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Premesse (1 slide)

Dopo la morte di Camillo Benso conte di Cavour, il 6 giugno del 1861, il Regno d’Italia perdeva la guida
che l’aveva condotto verso l’Unità. L’assenza della sua visione unitaria e della sua competenza politica
lasciarono il governo italiano in una situazione di incertezza e instabilità. L’Italia non era ancora del tutto
unita: Veneto, Trentino e, soprattutto, Roma mancavano all’appello. Il Meridione era un focolaio di
rivolte, a causa dell’aumento delle tasse per risanare le spese delle guerre d’indipendenza e dell’introduzione
della leva obbligatoria. Infine dalla possibilità di moti rivoluzionari anti-monarchici.

In questo contesto, quindi, la presa di Roma dipendeva da numerosi fattori e contingenze, che convinsero i
governi italiani a temporeggiare fino al 1870. I fattori che analizzeremo sono i legami diplomatici con il
Secondo impero francese, il timore della figura di Garibaldi, i primordi della questione meridionale e
l’intrinseco cattolicesimo del governo e dei reali italiani.

I legami diplomatici (2 slide)

Il primo fattore riguardava i legami diplomatici con la Francia. Napoleone III era stato l’alleato
fondamentale di Cavour nel corso della Seconda guerra d’indipendenza. Solo grazie al suo non interventismo
l’esercito sabaudo era riuscito a conquistare le legazioni pontificie di Toscana, Emilia Romagna, Umbria,
Marche e Abruzzo.

Inoltre, per garantirsi il sostegno dei cattolici francesi, Napoleone III assunse il ruolo di protettore del papa:
in questo modo, il Regno d’Italia non avrebbe potuto attaccare Roma senza inimicarsi la Francia e
rischiare una guerra contro il potente alleato.

Garibaldi (3 slide)

Il secondo problema riguardava la presenza di Giuseppe Garibaldi e del suo esercito di volontari nel
Meridione. Nonostante la sua dimostrata fedeltà alla causa unitaria, i regnanti piemontesi ne temevano il
carisma e l’influenza che esercitava sugli italiani.

Per questo, ben due volte, i Savoia lo fermarono nella sua marcia verso la conquista di Roma.

Così, la chiusura del fronte nord-orientale convinse il governo italiano a fornire segretamente fondi e
armamenti a Garibaldi per attaccare Roma. La notizia della nuova spedizione garibaldina, però, arrivò
presto alla corte francese e Napoleone III, per evitare una crisi politica interna con le fazioni cattoliche,
ordinò lo sbarco di un corpo di spedizione francese a Civitavecchia, per difendere il papato dai volontari.

A questo punto, saputo della mobilitazione francese, il re Vittorio Emanuele II condannò la spedizione
garibaldina, declinando ogni tipo di coinvolgimento del Regno d’Italia nell’organizzazione della spedizione.
Così, lasciato nuovamente solo, Garibaldi venne sconfitto dalle truppe franco-pontificie a Mentana, alle porte
di Roma. Questo avvenimento contribuì a inasprire i rapporti tra i più forti sostenitori dell’unificazione
nazionale e Napoleone III e a gettare le basi per la campagna del 1870.

Questione meridionale ( 4 slide)

Terzo fattore fu la necessità di impiegare diversi corpi d’armata nel Meridione, per sedare i moti
insurrezionalisti e di brigantaggio che attraversarono quelle terre negli anni post unitari. Prima
l’imposizione della leva obbligatoria, mai istituita dai Borboni nel Regno delle Due Sicilie, e poi la
svalutazione della moneta e l’introduzione della tassa sul macinato, causarono violente rivolte e
costrinsero i Savoia a dirottare una consistente parte delle loro forze militari al Sud per mantenere il controllo
dei territori appena annessi.
Il cattolicesimo (5 slide)

In ultimo, il governo italiano e gli stessi reali erano innegabilmente di fede cattolica e fino all’ultimo
tentarono una risoluzione diplomatica della questione romana. Fino alla vigilia del 20 settembre 1870, gli
ambasciatori del Regno tentarono di convincere Pio IX a cedere Roma e il Lazio senza combattimenti e solo
il totale rifiuto del papa a qualunque resa pacifica portò finalmente alla battaglia.

La presa di Roma (6 slide)

Così, otto giorni dopo la sconfitta di Sedan e l’arresto di Napoleone III, il 10 settembre 1870 Lanza
ordinava di attraversare il confine laziale. Dopo aver incontrato poca o nessuna resistenza fino a Roma,
all’alba del 20 settembre 1870 incominciarono i cannoneggiamenti delle mura pontificie. La battaglia per
la presa di Roma veniva combattuta solo simbolicamente: non si contarono più di settanta morti tra entrambi
gli schieramenti. Fu solo a causa della caparbietà del Papa di voler asserire la sua contrarietà
all’annessione che si persero quelle settanta vite. Alle ventitré dello stesso giorno, i reggimenti italiani
entravano vittoriosi nella città capitolina, dopo lo sfondamento di Porta Pia e la resa ordinata dal
comandante pontificio Kanzler.

Si concludeva così il Risorgimento italiano. Roma era presa, dopo anni di tentennamenti, indecisioni e dietro
front. Il Regno d’Italia si era formato, grazie alla capacità dei suoi uomini politici di sfruttare i dissidi
dell’epoca tra le grandi potenze europee.

La fine del ruolo del pontefice in Europa (7 slide)

Come già detto, però, l’evento fondamentale sancito dalla presa di Roma fu la fine dell’epoca in cui
l’autorità papale era stata decisiva per la storia internazionale dell’Europa. La Chiesa non era stata in grado
di adattarsi al mondo moderno risultato dalle rivoluzioni sette-ottocentesche, diventando sempre più
marginale sia nel campo sociale che nel contesto internazionale. Lo “ius publicum europaeum” si era liberato
dalle pastoie religiose e l’affermazione degli Stati liberali aveva portato alla fine della cristianità tradizionale.

Dopo più di mille anni di egemonia spirituale e diplomatica, il pontefice perdeva la sua autorevolezza
di guida spirituale del mondo cristiano e la sua autorità come capo di Stato.

Fonti:

Formigoni G. (2006), Storia della politica internazionale nell’età contemporanea, Bologna, il


Mulino

Cammarano F. (2009), Storia Contemporanea dal XIX al XXI secolo, Milano, Mondadori

Tuer Bury J. P. a cura di (1970), Storia del mondo moderno, Milano, Garzanti

Gueze R. a cura di (1970), Gli archivi del IV corpo d’esercito e di Roma capitale, Roma, Ministro
dell’Interno

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