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Per una pedagogia ermeneutica “extrametodica”

Il titolo della lezione è dovuto al fatto che oggi l’ermeneutica è carica di extrametodicità
poiché, secondo quanto sostenuto da Gadamer, la ricerca della via per la conoscenza e
per la verità non deve avvenire tramite il metodo scientifico, ma attraverso una riflessione
sull’esperienza che ha nell’estetica il suo punto di forza.

Il concetto di coscienza estetica non è in relazione soltanto con il mondo dell’arte; la


coscienza estetica ha orizzonti più ampi, in quanto è acquisizione da parte del soggetto di
una competenza riflessiva sull’esperienza secondo i parametri del bello inteso come
ricerca di senso, forma, armonia, equilibrio.

L’importanza della prospettiva estetica è assunta nelle linee indicate affinché diventi
scelta di vita consapevole, modalità relazionale, tesa alla comprensione e all’apertura
verso l’inedito, il non detto, l’inesplorato, il non ancora raggiunto.

Di fronte alla crisi della modernità, l’ermeneuticità educativa riconsidera l’esperienza


della bellezza come stupore della ragione e fonte d’amore per evitare le secche della
frammentazione, le logiche ideologiche totalizzanti, le accattivanti sirene del successo e
del denaro.

La ricerca del bello è scoperta del sé, espressione di autenticità e chiarificazione di scopi
e desideri.

Nell’epoca attuale, “succube della bellezza”1, abbiamo bisogno di recuperare il principio


fondamentale intorno al quale si costruisce la nostra cultura: il rapporto della bellezza con
la verità e il bene (mai assunti aprioristicamente, ma sempre ricercati nella loro
storicizzazione).

1
Cfr. G. Garelli, La questione della bellezza, Einaudi, Torino 2016.
Ecco che l’ermeneuticità si connota di tratti educativi degni di attenzione e tesi a
rintracciare nell’esperienza pratica la capacità di essere tolleranti, la volontà di dialogare
e la tensione ad essere felici.

La tolleranza è profondamente radicata nel pensiero occidentale, almeno a livello teorico.

Essa costituisce la risposta al conflitto tra diversi modi di vivere ispirati da cultura, civiltà
e religioni differenti.

La pedagogia ermeneutica ha addirittura costruito ponti di interculturalità, elaborando


modelli di convivenza sicuramente auspicabili.

J. Guitton2 individua almeno tre tipi di tolleranza:

• Verso le cose della vita, all’interno di uno stesso gruppo, nel senso di tollerare i
difetti degli altri, il loro carattere, il loro modo di fare le cose diversamente da noi;
• Verso gli stranieri, nel senso di non vederli come minaccia potenziale;
• Verso le convinzioni, nel senso di tollerare le differenze culturali, etiche, politiche
e religiose.

In una prospettiva ermeneutica, acquisire la capacità di essere tollerante vuol dire


sforzarsi di comprendere l’altro, rispettandolo nei modi di essere, nelle sue convinzioni,
nelle sue credenze e via dicendo.

L’altro non deve essere visto come una minaccia, ma considerato come una risorsa.

Il pericolo insito nel concetto di tolleranza è senza dubbio la deriva dell’indifferenza:


un’educazione che tenda all’indifferenza, d’altronde, sarebbe la negazione stessa
dell’educazione.

L’indifferente non ha prospettive, non ha attese, è un individuo che si lascia vivere.

L’altro, per l’indifferente, è come se non esistesse; di lui, neanche si parla. La tolleranza,
invece, è una fase di attesa che può preparare ad un momento molto più alto: l’amore.

2
Cfr. J. Guitton, Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, tr. it., Piemme, Casale Monferrato 1999.
Per quanto riguarda la categoria del dialogo, il “prestarsi ascolto” gadameriano consiste
eminentemente nel dare il proprio aiuto, nel prodigarsi, nell’adoperarsi per l’altro (e
viceversa).

Il dialogo non è un metodo conciliativo, ma è una partecipazione, un “prendere parte”


dell’altro nella sua esperienza umana.

L’ermeneuticità ha come suo tratto distintivo il senso dell’appartenenza alla situazione:


chi è nel dialogo appartiene alla situazione dialogante, non la vede cioè in maniera
oggettiva.

L’appartenenza implica un altro concetto, l’applicazione, che è uno degli aspetti


ermeneutici più qualificanti: con l’applicazione, il soggetto prende coscienza di essere
nella situazione dialogante. È nell’applicazione, ovvero nella pratica del dialogo, che si
comprende veramente perché, in quel momento, si appartiene all’altro.

Il capirsi l’un l’altro può avvenire solo se ci si presta reciprocamente all’ascolto.

Prestarsi ascolto è dunque un comportamento pratico che spinge il soggetto ad andare


oltre i propri limiti conoscitivi e interpretativi.

Attraverso il dialogo, quindi nella dimensione ermeneutica, si deve maturare la


disponibilità di imparare dall’altro per uscire da una visione “privata” delle cose.

La vera essenza dell’ermeneutica sta proprio in questa continua ricerca dell’ulteriorità,


che è poi ciò che dà senso all’educazione sia a livello personale che sociale e civile.

A livello personale, essa consente di non rinchiudersi nel proprio punto di vista, mentre a
livello sociale offre la possibilità di raggiungere una laicità matura, responsabile, tesa al
riconoscimento dell’altro che è alla base della comunità civile (insieme di famiglie di
gruppi intermedi che diventano popolo e poi nazione).

L’ermeneutica, tuttavia, possiede un’altra categoria esistenziale, ovvero la felicità e lo


star bene.

La felicità da sempre costituisce una delle massime aspirazioni dell’uomo; è finanche


presente nella Costituzione degli Stati Uniti d’America, ove si afferma addirittura il diritto
di ogni uomo ad essere felice.
Negli ultimi anni, la ricerca educativa si è interessata ad aspetti che implicano in via
naturale il concetto di felicità, quali, ad esempio, gli studi sulla pedagogia degli affetti,
dei sentimenti, dell’amore; tuttavia, solo di recente essa ha toccato direttamente
l’educazione alla felicità.

Se a livello psicologico la felicità consiste nello star bene, a livello sociologico nel creare
le condizioni sociali che consentano a tutti di star bene e a livello politico nella ricerca
del bene comune, per la pedagogia, secondo quanto individuato dal barone Richard
Layard3, l’essere felice consiste nel saper individuare un obiettivo e nel realizzarlo,
evitando quanto più possibile di soffrire, così da raggiungere una condizione esistenziale
pienamente soddisfacente per l’io.

Un’attività centrata sul soggetto attribuisce a quest’ultimo la capacità di scegliere in che


modo essere felice.

La responsabilità è unicamente del soggetto, al quale va impartita un’educazione mirata


che gli consenta di scegliere liberamente comportamenti, condotte di vita e orientamenti
valoriali.

L’educazione, quindi, non consiste tanto nella possibilità astratta di raggiungere mete che
rendano felici, quanto nel permettere al soggetto di individuare il modo migliore per
essere felice alla luce dei propri obiettivi e dei propri progetti di vita.

Educare a costruire un progetto di vita diventa la priorità assoluta della pedagogia.

La costruzione del progetto di vita personale, del romanzo della propria vita, può e deve
avvenire nella logica del possibile, in modo da superare per un verso il fantastico,
l’utopico e per l’altro il becero realismo, patologia del moderno che blocca l’esistenza sul
nichilismo e sull’assenza di valori.

L’uomo, infatti, deve riappropriarsi di sé, e in questo cammino lungo e faticoso la


pedagogia ermeneutica può ritagliare orizzonti di senso che, nell’ottica della possibilità e
della compatibilità storica, consentono al soggetto di sentirsi felice nell’assolvere il
proprio dovere.

3
Cfr. R. Layard, Felicità, tr. it. Rizzoli, Milano 2005.
L’uomo è veramente felice quando va oltre il presente, quando si lancia nel futuro.

In questa proiezione, le sue categorie fanno sì che il pedagogico incontri la storia e che
questa, a sua volta, si carichi di un compito pedagogico: portare il singolo a riconoscere
il senso del suo cammino esistenziale.

Bibliografia

• Garelli Gianluca, La questione della bellezza, Einaudi, Torino 2016;

• Guitton Jean, Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, tr. it., Piemme, Casale
Monferrato 1999;

• Layard Richard, Felicità, tr. it., Rizzoli, Milano 2005;

• Pagano Riccardo, Educazione e interpretazione. Profili e categorie di una


pedagogia ermeneutica (nuova edizione riveduta e ampliata), ELS-La Scuola,
Brescia 2018.

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