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IL MONDO COLONIALE.
Le colonie inglesi vissero momenti difficili sul piano economico soprattutto nel primo Seicento, ma gradualmente si consolidano e si
svilupparono. Nel corso del 700 le colonie vissero un vero e proprio boom demografico ed economico, dovuto sia alle nuove nascite
che all’immigrazione.
Tra gli immigrati la maggioranza era di ceppo inglese, tra cui scozzesi, irlandesi, e scoto- irlandesi; ad essi vanno aggiunti più di
80.000 tedeschi, e poi scandinavi, olandesi, francesi. Si trattava però di una partenza caratterizzata dal fatto che queste persone
erano povere o disoccupate che non potevano permettersi il biglietto della nave. Proprio per questa ragione queste persone
emigravano prestandosi a una forma di servitù molto particolare ossia la servitù volontaria (chiamati poi servi a contratto).
Questi erano dei lavoratori che si vendevano, vendevano la loro forza lavoro per periodi che andavano dai tre ai sette anni. Questo
significa che il valore del biglietto era pari al salario di un lavoratore di tre o sette anni. La servitù poteva anche durare di più se
questi erano minori, due anni in più erano richiesti alle donne in gravidanza. Queste persone potevano stipulare questi contratti
attraverso agenzie o attraverso accordi con i capitani di navi che si occupava di venderli una volta arrivati in America ai proprietari
terrieri. Durante l’epoca coloniali arrivarono 1 500 servi a contratto all’anno circa nelle colonie Americane. Nel solo ‘700 ne arrivano
100mila. Nella loro situazione di servi a contratto vivevano come i servi africani, dipendevano dal padrone e non erano liberi di fare
niente. Questi però potevano emanciparsi quando finiva il contratto.
Pochi anni dopo, attorno al ‘700 700 i tedeschi avviano un sistema di immigrazione a catena che consentiva ai migranti di portare in
America conoscenti e persone della propria comunità.
Meccanismo della CATENA MIGRATORIA: tutti i flussi migratori del mondo si sviluppano sulla base del fatto che chi parte per primo
e si sviluppa in luogo diventa il referente di coloro che vogliono partire a loro volta. I primi che partono possono anche intervenire e
comportarsi come reclutatori per la migrazione stimolando qualcuno nel loro paese di origine le persone ad emigrare. Le catene
migratorie possono essere a base: familiare (chi parte si fa seguire da un componente della famiglia, parenti) amicale, comunitaria
(chi parte diventa referente dei suoi compaesani- favoriscono la disgregazione delle comunità di origine e la loro riaggregazione in
un altro luogo- per esempio gli italiani a Losanna provengono in gran parte dalla Catania) o professionale (si sviluppa a partire di
contatti di persone che trovano impiego nello stesso settore professionale, il primo partito recluta o aiuta a trovare lavoro nel suo
settore di impego- questa produce un consolidamento di stereotipi che persone provenienti da un certo paese tendano a fare un
certo mestiere.
Vennero così a crearsi società coloniali composite, giovani e fortemente dinamiche. Nacque un vasto sistema di scambi
transatlantici che coinvolgeva Nord America, Inghilterra, isole caraibiche e le coste dell’Africa. Proprio la tratta degli schiavi divenne
di per sé una lucrosa attività. Si parla di tratta perché c’era un commercio complesso che andava dall’Africa al Nord America
passando prima per l’Europa. Gli schiavi venivano acquistati in Africa dove erano già in condizione di schiavi di padroni locali. È però
importante notare come, in questo periodo, essere schiavi in Europa ed esserlo in Africa presentava un elemento di
differenziazione importante: l’elemento razziale. Gli schiavi africani in Africa rappresentavano l’ultimo gradino della scala sociale
ma erano considerati umani (dato che questi appartenevano alla stessa comunità dei padroni). La traversata atlantica li svestiva di
umanità. Quando arrivavano in Europa venivano considerati sub-umani (più scimmieschi che umani). Non erano considerati nella
scala sociale (non venivano contati in nord-America nel conteggio della popolazione ma nel conteggio degli strumenti).
La divisione territoriale tra nord sud e centro era netta.
Le colonie del sud avevano un clima caldo, coste basse e sabbiose e un territorio pianeggiante a volte reso malsano dalla presenza
di paludi dove si sviluppò un’agricoltura di piantagione di coltivazioni per l’esportazione (tabacco, zucchero, indaco, riso) con
l’impiego degli schiavi neri. Gli insediamenti erano sparsi, le città piccole e deboli e manco quella tensione comunitaria e
quell'insistenza sull'etica protestante del lavoro presente nelle colonie di origine puritana. L'egemonia sociale e politica oltre che
economica tese a concentrarsi nelle mani di una ristretta élite di piantatori che cominciarono a ritenersi una sorta di aristocrazia.
A nord, dove il clima era rigido e il territorio montuoso, con coste alte e rocciose ricche di insenature trasformabili in ottimi porti, si
sviluppò una agricoltura articolata in piccole e medie proprietà individuali familiari dedita prevalentemente coltivazioni alimentari.
All'agricoltura si aggiunsero un fiorentissimo commercio marittimo e l’artigianato che trovava mercati dinamici nelle città. Per
questa struttura economica non venivano utilizzati schiavi. La società generò a sua volta élite, in parte composte da grandi
proprietari terrieri, ma soprattutto da commercianti, finanzieri, speculatori, avvocati, e più tardi da imprenditori manifatturieri.
Gruppi meno stabili di quei sudisti, immersi in una società più dinamica e egualitaria con un robusto ceto intermedio di piccoli
commercianti ed artigiani.
Il centro era intermedio (con un’atmosfera culturale più aperta di quella del Nord e attività agricole ereditate dal Sud): vi si
praticavano sia l’agricoltura di piantagione che il commercio e l’artigianato.
Tutte le colonie si diedero nel tempo istituzioni di autogoverno: il governo coloniale era formato da un governatore e dei funzionari
nominati da Londra, coadiuvati da un’assemblea eletta dalle colonie.
Tra i cittadini si diffuse un'abitudine a partecipare attivamente agli affari pubblici.
La democrazia americana risultò essere più forte di quella europea, anche se il diritto di voto era limitato e restava esclusa dalla
cittadinanza una larga parte della popolazione: donne, nativi, schiavi, servi a contratto, in alcuni Stati anche abitanti che
professavano una religione diversa da quella protestante, ma anche molti bianchi maschi adulti.
Soprattutto durante il Settecento nelle colonie andò prendendo forma una sensibile stratificazione sociale.
Emersero all'interno di ciascuna colonia élite in grado di monopolizzare il potere. Specie all'interno delle colonie maggiori andò
accentuandosi una polarizzazione sociale che sfociava tratti in aperto conflitto.
In particolare, si crearono tensioni tra gli abitanti delle zone costiere di più antico insediamento dove si trovavano le città e quelli
delle zone più interne; generalmente coloni arrivati di recente, spesso di umili origini che chiedevano più facile accesso alle terre,
politiche più decise aggressive contro gli indiani, maggiore rappresentanza all'interno delle istituzioni coloniali.
La manifestazione più clamorosa di questi conflitti fu la cosiddetta Bacon Rebellin del 1676 durante la quale un gruppo di uomini
insorti contro il governatore attaccarono e diedero fuoco alla capitale della Virginia, Jamestown.
L'atmosfera sociale delle colonie era profondamente diversa da quella europea. La società era decisamente più fluida ed
egualitaria.
A ciò contribuiva anche l'influenza della religione protestante che portava con sé una forte carica di critica alla ricchezza, i privilegi,
alle gerarchie costituite, e insieme esaltava il valore dell'individuo nel suo rapporto diretto con Dio.
Soprattutto dagli anni 30 del Settecento un'ondata di revival religioso investì le colonie americane.
Per decenni Francia e Inghilterra si disputarono l'egemonia anche sul continente americano. Pur potendo contare su un numero di
colori molto inferiori, la Francia resistette a lungo alla pressione britannica. Lo scontro decisivo però avvenne in corrispondenza
della guerra dei sette anni (1756-1763). Dopo una serie di rovesci le forze inglesi riuscirono a conquistare Québec, e a sconfiggere
definitivamente le truppe francesi. Il trattato di Parigi nel 1763, oltre alla conferma delle sue colonie, riconobbe a Londra il possesso
dell'attuale Canada, e di fatto l'egemonia sul Nord America.
LA RIVOLUZIONE AMERICANA
L’Inghilterra aveva sempre concesso alle sue colonie autonomia: gli affari pubblici venivano amministrati localmente e i coloni
americani erano abituati a ritenere che la madrepatria non potesse imporre nuove tasse senza il consenso delle assemblee da loro
elette.
Invece, l'ottica di fondo attraverso cui Londra vedeva e intendeva gestire i possedimenti di oltremare era quella del mercantilismo,
in cui le colonie dovevano costituire terminali di una rete di scambi commerciali che avrebbe accresciuto la ricchezza della nazione,
ma i cui interessi dovevano mantenersi chiaramente subordinati a quelli della metropoli.
Con i Navigation acts della seconda metà del 1600 l’Inghilterra impose all’America di esportare i prodotti considerati di particolare
valore solo alla GB e alle colonie inglesi; richiedevano inoltre che tutti i prodotti importati dovessero prima passare da Londra, e che
tutti i commerci da e per le colonie fossero effettuati da navi inglesi; inoltre era vietata alle colonie l'esportazione nella madrepatria
di una serie di prodotti considerati concorrenziali a quelli dell'industria inglese.
Questi atti non furono applicati fino al 1763, quando una nuova legge impose ai coloni americani di non attraversare la catena degli
Appalachi (Proclamation Line).
Altre leggi impopolari arrivarono nel 1764, con lo sugar act (nuovi dazi doganali), lo Stamp act (messa fuorilegge della moneta
coloniale) e, nel 1765 il Currency act (uso del bollo su documenti a stampa). Limiti e tasse suscitarono un’esplosione di proteste.
Nel 1770 la tensione era così alta che a Boston (massacro di Boston) i soldati inglesi spararono su una folla di manifestanti causando
cinque morti.
Nel 1773 sempre a Boston coloni travestiti da indiani gettarono in mare un carico di the della compagnia delle Indie inglesi.
Londra varò una serie di leggi repressive e la presenza delle giubbe rosse divenne fonte di grande risentimento.
Per coordinare la protesta nacquero dei comitati di corrispondenza, e successivamente patrioti delle varie colonie decisero di
inviare a Filadelfia rappresentanti per concordare un'azione comune contro Londra.
Si riunì così nel 1774 a Filadelfia il primo congresso continentale. L'assemblea dispose la creazione in tutte le località coloniali dei
comitati di vigilanza che incoraggiavano e a volte imposero il boicottaggio delle merci inglesi, organizzavano corpi di cittadini armati
e gestivano le tasse e la pubblica amministrazione.
Nella dinamica rivoluzionaria al problema delle tasse si aggiunsero una componente ideologica (gli americani vedevano il governo
come frutto del contratto tra cittadini che erano liberi di porvi termine) ed una religiosa (l’America, terra del cristianesimo puro,
doveva fungere da esempio per il mondo). Di fronte all’oppressione di Londra il Congresso firmò il 4 luglio 1776 una dichiarazione di
indipendenza che segnava la nascita degli USA fondandoli sulla sovranità popolare. Redatta quasi interamente dalla Virginiano
Thomas Jefferson la dichiarazione di indipendenza è una delle tappe cruciali della storia politica del Settecento.
Nell'aprile del 1775 un distaccamento di soldati inglesi marciò da Boston verso Concord, e un gruppo di patrioti fece fuoco sui
soldati costringendoli a una ingloriosa ritirata. Le ostilità si protrassero per 6 anni, i coloni organizzarono un esercito che affidarono
a George Washington; la chiave del conflitto consistette nella difficoltà per l’Inghilterra di imporre il controllo su un territorio così
vasto; decisiva fu anche l’alleanza con la Francia.
Nel 1783 la guerra finì col trattato di Parigi, che riconobbe l’indipendenza alle colonie.
Il trattato assegnava inoltre alla nuova Repubblica l’enorme e ancora in gran parte inesplorato territorio che andava dalla costa
atlantica al Mississippi. Al di là del grande fiume si estendeva la vastissima Louisiana, che francesi cedevano alla Spagna solo
temporaneamente, mentre a sud la Spagna manteneva i possedimenti della Florida.
Sotto il profilo sociale la rivoluzione portò devastazione in molte città, ridusse commerci e attività economiche ma segnò anche il
nascere di nuove manifatture e di nuove ricchezze.
Dei lealisti, spesso benestanti, gran parte abbandonò il paese e si vide confiscare i beni, che andarono in parte a coprire le spese di
guerra e in parte arricchirono soprattutto imprenditori e speculatori. Le élite tradizionali in parte si indebolirono le dovettero
concedere spazio maggiore alla rappresentanza e anni interessi dei ceti popolari.
La guerra comportò lo stravolgimento soprattutto del mercato finanziario e l'avvio di una fase di speculazione e di instabilità.
Proprio nello sforzo di controllare questa turbolenza nacque il loro secondo documento politico fondamentale nella storia degli
Stati Uniti: la costituzione del 1787.
LA COSTITUZIONE DEGLI USA
Le colonie americane emersero della rivoluzione in condizioni precarie.
Nelle zone di frontiera gli indiani erano attivi e ostili come non mai. Nel 1763 Pontiac cercò di bloccare la colonizzazione verso ovest
promuovendo una vasta alleanza tra le tribù indiane e attaccando in più punti gli insediamenti dei bianchi.
Molti giovani Stati versavano in forte difficoltà finanziarie. La guerra rivoluzionaria era stata finanziata anche mediante l'emissione
di titoli pubblici e banconote che poi si erano fortemente svalutati.
Dopo la rivoluzione in tutti gli stati vennero approvate nuove costituzioni, gli organismi rappresentativi furono ridefiniti abbassando
i criteri di censo, esecutivi e giudiziari vennero subordinati più fortemente alle nuove assemblee statali.
Nel marzo 1787 per iniziativa soprattutto dei grandi proprietari di piantagioni del sud dei grandi mercanti e speculatori del Nord 55
delegati si riunirono a Philadelphia e redassero una costituzione totalmente nuova, che reimpostò il corso politico del paese.
Le novità principali:
- per la prima volta una nazione nasceva dandosi una legge fondamentale scritta, che disponeva per la prima volta la
divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giuridico) predicata da Montesquieu come condizione per evitare che uno
Stato degenerasse in dispotismo e la guerra, e infine, segnava la nascita del federalismo contemporaneo.
- La costituzione fissa i tre poteri:
Il potere legislativo appartiene (art 1) ad un parlamento bicamerale, denominato congresso, formato dalla camera dei
rappresentanti e dal senato federale;
il potere esecutivo è esercitato da un presidente (art 2) con mandato quadriennale, eletto dai grandi elettori, capo dello
stato e del governo, comandante dell’esercito e della marina.
L’organo supremo di giustizia (potere giudiziario art 3) del paese è la corte suprema federale; la costituzione dispone
meccanismi attraverso i quali i 3 poteri possano bilanciarsi a vicenda.
- Un colpo alla camera dei rappresentanti degli Stati legge numero di membri proporzionale al numero dei suoi abitanti.
- Al Senato di Stato a un numero fisso di due senatori.
- Il parlamento bicamerale con doppia forma di rappresentanza è divenuto il modello per tutti gli Stati federali.
Gli Stati Uniti d’America nascono con un grande progetto di sviluppo solo però per gli uomini bianchi dato che rimanevano
discriminati indiani e schiavi neri (19%) e avvantaggiati i ceti superiori nel comando.
LA DOTTRINA MONROE.
La guerra completò la crisi del vecchio partito federalista, e il paese rimase in un clima di concordia in cui non emersero chiare
divisioni politiche. Sebbene la presidenza rimanesse nelle mani di esponenti jeffersoniani, vennero adottati alcuni provvedimenti
hamiltoniani: venne approvato un nuovo mandato per la banca degli USA ed una tariffa doganale, inaugurando una politica
protezionista. In politica estera il filone isolazionista del presidente George Washington si scontrava con quello espansionista.
Il primo presidente americano vedeva negli stati uniti una realtà eccezionale con dei principi democratici che non andavano corrotti
con la relazione con un mondo corrotto, problematico come quello europeo.
In opposizione a questa posizione c’è una prospettiva di carattere espansionistica. Già con Jefferson questa ideologia secondo la
quale gli americani dovessero espandere nel resto del mondo la loro ideologia e i loro valori, all’allargare il loro territorio e
affermare la propria supremazia. È quindi evidente a questo punto l’eccezionalismo (gli americani hanno il diritto di espandersi
perché eccezionali). Isolazionismo ed espansionismo sono due modi di vedere il ruolo degli stati uniti nel mondo che dominano nel
corso del Novecento.
Comunque, i primi 30 anni della storia statunitense furono anni di espansione ed acquisizione e la dottrina Monroe era in linea con
questi. Dopo la fine delle guerre napoleoniche, infatti, le potenze europee cominciarono a discutere di spedizioni militari per
riportare le ex colonie dell’America del sud sotto i legittimi sovrani.
Monroe dichiarò che avrebbe considerato atto ostile ogni intromissione europea in questi stati; in realtà la dottrina Monroe
ribadiva che questi stati erano esclusiva sfera di influenza americana. Questo è un evento molto importante e periodizzante per la
storia mondiale perché per la prima volta una realtà extra Europa si pone in contrapposizione contro quel continente che ha
sempre avuto l’egemonia mondiale. La dottrina Monroe segna quindi una trasformazione negli assetti politici mondiali.
2. DALL’ASCESA DELL’OVEST ALLA GUERRA CIVILE AMERICANA
L’ESPANSIONE ECONOMICO-TERRITORIALE.
Fino al 1860 gli USA conobbero uno sviluppo demografico, territoriale ed economico e 17 nuovi stati furono ammessi all’unione. A
sostenere il sviluppo americano furono una serie di fattori:
1. si verificò una rivoluzione dei trasporti: nuove strade vennero costruite, il trasporto via acqua, reso possibile dall’avvento del
battello a vapore, venne esteso con l’apertura del canale dell’Erie, venne costruita la prima ferrovia (Baltimore-Ohio). A ciò si
aggiunsero l’invenzione del telegrafo e delle rotative a vapore.
2. l’agricoltura era ancora alla base dell’economia; furono messe a coltura molte terre grazie alla meccanizzazione che aumentò la
produzione per il mercato interno ed anche internazionale (aratro meccanico e mietitrice meccanica).
3. un’industrializzazione sempre più rapida andava acquistando peso crescente, con sviluppo del settore tessile, metallurgico,
meccanico, della produzione di carne in scatola.
4. il governo federale diede contributi importantissimi al capitalismo attraverso la politica finanziaria e terriera e con le iniziative
militari. La politica protezionista aiutava la crescita dell’industria nazionale, accanto alla quale era schierata anche la corte suprema,
proteggendo con le sue sentenze l’istituzione di società d’affari (corporations) e convalidando iniziative pubbliche a sostegno del
business.
5. lo sviluppo degli USA si avvalse anche dell’immigrazione dall’Europa del nord, che conferì agli USA il suo carattere multietnico.
IL CONTRASTO NORD-SUD.
L’invenzione della Cotton gin (Ely Whitney inventa un dispositivo per la lavorazione del cotone molto più efficiente e veloce) fece
esplodere la coltura del cotone negli USA (il cotone venne definito l’oro bianco), che veniva esportato per i ¾, faceva del sud una
terra ricca e rendeva gli schiavi essenziali.
Il Sud degli Stati Uniti arrivò a coprire il 70% di tutto l'export statunitense facendo del Sud una terra ricca. Lo stesso cotone segnò il
Sud dal punto di vista razziale e sociale dato che l'aumento del carico lavorativo portò a un incremento dell'importazione di schiavi
rendendoli fondamentali per il sistema economico. Definita istituzione peculiare, la schiavitù divenne nel sud la base di una società
profondamente diversa sia da quella dell'ovest che da quelle del Nord.
La società sudista risultò comunque meno ricca e dinamica di quella del Nord, poiché le industrie rimasero deboli poco diffuse, e
con esse le banche le istituzioni finanziarie; anche i trasporti si svilupparono decisamente meno che nel resto del paese.
I tre quarti della popolazione bianca non possedeva schiavi, ed era costituito da agricoltori che vivevano isolati nelle loro fattorie.
Esisteva una ristretta classe media di commercianti, artigiani, piccoli professionisti, ministri del culto, insegnanti che risiedeva
soprattutto nelle piccole città della costa. Gli schiavi erano affiancati da una quota di neri liberi fortemente discriminati. I grandi
proprietari di schiavi e in particolare una ristretta élite di grandi piantatori dominava saldamente la vita economica, sociale e
politica del sud.
La divergenza nord-sud si aggravò fino a diventare scontro aperto per molti motivi:
1. il sud era contrario al protezionismo, che proteggeva le industrie del nord e costringeva il sud a comprare a prezzi più alti di quelli
che avrebbe trovato sul mercato internazionale se non fossero stati imposti dazi.
2. i rapporti nord-sud erano svantaggiosi per l’agricoltura meridionale, poiché erano i commercianti del nord ad esportare il cotone
del sud e a vendere al sud i propri macchinari. L'agricoltura si trovava subordinata alla finanza e al commercio, in molti piantatori si
trovavano in condizioni di costante indebitamento.
3. molti leader del sud erano contrari ad un governo federale forte, che ritenevano schierato a difesa degli interessi del nord.
4. Questi contrasti assunsero anche una dimensione ideologico-culturale: il sud vedeva il nord meschino e avido, il nord vedeva il
sud amorfo e passivo.
Il terreno di scontro cruciale fu la questione della schiavitù, duramente criticata dal nord dove si formò un movimento abolizionista;
il sud reagì esaltando la società meridionale come superiore. Intellettuali politici del sud accusavano quelle del Nord dell'ipocrisia,
sottolineando come attaccassero la schiavitù ma consentissero al tempo stesso che un’enorme massa di lavoratori venisse
brutalmente sfruttata nelle fabbriche.
Il nord con le sue critiche non era mosso da sentimenti di uguaglianza rispetto ai neri, tutt'altro: l'opinione pubblica, soprattutto a
Ovest, era particolarmente razzista. Decisiva fu la questione dell’estensione della schiavitù nelle terre dell’ovest. Il problema solo se
per la prima volta convissute, un territorio colonizzato prevalentemente da coloni del sud che consentivano la schiavitù. In quel
momento l'unione era composta da un numero quali gli Stati schiavisti e non schiavisti. Il Missouri con un compromesso fu
ammesso come stato che consentiva la schiavitù, insieme a quello del Maine dove invece era abolita. In tal modo l'unione
continuava ad essere composto da un numero uguale di stati schiavisti e non schiavisti. Da quel momento la schiavitù non sarebbe
stata consentita al di sopra del parallelo 36º e 30’ corrispondente al confine sud del Missouri.
L’ERA PROGRESSISTA
Il dirompente sviluppo capitalistico dell'ultimo quarto dell’Ottocento aveva creato sperequazioni e contraddizioni che andavano
ben al di là della crisi delle campagne.
Il potere politico era spartito tra i potentati economici e le organizzazioni politiche locali, che strumentalizzavano gli immigrati.
Le grandi società di affari (trusts e corporations) dominavano l’economia e le masse popolari vivevano nel degrado e sottoposte ad
uno sfruttamento: gli USA sembravano avviarsi verso crescenti divisioni interne, tensioni etniche e sociali.
Per fronteggiare questa situazione si diffuse una nuova ondata di riformismo da parte del partito repubblicano, chiamato
progressismo, di cui fu protagonista il ceto medio. Questa è appunto una stagione nel corso della quale si cercò di rimettere ordine
nel caos sociale, nel sistema economico, di risolvere le contraddizioni che lo sviluppo economico aveva generato. Era ben visibile
una crescita però crescevano le tensioni sociale legate al fatto che questa ricchezza non era distribuita equamente.
La cosiddetta era progressista fu caratterizzato dalla nascita di un'intensa attività da parte di numerose organizzazioni laiche e
religiose, impegnate in diversi progetti di riforma sociale, umanitaria, istituzionale.
1. nei quartieri poveri vennero create le settlement houses, centri sociali che organizzavano corsi e conferenze per migliorare le
condizioni di vita dei cittadini.
2. nacque una vera e propria legislazione del lavoro e la previdenza sociale, con l’adozione di assicurazioni pubbliche e pensioni di
vecchiaia.
3. la politica venne riformata, vennero promosse forme di democrazia diretta, venne introdotta una tassa sul reddito e l’elezione
diretta dei senatori.
4. il sistema delle spoglie venne sostituito dall’attribuzione degli incarichi su basi di merito e qualifica teorica.
5. economicamente ci fu una vera e propria lotta contro i trusts, che corrompevano i politici minando la democrazia. Le grandi
aziende vennero sottoposte a controlli e regole per riaprire il mercato anche alle aziende più piccole.
Col tempo anche il business iniziò a collaborare, capendo che una regulation dell’economia poteva proteggere il mercato.
Il protagonista di questo riformismo fu Theodore Roosevelt. Roosevelt detestava i nuovi ricchi ed era deciso a rafforzare l’autorità
federale e in particolare la presidenza, sostenne con vigore le misure di regolamentazione economica e intraprese alcune iniziative
antitrust che fecero scalpore.
Roosevelt non poneva in questione il capitalismo ma distingueva trust cattivi, ovvero quelli che operavano danneggiando
apertamente gli interessi di consumatori e cittadini adottando pratiche scorrette per dominare il mercato.
Il progressismo prima ancora che livello federale si dispiegò livello di alcuni stati, soprattutto del middle West che sostennero con
vigore il varo di riforme politiche e l'adozione di misure di legislazione sociale, da leggi contro lavoro minorile alle assicurazioni
mediche contro gli infortuni, a provvedimenti per l'istruzione.
Il periodo progressista fu quello in cui le scienze sociali conobbero grande sviluppo. Le riforme progressiste avevano come filo
conduttore l'idea che i problemi della società potessero essere risolti attraverso un approccio scientifico, basato sulla raccolta di
dati precisi, sulla formulazione di possibili soluzioni per mezzo di considerazioni tecniche, sulla creazione di organismi di esecuzione
e controllo altamente specializzati.
Questo approccio portò al varo di forme di governo cittadino in cui l'amministrazione della città veniva affidata a un vero e proprio
manager retribuito piuttosto che a un sindaco politico, e a livello statale produsse moltissimi boards cui veniva demandato il
compito di studiare ad affrontare le più diverse questioni. Ciò implicava un rilevante spostamento dalla politica all'amministrazione.
Una simile impostazione rispecchiava il desiderio dei progressisti di rafforzare il potere esecutivo per sottrarre le scelte politiche alle
assemblee legislative corrotte, ma rivelava anche le implicazioni di classe della loro azione.
Il progressismo animato soprattutto dal ceto medio e al fondo operava un moralismo di matrice religiosa. Oltre a queste riforme
prese il via anche una vera crociata proibizionista, con aggressive campagne contro la vendita di alcolici.
Si radicò anche il femminismo, che riuscì ad ottenere, nel 1920 il suffragio femminile.
I maggiori limiti del progressismo si riscontrano in ambito razziale: i neri e gli indiani non preoccuparono i riformatori.
LA GUERRA FREDDA
Dopo la Seconda guerra mondiale Washington si orientava verso una politica estera con ambizioni globali, la quale si scontrava con
la politica dell’URSS in quella che è passata alla storia come guerra fredda.
L’alleanza che aveva sconfitto il nazifascismo andò rapidamente sgretolandosi:
- Stalin sostenne l’instaurazione di repubbliche popolari nei paesi dell’est (Polonia, Ungheria, Romania, Cecoslovacchia,
Bulgaria), che vennero sottoposte al controllo dell'Urss e saldate in un blocco economico-militare attraverso il patto di
Varsavia ed il Comintern. Anche gli USA si sforzarono di improntare l'ordine postbellico ai propri interessi, sostenendo le
forze conservatrici europee.
- Gli Usa inaugurarono nel 1947 il Piano Marshall, un vasto piano di aiuti e finanziamenti, che contribuì a risollevare
l’Europa. L'Europa occidentale venne costituire un blocco di orientamento liberal-democratica e capitalista relativamente
compatto, sotto l'egida degli Stati Uniti, inquadrato nella Nato e contrapposta a quello comunista.
Secondo la scuola ortodossa la responsabilità primaria a delinearsi dei blocchi del nascere della guerra fredda risiede
nell'espansionismo sovietico.
Stalin avrebbe coltivato un progetto di estensione dell'influenza comunista in cui si fusero la spinta ideologica del comunismo e la
continuità con il tradizionale imperialismo russo, che fin dall’Ottocento aveva perseguito l'obiettivo di controllare l'area caucasica e
di ottenere sbocchi marittimi e commerciali. Di fronte agli sforzi sovietici per acquisire il controllo dei paesi dell'est europeo nel
1946 Churchill avvertì che su di esse stava accadendo la cortina di ferro.
L'anno seguente Truman enunciò la “dottrina Truman”, secondo cui l’America aveva il diritto-dovere di opporsi al predominio della
Russia nel nome della difesa della libertà. Quattro mesi dopo il diplomatico e studioso Kennan ripropose la tesi di un espansionismo
comunista in azione e della necessità per gli Stati Uniti di contenerlo.
Nacque la dottrina del Containment, secondo la quale l’America doveva contrastare, ovunque si manifestasse, il comunismo.
La scuola revisionista ha invece messo l'accento sulle responsabilità americane, ponendo la guerra fredda in continuità con
l'ambizione di imporre al mondo un ordine liberal-capitalistico funzionale agli interessi americani.
In quest'ottica Washington avrebbe intrapreso iniziative quali il lancio della bomba atomica, la stipulazione di accordi finanziari
internazionali, il varo del piano Marshall dando prova di un disegno egemonico mondiale che fu percepito come aperta minaccia
dell'Urss, contribuendo a spingerla su una linea di contrapposizione costante.
La storiografia più recente è pervenuta una sorta di sintesi: USA e URSS erano due superpotenze, ideologicamente, politicamente,
economicamente contrapposte. La guerra fredda, tuttavia, non fu predestinata e inevitabile ma fu in buona parte frutto di una serie
di scelte politiche compiute progressivamente dalle élite dei due paesi.
Il confronto tra Stati Uniti e unione sovietica venne posto, anziché su un piano di realismo e del relativismo, su un piano di
contrapposizione radicale, ideologica e persino morale.
Per gli Stati Uniti ciò fu dovuto a un misto di sopravvalutazione dell'avversario, fiducia eccessiva nelle proprie forze, preconcetto
ideologico anticomunista, approssimazione e massimalismo nell'analizzare la scena internazionale. Ma si radicò anche nel desiderio
di mantenere il ruolo egemonico conquistato con le due guerre mondiali e nella tradizionale vocazione a proporre il modello
statunitense come esemplare.
Gli Stati Uniti si autonominarono guida del mondo libero e intrapresero la strada di un inedito, diretto coinvolgimento nelle vicende
non solo europee, ma mondiali.
A rendere particolarmente sinistra la loro contrapposizione fu la presenza dell’arma nucleare, in possesso di entrambe a partire dal
1949. Fortunatamente Washington e Mosca non giunsero mai allo scontro aperto dato che il loro conflitto rimase appunto una
“guerra fredda”, limitata alla costante competizione diplomatica ed economica e alla corsa agli armamenti.
Durante la guerra fredda gli USA acquisirono un’influenza senza precedenti: facevano parte del consiglio di sicurezza dell’ONU (Usa,
Urss, Cina, Inghilterra e Francia), che però era esposta ai veti paralizzanti dei membri permanenti.
A seguito della stipulazione dell’Alleanza Atlantica e della formazione della NATO gli Stati Uniti installarono in diversi paesi
numerose basi militari. In Italia gli Stati Uniti imposero l'extra-territorialità delle proprie truppe e subordinarono l’apparato di difesa
nazionale ai vertici Nato.
Sulla scena politica interna Washington sostenne con decisione i partiti di centro-destra (specie la democrazia cristiana) giungendo
ad appoggiare attività segrete illegali finalizzate ad evitare il rischio di un'ascesa al potere del partito comunista.
Gli americani occuparono militarmente il Giappone fino al 1951, ne scrissero la nuova costituzione, imposero la presenza di basi e
contingenti bellici e lo tennero di fatto sotto tutela politica. Nel resto dell'estremo oriente l'egemonia americana fu
istituzionalizzata nel 1954 dalla creazione della SEATO (south-heast Asia Treaty organization) simile alla NATO, in cui vennero uniti
diversi paesi dell’area.
M in realtà l’egemonia fu fortissima in America Latina dove gli USA intervenirono anche con interventi militari e ingerenze politiche
per proteggere gli interessi americani.
La lotta al comunismo divenne il pretesto per sostenere ancora più apertamente regimi spesso ferocemente democratici e per
contribuire reprimere movimenti popolari riformatori che rivendicavano maggior giustizia sociale.
Lo strumento più tristemente famoso della guerra fredda fu la C.I.A. creata nel 1950, utilizzata per combattere il comunismo nel
mondo attraverso colpi di stato e azioni militari clandestine. Nel 1953 e nel 1954 i servizi segreti americani orchestrarono colpi di
stato in Iran, dove fu instaurato un regime favorevole alle compagnie petrolifere occidentali rovesciato poi nel 1979 dalla
rivoluzione khomeinista, e in Guatemala.
Decisivo nel sistema di potere americano fu anche l'aspetto economico. Nel 1944 a Bretton Woods gli Stati Uniti e i paesi
occidentali diedero vita organismi finanziari come in fondo monetario internazionale e la Banca mondiale per mezzo dei quali
veniva garantita la stabilità dell'economia internazionale e rafforzata la centralità del dollaro nella finanza globale, oltre che istituite
prassi di intervento internazionale.
Queste col tempo sarebbero diventate un potente mezzo di influenza e condizionamento politico in cui Washington ottenne una
posizione dominante grazie al fatto di esserne il principale finanziatore.
Nel 1950 scoppiò in Asia una grave crisi: nonostante l'attivo sostegno di Washington alle forze anticomunista di Chiang Kai Shek nel
1949 la Cina era caduta in mano ai comunisti di Mao Tse Tung. Tra la Cina comunista e Mosca sembrava potersi saldare una
temibile alleanza e Washington cominciò a ritenere importante arginare l'ondata rossa nel sud-est asiatico.
Lo scontro si materializzò in Corea, divisa in una parte settentrionale comunista ed una meridionale filooccidentale.
Quando nel 1950 truppe del Nord Corea invasero il sud gli Stati Uniti intervennero. La guerra di Corea durò dal 1950 al 1952 e si
risolse con un nulla di fatto: gli Usa dovettero accettare una pace senza vittoria e il ristabilimento del confine tra le due coree al 38º
parallelo compromesso comportato anche dall'intervento della Cina che nel corso del conflitto rifornì di truppe del fronte
comunista e che rischiò di innescare la guerra totale.
La guerra ribadì lo status quo, ma servì a dimostrare che la contrapposizione fra i due blocchi poteva condurre il mondo ad un
olocausto nucleare.
Nelle elezioni presidenziali degli anni 80 e 90 votò in media la metà circa degli elettori, l'altra metà era costituita dai ceti più bassi e
la loro scarsa istruzione e povertà privava di un senso autentico di cittadinanza.
Il mancato esercizio del diritto di voto è la prova della vastissima esclusione sociale e politica che costituisce il maggiore fallimento
della democrazia americana.
Le linee di fondo della politica reaganiana furono mantenute dal suo successore Bush, il quale dovette tuttavia fronteggiare tra 89 e
92 una nuova grave fase recessiva per l'economia.
Fu durante la sua presidenza che il blocco sovietico si sbriciolò ed egli godette di popolarità nel 91 quando la coalizione guidata
dagli USA vinse la guerra del Golfo ma ciò non riuscì a compensare la sua impopolarità sul fronte interno
Eletto sbandierando lo slogan "nessuna nuova tassa" in realtà fu costretto ad aumentare le imposte e sembrò incapace di
affrontare i problemi del paese oltre a non saper recuperare il controllo del debito pubblico.
Nel 92, dopo che una giuria aveva assolto un gruppo di poliziotti che avevano picchiato un cittadino di colore, a Los Angeles
esplosero i più gravi tumulti razziali degli ultimi decenni.
Nelle presidenziali del 92 il giovane democratico Bill Clinton prevalse ma gli anni seguenti avrebbero visto ancora in primo piano la
nuova destra.
Gorbacev sapeva che dopo decenni di totalitarismo e sottosviluppo il suo paese era prossimo al collasso, inoltre l'URSS continuava a
sostenere guerriglie comuniste in diversi paesi del mondo e aveva trovato un suo Vietnam: l'Afghanistan.
L'armata rossa invase il paese per sorreggere un governo filocomunista ma le truppe sovietiche non riuscirono a sconfiggere i
mujahedin e la sanguinosa e durissima guerra provocò dure perdite in tutti i sensi.
In questo contesto la sfida di una nuova fase di corsa al riarmo si dimostrò insostenibile per Mosca che cercò di negoziare con
Washington un disarmo progressivo.
Dall'82 USA e URSS si impegnarono negli Strategic Arms Reduction Talks (START) che portarono a una serie di accordi, culminati
nello START I e START II. Queste intese dimezzarono gli arsenali delle due potenze, ma nemmeno lo sforzo di ridurre le spese
militari bastò al blocco sovietico per resistere.
Gorbačëv lasciò capire che Mosca non aveva più le risorse e la volontà di sostenere i governi comunisti europei e il mondo
assistette a un crollo del mondo sovietico incredibilmente rapido, anche la stessa URSS si disgregò.
L'evento di più alto valore simbolico fu nel dicembre dell'89 l'abbattimento del muro di Berlino che segnò la fine assoluta della
guerra fredda.
Il crollo dei regimi comunisti giunse inaspettato e fino alla viglia degli eventi dell'89 CIA e Dipartimento di Stato continuarono a
ragionare in piena continuità con gli schemi degli anni precedenti, questa clamorosa incapacità di previsione rivela la forza dei
preconcetti ideologici che costituirono l'anima e una indispensabile struttura della guerra fredda.
Lundestad ha proposto la tesi dell'"impero su invito", sostenendo che gli Stati Uniti in realtà furono invitati dalle nazioni europee e
da altre parti del mondo ad assumersi la responsabilità della loro sicurezza e che questa fu l'origine vera dell'impero americano;
effettivamente molti trattati di alleanza furono sollecitati dai governi occidentali e filoccidentali e molti paesi delegarono la propria
difesa alla potenza militare americana
Tuttavia, il rapporto tra USA e Stati alleati è sempre stato ambivalente: da un lato molti paesi si sono affidati alla protezione
americana, dall'altro gli Stati Uniti hanno operato sempre all'interno di un disegno egemonico finalizzato a tutelare i propri interessi
strategici ed economici.
La dottrina Reagan che il presidente enunciò nell'85 sosteneva il diritto degli USA a intervenire attivamente in altri paesi per
sostenere i Freedom fighters che si stessero opponendo a governi o movimenti comunisti, ciò aprì la strada a nuove sanguinose
operazioni concentrate ancora una volta nell'America meridionale e specialmente centrale, dove la minaccia del comunismo venne
utilizzata per dare nuova urgenza e legittimità al è predominio americano.
La dottrina Reagan ispirò anche molti altri interventi, gli USA armarono e foraggiarono pesantemente la guerriglia islamica
antisovietica in Afghanistan, dando un contributo essenziale alla sua vittoria finale, ma anche promuovendo quel fondamentalismo
islamico che si sarebbe rivolto contro la stessa America.
Il confronto-scontro con l'URSS fu contornato da una serie di interventi anche molto aggressivi, ufficiali o segreti, che impegnarono
gli Stati Uniti in molti scacchieri, anche per questo, dopo il crollo del blocco sovietico, la proiezione internazionale degli USA sembrò
avvicinarsi ad un vero e proprio predominio mondiale.
L'evento simbolico della nuova era fu la guerra del Golfo combattuta nel 91, l'Iraq, che gli Stati Uniti aveva aiutato per tutti gli anni
80 nella sua guerra contro l'Iran, invase nel 90 i Kuwait, oltre a appropriarsi del petrolio di questo Stato, piccolo ma ricco di
giacimenti, il leader iracheno Saddam Hussein sembrava puntare al predominio su tutta la regione del Golfo Persico e Bush non
esitò a intervenire: con un enorme dispiegamento di forze, dimostrarono nell'operazione Desert Storm l'assoluta superiorità
militare americana.
L'Iraq fu sconfitto e il Kuwait restituito all'oligarchia di sceicchi e petrolieri che lo controllava, Saddam Hussein però non venne
rovesciato, e mantenne negli anni successivi atteggiamenti di aperta sfida.
Il mondo arabo restava pervaso da forti sentimenti antiamericani e antioccidentali
Sullo slancio della vittoria, Bush affermò che il paese aveva oramai superato la sindrome del Vietnam e che era giunto il tempo di un
"nuovo ordine mondiale" basato sul liberismo economico e garantito dalla potenza americana, la realtà si sarebbe dimostrata ben
più complicata; gli USA erano rimasti indubbiamente, l'unico superpower del pianeta, ma ciò non equivaleva certo all'onnipotenza.
Tra la fine degli anni 80 e i primi anni 90 anche il Giappone cominciò a dimostrarsi insofferente della pesante tutela politica cui gli
Stati Uniti l'avevano sottoposto dal 45.
Nel 91, infine, scoppiò la guerra nella ex Jugoslavia, la quale dimostrò l'impotenza della NATO di fronte a conflitti a carattere etnico-
mafioso.
Anche Bush proseguì la tradizionale politica di interventi in America Latina, ordinando una clamorosa invasione di Panama; nel 1989
una spedizione di marines prelevò il presidente Noriega dalla sua residenza per portarlo in Florida, dove fu processato come
trafficante di droga.
Difronte a un consumo di stupefacenti crescente nel paese, W. Intraprese una serie di interventi militari contro le zone di
produzione dell'America Latina, queste missioni furono in realtà ingerenze plateali, che servirono anche a reprimere i movimenti di
guerriglia di sinistra ancora operanti di diverse regioni e a ribadire la sovranità limitata di cui godevano le nazioni latinoamericane.
BARAK OBAMA
Esponente del partito democratico, Barak Obama è stato eletto nel novembre del 2008 presidente degli Stati Uniti d’America e
rieletto nel novembre 2012.
Obama fu il primo nero ad occupare la carica politica più importante d’America e del mondo. Già questo rappresentava per le
minoranze di colore, e in particolare gli afroamericani, una conquista di inestimabile valore. Ma giungendo alla Casa Bianca Obama
si ritrovò automaticamente in un momento di gravissima crisi del paese e del sistema economico internazionale, incarnata dal
fallimento della Lehman Brothers.
L’economia fu dunque il primo settore in cui dovette intervenire, con misure straordinarie. L’amministrazione varò un gigantesco
pacchetto di investimenti pubblici, a cui si aggiunsero altri provvedimenti successivi.
Di certo la crisi non si è affatto risolta istantaneamente; la disoccupazione è continuata a salire fino al 2010.
Nel corso del 2009, tuttavia, gli indici di Wall Street sono gradualmente tornati a salire. Obama ha rivendicato il merito di questi
risultati attribuendoli al suo stimulus plan.
La seconda grande iniziativa politica in cui Obama si è lanciato nella prima fase della sua presidenza è stata una storica riforma del
sistema sanitario statunitense. Gli Stati Uniti non hanno mai costruito un sistema sanitario universale per dare copertura medica a
tutti i cittadini. La health care reform fu uno degli impegni principali proclamati incessantemente da Obama durante la campagna
elettorale. Nella sostanza la nuova legge ha introdotto l’obbligatorietà dell’assicurazione medica per tutti i cittadini, unita ad
agevolazioni fiscali e altri meccanismi per renderla accessibile.
Obama ha indubbiamente portato una svolta significativa in molti campi della politica interna. Ha posto fine alla politica fiscale
favorevole agli strati più ricchi della popolazione; ha lanciato programmi per il rafforzamento della scuola americana.
Obama ha portato cambiamenti profondi anche in politica estera presentandosi da subito ostile alla guerra contro l’Iraq