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L'IMPERIALISMO: LA SPARTIZIONE DELL'ASIA TRA GLI EUROPEI (1870-1914)

Nell’Asia orientale Inglesi ed Olandesi erano presenti da secoli, ma negli ultimi decenni dell’ 800
vecchie e nuove potenze (Giappone, Stati Uniti) iniziarono la sua spartizione.
Prima del 1870 la Francia si era attestata nella penisola indocinese, l’Inghilterra in India,
Ceylon, Honk Kong e Singapore, l’Olanda dominava l’arcipelago indonesiano, il Portogallo
occupava Macao, Goa e parte dell’isola di Timor, la Spagna possedeva le Filippine, la Russia si
espandeva in Siberia e Asia centrale. Nell’età dell’imperialismo (1870-1914) la possibilità di accedere dal
Mediterraneo al Mar Rosso, tramite il canale di Suez, rafforzò l’espansionismo europeo in Asia.

Droga inglese per la popolazione cinese - Nessuna potenza coloniale pensò di conquistare la Cina. Era
lo Stato più grande e popolato del mondo (430 milioni di abitanti). La dinastia mancese aveva seguito una
politica di isolamento del paese, impedendo contatti commerciali e culturali con l’Occidente. Essa
esportava tè, rabarbaro e cineserie (porcellane, oggetti laccati) che nel ‘700 erano di moda in Europa. Il
paese era stato così protetto dalla penetrazione occidentale, ma l’isolamento determinò un grave
ritardo nello sviluppo economico e culturale. L’imperatore, il “figlio del Cielo”, governava in modo
assoluto avvalendosi di una casta di funzionari, i mandarini, chiusa e gelosa dei propri privilegi. Miserabili
erano le condizioni della massa dei contadini (90% della popolazione), decimati da carestie e inondazioni.

La prima guerra dell’oppio (1839-42) - L’oppio L’interesse europeo era economico e politico: il
coltivato in Medio Oriente e in India veniva importato celeste impero costituiva un enorme mercato
in Cina dalla Compagnia delle Indie attraverso il porto potenziale ed era strategicamente importante per la
di Canton. Era un commercio lucroso per gli Inglesi, penetrazione in Asia. Gli inglesi importavano té e
ma malvisto dallo Stato cinese per gli effetti negativi porcellana ma per non pagare in argento, indussero i
sulla salute delle popolazioni e per i suoi costi mercanti cinesi ad accettare l'oppio prodotto nelle
economici (dal 1800 al 1838, si era passati da 120 a loro piantagioni indiane. Aspirato attraverso delle pipe
2.400 tonnellate importate, senza nessun guadagno l'oppio causava, a livello psicologico, anestesia
per i Cinesi). Nel 1839 la Cina vietò l’importazione, la emotiva (indifferenza verso il mondo, riduzione della
Gran Bretagna inviò truppe e cannoniere che percezione del dolore, disinteresse affettivo,
costrinsero l’imperatore alla resa. attenuazione dell'ansia), a livello fisiologico,
alterazione della respirazione, riduzione del controllo
dei muscoli, blocco dei processi digestivi e della capacità di urinare e morte dopo qualche tempo.
L’isolamento finì perché gli Inglesi sconfissero i Cinesi nella prima guerra dell’oppio (1839-42)
imponendo il trattato di Nanchino, con cui la Cina fu costretta a cedere Hong Kong e ad aprire cinque
porti al commercio occidentale ed a limitare al 5% i dazi sulle merci di importazione inglese. Dopo
questa guerra iniziò la “politica dei trattati ineguali” (confermata dalla 2° guerra dell’oppio nel
1856-60) che caratterizzò i rapporti fra Occidente e Cina. La Cina rimase sempre formalmente
indipendente, ma con sovranità limitata, dal punto di vista economico e anche politico dalla presenza
straniera. Dopo gli Inglesi arrivarono Americani e Francesi. Russi e Giapponesi, approfittando della
debolezza dell’impero, mirarono ad espandersi territorialmente ai suoi danni.

I Russi fondano la città di Vladivostok (la dominatrice dell’oriente) nell’Asia nord-orientale, la Gran
Bretagna occupa la Birmania e la Francia l’Indocina. La Francia aveva avviato l’espansione in Indocina a
metà dell’800 con l’apertura di qualche base commerciale e numerose missioni cattoliche. Le persecuzioni
contro i missionari le fornirono il pretesto per occupare la Cocincina nel 1862 (parte meridionale del regno
di Annam, attuale Vietnam). Nel 1863 impose il protettorato sulla Cambogia e tra il 1883 e il 1885 lo
estese all’intero regno di Annam e nel 1893 al Laos.
Il Giappone era interessato alla Corea ed alla Manciuria. Nel 1894 scoppiò la guerra tra Cina e
Giappone per il protettorato della Corea (intervento di truppe giapponesi e cinesi nella rivolta dei
Tonglak). I Giapponesi sbaragliarono il nemico e con il trattato di Shimonoseki (17.04.1895) la Cina
dovette cedere loro Formosa, le isole Pescadores e la penisola di Liaotung (Mar Giallo, Baia di Corea),
pagare una forte indennità e riconoscere l’indipendenza della Corea (dal 1897 impero sotto la protezione
russa).
Da allora iniziò quella che fu chiamata “la spartizione della Cina in zone d’influenza” tra le
diverse potenze coloniali dell’Est e dell’Ovest. Russia, Germania e Francia costrinsero il Giappone a
restituire la penisola di Liaotung alla Cina; la penisola passò poi ai Russi che vi installarono l’importante
base di Port Arthur.

Gran parte dell’economia cinese era nelle mani degli europei (ferrovie, commerci, dogane, porti
franchi), non si arrivò alla spartizione territoriale per l’opposizione degli Stati Uniti che iniziarono ad
interessarsi all’area asiatica. Nel 1899 essi imposero la cosiddetta politica della porta aperta, cioè
dell’uguale diritto per tutti i paesi di commerciare con la Cina secondo la clausola della “nazione
più favorita”: qualunque concessione doganale, commerciale o fiscale avesse ottenuto uno dei paesi
interessati, sarebbe stata estesa anche agli altri. In tal modo, invece di diventare la colonia di una sola
potenza la Cina divenne una sorta di semicolonia di tutte le potenze.
Nella società cinese crebbe un forte movimento di protesta nazionalistica contro gli occidentali. Nel
1900 scoppiò la rivolta dei boxer1, organizzata da membri di una società segreta xenofoba di ispirazione
religiosa che assalì ferrovie, missioni cristiane (ammesse in Cina con i “Trattati ineguali”) e le ambasciate
che furono assediate sino a che l’intervento militare delle potenze occidentali non soffocò la rivolta
imponendo poi una nuova pesante indennità che non potette che essere pagata con nuove concessioni
economiche. L’odio contro gli stranieri in nome delle millenarie tradizioni ispirò i boxer, appoggiati dai
settori più conservatori della corte imperiale. Nella rivolta si unirono l’odio per gli stranieri e l’ostilità verso il
cambiamento.
Nello stesso periodo crebbe un movimento di intellettuali e di borghesi delle città, spesso educati
nella cultura occidentale, i quali ritenevano necessaria una modernizzazione del paese e una
democratizzazione della vita politica.
Nacque un movimento repubblicano che si propose l’abbattimento della dinastia manchu.
Sun-Yat-Sen (1866-1925), medico, fu il leader del movimento; fondò nel 1900 il Partito del popolo,
Guomindang, il cui programma era basato su “tre principi del popolo”: autonomia nazionale,
democrazia politica, uguaglianza sociale (da raggiungere attraverso la distribuzione di terre ai
contadini). Il 10 ottobre 1911 scoppiò la rivoluzione a Wuhan nell’Hupeh. Il 29 dicembre 1911
un’assemblea nazionale, riunita a Nanchino, proclamò Sun-Yat-Sen presidente della Repubblica.

La dominazione inglese in India - Nella 2° metà dell’800 l’Inghilterra, dopo aver sconfitto la Francia
nella competizione in India con la guerra dei Sette anni (1756-1763), controllava interamente il
popoloso Paese (130 milioni di abitanti). La Compagnia delle Indie orientali governava per conto della
corona. L’India, insieme al Pakistan ed al Bangladesh - 200 milioni di persone nel 1881 -, forniva materie
prime destinate all’esportazione (tè e cotone), mentre la sua industria tessile e il suo artigianato subivano
la concorrenza dei prodotti inglesi. La conseguenza fu che a metà secolo l’India da esportatrice era
diventata importatrice di tessuti di cotone. Il sistema fiscale era particolarmente pesante nelle campagne. Il
1
Boxer: pugili in inglese, ossia esperti dia arti marziali. Nel giugno del 1900, a un segnale dato dall’imperatrice e dal suo uomo di
fiducia, il principe Tuan, i Boxer fecero sollevare la folla di Pechino che si precipitò contro le missioni cattoliche e le legazioni
delle grandi potenze. Molti sacerdoti furono uccisi, il ministro tedesco fu assassinato. E gli altri diplomatici vennero assediati nelle
rispettive legazioni. Le potenze organizzarono un corpo di spedizione costituito da Francesi, Inglesi, Tedeschi, Italiani, Austriaci,
Russi, Americani, Giapponesi al comando del generale tedesco von Waldersee. Dopo la presa di Tiensin (1900) le truppe alleate
entrarono a Pechino, liberarono le legazioni e misero in fuga l’imperatrice Ts’ue con la corte. Con il trattato del 1901 il governo
cinese si impegnò a pagare alle potenze occidentali a titolo di risarcimento la somma di 450 milioni di taëls.
Paese aveva un’importanza strategica, costituiva la base di una politica di espansione nell’Asia centrale e
orientale, che prese di mira la Birmania, l’Afghanistan e la Cina. Inoltre esso forniva alla corona truppe
indigene.

Lo sfruttamento e la dominazione politica causarono rivolte. Nel 1857 i sepoys, soldati indigeni, si
ammutinarono e la sanguinosa rivolta durò più di un anno. Gli Inglesi si resero allora conto che occorreva
modificare la forma del dominio, sostituendo al semplice sfruttamento l’inserimento del paese nel
sistema economico-commerciale inglese e una politica di sviluppo. Londra, quindi, sciolse la
Compagnia delle Indie e nel 1858 il Paese divenne colonia della corona, governata da un viceré. Nel
1876 la regina Vittoria2 fu proclamata imperatrice d’India.
L’azione politica britannica fu più cauta rispetto a quella della Compagnia delle Indie: burocrazia ed
esercito furono ristrutturati affiancando funzionari indigeni ad elementi britannici. Le esigenze
amministrative diedero vita ad una classe media locale istruita, composta da maestri, funzionari,
impiegati e professionisti. Il governo costruì grandi opere pubbliche, ponti, strade e ferrovie per
incrementare gli scambi commerciali e controllare militarmente il territorio. Meno positiva fu l’azione nelle
aree rurali, dove viveva l’80% della popolazione. La mancata riforma agraria, la forte pressione fiscale e
l’importazione di tessuti dalla Gran Bretagna, che aveva distrutto l’industria cotoniera locale, resero più
dura la vita dei contadini.

Nel 1885 dalla fusione di varie organizzazioni della classe media nacque il Congresso Nazionale
Indiano. Inizialmente non era un partito, ma una libera assemblea i cui rappresentanti potevano avanzare
una volta all’anno le loro proposte al governo. Venne formulata la richiesta di riforme graduali e di una
rappresentanza degli interessi indiani al parlamento di Londra. Nel 1910 a causa delle scarse concessioni
del governo nacque all’interno del Congresso una corrente estremista guidata da Bal Gangadhar Tilak
(1856-1920) che rivendicò il diritto dell’India all’autogoverno. I suoi uomini compirono atti di violenza verso
i funzionari britannici e gli indiani collaborazionisti. Gli Inglesi reagirono con la repressione, ma
cominciarono anche a concedere una certa autonomia alle assemblee locali. Del Partito Nazionale del
Congresso, farà parte Gandhi, che guidò la lotta per la decolonizzazione nel 1° cinquantennio del ‘900.

2
Vittoria governò dal 1837 al 1901, il periodo viene anche definito età vittoriana.

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