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CAPITOLO 17- STATO E SOCIETA’ NELL’ITALIA

UNITA

Al momento dell'unità l'Italia era abitata da circa 22 milioni di persone. 


Tra questi altissimo era il tasso di analfabetismo e pochissimi erano coloro in
grado di usare correntemente la lingua italiana: si ricorreva all'uso del dialetto. 
Intorno al 1860 l'Italia era uno dei paesi europei con il maggior numero di città, ma
la maggior parte era priva di attività produttive di grande rilievo, dal momento
che le poche industrie si trovavano lontano dai grossi centri. 
La maggioranza degli italiani viveva nelle campagne e viveva di agricoltura.

Nella Pianura Padana si erano sviluppate le aziende agricole moderne che


1. erano condotte con criteri capitalistici
2. impiegavano   manodopera salariata.

L'Italia centrale era invece dominata dalla mezzadria: la terra era divisa in poderi
e ogni podere produceva il necessario per il mantenimento della famiglia che vi
lavorava.

Nel Mezzogiorno e nelle isole la situazione era molto diversa.


Qua l'agricoltura si basava sul latifondo:
1. grandi distese coltivate a grano
2. la popolazione era concentrata in pochi borghi rurali.
3. I contadini si nutrivano solo di pane e legumi
4. vivevano, in particolare al Sud, ammassati in piccole e malsane abitazioni. 
5. La situazione era sconosciuta alla maggior parte dell'opinione pubblica.
6. Mancava un sistema di comunicazione fra le varie parti della penisola.

9.2 La classe dirigente: Destra e Sinistra


I successori di Cavour si attennero alle linee di politica da lui impostate:
1. una politica rispettosa delle libertà costituzionali
2. Accentratrice
3. liberista in campo economico
4. laica.

• La destra storica: il gruppo dirigente che governò ininterrottamente il paese nel


primo quindicennio era costituito da: piemontesi, Lombardi, Emiliani e toscani,
minore era la presenza di meridionali.
Era un gruppo dirigente abbastanza omogeneo, sia dal punto di vista sociale sia sotto
il profilo politico.
La forza di destra era costituita da un gruppo di Centro Moderato; la vera destra si
era autoesclusa dalle istituzioni del nuovo stato in quanto non ne riconosceva la
legittimità.

• La sinistra storica: i mazziniani e i repubblicani si rifiutarono di partecipare


all'attività politica ufficiale.
La sinistra si appoggiava su una base sociale, formata da:
1. gruppi piccolo-medio borghesi delle città
2. gruppi di operai e artigiani nel nord, esclusi dall'elettorato.

Le rivendicazioni della sinistra riguardavano:


1. il suffragio universale
2. il decentramento amministrativo
3. il completamento dell'unità, da raggiungersi tramite la ripresa dell'iniziativa
popolare.

Destra e sinistra erano espressione di una classe dirigente molto ristretta.


La legge elettorale piemontese:
• estesa a tutto il regno
•concedeva il diritto di voto solo a quei cittadini che avessero compiuto 25 anni
• sapessero leggere e scrivere
• pagassero almeno 40 lire di imposte all'anno.

9.3 Lo stato accentrato, il Mezzogiorno e il brigantaggio


I leader di destra erano disposti a riconoscere la validità del sistema decentrato
basato sull'autogoverno delle comunità locali.
Nella realtà, però, c'era l'esigenza di un controllo capillare su tutto il paese,
portando la destra verso un modello di Stato accentrato basato su una rigida
gerarchia di funzionari dipendenti dal centro.

Importanti furono le leggi unificatrici, tra cui:


• La legge Casati sull'istruzione obbligatoria: creava un sistema scolastico
nazionale e stabiliva il principio di istruzione elementare obbligatoria.

Il problema principale del nuovo governo riguardava il malessere del


Mezzogiorno: nelle province meridionali il malessere delle masse contadine si
univa a una diffusa ostilità verso il nuovo ordine politico.
I disordini degenerano in rivolte.

Tutte le regioni del mezzogiorno continentale furono interessate dal fenomeno del
brigantaggio dove bande irregolari di briganti si mescolavano ai contadini insorti
e assalivano i piccoli centri e li occupavano per giorni, distruggendo tutto.
I governi reagirono con una durissima repressione militare.
II fenomeno fu sconfitto nel giro di pochi anni.
9.4 La politica economica e i costi dell'unificazione
I governi della Destra Storica dovettero affrontare il problema dell'unificazione
economica del paese: bisognava
1. unificare sistema monetario-fiscale
2. eliminare le barriere doganali
3. costruire infrastrutture in modo da facilitare i collegamenti in tutto il paese.

Subito si diede inizio allo sviluppo della rete ferroviaria.


Continuò a svilupparsi l'industria della seta, mentre declinarono le altre produzioni
tessili e anche i settori siderurgico e meccanico.
Inoltre, la scelta liberista:
1. aggrava le condizioni dei pochi nuclei industriali del sud Italia.
2. l'abbattimento delle barriere doganali rese possibile un piccolo accumulo
di capitali che favori la realizzazione delle infrastrutture che si riveleranno
indispensabili per il successivo sviluppo industriale
La dura politica fiscale determinò un ancora pessimo tenore di vita, ma fu
necessario:
• per la costruzione delle vie di comunicazione
• per coprire i costi dell'unificazione:
•dell'amministrazione
•dell'istruzione
•dell'esercito.

La situazione si aggrava dopo il '66, a causa di una crisi internazionale e anche delle
spese sostenute per la guerra contro l'Austria.

Fu introdotto, nel '67, la circolazione obbligatoria della carta moneta emessa dalle
banche autorizzate (ciò significava che lo Stato poteva autorizzare la stampa in
maggiore quantità).
La situazione precipitò quando, nel '68, fu imposta la tassa sul macinato che colpiva
le classi più povere.

9.5 Il completamento dell'unità


Un altro problema che dovette affrontare la Destra Storica fu quello di completare
l'unità, quindi di portare a termine l'annessione di Veneto, Trentino e soprattutto
di Roma e del Lazio.
Era proprio la presenza del Papa a Roma costituire il problema più spinoso:
•Non solo per via dei rapporti con la Francia, che manteneva un suo corpo di
occupazione a Roma e costituiva sempre per l'Italia l'alleato più sicuro e il principale
partner economico
• il clero rappresentava l'unico punto di riferimento culturale, anche perché nella
scuola pubblica erano soprattutto gli ecclesiastici a insegnare.
Cavour aveva già avviato trattative informali con il Vaticano in vista di una
soluzione che assicurasse al papa e al clero piena libertà di esercitare il proprio
magistero spirituale, in cambio della rinuncia al potere temporale e del
riconoscimento del nuovo stato.
Le sue proposte si scontrarono contro Pio IX.
Nel 1862, Garibaldi tornò in Sicilia e rilanciò pubblicamente il progetto di una
spedizione contro lo stato pontificio.

Quando Napoleone III fece capire di essere deciso a impedire con la forza un
attacco contro Roma, il re Vittorio Emanuele Il fu costretto a sconfessare
l'impresa garibaldina.
Quindi decretò lo stato d'assedio in Sicilia e in tutto il mezzogiorno, il 29 agosto
2000 volontari sbarcati in Calabria sotto il comando di Garibaldi furono intercettati e
Garibaldi fu arrestato.
I governanti italiani riannodarono le trattative con Napoleone III e conclusero un
accordo in base al quale si impegnavano a garantire il rispetto dei Confini dello
Stato pontificio, ottenendo in cambio il ritiro delle truppe francesi dal Lazio.

Un altro punto cruciale era la liberazione del Veneto.


L'occasione fu offerta da Bismarck che si preparava ad affrontare la guerra con
l'impero asburgico.
La partecipazione italiana fu decisiva per l'esito del conflitto poiché impegnò una
parte dell'esercito austriaco e rese possibile quindi la grande vittoria prussiana a
Sadowa.
Dalla successiva pace di Vienna, I'Italia ottenne solo il Veneto, senza la Venezia
Giulia e il Trentino, regioni abitate da italiani.
La situazione venutasi a creare dopo l'esito deludente della guerra con l'Austria diede
il via all'attività dei gruppi democratici di opposizione:
1. Mazzini intensificò la propaganda per una Rifondazione repubblicana dello
Stato
2. Garibaldi cominciò a progettare una spedizione a Roma.

Questo nuovo tentativo Garibaldino conteneva un nuovo elemento: i volontari


avrebbe dovuto appoggiarsi a un'insurrezione preparata dagli stessi Patrioti romani.
Si sperava di giustificare l’insurrezione presentandola come un atto di volontà
popolare ed evitare così l'intervento francese. Ma i francesi non tardarono a
intervenire.
L'impresa era già praticamente fallita quando le truppe francesi attaccarono le forze
garibaldine e le sconfissero dopo un duro combattimento.

L'occasione per la conquista di Roma sarebbe stata offerta dalla guerra franco-
prussiana.
Nel 1870, il governo italiano decise di mandare un corpo di spedizione nel Lazio e
di avviare un negoziato col Papa. Pio IX rifiutò ogni accordo: le truppe italiane
entrarono nella città presso Porta Pia.
Qualche giorno dopo, un plebiscito proclamava l'annessione di Roma e del Lazio.
Con la legge approvata nel maggio del 71 il Regno d'Italia:
1. si impegnava a garantire al pontefice le condizioni per il libero svolgimento
del suo magistero spirituale
2. al papa venivano riconosciute caratteristiche simili a quelle di un capo di
stato
Pio IX invitò ad astenersi da ogni partecipazione alla vita politica dello stato, e si
trasformò in un divieto pronunciato dalla curia romana e riassunta nella formula del
non expedit.
9.6 La sinistra al governo
Nella prima metà degli anni '70 aumentò il numero dei deputati che non si
collocavano né a destra né a sinistra, ma si definivano indipendenti o di centro.
Si accentuarono le fratture interne alla destra e buona parte della sinistra
parlamentare si spostò su posizioni più moderate.

Veniva emergendo:
1. una sinistra giovane
2. poco sensibile alla tradizione democratico-risorgimentale
3. attenta alla tutela dei propri interessi.
Nel 1876, la Destra si presenta divisa alla discussione di un progetto per il passaggio
alla gestione statale delle ferrovie.
Il governo Minghetti, messo in minoranza, presentò le dimissioni.
Agostino Depretis fu incaricato di formare il nuovo governo e nelle elezioni del
novembre del '76, la sinistra riportò un nettissimo successo.
Giunge al potere un nuovo ceto dirigente diverso per formazione e per estrazione
sociale.
Il programma della sinistra si basava su pochi punti fondamentali:
• Allargamento del suffragio elettorale;
• Riforma dell'Istruzione elementare che ne assicurasse l'effettiva obbligatorietà
e gratuità;
• Sgravi fiscali soprattutto nel settore delle imposte indirette;
• Decentramento amministrativo. (Progetto che fu completamente accantonato).

La prima riforma fu quella dell'Istruzione elementare che ribadiva l'obbligo della


frequenza portandolo fino a 9 anni.
Legato al problema dell'Istruzione era quello dell'ampliamento del suffragio, che
costituiva il punto centrale di tutto il della sinistra.
La nuova legge elettorale concedeva il diritto di voto a tutti i cittadini che
avessero compiuto il ventunesimo anno di età e dimostrassero di saper leggere e
scrivere.
Le prime elezioni a suffragio allargato, nell'ottobre dell'82, videro l'ingresso alla
Camera del primo deputato Socialista, Andrea Costa.
La svolta moderata di Depretis ebbe come conseguenza il definitivo distacco dalla
maggioranza dei gruppi democratici che continuavano a battersi:
1. per il suffragio universale
2. per una politica estera anti-austriaca
3. per una politica ecclesiastica anticlericale.

9.7 Crisi agraria e sviluppo industriale Fra le cause della caduta della
Destra c'era il malcontento provocato dalla sua politica economica.
I governi della sinistra cercarono di andare incontro a queste esigenze:
1. la tassa sul macinato fu abolita.
2. Aumentò la spesa pubblica per coprire le spese militari e per avviare un
processo di industrializzazione.

Questa politica provocò la ricomparsa del deficit nel bilancio statale.


I miglioramenti dell’agricoltura c'erano stati soprattutto nelle zone e nei settori già
progrediti: nella Pianura Lombarda e nelle colture specializzate del mezzogiorno.
Nella Bassa Padana vennero effettuati i lavori di bonifica promossi da imprenditori
capitalisti.
In tutto il resto d'Italia, i lavoratori delle campagne erano sottopagati, malnutriti,
analfabeti nella stragrande maggioranza.

A partire dal 1881, l'Italia cominciò a risentire degli effetti della crisi agraria che si
manifestò con un brusco abbassamento dei prezzi dei cereali e poi tutta la
produzione agricola, a eccezione delle colture da esportazione.
Al calo dei prezzi seguì un calo della produzione.
Ciò portò allo spostamento dalle campagne alle città e soprattutto verso l'estero.

Da un lato, la crisi agraria costituì un fattore di ritardo per il decollo industriale


italiano ma per altri versi finì col favorirlo o almeno a renderne più evidente la
necessità.
La sinistra era contraria all'intervento dello Stato nell'economia ma un primo
mutamento di rotta si ebbe nel '78, con l'approvazione di una serie di dazi doganali,
offrendo protezione ai prodotti dell'industria italiana.
Nel 1884, fu realizzato un nuovo complesso siderurgico, le Acciaierie di Terni, con
lo scopo di raggiungere l'autosufficienza in materia di armamenti.

I dazi furono allargati anche ai cereali. Nell'immediato, la tariffa dell'87 accentua gli
squilibri fra i vari settori dell'economia e fra le varie zone del paese perché non
proteggevano in modo uniforme i diversi comparti produttivi.
▪️l'industria meccanica non era abbastanza protetta
▪️mentre i progressi nei settori laniero e cotoniero si accompagnarono al declino
dell'industria della seta.

Per quanto riguarda l'agricoltura, il dazio sul grano provocò un immediato al rialzo
del prezzo dei cereali e contribuì a tenere in vita realtà produttive arretrate.
9.8 La politica estera: la triplice alleanza e l'espansione coloniale Nel
maggio 1882, il governo Depretis stipulò con la Germania e l'Austria Ungheria il
trattato della triplice alleanza, sgradita all'opinione pubblica italiana.
Durante il congresso di Berlino del 78, I'Italia era rimasta a mani vuote.
Un altro fatto importante riguardava l'affare tunisino: l'Italia considerava la Tunisia
come il naturale sbocco di un'eventuale azione coloniale.

La triplice era un'alleanza di carattere difensivo: gli Stati firmatari si garantivano


reciproca assistenza in caso di aggressione.
All'atto della stipulazione l'Italia rinunciava alla rivendicazione delle terre del
Trentino e della Venezia Giulia.

La situazione diplomatica dell'Italia migliorò nell'88, in occasione del rinnovo della


triplice, quando furono inserite nel trattato due nuove clausole:
1. la prima stabiliva che eventuali modifiche territoriali nei Balcani sarebbero
avvenute di comune accordo fra Italia e Austria e che in caso di svantaggio di
una delle due potenze, questa sarebbe stata bilanciata da adeguati compensi.
2. La seconda clausola prevedeva che la Germania si impegnasse a intervenire
a fianco dell'Italia in caso di un conflitto provocato da iniziative francesi in
Marocco o in Tripolitania.

Il governo Depretis-Mancini aveva ritenuto opportuno porre le basi per una


iniziativa coloniale e acquista la baia di Assab, sulla costa meridionale del Mar
Rosso.
Gli italiani cercarono di stabilire buoni rapporti con l'Etiopia, ma quando tentarono
di allargare il loro controllo territoriale verso l'interno, dovettero scontrarsi con la
reazione della popolazione locale.
500 militari italiani furono sterminati

9.9 Movimento operaio e organizzazioni cattoliche In Italia


Dati i ritardi nello sviluppo industriale, la classe operaia italiana era costituita solo
per una minoranza da proletariato di fabbrica.
Le società di mutuo soccorso, inizialmente dominate da mazziniani e moderati,
persero terreno a favore del movimento internazionalista che in Italia ebbe
essenzialmente indirizzo anarchico.
Gli anni 80 videro una notevole crescita del movimento operaio, con la fondazione
di federazioni di mestiere e camere del lavoro, leghe bracciantile e cooperative
agricole.
Nel 1892 fu fondato il partito dei lavoratori italiani (poi partito socialista).
Nonostante il non expedit vietasse la partecipazione dei cattolici alle elezioni
politiche, La presenza cattolica nella società italiana, soprattutto nelle campagne, era
massiccia.
L’elezione di Papa Leone XIII, più aperto verso i problemi della società moderna,
favorì l’impegno sociale dei cattolici e lo sviluppo delle loro organizzazioni.
Alla morte di Depretis divenne presidente il consiglio Crispi: alla sua politica
autoritaria e repressiva si accompagnò un importante riorganizzazione
dell’apparato statale.
La sua politica estera portò alla guerra doganale con la Francia e ad un maggior
impegno in Africa orientale.
Gli atti di maggior rilievo del nuovo governo Crispi furono:
1. la riforma bancaria (nascita della Banca d’Italia)
2. la proclamazione dello stato d’assedio in Sicilia
3. le leggi antisocialiste
4. l’ulteriore spinta all’azione coloniale che portò alla guerra con l’Etiopia

La sconfitta di Adua causò la fine politica di Crispi.

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