manciuria infatti non era territorio con presenza comunista, si cerca di costruire consenso
attraverso la riforma agraria, la divisione e distribuzione della terra dei grandi proprietari e quindi
l’organizzazione di truppe militari locali che entrano nell’armata rossa. Dalla Manciuria arriva a Pechino, a
Tianjin e fino a Wuhan; nel 1949 i nazionalisti sono costretti a dichiarare la resa.

VERSO LA VITTORIA COMUNISTA

C’è un aspetto militare, ma c’è anche un aspetto politico nella resa dei Nazionalisti (KMT: Kuomintang)
perché il KMT non riesce a creare consenso nelle zone che controlla perché c’è un problema di instabilità
della moneta; il valore della moneta cade e quindi c’è una crescita dell’inflazione data sia da ragioni
produttive ( i beni di consumo non sono abbastanza) ma anche dalla speculazione, cioè finanzieri cinesi
speculano sulla caduta del valore della moneta e fanno accelerare l’inflazione.

Chiang Kaishek non riesce a controllare la situazione, insorgono delle proteste verso il KMT; non avendo
sostegno il governo si trova isolato e non riesce a reggere l’impatto dell’offensiva dell’armata rossa. Kaishek
dopo diverse sconfitte aveva compromesso la sua aurea di leader forte che aveva avuto in gioventù. Non
significa che perde il ruolo di guida, infatti viene rieletto nelle elezioni del 48 ma tuttavia i nazionalisti si
trovano in difficoltà e Chang Kaishek e quelli a lui fedeli decidono di lasciare il continente e di ripararsi a
Taiwan.

Mentre nel 49 si costituisce la RPC, a Taiwan i nazionalisti organizzano un regime alternativo a quello della
RPC che si considera legittima continuazione della repubblica della Cina costituita da Sun Yatsen. Per i
taiwanesi, Taiwan è diretto sviluppo della Cina repubblicana, per molti anni del dopoguerra a livello di
comunità internazionale, tutti i paesi consideravano legittimo il regime a Taiwan, mentre invece l’area del
Comintern considerava legittima la RPC. Per molti anni esiste questo dualismo che verrà risolto solo verso la
fine degli anni 60, inizio anni 70 con l’avvicinamento della Cina agli gli stati uniti, che la farà conoscere a
livello internazionale; in quel momento Taiwan sarà considerata parte della Cina.

Con la fondazione della RPC, il 1° ottobre del 1949, buona parte dei nazionalisti decide di abbandonare il
partito e di confluire nel partito comunista che si dimostra disposto ad accettare coloro che si staccavano
dal partito; quelli più fedeli vanno a Taiwan.

Gli anni 50 sono anni di grandi riforme in cui si istituisce il quadro istituzionale della RPC; sono anche anni di
politica economica, si porta avanti il primo piano quinquennale, caratterizzato dall’essere modellato sul
piano quinquennale sovietico e da un grado di moderatismo. Farà seguito il grande balzo in avanti, che
rappresenta un aggiustamento del primo piano quinquennale e rappresenta la radicalizzazione di alcuni
aspetti dell’organizzazione politica del paese, che però ebbe grandi effetti negativi sulla popolazione,
perché rappresenta la causa principale di un grande problema di mancanza di viveri che produce molte
vittime alla fine degli anni 50 e che rappresenta uno dei grandi errori da parte di Mao Zedong.

RISOLUZIONE DEL ’45 E IL NUOVO PARTITO

L’affermazione del ruolo di Mao Zedong avviene con la risoluzione di alcuni problemi storici e con il settimo
congresso nazionale del partito comunista (PCC) che sancisce in modo formale il ruolo di Mao non solo
come autorità morale e ideologica ma come guida istituzionale, viene eletto nella nuova dirigenza, che
viene formata non solo da persone fedeli a Mao ma anche da persone meritevoli, come ad esempio Zhou
Enlai e Liu Shaoqi; resta comunque l’esigenza di un’unità. Sono anni in cui c’è riorganizzazione dell’esercito,
del partito e dello stato.

Riorganizzazione del partito: ancora oggi controlla lo stato e l’amministrazione ma non coincide con gli
organismi statali. Si costituirà una costituzione che regola il rapporto fra il partito e lo stato.
SCHEMA PARTITO COMUNISTA

CONGRESSO NAZIONALE PCC COMITATO CENTRALE DEL PCC (CC) SEGRETARIO GENERALE DEL CC
(decide la linea politica) (ratifica e sostegno)

UFFICIO POLITICO DEL CC (14 pers) COMITATO PERMANENTE UFFICIO POLITICO DEL CC (5
persone)

(potere decisionale)

SEGRETARIO DEL CC COMMISSIONE MILITARE CENTRALE

COMMISSIONE CENTRALE PER L’ISPEZIONE DISCIPLINA PCC

Le frecce indicano chi elegge che cosa. Il congresso nazionale è come un congresso dei partiti odierni, non si
fanno molto spesso, ci sono i rappresentanti locali del partito; si decide la linea politica e si elegge il
comitato centrale. Il comitato centrale è un organo dentro il quale si elegge un organo più piccolo che è il
l’ufficio politico del CC; questo è composto da una deCina di persone. All’interno del CC c’è il comitato
permanente formato da 5 persone, che rappresentano i vertici della piramide che è il PCC.

ISTITUZIONI E RICOSTRUZIONE

I primi anni della RPC fino alla fine del primo piano quinquennale sono chiamati gli anni della nuova
democrazia, dal titolo di un articolo di Mao Zedong, scritto nel 1940. In questo articolo si scrive quello che
sarà il futuro della Cina dopo la guerra. Dice che il paese non sarà sovietico socialista come la Russia, non
sarò nemmeno una repubblica borghese, cioè come le repubbliche costituzionali dei paesi occidentali. Sarà
una terza forma di stato, chiamata nuova democrazia, che assume in Cina una forma di fronte unito
antigiapponese, contro l’imperialismo, alleanza di più classi rivoluzionarie. Si tratta di formare uno stato che
dava spazio anche a coloro che non rientravano nelle classi che i comunisti volevano rappresentare e quindi
anche i membri della borghesia che si erano impegnati nella lotta contro i Giapponesi; essi potevano
partecipare alla costruzione del nuovo stato. La RPC per i primi anni incarna questi ideali, si vede dal fatto
che si sono organizzati un’assemblea costituente per scrivere la costituzione, e il consiglio centrale popolare
per gli affari di governo che comprendevano anche parti avverse al comunismo.

In questo momento, con la formazione del RPC nel 1949 i più grandi problemi che i cinesi devono affrontare
sono: l’inflazione, comune con gli altri paesi coinvolti nella guerra; stabilizzazione nuovo regime socialista,
basato su un’alleanza con coloro che non erano comunisti; la stabilizzazione di una nuova burocrazia e la
selezione di nuovo personale che avesse un ruolo chiave nelle posizioni dirigenziali dell’amministrazione; la
riorganizzazione dell’esercito.

Per procedere alla difficile opera di risanamento e ricostruzione era necessario il rinnovamento del partito e
del suo gruppo dirigente. Al vertice del potere c’era il CONSIGLIO CENTRALE POPOLARE PER GLI AFFARI DI
GOVERNO, composto da 60 membri ( non solo comunisti ma anche persone del partito che avevano
criticato Mao e che si erano poi pentiti e nazionalisti che erano confluiti nel PCC) e con a capo Mao Zedong,
affiancato da 6 vicepresidenti fra cui Liu Shaoqi. L’attività dle consiglio era coordinata con un altro
organismo: il CONSIGLIO PER GLI AFFARI DI STATO, presieduto da Zhou Enlai, che era di fatto primo
ministro, con altre decine di ministri. La struttura formale dello stato era il secondo pilastro del nuovo
sistema di potere, con il partito e l’esercito. L’esercito popolare di liberazione (EPL) svolge un ruolo vitale
nella sicurezza nazionale, dal 1949 al 1954 svolge un ruolo essenziale all’interno delle sei regioni
amministrative in cui viene divisa la Cina; ogni regione aveva il proprio comando militare ed era guidata da
uffici regionali di partito; al vertice delle regioni c’erano alcuni dei massimi responsabili del partito (come
Gao Gang nel nord est).

PRIME RIFORME DELLA RPC: NELLA CAMPAGNE

Negli anni 50 ci sono diverse politiche per stabilizzazione moneta: austerità economica (1952) per cercare di
stabilizzare il valore moneta e la diffusione e la stampa di nuova moneta (renminbi) e il ritiro attraverso le
tasse della moneta circolante e l’immissione nel mercato della nuova moneta unificata.

Iniziative economiche: moderatismo, cioè protezione imprese private che non vengono nazionalizzate, si da
così il via a un’economia mista con imprese statali private.

Riforma agraria (modello Yan’nan) in cui si cerca di redistribuire la terra dei grandi proprietari ai contadini
più poveri. Nei territori in cui la distribuzione avviene, per quanto riguarda la produttività dell’agricoltura ci
sono stati dei problemi perché la distribuzione ha spesso dato il via a una polverizzazione della proprietà;
infatti, grandi aree venivano divisi in piccoli terreni ma la produttività non aumenta perché bisogna avere
grandi terreni per recuperare l’investimento. Inoltre, a causa della grande differenza sociale fra le varie
regioni, qualsiasi ipotesi di applicazione unica dei principi della riforma agraria appariva irreale e
fallimentare. Viene così formulata una divisione in 5 categorie della popolazione contadina, basata sul
criterio della proprietà terriera; i principali beneficiari furono i piccoli proprietari, vengono così protette le
proprietà dei contadini medi e ricchi per non eliminare i loro consenso.

La riforma viene portata avanti insieme allo sviluppo della mobilitazione di massa e alla nascita di molte
associazioni contadine; inoltre l’applicazione delle riforme si sviluppa in modo violento, con molte uccisioni
e violenze.

PRIME RIFORME DEL RPC: NEI CENTRI URBANI

Gli anni 50 sono anni importanti per le leggi sulla difesa dei diritti fondamentali, viene sancita parità fra
uomo e donna con la legge sul matrimonio e parità nel divorzio; vengono proibiti i matrimoni combinati, il
traffico di minori e gli infanticidi; queste leggi incontrano difficoltà di applicazione, anche a causa
dell’impreparazione dei responsabili locali.

A partire dal 1951 furono avviate diverse campagne di massa, come le campagne contro i nemici di classe,
per spezzare definitivamente il potere dei controrivoluzionari, che verranno riprese anche nella
costituzione del 54. Infatti, nella costituzione si dice “tutti i cinesi sono uguali di fronte alla legge… però
sono garantiti i diritti solo a coloro che lavorano nel quadro della politica socialista. Ai nemici che sono
antirivoluzionari non viene riconosciuto alcun diritto”. Questa idea viene messa in pratica tra il 51 e il 53
con una serie di campagne contro i nemici di classe, cioè le persone che erano nemiche della rivoluzione, in
cui il PCC cerca di guidare la popolazione nella lotta contro i membri di questa categoria. Campagna dei 3
contro (51-53), contro la corruzione burocratica, contro la dissipazione delle risorse e contro la cattiva
gestione; e la campagna dei 5 contro, contro l’evasione fiscale, contro la corruzione degli ufficiali, truffa,
l’appropriazione indebita e il furto beni pubblici. Attraverso queste campagne i comunisti cercano di
operare un cambio della classe amministrativa, di portare i propri uomini negli organi statali. Verso la fine
del 1950 inoltre si sviluppa la Campagna di Resistenza all’America e di sostegno alla Corea, prende di mira
gli stranieri in Cina, alla fine del 1950 la maggior parte degli stranieri aveva lasciato il paese. La campagna
contro i controrivoluzionari invece investe le spie e tutti coloro che resistevano al nuovo regime, come ex
membri del PNC.

LA COSTITUZIONE DEL 1954


Nel settembre del 1949 i comunisti convocano a Pechino una conferenza politica consultiva, con presenti
rappresentanti dei partiti minori, con l’obiettivo di porre le basi per un governo di coalizione. La conferenza
adotta il PROGRAMMA COMUNE (una specie di costituzione provvisoria); elegge il CONSIGLIO CENTRALE
POPOLARE PER GLI AFFARI DI GOVERNO, designa Pechino come nuova capitale, disegna la bandiera,
approva la marcia dei volontari come inno nazionale e approva il calendario gregoriano. Con l’inizio del
1954 si tiene la prima ANP cioè l’assemblea nazionale popolare, termina così il ruolo del consiglio centrale.
Il ruolo principale dell’ANP era quello di formulare la primo costituzione della RPC, questa indicava che la
repubblica cinese è uno stato di democrazia popolare guidato dalla classe operai e basato sull’alleanza fra
operai e contadini. La costituzione sanciva che gli organismi da cui veniva esercitato il potere del popolo
erano l’Assemblea Nazionale Popolare e le assemblee popolari territoriali.

La costituzione enfatizzava anche l’obiettivo dell’abolizione del sistema di sfruttamento e dell’edificazione


di una società socialista. Il CONSIGLIO PER GLI AFFARI DI STATO era il massimo organo del potere esecutivo
ed era a capo delle forze armate.

La costituzione prevedeva anche l’istituzione di un sistema giudiziario, basato sul sistema delle corti
popolari, riformulava il ruolo delle forze armate, di fatti vennero sciolte le 6 divisioni regionali militari e
creato un ministero della difesa, posto sotto la direzione del consiglio per gli affari di stato.

A differenza di altre costituzioni, questa prevede la creazione di divisioni amministrative autonome in quelle
zone dove vivevano minoranze, infatti queste costituivano il 6% della popolazione.

L’ANP elegge anche le massime cariche dello stato: Mao Zedong e Zhu De come presidente e il suo vice;
Zhou Enlai, primo ministro; Liu Shaoqi, il presidente del comitato permanente dell’ANP e i 12
vicepresidenti.

Per i diritti fondamentali, c’è divisione fra i cittadini e i reazionari, c’è una distinzione rispetto al diritto di
proprietà, cioè si crea una distinzione fra i beni di consumo, per cui rimane il diritto di proprietà e per i
mezzi di produzione che diventano gradualmente oggetto di collettivizzazione (la terra, le fabbriche, i
macchinari per produrre).

PRIMO PIANO QUINQUENNALE (53-57)

Insieme alla formazione di un nuovo stato socialista viene adottato dal governo nell’ottobre del 1953 il
Primo Piano Quinquennale; esso dettava gli obiettivi sul piano della produzione e degli investimenti
nell’arco dei cinque anni, diventerà lo strumento essenziale per la definizione della politica economica
cinese. Il piano era basato sul modello dell’Unione Sovietica, in cui aveva il fine di accumulare capitale da
investire nel settore dell’industria pesante; molti si domandano perché la Cina abbia usato questo modello,
visto che la produzione cinese era molto inferiore rispetto quella russa, tuttavia doveva essere sembrato al
governo l’opzione migliore per distribuire le scarse risorse in modo efficiente. Al centro del piano
quinquennale viene posto l’obiettivo dell’industrializzazione (soprattutto pesante), era prevista la
costruzione di 700 grandi imprese industriali, a causa dell’isolamento della Cina dall’oriente, la Cina si
rivolse a Mosca per ottenere aiuto finanziario e tecnico; viene così firmato un trattato di amiciazia, alleanza
e mutua assistenza con l’URSS.

Nella prima fase l’applicazione di questo modello funziona, infatti la crescita industriale fu del 18% annuo,
ma migliorano anche le condizioni di vita. Successivamente l’economia cinese comincia a evidenziare dei
fenomeni negativi, come lo squilibrio nella crescita economica e la crescita quantitativa a discapito di quella
qualitativa; occorreva quindi trovare nuovi modi per uscire dall’arretratezza economica e per garantire
un’alta performance agricola.
Si decide poi di prendere come obiettivo il processo di collettivizzazione, basata sull’utilizzo dei sistemi
agricoli tradizionali. Prima di tutto era però necessario superare la parcellizzazione delle terre, occorreva
creare grandi unità produttive nelle quali venivano convogliate le risorse di molti contadini; la
collettivizzazione viene considerata la svolta per modernizzare l’agricoltura. Per fare questo nel 1952
vengono create le squadre di mutuo aiuto, cioè gruppi formati da una decina di famiglie in cui si metteva
assieme la forza lavoro. Nel 1954 sorgono anche le cooperative di livello inferiore dei produttori agricoli,
cioè associazioni in cui oltre alla forza lavoro si metteva insieme anche i macchinari e gli animali ecc., ogni
famiglia aveva poi un introito in relazione al lavoro svolto e al valore delle proprietà consegnate. Lo
sviluppo di queste cooperative avvenne in modo diseguale sul territorio, si sospetta che nei luoghi in cui si
svilupparono molto velocemente ci fosse stata una forte pressione esercitata dai responsabili locali, che
violavano il principio volontaristico.

La seconda fase della collettivizzazione viene portata avanti dal 1956 al 1957, con la formazione delle
cooperative di livello superiore dei produttori agricoli, unità formate da 100 a 300 famiglie, attraverso cui
viene posto fine alla proprietà privata. Questa seconda fase mette le basi per la svolta collettivistica di fine
1957, dove quasi il 90 % delle famiglie aveva aderito alle cooperative.

L’impatto della collettivizzazione fu diverso da area a area, tuttavia molti contadini percepirono
l’imposizione di crescenti controllo come una svolta negativa nel loro rapporto con lo stato; l’accelerazione
nella trasformazione socialista avvenne anche nel settore industriale e urbane. Con l’inizio del 1957 i salari
degli operai iniziano a calare, provocando così insoddisfazione e scioperi.

INTELLETTUALI E CAMPAGNA DEI 100 FIORI

Fra il 56 e il 57 il gruppo dirigente comunista si trova ad affrontare, oltre ai problema della pianificazione
economica, anche il rapporto fra il partito e gli intellettuali; esso era sempre stato proficuo ma allo stesso
tempo contrastato, tant’è che Mao aveva più volte espresso la sua diffidenza nei confronti degli
intellettuali. A suo parere gli intellettuali erano lontani dal senso pratico diffuso nel popolo, rimanevano
borghesi; la realtà era però più complessa, infatti la maggior parte degli intellettuali provenivano da famiglie
abbienti e prima della rivoluzione avevano operato nelle istituzioni e quindi a contatto con i nazionalisti;
infine molti di loro si erano formati all’estero o erano stati influenzati dall’occidente, visto come nemico in
quei tempi. Negli anni 50 gli intellettuali furono impegnati a seguire dei corsi tenuti dai veterani del partito
sulla rivoluzione cinese, sul marxismo e sul pensiero di Mao; devono inoltre affrontare e ammettere i loro
errori commessi nel passato. Numerosi prendono parte alle campagne di massa dei primi anni ’50 e alcuni
erano addirittura diventati ministri.

Durante le prime fasi del piano quinquennale, il ruolo degli intellettuali viene visto in modo positivo, infatti
la loro esperienza viene vista indispensabile ai fini dello sforzo economico nazionale. Iniziano però i primi
segni di rottura fra il partito e gli intellettuali; fu il caso di Hu Feng, il quale sosteneva la preminenza dei
criteri letterari sulla politica e l’ideologia, egli venne arrestato e rimase in carcere per più di 20 anni. Anche
all’interno della leadership cinese ci sono posizioni diverse: da un parte chi pensa che un rapposrto di
collaborazione sia essenziale ai fini dello sviluppo del socialismo e chi pensa che, nonostante la
collaborazione, non doveva essere impossibile reagire duramente alle critiche degli intellettuali. Fu così che
nel 1956 Mao avvia il movimento dei 100 fiori, che mirava a lasciare che cento fiori sboccino nel campo
della cultura e a permettere che cento scuole di pensiero si confrontino nel campo scientifico; veniva quindi
sollecitato il contributo delle idee degli intellettuali sul loro paese e sulla società, anche se molti all’interno
del PCC si sollevano molte critiche. Il movimento ha due fasi fra il 1956 e il 57 e si conclude poi nel giugno
del 57, si conclude bruscamente con un editoriale del quotidiano del popolo nel quale si accusavano coloro
che avevano abusato della libertà per attaccare il partito. Fu così l’inizio della campagna contro la destra,
nella quale centinaia di intellettuali vengono puniti con la perdita del lavoro e l’imprigionamento con l’invio
nei campi di lavoro.

GRANDE BALZO IN AVANTI

Nel maggio del 1958 si tiene a Pechino la seconda sessione dell’ottavo congresso, in questa occasione viene
ufficializzato approvato l’avvio del Grande Balzo in avanti, esso rappresenta il ritorno alle tecniche di
mobilitazione che erano già state usate durante il regime di Yan’nan, si basava sulla premessa che
l’entusiasmo delle masse poteva essere utilizzato ai fini di promuovere la crescita economica e
l’industrializzazione; Mao voleva infatti raggiungere nell’arco di 15 anni la capacità produttiva della GB.
Questa strategia andava contro alla nozione per cui un alto livello delle forze produttive costituiva la
premessa per la trasformazione socialista e poneva le radici nel concetto di rivoluzione permanente; Mao
contesta quindi il valore della pianificazione sull’esperienza sovietica a vantaggio dell’iniziativa modellata su
base locale, rafforzata dalla mobilitazione di massa.

La strategia del grande balzo is basava una promozione parallela dei metodi di produzione tradizionale su
piccola scala e metodi di produzione moderni su larga scala. Un punto fondamentale di questa strategia fu
la formazione di delle comuni popolari, cioè cooperative ancora più grandi di quelle di livello superiore, con
responsabilità si del lavoro agricolo, ma anche la responsabilità di assumere compiti di amministrazione del
villaggio, raccolta tasse, promozione di industria e commercio, presidenza della milizia popolare ecc.; nel
1958 si passa così da 750000 cooperative a 24 comuni popolari. Ogni forma di proprietà privata viene
abolita, viene adottato un sistema di ricompense pro capite e non a seconda del contributo lavorativo; non
si riconosce più quindi il diritto alla vendita delle eccedenze. Con questa strategia i contadini perdono ogni
incentivo alla produzione e quindi dopo una prima fase positiva nei primi mesi del 1959, la produzione inizia
a calare in tutti i settori e proteste si diffondono contro l’incompetenza degli amministratori.
Parallelamente a tutti questi disagi accadono disastri e calamità naturali, come la gravissima carestia che
avvenne fra il 1959 e il 1962.
Alla fine del primo piano si vede che l’agricoltura non cresce, secondo Mao perché ci sono ancora residui capitalistici
tra i contadini, cioè invece di dare quello che producono allo stato, lo tengono per sé e lo immettono nel mercato per
denaro. Quindi dice che bisogna lavorare sulla mentalità dei contadini, fare in modo che si avvicinassero alla cultura
socialista; si fa attraverso grandi mobilitazione di massa che creano incentivi morali (lavorare per la gloria della Cina)
sulla base della volontà, cioè i cinesi possono raggiungere gli obiettivi solo se veramente lo vogliono. Pensava che si
dovesse dare più potere agli organi locali, formati da persone che conoscevano bene il territorio politica di
decentralizzazione delle decisioni economiche. Il grande balzo avvenne con una riforma dell’organizzazione della
produzione agricola, portata avanti dalle comuni popolari, formate da enormi gruppi di persone, in cui non si riconosce
più il diritto della vendita delle eccedenze.

Risultati disastrosi, fra il 59 e il 62 c’è una grave carestia, moltissimi morti dati sia da ragioni naturali sia da cause
umane, la politica si rivela sbagliata; non ci sono incentivi economici quindi si produce di meno. A questo si aggiungono
enormi fenomeni di corruzione dei dirigenti di partito locale che sviluppano un mercato nero per arricchirsi; questa è
un'altra causa della grande crisi. La crisi segnerà l’inizio del declino della figura di Mao all’interno del pcc, che non si
chiuderà nel 72 ma che dovrà fare i conti con questo grande fallimento che contribuirà a sviluppare in lui un senso
paranoico, inizia a diventare un po’ simile a Stalin, si sente minacciato dai membri del pcc, comincia una china negativa
per la sua figura

CRISI NEL PCC E RIAGGIUSTAMENTO ECONOMICO


Nelle conferenze di lavoro tenutesi fra la fine del 1958 e l’inizio del 1959, is cerca di ridisegnare le regole
che regolamentavano le comuni e di definire delle modifiche riguardo le stesse; tuttavia, il processo di
revisione risultò più difficile del previsto e la linea d’azione del balzo in avanti venne riconfermata.

Nell’aprile del 1959 nel corso della seconda assemblea nazionale popolare vengono rielette le massime
cariche dello stato, fu così che Liu Shaoqi prende il posto di Mao Zedong come presidente della Repubblica.
Nell’agosto del 1959 si tiene l’ottava sessione del comitato centrale, nella quale gli interventi delineano una
situazione di preoccupazione e forte divisione, con dei dirigenti che chiedevano una rettifica nella strategia
politica e altri che rigettavano le loro critiche. In luglio, Peng Dehuai decide di scrivere una lettera a Mao
nella quale evidenzia le sue preoccupazioni, il contenuto delle lettere faceva dei chiari riferimenti agli errori
commessi da Mao e dalla direzione politica; la lettera fu stampata e distribuita agli alti dirigenti politici. Mao
riafferma la correttezza della strategia politica e accusa Dehuai e altri tre politici di aver formato un gruppo
ristretto di Destra, il comitato centrale decide di rimuovere i quattro dirigenti dai loro incarichi.

Le decisioni assunte a Lushan pongono le basi per quello che sarà il “secondo Grande balzo in avanti” che
verrà avviato dal 1960 ma che peggiorerà la grave situazione di crisi, con il tentativo di espandere
l’esperienza delle comuni alle aree urbane.

Fra il 1958 e il 1962 il pil cinese cala del 35% e la produzione industriale ebbe una caduta disastrosa; le
conseguenze più gravi si ebbero nell’agricoltura in seguito alle calamità naturali che investirono le
campagne e il livelli di produzione calarono a quelli del 1951; in questo periodo ci furono più di 10 milioni di
morti. Il riaggiustamento economico inizio nel 1961-62 con la 9° sessione del comitato centrale e con la
conferenza dei settemila. Ci si concentra sulla ripresa della produzione agricola, che diventa l’obiettivo
primario, seguita dall’industria leggera e da quella pesante, respingendo la strategia del grande balzo in
avanti. Vengono riformate le comuni riducendone le dimensioni, vengono anche restituiti appezzamenti di
terra alle famiglie e anche i mercati rurali vengono revitalizzati, le imprese hanno maggiore liberta e
diventano responsabili di profitti e perdite.

Il sistema di responsabilità familiare so basava sull’organizzazione produttiva e economica, cosa che Mao
considerava decisamente negativa, il problema si stava così trasformando da economico a politico.

Nel settore industriale viene adottata una politica di restrizione finanziaria, vengono congelati progetti di
produzione, gli incentivi vengono reintrodotti per i lavoratori e viene data più liberta ai manager.

Il programma consegue un impressionante successo ma iniziano a divergere le analisi politiche su come


procedere; questo si vede chiaramente nella conferenza dei settemila, in cui da un parte si riconoscevano
gli errori commessi ma alcuni interventi denunciavano di non aver seguito abbastanza attentamente le
indicazioni di Zedong e altri ancora davano la colpa prevalentemente ai disastri naturali. Il processo di
riaggiustamento segnava una crescente divergenza fra le campagne e le città ed anche se nessuno
proponeva di tornare alla strategia precedente, le valutazioni si dividevano fra chi dichiarava di dover
abbandonare totalmente tale strategia e chi sosteneva andasse solo revisionata.

Contemporaneamente, nel 1959, a Lhasa in Tibet scoppia una rivolta che era in atto da anni precedenti.
Nel 1913 venne stabilito che il Tibet sarebbe stato uno stato autonomo, tuttavia, si riconosceva la sovranità
cinese. Nel 1950 le truppe cinesi invasero il Tibet e nel 1951 si stabilì la liberazione pacifica del Tibet in 17
punti., con il quale il Tibet manteneva le sue tradizioni ma riconosceva la sovranità cinese. Tuttavia, con la
collettivizzazione molti tibetani che vivevano all’interno del confine cinese erano insoddisfatti e tornarono
quindi in Tibet. Le truppe dell’esercito popolare di liberazione entrano in Tibet nel 1959 e portano all’esilio
del Dalai Lama.

ALLEANZA CON URSS E GUERRA COREA


Alla fine del 1949 Mao Zedong lascia la Cina per andare nell’URSS, ci va nel momento in cui la guerra fredda
ebbe un’accelerazione, questo viaggio doveva sancire l’alleanza con l’urss e doveva riaffermare che la Cina
aveva scelto la parte verso cui pendere. Nel febbraio del 1950 viene firmato il trattato di amicizia e mutua
assistenza che prevedeva la formazione di un’alleanza difensiva contro eventuali attacchi esterni, un aiuto
finanziario da parte sovietica e l’impegno di Mosca di liberare due città cinesi da loro occupate; la Cina
accetta di formare compagnie miste per sfruttare le risorse in Cina. Dopo la firma vengono inviati dei tecnici
in Cina per contribuire alla ricostruzione e allo sviluppo degli anni 50. L’alleanza verrà messa a dura prova
pochi mesi dopo.

Nel giugno del 1950 la corea del Nord attacca la Corea del sud; in questi due paesi l’urss (a nord) e gli USA
(sud) avevano riempito il vuoto politico e militare lasciato dal giappone. In poche settimane le truppe nord-
coreane occupano Seul, questa vittoriosa avanzata sembrava non lasciar spazio che all’unificazione
dell’intera corea sotto il nord ma contemporaneamente si riunì il consiglio di sicurezza dell’ONU che
condanna la corea del nord fa appello ai paesi per coordinare il loro intervento. Le truppe americane
partono assieme a altri soldati, anche se l’obiettivo dell’Onu era quello di respingere fino al nord della
corea, l’esercito dell’ONU avanzò superando il confine e verso fine ottobre conquistarono Pyongyang, per
poi avanzare verso il confine con la Cina. La minaccia del superamento americano nei confini, spinse la Cina,
che gia dava il proprio sostegno a Pyongyang, a intervenire. La controffensiva cinese inizia da novembre e
viene affidata a Peng Dehuai; la prima fase è positiva per le truppe cinesi, a fine dicembre l’esercito usa
viene spinto fino all’interno della corea del sud e nel 51 vengono spinte ancora più indietro. Però
l’arretratezza dell’esercito cinese costringe le truppe a stanziarsi sul confine, dove il conflitto si sviluppa per
i due anni successivi. Nel luglio del 1953 viene firmato un trattato che stabilisce il confine fra le Coree sul
38° parallelo, dove si trova ancora oggi.

L’impatto della guerra in Cina fu enorme, anche considerato che il paese era impegnata in un’opera di
risanamento e ricostruzione; tuttavia, appariva indispensabile un programma di rafforzamento e
ammodernamento dell’esercito. La percezione degli USA come principale nemico divenne centrale, e
inoltre crebbe la diffidenza dei Cinesi verso gli stranieri e al loro arresto.

La guerra lascia anche segni nella percezione americana dei cinesi, annullando i margini di un possibile
compromesso, creando profonde fratture fra i due popoli.

INIZIATIVA DIPLOMATICA E COESISTENZA PACIFICA

Con la fine della guerra di Corea e con la morte di Stalin, le relazioni della Cina con l’estero vengono
facilitate; l’anno successivo alla morte di Stalin, il nuovo leader Chruschev stringe legami con Zhou Enlai,
questo porta alla crescita del numero di consiglieri russi in Cina. Vengono inoltre sviluppati i contatti fra i
due ministeri e le istituzioni e la Cina è invitata a partecipare ancora di più alla vita di istituzioni attive nnel
campo della cooperazione economica socialista.

I cinesi vengono anche informati e coinvolti maggiormente nelle questioni del movimento comunista
internazionale; inoltre il sostegno sovietico fu importante per la partecipazione cinese alla conferenza di
Ginevra del 1954, convocata per trovare una soluzione alla guerra in corso fra la Francia e il movimento di
liberazione vietnamita; la conferenza sancisce l’uscita della Francia dalla regione, anche a favore della
sostituzione a questa degli americani. Il ruolo della Cina fu essenziale ai fini della buona riuscita delle
trattative, infatti i comunisti cinesi avevano solidi rapporti con Ho Chi Minh, del quale avevano sostenuto il
movimento di liberazione con armi e materiali e grazie al controllo dell’ENL delle zone confinanti con
l’indocina.
Ancora più importante fu il ruolo del ministro degli esteri Zhou Enlai alla conferenza di Bandung (indonesia)
del 1955; la conferenza a cui presero parte 29 paesi asiatici e africani, fu convocata per affrontare i
problemi relativi alla pace, all’indipendenza e allo sviluppo nell’area, in un momento storico in cui la vittoria
vietnamita e le insurrezioni antifrancesi fornivano un’accelerazione sulla decolonizzazione. Zhou Enlai ebbe
anche modo a Bandung si risolvere la questione di Taiwan e indicò che la RPC avrebbe lottato con mezzi
pacifici per raggiungere la liberazione di Taiwan, questo permette di spianare almeno in parte, le tensioni
con gli USA, che a fine 54 avevano firmato un trattato di mutuo aiuto con Taiwan.

Nel comunicato finale della conferenza vengono formulati i principi essenziali per la promozione della pace
e cooperazione nel mondo.

CRISI ALLEANZA URSS-RPC

Durante la fisista di Mao a Mosca nel 1957 venne firmato un accordo per un programma di aiuto militare a
di Mosca a Pechino che includeva l’ipotesi di un aiuto per la costruzione di armi nucleari, per questo il
ministro della difesa e gli scienziati sviluppano contatti con i sovietici per accelerare lo sviluppo di
armamento nucleare. A partire dal 1958 però con il grande balzo in avanti si insinuano divisioni fra i ddue
paesi; Mosca non sembrava in grado di dare l’aiuto di cui pechino aveva bisogno per compiere il grande
balzo, sia perchè Chruscev era impegnato a risolvere i gravi problemi interni economici e sociali. Mao
Zedong aveva a sua volta iniziato a valutare l’importanza del fatto che la liberazione e l’indipendenza
potevano essere conquistate solo attraverso una piena rigenerazione basata sulle proprie forze; questa
concezione si riflette anche in ambito militare, per non diventare troppo dipendenti dall’aiuto sovietico.

Le basi per la rottura definitiva nei rapporti vennero gettate nell’ottobre del 1959, infatti la visita di una
delegazione sovietica a Pechino si svolse in un clima di freddezza; la Cina sosteneva che l’URSS non avesse
più le qualità per guidare il movimento comunista internazionale e si poneva come nuovo centro del
socialismo e antimperialismo mondiale; fino a che nel 1960 a Bucarest in un incontro internazionale, si
attaccano sul piano politico e ideologico. Nel 1962 Mao dichiara che la leadership del partito societico
erano usurpati dai revisionisti, tale giudizio avrebbe rappresentato una divergenza insormontabile nelle
relazioni sino-sovietiche per oltre un ventennio.

VERSO LA RIVOLUZIONE CULTURALE

Nella campagna di rettifica vengono introdotto delle tecniche politiche che diventeranno parte integrante
della rivoluzione culturale. Prima di tutto, l’affermazione di una sola linea corretta (quella di Mao),
contrapposte alle linee erronee di destra e sinistra, che erano deviazioni del passato e che andavano
combattute nel presente. Terzo, l’etichettatura politica dei responsabili di tali deviazioni, gli oppositori
vennero etichettati come revisionisti, deviazionisti di destra; durante la rivoluzione culturale Liu Shaoqi
veniva indicato come il numero uno al potere che ha imboccato la via del capitalismo. L’intolleranza verso il
dissenso degli intellettuali, che costituisce il prototipo su cui si basa la denuncia di massa durante la
rivoluzione e per cui gli intellettuali vengono posti in fondo alla scala sociale. Poi, nelle tecniche di lotta
politica viene a insediarsi l’utilizzo di metodi prettamente polizieschi per ottenere confessioni dagli accusati.
Infine, il ruolo di Mao nella direzione collettiva del partito, al fine di garantire un solido impatto delle
proprie idee nella pratica, era indispensabile per lui accrescere il controllo del potere formale in seno al
partito.

Dopo la tragedia del balzo in avanti del 1962, si inizia a contrapporre il ruolo del leader e direzione collettiva
del partito; durante la decima sessione del comitato centrale, Mao Zedong si sofferma sull’importanza della
lotta di classe, che continuava a essere alla base della società socialista. Mao continua a criticare il
riaggiustamento economico basato sul ritorno alla proprietà privata e ribadisce che l’epurazione di Peng
Dehuai era stata fondamentale.

Il documento finale approvato dalla commissione centrale, stabiliva un impegno doppio e parallelo sulla
lotta di classe e del riaggiustamento economico con enfasi sulla prima; il compromesso portò anche
all’avvio del MOVIMENTO EDUCAZIONALE SOCIALISTA, che durò dal 1962 al 65. Il MES aveva come
obiettivo il rinvigorimento nel partito dello spirito di classe e dell’importanza della lotta di classe. Nelle aree
rurali il MES si concentra sulle 4 pulizie, per ripulire i quadri rurali degli errori commessi in campo
economico, politico, ideologico e gestionale. Il lavoro di pulizia del MES veniva portato avanti da squadre di
lavoro politico provenienti dall’esterno dei villaggi, in modo da garantire l’assoluta trasparenza. L’idea era
quella che il partito, attraverso le squadre di lavoro, rettificasse gli errori con gli strumenti della critica. Dalla
63 il MES divenne più intenso e radicale, Mao ispirò l’approvazione della “prima decisione in dieci punti”
che sottolineava l’allargarsi della lotta di classe nel paese. La seconda decisione in dieci punti afferma più
chiaramente che la lotta di classe è l’elemento chiave e una volta afferrato il suo significato, tutti i problemi
possono essere risolti. Nel documento finale approvato nel 1965 avvenne una svolta negli obiettivi del MES,
infatti pur sottolineando i risultati positivi del MES, riconosceva che gli obiettivi erano cambiati e che ora al
primo posto stava denunciare le persone al potere che avevano intrapreso la via del capitalismo. Vengono
così poste le basi per l’avvio della Rivoluzione Culturale.

LA RIVOLUZIONE CULTURALE

Gli anni dal 1963 al 1965 sono anni di transizione dal secondo piano quinquennale all’avvio del nuovo piano
previsto per il 1966. La produzione agricola e industriale ebbero una grande ripresa, il mercato rivitalizzato
e ci fu un grande sviluppo dell’industria petrolifera; anche il settore dell’istruzione ebbe un grande slancio e
con lo scoppio della bomba nucleare cinese del 1964 il progresso tecnologico e scientifico segnò importanti
progressi. Fu in questo contesto che viene formato il Gruppo per la Rivoluzione Culturale, nel 1964, diretto
da Peng Zheng, membro dell’ufficio politico e sindaco di Pechino. l’obiettivo del gruppo era quello di
condurre una campagna nazionale in campo culturale, al fine di far valutare il carattererivoluzionario e
socialista della creazione letteraria, vengono quindi messi in circolazione delle opere “negative” per essere
criticate, fra cui Le dimissioni di Hai Ru di Wu Han. L’opera era stata scritta nel 160 e aveva scatenato el lodi
dello stesso Mao, ma più tardi nel 65 era stata accusata di avere posizioni revisioniste e di accusare sotto
forme allegoriche Mao e di dare sostegno alla causa Peng Dehuai. Wu han non venne scelto a caso, infatti
era il vice sindaco di pechino e quindi a contatto con Peng Zhen che era responsabile del gruppo dei cinque.
Dopo le pressioni di Mao, il gruppo per la rivoluzione culturale prende una decisione sull’opera du Wu han
e a inizio 1966 viene pubblicato un documento conclusivo, in cui si riconosceva l’esistenza di tendenze
borghesi in campo culturale ma si enfatizzava l’importanza di portare avanti una politica di secondo i
metodi del confronto e dibattito verso gli intellettuali.

Nello stesso periodo attraverso i legami di Lin Biao e i vertici dell’EPL, i gruppi radicali vicino a Mao
organizzano un forum sulla cultura nelle forze armate, il documento finale stabiliva l’opposto del primo,
cioè che negli ultimi anni il revisionismo aveva battuto il socialismo e quindi bisognasse rovesciarlo.

Fra la fine del 1965 e inizio del 1966 Mao esprime la preoccupazione per non essere più in grado di

Influire su eventi e decisioni che venivano assunte al centro, questa ansia lo porta a far effettuare delle
verifiche a Pechino per paura di attività segrete. Mao si sposta poi da Pechino a una località più sicura nel
centro della Cina; in sua assenza e anche quella di Liu Shaoqi, vengono tenute delle riunioni al vertice, viene
deciso di sciogliere il gruppo dei cinque, riorganizzare la leadership di Pechino e di escluderne Peng Zhen,
rimuovere il responsabile della propaganda. Inoltre viene approvata dall’ufficio politico la circolare del 16
maggio, in cui si criticava il primo rapporto di febbraio, e si indicavano due obiettivi: smascherare
l’atteggiamento reazionario e borghese delle autorità accademiche e criticare e ripudiare i rappresentanti
della borghesia che si sono infiltrati nel partito e spazzarli via. La circolare fornisce una spinta allo sviluppo
della critica e viene seguita dalla fondazione a maggio di un nuovo gruppo per la rivoluzione culturale
guidato da Chen Boda e formato da elementi fedeli alla linea di Mao, uno dei primi compiti fu quello di
assumere il controllo del quotidiano del popolo.

Inoltre, nel giugno del 66 viene affisso sui muri dell’università di Pechino un dazibao (cioè un manifesto)
firmato da alunni e docenti fra cui Nie Yuanzi, che criticava il comitato di partito dell’università di aver
appoggiato il primo rapporto di febbraio e di aver ostacolato una libera riflessione sul caso Wu Han, gli
storici evidenziano che il poster fosse stato preparato con una squadra di lavoro guidata dalla moglie di
Kang Sheng.

Il vertice del partito decide di intervenire inviando squadre di lavoro politico nelle università che però si
scontra con le resistenze di molti studenti, così il 20 giugno vengono adottate misure repressive e migliaia
di studenti e professori vengono etichettati come controrivoluzionari.

Mao torna a Pechino a luglio e resosi conto della situazione, ordina al gruppo per la rivoluzione culturale di
mandare delle nuove squadre di lavoro a sostegno degli studenti ribelli e chiede il ritiro delle squadre
mandate da Liu e Deng.

La crisi viene discussa nell’11 sessione del comitato centrale, il dibattito evidenzia due fronti in stallo: da
una parte Liu e Deng segnato dall’autocritica e dall’altra Mao determinato a affrontare la questione del
ricambio del vertice del partito.

Ad agosto Mao scrive un manifesto dove denuncia che alcuni dirigenti avrebbero schiacciato il nascente
movimento della grande rivoluzione culturale proletaria, fu poi approvata la decisione in 16 punti che
rafforzava il giudizio di Mao. Si procede a un ricambio dei vertici del partito, al comitato permanente vi
erano ora Lin Biao e Zhou Enlai, Deng e Liu erano ancora presenti ma in fondo alla scala d’importanza.

Il ritiro delle squadre di lavoro causò un vuoto politico e di direzione, vennero così create le guardie rosse,
cui protagonisti furono i figli delle famiglie rosse (operai e contadini); il loro obiettivo era quello di
affermare il loro ruolo centrale nella nuova fase rivoluzionaria ma anche la soppressione degli appartenenti
alle classi nere, antagonisti rispetto a operai, inclusi intellettuali. Mao e il gruppo per la rivoluzione culturale
appoggiarono subito le guardie rosse e le chiamano a spazzare via i 4 vecchiumi, cioè le vecchie idee,
culture, abitudini e comportamenti; tale compito venne spesso portato a termine con atti violenti. Durante
gli anni le guardie rosse si dividono in due grandi gruppi, i figli di borghesi e intellettuali e gli operai e
contadini.

Nel 1967 Mao era convinto che si dovesse usare l’entusiasmo giovanile per portare a termine la rivoluzione
ideale e sociale iniziata l’anno prima, vengono così preparate delle regole per preparare i protagonisti del
movimento e vengono inseriti dei periodi di training militari obbligatori nelle scuole e nelle università.
Questi cambiamenti portano in molti casi al collasso delle autorità e all’uso di armi da fuoco nello scontro
fra le organizzazioni; Mao decide quindi di usare le forze armate per contrastare il caos, l’EPL quindi
reprime i gruppi di guardie rosse più radicali e costituisce le basi per la nascita dei comitati rivoluzionari il
cui compito era quello di ristabilire l’ordine, garantire la produzione e selezionare le organizzazioni di massa
che sarebbero dovute rimanere attive.

La stabilizzazione culturale viene completata nell’autunno del 1968 ma non senza disagi; le guardie rosse
furono sciolte e gli studenti vengono mandati in campagna a rieducarsi negando loro la possibilità di
educarsi, così come alcuni dei responsabili del partito.

Con la stabilizzazione della situazione ora l’obiettivo era di passare da una situazione di lotta e critica a una
di critica e traasofrmazione, il cui primo passo doveva essere la ricostruzione del partito.
CRISI A ZHONGNANHAI

Il processo di ricostruzione prosegue nel 1968 e nel 1969 e culmina nel nono congresso nazionale del PCC.
Al momento del congresso, più della metà dei vertici era stato epurato e i presenti provenivano da
organizzazioni di massa, dai comitati e dalle forze armate. All’interno del comitato permanente dell’ufficio
politico c’erano Mao e Lin Biao come suo successore, poi Zhou Enlai, Chen Boda e Kang Sheng.

I rapporti di forza all’interno del partito avevano una situazione molto complessa. Le forze armate
divennero il nuovo soggetto politico centrale post 1969, il loro obiettivo era mantenere l’ordine interno e
proteggere la Cina da attacchi esterni. Tuttavia, all’interno dell’esercito vi erano delle divisioni, infatti le
guardie rosse erano divise in forze armate centrali e locali, con diversi livelli di crescita.

Anche la politica era divisa, infatti da una parte c’erano quei vertici che erano sopravvissuti alla rivoluzione
culturale (Zhou Enlai ne era il simbolo), impegnata a moderare l’impatto della rivoluzione sulle istituzioni;
dall’altra c’erano quelli che avevano visto la rivoluzione culturale come occasione di realizzazione delle
proprie ambizioni politiche. C’erano poi gli appartenenti al gruppo per la rivoluzione culturale (Kang Shek,
Cheng Boda, Jiang Qing) che avevano come obiettivo qello di screditare la vecchia dirigenza e dare più
autonomia alle organizzazioni di massa.

Il rapporto principale del nono congresso viene presentato da Lin Biao, sottolinea la grande importanza
della rivoluzione culturale; il rapporto finale pongono la centro la teoria della rivoluzione continua, veniva
quindi abbandonata l’idea di ricostruire il sistema con un ruolo determinante delle organizzazioni di massa.

Tra il 1969 e il 1971 l’enfasi viene posta sulla ricostruzione dellorganizzazione del partito e dello stato per
ridurre il ruolo politico delle forze armate e aumentare il controllo che Mao aveva su di loro; la
ricostruzione del partito viene completata nel 1971. La ricostruzione dello stato ebbe molti problemi, in
particolare il suggerimento di Mao di tenere la quarta assemblea nazionale per rivedere la costituzione fu
contrastata da Lin Biao.

Per portare avanti la ricostruzione fu essenziale l’alleanza fra Mao e Zhou, entrambi consideravano
prioritario stabilizzare la situazione. Entrambi consideravano l’idea di riaprire il dialogo con Washington,
contrastata da Lin Biao. Per ridurre il potere delle forze armate era anche necessario spezzare l’alleanza tra
Lin Biao e Chen Boda. Alla fine la sessione plenaria condanna Chen Boda, questa critica viene accompagnata
dall’avvio di una campagna per lo studio dei classici del marxismo; l’obiettivo diventa poi Lin Biao che però
idea un piano tramite il quale mira ad assumere il potere; il piano fallisce e Lin Biao scappa in aereo, che
però si schianta e sancisce la sua morte.

ALTERNATIVE DI POTERE

Dal 1971 al 1976 c’è una riduzione del potere dell’EPL e nuovi contrasti fra i tre maggiori gruppi più
influenti: il primo formato dai protagonisti della rivoluzione culturale (Jiang Qing), il secondo con chi non
aveva partecipato alla rivoluzione ma che ne aveva comunque beneficiato (Hua Guofeng) e il terzo formato
dai sopravvissuti alla rivoluzione culturale (Zhou Enlai, Zhu De). Fra le persone che ambivano a tornare a
servire il proprio paese c’era Deng Xiaoping, che torna a Pechino nel 1973.

L’incertezza politica fu anche data dal voler conciliare strategie diverse fra loro, da una paerte mantenere
alcune conquiste della rivoluzione culturale, dall’altra la difesa del socialismo e l’enfasi sullo sviluppo
economico. Questi contrasti si sviluppano in una situazione di sfiducia nei confronti del partito, delle
istituzioni e del sistema politico. Le divisioni avvengono inoltre nel periodo in cui i politici che avevano
guidato per 25 anni il paese stavano sparendo; infatti, Mao e Zhou erano molto malati e altri ancora erano
troppo anziani per offrire proposte concrete. Nel decimo congresso nazionale del PCC Zhou Enlai e altri
sostenevano la necessità della stabilizzazione del conflitto e l’impegno verso lo sviluppo economico e
tecnologico. Nel 1975 essi creano il progetto delle 4 modernizzazioni: agricoltura, industria, scienza e
tecnologia e difesa; il progetto viene presentato nella IV assemblea nazionale popolare e costituirà la base
della nuova strategia di sviluppo. Il progetto aveva due fasi: la prima da completare entro il 1980,
prevedeva di edificare un sistema economico e industriale indipendente; la seconda da finire entro il
secolo, doveva condurre la nazione ai vertici dell’economia mondiale.

L’influenza politica di Zhou Enlai fu rafforzata dalla nomina di Deng Xiaping che venne fatto vice primo
ministro, questo fu dovuto all’esigenza di Mao di trovare un successore di Zhou che era gravemente
malato.

I gruppi radicali invece facevano capo a Jiang Qing, che fu accusato da Mao di aver formato la banda dei 4;
si puntava sul controllo dei mezzi di informazione e sull’influenza in campo ideologico per sostenere la
validità delle conquiste della rivoluzione culturale e porre le basi per aver un ruolo dominante nell’assetto
politico post Mao. Viene avviata nel 1974 la campagna di critica a Lin Biao e a Confucio che da un esempio
degli strumenti attraverso i quali andavano raggiunti gli obiettivi.

Per quanot riguarda la politica economica la posizione dei 4 era opposta a quella di Zhou e Deng e traeva
ispirazione dalle idee di Mao, il socialismo era concepito come un periodo in cui la lotta di classe manteneva
la sua centralità. Al fine di prevenire la reintroduzione del capitalismo in Cina e della nascita di una nuova
borghesia che sarebbero state portate dal commercio internazionale e dalla burocratizzazione, bisognava
rafforzare la dittatura del proletariato e sradicare i fattori capitalistici con le rivoluzioni culturali. La banda
dei 4 prese forza da due fattori: l’ascesa di Wang Hongwen e gli incidenti di piazza Tian’anmen del 1976.

Mao conosceva il bisogno di essere prudenti nel scegliere il suo unico successore, di fatti nle deicmo
congresso nazionale cerca di evitare la designazione di un suo successore a favore della creazione di un
gruppo dirigente. Il congresso approva dando origine a un precario equilibrio di potere, accanto a Mao vi
erano cinque presidenti: Zhou Enlai, Ye Jianying, Kang Sheng, Wang Hongwen e Li Desheng; il consiglio
politico era formato da un equilibrio di forze radicali e moderate.

Nell’aprile del 1976 si verifica l’incidente di piazza Tian’anmen, in occasione della festa che commemora gli
antenati, l’idea del partito era quella di trasformare l’occasione in un momento rivoluzionario ponendo al
centro la commemorazione degli eroi della rivoluzione. Tuttavia, alcune delle commemorazioni
nascondevano delle critiche alla situazione politica, l’ufficio politico decide quindi di intervenire in modo
radicale, ritenendo che il tutto fosse stato orchestrato da Deng Xiaoping; la polizia rimuove il tutto ma i
cittadini scendono a protestare, le proteste però vengono sedate con la violenza dalla guarnigione di
Pechino. il 6 aprile una riunione dell’ufficio politico stabilisce che la rivolta erwa un complotto di Deng
Xiaoping, che viene rimosso dagli incarichi. Mao designa come suo successore e primo ministro Hua
Guofeng, che era stato un beneficiario della rivoluzione culturale. Questa scelta ebbe come effetto primario
quello di spezzare i legmai che univano la banda dei quattro con Hua, rottura che si rivelò poi insanabile.

RIPRESA CONTATTI CON GLI USA

Nei primi anni 60 la rottura sino sovietica si approfondisce a causa di diversi fattori: la guerra di confine con
l’india del 1962 mette in evidenza i rapporti dell’URSS con l’india, spingendo la Cina a creare rapporti con il
Pakistan. Poi vengono segnalati preparativi militari a Taiwan, facendo temere ai cinesi una possibile
invasione con l’aiuto degli americani; infine, la crisi dei missili di Cuba con la minaccia dell’attacco
americano all’isola per distruggere le batterie di missili sovietici, pechino prima dichiara solidarietà all’URSS
ma poi accusa Chruscev per aver rischiato di causare una guerra mondiale. Nel 1964 l’impegno militare in
Vietnam spaventa la strategia dei cinesi in campo internazionale e alimenta le posizioni antiamericane in
Cina; vi erano posizioni secondo cui prevedere un intervento contro gli americani. Il disimpegno del
Vietnam inizia con la dottrina Nixon del ’68, si attenua così la minaccia americana. Gli incidenti scoppiati
con le truppe sovietiche nel marzo ’69 fece capire ai cinesi che occorreva riconsiderare la questione di un
possibile riavvicinamento agli USA, nel ’70 riprendono così i colloqui di Varsavia.

Il primo grande passo degli USA fu quello della rinuncia al veto sull’ingresso della Cina nell’ONU, fu così che
entra a farne parte nel 1971, come membro permanente al posto di Taiwan. Nel 1972 Nixon va a Pechino e
viene firmato il comunicato di Shanghai, in cui ambo le parti si impegnano a evitare atteggiamenti
egemonici nell’area dell’asia-pacifico; viene inoltre riconosciuta una sola Cina.

Nel 1974 viene formulata la teoria dei “3 mondi”, in cui si afferma che il mondo era diviso in tre parti, le due
superpotenze (urss e usa), i paesi capitalistici (EU, JPN, Canada…) e il terzo mondo (Asia, Africa, America
sud); questa teoria guiderà le scelte cinesi in politica internazionale per un decennio.

Tuttavia, le dimissioni di Nixon nel 1974 da un duro colpo alle speranze cinesi; l’elezione di Carter (1974)
porta speranze e incertezze perché era sconosciuto alla diplomazia di Pechino. nei primi incontri ufficiali la
Cina stabilisce che lo stabilimento delle relazioni diplomatiche sarebbe stato possibile solo a tre condizioni:
fine del riconoscimento USA di Taiwan, abrogazione del trattato di mutua difesa con Taiwan, ritiro militari
dall’isola. Nel 1979 viene trovato un accordo con un comunicato che stabiliva che gli USA riconoscono il
governo della RPC come il solo governo legale e riconoscono la posizione cinese secondo cui c’è una sola
Cina e che Taiwan è parte della Cina; vengono così normalizzati i rapporti fra USA e RPC.

TAIWAN NEL PERIODO COLONIALE

Taiwan esercita oggi la suo sovranità su un territorio formato dall’isola di Taiwan, in cui si trova la capitalwe
Taipei, e altre isole tra cui Penghu, Jinmen e Mazu.

Nell’ultima fase della dinastia Ming viene colonizzata da cinesi Han, nell’ultima parte del 16° secolo viene
annessa alla provincia del Fujian e diventa una provincia a se alla fine del 19° secolo.

In seguito alla sconfitta della Cina da parte del Giappone, l’isola diventa una colonia giapponese; nel 1989,
Tokio allenta la stretta militare e l’amministrazione viene posta nelle mani del potere civile. Il capo
dell’amministrazione civile, Goto Shimpei è responsabile di un grande sviluppo economico: vengono
costruite linee ferroviarie, porti e vie di comunicazioni, vengono creati il sistema bancario e sanitario.
Questo periodo vede Taiwan diventare più legata al Giappone con l’esportazione di riso, zucchero e
importazione di prodotti. Nei primi anni del 1900, scoppiano una serie di rivolte contro gli occupanti, che
Tokio decide di sedare con la forza; nel 1915 la situazione viene riportata sotto controllo. Nel primo
dopoguerra il potere coloniale si ammorbidisce, si riduce l’interferenza della polizia nell’amministrazione e
c’è un decentramento del potere verso le comunità locali. Nell’isola si sviluppano associazioni, giornali e
movimenti politici; nasce la lega per l’autogoverno di Taiwan e emerge una coscienza Taiwanese anche
nella produzione letteraria. Con l’avvicinarsi della guerra il governatore di Taiwan avvia una serie di
politiche di industrializzazione al fine di preparare l’isola a sostenere il Giappone durante la guerra. Durante
la guerra l’isola diventa una base logistica per l’avanzata giapponese; alla fine del conflitto le truppe
nazionaliste riprendono il controllo di Taiwan (25/10/45).

TAIWAN NAZIONALISTA

i taiwanesi si aspettavano di essere considerati per il loro alto grado di scolarizzazione ma vennero ancora
considerati come cittadini di seconda serie; i nazionalisti avevano l’interesse di controllare strettamente
l’isola e depurare l’influenza nipponica; viene nominato Chen Yi come amministratore di Taiwan. Chen
vuole controllare l’economia dell’isola, questo si scontra con le intenzioni dei Taiwanesi che volevano
espandere le loro attività ai settori controllati in precedenza dai giapponesi. Il conflitto peggiora quando si
capì che le maggiori responsabilità di governo e potere sarebbero state affidate ai continentali; in più ci fu
una crescita nell’inflazione, nella disoccupazione e nella corruzione. I contrasti crescono fino a che nel
febbraio del 1947 si sviluppano gli scontri noti come “incidente del 28 febbraio”, fra soldati e taiwanesi.
Chiang Kaishek decide di imporre la legge marziale e di inviare truppe dal continente; in marzo viene
annunciata una campagna per “sterminare i traditori”, vengono così uccisi 10000 Taiwanesi.

La sconfitta dei nazionalisti del 1949 pone le basi per il ritiro di Chiang Kai Shek sull’isola, insieme a migliaia
di cinesi; nasce così la repubblica di Cina, che viene accettata nell’ONU e riconosciuta da gran parte dei
paesi. Nel 1950 Chiang Kaishek viene proclamato presidente della repubblica e si dedica a: riorganizzare il
PNC, al rafforzamento della legge marziale e a sviluppare un’economia moderna. Per anni non vengono
tenute elezioni o rinnovi degli organi istituzionali, i deputati eletti nelle elezioni del 47 restano così in carica
senza limiti di mandato.

Dagli inizi degli anni 50 vengono introdotte delle riforme monetarie e deflazioniste e successivamente delle
riforme rurali, con cui vengono redistribuiti i terreni, in base a quello che era possibile coltivare.

Nel 1954 viene firmato il trattato sino-americano di mutua difesa, in questo modo il governo Taiwanese
può concentrarsi ai problemi interni sentendosi tutelato dagli attacchi militari. L’aiuto americano si
concretizza anche in aiuti economici non militari e nell’invio di esperti economici, finanziari e tecnici. La
programmazione economica assegna un roulo prioritario all’industria leggera per sostenere la domanda
interno e l’export; solo negli anni 60 viene data maggiore enfasi all’industria pesante. Vengono avviati
progetti innovativi, come quello delle zone economiche per l’esportazione, per favorire l’esportazione e per
attrarre gli investimenti esteri, presto l’elettronica e i macchinari diventano il traino dell’export taiwanese.
Alla fine degli nani 60 Taiwan aveva trasformato la propria agricola da agricola a industriale.

TAIWAN VERSO LA DEMOCRATIZZAZIONE

Nel 1971 Taiwan viene escluso dall’ONU e sostituito con l’RPC, l’allora primo ministro Chiang Ching Kuo
deve far fronte all’emarginazione diplomatica dovuta alla ripresa delle relazioni fra USA e RPC. Tuttavia
Taiwan è in grado di mantenere attivi canali di comunicazione e cooperazione in campo economico e
commerciale con gran parte del mondo, preservando anche quelli con gli USA.

La figura di Chiang Ching-Kuo è legat ala processo di Taiwanizzazione, già negli anni prima i senza partito
avevano provato a minare il dominio del partito nazionalista organizzando delle manifestazione e scrissero
una pubblicazione indipendente; il governo reagisce con durezza. Negli anni 81 il movimento di protesta
crebbe e consapevole della realtà Chiang Ching-Kuo, nel 1986 avvia una serie di riforme a porre le basi per
la trasformazione del regime in un sistema politico pluripartito. Viene avviato il processo con cui veniva
gradualmente abolita la legge marziale, e nel 1986 i leader dell’opposizione si riuniscono dando vita a un
nuovo partito, il partito democratico progressista (PDP). Tuttavia, il PNC continua a avere presa sul
consenso sociale e elettorale, con il forte controllo che aveva sui media e con la disponibilità di risorse
finanziarie.

Chiang Ching-kuo muore nel 1988, in questo periodo l’economia Taiwanese deve affrontare grandi
problemi fra cui il disimpegno finanziario americano, la crisi petrolifera e la crisi del lavoro interno; la crisi
viene vinta puntando sull’export. Nonostante ciò l’economia rimane chiusa, infatti gli investimetni straneiri
errano destinati solo a certi settori, alcuni chiave come trasporti e telecomunicazione erano dominati dal
capitale statale; questo cambia solo a metà degli anni 80 dove ci furono pressioni per la liberalizzazione
dell’economia.

Nel 1990 si tengono le elezioni che vengono vinte da Li Teng-Hui, che faceva si parte del PNC ma era il
prima Taiwanese a diventare presidente della repubblica; la sua guida accelera il processo di
Taiwanizzazione del sistema poltico, questo fece si che a metà degli anni 90 venissero rimossi i vincoli allo
sviluppo di un sistema democratico. Nel 1994 la costituzione viene modificata per sancire che il presidente
sarebbe stato eletto direttamente dal popolo; nel 1996 le elezioni dirette vedono la conferma di Li Teng-
Hui. Successivamente quando si rinnovarono i sindaci nelle città, si vide un ulteriore deterioramento delle
posizioni nazionaliste; nel 99 Li Teng-Hui dichiara che le relazioni fra la repubblica di Cina e l’RPC sono da
considerarsi da stato a stato, Pechino lo accusa così di essere una provincia ribelle. Nel 2000 c’è una svolta:
viene eletto Chen Shui-bian, primo presidente non del partito nazionalista; il mese successivo un
emendamento assegna allo Yuan legislativo i maggiori poteri in campo legislativo. Nel 2004 Chen Shui-bian
viene rieletto con la maggioranza dei voti, insorgono proteste dall’opposizione (pnc).

DOPPIEZZA DI TAIWAN A INIZIO DEL 20° SECOLO

La posizione ufficiale dei dirigenti di Pechino era che esisteva una sola Cina ma nel corso degli anni si è
affermata, fra i taiwanesi, l’idea per cui esiste la Cina ed esiste Taiwan e che l’indipendenza di quest’ultima
deve essere considerata un dato di fatto. Tale posizione è fortemente rifiutata dalla Cina che punta ancora
a una riunificazione pacifica delle parti. Allo stesso tempo i rapporti fra le due si sono fortificati, vengono
fondati dei comitati per la cooperazione bilaterale e si sviluppano comunicazioni postali, telefoniche;
crescono anche gli investimenti taiwanesi nella RPC. Nel 1993 si tiene il primo meeting bilaterale, si passa
così da una da un’economia di di scontro a una coesistenza cooperativa tra economie complementari.

HONG KONG

La colonia di Hong Kong era storicamente divisa in tre parti: l’isola di Hong Kong, di proprietà della GB dopo
la sconfitta della Cina nella guerra dell’oppio, la penisola di Jiulong che era stata ceduta alla GB e i nuovi
territori, affittati per 99 anni alla GB nel 1898.

Dopo il 1949, Pechino nega il riconoscimento dello status coloniale, ma la accetta per i vantaggi che
comportava; infatti, Hong Kong svolse un ruolo essenziale nei rapporti economici e commerciali fra la Cina e
il mondo esterno.

Negli anni 70 l’ONU cancella, sotto richiesta della Cina, il territorio di Hong Kong dalla lista di quelli ancora
sotto il dominio coloniale. Nei primi anni 80, essendo l’affitto dei territori da parte di GB quasi in scadenza,
iniziano le trattative. Nel dicembre 1984, viene firmata la dichiarazione congiunta che fissava i punti salienti
del percorso di ritorno di Hong Kong alla Cina. Dal primo luglio 1997 Hong Kong diventa una regione
amministrativa speciale dell’RPC, con una Legge Fondamentale (Basic Law) in vigore fino al 2047. In questo
periodo la RAS mantiene i propri poteri legislativi, esecutivi e giudiziari, lo statuto di porto franco e il
sistema socioeconomico in vigore. La politica estera e di difesa è di competenza della Cina che mantiene le
sue truppe sul territorio a fini di difesa dall’esterno. Il testo conclusiva della basic law verrà pubblicato solo
nel 1990. Il tesot di legge fu motivo di contrasti fra il governatore britannico, Pechino e i movimenti politici
e sociali locali; le critiche dei movimenti puntano che il potere esecutivo era troppo forte, tano più che il
governatore sarebbe stato scelto da Pechino, e sul fatto che non c’erano abbastanza garanzie che
sarebbero state mantenute le libertà individuali. Ad oggi metà del consiglio legislativo viene scelto da
Pechino e l’altra metà attraverso voto popolare; questo fa si che ancora oggi molti elettori non vanno a
votare a causa del fatto che non si ha la possibilità di modificare i seggi.

Per quello che riguarda il ruolo economico di Hong Kong, la sua importanza si afferma fin dall’Ottocento
come deposito commerciale del mercato cinese, intorno al porto nascono i primi cantieri navali e un
sistema manufatturiero. Con la vittoria dei comunisti del 1949 fu uno stimolo per l’economia locale; infatti,
con i cittadini cinesi che fuggirono sull’isola ci fu un aumento di manodopera a basso costo, alcuni immigrati
erano imprenditori che fornirono abbondante capitale, favorendo così lo sviluppo e la diversificazione
dell’economia dell’isola.

L’industrializzazione viene avviata negli anni 50-60, vede emergere nella sua prima fase il ruolo del settore
manufatturiero, orientato all’esportazione. Negli anni 70 con una rivoluzione economica c’è una crescita di
importanza del settore bancario, finanziario e turistico; molte imprese ricorrono alla delocalizzazione degli
impianti verso la Cina meridionale, così la simbiosi fra l’economia di HK e cinese hanno progredito molto
velocemente.

MACAO NEL XXI

Macao, situata nella parte occidentale della baia di Canton, è stata occupata dai portoghesi nel 16° secolo,
e da allora da loro controllata con l’assenso dei cinesi. La sua importanza diminuì, sia a causa della
crescente importanza economica di Hong Kong, sia a causa del declino della potenza portoghese.

Fin dagli anni 60 avesse espresso la disponibilità di restituire l’isola alla Cina, ricevendo un rifiuto per il
timore che la decolonizzazione avrebbe influito sulla stabilità di HK.

Il processo di decolonizzazione viene avviato dal 1979; nel 1987 viene firmata una dichiarazione congiunta,
molto simile a quella di Hong Kong che prevedeva il ritorno alla sovranità cinese il 20 dicembre 1999 e la
sua trasformazione in regione amministrativa speciale.

Macao ha accentuato i legami di interdipendenza con l’economia della Cina, in quanto i settori tradizionali
trainanti come il tessile hanno perso gradualmente la loro capacità competitiva. Il futuro dell’economia di
Macao sta nella capacità di ampliare l’offerta turistica, anche con l’importante ruolo del gioco d’azzardo;
infatti l’obiettivo di Macao era quello di diventare la Las Vegas dell’oriente, obiettivo che venne poi
raggiunto nel 2001.

TERZA LEZIONE: Giappone

Periodo Meiji: perché? In Giappone a partire da questo periodo è stato adottato doppio calendario, però ha
anche mantenuto il sistema tradizionale che divideva il tempo a seconda dell’imperatore vivente; viene
chiamata meiji sulla base dell’imperatore che per circa 50 anni sarà al vertice; il nome è deciso e non è il
nome dell’imperatore. Ancora oggi l’imperatore ha un ruolo che simboleggia l’unità del paese; anche se
politicamente non ha grandi responsabilità.

L’era Meiji è cominciata nel 1868 e riguarda il periodo in cui il Giappone passa da uno stato feudale a uno
stato centralizzato moderno che nell’arco di questo periodo che termina nel 1912 otterrà grandi successi in
molti ambiti, fra cui economico: infatti negli anni 80 raggiunge la rivoluzione industriale; quindi, la
produzione economica diventa meccanizzata su vasta scala, anche nelle zone in cui non è giunta la
produzione meccanizzata ha una forte conseguenza. Chi non riesce a reggere il sempre più grande
competizione nel mercato interno deve chiudere l’attività. Il giapp negli anni 90 riesce a ottenere la
revisione dei trattati ineguali. Il Giappone sviluppa anche politiche di espansionismo che riguardano prima
le isole più vicine ma che poi andrà anche a interessare Taiwan, la penisola coreana, sempre nell’era Mei.
C’è un'altra grande innovazione, cioè l’adozione di una costituzione moderna che viene concessa dalla
famiglia imperiale ai Giapponesi, nel 1989, questo è il primo esempio di costituzione in un paese asiatico.

Il Giappone ha dovuto anche sostenere molti costi, tasse e anche rinunce a status privilegi che venivano dal
passato; questo è stato fatto anche causando forti forme di protesta, quindi lo stato ha dovuto affrontare le
proteste da un lato cercando di sedare ma anche di costruire consenso nel paese con politiche identitarie
senza però dare voce politica a queste proteste, perché la politica Giapponese è una politica oligarchica,
con pochi uomini non eletti dal popolo che governano. Il periodo meiji è stato anche un periodo instabile
per la politica interna, moti politici vengono uccisi.

Il movimento Bakofu, con i suoi trattati, provoca molte tensioni fra i Bakofu, e i samurai, soprattutto delle
zone più occidentali del Giappone che erano alleate con la corte imperiale; questo scontro termina poi con
la guerra civile che viene vinta dai lealisti fedeli all’imperatore. Quindi nel 1968 si ha una restaurazione
imperiale, la delega viene revocata e l’imperatore riprende su di se tutto il potere politico.

Come l’imperatore cercherà di riorganizzare lo stato. Questi successi sono frutto di politiche ben congeniate
e attuate, politiche che vengono attuate su alcune condizioni, cioè bisogna smantellare tutto quello rimasto
dalla società feudalistica e quindi creare stato moderno centralizzato. Nello stato feudale c’erano i Bakofu e
c’erano gli han?: se lo stato meiji vuole agire in modo efficace deve riunire attorno a se tutti i poteri. Una
volta ottenuto smantellamento istituzioni feudali, ci sono riforme istituzionali e sociali, quindi non si
accentra su di se tutta la responsabilità, ma accetterà attraverso una sorta di costituzione (accordo) che
dice che tutte le decisione in ambito esecutivo devono essere discusse da un oligarchia. Si introdurrà un
nuovo rapporto fra stato e sudditi che verrà ridefinito nella costituzione del 1989.

RESTAURAZIONE MEIJI

Dal punto di vista formale si tratta di una restaurazione perché i poteri vengono restituiti alla famiglia
imperiale, ma non è un ritorno al passato, c’è una serie di forte spinta verso il futuro; si può quindi definire
anche come rinnovamento. Molti dicono che questi mercanti erano abbastanza isolati dal processo di
rinnovamento, che era stato portato avanti dai samurai che non c’entravano nulla con questa classe così
economicamente dinamica.

Si tratta di sottolineare che chi sostiene questa restaurazione sono i samurai, che in genere no erano
interessati ma che però avevano grande istruzione, possibilità di sapere l’attualità del mondo e chiara l’idea
che si dovessero improntare delle riforme.

Obiettivi dell’oligarchia? Sono quelli di costruire un paese forte e indipendente. Per raggiungerli bisogna
avere un paese ricco e un esercito forte; quindi, per raggiungere bisogna smantellare il sistema feudale e
arrivare alla centralizzazione del potere. Questo obiettivo viene raggiunto sia con la forza (guerra civile) sia
attraverso compromessi. Nel 1869, restituzione registri fondiari da parte dei capi Han all’imperatore,
simbolicamente rinunciano volontariamente alla delega del potere e restituiscono il controllo sulle finanze
locali. Nel 1871 vengono aboliti Han e vengono trasformati in regioni Ken con un potere più limitato, che
non godranno della possibilità di eleggere i propri amministratori fino al 78. Anche l’amministrazione di
terre e popolazione sono poteri che vengono ceduti al governo centrale. Per facilitare il passaggio di potere
si decide di dare rendita fissa ai samurai e ai Daimyo, attraverso uno stipendio ai primi e titoli nobiliari ai
secondi; viene riconosciuta l’esistenza di una nobiltà. Dopodiché l’imperatore concede anche un
giuramento, richiede ai leader che portano avanti la restaurazione un giuramento tra le parti, in 5 articoli in
cui promette una costituzione e un allargamento della partecipazione politica. Sempre nel 1868 viene
emesso il documento Setaisho, cioè un chiarimento sula forma dello stato, in cui vengono definiti gli organi
dello stato. Si vede un inizio di divisione dei poteri, esecutivo affidato al gran consiglio di stato da (Dajokan)
è composto da ufficio centrale e due uffici, ed è composto da samurai decisi su nomina imperiale e che
condividono la posizione insieme a membri della corte imperiale, con ereditarietà delle nomine. Nel 1873
viene costituito il ministero degli interni (okubo toshimichi) che si occupa sia della situazione della politica
interna sia di politiche di sviluppo, è l’organo di stato più importante; vengono anche nominati altri organi
che si occupano di altre funzioni, fra cui quello legislativo e giudiziario.

RIFORME

Per costruire uno stato forte bisogna prima consolidare le finanze pubbliche. Deve creare rapporti di
dipendenza con l’esterno, se si forma un debito statale, il debito deve essere acquistato a qualcuno
all’estero. Per tutto il periodo meiji i Giapponesi non vogliono cedere all’idea di cedere i prestiti all’estero
perché secondo loro significava una forma di schiavitù; si cerca quindi di riordinare le finanze con delle
politiche di austerità estremamente severe e anche si cerca di eliminare i residui istituzioni feudali che
risultano una fonte di costi e che non sono più necessarie. Si cerca anche di mettere in pratica una serie di
riforme che facilitano l’uso e distribuzione nazionale delle risorse; per fare questo c’è bisogno che ci sia una
giusta mobilità interna, se in un paese c’è un area dove ci sono molti minerali, bisogna che ci siano le
condizioni per cui la forza lavora si concentri li, così come i capitali, in modo che le risorse vengano sfruttate
in modo corretto. Invece nel sistema Togukao questa dinamicità geografica non era possibile, perché
c’erano queste classi sociali in cui persone di una classe dovevano essere per forza legate a un territorio,
non ci si poteva spostare. Nel 1872 si chiude questo sistema Mibun delle classi, vengono livellati in un unico
gruppo che si chiama Heimin, non introducono il concetto di cittadinanza (perché implica dei diritti), ceh
significa popolo comune. Da qui vengono anche livellati i samurai di basso rango, che prima erano una casta
a cui era proibito lavorare, molto istruiti; il fatto che erano considerati come i contadini significava
cancellare tutta la loro cultura, questo si accetta ma con grande difficoltà, ci saranno moltissime rivolte.
Questo taglio in Giappone diventa possibile e si attua in modo molto più veloce rispetto alla Cina.

Molti storici si domandano come sia possibile che il Giappone sia riuscito a farlo così in poco tempo. Questi
cambiamenti nella classificazione dei gruppi sociali non puniscono in modo uguale tutte le classi sociali.
L’effetto principale di queste riforme è che la popolazione è libera di circolare, libera di scegliere
l’occupazione; grande condizione per lo sviluppo economico, cioè le condizioni istituzionali per la
formazione di una classe lavoratrice. Nel 1873 c’è la coscrizione obbligatoria, cioè il Giappone lavora subito
per la creazione di un esercito nazionale su vasta scala; cambia il rapporto fra stato e società perché
accettare il fatto di lasciare i figli maschi per fare servizio militare significava anche avere meno forza lavoro
a disposizione, aveva un costo enorme per la famiglia.

RIFORME FISCALI

Molti Daimyo dovevano affrontare il problema di una fiscalità in passivo, quando lo stato accentra su di se i
poteri deve anche farsi carico di questi oneri fiscali. Questa passività come viene affrontata? Vengono
rifiutati prestiti stranieri, i dazi sono bloccati dai trattati ineguali, quindi per finanziare la modernizzazione
bisogna portare avanti una politica di austerità e aumentare le tasse; questo obiettivo si ottiene cercando di
avere maggiore controllo sui catasti, cioè avere più informazioni su chi possiede che cosa nelle campagne;
infatti i maggiori introiti si ottenevano tramite le tasse fondiarie, cioè il prodotto dell’agricoltura ma molti
Daimyo non avevano ben chiaro quanto si produceva. La situazione viene risolta in tempi molto veloci, nel
1872 si fa in tutto il paese una verifica di proprietà e vengono così rilasciati degli attestati di proprietà.
Dopodiché viene introdotta una riforma della tassa fondiaria, in epoca Tokugao le unità di base che
venivano tassate erano i villaggi, il capo villaggio era responsabile di raccogliere quello che veniva tassato,
cioè il prodotto dell’agricoltura. Dopo questa riforma vengono tassati i singoli cittadini, in base alla
produttività della terra, senza le oscillazioni in base alla quantità di prodotto finale. Questo fece si che lo
stato ebbe delle entrate fisse, ma dal punto di vista dei contadini è svantaggiosa; questa è stata una riforma
portata avanti in modo scientifico e che assicurano al Giappone una fonte di entrate fiscali molto forte; la
maggior parte delle entrate è rappresentata da questa tassa. Lo stato in questo modo riordina le finanze ed
è anche in grado di finanziare tutte le riforme economiche e industriali; lo stato di questo periodo è uno
stato imprenditore; si può dire che lo stato raccoglie questa ricchezza dalle campagne e la sposta nelle città
e nei progetti di sviluppo industriale, creando quindi un forte contrasto fra campagne e città, ma anche un
nuovo rapporto fra stato e società; se nel periodo Han erano indipendenti dal punto di vista fiscale, qui
invece c’è uno strato centrale che ha come riferimento l’individuo, il proprietario, il rapporto va verso la
modernizzazione.

Una vlta che lo stato riesce a riordinare le finanze si mettono in pratica degli investimenti, alle infrastrutture
e anche al moderno sistema di comunicazione post telegrafo; si fa anche una politica industriale, in cui lo
stato investe in settori chiave che dovevano avere una priorità. Si parla quindi di costruzione di navi
moderne, per difendersi il Giappone deve avere una marina moderna. Per fare queste riforme bisogna
imparare da chi le ha già fatte; quindi, negli 70 dell’800 si faranno venire dall’estero consiglieri, chiamati
nelle università o in industrie statali per guidare le opere di riforma. Ci sono anche degli italiani, soprattutto
in ambito giuridico, c’è un impulso alla modernizzazione del diritto civile, penale; verranno chiamati giuristi
italiani e francesi.

POLITICA ESTERA

Si costituisce una missione che ha come protagonisti gli oligarchi Meiji, si fa un lungo viaggio in diversi stati
europei e negli stati uniti per vedere lo stato dei paesi esteri; la missione si chiama si chiama IWAKURA, dal
nome del capofila Iwakura Tomomi ma ci saranno anche Kido Koin, Okubo Toshimichi e Ito Hirobumi.
Mentre queste persone sono in viaggio in Giappone si sviluppa un dibattito, chiamato Seikanron, sulla
possibilità di invadere la Corea, per fini strategici; i Giapponesi erano coscienti che la corea era considerata
dai cinesi un paese tributario, e anche del fatto che i russi cercavano di entrare nel sistema di relazioni
economiche dei paesi asiatici. Per una parte degli oligarchi è importante creare un cuscinetto tra gli stati
continentali e il Giappone, alcuni invece non sono completamente contrari sul fatto che un cuscinetto sia
necessario, ma alcuni dicevano di attaccare subito, mentre altri sostenevano che il Giappone dovesse
aspettare di avere forza economica militare per portare avanti una guerra che si sarebbe sviluppata in una
guerra contro la Cina. Quindi si crea uno scontro fra l’oligarchia, gli attendisti prevalgono e Saigo,
sostenitore dell’espansionismo viene allontanato. In questo modo il governo in Giappone viene accentrato
tra gli oligarchi provenienti fra Satsuma e Choshu, e nelle figure di Okubo e Iwakura. Questo crea forti
squilibri nella politica, perché è incentrata su particolari regioni, con altre regioni escluse dal potere. Poi
coloro che sostenevano la politica dell’espansionismo non accettano la politica attendista e svilupperanno
poi delle rivolte antigovernative. È importante sottolineare che anche gli attendisti non erano contrari
all’invasione; quindi, il fatto che il Giappone costituisse una colonia in corea era condivisa; quando il
Giappone vincerà la guerra contro i russi e otterrà maggiore potere di controllo sulla Corea ci sarà una forte
sostegno da tutta la popolazione. Comunque il Giappone degli anni 70 mette in atto una politica di
annessioni aggressiva, come l’annessione dello Ryukyu. In questa fase della politica estera il Giappone, nel
1876, decide di fare un trattato di amicizia con la Corea che è una forma di colonialismo; obbligano i coreani
che non riescono a disporre della stessa potenza militare, sono costretti a subire questo trattato che li
obbliga a accettare la presenza di mercanti Giapponesi in alcuni porti, sono anche obbligati a aprire
questi porti al commercio col Giappone, con tasse doganali fisse; vediamo un Giappone che già negli anni
70 riproduce la politica che le potenze occidentali avevano messo in pratica con loro. Il Giappone dove può
annette, dove non riesce impone trattati ineguali, come nel caso della Corea. Queste riforme hanno un
forte costo sociale, scontentano diverse categorie sociali; da un lato i contadini ma anche una parte di
samurai, che devono anche rinunciare al loro status, alla cultura e alla rendita di stipendi che viene chiuso
nel 1874; si da una sorta di liquidazione a questi ex-samurai e si chiude definitamente lo stipendio fisso.

Si crea una rivolta, guidata da Saigo Takamori, rivolta che però viene sedata a costi alti perché Okubo viene
ucciso nel 1878. Emerge il problema di come gestire il dissenso politico in Giappone, sia a livello di grandi
masse sia a livello di oligarchi che vengono allontanati dal potere, come Itagaki, che essendo stato
estromesso organizza il primo partito Giapponese che cerca di organizzare il dissenso antigovernativo in un
movimento per i diritti civili, per la creazione di un assemblea elettiva; questo partito si chiama Partito
Pubblico Patriottico (1874). Darà poi la possibilità dello sviluppo di un movimento abbastanza esteso,
movimento formato da basi locali, membri del movimento in tutte le regioni, raccoglieva parte della classe
più colta e anche parte della classe contadina che era scontenta rispetto al governo Meiji. Il movimento
cercava di tradurre questa opposizione in forma legale, cioè con la richiesta di un parlamento e di l ibertà
civili.

POLITICHE IDENTITARIE

Sul lungo periodo questo movimento riuscirà a ottenere alla fine dell’800 un sistema che con introduzione
della costituzione prevedeva la possibilità del voto a livello nazionale, limitato a una piccola parte della
popolazione e solo agli uomini. Il dissenso viene gestito anche con delle istituzioni che servono a far
circolare l’ideologia dello stato e a creare consenso da parte della popolazione. Questi mezzi per sedare il
malcontento sono: l’istruzione obbligatoria che rappresenta un fattore di progresso, ma che è anche un
mezzo attraverso il quale lo stato cerca di educare la popolazione alla fedeltà e alle istituzioni statali,
attraverso corsi di moralità in cui vengono fatti circolare valori confuciani (visione gerarchica della società);
si educa la popolazione a uno spirito Giapponese fatto di fedeltà e sacrificio, prende il nome di Wakon
Yosai, cioè spirito nipponico. Un altro mezzo per creare consenso è la religione, si crea un culto di stato, lo
stato meiji è uno stato fortemente legato al culto shintoista che si basa sul culto dell’imperatore; questo
shintoismo viene separato dai residui di religioni provenienti dal continente, come il buddismo e il taoismo;
prima invece questi tre culti erano integrati. Questo sistema viene chiuso e si cerca di creare questo nuovo
culto shintoista completamente diverso dal buddismo; quindi diventa una sorta di culto Giapponese basato
sul culto dell’imperatore. Si crea anche una serie di organizzazione religiosa dei templi shintoisti, che però è
sotto il controllo dello stato, di un dipartimento del ministero degli interni; è per questo che si chiama
shintoismo DI STATO, è una religione creata artificiosamente da un’élite statale anche per creare senso di
identità, appartenenza e fedeltà all’imperatore e alle istituzioni statali del periodo Meiji.

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