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Ivo Lizzola.

Di generazione in generazione.
L'esperienza educativa tra consegna e nuovo inizio.

Premessa.
Di generazione in generazione è il tempo di riprendere il rapporto con la propria filialità, con la
relazione con l'altro.
Di generazione in generazione il passato è gravido di futuro e giustizia attesi.

Ritrovare l'infanzia.
Esposti e affidati.
L'ospedale dell'Annunziata a Napoli era nato per offrire cura ai malati anche di povertà , gli
insostenibili dalle famiglie. Questi venivano esposti alla cara, a volte affidati a famiglie
accoglienti.
Accoglienza e affidamento che erano pur sempre abbandono, offerta di fili/e(dati al mondo).
Questo segna , segni e destini di chi genera e di chi è generato.
Abramo e Isacco, vicenda di una paternità obbediente che accetta l'esposizione del figlio.
Far nascere=inadeguatezza(quasi colpa).
Nascere=essere salvati, incontrare la cura e chiedere di mantenere la promessa(tenerezza
della madre).
I padri possono elaborare male il senso di colpa nell'esporre i figli al sacrificio:cercando di
esprimere tutela o cercando di indurirli per il conflitto con il male.
Nascere è entrare in una distanza e cogliersi nella cura, nella fiducia. Sulla vulnerabilità del
bambino si instaurano relazioni, scambi, alleanze. Gli occhi dei bambini ci guardano
apertissimi, in piena povertà.
Immagini della prima settimana del mondo=immagini dell'evidenza del mondo che vengono
ritrovate ogni volta che da adulti l'esperienza ci impone l'evidenza del limite e del bisogno di
futuro.
Nell'intreccio tra memoria ed esposizione al futuro vengono abitati nuovi spazi , nuove
esperienze e vicinanze. L'infanzia ritorna come rispetto, rispetto di fronte ad ogni prima volta.
La fragilità ci porta a accettare l'incompiutezza e accettare di iniziare di vivere e morire e
recuperare nonostante questo la bellezza del vivere. Ritrovare l'infanzia significa capire di
essere fili , figli delle cure di qualcuno, l'esito dell'affettività. Riconoscersi figli vuol dire
riconoscere fratelli intorno a sé.
Viviamo però in un tempo in cui si tende a rimuovere le condizioni di debolezza e i vincoli,
rimane la nascita a ricordarceli. La nostra società affievolisce la responsabilità e l'affidamento
reciproco. Si diffonde il mito della perfezione e dell'autonomia, incapace di incontrare l'altro, di
riconoscersi figli. Chi è perfetto non perdona e non si perdona dalla colpa di essere perfetto e
non vede la relazione di fiducia con l'altro.
Il pane e la parola.
Ritrovare l'infanzia è anche cogliere che il mondo viene a noi ci arricchisce. Un cibo non donato
è come un veleno. L'esperienza del pane nell'infanzia è esperienza di un debito irrisarcibile e di
dono , è un pane che oltre allo stomaco nutre un legame. Il pane ricorda il debito originario, è
benedizione e riconoscenza, è un debito che non è da saldare. Il pane quotidiano ci da la
capacità di sentire la vita e il vincolo, dare e ricevere, ci fa sentire la nostra dipendenza come
non paralizzante.
Prendersi cura dei sentimenti dei bambini/e, coltivare in loro una competenza emotiva chiede
di cogliere le loro paure e ansie e le loro immaginazioni e manipolazioni con cui ordinano il
mondo. Hanno bisogno di essere visti e di vedere rispecchiato il loro modo di sentire e di
esprimersi. I bambini spiegano per come sentono e percepiscono; mondo interno ed esterno si
intrecciano. Sentono emozioni e chiedono racconti per dare parola e figura a un mondo
interiore ricco di conflitti profondi(es. Amore e paura).essi sono spinti da una motivazione
interna a partecipare alla vita degli adulti, ad imitarli.
La festa(gioco) da luogo a un evento di trascendenza perché si torna in piena possibilità ;si
entra nel gioco, ci si lascia ospitare nel presente, è un luogo di incontro disinteressato e di
godimento senza guadagno.
Il destino del sentire.
Il corpo, all'inizio, e stato corpo di affetti(anche affezioni e affiliazioni):ha sentito, ricevuto,
sopportato. Gli affetti ci hanno fatto sentire il corpo, sentire di essere il nostro corpo; si è
costituito il nostro sentire. Gli altri corpi è il mondo hanno abitato il nostro corpo. Il corpo ha
bisogni, chiede soddisfazioni;tutto diventa oggetto e consumo di un corpo affamato. Il sentire
profondo nel corpo dell'infanzia ripara il corpo dal sentire solo sé, violento e angosciato. il
corpo del sentire profondo è il corpo del piacere gioioso.
Gli incontri aiutano ad orientare tensioni ed energie, per dare parola e gesti a ciò che si sente.
Sentire gli altri, la bellezza , la vita. L'atrofia del sentire è un'intelligenza fredda, non
condizionata da affetti e sentimenti., questi uomini non vogliono sentire sé egli altri, né
interrogarsi su di loro. Si costruisce il “sonno del sentire”=indifferenza morale , sordità ai
valori. Sonnambulismo che può essere vivacissimo di immagini=stupore di stupidità, diverso
dallo “stupore di meraviglia”.
La vera conoscenza è riconoscere il valore di una cosa e contemplarla, interrogarsi. È una
esperienza del sentire non orientato, dell'ascolto aperto che ci riporta ancora all'infanzia.
Ritroviamo l'infanzia anche nei momenti di passività. La prima infanzia resta perduta da
quando la parola , la conoscenza, la relazione, ci hanno portato nel gioco del progetto, del
desiderio, del conflitto.
Stranieri tra noi.
Nel nostro tempo si è diffuso la preoccupazione per le vittime , per gli abbandonati. Per secoli
lo straniero lo abbiamo ricercatore curiosità o conquista;ora lo straniero ci raggiunge.
I genitori sono costretti dall'urgenza ad attingere alla tradizione della famiglia, operando
traduzioni di tradizioni, in un certo senso tradimenti di esse, e che devono fare i conti con
l'unicità di ogni vissuto personale, famigliare e comunitario. Il mito non replica, origina ogni
volta.. ciò richiede strategie pedagogiche e sociali per promuovere nuovi incontri e e sostenere
la ricomposizione.
L'individuo mette in relazione innumerevoli spazi, tempi e identità. Per ottenere questo occorre
coltivare la valorizzazione della diversità e la pratica della responsabilità; bisogna interrogarsi
anche su quali siano le regole comuni da mettere in atto per rendere sostenibile la diversità e
per usare l'esperienza dell'altro come strumento per la scoperta delle proprie specificità..
Siamo presenti nelle memorie altrui e loro abitano le nostre.
Io per distinzione/e in competizione dal tu—valorizza la singolarità. Ma c'è anche un “io contro
non
io”---comune paternità, fratellanza, vita unica la mia come la sua.. per creare questa terra di
mezzo si è dovuto attingere al passato delle memorie delle famiglie, delle storie, delle
tradizioni. Questa rivisitazione del passato chiede un riconoscimento dell'altro che va oltre lo
scambio:chiede la preferenza per l'altro. Nonostante la nostra differenziazione siamo l'unica
specie che è riuscita a mantenere un “umano che è comune”.
L'infanzia nella terra di mezzo.
Dare corpo alla comunità di stranieri chiede fraternità e obbligazione verso l'altro, una
declinazione dei diritti al duale, non più al singolare e plurale(ethos planetario). Uova
universalità:delle comunità di pratiche che costruiscono degli universali concreti invece che
formali.
La struttura dell'azione individuale forma le dinamiche macro-sociali, e i grandi processi
strutturali operano fino alle fibre della vita individuale.
Anche per proiettare il male sull'altro, l'altro deve essere portatore di una storia, di una
cultura, di un potere. Il “terzo” è un problema in più, ma anche una potenzialità in più.

2 Di padre in figlio.
figlio.
L'immaturità è la via per la saggezza( attraverso stupore e meraviglia nel bambino che gioca).
Nel bambino c'è fragilità e forza: sono esposti all'esercizio della forza, ma sono capaci di
perdono e di fiducia.
C'è un rinvio tra infanzia, innocenza e sofferenza;la sofferenza come via di
scavo(purificazione), di riduzione all'essenziale, ad una nuova ridonata innocenza.
Il frutto non è parte dell'albero; è un tutto, è altro e porta il seme .Qui si radica un possibile
conflitto tra le generazioni. Di generazione in generazione si può temere che la nuova si
erga sulla distruzione della vecchia.
Il nostri tempo è difficile per i legami. L'incontro si da in mondi e tempi diversi,attraverso la
distanza e il conflitto ed insieme nel riconoscimento e nel nuovo incontro. Il figlio per nascere
deve uscire dalla tutela del padre, il padre per non perdere sé (identità) non deve vivere il
figlio come una minaccia al proprio essere. Padre e figlio vedono rispecchiato ciascuno
nell'altro. Devono accettare la loro determinazione.
La speranza è memoria del futuro; l'avventura della filialità genera conoscenza e speranza.
Marcel sottolinea che la speranza è comunione contro l'isolamento e si coglie nella relazione.
La sfida educativa è anche sfida sociale.

Il legame sociale si costruisce solo sul presente, sugli interessi e sugli scambi di oggi, sulle
rappresentazioni e le ansie attuali.
Le reti vitali in cui di trovano i bambini arrivano fino a 4 generazioni, che si incontrano in un
gioco di affidamento e di affidabilità che ridisegna la logica dei ruoli e della forza.
Le reti familiari in cui la malattia entra per tempo prolungato provoca la necessità dei ruoli di
ridisegnarsi e rinascere. Qualunque forma assunta dalla rete familiare essa ruota attorno alla
cura di fragilità; dunque alla riscoperta della dimensione della filialità.
La sfida educativa è seria: nelle società “avanzate” si sta rischiando che le generazioni
rappresentino in estraneità le une dalle altre. L'antropologia sottolinea che tra le capacità del
genere umano c'è quella di ricreare le possibilità e le forme di vita al di là dei vincoli biologici.
Nelle trame familiari di vivono spesso processi di risimbolizzazione affettiva profonda del sé di
genitori e figli.

Verso il fratello all'inizio non ce debito. Il fratello definisce una successione, mette in crisi il
possesso in esclusiva e chiede aiuto: è insidia e ostacolo, ma anche sostegno e aiuto. Chi
cresce nel diritto esclusivo no può che faticare per crescere nella relazione fraterna. Dramma
interiore di chi è da prima. Anche nel dramma della dualità nasce la capacità di cercare la
fraternità. Nell'esperienza della fraternità, nell'infanzia si fa la prima esperienza di alterità;
l'altro come portatore di diversità radicale e rischiosa, preziosa e misteriosa. Legame tra pari e
tra simili.
Generare è subito lasciar essere.
Il dono ricevuto viene subito scambiato tra fratelli e l'asimmetria tra uomo e donna li salva
dall'illusione di poter fare una loro strada individuale. Li salva anche dal temere l'abbandono;li
riconduce ad una unicità che è rivelata proprio nell'affidamento, nel riconoscimento ottenuto.
Una fraternità comune che non ha bisogno della presenza evidente di un legame affettivo o di
sangue(f. In assenza). La fraternità è a monte dello scambio, una fraternità tra sconosciuti che
danno vita ad uno spazio comune di convivenza.
L'affido famigliare può essere solo quando si crea una fraternità in assenza tra genitori “capaci
e vulnerabili”.
Vivere il legame sociale , il legame tra generazioni come dimensione che precede e costruisce
identità complesse e in cammino, e libertà personali.

Chi vive nella parola vive le svolte importanti che avvengono nella vita perchè ascolta le
necessità, avverte i bisogni, e lui risponde in responsabilità(uomo di parola). Reggono
l'affidamento nelle decisioni. La parola si fa spazio e crea un tessuto connettivo, agisce tra di
noi, nell'aprire progetti sui territori, dentro le comunità. La parola è tramite umano fragile e
assieme saldo; nella parola si ascolta e si conserva la verità e nello scambio della parola si può
costruire una via comune. La parola è condividente.

Uomini e donne colgono il significato delle cose degli altri, dei moti interiori etc, attraverso la
parola. Nella parola si ad il mondo e la vita comune. Il linguaggio è universo intersoggettivo.
Il figlio affina il sentire nella cura e nella distanza,nei silenzi, nelle attese e nelle parole
essenziali. Impara a sentire cosa c'è nel cuore del padre anche quando c'è ombra e deserto.
Il conflitto è un altro dei luoghi educativi nell'incontro tra le generazioni, in esso è in gioco la
relazione stessa come valore e la dignità e dell'altro. Il conflitto può imprigionare nel contagio
mimetico anche se è luogo di conoscenza. Dal conflitto può emergere l'altrimenti non
necessariamente la distruzione.
Un altro luogo educativo è l'incontro con il dolore, la sofferenza;il senso di impotenza e di
svalutazione danno angoscia e sperdimento: si resta non più protetti, soli , nell'ansia. Poterlo
dire ed esprimere non ci annienta. E' importante aver fatto l'esperienza del dolore dell'altro,
restando vicini, imparando a condividerlo. Nella trama di tutti i giorni le relazioni non sono
piene, è nelle relazioni piene che l'essere di ciascuno si affina e si modifica, apprende nuove
modalità di esistenza.
La crisi dell'educazione svela la dissolvenza del valore della cura per le nuove generazioni.
Occorre lavorare per creare una sensibilità di fondo, l'esercizio di un arte del vivere che faccia
rifiorire le migliori capacità, la ricerca ed il riconoscimento delle proprie virtù, della propria
felicità.
Il soggettivismo nega il rilievo essenziale della testimonianza per la costruzione del soggetto,
porta a non riconoscere il debito, la consegna ricevuta nella testimonianza d'altri. La rimozione
della testimonianza è rimozione “della rimozione della verità del vivere”.
Nei racconti scambiati tra le generazioni si da la possibilità di ritrovare la propria esistenza
inscritta in una promessa di felicità, di verità.

3 Giovani chimici e giovani alchimisti.

Interpretare la propria età giovane è questione di posizionamento, non è esperienza scontata.


La giovinezza vuole un senso e va interpretata senza sottrarsi, in modo pieno e autentico. La
giovinezza è capace di capire il proprio tempo in modo inusuale, costruendo una sorta di
“identità” generazionale.
L'alchimista si concentra sulla fiamma delle opere degli uomini che ne custodisce il segreto
della vita. L'alchimia è arte di tenere insieme.
Conoscere sé partecipando al mondo senza restare soffocati dagli inganni.
Azione reciproca dei processi strutturali sociale e delle azioni individuali.
Per Weil esistere è “l'intreccio dei singoli che costituisce una dimensione comune, che balena
nella rete degli obblighi”. C'è una tensione a fare le cose da soli, ma non in solitudine, bensì in
piena responsabilità, ritrovandosi con gli altri.
Per Minervini(che riprende Weil) la relazione educativa è intesa come pratica dell'attenzione,
come esperienza di generosità. Chi è nella relazione educativa costruisce autonomia,
approfondisce il sentire nel corpo proprio, sperimenta il vivere insieme, nell'obbligazione, in
rapporto con l'umanità.
Il ruolo dell'educazione “consiste nel dare origine a movimenti”, il fine della cultura è “la
formazione dell'attenzione”.
Weil sottolinea come a volte si facci del pensiero una forza materiale che violenta e domina,
nel mito di una “certezza scientifica”.

Nel “sentimento di futuro” c'è incertezza (tra i ragazzi/e).


Il giudizio è la forma più diffusa di rivolgersi ai giovani.
Rischi dei legami di convivenza come le sofferenze urbane nel nord del mondo.
Entrare nel tempo “di generazione in generazione” è riprendere un rapporto profondo con la
propria filialità, sapendo di venire da altri, da un dono, e cogliersi in una identità relazionale e
narrativa:è nella relazionalità che ci cogliamo nella mostra unicità e nella nostra responsabilità
unica.
Ciò che resta, per le generazioni a venire, è il tratto di orizzonte definito in pratiche e decisioni
di responsabilità, sospensione.
I nostri tempi sono insieme di complessità e frammentazione del vivere. La relazionalità è fatta
di intercomunicazioni e riconoscimenti, non di appartenenze statiche. Io sono perchè tu sei.
Tornare è sempre anche un lasciare, in una sorta di doppia estraneità. Gli uomini e le donne
sono preziosi per ciò che portano: per ciò che portano in sé generando e per ciò che portano su
di sé , resistendo al male e assumendo i limiti.
In ogni incontro ogni singolo avverte una ricchezza propria e una sorta di esposizione sul senso
e sul mistero.
L'azione umana più propria è l'azione etica, quella in cui ci assumiamo responsabilità,
esperienza che resiste nel tempo, costitutive di spazi di vita comune nella convivenza.
L'uomo si costituisce come essere morale coltivando assieme nel rapporto generazionale la
conoscenza razionale.
Del passato facciamo memoria, del presente siamo testimoni, il futuro si da a noi nell'azione
che indaga, che accoglie l'altro reggendo il conflitto.
L'uomo occidentale è diventato insofferente verso la diversità. C'è una privatizzazione del
mondo e la storia diventa storia sacrificale, luogo di vittime e di idoli. Nell'età post moderna
della comunicazio, della tecnoscenza, del mercato, si dà una nuova e tragica produzione di miti
e di rappresentazione della purezza e dell'origine che rappresentano lo sfondo nel quale
crescono i bambini. Questo racconto chiede nuovi sacrifici. Ciò che costruisce il terrore non è il
consenso ideale e politico, ma un modernissimo autismo collettivo. La crisi dell'avvenire è una
conseguenza della migrazione nel presente della coscienza utopica, espulsa dal futuro. L'utopia
è all'opera tra noi in forma anonima, senza volto e senza identità, non si esprime, è in atto,
riassorbita nella trama della storia.
Per molti giovani l'immaginazione non rinvia più ad una liberazione, ad un futuro sognato, ma
rinvia ad una realtà normata, a un recupero. Va ritrovata l'utopia di una riconciliazione con la
nostra umanità, una concreta opera. Tenere aperto il futuro pare possibile solo abdicando al
progetto di costruire un mondo perfetto, che è il mito della modernità. La dimensione della
emancipazione va oggi rivisitata perchè integri in se i movimenti di ricomposizione, di tessitura
di responsabilità di cura e di riconoscimenti.

I giovani nella costruzione di un progetto di vita incontrano spesso realtà della distanza e della
freddezza nella convivenza sociale ; se il futuro è letto come minaccia , il senso di incertezza
attiva passioni tristi. La pressione culturale e sociale alla autorealizzazione fa avvertire il peso
di una ambigua e solitaria libertà. La benedizione che non si trova nei propri giorni prende
forma solo del calore dell'affetto intimo. La separazione tra la sfera privata degli affetti e quella
pubblica dei legami e delle norme è infeconda:occorre superare una ricerca di vivibilità come
garantita solo dagli affetti piuttosto che da legami e da impegni reciproci, e recuperare un
pensare per generazioni nelle famiglie e nella convivenza sociale,nell'educazione e nelle
politiche. La benedizione è promessa e affidamento. È nella benedizione che nasciamo e
possiamo riuscire a trovare noi e vita. Nella prospettiva della benedizione il tempo non è
lineare, non è tempo solo di progetti e realizzazioni. La benedizione fa si che il passato non sia
solo passato, il passato può essere riscattato. Una rottura instauratrice può prendere forma nel
perdono.
L'incontrare la fragilità, la fatica e la delusione può essere esperienza formativa importante per
i giovani, anche sentire la benedizione può essere difficile, si può temerla.
Spesso gli educatori ed i volontari entrano nelle storie(storie di fragilità e di dolore) delle
persone senza essere invitati. Il vero problema non è fare il bene , ma essere bene. Si crea
una legittima resistenza da parte di chi vive un dolore forte ed essendo riportato dal dolore a
se stesso e al suo corpo, non riesce ad accettare che qualcun altro voglia mettersi al suo
posto.. non si può mai essere al posto di chi soffre, si può solo essere prossimi. A volte le
resistenze crollano e si crea una sostituzione, anche questo non è un bene. Vi sono poi
persone che vivono come ultima strategia del resistenza del sé quella di non far entrare
nessuno, di non farsi aiutare, quasi fosse l'ultimo contatto che ha con se stesso. L'operatore e
il volontario devono accettare la resistenza e non pensare che la loro presenza sia legittima
solo perchè è buona.
Nella transizione tra i momenti formativi, si sentono le tensioni dello sradicamento, del
migrare. Nello sradicamento non è possibile la benedizione e ci si sente maledetti. La crisi delle
radici è ben visibile dell'affermarsi dell'indifferenza, nella deriva delle libertà
individualistico(logica economica, indebolimento dei legami). L'altro diviene minaccia, rivale.
L'altro che ci dava la benedizione ci mostra anche l'altra faccia, quella violenta ed invidiosa. Lo
sradicamento porta ad una radicale precarietà in una società del rischio e dell'incertezza. È il
prodotto dell'interdipendenza palnetaria., delle migrazioni e dei processi di omologazione.
Benedizione è restare nella relazione. La libertà responsabile si gioca nel tenere la distanza
senza coltivare sfiducia nelle relazioni.
L'esilio è un processo di sofferenza ma anche di elezione.
Il padre è colui che benedice, che apre la strada con la sua parola.
Scegliere è un potere che diventa un circolo infinito;poter scegliere è pensare di avere
disponibile per sè la realtà. Appena ne disponi però è come se si sottraessero

il nostro tempo è segnato da un incremento della distruttività. La guerra è la malattia della


civiltà. L'incontro educativo può divenire luogo di confusione, educare chiede la capacità di
adeguarsi al singolo caso. Mitezza è sentire l'altro. La relazione educativa è strutturalmente
originaria dell'uomo(per la sopravvivenza). La mitezza non è una virtù privata, ci mette in
contatto con il dolore e la gioia dell'altro. Lo sguardo mite immagina chiede e attende. il mite
affronta il presente per trasformarlo assumendo la dimensione del futuro e della possibilità, più
che del passato e della necessità.

4 Nei luoghi della relazione educativa.


educativa

In questi anni c'è fatica e fragilità nell'iniziazione alla vita adulta, in quanto mancano i riti di
iniziazione e l'adolescenza non è più vissuta come un inizio. Si stabilisce una continuità
indifferenziata, nonostante le transizioni ed i cambiamenti.
Non coltivare una ossessione per l'autonomia e l'autosufficienza può aprire al gusto di gesti
gratuiti. Imparare a coltivare relazioni di indipendenza/interdipendenza, apre a capacità di
scelte e comportamenti nuovi e responsabilità.
La strategia educativa deve ricostruire la capacità di relazionare, significare, intenzionare.
Attenersi alla relazione costruisce una”unità di senso” con l'altro.
La pratica della libertà è legata allo scoprirsi autonomi in relazione.
La cura dell'altro è una esperienza importante per la cura del sé.
Gli adolescenti non sono molto aiutati a sentire una vocazione propria. Nelle prove della vita va
conquistata la distinzione tra la “consegna” di generazioni precedenti e la “responsabilità”
verso le generazioni a venire.
Tra emozioni forti e nuove e pensieri che cercano un rapporto con la realtà, servono momenti
nei quali interpretare, nei quali dare direzione alle emozioni per far nascere pensiero dalla vita
reale

Occorre avere attenzione all'intreccio che vivono le nuove generazioni tra forme di legame
sociale e nuove combinazioni di significati, tra il senso personale attribuito alle scelte e la
condivisione di attribuzioni di valore, tra esercizi di autonomia e fatiche relazionali.
Vivono la fatica di fare e restare gruppo, perchè le risorse emotive e culturali impiegate per
fronteggiare i problemi di costruzione dell'identità, di collocazione sociale e lavorativa, mettono
alla prova i legami del gruppo. Il gruppo è un territorio affettivo e cognitivo. Il territorio dei
presidi educativi, delle forme istituite della convivenza , può accogliere la domanda di incontro
e di esperienza dei singoli e dei gruppi, perchè i giovani possano maturare anticorpi e
progettualità inedite nella società del rischio, con attenzione e sguardo aperto, non orientato.
Metabolizzazione culturale ed etica.
Occorre ripensare e praticare funzioni non solo di relazione sociale, ma anche di tessitura di un
ethos condiviso, organizzando vita sociale, progettazione e responsabilità attorno ai luoghi
fondativi del legame di convivenza. Situazioni etiche in cui costruire pensieri accomunati con
l'apporto di più soggetti, culture e competenze. Giovani e adulti, nei luoghi aggregativi portano
storie complesse di migrazioni, separazioni, dissesti economici-----disagio sociale e relazionale,
disorientamento esistenziale.
Comunità è ciò che è comune ed è fatto in comune tra donne e uomini(Bonandrini); reciproca
cura, evidenza etica, speranza.
Strategie di iniziativa sociale e pedagogia sociale tese a inscrivere nel contesto territoriale le
vite ,i comportamenti e le difficoltà, per cogliere i tratti di un contesto poco individuabile.
Lavoro di mediazione delle rappresentazioni dei problemi e di pratiche di libertà, di
responsabilizzazione. Con le relazioni si amplia il campo intersoggettivo. La cura ha una forte
dimensione iniziatica. Pratica della cura e apertura all'altro contribuiscono a strutturare
autonomia, maturazione interiore all'esporsi e al gioco di sé, emancipazione di timori e rifiuti.
Crescere nella coscienza di sé è conquista di riflessività e di legame. La coscienza è luogo
intimo e dialogico. La scienza individuale vive nel riconoscimento e nella contestazione di una
coscienza collettiva. Per fare cose in coscienza occorre che esercitiamo l'arte
dell'introspezione(competenza educativa).
La scuola. Si tratta di rendere significativo l'incontro tra diversità attorno al lavoro di
apprendimento. Utile a orientare nel rapporto con la propria cultura e nel rapporto con gli altri;
a costituirsi come soggetti morali. E' capace di accogliere ciò che sta fuori la scuola. Sfida
culturale ancora prima che educativa. La scuola è uno dei luoghi più sensibili e ricettivi della
complessa transizione che viviamo.
La scuola assorbe e rende visibili le tendenze alla separazione diffidente e al conflitto tra
generazioni. Ospita e assorbe tutto questo, ma offre anche un luogo di metabolizzazione e
trasformazione.
Due movimenti vanno promossi:quello della ridislocazione, del percepire e dire del proprio sé
che cambia in relazione al contesto di vita che cambia; e quello che nasce strutturando nel
campo esperienziale un asse verso l'altro, il futuro e l'inedito.
Questi sentimenti si danno nel sentire l'altro ed il mondo, nel contatto con il proprio pensare.
La scuola va riconosciuta come luogo della coltivazione del valore unico do ognuno, della
scoperta do sé e del mondo,della conoscenza come ricerca e scoperta, delle conoscenze e del
rinnovamento. La vita della scuola non si deve ridurre al rapporto tra giovani e mercato del
lavoro. In questo senso la scuola si aziendalizzata “funzionalizza” le discipline ed i saperi,
diventa addestramento. Neutralizza la natura educativa dell'incontro tra generazioni.
Bruner--- le persone organizzano le loro esperienze prevalentemente sotto forma di racconto.
Le narrazioni aiutano a comprendere la propria vita a chiarire le direzioni possibili e definire le
scelte. Il racconto nel tempo della vicenda umana costituisce l'identità: una identità narrativa
dinamica, che include il cambiamento e le trasformazioni negli sviluppi della vita; critica perchè
sottopone a verifica e riflessione la vita.
La riflessività è un esercizio non spontaneo.
La forma dell'identità nel tempo è storia di vita vissuta. In questa storia si incontrano il tempo
oggettivo e quello soggettivo. La prospettiva dell'esterno(il me), incontra la prospettiva del sé
individuale(l'io) e si apre un confronto, un lavoro di correzione e apprendimento e affermazione
di sè con gli altri.
La tenuta di una identità narrativa per molti adolescenti si dà nell'esperienza della tenuta di
una dialogicità e intersoggettività, in un quadro di scambi con adulti esigenti. Maturare una
identità personale come storia di vita chiede una interazione tra contesto e integrazione da un
lato, differenziazione e originalità dall'altro. Tempo e racconto sono connessi: il racconto è
l'unica forma capace di di esprimere l'intreccio tra tempo oggettivo e senso soggettivo.
Ricoeur insiste sulla dimensione di invio cui la relazione educativa deve condurre, dove
l'educazione è lasciare, un richiamo alla libertà e alla responsabilità unica, di dover a volte
agire altrimenti.
La componente non narrativa dell'educazione è l'invio:occorre che i racconti, gli eventi storici
vengano proposti anche come luoghi nei quali si è giocata l'avventura umana, la ricerca di
senso. Così di generazione in generazione passano i racconti.

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