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Lezione 4 – 03.

03
L’Europa delle grandi potenze
Stati-nazione consolidati nella seconda metà dell’Ottocento: Gran Bretagna e Francia

Europa orientale: imperi multinazionali vecchio stampo;


Europa occidentale: stati-nazione ormai consolidati (Francia, Gran Bretagna) e, all’estremo oriente, l’impero russo;
Cinque “grandi potenze”: Francia, Gran Bretagna, Austria, Prussia e Russia (Italia dopo il 1861)

Le rivoluzioni del ’48 fanno emergere alcune questioni, non solo emergono nuove classi sociali (ceti medi che spingono per avere
maggiore visibilità e più rappresentanza nelle questioni politiche), ma emerge anche, con forza, la questione della nazionalità, cioè
il desiderio, da un lato di quei popoli che sentono di volere un organo politico e istituzionale che rappresenti la loro concezione di
nazione (importanza dello stato-nazione come soggetto politico forte).
Questo desiderio di costituzione di stati-nazione nella parte centrale e orientale dell’Europa fa sì che, dal 1848 agli anni ‘70
dell’Ottocento, sia un periodo molto burrascoso per l’Europa: ci saranno altri moti rivoluzionari, altri scontri e guerre rapide per la
costituzione di nuovi stati —> Emergono due nuovi stati: Italia e Germania.
Successivamente, la situazione rimarrà prevalentemente tranquilla e stabile fino alla Prima Guerra Mondiale.

Però, sempre nella metà dell’Ottocento, gli stati-nazione consolidati si consolidano maggiormente, e vengono ad assumere quelle
funzioni e quei poteri che conservano tuttora, nel senso che intervengono sempre più in maniera diretta e indiretta nel
funzionamento della società stessa: per farlo, devono acquisire poteri sempre più ampi e, in quegli stati dove non ci sono fratture
politiche e sociali, questo avviene in maniera abbastanza tranquilla. In altri stati, come gli Stati Uniti, il consolidamento dello stato-
nazione avverrà in modo molto violento.

In generale, tra la metà e l’ultimo quarto dell’Ottocento, gli stati-nazione si rafforzano, ricavando nuove risorse economiche e
iniziano a intraprendere politiche economiche per consolidare l’economia: riscuotono le tasse in maniera più uniforme ed
efficiente, potenziano le infrastrutture (strade, linee ferroviarie ecc…), si prenderanno gradualmente carico della fornitura di
servizi capillari come l’istruzione, gestita sempre di più dalle strutture pubbliche con l’obiettivo di istruire le future classi dirigenti
della nazione —> importanza della formazione scolastica nel progresso sociale e nello sviluppo economico.
Quindi, gli apparati burocratici e amministrativi di questi stati-nazione si espandono ulteriormente per far funzionare in maniera
sempre più efficiente la “macchina dello Stato”.

Due concezioni di stato-nazione


1) Nazione come unione di popoli divisi: da un lato si concepisce la nazione come qualcosa di inclusivo, cioè che debba
unire dei popoli che si reputano culturalmente separati. Si pensi al nazionalismo tedesco e al nazionalismo italiano, tra il
1850 e il 1870, per cui i movimenti di stampo liberale e democratico che sorgono nella confederazione tedesca e nella
penisola italiana puntano all’unificazione come risultato della fusione di popoli già divisi per motivi politici e storici. Non a
caso, la Germania, per favorire il processo di unificazione, sceglierà una forma di governo federale.
2) Nazione come espressione dell’orgoglio nazionalista: allo stesso tempo, si consolidano quegli elementi culturali e politici
che porteranno ad un’ideologia di nazionalismo divisiva. Si sviluppa, nella popolazione, un sentimento di orgoglio
nazionale in cui si riconoscerà la superiorità della propria nazione rispetto alle altre.
Dagli anni ’70 dell’Ottocento, quando saranno già nati i due nuovi stati-nazione Germania e Italia, queste diverse concezioni si
sovrappongono, il sentimento nazionalista prenderà il sopravvento, cioè si pensa alla nazione come un soggetto assoluto che deve
prevalere sugli altri popoli, considerati ostili o sottomessi.

Stati nazione ormai consolidati: Gran Bretagna, Francia, Russia

Gran Bretagna
Nella seconda metà dell’Ottocento, la Gran Bretagna è lo stato-nazione più importante a livello europeo e mondiale.
Grazie alle guerre civili e alle rivoluzioni avvenute durante il Seicento (prima e seconda rivoluzione inglese), la nazione aveva
conquistato la piena autonomia e aveva gradualmente tolto il potere legislativo e buona parte del potere esecutivo al Re. Visto
che la forma di governo britannico è una monarchia parlamentare, nell’Ottocento il vero potere si concentra nelle mani del
parlamento e, dunque, del Primo Ministro. Il Re, invece, si stava riducendo a una figura formale e capo della Chiesa anglicana.
Il parlamento britannico era diviso in camera dei comuni, con funzione totalmente elettiva, e camera dei lord, che era di tipo
ereditario. Nel 1867 viene introdotta una riforma che allarga il suffragio, permettendo ad una platea più ampia di accedere al voto
e avere la possibilità di essere eletta così da entrare nella camera dei comuni.
Comunque, la Gran Bretagna aveva un’opinione pubblica piuttosto vasta, visto che il tasso di alfabetizzazione era abbastanza alto
e la vita culturale e politica, anche grazie alla libertà di stampa, era vivace. Soprattutto, in questo periodo, dal punto di vista
economico la Gran Bretagna era la culla della rivoluzione industriale (iniziata nella seconda metà 1700 e completamente compiuta
il secolo dopo). Nella seconda metà dell’Ottocento, ormai, il paese è ampiamente industrializzato. Le esportazioni riguardavano
soprattutto prodotti tessili e meccanici, visto che le imprese avevano capitali a sufficienza per rafforzare le infrastrutture non
soltanto nazionali, ma di altri paesi dell’Europa e del mondo. Inoltre, è importante ricordare il loro controllo dei traffici
commerciali marittimi: la flotta inglese era la più grande e attrezzata del mondo.
Tutti questi aspetti, quindi, fanno della Gran Bretagna la principale potenza economica mondiale del ventennio 1850-1870 circa. Il
suo tratto distintivo è l’imperialismo del libero scambio (imperialism of free traid), visto che nessun altro stato-nazione avrà
questa particolare impronta.
Premessa: la Gran Bretagna, a partire dagli anni ‘40 dell’Ottocento, diventa l’alfiere del libero scambio, cioè i prodotti vengono
esportati e importati senza dazi tra nazioni. Sulla scia delle teorie liberali promosse da Adam Smith, il governo e i ceti alti inglesi si
sono fatti portavoce (prima in Inghilterra) di uno smantellamento dei dazi per le merci importate e, nel resto dell’Europa e del
mondo, spingere sull’adozione del libero scambio attraverso trattati commerciali specifici. 1840-1860 circa: tantissimi paesi
aderiscono e mettono in atto il consiglio. I vestiti, i tessuti e i macchinari prodotti in Inghilterra vengono esportati a livello
mondiale e venduti a prezzi competitivi, portando ovviamente all’arricchimento i ceti imprenditoriali inglesi. Altro fattore che
favorisce questo arricchimento è la potente flotta commerciale, che non solo trasportava e vendeva i prodotti in giro per il mondo
ma, essendo molto grande ed efficiente, veniva “affittata” anche da altri paesi per trasportare le proprie merci —> impero navale
inglese.
Questa situazione di primato commerciale consente alla Gran Bretagna di estendere la propria leadership economica e politica in
tutto il mondo senza necessariamente possedere vere e proprie colonie, almeno in questo periodo.
Se si considerano il Canada e l’Australia, è vero che sono territori controllati dalla Corona, ma già dagli anni ‘60 dell’Ottocento
acquisiscono delle fortissime autonomie e conquistano già una sorta di semi-indipendenza —> Dominions: territori autonomi che,
però, devono formalmente prestare giuramento di fiducia alla Corona.
La Gran Bretagna, nonostante non avesse vere e proprie colonie da controllare, aveva tuttavia bisogno di alcuni territori marittimi
con uno strategico sbocco sul mare, come lo stretto di Gibilterra, il canale di Suez, lo stretto di Singapore, Città del Capo e altri.
L’India è un caso a parte perché, fino al 1858, era una società a sé. Con l’arrivo dei colonizzatori europei portoghesi, olandesi e
inglesi, inizia ad essere amministrata dalla Compagnia inglese delle Indie Orientali: questi, verso la fine del Settecento, da un lato
conquistano, con la forza, parti del territorio indiano, dall’altro stringono accordi politici ed economici con i grandi principi indiani
dell’epoca (che, in parte, si sottomettono alla Compagnia delle Indie). Si parla di un controllo privato: la Compagnia delle Indie
aveva un suo esercito, i suoi funzionari amministrativi e la prorpia amministrazione. In cambio, la Compagnia doveva pagare una
serie di tasse al governo inglese e doveva rendere attivo il commercio marittimo intercontinentale (cotone verso Occidente e
oppio verso Oriente). Questa situazione rimane tale fino al 1857, quando scoppia una rivolta indigena nelle varie campagne e città
indiane, durando circa un anno. La Compagnia delle Indie non riusciva a domarla, e dovrà chiamare in aiuto il governo britannico
che manderà il proprio esercito.
Dal 1858, la situazione degenera, la Compagnia delle Indie orientali viene sciolta e l’India viene proclamata territorio britannico,
con un vice-re che facesse le veci del monarca.

- Flotta commerciale;
- Flotta militare;
- Industrie tessili, siderurgiche e meccaniche;
- Vero potere nelle mani del parlamento;
- Opinione pubblica vasta garantita dalla libertà d’espressione;

Focus: l’Egitto e il Canale di Suez


Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Egitto faceva formalmente parte dell’impero ottomano. Anche l’Egitto, nonostante tutto,
aveva raggiunto una grande economia. In questo periodo, il sultano apre ai commerci europei (principalmente inglesi e francesi)
e, a partire da qui, negli anni ’60 dell’Ottocento alcune società inglesi e francesi iniziano a guardare con interesse all’apertura di
un canale artificiale, che sarà poi il Canale di Suez. L’Egitto, inizialmente, acconsente alla costruzione del canale delegandola a una
società anglo-francese; verrà aperto ufficialmente nel 1869 e sarà gestito fino alla metà del XX secolo da questa società.
L’interesse della Gran Bretagna per il Canale di Suez era enorme, visto che si trattava del collegamento più strategico tra il
Mediterraneo e le Indie. Le merci inglesi e non solo, in questo modo, riescono ad essere smistate molto più velocemente e a costi
di trasporto più bassi. L’Egitto, nonostante la vasta influenza dell’egemonia inglese, rimarrà parte dell’impero ottomano fino agli
anni ’80 dell’Ottocento. È nel 1882 che diventa un protettorato e una vera e propria colonia inglese.

Francia
Nel ventennio di riferimento (1850-1870) anche la Francia si consolida come stato-nazione moderno. È il periodo del Secondo
Impero Francese.
Dopo la sua elezione nel 1848, favorita dalla componente clericale e conservatrice della Francia, le leggi di Napoleone III si fanno
sempre più assolutistiche (aumento delle tasse sulle imprese giornalistiche, controllo dell’istruzione restituito al clero, diritto di
voto tolto a circa tre milioni di nullatenenti) e fanno sciogliere l’alleanza tra il presidente e i moderati, mentre i conservatori
iniziavano a temere l’accentramento eccessivo del potere da parte di Napoleone III.
Per questo motivo, nel 1851 la Camera rifiuta di modificare l’articolo della costituzione che impediva ad un presidente di essere
rieletto, e Napoleone III fa un colpo di stato: si autoproclama prima Presidente di Stato, poi, attraverso un plebiscito a suffragio
universale, imperatore di Francia.
Grazie al colpo di Stato, Napoleone III redige una nuova costituzione: il mandato presidenziale viene allungato a 10 anni, ripristina
il suffragio universale, toglie alla Camera il potere legislativo (non può più proporre leggi) e istituisce un Senato vitalizio a nomina
presidenziale.
Nonostante non si collocasse né tra i sistemi liberal-parlamentari, né tra i regimi monarchici, il Secondo Impero francese
rappresenta un periodo di sviluppo per la Francia —> bonapartismo. La politica sotto il potere di Luigi Napoleone Bonaparte, dal
punto di vista estero, ambisce a riprendere il potere a livello europeo (politica estera), dopo che la Francia era stata rilegata a un
potere minoritario dal Congresso di Vienna (perché considerata troppo “egemonizzante” durante l’era napoleonica).
Contemporaneamente, dal punto di vista interno, il paese si rende conto di non essere all’altezza degli altri paesi. Per questo,
Napoleone III approfitta della sua posizione di imperatore per provare a risollevare l’economia francese: firma trattati commerciali
di libero scambio di merci e investimenti, sia con la Gran Bretagna, sia con altri paesi vicini; potenzia le reti ferroviarie e le
infrastrutture per collegare meglio la Francia al resto d’Europa; favorisce, tramite agevolazioni fiscali, la costituzione di grandi
istituti di credito, banche, società di capitali. Riesce a mantenere il controllo sulla nazione anche grazie alla continua ricerca del
consenso popolare, verificato tramite periodiche elezioni della Camera.
Contemporaneamente, cerca di espandere i propri interessi politici e commerciali all’esterno del paese, anche sotto forma di
assoggettamento di altre popolazioni. Se la Francia già aveva un insediamento coloniale sulle coste dell’Algeria a partire dagli anni
’30 dell’Ottocento, durante il periodo di Napoleone III si incrementa questa influenza coloniale, oltre che in Algeria, anche su altri
tratti di costa occidentale e comincia a impiantare insediamenti coloniali e commerciali propri addirittura nella penisola indo-
cinese (coste del Vietnam).

È in questo periodo (anni ’50-’60 dell’Ottocento) che il governo francese commissiona al famoso urbanista e architetto
Haussmann la trasformazione di una parte del centro storico parigino. Si abbattono i vecchi quartieri per fare spazio ai grandi viali,
più famoso di tutti il viale degli Champs-Élysées —> dal punto di vista urbanistico si nota una grande esaltazione della modernità
del nuovo vivere in città, dove le persone possono circolare liberamente circondate dal verde; dal punto di vista politico,
ovviamente, questa nuova riorganizzazione della città rendeva più difficili eventuali rivoluzioni o rivolte urbane.
è Periodo di iniziative politiche ed effervescenza culturale

Addirittura, il desiderio di Napoleone III di espandere la sua egemonia lo porterà a intervenire pesantemente nelle guerre di
indipendenza italiane (principalmente la Seconda, in cui si schiererà come alleato al Regno di Sardegna nella guerra contro
l’Austria – 1859) ma, precedentemente, si impegna insieme alla Gran Bretagna in una guerra contro l’impero russo e a difesa
dell’impero ottomano: la Guerra di Crimea (1854). Anche questa guerra era nata dal tentativo di riaffermare la propria egemonia
politica e culturale da parte della Francia, che era riuscita a conquistarsi il diritto di gestire l’accesso dei pellegrini cristiani in Terra
Santa, in quel momento sotto il controllo dell’Impero ottomano. Questo irrita molto lo zar di Russia, poiché la gestione viene data
in mano a un imperatore cattolico mentre, invece, varie volte era gestito dai russi. Di conseguenza, lo zar di Russia prende questa
concessione avversaria come pretesto per dichiarare guerra all’impero ottomano (anche se i motivi geopolitici erano vari). Francia
e Gran Bretagna (insieme a un piccolo contingente militare piemontese inviato da Cavour) corrono subito in soccorso all’impero
ottomano mandando dei contingenti militari ad assediare la fortezza di Sebastopoli perché, comunque, temevano un’espansione
troppo vasta dell’impero russo in area mediterranea.
Napoleone III vincerà la Guerra di Crimea e la Conferenza di Parigi (1856) sarà l’occasione per la Francia per dimostrare la ritrovata
egemonia europea.

Focus: Napoleone III in Messico


Napoleone III si imbarca in avventure ancor più complicate della Guerra di Crimea. In particolare, approfitta delle tensioni sociali
in Messico per conquistarlo economicamente. In Messico, la Francia aveva degli accordi politici ed economici: i messicani
arebbero sostenuto Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe, come imperatore del
Messico, in cambio di privilegi. Il sostegno francese, però, altro non era che una sorta di “imperialismo mascherato”. Infatti, negli
anni ’60 dell’Ottocento, i messicani si ribelleranno in massa all’invasione europea. Gli europei verranno cacciati e i francesi non
hanno forze sufficienti per reprimere le forze. Massimiliano d’Asburgo prova a tenere testa alle rivolte, ma non aveva appoggi,
quindi viene arrestato, processato per colpo di stato e fucilato nel 1867 a Città del Messico.

In generale, il grande ottimismo politico interno ed estero di Napoleone III sta a rappresentare una concezione politica della
Francia non solo come un soggetto politico a cui restituire una “grandeur” che le era stata sottratta con le guerre napoleoniche o
con il Congresso di Vienna, ma è anche la spia di una concezione leaderistica e carismatica del periodo. Napoleone è infatti visto
come il leader carismatico che guida il paese senza l’appoggio di un partito politico o un movimento di massa (epoca pre-
moderna: figura di un imperatore che governa come un re assoluto). Solo alla fine degli anni ’60 concederà nuovamente delle
libertà di espressione e di manifestazione al popolo francese (riaprirà il parlamento solo nel 1864).
Quindi, la sua attività politica è formata, in realtà, da un miscuglio di elementi appartenenti al passato, dunque all’ancien régime
(figura del monarca assoluto), ma anche da elementi nuovi e moderni: Napoleone III diventa imperatore non per diritto divino,
bensì perché lo vuole il popolo. Si dimostra, poi, abbastanza spregiudicato nei confronti dell’opinione pubblica e della stampa
(unico mezzo di comunicazione di stampa dell’epoca). Tuttavia, non avendo l’appoggio di alcun sostegno politico, dovrà sempre
fare riferimento a se stesso. Quando, nel 1869 si tengono nuove elezioni in Francia, le forze politiche progressiste ottengono la
maggioranza, Napoleone III deve acconsentire a convivere con un governo che non ha il suo appoggio. Questo, ovviamente,
innescherà una crisi che Napoleone III proverà a risolvere dichiarando guerra alla Confederazione Germanica del Nord (Prussia) al
fine di arginare un forte calo di consensi derivato dalle elezioni politiche e riguadagnarsi il consenso interno. Questa guerra, però,
si rivelerà disastrosa: Napoleone III verrà sconfitto pesantemente dai tedeschi nel 1870 a Sedan, quindi abdica ponendo fine al suo
impero. Il suo attivismo nel far emergere la Francia come una potenza ritrovata, tuttavia, sono indice di un consolidamento del
ruolo dello stato-nazione nel clima politico e culturale generale degli anni che seguono.

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