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Il titolo della lezione è dovuto al fatto che oggi l’ermeneutica è carica di extrametodicità
poiché, secondo quanto sostenuto da Gadamer, la ricerca della via per la conoscenza e
per la verità non deve avvenire tramite il metodo scientifico, ma attraverso una riflessione
sull’esperienza che ha nell’estetica il suo punto di forza.
L’importanza della prospettiva estetica è assunta nelle linee indicate affinché diventi
scelta di vita consapevole, modalità relazionale, tesa alla comprensione e all’apertura
verso l’inedito, il non detto, l’inesplorato, il non ancora raggiunto.
La ricerca del bello è scoperta del sé, espressione di autenticità e chiarificazione di scopi
e desideri.
1
Cfr. G. Garelli, La questione della bellezza, Einaudi, Torino 2016.
Ecco che l’ermeneuticità si connota di tratti educativi degni di attenzione e tesi a
rintracciare nell’esperienza pratica la capacità di essere tolleranti, la volontà di dialogare
e la tensione ad essere felici.
Essa costituisce la risposta al conflitto tra diversi modi di vivere ispirati da cultura, civiltà
e religioni differenti.
• Verso le cose della vita, all’interno di uno stesso gruppo, nel senso di tollerare i
difetti degli altri, il loro carattere, il loro modo di fare le cose diversamente da noi;
• Verso gli stranieri, nel senso di non vederli come minaccia potenziale;
• Verso le convinzioni, nel senso di tollerare le differenze culturali, etiche, politiche
e religiose.
L’altro non deve essere visto come una minaccia, ma considerato come una risorsa.
L’altro, per l’indifferente, è come se non esistesse; di lui, neanche si parla. La tolleranza,
invece, è una fase di attesa che può preparare ad un momento molto più alto: l’amore.
2
Cfr. J. Guitton, Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, tr. it., Piemme, Casale Monferrato 1999.
Per quanto riguarda la categoria del dialogo, il “prestarsi ascolto” gadameriano consiste
eminentemente nel dare il proprio aiuto, nel prodigarsi, nell’adoperarsi per l’altro (e
viceversa).
A livello personale, essa consente di non rinchiudersi nel proprio punto di vista, mentre a
livello sociale offre la possibilità di raggiungere una laicità matura, responsabile, tesa al
riconoscimento dell’altro che è alla base della comunità civile (insieme di famiglie di
gruppi intermedi che diventano popolo e poi nazione).
Se a livello psicologico la felicità consiste nello star bene, a livello sociologico nel creare
le condizioni sociali che consentano a tutti di star bene e a livello politico nella ricerca
del bene comune, per la pedagogia, secondo quanto individuato dal barone Richard
Layard3, l’essere felice consiste nel saper individuare un obiettivo e nel realizzarlo,
evitando quanto più possibile di soffrire, così da raggiungere una condizione esistenziale
pienamente soddisfacente per l’io.
L’educazione, quindi, non consiste tanto nella possibilità astratta di raggiungere mete che
rendano felici, quanto nel permettere al soggetto di individuare il modo migliore per
essere felice alla luce dei propri obiettivi e dei propri progetti di vita.
La costruzione del progetto di vita personale, del romanzo della propria vita, può e deve
avvenire nella logica del possibile, in modo da superare per un verso il fantastico,
l’utopico e per l’altro il becero realismo, patologia del moderno che blocca l’esistenza sul
nichilismo e sull’assenza di valori.
3
Cfr. R. Layard, Felicità, tr. it. Rizzoli, Milano 2005.
L’uomo è veramente felice quando va oltre il presente, quando si lancia nel futuro.
In questa proiezione, le sue categorie fanno sì che il pedagogico incontri la storia e che
questa, a sua volta, si carichi di un compito pedagogico: portare il singolo a riconoscere
il senso del suo cammino esistenziale.
Bibliografia
• Guitton Jean, Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, tr. it., Piemme, Casale
Monferrato 1999;