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Davida Wills Hurwin

A Time
for Dancing
Traduzione di
Carla De Caro
Titolo originale:
A Time for Dancing
Copyright 1995 by Davida Wills Hurwin
Imagine
Words and Music by John Lennon
Copyright 1971 (Renewed 1999) by Lenono Music
All Rights Controlled and Administered by EMI Blackwood Music,
Inc.
All Rights Reserved. International Copyright Secured. Used by
Permission.
Questa unopera di fantasia. Ogni riferimento a fatti
e persone realmente esistiti puramente casuale.
Fotografia in copertina: Sarah Lee
http://www.giunti.it
2016 Giunti Editore S.p.A.
Via Bolognese 165 50139 Firenze Italia
Piazza Virgilio 4 20123 Milano Italia
ISBN 9788809826083
Prima edizione digitale: febbraio 2016
Presentazione

Il libro
A Time for Dancing
Sam e Jules sono amiche da sempre e lestate prima
dellultimo anno del liceo discutono il proprio futuro,
sognano di andare alluniversit o di scegliere il duro
cammino per diventare ballerine professioniste.
Comunque sia, sono pronte a vivere questa esperienza
insieme, condividendo trionfi e lacrime. Non sono pronte
per al destino che gi dietro langolo: Jules scopre di
avere un tumore. Inizia cos un nuovo capitolo della loro
esistenza che le costringe a scoprire nuove cose di s e
dellaltra, che rischia di farle perdere ma finisce per
confermare la forza della loro amicizia. La vita pu
essere durissima e imprevedibile ma anche meravigliosa:
esistono un tempo per amare, un tempo per vivere e un
tempo per ballare. Una storia vera, un romanzo
indimenticabile che nel 2002 ha dato spunto a un film di
successo, A Time for Dancing.
Lautrice
Davida Wills Hurwin
Davida Wills Hurwin autrice diA Time for Dancing,
che ha ricevuto vari premi tra cui lALA Best Book for
Young Adults, e del seguito The Farther You Run. Vive
in California e insegna teatro presso la Crossroads
School for Arts.
Dicono del libro:
http://www.giunti.it/libri/narrativa/a-time-for-dancing/
Altri titoli in collana:
http://www.giunti.it/editori/giunti/waves/
A mamma, pap, Frazier e Gene
I miei pi cari ringraziamenti vanno a:
Nigel McKeand
Mary Ann Bleier
Jean Campbell
Lynn Pleshette e Eric Feig
Bonnie Nadell
Jackie Horne
nonch alla mia mentore e amica
Carol Evan McKeand
Parte prima
Julie

Dieci.
Sei impazzita? Quattro. Forse.
Dieci. Non ho dubbi.
Ma chi stai guardando?
Pantaloni neri, camicia nera, capelli neri. Vicino al
divano.
Lascia stare. un idiota.
A me piace.
Sam
Voglio andare a conoscerlo.
Niente affatto.
Tu stai a guardare.
Samantha. Non ti azzardare a lasciarmi qui.
Lo sto gi facendo.
E se poi viene Jack?
Te la caverai benissimo.
Sam!
Jules!
Guardai la mia migliore amica, Samantha Jefferson
Russell Prima, lanciai unocchiata allo sfigato che le
piaceva tanto e riportai lo sguardo su di lei. Aveva le
labbra strette e quellespressione negli occhi che
significava prova a fermarmi, cos scrollai le spalle e le
dissi: Fa come ti pare. Se Sam si metteva in testa di
fare una cosa era inutile provare a dissuaderla. Ci
guadagnavi solo un gran mal di testa. Respingeva ogni
genere di obiezione e quando prendeva una decisione
non restava che abbandonare il campo. La sua
testardaggine mi faceva impazzire, ma ladoravo anche
per questo. Sapevo comera e la capivo perfettamente,
come lei capiva me. Eravamo inseparabili, migliori
amiche da pi di met delle nostre vite, quasi la stessa
persona, ormai.
Scossi la testa sorridendo mentre la guardavo
attraversare la stanza. Pelle chiara, capelli biondissimi e
folti, due enormi occhi azzurri; sembrava una puledra,
magra, le gambe lunghe e unaria vagamente acerba. In
una parola: perfetta. Il tipo con i capelli neri laveva vista
avvicinarsi e cercava di fare il disinvolto, ma era senza
speranza, poveretto.
La festa prometteva bene.
Scostai indietro i capelli, lanciai uno sguardo furtivo al
mio specchietto e sorrisi. Non posso certo competere
con la bellezza di Sam, ma nel complesso non sono
male. Ho i capelli neri, dai riflessi mogano, la pelle
olivastra, gli occhi grandi castano scuro (occhi di
cioccolato, come dice sempre Sam).
Stessa altezza e corporatura, ma opposte nei colori.
Luce e buio, giorno e notte, sole e luna. Insieme siamo
fantastiche.
Mi appoggiai allo schienale della sedia e mi guardai
intorno. Brooke aveva organizzato una festa per il fine
settimana del Memorial Day, sul tema Grazie a Dio sta
arrivando lestate, come faceva ogni anno dai tempi
delle medie, sfruttando la casa per le vacanze dei suoi
genitori a Mount Tamalpais. Quella era la nostra
penultima festa perch lanno seguente ci saremmo
diplomati. Non riuscivo a crederci. Quante cose erano
gi successe e quante ancora ci aspettavano in futuro
Dove saremmo stati tra due anni? Io di sicuro da
qualche parte insieme a Sam, al college o a studiare
danza, o magari entrambe le cose. Sembrava incredibile.
La vita vera stava per cominciare e io mi sentivo pronta.
Osservai gli invitati, poi mi concentrai sulla casa: il posto
ideale per ritirarsi a riflettere. Unintera parete era
occupata da porte a vetri scorrevoli che davano su una
terrazza sospesa sopra le scogliere, a picco sulloceano.
Non si vedevano luci, cerano solo la notte e le stelle che
ti davano una sensazione dinfinito.
Proprio in quel momento, udii una voce fin troppo
familiare. Jack era arrivato di soppiatto e ora stava
parlando con Brooke e altre ragazze dalla parte opposta
della stanza, vicino al pianoforte. Sentii una stretta allo
stomaco. Feci un respiro profondo. Io e Jack eravamo
stati insieme quasi otto mesi. Tre settimane prima lui
aveva deciso di lasciarmi, senza darmi nessuna
spiegazione a parte: Ho bisogno di un po di spazio.
Dopo aver pianto per una settimana, avevo cominciato a
studiare un piano per riconquistarlo. A scuola evitavo di
parlargli, ma cercavo di mettermi in mostra, facendomi
vedere felice e splendida come non mai. Sapevo che
quella sera poteva essere loccasione giusta per
riavvicinarmi a lui. Sam pensava che fossi matta, ma del
resto lei si era appartata in un angolo con la sua nuova
conquista e non badava a me. Mandai gi un sorso del
mio drink e cercai di farmi coraggio.
Lui mi vide. Proprio come Sam, era fisicamente il mio
opposto: biondo e dalla pelle chiara, sul metro e ottanta
daltezza, occhi castano-verdi e una bocca appena
troppo grande per il suo viso. Non si poteva definire
bello, ma di sicuro era sexy. In pi era un artista, e di
talento. Gli sorrisi. Lui ricambi e fece per avvicinarsi.
Lanciai unocchiata a Sam per controllare se mi stesse
guardando; poi notai che Jack teneva per mano una
ragazza. Laveva tenuta per mano anche mentre parlava
con Brooke e continuava a stringergliela adesso che
veniva verso di me. Vidi Brooke alle loro spalle
rivolgermi uno sguardo impotente e mi resi conto che
aveva cercato di tenermelo alla larga. Un attimo dopo
me lo ritrovai di fronte. Cinse le spalle della ragazza con
un braccio e lattir a s.
Julie questa Rachael. Ci stiamo ehm
frequentando da qualche tempo, e volevo essere io a
dirtelo.
Abbassai lo sguardo per un attimo. Dovetti fare
ricorso a tutta la mia determinazione per non vomitare.
Non so come, ma riuscii a non arrossire. Mi sforzai di
rilassare i muscoli del viso. Ordinai ai miei occhi di non
piangere. Poggiai il bicchiere in grembo in modo da
nascondere il tremolio delle mani. Quando rialzai lo
sguardo, con un sorriso allegro sulle labbra, persino la
mia voce suon disinvolta, naturale, forse un po troppo
condiscendente.
Piacere di conoscerti, Rachael. Vai a scuola da
queste parti?
Rachael sorrise maliziosa. In effetti aveva proprio
unaria impertinente: spigolosa, alta quasi quanto Jack,
con una faccia da cavallo e lunghe dita da strega che
terminavano in artigli scarlatti. I capelli ossigenati le
ricadevano intorno al viso da zombie, una ciocca rossa
su un lato. Non era esattamente il tipo di Jack. Per
niente.
Vado anchio alla Tam, Julie sogghign. Facciamo
educazione fisica insieme.
Oh. Per poco non persi il sangue freddo. Non me
ne sono mai accorta.
Immagino. Io e Jack frequentiamo lo stesso corso di
belle arti.
Davvero. Fantastico. A Jack sempre piaciuta
larte.
Probabilmente pi di quanto immagini.
Cal il silenzio. I rumori della festa presero il
sopravvento mentre Jack se ne stava l impalato con
unespressione idiota sulla faccia, senza neanche rendersi
conto di quanto fosse perfida quellesaltata della sua
ragazza. Ero certa che se avessi aggiunto una sola
parola, il giorno dopo me ne sarei pentita, quindi preferii
sbadigliare. Odio farmi vedere turbata o vulnerabile.
Cercai con lo sguardo Sam, ma non poteva essermi
daiuto: stava ballando con il suo ragazzo e non mi
vedeva nemmeno. Jack non si era ancora staccato da
Rachael e di colpo ogni cosa mi fu chiara: la loro
relazione durava sicuramente da pi di tre settimane.
Come avevo potuto essere tanto stupida? Tutto quel
tempo passato insieme a lui dopo la morte di suo padre,
dicendo a chiunque quanto mi amasse. Mi venne come
un senso di vertigine. Chiss se gli altri sapevano gi di
lei? Chiss se ridevano alle mie spalle? O magari mi
compativano? Mi sentii assalire dallansia.
Devo andare dissi con sorprendente disinvoltura,
quindi mi alzai e baciai Jack proprio sulle labbra, un po
pi a lungo di quanto consentito a una semplice amica.
Ti voglio bene. Riuscii a voltarmi appena in tempo per
nascondere le lacrime.
In quellistante Sam si gir verso di me e mi raggiunse,
seguita a ruota dal suo nuovo ragazzo. Vide alle mie
spalle Jack e Rachael e li squadr senza pudore,
ostentando unespressione di disgusto che mi fece
scoppiare a ridere. Come hai potuto stare male per
quella storia? sembrava chiedermi. Io alzai le spalle e
cominciai gi a sentirmi meglio. Il suo accompagnatore
pareva confuso e lei, dopo averci presentati, lo sped a
prendere qualcosa da bere. Poi mi trascin in unaltra
stanza.
Andiamo via annunci. Prendi la tua roba.
Ma cercai di protestare.
Senti, non ti fa bene stare qui. Andiamo via, okay?
E il tuo come-si-chiama?
Fece una smorfia buffa che mi strapp unaltra risata.
Per una volta avevi ragione tu. Okay? Ora prendi la
tua roba e scendiamo in spiaggia.
Andammo a cercare Brooke per ringraziarla e
assicurarle che stavo bene, quindi guadagnammo luscita
prima che il tipo dai capelli scuri tornasse con i drink.
Eravamo gi oltre la porta quando Sam me lo indic
scuotendo la testa, mentre quello continuava a cercarci,
guardandosi intorno con unespressione idiota. Scoppiai
di nuovo a ridere, ma quando uscimmo fuori vidi in
terrazza Rachael e Jack che si baciavano, stringendosi
luno allaltra. Rimasi imbambolata a fissarli e questa
volta le lacrime sgorgarono per davvero. Sam mi prese
per mano e mi trascin via.
Smettila.
Ci provo
Provaci con pi convinzione.
Non lo sopporto protestai mentre mi giravo ancora
una volta a guardarli. Lei mi costrinse a voltarmi e mi
spinse verso la macchina.
Devo guardare.
No mi stratton. Avanti. Vuoi che si accorgano
che stai piangendo?
Scossi la testa. Sam mi lasci passare e mi rifil una
pacca sul sedere. Io sobbalzai lanciando un grido
abbastanza acuto da attrarre lattenzione di Jack.
Quando lui e Rachael si voltarono, io e Sam eravamo gi
montate in macchina e stavamo ridendo come delle
stupide.
Ecco come si fa mi rispose con un sorriso.
Cercai di sorridere anchio, senza riuscirci.
Smettila di tormentarti. Passer.
Annuii appena, in quel momento mi sentivo talmente
male che mi pareva impossibile crederci.
Sam

Avrei dovuto immaginare che la festa sarebbe stata un


disastro. Tutta la giornata era andata da schifo. Grazie a
mia madre, che aveva monopolizzato il bagno per due
ore, quando finii di farmi la doccia ero gi in ritardo di un
quarto dora per lappuntamento con Jules. Nella fretta
mi ero anche tagliata con il rasoio mentre mi depilavo le
gambe, e la ferita non voleva smettere di sanguinare,
nemmeno premendoci sopra la carta igienica. Per giunta
mi era spuntato un brufolo sul mento, talmente grosso
che pareva sul punto di esplodere. Non che potessi farci
nulla. Mi arrotolai un asciugamano intorno ai capelli,
minfilai laccappatoio e andai a vestirmi. Chiamai Jules
per dirle di non mettermi fretta e a quel punto suon il
campanello.
Merda! strill mia madre dalla sua stanza. Potresti
aprire tu?
No le risposi. Vai tu.
Tesoro, Bruce.
Cara Genitrice, sono in ritardo.
Il campanello squill di nuovo.
Va ad aprire quella cavolo di porta, Samantha. Due
secondi. Arrivo subito.
Feci una smorfia e andai allingresso. Bruce era il
nuovo tipo che stava frequentando, un uomo di
mezzet, senza un capello in testa, che si sforzava di
fare il fico. Usciva con la mamma da quasi tre mesi e
pensava non sapessi che andavano a letto insieme. Era
abbastanza simpatico, o almeno cos mi sembrava, ma
aveva il vizio di dire sempre la cosa sbagliata al
momento sbagliato. Aprii la porta e per poco non gli
scoppiai a ridere in faccia. Indossava un paio di Levis
neri aderenti e una camicia a motivi cachemire.
Assomigliava a un personaggio del Saturday Night Live.
Ehi, ehi, ehi, come stai signorina?
Bene, grazie. Mamma arriva tra un minuto.
Ti stai preparando per un appuntamento romantico,
eh?
No, non proprio.
Peccato. Carina come sei i ragazzi dovrebbero fare
la fila davanti alla porta. Mi rivolse un enorme sorriso e
mi diede una pacca sulla spalla. Be, non preoccuparti.
Presto troverai un ragazzo anche tu.
Lo guardai torva. Questa s che unaffermazione
sessista ribattei. E se fossi lesbica? E se non lo volessi
nemmeno un ragazzo?
Lui batt le palpebre un paio di volte, apr la bocca e
la richiuse. Finse di non avermi sentito. Prolung il
sorriso per qualche secondo e mi rifil unaltra pacca.
Bene, credo che mi metter comodo. Jackie quasi
pronta?
S, te lho gi detto.
Arrivo, tesoro cinguett mia madre. Colsi
lopportunit per filarmela.
Un quarto dora dopo, gi vestita e truccata, stavo
cercando le chiavi della macchina quando mia madre
irruppe nella mia camera. Non sembrava molto contenta.
Ti riesce cos difficile essere gentile con i miei amici?
mi chiese. Io lo sono sempre con i tuoi.
Di che parli?
Bruce mi ha riferito quello che gli hai detto. Scosse
la testa. Cosa stai cercando di dimostrare?
Dobbiamo parlarne proprio adesso? Sono in
ritardo.
Non vai da nessuna parte se prima non mi dai una
risposta.
Stavo scherzando, okay? Qual il problema? Gli
manca il senso dellumorismo?
La maleducazione non divertente.
Oh, certo. Per lui pu farmi il terzo grado sulla mia
vita personale
Non fare la furba con me, signorina. Sai di cosa sto
parlando. Non farmi incavolare.
Come se fosse la prima volta sibilai.
Senti, Samantha. Questo il primo uomo con cui
esco che mi piaccia davvero. Sarebbe carino da parte
tua sforzarti di non fare la stronza. Soprattutto se vuoi
continuare a guidare quella macchina. Sono stata
chiara?
Distolsi lo sguardo.
Sono stata chiara?
S.
Bene. Ora stiamo uscendo. Non fare troppo tardi.
No.
Julie viene a dormire qui?
Credo.
Pu darsi che io rimanga da Bruce.
Okay.
Chiamami se hai bisogno di qualcosa.
Okay.
Sospir. Ascolta, Sammie, pensa a quello che ti ho
detto, va bene?
S.
Non voglio essere dura con te. Ma bisogna che
impari un po di buone maniere.
Okay. Va bene.
E poi tu piaci molto a Bruce, tesoro.
Preferii tacere. Mi diede un bacio sulla fronte e
sgusci via, lasciando nella stanza una scia di profumo e
nel mio stomaco un nodo di rabbia. Un secondo dopo la
sentii ridere insieme a Bruce. Rimasi immobile sul letto
ad aspettare. Quando finalmente udii la Jaguar partire,
recuperai le chiavi della macchina, afferrai un CD dei
Doors e salii sulla mia Jeep. Sparai la musica a tutto
volume fino a casa di Jules, e cominciai a stare meglio.
Jules usc, bellissima come sempre, e quando finalmente
facemmo il nostro ingresso alla festa di Brooke mi
sentivo alla grande.
Poi Jack fece la sua comparsa insieme allEsaltata.
Avrei voluto ammazzarlo l davanti a tutti. Solo che Jules
non ne sarebbe stata troppo felice. Ed era gi sul punto
di crollare.
Cos la trascinai via dalla festa, lontano da Jack e da
quella cretina, e ci infilammo in macchina. Imboccai la
strada verso la spiaggia, lei fissava dritto davanti a s.
Guidavo lentamente e allultima curva, prima che la
strada cominciasse a scendere, mi fermai. Era una notte
limpida, e incrociammo solo poche macchine che
andavano nella direzione opposta.
Stai bene? chiesi a Jules. Lei annu senza guardarmi.
Possiamo tornare a casa quando vuoi. La mia Cara
Genitrice insieme al suo uomo. Lei scosse la testa,
cercando di trattenere le lacrime. Ripartii verso Stinson
Beach.
Parcheggiammo in una traversa. Presi una coperta dal
bagagliaio e ci incamminammo lungo i sentieri delle case
private. Ogni spiaggia del tutto isolata, circondata dalle
scogliere e protetta da alberi che crescono fino al
limitare della sabbia. Di notte il parco vero e proprio
chiuso, ma si pu raggiungere lo stesso passando
attraverso i giardini delle abitazioni costruite lungo la
costa. Se non fai troppo chiasso o accendi dei fal
nessuno ti dice nulla. La nottata era gelida, e la luna
brillava chiara nel cielo riflettendosi sullacqua. Le luci
dalle case davano alla spiaggia unaria accogliente e
rassicurante. Trovammo una nicchia comoda tra gli
scogli e ci sedemmo.
Il rumore delloceano ci raggiunse e Jules lo accolse.
uno scorpione, un segno dacqua, e sapevo per certo
che il modo migliore per farla calmare era portarla vicino
alloceano. Era come se fosse in grado di parlarci. Sul
serio. Se ne stava seduta in silenzio ascoltando le onde
che si infrangevano sulla riva per poi ritrarsi. Qualunque
cosa le stessero dicendo, lei aveva bisogno di ascoltare.
Rilass le spalle, abbandon le mani in grembo, mentre
una lacrima furtiva le scivolava sulla guancia. Lasciug e
tir un sospiro lento, profondo, di quelli che ti danno un
po di sollievo.
Detesto sentirmi cos disse continuando a guardare
loceano.
Lo so.
Mi sento una stupida.
Gi. Feci per prenderle la mano, ma lei la ritrasse.
Si volt verso di me.
Sapevi che stava con lei?
Scossi la testa. Lei mi scrut.
Me lo giuri?
Io distolsi lo sguardo. Insomma, pi o meno. Non ne
ero sicura.
Lei mi lanci unocchiata carica di rimprovero.
Li ho visti insieme dopo la scuola la settimana scorsa.
Ti ricordi? Te lho detto.
No, non me lhai detto.
S, invece. In macchina, mentre tornavamo dalla
lezione di danza.
Be, allora non ti ho sentito. Altrimenti non ci sarei
venuta a questa stupida festa.
Rimanemmo in silenzio per un po.
Credi che lui stesse insomma, con lei nello stesso
periodo in cui stava con me?
Assolutamente no. Sostenni il suo sguardo senza
esitare.
Si volt di nuovo verso loceano e rimase in ascolto
per un po. Quando riprovai a stringerle la mano non la
rifiut. Poco pi in l sentimmo echeggiare le risate di
due persone. Jules sospir.
Ero sicura che saremmo tornati insieme.
S, lo so.
Non cos che dovrebbero andare le cose. Le
persone non possono sparire dalla tua vita da un giorno
allaltro.
Mi venne in mente mio padre, ma tenni la bocca
chiusa.
Cosa dovrei fare adesso? mi chiese.
Ignorarlo. E poi dimenticarlo.
Non posso.
Certo che puoi. Io lo faccio sempre.
Ma io non sono come te.
Jules, non ne vale la pena.
Lo dici sempre.
Perch vero. Lui non ti merita.
un peccato, allora, perch io lo amo.
Non credo. Credo che tu ami lidea di lui.
Grazie tante per il sostegno. Ritrasse di nuovo la
mano.
Cosa vuoi che ti dica? Per me un manipolatore.
Non vero.
Jules, non fa che prendere. Tu dai e lui prende.
stato cos fin dallinizio.
Non cominciare.
Perch? Ho ragione.
Lo dici solo perch lui non ti piace.
Come hai fatto a indovinare?
Non capisci. Non come pensi. C un lato di lui
Ah-ha.
Davvero.
Certo, ci credo. Come no...
Jules si adombr e la sua voce si fece cupa e terribile:
Tu non ceri quando morto suo padre. Non eri
accanto a lui, ad abbracciarlo senza sapere cosa fare.
Non lhai visto disperarsi fino a non avere pi lacrime.
Quindi non credo che tu possa capire, okay?. Sospir.
Perch sei cos cattiva?
Ci scrutammo in silenzio. Io fui la prima a distogliere lo
sguardo. Jules ricominci a piangere, soffocando i
singhiozzi. Finalmente smise di fissarmi e torn a girarsi
verso il mare. Il suo bel viso era scuro e triste. Appena
poche ore prima ridevamo allegre, immaginando il nostro
ingresso alla festa di Brooke. Avevo persino dimenticato
il litigio con mia madre. Cosa stavo facendo? Era la mia
migliore amica, lUnica e la Sola.
Mi dispiace, Jules.
Lei non rispose.
che non sopporto di vederti cos triste.
Ancora silenzio. Non mi guardava nemmeno.
La lasciai in pace per un po, poi mi buttai ai suoi
piedi, le afferrai le gambe e, con una ridicola vocina da
mocciosa, la supplicai: Ti prego, ti prego, ti prego
non essere arrabbiata con me. Non colpa mia se lui si
comportato da idiota.
Smettila disse accennando un sorriso.
Ti bacio i piedi se vuoi e mi chinai. Lei rise.
Sam, smettila!
Cercher di farmelo piacere.
Lei mi scrut.
Lo far, promesso. Ma non essere arrabbiata con
me, okay?
Non fare la stupida. Non ce lho con te.
Mi prendi in giro?
Scusami. Forse ho esagerato. Sono un po gi in
questo periodo, devo avere qualcosa, un virus,
linfluenza, non so
Mi rimisi a sedere. Sar un po di stress.
Pu darsi. In ogni caso non mi sento come al solito.
Annuii e lei sospir. E comunque io lo amo, Sam. Lo
amo davvero.
Forza! Mi alzai e le tesi la mano. Facciamo una
passeggiata.
Lasciate le scarpe sulla coperta ci avvicinammo
allacqua, guardando la luna, lanciando urletti ogni volta
che la schiuma gelida ci sfiorava i piedi. Avevo ancora
voglia di ammazzare Jack, ma in quel momento la cosa
pi importante era tirare su il morale a Jules.
Ehi, credi che saremo noi a danzare nel balletto delle
Little Girls quando sar pronto?
Al saggio?
No, cretina, al matrimonio di mia madre. Le diedi
una piccola spinta. Al saggio, ovvio.
Che ne so? Penso di s se saremo abbastanza
brave.
Certo che lo saremo.
Jules torn a immergersi nei suoi pensieri, che adesso
non erano pi concentrati solo su Jack, ma anche sullo
spettacolo della nostra compagnia, il 25 di giugno.
Sorrisi tra me e me. Qualunque cosa le fosse successa
nella vita, Jules sarebbe sempre stata prima di tutto una
ballerina. Una ballerina fantastica. Se solo Linda ci
avesse assegnato la nuova coreografia
Oh, merda! esclamai.
Che c?
Sai che ore sono?
S, sono oddio sono quasi le tre del mattino!
Domani le prove iniziano pure in anticipo!
E lultima volta siamo arrivate in ritardo.
Linda ci ammazzer.
No, ammazzarci sarebbe poco. Ci far ballare
insieme a Leia.
Ridendo pur consapevoli che lindomani non
avremmo riso affatto corremmo a recuperare le
scarpe. Mentre la macchina si inerpicava di nuovo su per
la collina, non smettemmo un secondo di parlare, di tutto
e di niente. Il nome di Jack non venne pi pronunciato.
Conoscevo la mia Unica e Sola. Aveva bisogno di
tempo per elaborare le cose.
La nostra compagnia, la Fifth Street Dancers, provava
tre volte a settimana alla Belrose, una sala prove a San
Rafael. Linda Marcelle, la direttrice e coreografa, aveva
studiato laggi, per poi trasferirsi a New York e lavorare
come ballerina professionista, finch non si era sposata
ed era tornata qui a insegnare. Le audizioni per la
compagnia attiravano un gran numero di giovani e i
quindici selezionati dovevano lavorare duro; cosa che
facevamo, soprattutto prima di uno spettacolo. Io e Jules
studiavamo con Linda da quando avevamo iniziato il
liceo e il nostro ultimo anno sarebbe stato il pi bello.
Linda, infatti, aveva intenzione di organizzare una tourne
a Los Angeles e la compagnia doveva trovare i
finanziamenti necessari.
Per me e Jules sarebbe stato un periodo esaltante.
Avremmo ballato per tutta lestate e iniziato lultimo
anno in gran forma. Infine avremmo concluso la scuola
e i nostri primi nove anni di danza insieme con una
tourne nella citt degli angeli. Lultima raccolta fondi era
prevista tre settimane prima della partenza, e se Linda
avesse ottenuto il permesso di utilizzare il Marin County
Performing Arts Center per lo spettacolo, ci saremmo
esibite davanti a un pubblico di quasi quattrocento
persone.
Erano le nove e un quarto quando io e Jules entrammo in
sala. La sera prima eravamo tornate a casa alle quattro
del mattino. Avevamo chiacchierato fino alle cinque
passate e due ore dopo, quando era suonata la sveglia,
una delle due doveva averla spenta. Ci svegliammo alle
nove meno dieci, e solo grazie al cane dei vicini, che
abbaiava perch lo lasciassero entrare. Senza fare
colazione, andare al bagno o lavarci i denti, ci
precipitammo alla sala prove vestendoci praticamente in
macchina.
Linda non disse una parola. Si limit a lanciarci
unocchiata carica di rimprovero e a controllare il suo
orologio qualche secondo di troppo, prima di continuare
la lezione. Sapevamo che era inutile accampare
giustificazioni. Il motto di Linda era non ci sono scuse,
solo opportunit perse; cos prendemmo posto in
fondo.
Chi arriva in ritardo dovrebbe avere almeno il
buonsenso di riscaldarsi un minimo prima di iniziare lo
stretching annunci la direttrice senza rivolgersi a
nessuno in particolare. Anche se non gli importa nulla
della compagnia, dovrebbe almeno preoccuparsi della
salute del proprio corpo.
Io e Jules andammo alla sbarra e iniziammo una
sequenza di plis, mentre il resto delle nostre compagne
cercava di restare concentrato sugli esercizi che
conosceva a memoria. Nemmeno Brooke os
guardarci. Se eravamo fortunate Linda si sarebbe
calmata a met prova e allora ci saremmo potute
scusare, a patto che ci fossimo impegnate al massimo
per tutto il resto del tempo. Nel bel mezzo di una serie di
tendus, guardai Jules con la coda dellocchio, per vedere
come se la stava cavando.
Sembrava stranamente assente e la sua tecnica era
imprecisa. Non mi ero resa conto che fosse cos stanca,
o forse stava ancora pensando a Jack, perch di solito
nella danza si impegnava al cinquecento per cento. Poi
mi ricordai dello stress, del virus o qualunque cosa
avesse, e mi chiesi se fosse stata una buona idea
starsene sedute tutta la notte allaperto in riva al mare.
Quando incroci il mio sguardo le chiesi con gli occhi se
andasse tutto bene. Lei annu debolmente senza smettere
di allenarsi.
Con il procedere della prova, la situazione non
sembr migliorare. Linda era una perfezionista e quando
arriv il momento di provare ladagio sui cui stavamo
lavorando io, Jules, Sarah e Colleen, ce lo fece ripetere
uninfinit di volte. Era una combinazione molto
complessa, che richiedeva forza e controllo, e pareva
che non riuscissimo a eseguirla a dovere; perlomeno non
per Linda.
Da capo insisteva.
Sembrava un disco rotto. Dopo quindici tentativi,
scosse la testa frustrata, si volt e si allontan. Sarah e
Colleen ci guardarono torve. Loro stavano facendo la
loro parte ed era colpa nostra se Linda continuava a
farci ripetere la sequenza. Promisi a Dio che se fossi
uscita incolume da quella giornata non sarei mai pi
andata a una festa la sera prima di una prova. Mi girai
per vedere come stava Jules.
Era pallida in viso, quasi verdognola. Aveva gli occhi
fissi sul pavimento, assenti e respirava con affanno, come
se non riuscisse a recuperare fiato.
Jules? Le misi una mano sulla spalla, ma lei non
rispose.
Non si chiacchiera durante le prove scatt Linda.
Ma Jules non si sente bene!
Linda si volt a guardarla. Non appena i suoi occhi si
posarono su di lei la frustrazione di poco prima spar e
venne fuori il suo lato materno.
Oh, Julie vieni qui, siediti. tutto a posto, calma.
Sammie aiutami. Piano, adesso.
Accompagnammo Julie verso la panca del pianoforte
accanto allo specchio e la facemmo sedere. Lei url di
dolore e non riusc pi a trattenere le lacrime. Respirava
in modo irregolare e sudava freddo. Stavo cominciando
a spaventarmi sul serio.
Ti senti svenire? le chiese Linda, quindi si rivolse a
Sarah: Va a prendere degli asciugamani puliti in bagno.
Puliti e umidi.
Jules scosse la testa e tent di parlare, pronunciando
una parola per volta. No solo tanto Ah!
dolore. la mia anca e la schiena. Oh, Dio, fa
un male cane.
Chiamo sua madre? proposi a Linda, che annu
senza esitazione.
Cercava di mantenere la calma, ma anche lei
sembrava preoccupata. Di sicuro si sentiva in colpa per
averci fatto provare gli stessi passi tutte quelle volte;
forse Jules si era stancata troppo. Ma poi mi ricordai
che aveva avuto difficolt fin dallinizio. Le diedi un
bacio sulla fronte e corsi a chiamare Sandra.
Julie

Era stato troppo imbarazzante. Non solo eravamo


arrivate in ritardo, ma avevo anche rovinato la
coreografia e interrotto le prove. Mi ero messa a
piangere di fronte allintera compagnia per colpa di
quello stupido dolore alla schiena e allanca. Tutti ce
lavevano con me. Linda non aveva detto una parola.
Poi mia madre era venuta a prendermi.
Erano ormai diverse settimane che avevo delle fitte
lancinanti, ma non ci avevo badato pi di tanto avendo
avuto gi dei problemi in passato. Dopotutto stavamo
lavorando a pieno ritmo per il saggio e quando balli
normale avere qualche acciacco. Eppure poco prima di
andare alle prove, mi ero accorta che le fitte erano
andate peggiorando; forse perch ero rimasta seduta a
lungo sulla sabbia bagnata e non avevo dormito
abbastanza. Quando avevamo cominciato a provare
ladagio, sapevo gi che non sarei riuscita a tenere la
gamba in attitude n a mantenere lequilibrio nella
promenade. Ma ormai il dolore era diventato talmente
forte che avevo la mente offuscata e non saprei dire con
esattezza comera andata.
Penso che Sam sia venuta via con me e mia mamma, e
che mi abbiano portato al Pronto Soccorso del Marin
General Hospital. In realt avremmo dovuto rivolgerci al
Campton Medical, ma si trova a San Francisco, quindi
decidemmo per il posto pi vicino. Linfermiera
dellaccettazione non rimase molto impressionata da
quello che mi stava capitando, cos diede la precedenza
a pazienti con lesioni o ferite in apparenza pi gravi. Il
dottore che infine mi visit e mi fece una radiografia, non
trovando nulla di rotto, decise che doveva trattarsi dei
legamenti. Mi prescrisse degli antidolorifici e disse a mia
madre di tenermi a riposo finch non mi avesse vista il
mio medico di famiglia. Le pillole funzionarono
magnificamente. Non avevo mai provato un dolore cos
atroce come quello, ma le medicine lo fecero scomparire
in fretta. Mi stordirono anche un po, se ricordo bene,
ma non mimportava perch sapevo che Sam e mia
madre si sarebbero prese cura di me.
Pi tardi, quando mi svegliai nel mio letto, avvertii solo
un lieve fastidio allanca, nulla di pi, e mi sembr
fantastico. Mi stiracchiai lentamente, provando a
muovere ogni parte del corpo, nel timore che si ripetesse
lepisodio di quella mattina. Quando mi accorsi che i
dolori che sentivo erano pi o meno come quelli che
avvertivo dopo ogni prova con Linda, sorrisi. Per un
minuto. Poi il ricordo della festa di Brooke mi croll
addosso.
Guardai il telefono e per un attimo fui tentata di
chiamare Jack e dirgli esattamente come mi faceva
sentire la storia della sua nuova ragazza e soprattutto la
sua decisione di parlarmene di persona. Invece chiamai
Sam. Il telefono squill almeno dieci volte prima che
rispondesse.
Mmm Chi ?
Che fai, dormi? guardai lorologio. Sono le quattro
del pomeriggio!
Jules, sei tu? La mia unica vera amica di ritorno dal
regno dei morti?
Non c niente da ridere; faceva un male cane!
Avresti dovuto vedere la tua faccia dovevi stare
male davvero.
Grazie, amica mia.
Va meglio adesso? Mi hai fatto spaventare
veramente.
Non dirlo a me.
Sar stata la danza?
Non lo so. Non credo. Forse stato lo stress o il
freddo che abbiamo preso a Stinson. In ogni caso la
combinazione delle due cose ha peggiorato il tutto.
Non parlarne neanche!
Linda molto arrabbiata?
Linda adora il tuo culo funky. In pi temeva fosse
stata colpa sua se ti eri fatta male. Era molto
preoccupata.
Certo come no, e la nuova ragazza di Jack somiglia a
Michelle Pfeiffer.
Stai ancora pensando a quellessere ripugnante?
No, guarda, lho superata completamente. Certo che
sto pensando a lui. Lo amo. E ho voglia di farlo soffrire.
Un bel po.
Davvero?
Davvero. Hai qualche idea?
In realt, ora che me lo chiedi
S?
Non devi fare nulla. Aspetta.
Cosa?
Il saggio del 25 giugno.
Sam, non capisco dove vuoi arrivare.
Ah, s? Pensaci. Jack e la danza.
Allora?
Non ti ricordi la sua espressione adorante quando
veniva ad assistere alle lezioni?
Stai parlando di quando era ancora innamorato di
me.
No, cara. Quella era venerazione e desiderio, puri e
semplici. Per te in quanto ballerina. Perch quando danzi
sei fantastica.
S. Come no.
cos e lo sai anche tu. Quindi adesso cerca di
riprenderti e poi faremo in modo che lui venga al
saggio.
Speravo in qualcosa di pi divertente. Tipo castrarlo
con un paio di forbici da manicure.
Mmm, invitante. Io lo tengo fermo.
Sei sicura di farcela?
Non pu essere cos grosso!
Che ne sai?
Sar divertente, gi immagino la faccia della dolce
Rachael quando Jack non riuscir a toglierti gli occhi di
dosso.
A quel punto una risatina interruppe la conversazione.
Era la mia sorellina Rosie, che ci ascoltava dallaltro
telefono.
Oh, merda. Sei tu, Rosie? Silenzio. Rosie, so che
sei l. Sparisci o lo dico a mamma. Ora. Nessuna
risposta. Rosie!
Se lo dici a mamma, io dir a pap che hai detto
merda! esclam lei e riattacc con un tonfo. La sentii
correre nella sua stanza sghignazzando. Anche Sam si
mise a ridere.
Mi sarebbe piaciuto avere una sorella.
Solo perch non ne hai una. Credi che abbia capito
quello che stavamo dicendo?
Jules, ha solo cinque anni.
S, lo so, ma non voglio che lo ripeta a mia mamma.
Non lo far. Allora, che ne pensi del mio piano?
S, potrebbe andare. Non lo so.
Perch? Hai unidea migliore?
No, ma
Allora chiudi il becco e pensa solo a guarire, okay?
Sissignora.
E preparami il letto: vengo a stare da te. Il tipo e la
mia Cara Genitrice se ne vanno a Tahoe fino a gioved.
Bene. Porta una pizza, sto morendo di fame.
Sam

Con la fine della scuola e linizio dellestate, Jules e io


avevamo deciso di iscriverci al corso estivo di storia
americana perch volevamo alleggerire il programma
dellultimo anno. Era una buona idea, ma in pratica
significava avere solo una settimana di vacanze tra gli
esami finali e linizio delle lezioni estive. Avevamo
pianificato tutto. Avremmo passato le mattinate in
spiaggia, i pomeriggi alle prove e le serate a San
Francisco. Poi, ad agosto, dopo esserci tolte di mezzo
lesame del corso, avremmo cercato di convincere i
nostri genitori a lasciarci trascorrere da sole un fine
settimana a Santa Cruz.
Cera solo un problema. I dolori alla schiena di Jules
non erano ancora passati e gi da una ventina di giorni
Sandra la trascinava da un dottore allaltro. La sola cosa
positiva era che aveva potuto saltare gli esami. Ma non
riuscimmo a trovare un minuto per parlare, se non alla
fine della nostra unica settimana libera.
Oggi tutta colpa della danza sbuff Jules al
telefono. Non fa bene al corpo, sai, soprattutto quando
cominci da piccola. Avrei dovuto fare nuoto.
Te lo ha detto un medico, questo?
Ah-ha. Quello di due giorni fa aveva stabilito che si
trattava di un nervo schiacciato. Ah, e anche di un po
di influenza.
Che rottura. Abbiamo buttato via i nostri giorni di
vacanza! Non potevi andare da tutti questi dottori la
settimana prossima, dopo linizio delle lezioni?
No, non potevo.
Perch no? Probabilmente solo stress.
Non credo. E comunque non avevo scelta. Mi
dispiace che tu ci sia rimasta male.
Non ci sono rimasta male. solo che mi manchi.
Be, aspetta, non ti ho ancora detto il peggio. Non
posso riprendere a ballare finch non scoprono cosa sia,
quindi niente saggio.
Ma che dici? Quale dottore te lha ordinato?
La dottoressa mamma. E probabilmente non potr
nemmeno seguire il corso di storia insieme a te.
Per niente?
Non per le prime due settimane, perlomeno. Dopo,
pu darsi. Chi lo sa?
Il weekend pass, in un modo o nellaltro, e mi ritrovai
alla Tam High ad affrontare il primo giorno del corso di
storia senza la mia Unica e Sola. Arrivai presto e
occupai il mio posto preferito, in fondo allaula, certa di
vedere un mucchio di facce familiari. Mi sbagliavo. La
classe era piena, ma lunica persona che conoscevo era
Brooke. Allinizio mi guard appena, poi quando
realizz che Jules non cera, si volt verso di me con
unespressione buffa, come se non fosse sicura di aver
visto bene. Io alzai le spalle con un sorriso; lei ricambi e
sedette in prima fila. Un energumeno dallaria atletica e
un sorriso troppo grande prese posto nel banco accanto
al mio, mi squadr da capo a piedi e annuendo mi salut
con un ehi. Mi ricordava il compagno di mia madre e,
come se non bastasse, aveva un alito pestilenziale. Che
razza destate stava per cominciare.
Infine entrarono Jack e Rachael, come sempre
appiccicati luno allaltra. Erano talmente occupati a
sbaciucchiarsi che mi passarono accanto senza neanche
notarmi. Per un secondo mi sentii sollevata che Jules non
fosse presente. Poi cambiai idea: chiss, forse assistere a
quella scena lavrebbe aiutata. Continuavo a guardarli
pensando a come glieli avrei descritti, pi tardi, al
telefono.
Non erano rimasti banchi vicini, e sul viso di Rachael
comparve una smorfia imbronciata. Alla fine Jack chiese
a una ragazza alta e magra se poteva fargli la cortesia di
spostarsi, cos che i due potessero sedere vicini, senza
doversi scollare nemmeno per un secondo. Quando il
prof. Lipton cominci a spiegare il programma del
corso, Jack si gir per prendere qualcosa dallo zaino e
mi vide. Impallid e si guard intorno in cerca di Jules,
stupito di non vederla. Io lo ignorai e tenni lo sguardo
fisso sullinsegnante. Un attimo dopo scorsi con la coda
dellocchio Jack sussurrare qualcosa nellorecchio a
Rachael. Lei si volt verso di me, fissandomi con aria
minacciosa, e io le restituii lo sguardo senza lasciarmi
intimorire. Che esaltata.
Durante lintervallo decisi di andare a parlare con
Brooke, che sedeva quasi di fronte a Rachael e Jack.
Avrei voluto dire una parolina anche a loro, ma quelli
erano gi sgattaiolati fuori prima che potessi aprire
bocca. Brooke alz gli occhi al cielo e scosse la testa.
Che problema hanno? chiese mentre li guardava
uscire.
Chi se ne importa. Tanto Jules ha chiuso con lui.
Dov Julie? Pensavo che avrebbe frequentato anche
lei il corso.
Deve stare a riposo con la gamba. Si era fatta male a
danza, ricordi? Probabilmente torner la prossima
settimana o quella dopo.
strano vederti qui da sola.
Non dirlo a me.
Jack e Rachael rientrarono in aula ridacchiando a lezione
gi iniziata. Il professor Lipton li fulmin con lo sguardo.
Vi dispiacerebbe condividere con il resto della classe
il motivo di tanta allegria?
Il viso di Rachael divenne di pietra e Jack scosse la
testa. Il professore guardava ora luno ora laltra.
Capisco. Bene. Allora, dopo che vi sarete separati,
sempre che sia possibile, continueremo la lezione.
La ragazza alta e magra di poco prima torn al suo
posto, mentre Rachael e Jack sedettero impassibili fino a
che il professor Lipton non riprese la spiegazione. Poi
cominciarono a lanciarsi occhiatine di soppiatto,
riuscendo appena a soffocare le risate. A quel punto
notai che avevano gli occhi arrossati e annusai laria in
direzione di Jack, sorridendo tra me e me. Erba, senza
dubbio. Aspetta che Jules senta anche questa.
Dopo la lezione pranzai in fretta e andai alle prove della
compagnia. Non tornai a casa prima delle quattro.
Lauto di mia madre era nel vialetto, davanti alla Jaguar
di Bruce, cos parcheggiai la macchina in strada ed
entrai. Erano in cucina e ridevano tanto che ero certa di
riuscire a sgattaiolare nella mia stanza senza essere
notata. Invece mia madre mi sent.
Sammie? chiam con la sua voce da Cara
Genitrice.
S, mamma?
Tesoro, indovina? Bruce sta preparando la cena per
noi.
Fantastico.
Gi, sono un vero asso in cucina aggiunse lui
provocando un nuovo scoppio di risa di mia madre.
S, va be replicai, pi che altro a me stessa.
Salii in camera mia e chiusi la porta, accesi la radio e
telefonai a Jules. Il numero era occupato. Provai altre
cinque volte nel giro di mezzora ma poi mi chiamarono
a cena e dovetti lasciar perdere. Trovai in tavola del
pollo al forno con contorno di riso dal profumo davvero
invitante. Bruce se ne stava in piedi gongolando mentre
mia madre tagliava le porzioni.
Ecco cosa devi cercare in un uomo, mi disse
porgendomi il piatto un bellaspetto, una forte
personalit e che sappia cucinare!
Bruce sorrise beato. Be, non c scritto da nessuna
parte che debba essere sempre la donna a stare ai
fornelli. E, per quanto mi riguarda, va bene cos. Mi
lanci uno sguardo significativo. Annuii con la bocca
piena.
A un tratto mi accorsi che tra un boccone e laltro si
mandavano dei baci con un soffio. Colta di sorpresa non
riuscii a trattenere le risate, e il sorso di latte che stavo
mandando gi mi and di traverso. Mia madre mi
fulmin con lo sguardo ma, siccome cera Bruce, finse di
preoccuparsi per me.
Tesoro, Sammie, stai bene? mi chiese dandomi
delle pacche sulla schiena e porgendomi il tovagliolo. Io
cercai di riprendere il controllo.
Scusate, mi andato di traverso spiegai a Bruce.
Continuammo a mangiare in silenzio, sorridendoci
stupidamente tutto il tempo. Per fortuna squill il
telefono. Pensando che fosse Jules balzai in piedi, ma
mia madre mi precedette.
Pronto? cinguett nel ricevitore. Poi la sua voce
mut di colpo e intuii chi doveva essere. S, qui. Un
minuto. Fece una smorfia. per te. Tuo padre.
Lo prendo in camera mia, okay?
Hai finito di mangiare? Era in piedi alle spalle di
Bruce e lo indicava con uno sguardo significativo.
Ah, s. Grazie, Bruce. Era tutto ottimo.
Lui sorrise, e mia madre riattacc. Andai a rispondere
al piano di sopra.
Pap?
Ciao, tesoro, come stai?
Tutto bene. Hai ricevuto il mio messaggio?
Certo. proprio per questo che ti chiamo.
Incrociai le dita e trattenni il fiato.
Temo di non farcela a venire al saggio, Sammie.
Ruthie ha gi organizzato altro per quel fine settimana.
Va bene. Nessun problema.
Se fosse stato in un altro periodo, sai ma questa
cosa in programma da mesi e lei mia moglie.
Non c problema, pap. Davvero.
Be, comunque ci saranno altri saggi, no? Non
succede nulla se me lo perdo.
Certo.
Brava la mia bambina. Sapevo che eri una persona
matura. Quando ci vediamo? Mi manchi.
Mi manchi anche tu.
Be, allora non dobbiamo fare altro che scegliere una
data. Magari i primi del mese? Potresti venire a passare
un paio di giorni da noi.
Volentieri. Sarebbe bello.
Ora devo andare, tesoro. Mi ha fatto piacere parlare
con te. Ti voglio bene.
Ti voglio bene anchio. Grazie per la telefonata.
Rimasi seduta sul letto a fissare il muro per quasi un
quarto dora, poi tirai fuori il libro di storia e cominciai a
leggere. Arrivata pi o meno alla Dichiarazione
dIndipendenza mi arresi e riprovai a chiamare Jules. Mi
rispose Sandra.
Mi dispiace, Sammie disse. Le ho dato uno dei
suoi antidolorifici e si messa a letto. Ma mi ha detto di
dirti che ti vuole bene.
Speravo che ce la facesse per il saggio. Mi resi
conto di avere usato un tono piagnucoloso, per non
riuscivo a farne a meno.
Sandra sembr non farci caso.
Lo so, tesoro. Anchio. Ma non preoccuparti, sono
sicura che al prossimo non mancher. E comunque
saremo tra il pubblico, sai. Verremo a vederti.
Per qualche stupida ragione, a quelle parole scoppiai a
piangere.
Julie

La settimana dopo il saggio andammo dal dottore


numero tredici. Pensavo che forse, per via del numero,
sarebbe stato quello decisivo, che mi avrebbe finalmente
detto cosa stava accadendo al mio corpo. Ma mi
sbagliavo di grosso. Il dottore riusc a prenderci in giro
fino allultimo. Aveva persino laspetto rassicurante del
buon vecchio medico di famiglia, con i capelli bianchi e
arricciati da un lato, piccoli occhi azzurri che si
riempivano di rughe quando sorrideva. E sorrideva
spesso. Fece delle domande a me e a mia madre. Lesse
del mio disturbo sugli appunti che aveva preso
linfermiera (forse avremmo fatto meglio a fotocopiarli
perch avevamo ripetuto la stessa solfa uninfinit di
volte). Controll le radiografie che mi aveva prescritto il
dottore numero dodici (mia madre aveva deciso che
bastava cos, avevamo lastre a sufficienza per almeno
dieci persone, quindi perch non passarle da un dottore
allaltro?). Infine mi fece stendere a pancia in gi e mi
tocc la schiena. Poi mi disse di girarmi e ruotare lanca.
Domand se avessi mai mangiato del sushi o qualunque
altra roba che potesse aver provocato parassiti (che
sono in grado di attaccare le articolazioni, scoprii in
seguito). Quindi sorrise di nuovo, in quel suo modo
rassicurante e benevolo, e ci chiese di accomodarci nel
suo studio.
Seduto alla sua enorme scrivania scura, ricoperta di
cartelle e di referti (mi domando come facesse a tenerli
in ordine, erano tantissimi) sorrise prima a me poi a mia
mamma. Si rivolse a noi con voce profonda e suadente,
gradevole da ascoltare.
Signora Michaels.
Poi il suo sguardo si spost su di me.
Juliana.
Torn su mia madre.
In apparenza non ci sono problemi strutturali o
neurologici. Lanca di Juliana pu effettuare una piena
rotazione e la sua schiena mostra una mobilit pi che
normale. Le radiografie indicano un leggero trauma e
quindi una possibile lesione intorno allileo,
larticolazione dellanca, ma si potrebbe ipotizzare senza
problemi che sia il risultato degli allenamenti da ballerina.
Francamente, per quanto non voglia sottovalutare i
dolori che Juliana sostiene di provare, mi pare non ci sia
nulla di rilevante.
Si interruppe e ci rivolse uno sguardo significativo.
Daltra parte be, non il mio campo, ma vi
suggerirei di parlare con uno psicoterapeuta. Non
insolito che a questet le ragazze immaginino di soffrire
di sintomi inesistenti. un periodo di cambiamento per
lei e magari, chiss, potrebbero esserci tensioni
inespresse.
Mia madre rimase di sasso. Si fece immobile e seria,
come succede sempre quando sta per farmi una lavata di
capo. Sapevo che da un momento allaltro avrebbe
ribattuto con quel suo tono di voce sommesso, calmo e
terribile. Mi preparai. Il dottore numero tredici non
sapeva cosa laspettava.
Be, questo quanto posso dirvi. Avete domande?
S cominci mia madre disinvolta. cos che
tinganna, facendoti credere che non arrabbiata. Da
quanto ho capito lei crede che mi figlia si stia inventando
tutto. questo che vuole dire?
Non ho usato esattamente la parola inventare. Non
ho dubbi che ci sia una certa sofferenza
Ma lei pensa che la stia esagerando?
S, possibile. Non insolito, come ho detto.
Lei non ha detto assolutamente nulla, dottore. E
quanto a esagerare, Julie una ballerina e le ballerine
sanno molto bene cos il dolore. Julie, in realt, ha una
soglia del dolore molto alta: ho potuto constatarlo io
stessa tutte le volte in cui le capitato di avere un
infortunio. Non si lamenta. Non esagera. Se Julie dice
che le fitte che sente sono atroci, vuol dire che n io n
lei saremmo in grado di sopportarle.
Signora Michaels, vede, tutto quello che posso fare
darle lopinione di un esperto. Non sono Dio.
Povero dottore numero tredici.
Dottore, non mi faccio illusioni sul posto che occupa
nelluniverso. Adesso, per, mi lasci chiarire una cosa.
Ne ho abbastanza di lei e dei suoi colleghi. Sono stufa
marcia di vedere mia figlia sottoporsi a unanalisi dopo
laltra, a infinite radiografie, a continue visite, a esami e
controesami. A che pro? Tutto quello che abbiamo
ottenuto sono solo giri di parole. Riprese fiato e
continu. Ora chiaro che c qualcosa che non va.
Non so di cosa si tratti e non lo sa nemmeno Juliana.
Perch non siamo medici. Lei e la gran parte delle
persone che frequentano questa importante struttura,
invece s. Almeno cos leggo sulla sua parete. Quindi noi
resteremo qui. Nel suo studio. Fino a quando non sapr
indirizzarci da qualcun altro che non tiri fuori stronzate
psicosomatiche solo perch non in grado di fare una
diagnosi. Gli lanci uno sguardo poco amichevole e con
calma torn ad appoggiarsi allo schienale della sedia. Poi
aggiunse: La sua infermiera sarebbe tanto gentile da
portarci due bicchieri dacqua mentre aspettiamo?.
Signora Michaels, cerchi di essere ragionevole. Non
pu restare qui.
Mia madre sorrise. I suoi occhi si fecero minacciosi e
la sua voce divenne un sussurro. Ah, no?
Assolutamente no.
Provi a farmi uscire.
Io mi godevo la scena. Odiavo quel suo modo di fare
quando era diretto contro di me, ma fu un vero piacere
vederla rimettere al suo posto il dottore. Lui armeggi un
poco, prese il telefono e, continuando a fissarci, aspett
che qualcuno rispondesse. Ci vollero pochi secondi.
La sicurezza, per favore sbrait, quindi riappese, si
appoggi allo schienale della poltrona e incroci le
braccia.
Immagino abbia pensato che la sua mossa avrebbe
potuto intimidirci, ma aveva decisamente sottovalutato
Sandra. Alla mia et si era fatta arrestare dalla polizia di
San Francisco durante una manifestazione contro la
guerra del Vietnam. Due volte. Quello stupido non
poteva certo farle paura.
Gli uomini della sicurezza arrivarono: erano due tizi
con i muscoli gonfiati, un bianco e un nero. Di certo si
aspettavano di trovarsi di fronte un tossico in crisi
dastinenza o un tizio armato perch quando il dottore ci
indic, con un brusco movimento del braccio, i due lo
guardarono con unespressione tale che era difficile non
scoppiare a ridere.
Allora il primo parl: Senta, non ho intenzione di
buttare fuori una ragazzina e sua madre.
Laltro si disse daccordo. Forse farebbe meglio a
chiamare lufficio relazioni con il pubblico. Questa non
roba per noi.
I responsabili delle relazioni con il pubblico
intervennero pochi minuti dopo: un ometto minuto con
indosso un completo piuttosto ordinario e una donna
ancor pi minuta con un vestito dalla sgargiante fantasia
floreale. Sorrisero rassicuranti e mi diedero delle pacche
sulle spalle, annuendo tante di quelle volte che mi chiesi
se avessero o meno le teste attaccate al collo. Mi
ricordavano quelle bamboline che mio nonno teneva sul
retro della sua Chevrolet Impala. Il dottore numero
tredici aveva assunto unaria cupa e offesa, ma mia
madre fu irremovibile. Non vedevo lora di raccontarlo a
Sam.
Ed quello che feci due ore dopo, quando venne a
trovarmi. Ce ne stavamo nella mia stanza a
mangiucchiare patatine di mais e i dolori stavano
ricominciando a darmi fastidio, ma avevo ancora gli
antidolorifici e non me ne preoccupai troppo. Anche se
non sapevo da cosa dipendessero, potevo sempre
evitare che diventassero insopportabili. Sam era seduta
sul pavimento mentre io me ne stavo stesa sul letto.
Quindi alla fine com andata con quelli delle
relazioni con il pubblico? Hanno vinto o perso? mi
chiese.
Contro Sandra? Stai scherzando? Mercoled
prossimo abbiamo un appuntamento con il luminare dei
luminari, e la signora con il vestito a fiori ci ha assicurato
che non verranno posti limiti alle nostre visite fino a
quando non avremo accertato la corretta natura del
problema.
Sam divorava una patatina dietro laltra. E saresti tu il
problema?
Qualunque cosa sia. Hai visto Jack in classe oggi?
S rispose con la bocca piena. Di nuovo strafatto.
Sta diventando unabitudine ormai.
Cavolo. Mi chiedo perch.
Mi chiedo cosa te ne importi.
Credi che sia colpa di Rachael?
Credo che preferirei parlare di qualcosaltro. Come
sono andata al saggio?
Sei stata fantastica.
Davvero?
Certo. Presi unaltra patatina e rimasi
sovrappensiero. Sai, dopo la morte di suo padre aveva
cominciato a fumare un bel po.
Pensavo stessimo parlando di me.
Magari solo una valvola di sfogo. Come la danza
per noi.
Non so se hai capito quanto poco me ne importi.
Anchio lho fatto una volta.
Cosa? Hai fumato con lui?
S. Dopo il funerale di suo padre, allOld Mill Park.
Juliana Elise Michaels. Non me lhai mai detto.
Perch sapevo che ti saresti arrabbiata.
Infatti lo sono.
Vedi?
Non sto scherzando. una cosa orribile.
Sam stato mesi fa.
Non mimporta. O sei mia amica o non lo sei. E gli
amici non dicono bugie.
Per un po nessuna delle due parl. Sam infil il
sacchetto di patatine in borsa e si pul la bocca. Io mi
appoggiai alla parete. Non ci guardavamo neanche in
faccia. Passarono quasi cinque minuti prima che mi
decidessi a parlare.
Mi dispiace.
Anche a me rispose lei lanciandomi unocchiataccia.
Ma sei una stronza, non dovrebbero esserci segreti tra
noi.
Okay. Capito.
Dico sul serio.
Lo so. Sono ancora la tua Unica e Sola?
Forse. Devo pensarci su.
E di, ti prego.
S, lo sei. Ma se ti azzardi
Non lo far pi, promesso.
Promesso promesso?
S. Ma ora meglio se vai.
Perch?
Devo prendere un antidolorifico e lo sai leffetto che
mi fa.
Okay. Ma prima, aspetta andiamo a vedere i
fuochi dartificio questo fine settimana?
Non lo so.
Allora vengo a trovarti.
Sarebbe bello.
Mi scrut con attenzione. Hai dolori forti?
Non ancora. Ma tra poco andr peggio.
Jules, non mi piace questa storia. Non mi piace per
niente.
Non dirlo a me.
Sedette sul letto. Io mi appoggiai a lei. Vorrei poter
fare qualcosa per aiutarti, disse qualunque cosa sia.
Anchio vorrei.
Deve essere terribile avere sempre dei dolori.
La cosa peggiore il modo in cui ha cominciato a
comportarsi mia madre. Cio, stata fantastica quando
ha preso in mano la situazione nello studio del dottore.
Ma deve essere molto preoccupata per aver fatto una
scenata simile. E mio padre, non so che problema
abbia.
Perch, cosa fa?
pi strano del solito. Sai, i pap sembrano sapere
sempre quello che succede.
Alcuni non ne hanno proprio idea. Fidati.
Ma il mio in genere s. Non adesso per. Spero
proprio di riuscire a trovare qualcuno che capisca cosa
c che non va e mi aiuti a rimetterla a posto.
Forse questo tizio di mercoled prossimo.
Me lo auguro.
Sam

Mercoled, il giorno in cui Jules e Sandra avevano


appuntamento con il luminare dei luminari, andai a
lezione, ma non riuscii a concentrarmi su nulla a parte
Rachael e Jack. In classe sedevo due file dietro a loro e
fissando le loro nuche tramavo alle loro spalle. Volevo
rendere loro la vita difficile, farli sentire degli stupidi.
Passai un biglietto a Brooke nel quale le esponevo i
dettagli della prima parte del mio piano. Lei lo lesse e
sollev il pollice.
Durante lintervallo i due scomparvero come sempre,
ma li scorgemmo nella macchina di lui, abbarbicati luno
allaltra, lontani da tutto e tutti. Bussai al finestrino del
passeggero e Rachael di malavoglia lo tir gi. La
ignorai, come cercai di fare con il fumo che usc
dallauto, e mi chinai per rivolgermi direttamente a Jack.
Julie voleva solo che ti ringraziassi da parte sua dissi
con un sorriso, sollevando le sopracciglia.
Per cosa? chiese lui. Io e Brooke ci scambiammo
uno sguardo eloquente.
Lo sai bene rispose lei appoggiandosi alla mia spalla
con unespressione maliziosa. Rachael non disse una
parola, ma la sua faccia si fece ancora pi imbronciata
tentando di immaginare di cosa stessimo parlando.
Naturalmente Jack si mise subito sulla difensiva.
Piantatela. Juliana non lho nemmeno vista.
Oh, certo ribattei sorridendo. Doveva trattarsi di
un altro ragazzo alto e biondo, eh Brooke?
Probabile. Ci allontanammo tra le risate, proprio
mentre Rachael partiva a raffica con le sue lamentele.
Se qualcuno avesse fatto uno scherzo del genere al
mio ragazzo, avrei capito subito se era innocente o
colpevole. Lavevo imparato dalla mamma,
osservandola ogni volta che affrontava mio padre
quando non tornava a casa. facile. Basta guardarli
negli occhi e capisci subito se stanno mentendo. Quindi,
invece di fissare noi, Rachael avrebbe fatto meglio a
concentrarsi su Jack. Si sarebbe accorta che non aveva
la minima idea di quello che stavamo dicendo. Ma
quando infine si decise a metterlo alla prova, lui aveva
gi unaria talmente colpevole, che anche sforzandosi
non sarebbe riuscito a convincerla del contrario.
Io e Brooke continuammo a ridere come matte fino
allaula di storia.
Scommetto che oggi non torneranno in classe
comment lei.
Se lo meritano. Bene, sei pronta per la seconda
fase? Le spiegai la parte migliore del mio piano.
Non lo so, Sammie. Mi sembra davvero meschino.
Avanti, non puoi tirarti indietro adesso.
Non mi pare una grande idea.
Daccordo. Far da sola.
Non ti arrabbiare.
Non sono arrabbiata.
S, invece.
Non capisco quale sia il problema. Non ci stiamo
mica inventando niente.
Lo so, ma
Senti, fai come ti pare. Pensavo solo che Jules fosse
una delle tue migliori amiche. Lo facciamo per lei, sai.
Lo so. Ma lintervallo ormai quasi finito e il prof.
Lipton si arrabbia se arriviamo in ritardo.
Potremmo chiedere una giustificazione.
Lei mi lanci uno sguardo e alz gli occhi al cielo.
Lavevo convinta. Lasciammo i libri su un banco e ci
precipitammo dal signor Watson, il supervisore.
Se ne stava stravaccato nel suo ufficio, come sempre, in
compagnia della squadra di calcio femminile. Ci
fermammo sulla soglia, con aria incerta, come se
avessimo un segreto che ci rendeva nervose. Lui sembr
capire al volo e chiese alle ragazze di andare a farsi un
giro. Io e Brooke ci scambiammo uno sguardo furtivo.
Forse avremmo dovuto fare le attrici anzich le ballerine.
Luomo chiuse la porta e ci sedemmo sul divanetto del
suo ufficio continuando a scambiarci occhiate esitanti.
Lui taceva, in attesa. Io sospirai, alzai gli occhi per un
secondo, poi li riabbassai.
Okay, Brooke, cosa abbiamo? (il buon vecchio
signor Watson, subito dritto al punto).
Non so se dovrei dirglielo.
Va bene. Samantha?
Be, insomma, siamo preoccupate.
S?
Ma non vogliamo mettere nei guai nessuno.
Ragazze, cominci, pensando che gli sarebbe
toccato ripetere quella stessa identica frase almeno due
milioni di volte in un anno voi non potete mettere nei
guai nessuno. La gente ci si mette da sola. Se volete
raccontarmi qualcosa, qualunque cosa sia, ditela.
Altrimenti, avrete semplicemente interrotto quello che
stavo facendo.
Giusto gli risposi. Okay. Siamo preoccupate per
Jack e Rachael.
Lui tacque.
Quando vengono in classe sembrano fatti continuai.
E se non lo sono, certo si comportano come se lo
fossero.
Strano rispose lui spostando con lentezza lo
sguardo da me a Brooke. Pensavo che Jack non vi
stesse pi molto simpatico. Da quando non sta pi
insieme a Julie, intendo. E allora come mai siete tanto
preoccupate?
Segu un lungo momento di silenzio e mi sentii
aggrovigliare le budella. Brooke mi lanci unocchiata
nervosa e rispose: Se temo che possa capitare
qualcosa a qualcuno mi preoccupo, che mi stia simpatico
o no.
Questo vero concesse lui.
E poi aggiunsi, optando per una mezza verit a
Julie piace ancora. E non vogliamo che faccia qualcosa
di cui potrebbe pentirsi dopo.
Il signor Watson continuava a spostare lo sguardo da
me a Brooke. Noi ci sforzammo di mantenere
unespressione compunta e preoccupata. Infine scroll le
spalle.
Okay, ragazze. Me ne occuper. Immagino abbiate
bisogno di una giustificazione, no?
Una volta fuori, Brooke mi diede un pugno sul braccio,
ma aspett di raggiungere luscita prima di aprire bocca.
Grazie tante.
Perch? Non successo niente.
Davvero? Questa lultima volta che ti do retta.
Calmati, okay? tutto a posto. Sei stata grande
replicai scoppiando a ridere. Soprattutto quando il
supervisore ha menzionato Jules. Avresti dovuto vedere
la tua faccia.
S, va bene, ma penso ancora che sia un colpo
basso. Anche se si tratta di Jack e Rachael. Neanche
Julie ne sar felice. Aspetta e vedrai.
Non la conosci come la conosco io.
Mentre tornavamo in classe guardai lorologio. Jules
doveva aver quasi finito la visita. Presi posto accanto alla
finestra mentre Brooke consegnava la giustificazione al
professor Lipton. Lui la prese con un cenno del capo,
quindi continu la spiegazione.
Oltre i vetri vidi il signor Watson dirigersi con passo
deciso verso la macchina di Jack. Si chin dal lato del
guidatore e un secondo dopo Jack e Rachael scesero
dallauto. Non sembravano molto contenti di seguirlo.
Rachael lanci unocchiata allaula e io mi ritrassi dalla
finestra, sorridendo tra me. Cercai di incrociare lo
sguardo di Brooke, ma era troppo occupata a prendere
appunti o forse voleva semplicemente lasciarsi alle spalle
tutta la faccenda.
Nel preciso istante in cui termin la lezione, mi precipitai
al telefono per chiamare Jules. La linea era occupata.
Aspettai qualche minuto e riprovai, ma dava ancora
occupato. Che frustrazione. Avrei potuto andare
direttamente a casa sua, ma per quanto fossi impaziente
di sapere cosa stesse succedendo e di raccontarle cosa
avevamo fatto, temevo di essere invadente. Decisi di
tornare a casa e aspettare che mi chiamasse lei. Proprio
in quel momento il supervisore usc dal suo ufficio
insieme a Jack, Rachael e una donna che doveva essere
la madre di lei. Non aveva unaria molto allegra. Mi
nascosi dietro la cabina telefonica fino a quando non
terminarono di discutere e il signor Watson torn dentro.
Rachael e sua madre si diressero verso il parcheggio dei
visitatori. Ero talmente intenta a fissarle che non mi
accorsi che Jack era proprio dietro di me.
Lo sapevo che eri stata tu disse senza unombra di
simpatia nella voce.
Cavolo! Mi hai spaventata.
Hai un minuto?
Non proprio, perch?
Perch oggi hai fatto proprio una bastardata.
Era uno scherzo. Volevamo solo farti passare un
brutto quarto dora.
Mi riferisco a quello che hai detto al supervisore.
Detto cosa? Non ci ho nemmeno parlato oggi.
Okay, va bene, non me ne frega niente. Ma per
favore, stai alla larga da me, capito? State cominciando
a diventare seccanti, tu e le tue stronzate.
Oh, davvero.
Gi. Io non ti ho fatto niente e la mia relazione con
Julie non dovrebbe riguardarti.
Eh? Di quale relazione parli? Di quella in cui la usavi
o di quando le scaricavi addosso tutti i tuoi problemi?
Lui non rispose. Si limit a sbuffare, scosse la testa e
se ne and. Peccato. Non sentivo il minimo rimorso per
averlo messo nei casini. Anzi, se lo meritava. Raggiunsi
la mia macchina. Quel giorno non cerano prove in
programma, cos decisi di andarmene a casa. Finch non
mi ricordai che ci sarebbe stata mia madre. Ultimamente
era davvero strana: un giorno non faceva che
prendersela con me e quello dopo volteggiava per le
stanze con aria sognante e innamorata. Forse stava per
entrare in menopausa. Decisi allora di andare in
biblioteca e togliermi di mezzo i compiti di storia. Nel
caso in cui be nel caso in cui Jules avesse avuto
bisogno di me pi tardi.
Julie

Marted avevo trascorso una nottata terribile. Avevo


preso un antidolorifico, ma sembrava quasi che ormai
non facesse pi effetto. Mia madre mi disse che non
potevo prendere unaltra pillola prima di tre ore, cos
non mi rimaneva che sopportare. Cercavo di distogliere
lattenzione senza riuscirci. Il dolore aveva preso il
sopravvento e mi sentivo come intrappolata in me stessa.
Faticavo a parlare con mia madre, a guardare la tv, ad
ascoltare la radio. Continuavo a essere risucchiata da
quel mostro alieno che aveva preso residenza nel mio
corpo. Mi stava divorando viva. Non riuscivo a gestirlo
n a comprenderlo e pensavo che non se ne sarebbe mai
pi andato.
Passarono due ore e mezza. Almeno stando
allorologio. Io non avrei saputo dirlo perch avevo
perso ogni cognizione del tempo. Mia madre chiam un
suo amico medico (non aveva pi fiducia in nessuno
degli specialisti che avevamo gi consultato) e scopr che
il dosaggio dellantidolorifico poteva essere raddoppiato
senza rischi e che avrei potuto prenderlo
immediatamente. Ho un ricordo vago di mia madre che
mi sollevava la testa e mi faceva aprire la bocca per
ingoiare le pasticche e poi nientaltro. A un tratto riuscii
di nuovo a respirare. I miei occhi mettevano a fuoco, ero
tornata alla realt. Il dosaggio doppio era stato
miracoloso e cominciai a riprendermi, ma il sonno
sopraggiunse quasi subito.
Leffetto delle pillole svan nelle prime ore della mattina,
eppure per qualche ragione il mostro non torn con la
stessa forza della notte precedente. Erano le cinque o gi
di l e mia madre, che detesta alzarsi prima delle sette,
era gi in cucina a preparare il caff. La raggiunsi.
Ehi, mamma la salutai sedendomi lentamente al
tavolo.
Ciao, tesoro. Come ti senti?
Non benissimo, ma neanche male come la scorsa
notte.
Bene. Si vers il caff nella grottesca tazza verde e
arancione che avevo fatto per lei al corso di ceramica in
prima liceo. Non so perch la usasse tanto spesso.
Doveva essere la sua tazza preferita.
Vuoi mangiare qualcosa? mi chiese poggiando la
mia opera darte sul tavolo.
Non ho molta fame. Magari un succo di frutta.
Riemp un bicchiere di aranciata, me lo porse e torn
a sedersi. Pareva esausta. Mi venne in mente che
doveva essere difficile invecchiare. Questanno mia
madre avrebbe compiuto quarantadue anni e aveva
cominciato a dimostrare la sua et. Quando abbassava
lo sguardo, come in quel momento, mentre sorseggiava il
caff caldo, le rughe sul suo viso sembravano pi
marcate. Le accarezzai la guancia, come faceva lei con
me quando ero piccola.
Sembri stanca le dissi.
Forse un po.
Sei preoccupata? chiesi, anche se non ero sicura di
volere una risposta. Mia madre fece un respiro profondo
e attese a lungo prima di rispondere.
S, lo sono. E tu?
Annuii e sorseggiai il mio succo: Cosa faremo se si
tratta di qualcosa di grave?.
Mia madre mi guard dritta negli occhi. Mi prese le
mani e me le strinse.
Se dovesse essere qualcosa di grave, cosa che di
certo non sar, lo affronteremo insieme. Okay?
Okay.
Ti voglio bene.
Lo so. Anchio te ne voglio.
Anchio vi voglio bene! ci interruppe una voce, e la
testolina di mia sorella Rosie spunt sulla soglia. Feci una
smorfia; pareva lo facesse apposta a scegliere sempre il
momento sbagliato per intromettersi: una prerogativa dei
bambini di cinque anni. La mamma batt le mani sulle
gambe e Rosie si arrampic in braccio a lei.
Lappuntamento era alle nove del mattino. Dopo aver
lasciato Rosie alla Sunburst Preschool, nella Mill Valley,
attraversammo il Golden Gate Bridge per raggiungere il
Campton Medical Center, a San Francisco. Ci
sedemmo nella sala dattesa accanto allo studio dove
avevamo appuntamento, in fondo a un corridoio lungo le
cui pareti linee di colori diversi indicavano i vari reparti.
A quanto pareva il luminare dei luminari era venuto in
ospedale apposta per me, quel giorno. Ero curiosa di
sapere che aspetto avesse e fui sorpresa quando scoprii
che si trattava di una donna. Si chiamava Angela
Conner. Era robusta, ma non grassa, dalla corporatura
tarchiata, le gambe tozze e un paio di braccia che
sembravano fatte apposta per risolvere ogni tipo di
emergenza. I capelli castano grigi, raccolti in uno chignon
da ballerina, mi fecero pensare a quanto sarebbe
apparsa ridicola davanti alla sbarra. Aveva tutta laria di
una che sa il fatto suo e non ama perdere tempo. Aveva
aperto la porta da sola, senza bisogno di alcuna
infermiera, e ora mi stava soppesando con lo sguardo.
Sembrava non essersi neanche accorta di mia madre.
Juliana Michaels? chiese in tono asciutto.
Annuii.
Vieni mi disse ferma sulla soglia dello studio,
indicandomi di entrare con un cenno del capo.
Guardai mia madre, lei scroll le spalle. Entrambe ci
alzammo mentre la dottoressa Conner spariva in un
ambulatorio. Ci avvicinammo, ma lei si rivolse a mia
madre.
Aspetti l, per favore ordin indicando il corridoio.
No. Io entro ribatt Sandra con lo stesso tono
deciso.
La dottoressa Conner la squadr da capo a piedi,
infine assent. Entrammo tutte e tre. Mi aspettavo la
solita serie di domande, ma mi accorsi che la mia cartella
clinica era gi l. Cominciai a spogliarmi perch potesse
visitarmi, quando lei scosse la testa.
Non ce n bisogno. Da quanto ho letto sulla tua
cartella diverse possibilit sono gi state eliminate. Hai
ancora dolori?
Accennai un s. Questo certo.
Sono peggiorati?
Mh, mmm.
Quanto?
Non so. Sono piuttosto forti.
Abbass lo sguardo sui referti, poi torn ad alzarlo su
di me. Suggerirei un esame del midollo osseo.
Cos?
Un test non molto piacevole. doloroso, ma credo
che in questo periodo tu abbia sopportato di peggio.
Inseriremo un ago qui. Indic un punto vicino alla mia
anca. Prenderemo un campione del midollo allinterno
dellanca. necessario che rimanga una notte in
ospedale, per via dei dolori che avrai dopo.
A cosa serve questo test? le chiesi.
Non autorizzer altri esami inutili intervenne mia
madre. Deve essere assolutamente certa che sia
necessario.
La capisco. Julie ha gi sopportato tanto senza
ottenere nulla. Sappiamo che non ci sono danni
apparenti ai nervi, nessuna frattura, nessuna evidente
infezione virale. Eppure non possiamo essere sicuri che
non ci sia dellaltro finch non preleviamo il campione.
Eseguir io stessa lintervento. So fare il mio lavoro e
cercher di non farle troppo male. Credo che sia la cosa
pi ragionevole da fare. Se siete daccordo.
Ma a cosa serve? Perch si fa questo test? chiesi di
nuovo. Mia madre si intromise prima che la dottoressa
avesse il tempo di rispondere.
Ci permette di capire con precisione che coshai,
tesoro. Cos non dovremo pi andare da altri dottori. E
potremo curarti e fare in modo che torni a danzare.
una risposta piuttosto corretta aggiunse la
dottoressa Conner rivolgendo un cenno dassenso a mia
mamma.
Io guardai entrambe. Ero sollevata di aver trovato
qualcuno che finalmente mi credeva, e mi piaceva il
modo di parlare di quella donna. Alzai le spalle e
acconsentii allunisono con mia madre.
Bene, siamo daccordo disse. Quando faremo il
test?
Presto. Oggi stesso, se possibile. Se ti ricoveri
adesso, potrei eseguire lintervento nel tardo pomeriggio.
Hai fatto colazione?
Ho bevuto solo un po di succo darancia.
Perfetto. Oggi pu andare?
Be, mmm okay, credo di s rispose mia mamma.
Per vorrei chiamare mio marito prima.
Venga con me. Le mostro dove si trova il telefono.
Juliana, tu puoi restare qui e riposare un po.
Quando uscirono dallambulatorio mi misi a sedere sul
lettino. Allimprovviso mi sentivo stordita. Era accaduto
tutto cos in fretta. Sembrava fosse trascorso solo
qualche giorno da quella notte in spiaggia con Sam,
invece era gi passato un mese. Un mese in cui non ero
potuta andare a danza, se non poche volte, un mese di
orribili dolori, un mese dallultima volta che avevo visto
Jack non che a lui gliene importasse molto. Grazie a
Dio cera Sam, pensai. Era venuta a trovarmi e mi aveva
chiamato quasi tutti i giorni. Aveva sempre qualcosa da
raccontarmi e mi teneva aggiornata su quello che
facevano nella compagnia e ai corsi estivi. Ora,
finalmente, avrei scoperto cosa avevo, mi avrebbero
curato e forse sarei tornata alla normalit. Almeno lo
speravo. Proprio un bel modo per passare lestate. Mi
stesi sul lettino e chiusi gli occhi. Troppi pensieri in testa.
Troppa stanchezza accumulata. Eppure per la prima
volta dopo settimane, cominciai a immaginarmi libera da
quel dolore.
Dovevo essermi addormentata perch un attimo dopo
mia madre era accanto a me e mi accarezzava il viso,
sussurrandomi dolcemente: Julie, tesoro. ora di
svegliarsi. Avanti, amore, dobbiamo scendere di sotto.
Aprii gli occhi e li richiusi. Dove stiamo andando? le
chiesi.
Nella stanza che ti hanno assegnato. Per lesame al
midollo osseo che ti deve fare la dottoressa Conner,
ricordi?
Mi sfugg un gemito. Non potevo evitare di pensare al
dolore che avrei provato. Quella mattina era stato
relativamente leggero e non avevo voglia di soffrire
ancora.
Devo proprio farlo?
Tesoro, non so come altro aiutarti. lunico medico
che sembra sapere di cosa sta parlando. Forse
dovremmo ascoltarla, non credi?
Voglio solo che finisca tutto, mamma.
Anchio piccola anchio.
Sam

Terminai i compiti verso le quattro e mi fermai al The


Depot per chiamare Jules, ma non rispose nessuno.
Presi una macedonia di frutta e riprovai. Ancora nessuna
risposta. Decisi di andare direttamente a casa sua.
Quando arrivai nel vialetto cera solo una macchina, e
non si trattava di quella che di solito guidava Sandra.
Parcheggiai la jeep e andai a bussare alla porta. Niente.
Girai intorno alla casa.
Ehil? Sono Sammie. C qualcuno?
Ciao Sammie. Sobbalzai per la sorpresa. Era
William, il padre di Jules, sbucato allimprovviso dal
retro.
Merda, mi hai spaventato. Oh, scusami trasalii
ricordando che non gli piaceva che dicessimo le
parolacce. Ma non se ne accorse nemmeno.
Non sono ancora tornate. Julie doveva fare un nuovo
esame.
Oh. Quindi non hanno scoperto niente?
Lui scosse la testa. Vuoi qualcosa da bere? Un
succo di frutta? Una gazzosa? chiese. Ah, e ci sono
anche dei biscotti che ha fatto Sandra.
William famoso tra i nostri amici per la sua
proverbiale cortesia.
No, grazie, non ho fame.
Julie deve rimanere una notte in ospedale. Andr a
trovarla pi tardi.
Oh cercai di nascondere il disappunto. Quindi non
torner a casa?
Non stasera. Senti, ti va di venire con me?
Certo. A che ora?
Lui esit.
Uh, forse dovrei andare con la mia macchina
suggerii.
Oh, no, non c problema. Davvero, puoi venire con
me. Sandra rester l. Andremo verso le sei e mezza,
dopo lora di punta.
Okay. Alzai le spalle aspettando che continuasse.
Quindi ci vediamo a quellora?
S. Perfetto. Sei e mezza.
Accenn un sorriso assente, quindi si volt e fece per
andarsene.
William? lo chiamai. Lui mi guard. Ti senti bene?
Oh, s, sto bene rispose. Sono solo preoccupato.
Ma sono certo che presto star meglio. giovane e
forte.
Alle sette e tre minuti io e William parcheggiammo
davanti al Campton Medical. Avevamo scambiato a
malapena due parole per tutto il tragitto e il viaggio mi
era sembrato infinito. Il parcheggio dei visitatori era
strapieno. Ci vollero dieci minuti per trovare un posto, e
quasi venticinque per raggiungere la stanza di Jules.
Avevo limpressione di aver attraversato tutti i corridoi
di quel maledetto edificio quando finalmente scorgemmo
Sandra davanti a una porta. Appena ci vide si avvicin,
facendoci cenno di fare silenzio. Ci abbracci entrambi,
poi parl.
Si sta svegliando adesso sussurr. Da quanto ho
capito sembra sia andato tutto bene.
William annu e sorrise.
Cosa le hanno fatto di preciso? chiesi.
Hanno prelevato un campione di midollo osseo per
esaminarlo.
Perch?
Probabilmente perch non sapevano che altro fare
rispose William sarcastico. Sandra gli cinse la vita con un
braccio e mi guard.
inevitabile essere un po agitati viste le ultime
esperienze con i dottori disse. Ma credo che la nostra
odissea sia finita. Julie stata bravissima.
Posso vederla? la pregai.
Aspetta un minuto. La dottoressa ancora dentro.
Un istante dopo vidi una specie di energumena venire
verso di noi: Sandra ce la present come la dottoressa
Conner. Non era certo un tipo che perdeva tempo in
chiacchiere: si limit a un saluto di circostanza, quindi si
rivolse direttamente a Sandra.
In questo momento il campione in Patologia per
essere esaminato. Non appena avr i risultati definitivi
vorrei parlare con Julie e voi due. Siete liberi domani
mattina, intorno alle nove?
Dottoressa, anche a mezzanotte andrebbe bene.
Qualsiasi cosa per scoprire cosha la nostra bambina
dichiar William.
Ci vediamo alle nove, allora. Qui, nella sua stanza.
Poi se ne and congedandosi con un cenno del capo.
Lanciai unocchiata a William e Sandra, poi guardai
lenergumena allontanarsi con passo pesante lungo il
corridoio. Sapeva gi qualcosa, ne ero sicura. Allora
perch non laveva detto? E perch i genitori di Jules
non glielavevano chiesto?
Julie

La mamma mi aveva lasciato davanti alla porta della sala


preoperatoria, la stanza pi fredda del mondo, e
uninfermiera mi aveva messo addosso una coperta
sottile dallaspetto avveniristico che si rivel molto calda.
Dopo avermi infilato un ago da flebo nel braccio, il
dottor Kim lanestesista aveva fatto un commento
sulle dimensioni sane delle mie vene, mentre la
dottoressa Conner con il suo solito tatto da Oscar
stava spiegando la procedura nel dettaglio. Se non fossi
stata in preda a un attacco di dolore atroce, sarei rimasta
terrorizzata. Ma LUI era tornato, pi furioso che mai,
cos, anche se guardavo la dottoressa tentando di
seguire il discorso, ricavai solo unidea generale di ci
che stava cercando di dirmi. Cominciai ad ascoltarla sul
serio solo quando mi parl di Valium.
resterai pi o meno cosciente, ma ti toglier il
dolore (EVVIVA!) e attenuer le tue sensazioni. Sei
pronta?
Annuii. Il dottor Kim inser qualcosa nel tubo della
flebo e linserviente, o come si chiama quello che sposta
le barelle, si prepar a portarmi in sala operatoria. Potrei
anche abituarmici, ricordo di aver pensato mentre mi
abbandonavo a quel mondo crepuscolare. Nessun
dolore, nessun problema. Sentivo tutto quello che
accadeva intorno a me, ma non potevo reagire. Forse
sarei riuscita anche a vedere, ma tenere gli occhi chiusi
mi sembr la scelta migliore.
Sentii che mi trasferivano su un altro letto. Sapevo che
la dottoressa Conner impartiva ordini e che qualcuno,
seduto accanto a me, continuava a tamponarmi la bocca
con un asciugamano fresco e bagnato, mentre io
automaticamente schioccavo le labbra e ingoiavo quelle
poche gocce dacqua. Di tanto in tanto una voce che
non riconoscevo, ma piacevole da ascoltare, mi
chiedeva se era tutto a posto. Sto bene rispondevo,
poi tornavo subito nel mio mondo. Il tempo non aveva
senso, il dolore non esisteva, non avevo alcun pensiero,
nulla di cui preoccuparmi, nulla da fare. Credevo di aver
raggiunto il Paradiso.
Tre ore dopo non ne ero pi tanto sicura. Leffetto del
Valium era svanito e qualunque cosa lanestesista avesse
inserito nella flebo mentre mi riportavano nella mia stanza
Questo un piccolo incantesimo che ti aiuter contro
il dolore mi aveva detto non andava molto daccordo
con il mio organismo. Mi venne una nausea orribile e
cominciai a vomitare dappertutto, sul letto,
sullinfermiera, sul pavimento. Non riuscivo pi a
smettere e ogni volta mancavo la padella, finch unaltra
infermiera insistette per chiamare la dottoressa. Ci mise
un secolo ad arrivare.
Hai dolori? fu la prima cosa che mi chiese.
Non ancora risposi rischiando di rigurgitarle
addosso.
Non c nulla di cui preoccuparsi mi assicur. Si
tratta di una reazione al trattamento analgesico. Succede
a parecchie persone.
Qualunque cosa avessi potuto rispondere non sarebbe
stato apprezzato e in ogni caso non avevo modo di
proferire parola tra un conato e laltro, cos mi limitai ad
accennare col capo.
Ho richiesto un medicinale contro la nausea.
E se anche quello mi facesse male?
Non credo accadr. Fidati.
Come no.
Quando arrivarono Sam e i miei genitori, io ero
entrata nella terza fase. Finito lintervento, passati gli
effetti del farmaco, stavo cominciando a reagire al
narcotico. Cercai di sorridere, di far loro capire che mi
sentivo finalmente meglio, ma sembrava che tutto quello
che usciva dalla mia bocca non avesse senso. Loro
continuavano a sorridermi e ad accarezzarmi, poi mi
lasciarono un minuto da sola con Sam. Provai a tenderle
la mano. Lei la prese. Mi lesse nel pensiero, come
faceva sempre, e rispose alla domanda che non ero in
grado di porle.
Non sanno ancora niente, Jules. La dottoressa ha
fissato un appuntamento con i tuoi domani mattina alle
nove. Dopo che avr visto i risultati del test. Meglio
adesso? Annuii. Hai bisogno di qualcosa? Scossi la
testa. Bene, allora lascia che ti racconti cosa ho fatto
oggi aggiunse con uno sguardo malizioso. Non riuscivo
a tenere gli occhi bene aperti, ma le mie orecchie
funzionavano ancora e ascoltai tutta la storia di Jack e
dellEsaltata, e sorrisi, sorrisi, senza riuscire pi a
smettere.
La mattina dopo uninfermiera mi svegli alle cinque per
misurarmi la temperatura e farmi domande stupide.
Cercai di tornare a dormire, ma poco dopo fui svegliata
da unaltra infermiera. Di nuovo la temperatura, di nuovo
le stesse inutili domande.
Lha gi fatto la sua collega le dissi. Lei mi rivolse il
suo miglior sorriso da infermiera indulgente.
Ho cominciato il turno adesso mi spieg.
Oh. Bene. Il fatto che non riuscissi pi a prendere
sonno non sembrava minimamente preoccuparla. E
neppure che la mia anca, nel punto in cui era penetrato
lago, pareva andare a fuoco.
Potrei avere qualcosa per questo dolore? chiesi. Lei
sfoder lespressione da badante costernata.
Mi dispiace, la dottoressa Conner non ha indicato
alcun trattamento sulla tua cartella.
Non potrebbe chiamarla, per favore? Lanca mi fa
molto male.
Be, arriver per le otto e mezza. Allora lo
chiederemo direttamente a lei, daccordo?
Okay. Sorrise unultima volta e fece per andarsene.
Mi scusi la chiamai. Potrebbe dirmi che ore sono
adesso?
Le sette e un quarto. E usc.
Unora e quindici minuti non sono tanti se trascorsi in
circostanze pi allegre. Tuttavia non era il mio caso. Mi
sentivo indolenzita, stanca e di cattivo umore; in bocca
avevo un saporaccio di mierda e volevo vedere mia
madre. O Sam. O chiunque altro. Come se non
bastasse, temevo lincontro con la Conner.
Erano gi le otto e mezza passate. E ancora nessuna
traccia della dottoressa, almeno secondo Miss Oca
Giuliva. Pochi minuti dopo, arrivarono mio padre e mia
madre. Io ero davvero a pezzi. Non sapevo quale parte
del corpo mi facesse pi male.
Nel secondo esatto in cui mi vide, mio padre and su
tutte le furie.
ridicolo sbott senza rivolgersi a nessuno in
particolare, e usc a cercare aiuto. Mia madre mi
accarezzava il viso, parlandomi a bassa voce, di tutto e
di niente, giusto per tenermi la mente occupata. Mio
padre torn con linfermiera a rimorchio, seguita dalla
dottoressa Conner. Niente sorrisi, stavolta. Linfermiera
prese una fiala e la inser nella flebo. Probabilmente
aveva parlato con la dottoressa. Il dolore si attenu
quasi allistante. Sospirai. Linfermiera giuliva se ne
and, mentre la dottoressa Conner mi tastava il polso e
mi toccava la fronte.
Non ci sono scuse per quanto successo, temo ci
disse. Il trattamento era pi che indicato. Mio padre
apr la bocca per ribattere qualcosa, ma lei non aveva
ancora finito. Ci sono delle sedie in corridoio.
Portiamole dentro e facciamo una chiacchierata.
Di colpo mi sentii gelare il sangue e in bocca non mi
rimase un filo di saliva. Mi chiesi se si trattasse di
unulteriore reazione al farmaco, ma poi guardai mia
mamma. Sembrava un fantasma. Mio padre prese due
sedie e le sistem accanto al letto, anche se alla fine
nessuno volle sedersi. La dottoressa Conner si sistem
di fronte a loro, gli occhi fissi su di me.
Come sospettavo, il midollo mostra un linfoma
istiocitico diffuso. Poich presente nel midollo,
possiamo desumere che sia arrivato al quarto stadio.
Questo significa che non ha avuto origine nellanca.
Lanca solo un sito secondario e di sicuro ci sono altre
aree affette. Raccomanderei un programma aggressivo e
immediato di chemioterapia. La tua giovane et di
certo un vantaggio. Il tuo corpo pu sopportare molto di
pi di quello di un adulto. Ci aumenta significativamente
le nostre possibilit.
Si interruppe un attimo per rivolgermi un sorriso
incoraggiante, poi continu. Possiamo fare la terapia
qui o, se preferite, organizzarci con una struttura esterna.
Naturalmente ci saranno degli effetti collaterali: nausea,
perdita o aumento di peso, escoriazioni della pelle,
diminuzione dei globuli bianchi, il che implica che dovrete
prendere ogni precauzione per evitare infezioni. Ah, e
quasi la totalit dei soggetti riscontra la perdita dei
capelli. Sarei lieta di organizzare io stessa il programma,
se lo desiderate, oppure posso mettervi in contatto con
altri oncologi. Una seconda opinione sempre la
benvenuta, ma io consiglierei di iniziare subito. Il tempo
un fattore di massima importanza in questi casi. Ci
scrut. Credo di avervi detto tutto. Avete domande?
Lavevo ascoltata per quei minuti interminabili
trattenendo il respiro e mi resi conto di aver capito solo
in parte ci che aveva detto. Guardai i miei genitori e vidi
in loro la stessa confusione. Mia madre chiese:
Dottoressa, potrebbe dirci esattamente cos questo
istiocoso diverso?.
Linfoma istiocitico diffuso. Sospir. un tipo di
cancro.
Continu a parlare, a spiegare, ma nulla aveva pi
importanza dopo che aveva pronunciato la parola che
iniziava per C. Non sentimmo niente di quel che disse. Il
resto lavremmo scoperto dopo, vissuto sulla nostra
pelle, ma in quel momento non riuscivamo a muoverci.
Non riuscivamo neanche a guardarci. Non eravamo in
grado di parlare. Forse non stavamo nemmeno
respirando. La dottoressa Conner mormor qualcosa a
proposito di concederci del tempo per riflettere e ci
lasci da soli. Mio padre si sedette. Mia madre rimase
completamente immobile accanto al mio letto. Solo la
sua mano si mosse, a cercare la mia guancia. Cominci
ad accarezzarmi con dolcezza, come faceva quando
avevo tre anni e piagnucolavo o quando ne avevo tredici
e avevo bisogno di essere consolata per la mia prima
delusione damore. Poi finalmente si mosse e mi guard
negli occhi. Mio padre si alz e si mise sullaltro lato del
letto. Le lacrime gli rigavano il volto. Ricordo di aver
pensato: Ehi, questo s che strano. Non ho mai visto
mio padre piangere.
Rimanemmo cos, in silenzio. Cosa cera da dire?
Avevo il cancro.
Sam

Sono gli uomini di sessantanni che fumano da una vita


che si ammalano di cancro, o le donne che non fanno il
Pap-test o dimenticano di farsi il controllo al seno. La
gente che abita in altri paesi, in altri stati o citt, si
ammala di cancro. Non una splendida ballerina di sedici
anni che non ha mai fatto niente di male a nessuno in
tutta la sua vita. Non la mia migliore amica.
La mattina dopo avevo saltato la scuola per andare a
San Francisco, al Campton Medical. Le priorit sono
priorit. Credo di essere capitata in camera di Jules
poco dopo che la dottoressa Conner era andata via.
Bussai, ma siccome non rispondeva nessuno, aprii lo
stesso la porta e mi affacciai dentro. Sandra e William
erano di fianco al letto di Jules, e si abbracciavano
stretti. Jules era lunica a non piangere. Capii subito che
doveva trattarsi di qualcosa di brutto, di molto brutto.
Una parte di me avrebbe voluto voltarsi e scappare via.
Per sempre. Se non avessi sentito nulla, forse non
sarebbe successo nulla. Ma non riuscii a muovermi.
Rimasi dovero, in attesa.
Jules mi vide per prima. Nel momento in cui i nostri
sguardi si incrociarono, lente e silenziose, le lacrime
cominciarono a scivolarle sul viso.
un casino? le chiesi.
Lei annu.
Cancro. Lo disse talmente piano che quasi non
sentii. Poi la parola mi raggiunse e mi colp in pieno.
Rimasi bloccata, come se mi fossi spenta. La vita
sembrava aver abbandonato il mio corpo, e non so per
quanto tempo rimasi immobile. Un silenzio di piombo
cal sulla stanza. Udivo solo i battiti del mio cuore. Tutto
il resto era fuori dal raggio della mia percezione. Niente
sembrava possibile: parlare, piangere, pensare.
Sandra si avvicin e mi condusse da Jules. Continuavo
a fissarla scuotendo la testa. Cercavo di rimettere in
moto il mio cervello. Avrei voluto che uno di loro
dicesse: Ah, ah ci sei cascata. Avrei voluto tornare al
giorno prima e cancellare tutto questo.
Poi, di colpo, mi venne da ridere. Limpulso part
dallo stomaco e non riuscii a fermarlo. Le risate
cominciarono a venir fuori avevano un suono strano,
orribile e avrei voluto scusarmi con Jules. Non cera
davvero niente da ridere, non volevo ridere, eppure non
sapevo come fermarmi. Continuavo a emettere quei
suoni striduli. Allimprovviso mi resi conto che in realt
non stavo ridendo, ma piangevo. La mia Jules, la mia
ballerina Juliana, la mia Unica e Sola, mi tir a s. Io
labbracciai e insieme versammo tutte le nostre lacrime.
Ho un ricordo piuttosto nebuloso di quella giornata. Non
saprei dire quando lasciai lospedale o in che modo
riuscii a riattraversare il ponte e guidare fino a casa.
Quando mia madre mi chiese notizie, le parole mi
vennero fuori spontanee. Mentii, non volevo che mia
mamma sapesse nulla, perlomeno non in quel momento.
Non il tipo di persona che sa gestire certe cose.
Finisce sempre per esagerare. Non avrebbe esitato a
chiamare i Michaels e avrebbe travolto loro e me con
una sfilza di stupide domande. Mi avrebbe solo fatto
infuriare. E poi, era una cosa troppo importante.
Nessuno doveva saperla. Non ancora. Riguardava solo
me, Jules e la sua famiglia. Cos risposi semplicemente
tutto bene e me ne andai in camera.
Ricordo di aver acceso la radio e di essermi messa a
riordinare gli appunti di storia, copiando in un altro
quaderno tutte le scadenze dei compiti assegnati. Dovetti
rileggere lo stesso paragrafo quattro volte, ma in qualche
modo riuscii a terminare quello che avevo da studiare.
Poi andai a lavare i piatti. Verso mezzanotte iniziai a
pulire la mia stanza. Andava tutto bene fino a quando
non trovai, in fondo allarmadio, un vecchio album.
In terza media Jules e io avevamo riempito pagine e
pagine di collage, usando foto e parole ritagliate dalle
riviste e persino dallannuario scolastico. Mi ricordai di
quando, l nella mia camera, ci divertivamo a imprecare,
provando tutte le parolacce nuove ed esercitandoci nei
modi di dire che avevamo imparato. I nostri tre anni di
scuola media erano tutti racchiusi tra quei fogli: quello
che pensavamo, cosa ci piaceva, cosa volevamo fare da
grandi, chi odiavamo a morte. Risi fino alle lacrime.
Quando finii di sfogliare lalbum, mi sedetti stringendolo
forte a me. Forse avrei dovuto piangere, ma le lacrime
non scendevano. Sapevo che non sarei riuscita a
dormire, cos cercai di inventarmi qualcosaltro da fare.
Non mi venne in mente nulla e comunque mi sentivo
stanca. Non rimaneva altro che pensare a quello che
stava succedendo e mi costrinsi a dirlo ad alta voce.
Jules ha il cancro. La mia migliore amica ha il
cancro.
Poi, silenzio. Mi sembrava quasi di vedere quella
parola galleggiare nellaria, intorno alla mia testa. Cercai
di ricordare tutto ci che sapevo sullargomento. Non
riuscivo a comprendere con esattezza cosa significasse,
perlomeno non nella specifica situazione di Jules. Sandra
mi aveva riferito quel poco che le era stato spiegato, ma
neanche lei sembrava saperne un granch.
Allora la prima cosa da fare lindomani sarebbe stato
andare in biblioteca a cercare informazioni. Cos forse
avrei capito fino a che punto dovevo stare in ansia o se,
magari, non cera motivo di esserlo. Jules era giovane e
forte. Era una guerriera. Questa storia poteva finire
prima di quanto pensassimo. Forse era un tipo di cancro
operabile. In quel caso si sarebbe trattato di tener duro
per qualche mese e poi tutto sarebbe tornato come
prima. Saremmo tornate alla normalit. E anche se non
avessimo potuto ballare o partecipare alla tourne o fare
lo spettacolo insieme, chi se ne importava. Jack poteva
pure rimanere con lEsaltata per sempre.
Lunica cosa al mondo che mi interessava era che
Jules guarisse. E del resto come poteva essere
altrimenti? Era la mia Unica e Sola. Eravamo destinate a
restare unite per sempre, e nulla, mai, avrebbe potuto
cambiare questa realt.
Julie

La cosa pi strana di ritrovarsi nel bel mezzo di una


Grande Crisi, soprattutto se ti riguarda direttamente,
che tutto il resto continua ad andare avanti come al
solito. Allinizio non ci credi. Non capisci come sia
possibile. Quando la dottoressa Conner, accanto al mio
letto, ci aveva dato la notizia, pensavo che il mondo
intero avrebbe dovuto subire un contraccolpo per via di
quanto stava capitando nel mio. Le infermiere avrebbero
dovuto fermarsi, il traffico nelle strade bloccarsi, i
bambini smettere di piangere. Almeno solo per un
minuto, quasi a ribadire che per qualche ragione la mia
vita era cambiata. E invece nessuno sembrava essersene
accorto. Nemmeno la dottoressa Conner. Aveva
sganciato la bomba e si era congedata con un cenno del
capo. E la giornata era andata avanti.
Noi eravamo a pezzi, io, i miei genitori e Sam. Ma alla
fine anche noi non potevamo fare altro che andare
avanti. Questa unaltra cosa strana riguardo alle Grandi
Crisi. Quando le vedi dallesterno, quando non ti
toccano, dici: Oh, mio Dio, come riescono a
sopportare una cosa del genere? Poverini, come faranno
ad affrontarla?. Quando invece ti ci trovi in mezzo,
dentro di te, lo fai e basta. Perch non hai scelta. solo
il passo successivo da compiere.
Naturalmente chiedemmo un secondo parere, quella
stessa mattina. Il responso fu identico, ma eravamo gi
preparati. Una volta stabilita la diagnosi, decidemmo di
affidarci alla dottoressa Conner che, nonostante la
proverbiale mancanza di tatto, era di certo uno dei
migliori medici che il Campton Medical avesse da offrire,
cos proponemmo a lei di seguire la terapia. La
dottoressa ci sugger di rivolgerci a una struttura che si
trovava dallaltra parte del Golden Gate, pi vicino a
dove abitavamo. Cos prendemmo subito un
appuntamento per cominciare la chemioterapia il giorno
seguente. Tutto ci accadde in meno di cinque ore. Alla
fine ce ne tornammo a casa.
Mio padre guidava. Mia madre era seduta dietro
insieme a me, e nessuno parlava. Vidi la faccia di mio
padre nello specchietto retrovisore. Sembrava in collera.
La mamma, daltro canto, aveva stampato in faccia un
sorriso che non le apparteneva e continuava a scostare
capelli invisibili dalla mia faccia. A met del ponte pap
accese la radio e terminammo il viaggio ascoltando
canzoni anni Sessanta della Motown.
Appena parcheggiato nel vialetto di casa pap si volt
verso mia madre. Hai bisogno di aiuto per portarla
dentro?
Lei scosse la testa, senza smettere di sorridere.
Posso camminare, pap. Lui sembr non avermi
sentito, continuava a fissare mia madre.
Non c problema, William. Lui annu e scese
dallauto. Rosie e la sua amichetta Katie attraversarono
la strada saltellando insieme a Donna, la mamma di
Katie, che le seguiva a ogni passo. Io e mia mamma
eravamo quasi fuori dalla macchina quando la mia
sorellina, correndo a tutta velocit, raggiunse mio padre
e gli salt in braccio. Pap la prese, ma traball e cadde
allindietro sulla portiera ancora aperta, che and a
sbattermi addosso. Non mi colp molto forte, ma proprio
nel punto in cui la dottoressa Conner aveva infilato il
trapano. Lanciai uno grido. Rosie era troppo eccitata
per accorgersene.
Posso rimanere a dormire da Katie, pap?
Tipregotipregotiprego, oh, pap, ti prego
Lui la mise gi bruscamente. Quante volte ti ho detto
che sei diventata troppo grande ormai per saltarmi in
braccio in questo modo? Vedi coshai fatto? Rosie
cambi espressione.
Sto bene, pap non lha fatto apposta.
Non questo il punto replic lui, poi si gir di
nuovo verso Rosie. Devi imparare a pensare prima di
agire. Hai capito? La piccola annu, senza riuscire a
trattenere le lacrime. Avresti potuto davvero far male a
tua sorella.
Mi dispiace cerc di borbottare lei con un filo di
voce prima di scoppiare a piangere rumorosamente. Mia
mamma guardava la scena impotente, mentre Katie
indietreggiava piano piano, cercando rifugio tra le gambe
di Donna.
Magari ti chiamo dopo, Sandra disse Donna
riportando Katie dallaltra parte della strada. Mia madre
annu. Rosie sgusci via e scomparve dentro casa. Cupo
e silenzioso, mio padre la segu. Mamma mi guard di
nuovo con quello stupido sorriso.
Allora, entriamo anche noi?
Una volta in casa, la situazione si fece ancora pi strana.
Rosie piangeva nella sua stanza. Mio padre and a
prepararsi un caff, sbattendo tutto quello che gli
capitava tra le mani. Mamma continuava a sorridere.
Come ti senti, tesoro? Sembrava la voce di unaltra
persona.
Sto bene, credo. Forse ho un po di fame.
Bene. Ti va della zuppa?
Mamma? E Rosie?
Mmm?
Sta piangendo da unora.
Mia madre sembr cadere dalle nuvole.
Vuoi andare a vedere come sta? le chiesi. Penso io
a preparare da mangiare.
Forse meglio. Mi diede una carezza sulle spalle e
and a consolare mia sorella.
Non lavevo mai vista in quello stato. E neanche mio
padre. Si era trasformato in uno zombi. Mentre aprivo
una scatola di piselli, lui se ne stava seduto al tavolo,
fissando il vuoto.
Ne vuoi un po, pap? gli domandai mescolando.
No, grazie.
Riempii una ciotola per me e mi misi a tavola. Lui si
alz e and in soggiorno. Rimasi a mangiare da sola.
Mamma entr insieme a Rosie proprio mentre stavo
lavando il mio piatto. Aveva smesso di piangere, ma non
si staccava dalla mamma.
Mi dispiace, Julsie piagnucol. Non volevo farti
male.
Non fa niente, nanetta. Vieni qua e dammi un bacio.
Obbed, esitante, ma poi torn subito da mamma.
Come ti senti, tesoro? mi chiese di nuovo lei.
Bene.
Hai mangiato abbastanza?
S.
E i dolori? tutto a posto? Vuoi prendere una delle
pillole che ti ha dato la dottoressa Conner?
Non credo. Non ancora.
Bene, allora fammi sapere se ti serve qualcosa. Vado
a preparare qualcosa anche per noi disse mettendo
Rosie a sedere al tavolo della cucina.
Perfetto risposi ricambiando il suo sorriso, quindi
andai in soggiorno. Mio padre stava leggendo il giornale.
Come stai, pap?
Bene, grazie. Non mi guard nemmeno. Mi
accoccolai sul divano. Nessuno parlava, la tv era spenta,
non si sentiva nemmeno la voce di Rosie trillare per le
stanze. Niente poteva distogliere i miei pensieri dalle
parole della dottoressa Conner, che continuavano a
rimbombare nel mio cervello. Alla fine decisi di andare in
camera ad ascoltare un po di musica. Pareva che quella
faccenda fosse colpa mia. Avevo rovinato tutto. Forse
avrei dovuto scusarmi. Composi il numero di Sam, ma
riattaccai prima che il telefono squillasse. Non ero
ancora pronta a parlarne.
Mi appisolai per un po, prima che il dolore mi
svegliasse. Non era insopportabile, ma era tornato. Era il
momento di usare una delle pasticche della dottoressa,
tanto erano quasi le otto e potevo anche mettermi subito
a letto. Mentre andavo a prenderle, diedi unocchiata
nella stanza di Rosie. Dormiva, stravaccata come al
solito, senza le coperte addosso. Gliele rimboccai e mi
sorpresi a pensare quanto mi somigliasse. Poi andai in
cucina. In soggiorno la tv era accesa e i miei genitori
stavano discutendo.
Te lho detto; non voglio parlarne in questo
momento diceva a mio padre.
Non hai scelta ribatteva mia madre.
Non mi stai ascoltando.
Sei tu che non ascolti me.
Mamma? urlai dalla cucina. Ce le hai tu le mie
pillole? Ci fu un istante di silenzio, poi entrai in
soggiorno.
Sono nella mia borsa, cara disse con il sorriso sulle
labbra, e and a prenderle. Mio padre afferr il
telecomando e cominci a fare zapping.
Vado a letto, adesso. Buonanotte, pap.
Buonanotte rispose senza guardarmi negli occhi. Gli
diedi un bacio sulla guancia e tornai in camera mia. Un
attimo dopo mia madre mi port gli antidolorifici, mi
diede un bacio e se ne and.
Solo pi tardi mi resi conto che dovevano essere sotto
shock. Capita. Non una cosa che si pu controllare.
Lo ero anchio sotto shock, intendo , ma allo stesso
tempo una parte di me si sentiva sollevata. Assurdo, no?
Eppure ero pi serena allidea di sapere cosa avevo.
Perch avrei potuto reagire. Perch non mi ero inventata
nulla. Le mie sofferenze erano reali al cento per cento.
Avevo paura, ovviamente, ma il fatto che fossi
finalmente arrivata a una svolta mi elettrizzava. Il giorno
successivo avrei cominciato la terapia e quindi anche a
stare meglio. Era tutto perfettamente chiaro, ormai. La
dottoressa Conner era una persona valida, forte e
determinata. Avevo fiducia in lei. La sua stessa stazza
fisica era rassicurante. Niente e nessuno avrebbe osato
disobbedire a un suo ordine. Nemmeno questo cancro.
Ecco. Lavevo detto. Che parola orribile. E la
sensazione pi strana era sapere che il mostro dentro
di me non era altro che una manciata di cellule difettose
che continuavano a moltiplicarsi. In diversi altri punti del
mio corpo, oltre a quelli in cui avvertivo dolore, secondo
i dottori. Erano nei miei linfonodi (che diavolo sono i
linfonodi?). E nei miei polmoni. Nel bacino e forse anche
nella schiena. Mi stesi sul letto ed esaminai il mio corpo.
Non sembrava diverso dal solito. Mi stiracchiai e provai
a muovermi un po. Faceva male. Be era naturale:
ultimamente non era stato molto affidabile. Si era rivelato
un traditore, come Jack. Ah, ecco unaltra particolarit
delle Grandi Crisi. Ogni cavolo di cosa viene
ridimensionata e guardata nella giusta prospettiva. Non
pensavo a quellessere spregevole da pi di ventiquattro
ore e ormai era troppo tardi. Erano quasi le nove e le
pillole cominciavano a fare effetto.
Il mattino dopo, i miei genitori stavano meglio. Molto
meglio. Sicuramente avevano continuato a discutere e, a
giudicare dal loro aspetto, la conversazione doveva
essere andata avanti per gran parte della notte. Di
qualunque cosa avessero parlato, qualunque decisione
avessero preso, aveva davvero fatto la differenza. Non
erano pi n tristi n scioccati. Mio padre faceva ancora
fatica a trattenere la rabbia. Ma erano di nuovo i miei
genitori, non pi una coppia di estranei. Adesso ero
certa che qualunque cosa fosse successa mi sarebbero
rimasti vicini che quello che ci si aspetta dalla propria
famiglia come avevano sempre fatto.
Erano seduti al tavolo della cucina e bevevano un
caff. Quando entrai mia madre mi rivolse un sorriso, un
sorriso vero, e si alz per prendermi un succo di frutta.
Meglio se ti mantieni leggera, questa mattina, cara
disse. Ricorda, la dottoressa Conner ha detto
Lo so risposi.
Come hai dormito? mi chiese pap.
Bene. Quegli antidolorifici sono grandiosi.
Spero che non creino dipendenza comment
rivolgendosi a mia madre.
Nel caso, ci penseremo quando sar il momento,
William. Poi si gir verso di me. Arancia, mela o
questo non so cosa fece sollevando una bottiglia.
Arancia, per favore. A che ora dobbiamo uscire?
Alle otto e mezza.
Venite tutti e due?
Se per te va bene rispose mio padre. Potremmo
portare Rosie a scuola un po in anticipo.
S, perch no. Se non vi dispiace. Non volevo dir
loro che lidea della chemio mi terrorizzava. Avevo
bisogno di chiamare Sam prima di andare.
Allinizio esitai. Non sapevo come lavesse presa e
non potevo sopportare lidea che fosse ancora
scombussolata come lo erano stati i miei la sera prima.
Pronto, chi e cosa vuoi? rispose al secondo
squillo.
Ciao attaccai con cautela.
Amica mia disse lei. Era ora che mi chiamassi. Ho
aspettato sveglia fino a tardi. Ho riflettuto a lungo e devo
dirti una cosa, subito. Questa storia fa schifo. Non esiste
che tu abbia questa merda di cancro quindi sar meglio
che ci diamo una mossa e ce ne sbarazziamo in fretta.
Abbiamo un sacco di cose da fare. Comprendes, mi
amiga?
Benissimo dissi con un sorriso a fior di labbra.
Questa era la mia Sam.
Parte seconda
Sam

Ora.
No.
Avanti, alzati.
Non mi sento bene.
Stai benissimo, muoviamoci.
Ho appena fatto la chemio. Ho bisogno di dormire.
Lhai fatta tre giorni fa sei a posto.
E comunque non posso andare alla festa di Natalie.
Certo che puoi. Ci vai tutti gli anni.
Be, questanno non ci voglio andare.
Non mimporta quello che vuoi fare tu. Ci vai e
basta.
Jules se ne stava stesa sul letto imbronciata mentre io
aprivo larmadio passando in rassegna i suoi vestiti. Era
noiosa e indisponente, ma facevo del mio meglio per
mantenere la calma.
C qualcosa che ti sta? le chiesi.
Niente.
Bugiarda.
Lei alz le spalle. Tirai fuori una camicetta verde e dei
pantaloni larghi.
Che ne dici di questi?
No.
E questo? le chiesi mostrandole un abito blu.
Te lho detto, non mi sta niente.
Forse la camicia verde insistei. Possiamo sempre
mettere una cintura ai pantaloni, un colore che ti dona
e il colletto alto. Tirai fuori i vestiti e li poggiai sul
letto. Jules li allontan con un calcio.
Perch non te ne vai e non mi lasci stare?
piagnucol. Stavo per esaurire la mia pazienza. Sospirai
e raccolsi la camicetta verde.
Se ti lascio stare, non andrai mai da nessuna parte e
non farai mai niente. Te ne starai seduta qui a marcire.
questo che vuoi?
S.
Be, mi dispiace allora, perch verrai alla festa di
Natalie. Ora, chiudi il becco e vestiamoci.
Ti odio, lo sai?
Ah-ha. Vestiti.
Jules sapeva di aver perso. Cominci a sbottonarsi il
pigiama mentre io frugavo nei suoi cassetti in cerca della
biancheria. Trovai un reggiseno e glielo tirai.
Non mi serve questo.
Quale vuoi allora?
Non mi serve un reggiseno. Non ho pi tette.
Ma va la sgridai, anche se aveva ragione. Aveva
perso tanto di quel peso che il suo corpo somigliava a
quello di una bambina.
Metti questo insistei lanciandole un reggiseno
elasticizzato da danza. Taglia unica.
Finalmente era pronta. Quasi. Okay, dov? chiesi
guardandomi intorno.
In bagno.
Vado a prenderla?
Vado io.
Torn con un testa bianca di manichino e quella che lei
definiva la sua parrucca per le grandi occasioni. Ne
aveva anche unaltra da tutti i giorni. In verit non mi
sembravano poi cos diverse.
Portala qui.
Le diedi una scrollata, quindi tenni ferma la parte
anteriore mentre lei la infilava. Eravamo diventate
piuttosto pratiche nellultimo mese. Mi misi ad
armeggiare con le ciocche, camuffando i pochi capelli
ricresciuti con quelli della parrucca in modo da ottenere
un effetto pi naturale. Lei fissava lo specchio. Solo alla
fine mi accorsi che aveva gli occhi pieni di lacrime.
Non posso andare da nessuna parte, Sammie. Ti
prego, non costringermi.
Tesoro, stai bene.
Non mentire. Tutti mi dicono bugie in questo
periodo. Non cominciare anche tu.
Non sto mentendo.
Mi trascin accanto a s indicandomi lo specchio.
Guardai limmagine di noi due fianco a fianco e sentii una
stretta al cuore. Ero sempre stata io quella pi pallida.
Adesso invece era lei: la sua carnagione non aveva certo
un bel colorito e gli occhi erano pesti come per
mancanza di sonno.
Okay ammisi. Non vinceresti una gara di bellezza.
Ti ringrazio.
Ma non sei cos orribile come pensi.
Peggio.
Anche se lo fossi, ti spingerei lo stesso a venire con
me.
Ma guarda i miei capelli!
Scusa, te lho fatta io quellacconciatura scherzai.
Hai qualcosa da ridire?
Lei si sforz di sorridere, ma era ipnotizzata dal suo
riflesso. La presi per mano e aggiunsi: Se non ti piace,
ce ne andiamo. Promesso.
Promesso promesso?
Promesso promesso.
Va bene. Si sistem la parrucca e strinse di un buco
la cintura. Le tirai fuori un poco la camicia dai pantaloni
e poi andammo a scegliere le scarpe. Detesto il modo
in cui tutti mi fissano disse.
Mandali al diavolo.
S, certo.
Le portai gli stivaletti neri e la aiutai a indossarli. E
poi che timporta se ti fissano continuai. Sono degli
stupidi e la maggior parte di loro sono anche brutti. Lo
sai, le persone brutte non hanno classe. La aiutai ad
alzarsi e annunciai: Ecco fatto. Sei pronta. Andiamo.
Era settembre, si festeggiava il Labor Day. Due mesi
prima era tutta unaltra storia. Il giorno in cui Jules mi
aveva detto di avere il cancro il sette luglio il mondo
si era ribaltato. Stentavo a ritrovare lequilibrio, e cos
non potevo fare altro che continuare a muovermi.
Ogni mattina chiamavo Sandra.
Ciao, sono io.
Buongiorno, Sammie. Era sempre allegra.
sveglia. Vuoi parlare con lei?
Certo.
Mi raccomando, giusto due parole.
Una Jules dalla voce assonnata rispose al telefono.
Oh Sam.
Che fai oggi, bellezza?
Di nuovo la chemio.
Buon per te. Gli stai spaccando il culo, amica mia.
Davvero? Non mi pare.
E invece s. Ci sentiamo stasera. Ti voglio bene.
Bene, ciao.
Poi andavo a scuola. I miei risultati al corso di storia
erano davvero ottimi perch mi ero accorta che se mi
concentravo sulla lezione il tempo passava pi in fretta e
poi, dopo le prove, io e Brooke avevamo preso
labitudine di studiare insieme in biblioteca. Certo,
Rachael e Jack erano sempre l, determinati a farmela
pagare, visto che il signor Watson li aveva sospesi per
tre giorni. Sparlavano di me con chiunque avesse voglia
di ascoltarli, interrompendo la conversazione solo per
lanciare sguardi maligni nella mia direzione. Io non me ne
ero neppure accorta finch Brooke non mi aveva
rivelato di aver sentito dire in giro che ero incinta. Quella
s che era bella! E in pi mi snobbavano apertamente,
davanti a tutti, in cortile. Io li notavo appena. Alla fine
Rachael cominci a rivolgermi insulti sottovoce ogni
volta che le passavo davanti in corridoio.
Sei proprio una sfigata, lo sai, vero? sibil una
mattina prima di entrare a lezione. Una stupida oca
bionda.
Perch non ci dai un taglio?
Oh! Non divertente essere il bersaglio di uno
scherzo, vero? mi schern Rachael. Ma in quel
momento Jack ci interruppe, cinse Rachael con un
braccio ed entr in classe con aria arrogante.
Brooke alz gli occhi al cielo, io mi limitai a scrollare
le spalle. Se avevano bisogno di questo per sentirsi
meglio fatti loro. Non me ne importava proprio niente.
Il giorno dopo fu il turno di Jack. Mi fiss per tutto il
tempo della lezione. Durante la ricreazione lo vidi
avvicinarsi, da solo. Mi chiesi che cosa avesse in mente.
Ho appena saputo di Julie.
Quindi?
Quindi solo una voce?
No, vero. Frugai nella mia borsa in cerca di
monetine per il distributore. Non avevo voglia di
parlarne con lui. Rachael, seduta al suo posto, ci
guardava imbronciata.
Ha davvero il cancro?
Jack, vado a prendermi qualcosa da mangiare. Mi
alzai.
Ma come sta?
Non lo so.
Che vuol dire, non lo so?
Non-lo-so. Perch non la chiami tu e glielo chiedi?
Potrei, forse. Ma speravo che tu potessi dirle che la
penso e
Lo piantai l.
Dopo le lezioni andavo sempre alle prove. Sandra
aveva parlato a lungo con Linda, quindi tutte le nostre
compagne si erano fatte unidea molto chiara della
situazione. Nessuno ne parlava mai apertamente, eccetto
per chiedermi ogni tanto come stava Julie o per
annunciare, durante un balletto: Ricordatevi qui c
Julie.
Poi io e Brooke andavamo a studiare e, siccome mia
madre di solito era fuori con Bruce, uscivo a cena al The
Depot. Infine facevo un salto da Jules. A volte dormiva,
perch aveva fatto la chemio da poco. Altre volte era
sveglia e in grado di parlare. Cercavo di mantenere la
conversazione su argomenti leggeri e me ne andavo non
appena avevo limpressione che cominciasse a stancarsi.
Una volta a casa mi ritrovavo da sola, e anche quando
cerano Bruce e la mamma la situazione non cambiava:
potevo tranquillamente stare per i fatti miei senza che
loro notassero la mia assenza. Sgattaiolavo nella mia
stanza e ascoltavo un po di musica fino a quando non
mi veniva sonno. Il giorno dopo, tutto ricominciava da
capo.
Una sera, rientrando a casa, trovai mia madre, da sola.
Ciao mamma la salutai, posando i libri e la borsa di
danza sul divano. Dov Bruce?
Rimane a casa sua stanotte.
Oh. Feci per andare in cucina. Vai tu da lui?
No. Vorrei fare una chiacchierata con te.
Sentii una morsa allo stomaco.
Okay risposi, simulando una calma che non avevo.
Presi posto sul divano e la guardai. Era seduta di fronte
a me, sul bracciolo della poltrona.
Ho incontrato Sandra al mercato, oggi.
Ah-ha.
Mi ha detto di Julie. Sembrava sorpresa che non ne
sapessi niente.
Oh?
Ovviamente tu lo sapevi.
Gi.
Quando successo? Quando lhanno scoperto?
Subito dopo il Quattro luglio.
Quindi lo sai da due mesi?
Annuii. Lei distolse lo sguardo per un attimo.
Non capisco. Perch non me lhai detto?
Alzai le spalle.
Non va affatto bene, Samantha. Avresti dovuto
dirmelo.
Perch? mi sfugg.
Lei mi fiss incredula. Perch sono tua madre.
Perch conosco Juliana da quando aveva nove anni.
Il mondo si inclin ancora di pi. Feci del mio meglio
per tenere tutto al proprio posto.
Non immagini quanto mi sia sentita stupida.
Mi dispiace.
Insomma, una cosa molto importante.
Non volevo mica ferire i tuoi sentimenti.
Lo so. Solo che non capisco perch non sei riuscita a
parlarne con me.
Non so, forse perch avevo bisogno di tempo per
accettare la cosa?
Lei mi scrut. E ci sei riuscita?
Credo. Ci fissammo in silenzio per un po. Lei
abbass lo sguardo per prima.
Posso andare adesso? Sono molto stanca.
Certo. Feci per alzarmi. No. Aspetta. Tornai a
sedermi. Senti, se vuoi parlare di questo, di Julie o di
qualunque altra cosa io ci sono.
La fissai. Avrei tanto voluto che qualcuno riuscisse a
spiegarmi quello che stava succedendo, ma non vedevo
come quel qualcuno potesse essere mia madre.
Okay, grazie le dissi, e mi alzai.
Lei mi poggi una mano sul braccio e sorrise. Dico
sul serio, tesoro. Sono qui, se hai bisogno di me. E ci
sar sempre.
Sorrisi anchio. Avrei tanto voluto crederle.
Julie

Una volta sono stata da una medium, insieme a Sam. Ce


ne avevano parlato degli amici, cos le telefonai per
fissare un appuntamento. Costava venticinque dollari, ma
potevi pagare alla fine e solo se credevi a quello che ti
aveva detto. Avevamo quattordici anni, a quel tempo, e
nessun amico che guidasse, cos fummo costrette a
risalire buona parte del Mount Tam a piedi. Teneva i
consulti a casa sua, una piccola costruzione marroncina
nascosta tra gli alberi. Ci girammo intorno tre volte prima
di trovarla, ridendo eccitate per quellavventura. Non
lavevamo detto n ai miei genitori n alla mamma di
Sam, per questo ci sentivamo grandi, e anche un po
impaurite, perch eravamo consapevoli del pericolo.
Non sapevo cosa aspettarmi. Mi venivano in mente solo
immagini di zingare ingioiellate con indosso lunghe gonne
a pi strati. Sam invece immaginava una donna alta e
magra, dallaspetto esotico, che proveniva dalla Russia o
magari dal Medioriente. Si chiamava Kai.
Tenendoci strette luna allaltra, ci inoltrammo lungo il
sentiero che conduceva alla casa. Era met pomeriggio,
ma quando le nuvole oscuravano il sole, si faceva buio
allimprovviso. Allora ci abbracciavamo pi forte,
ridacchiando. Giunte davanti alla porta dingresso Sam
mi disse di bussare.
Fallo tu ribattei.
No, no, no mi disse. Lidea stata tua. Io non ci
credo nemmeno a queste cose.
Stavo per risponderle quando la porta si apr. Ci
ritrovammo davanti Kai, una hippie minuta, dagli occhi
azzurri e laspetto insignificante che non sembrava molto
pi grande di noi. Indossava un caffettano verde e oro
lungo fino ai piedi e portava i lunghi capelli castani legati
in una treccia. Non aveva nulla di etnico o di esotico.
Non era nemmeno bella. Io e Sam ci scambiammo uno
sguardo dintesa e per poco non scoppiammo a riderle
in faccia. Lei sembr non badarci.
Mi dispiace che abbiate avuto problemi a trovare la
casa disse senza altri preamboli. Cominciamo? Ci
vogliono almeno due ore e non voglio che facciate tardi
alla lezione di danza. Samantha, la guard dritta in
faccia puoi iniziare tu. Dopo toccher a Juliana. Entrate,
prego.
La seguimmo dentro. Lanciai unocchiata a Sam. Ero
sicura che anche lei avesse i brividi. Non avevamo detto
una parola a proposito della lezione di danza (che
effettivamente cera), inoltre come faceva a sapere che
avevamo avuto problemi a trovare la casa? Notai
appena linterno dellabitazione, ricordo solo che era
piena di piante e oggetti di vetro prismi, vasi,
soprammobili oltre a una grande foto in bianco e nero
di Kai completamente nuda. Guardai Sam perplessa e lei
alz gli occhi al cielo.
La medium si accomod a un tavolino basso e
rotondo al centro del soggiorno e tir fuori un mazzo di
tarocchi. Ci sedemmo di fianco a lei. Mescol le carte e
le porse a Sam.
Tagliale tre volte ordin. Metti i tre mazzetti di
fronte a te, cominciando da sinistra.
Sam obbed, quindi Kai prese le prime carte da ogni
mazzo, disponendole sul tavolo in un ordine particolare.
Rimase un momento in silenzio, il capo chino, le mani
sulle figure, infine parl.
Questo il tuo presente disse indicando la prima.
Non una carta che in s pu dare una risposta
chiara. Abbass lo sguardo, chiuse gli occhi e ci
strofin sopra le dita. Ma le tue vibrazioni sono
piuttosto forti. Sei in una fase di cambiamento e ci ti fa
sentire impotente e arrabbiata. Qualcuno, un uomo, tuo
padre credo, si sta allontanando e il vostro rapporto
come bloccato. Non sei in grado di dirgli di cosa hai
bisogno e ti senti frustrata. C anche unaltra persona
una donna, tua madre? che si sta allontanando. Pensi
che sia per colpa tua, ma non cos. un passo che
deve compiere, deve accettare qualcosa di difficile e non
detto che ci riesca. Credo che tuo padre sia
innamorato di unaltra; un duro colpo per lei e per te.
Ma ti amano entrambi
S, certo ripose Sam con un filo di voce. La guardai.
Era del tutto ipnotizzata dalle parole di Kai, era
esattamente quello che le stava accadendo. Proprio la
settimana precedente i suoi genitori le avevano
comunicato che stavano per divorziare. Non era una
sorpresa sapevamo dellamante di suo padre da mesi
ma lannuncio in s sembrava aver ingigantito tutta la
faccenda. Sua madre aveva cominciato a stare fuori tutto
il giorno, a volte non tornava neanche a casa a dormire,
e il padre pareva non avere mai tempo per lei. Quindi
Sam passava la maggior parte del tempo insieme me.
La medium continu. La parte peggiore deve ancora
arrivare. Tuo padre non sa come dirtelo, ma avr un
bambino dalla sua nuova compagna.
Quasi tutto ci che ci disse alla fine si avver. Il pap
di Sammy ebbe un figlio dallaltra donna; era una cosa
che la madre di Sam sapeva gi e probabilmente era
anche il motivo che le rendeva difficile avere un rapporto
con lei. Ero davvero preoccupata che quella storia
avrebbe profondamente ferito laltra met di me, e mi
ero quasi pentita di essere venuta fin l. Sam invece no.
Era contenta di avere scoperto tutto. Le permise di
affrontare meglio la cosa, mi confid in seguito.
Poi venne il mio turno. Kai fece per porgermi i
tarocchi, poi li ritrasse. Guard Sam e disse: Sai, non
riesco a vedere le cose davvero gravi. Se appena esci
da qui vieni investita da un camion, io non sono in grado
di dirtelo. Tutto quello che ti racconto solo probabile,
non reale. Non deve accadere necessariamente, ma
potrebbe. Capito?. Sam annu. Poi si concentr su di
me, porgendomi il mazzo.
Chiaro? Trattenne la mia mano per un secondo,
aspettando un mio cenno. Taglia le carte tre volte, per
favore
La mia lettura non fu interessante come quella di Sam.
Kai parl di una riconciliazione tra me e un amico,
sugger di lasciar perdere il ragazzo che avevo in testa e
che unamica molto intima, Sam, avrebbe avuto un gran
bisogno del mio appoggio nellimmediato futuro. Tuttavia
non dovevo preoccuparmi, quellamica avrebbe fatto lo
stesso per me pi avanti. Io e Sam ci scambiammo un
sorriso, perch sapevamo gi che era vero. Mi rivel
che qualcosa che amavo fare mi avrebbe portato al
successo. Pensai subito alla danza. Quando si arriv al
mio futuro pi lontano, mi fiss per un po senza
parlare. Come se stesse cercando di capire qualcosa.
Poi scosse la testa.
Non riesco a leggere chiaramente ammise
chiudendo gli occhi. Credo che ci sar un viaggio un
viaggio molto lungo che probabilmente farai da sola.
Non vedo i tuoi genitori insieme a te, e anche se sento la
presenza di Samantha no, neanche lei verr con te.
Tacque per un momento, quindi scroll le spalle.
tutto. La visione sparita. Ci guard. I suoi occhi erano
limpidi, come se ci stesse vedendo per la prima volta.
Okay, abbiamo finito. Vi ho detto qualcosa che
aveva un senso? chiese. Non ricordo mai quello che
dico.
Sam mi guard. Non te lo ricordi?
Mi rimane solo una vaga sensazione. come se
entrassi in una sorta di trance. strano.
Ecco i soldi. Tirai fuori i venticinque dollari.
No. Ci sorrise per la prima volta. Non accetto
compensi per la lettura delle carte. Mi porterebbe male.
Ma Carol ha detto protest Sam.
Lo so. E se dovesse capitarvi di parlare di me a
qualcuno, dite anche voi che la seduta costa venticinque
dollari. In questo modo verranno solo le persone che
vogliono veramente sapere. Sbrigatevi adesso o farete
tardi alla lezione di danza.
Ci alzammo in piedi con un sorriso stampato sulle
labbra e Sam abbracci forte Kai prima di andar via.
Sulla strada del ritorno rimase piuttosto silenziosa.
Aveva ricevuto un bel po di brutte notizie e aveva
bisogno di tempo per assimilarle. Strano come nessuna
di noi due si fosse resa conto che le mie erano ben
peggiori.
Un viaggio che probabilmente farai da sola. Le parole
di Kai mi tornarono in mente la seconda volta che mi
stesi sul lettino della clinica e lasciai che mi iniettassero
sostanze chimiche nelle vene. La prima volta non ero
riuscita a pensare a niente. Ero troppo spaventata. Dal
momento in cui aprii gli occhi e salutai i miei genitori, per
tutto il tragitto in macchina fino alla clinica e durante
lintera procedura dellaccettazione, fino a quando non
mi ritrovai con lago infilato nel braccio, non provai altro
che terrore. Una parte di me si era trasformata in una
Pazza Furiosa che sentivo scalciare e dimenarsi. Mentre
unaltra parte era del tutto assente: magari per
compensare. La mia parte assente era calma e
giudiziosa, adulta, capace di rendersi conto che i miei
erano rientrati nel loro ruolo di genitori ed erano in grado
di rispondere a tutte le domande dellinfermiera. Nello
stesso momento, la Pazza Furiosa gridava.
Hai qualche allergia?
Non credo. Perch non leggi la mia maledetta
cartella?
Ti senti bene adesso?
S. Come faccio a sentirmi bene se ho il cancro?
Hai sintomi da raffreddamento?
Non mi pare. Non ti ho appena detto che mi sento
bene!?
Unaltra infermiera cominci a spiegare la procedura.
La parte assente di me guardava nella sua direzione e
assentiva di tanto in tanto per mostrarle che la stavo
seguendo con attenzione. Nella mia testa invece la Pazza
Furiosa urlava e imprecava e dovetti fare ricorso a tutte
le mie energie per non scappare via. Mio padre e mia
madre, con un atteggiamento pacato e disinvolto, fecero
qualche domanda allinfermiera. Terminate le
spiegazioni, venni condotta in uno spogliatoio e mi fu
detto di indossare un camice da ospedale. Linfermiera
mi aspett fuori, poi mi accompagn al mio letto. I miei
dovettero aspettare nella zona accoglienza fino allinizio
della terapia. Poi ebbero il permesso di entrare, per
assicurarsi che stessi bene e per farmi compagnia.
Mi stesi sul lettino. Il cuore mi batteva pi forte di
quanto credessi possibile. La mia pelle era calda e umida
e il respiro affannato. Sentii la puntura dellago della
flebo e un bruciore acuto quando penetr nella vena.
Linfermiera ci mise sopra del nastro adesivo e ne us
dellaltro per fissare il mio braccio su unasse. Mi poggi
le dita sul collo per sentire il battito. Quindi attacc il
sacchetto con i medicinali sullasticella e lo colleg al
tubo della flebo. Io le lanciai unocchiata. Cera un
morsetto sul tubo, quindi la flebo non era ancora partita.
Feci un respiro profondo. La Pazza Furiosa era corsa a
nascondersi e la mia parte assente era andata a cercarla.
Ero rimasta solo io, piccola e indifesa. Linfermiera mi
poggi la mano sulla fronte, mi spinse indietro i capelli e
mi accarezz il viso. La sua voce era gentile, ma lontana.
Quando la medicina inizier a scorrere, disse
sentirai un po di bruciore. Non preoccuparti,
normale. il liquido che entra in circolo. Dopo circa
quindici minuti dovrebbe attenuarsi. La terapia dura
unora e mezza. La flebo regolata goccia a goccia,
quindi potremo monitorare con cura la situazione. Se
dovessero verificarsi effetti indesiderati, interromperemo
subito il trattamento. Sorrise. Hai delle domande?
Adesso possono entrare i miei?
Lei annu. Prima di andarli a chiamare apr la valvola
della flebo. Feci un altro respiro profondo e chiusi gli
occhi. Mi sforzai per quanto possibile di rilassarmi,
nellattesa di avvertire il bruciore. Si fece sentire
immediatamente, pi acuto di quanto non mi aspettassi.
Avevo limpressione che qualcuno mi stesse tagliuzzando
il braccio con un rasoio. Ora capivo perch lavevano
immobilizzato sullasse. Avrei voluto strapparmi via lago
da sola.
Ciao, tesoro mi salut mia madre venendomi vicino.
Io la guardai con gli occhi pieni di lacrime. Non volevo
piangere, ma il dolore non mi dava scelta.
Fa male, eh? mi chiese.
Annuii, mentre mio padre si rivolgeva allinfermiera.
sicura che sia normale? chiese con un tono di
voce della serie non mi prenda per fesso. La guardi.
Non una ragazzina piagnucolosa. Non si mette a
piangere facilmente. Potrebbe darle unocchiata per
favore?
Linfermiera gli rispose con una voce suadente e
vellutata, conducendolo di nuovo nella sala dattesa. Era
brava a tranquillizzare le persone. Un minuto dopo mio
padre rientr, ma non rimase a lungo. Credo non
riuscisse a sopportare lidea di vedermi cos, stesa su un
letto a piangere in silenzio, senza poter fare nulla per
aiutarmi.
Quellora e mezza mi sembr durare uneternit. Non so
dove linfermiera avesse preso quellinformazione, ma il
bruciore non si attenu, neanche di poco. Quando lago
venne rimosso, non lo sentii nemmeno. Non sentivo pi
nulla, tranne una stanchezza che non avevo mai provato
prima. Avevo la testa annebbiata, la bocca secca e una
nausea tremenda. Respirai a fondo, sperando di
recuperare sensazioni familiari al mio corpo, ma era
inutile.
Avevo unidea piuttosto vaga di quello che accadeva
intorno a me. Sapevo che cera mia madre e che un
uomo che non conoscevo la stava aiutando a portarmi
fuori. Poi vidi mio padre prendere il suo posto e
sollevarmi tra le braccia. Infine mi ritrovai in macchina e
il viaggio fino a casa pareva interminabile, anche se la
clinica era a soli quindici minuti di distanza. Finalmente
arrivammo, e mio padre mi accompagn in casa. Non
vedevo lora di stendermi. In quel momento nulla era pi
desiderabile al mondo di un buon sonno. Mio padre mi
mise a letto e tutto fin. Dormii per il resto della giornata
e lintera notte.
Quando mi svegliai, non avevo idea di quanto tempo
fosse trascorso. Pensavo fossero passate solo un paio
dore dalla terapia. Mi sentivo ancora stanca, ma non di
quel genere di stanchezza indotta dai medicinali,
piuttosto come dopo una lezione di danza. Mi faceva
male il braccio nel punto in cui era penetrato lago e l
dove i farmaci erano venuti a contatto con la pelle notai
una piccola bruciatura rossa. Avrei dovuto avere fame, e
un po ne avevo, ma non mi veniva in mente nulla che mi
andasse di mangiare. Stavo cercando di tirarmi su a
sedere quando mia madre entr con un vassoio.
Come ti senti? mi chiese con la sua classica
espressione da mamma.
Ancora non sapevo quanto avrei odiato in seguito
quella domanda.
Abbastanza intontita le risposi. Che ore sono?
Oh, le otto e qualcosa disse. Ti va di fare
colazione?
Colazione? Ero confusa. Poi pensai che dal
momento che non avevo mangiato nulla a colazione, non
volesse farmi saltare un pasto. Lei si rese conto del mio
turbamento.
Amore, mattina.
Cosa?
passato un giorno. Hai fatto la chemioterapia ieri.
Ho dormito per tutto questo tempo?
Annu. La dottoressa Conner ci aveva avvisati che
probabilmente ti avrebbe messo K.O.
Mamma cominciai, avvertendo unondata di
rabbia e frustrazione travolgermi. Come ho potuto
dormire cos tanto senza rendermene conto? E come
possibile che mi senta ancora cos male?
Non rispose. Mise gi il vassoio e mi prese tra le
braccia. Si accoccol sul letto con me, cullandomi e
accarezzandomi i capelli. Cominciai a rilassarmi un po,
finch non mi ricordai la cosa peggiore.
Domani devo tornarci, vero?
Il secondo giorno di terapia fu in un certo senso pi
semplice del primo. Sapevo cosa mi aspettava. Ero
meno spaventata e pensavo di essere pi preparata a
sopportare il dolore. Quello a cui invece non ero pronta
fu la sensazione di isolamento che si impadron di me pi
o meno a met terapia. Mia madre mi parlava, mi
raccontava aneddoti di quando ero piccola cercando di
intrattenermi, e io la guardavo. Tutto a un tratto un
pensiero mi colp. Per quanto volesse aiutarmi, per
quanto pap o Sam o qualunque altro amico o membro
della famiglia cercassero di starmi vicino, io ero sola.
Questo era il mio viaggio il lungo viaggio solitario che
mi aveva predetto Kai. Ero sola, completamente,
totalmente sola. Mi sfugg una risata. Che altro avrei
dovuto fare? Mia madre pens che fosse una reazione al
suo racconto e mi sorrise.
Sam

Mia madre rimase a casa pi del solito quella settimana,


aspettando che mi decidessi a parlare con lei. In realt
una parte di me avrebbe voluto farlo, ma da dove
cominciare? Mi sembrava troppo strano. Non mi aveva
mai chiesto come avessi preso il divorzio. Non le
interessava sapere quanto mi mancasse mio padre.
Come potevo mettermi l, adesso, a parlare liberamente
delle emozioni che provavo per la situazione di Jules?
Poi, un pomeriggio, Sandra buss alla porta.
Ciao, scusa se sono passata senza chiamare disse.
Non preoccuparti la rassicur mia madre. Entra
pure. Ero in cucina e mi misi a origliare la
conversazione.
Mi piacerebbe, ma Julie aspetta in macchina. Mi
sono fermata solo per invitarvi a cena venerd
prossimo.
Oh, gentile da parte tua. Lo dir a Sammie.
Veramente, Jackie, vorremmo che veniste entrambe.
Se possibile. Cucina William. Festeggiamo il primo
mese di chemio di Julie.
Oh. Be, mmm che idea carina. Dovr controllare
lagenda e vedere se Sammie ha impegni e
Julie suon il clacson. Sandra sorrise. Scusa, sar
meglio che vada. Chiamami e fammi sapere. Ceneremo
verso le sette.
Non appena Sandra se ne fu andata, uscii dalla
cucina. Mia madre era immobile appoggiata contro la
porta chiusa. Mi vide, scosse la testa e and a sedersi
sul divano.
Sandra vuole che andiamo a cena da loro.
Ho sentito.
Vuoi andarci?
Certo. E tu?
Non lo so. Forse non una buona idea.
Perch no?
Be, Sammie, tanto per cominciare sono amici tuoi.
Non saprei cosa dire.
Le stesse cose che dici agli amici di Bruce quando
vai a cena da loro.
Non direi.
Va bene. Allora non venire.
Ma voglio starti vicino.
Allora vieni.
Mi guard come per dire non capisci mai niente.
Non credo che tu ti renda conto della situazione.
Che vuoi dire?
Julie ha il cancro, Sammie.
Stai scherzando? Davvero?
Niente sarcasmo, per favore. Sto cercando di
ampliare la tua prospettiva.
Genitrice cara, Sandra ci ha invitato a cena. solo
una cena. Se vuoi andarci, perfetto. Ti piacer. William
davvero bravo a cucinare. Se non vuoi andarci va
bene lo stesso. Non un problema.
Ma chiaramente lo per Sandra sospir.
Non se la prender. Perch ti stai agitando tanto?
Perch oh, lascia perdere. Non capiresti.
Prova a spiegarmelo.
Di colpo si irrigid. Mi lanci unocchiataccia come se
il fatto che non riuscisse a spiegarmi le sue ragioni fosse
colpa mia. Si alz. Insomma, non ho voglia di andare a
cena da loro annunci ritirandosi in camera sua.
Trascorse la serata con Bruce e quando arriv il giorno
della cena in onore di Jules, lei aveva gi dimenticato la
sua offerta di starmi vicino.
Quel venerd tornai a casa dalle prove esausta ma felice.
Finalmente riuscivo a padroneggiare The Blues Suite, il
nuovo assolo di modern jazz montato da Linda, da
eseguire sulle punte, su un medley di meravigliose
canzoni blues. Continuai a ballare in soggiorno,
godendomi ogni passo, senza badare ai piedi doloranti.
Mia madre era gi andata da Bruce e mi sentii libera di
alzare il volume della musica al massimo, rimettendo la
stessa canzone ogni volta da capo. Favoloso. Alla fine
mi precipitai sotto la doccia, mi infilai un vestito e cercai
di arrivare puntuale a casa della mia amica.
William mi apr la porta.
Sei incantevole proclam, sollevando verso di me il
calice di vino che teneva in mano. Entra. Le ragazze si
stanno ancora preparando. Sai come sono le donne!
Eh, gi. Accennai un sorriso e lo seguii in soggiorno.
William come mia madre: dopo il secondo bicchiere
diventa una persona completamente diversa. Di solito
non era cos loquace.
Insomma, stato un mese difficile, per labbiamo
superato, no? Ti offrirei del vino per festeggiare ma,
sai ridacchi.
Non importa.
Rosie arriv correndo. Indossava un vestitino verde
menta, e non appena mi vide fece una brusca deviazione
andando a nascondersi dietro le gambe di suo padre.
Sembrava pi alta di quanto non ricordassi. Mi resi
conto che nellultimo mese non avevo badato molto a lei.
Pap, voglio guardare la tv.
Tesoro, abbiamo ospiti. Niente tv, stasera, ricordi?
Il suo viso si rannuvol. Scrutandomi in cagnesco si
lasci cadere di peso sul divano, imbronciata.
Ti va di bere qualcosa? chiese William.
La gazzosa, la gazzosa, voglio la gazzosa! cantilen
Rosie, illuminandosi di colpo.
Anche per me, grazie.
Mentre andava a prendere le bibite, mi sedetti sul
divano accanto a Rosie. Lei mi guard torva, poi mi fece
la linguaccia. Io scoppiai a ridere.
Cosa ti ho fatto, nanetta?
NON PARLARE CON ME.
E invece io voglio parlare.
Invece no.
Invece s.
Ho detto di no. Sollev le mani imitando una mossa
di karate. Altrimenti ti ammazzo.
Davvero?
S. Ti ammazzo stecchita.
Mi chinai piano piano verso lei, muovendo le dita
come zampette di ragno. E se la formichina che ti fa il
solletico pi veloce di te? Lei cacci uno strillo, ma io
con un balzo fui sopra di lei, dando inizio al festival del
solletico. Pochi minuti dopo ci rialzammo, entrambe a
corto di fiato, e lei cerc di rimettere il broncio.
Non ci provare pi a farmi il solletico esclam, gi
pronta a ricominciare. Non me lo feci ripetere due volte.
William torn con le gazzose, insieme a Sandra. Ci
sorrisero e Rosie finalmente smise di divincolarsi,
accoccolandosi sul divano.
Sono felice che tu sia venuta, Sammie esord
Sandra porgendoci le bibite.
Anchio. Mi dispiace per mia madre. Lanciai
unocchiata alle sue spalle. Dov Jules?
Non si sente troppo bene. ancora piuttosto
provata dalla chemio di ieri.
Manger con noi, per, giusto? chiese William.
Credo di s. Si scambiarono una di quelle occhiate
complici tra moglie e marito, indecifrabili per chiunque
altro.
Allora, cosa abbiamo per cena? chiesi.
Pescespada alla griglia, cominci William
pavoneggiandosi con limone e burro allaglio; patate al
forno con una salsa speciale alla panna acida, una mia
ricetta segreta; broccoli alla William; e per dessert,
naturalmente, torta gelato con scaglie di cioccolato.
La torta lho fatta io si vant Rosie.
Mi hai dato una mano la corresse William. Guard
lorologio e si volt verso Sandra. Proprio in quel
momento, si ud la voce di Jules dalla sua stanza.
Mamma? Potresti venire su un minuto?
Vuoi che vada io? mi offrii.
No, lascia andare Sandra rispose William, quindi si
rivolse a lei: La cena quasi pronta.
Lo so.
Il pescespada si raffredder.
Lo so benissimo, William.
Ehi, disse a me che ne dite voi due di
apparecchiare la tavola?
Consideralo gi fatto. Afferrai Rosie per la mano e
la trascinai con me in cucina. Mi sentivo pi a mio agio
nella loro cucina che nella mia, e cominciai subito a tirar
fuori le stoviglie, mentre Rosie le metteva in tavola.
William e Sandra si attardarono a parlottare tra loro, e
un minuto dopo lui ci raggiunse. Si vers un altro
bicchiere di vino e cominci a trafficare tra le pentole
mentre noi finivamo di sistemare bicchieri e tovaglioli.
Con un gesto plateale trasfer il pesce sfrigolante su un
piatto di portata e lo guarn con una manciata di
prezzemolo fresco, per poi adagiarlo con cura al centro
della tavola. Rosie lo scrut con attenzione, poi si
ritrasse, incroci le braccia e con aria di sfida, chiese:
Okay. Dove sono le spade?.
Stavamo ancora ridendo quando Jules e Sandra
fecero il loro ingresso. Il viso di Rosie si rannuvol di
nuovo mentre osservava con diffidenza la sorella
prendere posto a tavola con la madre. Io sedetti al mio
solito posto, accanto a Jules e le diedi un bacio sulla
guancia. Lei sorrise debolmente, poi abbass lo
sguardo. Mi osservai intorno. Rosie teneva ancora il
broncio, William sorrideva e Sandra pareva
semplicemente stanca.
Alla nostra Julie annunci William sollevando il
bicchiere. Io presi dellacqua e feci lo stesso. E cos
Sandra. Rosie, suo malgrado, ci imit.
Julie? la chiam William. Lei gli lanci unocchiata
che non riuscii esattamente a decifrare, poi sollev il suo
bicchiere a qualche centimetro dal tavolo. William
sorrise e brind: A Julie, per il suo coraggio e la sua
forza. Congratulazioni, tesoro ti sei lasciata alle spalle
il primo mese. Auguriamoci che tutto finisca il prima
possibile.
Dopo aver bevuto, William prese il mio piatto per
cominciare a servire.
Mamma, potete scusarmi? mormor Julie.
Be, ma certo cominci Sandra.
Tesoro, questa cena per te la interruppe William.
Lo so, ma non riesco a mangiare.
Prova ad assaggiare solo un po di pesce continu
lui.
Non voglio nulla.
Julie, ne abbiamo gi parlato. importante che ti
mantenga in forze.
Non ce la faccio.
William, ti prego disse Sandra.
Non posso proprio, pap.
Solo un poco insist William mettendole davanti un
piatto con una fettina di pesce. Lei scosse la testa e si
alz. Feci per alzarmi anchio, ma Sandra mi tocc il
braccio.
Vado io, Sammie sussurr, e segu Jules in bagno.
Prima che riuscisse a chiudere la porta, udimmo dei
conati di vomito.
William si alz a prendere il vassoio delle patate al
forno. Sono calde ci avvert mentre serviva Rosie e
me.
Il cibo fa sentire male Julsie adesso mi spieg Rosie.
Poi mi confid: Perch ha un grande foma dentro di
lei.
Linfoma la corresse William. Sammie? Mi offr
una ciotola di panna acida. Ne versai una cucchiaiata
sulle mie patate. E Rosie. Ne mise un goccio sul piatto
della bambina. Sandra torn e riprese il suo posto.
William serv anche lei e le porse la salsa.
Julie sta bene? chiese William.
Star meglio. Ora sta riposando.
Bisogna fare silenzio quando risposa mi avvert
Rosie. Non si pu far troppo rumore o giocare. E non
si pu guardare la tv.
Sorrisi e le feci un cenno dassenso. Poi guardai
William e Sandra. Stavano mangiando in silenzio.
Mmm, forse sar meglio che torni unaltra volta?
Non essere sciocca esclam William.
Sono cose che mettiamo in conto, Sammie continu
Sandra. Tra poco si sentir meglio. Puoi portarle una
patata dopo cena, magari.
Allora, cosa stai facendo di bello, signorina? mi
chiese William. Come va il corso estivo? E la danza?
Oh, non ci crederai dissi. Il nuovo balletto di Linda
favoloso, ma incredibilmente difficile. E sono riuscita a
farlo bene!
Buon per te! William brind con il suo bicchiere.
Grazie. Forse potrei persino portarlo in scena. Certo,
sono ancora lontana dalla perfezione, ma ce la sto
mettendo tutta.
Che balletto ? Lho visto? chiese Sandra.
Credo di s quello sulla musica di Billie Holiday.
Ah, s. The Blues Suite. Julie me ne aveva parlato.
Oh. Be, in effetti doveva essere il suo assolo
spiegai. Cio, lei era quella che sapeva farlo meglio.
Ma per adesso Linda ci sta lavorando con me e
Colleen.
Sarai bravissima mi incoraggi Sandra. Sei stata
meravigliosa al saggio.
Io vado in prima elementare annunci Rosie con la
bocca piena. Devo andare a comprare un nuovo
cestino per il pranzo e uno zainetto.
Il resto della serata trascorse cos. Parlammo quasi
sempre di Rosie, che adorava avere tutte le attenzioni su
di s. Dopo portai a Jules una patata al forno scondita e
un bicchiere di Sprite. Era stesa sul letto con la tv accesa
senza sonoro. Quando entrai la spense.
Mi dispiace per la cena si scus.
Non importa le offrii la patata. Ti va di mangiarla?
Fece una smorfia e scosse la testa.
Non ti biasimo. La misi da parte. Tieni, bevi un po
di gazzosa.
Ne sorseggi un poco. Ho sentito che parlavi della
Blues Suite.
Gi.
bella come sembrava allinizio? chiese.
Fantastica.
Ci credo.
difficile eseguirla correttamente. Ti piacerebbe un
sacco.
Gi, un vero peccato per me, non credi? Bevve un
altro sorso. Ora tua. O di Colleen.
Cerc di sorridere, ma non le riusc troppo bene. Ero
una vera idiota. Mi lasciai cadere sul letto accanto a lei.
Quando tornerai, ce la toglierai in un secondo.
S, certo.
Non fare la stupida. Quel balletto fatto su misura
per te.
Davvero?
Temo di s.
Questa volta sorrise sul serio. Non vedo lora di
tornare.
Sorrisi anchio. Stronza.
Julie

La settimana dopo dovetti ricoverarmi al Campton


Medical Center di San Francisco per farmi inserire uno
shunt nella parte superiore del petto. La chemioterapia
aggressiva della dottoressa Conner mi avrebbe chiuso le
vene nel giro di una settimana al massimo. Per impedire
questeventualit, sarebbe stato necessario creare
unapertura semipermanente dove introdurre un tubicino
direttamente nelle vene attraverso cui iniettare i veleni.
Avevo smesso di pensare a quella roba come
sostanze chimiche. Erano veleni, puri e semplici. La
chemio consisteva solamente nel riempirmi di tossine che
avrebbero potuto uccidermi almeno tanto quanto
fornirmi un antidoto. Nel frattempo, si sperava,
avrebbero annientato il cancro, e chi riusciva a farcela
sarebbe vissuto per sempre felice e contento.
Non ero entusiasta allidea dello shunt, ma capivo che
era necessario, anche perch le mie braccia erano
diventate quasi insensibili al dolore. Poich questa era la
situazione, non mi rimaneva che accettarla senza fare
troppi drammi. Fu una sorpresa anche per me scoprire
di essere capace di vedere tutto nella giusta prospettiva
e di affrontare le cure con ottimismo. Certo, allo stesso
tempo le detestavo e odiavo rimanere fuori uso per
almeno due giorni dopo ogni seduta. Ma andava bene
cos, davvero. La terapia mi avrebbe aiutata a stare
meglio e a tornare al pi presto alla mia vita. In pi,
quando dormivo, non sentivo dolore. E la sonnolenza
era uno degli effetti principali della chemio.
Mi trovavo nella sala preoperatoria, aspettavo
pazientemente che linfermiera trovasse una vena per
iniettarmi lanestetico. Alla fine si decise per la mano, ed
era quasi riuscita a inserire lago quando prefer provare
sullaltra. La prima volta era stata fin troppo sicura di s,
la seconda esit. Ma ce la fece e poco dopo ero gi nel
mondo dei sogni.
Quando mi svegliai la dottoressa Conner era accanto a
me. Il punto in cui era stato inserito lo shunt era ancora
fasciato, per volle comunque mostrarmelo con uno
specchietto. Eravamo sole nella stanza.
Voglio che tu sappia una cosa, Juliana disse secca.
Andremo fino in fondo per combattere questo cancro.
Annuii e cercai di sorriderle, anche se ero ancora un
po intontita.
Possiamo farcela continu. Tu sei giovane e io
ostinata, e insieme lo sconfiggeremo.
La sua determinazione, la fiducia che mostrava di
avere nel nostro successo, mi diede una sensazione di
sollievo e mi addormentai serena.
Era pi facile continuare la terapia se sapevo che il
medico era dalla mia parte. E con lo shunt la chemio non
faceva pi tanto male. Tutto sembrava andare per il
meglio, relativamente alle circostanze, ovvio. Poi
cominciarono a cadermi i capelli.
Ero a met della quinta settimana. Lorologio segnava le
dieci di sera in un giorno di non-chemio. Mi sentivo
bene come al solito. Avevo dormito parecchio quel
giorno ed ero persino riuscita a invitare Sam a cena.
Sopportavo a malapena lodore del cibo ma al
contrario dellultima volta in occasione della cena in mio
onore ero riuscita a rimanere seduta a tavola fino alla
fine. Dopo, io e Sam andammo a mangiare un gelato in
camera mia.
Okay, organizziamo la festa per il tuo compleanno
annunci. Siediti da qualche parte.
Sei impazzita? a met novembre. Siamo ad agosto,
ricordi? Presi dei cuscini dal letto e li buttai a casaccio
sul pavimento.
Mancano solo tre mesi. E compiere diciassette anni
importante, sai.
Davvero?
Certo. Fammi assaggiare disse accomodandosi
accanto a me e infilando il cucchiaino nel mio gelato.
Non sarai pi una ragazzina, dopo, Jules. Mettitelo
bene in testa.
Sissignora.
Okay. Ora. Lasci il cucchiaino nella mia coppetta
e si mise a frugare sotto il letto in cerca di un taccuino e
una penna. Chi vuoi invitare?
Be, dipende da dove faremo la festa.
A Sausalito. Da Scomas.
Non possiamo permetterci Scomas! E poi, come fai
a sapere se sar abbastanza in forma per organizzare
una festa?
A novembre? Non essere stupida. Ora, vuoi aiutarmi
o no?
Okay, vediamo
Pianificammo un enorme evento e quando se ne and a
casa mi venne addirittura voglia di truccarmi un po e
magari provare qualcuno dei miei vestiti pi eleganti.
Andai in bagno, mi lavai il viso e feci per raccogliere in
su i capelli. Mentre me li scostavo dal viso, me ne rimase
in mano una grossa ciocca. Rimasi di ghiaccio. Non
sapevo cosa fare. Continuavo a fissare quella manciata
di capelli senza riuscire a muovermi, poi scossi la mano
disgustata, come se fossero qualcosa di immondo. Mi
guardai allo specchio. Non vidi chiazze pelate, ma a quel
tempo avevo ancora un mucchio di capelli. Lentamente,
con il respiro che accelerava, mi passai le dita dallaltro
lato. Ne caddero ancora di pi. Si vedeva addirittura lo
scalpo. Chiamai mia madre urlando. Ero paralizzata.
Sapevo che se mi fossi mossa anche solo di un
centimetro avrei avuto la peggiore crisi di nervi della
storia.
Mia madre arriv, si rese conto immediatamente di ci
che stava succedendo e mi strinse forte a s. Io
cominciai a tremare, poi a piangere. Mentre mi
riaccompagnava nella mia stanza, la mia sorellina si
affacci per vedere cosa stava succedendo. Le mie urla
lavevano svegliata.
Stai bene Julsie? chiese impaurita. Fu lultima
goccia. Persi completamente il controllo.
Vattene via! strillai. Esci! Esci! Che cosa hai da
guardare?
Smettila! mi rimprover mia madre costringendomi
a guardarla in faccia. Smettila ora.
Certo, prendi le sue difese! gridai. Lo fai sempre.
sempre in mezzo ai piedi e tu stai sempre dalla sua
parte.
Juliana, non ho intenzione di ascoltare certe
stupidaggini.
Infatti non mi ascolti mai. Non te ne importa nulla che
mi cadano i capelli! singhiozzai.
Julie tesoro, adesso siediti sul letto mi disse con
dolcezza. Vado a parlare un minuto con Rosie e torno
subito da te.
Rosie era scoppiata in lacrime, naturalmente, ed era
corsa nella sua stanza. Non aveva la pi pallida idea di
cosa stesse succedendo in quei giorni, vedeva solo sua
sorella dormire tutto il tempo. E adesso la Strega Cattiva
se la prendeva pure con lei. Mi sentii in colpa, ma ero
sopraffatta dalla situazione, da ci che stava accadendo
ai miei capelli, e non riuscivo a pensare ad altro. Mia
madre riusc a calmarla, le mise su il video di La carica
dei 101 e torn da me. Io me ne stavo seduta sul letto,
fissavo lo specchio sopra la cassettiera.
La dottoressa Conner ti aveva detto che
probabilmente sarebbe successo mi ricord.
Io feci un cenno di assenso continuando a fissare il
mio riflesso.
Non possiamo farci nulla. unaltra cosa con cui
dovrai convivere.
Annuii ancora.
Ho gi ordinato una parrucca. Di ottima qualit.
Nessuno si accorger della differenza.
Okay.
Coraggio, adesso stenditi.
Mi sentivo del tutto svuotata e le obbedii. Mi aiut a
spogliarmi e a indossare una camicia da notte. Avevo
limpressione di essere tornata di nuovo bambina e
desiderai che il tempo scorresse allincontrario, fino
allepoca in cui vivevo spensierata. Mi infilai sotto le
coperte. La mamma mi accarezz il viso e io chiusi gli
occhi.
Piccolina sussurr so che stai passando le pene
dellinferno e che dovrai sopportarle ancora per un bel
po. Ma io sono orgogliosa di te. Sei coraggiosa e
ottimista e pi forte di quanto si potesse immaginare. Sei
incredibile. Sono certa che puoi sopportare anche
questo. Non so come, ma ce la farai. E io far tutto il
possibile per aiutarti.
Cominciai a piangere. Non sapevo bene perch, se
per i capelli o per quello che stava dicendo mia madre.
Non riuscivo a capirlo. Lei mi prese la mano. Guardai le
rughe sul suo viso, i suoi occhi stanchi e vecchi, e capii
quanto fosse dura anche per lei.
Mi scuser con Rosie risposi. Non volevo ferirla.
Lo so, tesoro. Adesso dormi.
La mattina dopo trovai sul cuscino grosse ciocche di
capelli. Mi sentii gelare. Le raccolsi una per una e le
impilai sulla toletta. Passai le dita tra i pochi rimasti che
caddero fragili, anche se non tutti. Respirai a fondo e li
sistemai insieme agli altri. Decisi di guardarmi allo
specchio. Una specie di ragazza-demone mi fissava, il
viso freddo e immobile, pochi ciuffi che spuntavano sul
cranio.
Non devo piangere, non devo piangere, continuavo a
ripetermi, e improvvisamente mi resi conto che lo stavo
dicendo a voce alta. Mia madre apr la porta.
Ti ho portato un foulard. Fisser un appuntamento
con Susan non appena apre il negozio. Andremo a
prendere la parrucca oggi stesso.
Ho la chemio ribattei.
Pu aspettare fino a oggi pomeriggio. Si avvicin e,
con una certa abilit, copr con il foulard quello che
rimaneva della mia bella chioma. Leffetto era strano, ma
certamente migliore di prima.
La colazione pronta aggiunse, e mi lasci sola.
Guardai la nuova me nello specchio e pensai ai
programmi di Sam per il mio compleanno. Impossibile
dare una festa in quello stato. Poi mi venne in mente
Jack. Immaginai lui e Rachael che mi fissavano
disgustati.
In quel momento decisi che non avrei pi visto
nessuno, nemmeno Sam, fino a quando non fosse tutto
finito.
Sam

Me ne stavo davanti allo specchio cercando di


immaginare come ci si dovesse sentire a perdere tutti i
capelli. Non ci riuscivo.
Jules non voleva pi che la andassi a trovare da
quando le era successo. Ogni volta si inventava una
scusa: doveva riposare o fare la chemio o sua madre la
stava chiamando e riattaccava. Poi cominci a inserire la
segreteria telefonica senza richiamarmi. And avanti cos
per sei giorni di fila. Il settimo, sapendo che non aveva la
seduta di chemio, non persi tempo a telefonare. Mi
presentai direttamente a casa sua. Jules scorse la mia
macchina e si chiuse a chiave in camera, ordinando a
Sandra di non lasciarmi entrare.
Lei non le diede ascolto, naturalmente, e io andai a
bussare alla sua porta. Forte.
Che c? mi rispose.
Apri, Jules la pregai.
Neanche per sogno. Lasciami in pace.
Perch non cresci un po?
Cosa hai detto?
Qual il problema? Sono o no la tua migliore
amica?
Se lo fossi te ne andresti via!
E se non volessi?
Sam, non voglio vederti. Vattene.
Non esiste.
Ti odio quando fai cos.
Allora apri la porta.
No.
Peggio per te.
Stronza.
Stronza tu.
Ci fu un attimo di silenzio. Pensai di averla convinta e
alzai un pollice verso Sandra. Ma lei scosse la testa. Un
secondo dopo la sentii accendere la televisione.
Trasmettevano Febbre damore.
Che fai, guardi le soap opera idiota? urlai.
Non ti sento sto guardando la tv ribatt lei.
Jules cominciai in tono vagamente minaccioso.
Jules! Nessuna risposta. Juliana Elise Michaels, apri
questa porta.
Scusa, ho da fare adesso. Magari domani.
Jules, se non apri la porta, la sfondo.
Non credo proprio. Mia madre ti ucciderebbe.
Lanciai unocchiata a Sandra. Lei scroll le spalle e mi
sorrise. Sferrai un calcio alla porta.
Smettila!
Ne diedi uno ancora pi forte.
Sei pazza? Ti ho detto che mia mamma
Tua mamma qui accanto a me.
Sferrai un altro calcio. Lei apr di scatto, mi fiss per
un secondo con occhi pieni di odio e torn a buttarsi
davanti alla tv. Sandra mi lanci uno sguardo
dincoraggiamento e silenziosa spar in unaltra stanza. Io
oltrepassai la soglia esitante.
Ora sarai contenta sbott Jules.
Non risposi. Non riuscivo a smettere di fissarla.
Vederla senza i capelli, con un foulard legato in testa, mi
fece una strana impressione. Mi vennero in mente le
immagini dei sopravvissuti nei campi di concentramento,
dei bambini con la leucemia, o di certe sconcertanti
modelle che si rasavano a zero. Mi sedetti, continuando
a guardarla.
Potresti almeno smetterla di fissarmi in quel modo.
Devo guardare risposi.
Oh, certo. Be, qualunque cosa tu debba fare,
accomodati. Scusa se esisto.
Non fare la bambina. Sono solo capelli.
La fai facile.
Sospirai, cercando di trovare le parole giuste per
spiegarmi.
Jules, devo sforzarmi di accettarla come una cosa
normale dissi infine. Altrimenti si creerebbe un muro
tra di noi e non potrei pi essere la tua altra met. E tu
non saresti pi la mia Unica e Sola.
Jules fece una smorfia, ma mi ascolt. Un minuto
dopo si tolse il foulard.
Allora guarda.
La guardai. Osservai la sua testa da ogni angolatura,
davanti, di lato e dietro. Era molto diversa senza capelli,
ma non cos male. Le iridi, quasi nere adesso che era
arrabbiata, sembravano enormi. Mi fissava con aria di
sfida, senza staccarmi gli occhi di dosso un secondo. La
studiai per qualche istante ancora, poi alzai le spalle.
Non poi cos orribile, sai.
Forse dal tuo punto di vista. Prese il foulard e lo
avvolse malamente intorno alla testa. Glielo tolsi e lo
legai di nuovo per bene. La sentii irrigidirsi.
Davvero, Jules, credevo che avresti avuto laspetto
di uno zombie o qualcosa del genere. Invece sei sempre
tu, solo senza capelli. Pensa alle modelle che si rasano
apposta.
Wow, ora mi sento meglio.
Sei carina lo stesso.
S, certo.
vero.
Sam, sono io quella intossicata dalle medicine.
Sta zitta. Perch non ti compri una parrucca?
Lho comprata.
Allora prendila.
Cosa?
Le diedi una spinta. Vai a prendere quella cavolo di
parrucca e mettitela.
Julie

Sam era lunica persona, a parte mia madre, che


sembrava ricordare che ero ancora io, Juliana.
Qualunque cosa accadesse, rimanevo la sua Unica e
Sola. Si comportava come aveva sempre fatto. Ed era
fantastico, tranne quando cercava di costringermi a fare
cose che non avevo alcuna voglia di fare. Come andare
alla festa di Natalie. Era convinta che mi avrebbe
sollevato il morale e non riuscii a farle cambiare idea in
nessun modo.
Non che la festa in s fosse chiss quale evento.
Natalie ne organizzava sempre una allinizio dellanno
scolastico. Quello che non riuscivo ad accettare era che
unintera estate era volata via e lunica cosa che avevo
fatto era la chemio. In pi temevo le reazioni degli altri.
Quando ero andata a scuola per ritirare il mio piano di
studi e chiedere se potevo frequentare part-time, era
stato super imbarazzante. Mi vergognavo per il colore
della mia pelle e per i vestiti che ormai non mi stavano
pi. Temevo che la parrucca si spostasse e nessuno si
prendesse la briga di dirmelo. E non avevo idea di chi tra
gli studenti sapesse e chi no, al di fuori della compagnia
di danza, o cosa avrei dovuto rispondere se qualcuno mi
avesse fatto delle domande.
Ho sentito dire che hai il cancro comment il
professor Heller, linsegnante di biologia, senza troppi
giri di parole. Voleva dimostrare a me e a se stesso di
avere il fegato di parlarne apertamente. Deve essere
dura aggiunse, come per dire la vita fa schifo, ma
siamo tutti sulla stessa barca. La mia insegnante
dinglese di seconda liceo arross e cambi strada.
Quella di francese non smetteva di sorridermi, tanto che
pensai che le fosse venuta una paralisi. Il prof Lipton
invece non ne sapeva nulla. Ci sei mancata
questestate disse dandomi una pacca sulle spalle. Ho
sentito che non sei stata molto bene.
E come se non bastasse, incrociai Jack e Rachael in
segreteria. Lui and totalmente nel pallone.
Oh. Ciao fece.
Ciao.
Wow, stavamo proprio per cio, come stai?
Bene.
Fantastico. Mi fa piacere. Conosci Rachael?
Non so perch, ma mi venne da ridere, e li piantai in
asso pi confusi che mai. Sam aveva evitato di parlarmi
di loro dopo la sua piccola avventura con il supervisore,
e io mi resi improvvisamente conto di non averle pi
chiesto niente. Allora perch avevo lo stomaco in
subbuglio? Ero ancora innamorata di Jack? Ci pensai su,
mentre percorrevo il corridoio. Non lo ero. Non lo
volevo pi. Eppure mi mancava la sensazione di essere
innamorata. Dopo la morte di suo padre ci eravamo detti
cose bellissime ed eravamo diventati molto intimi. Mi
faceva male pensare che adesso quella stessa intimit la
condividesse con Rachael.
Ma fu lincontro con il mio tutor e il signor Marshall, il
preside, a darmi il colpo di grazia.
Hai saltato gli esami finali per accedere alla terza
liceo e non puoi sobbarcarti il carico di lavoro
necessario ad affrontare lultimo anno. Non hai
alternative, Juliana. Dovrai ripetere lanno dichiar il
signor Marshall.
E se frequentasse part-time? Recuperando il resto
con dei corsi estivi? sugger il mio tutor. Potremmo
sorvolare su alcuni requisiti e farla diplomare con la sua
classe?
Mi dispiace, devo attenermi al regolamento. Per
puoi sempre presentare una petizione al consiglio
scolastico.
Il tutor sorrise debolmente. Siamo dalla tua parte,
Julie mi assicur. Ma le regole sono regole.
S, pensai io, e la chemio la chemio. Possibile che
nessuno lo capisca?
Quando me ne andai, mi sentivo alienata da tutto e
tutti. Salii in macchina e pensai di seguire lautostrada
101 fin dove avesse voluto portarmi. Oltre Santa Rosa,
Redding, Eureka se non mi fossi mai fermata, se non
avessi mai raggiunto una destinazione non avrei dovuto
fare la chemio; avrei chiuso con il cancro e avrei vissuto
per sempre felice e contenta. O forse no.
Chiamai Sam: le raccontai la mia giornata e lei
cominci ad accarezzare lidea di andare alla festa di
Natalie. Naturalmente non me lo disse fino a quando,
quel fine settimana, la stessa sera della festa non si
present a casa mia. Si era messa in testa la folle idea
che se fossi uscita di pi, le cose sarebbero state pi
facili per me. Mi fece mettere in ghingheri e, devo
ammetterlo, non ero poi cos male per essere una
mingherlina di quarantacinque chili. La dottoressa
Conner mi aveva concesso qualche giorno di pausa dalla
chemio, quindi mi sentivo anche abbastanza in forze e
strafottente. In fondo cosa avrebbero potuto farmi quelle
persone dopo tutto quello che avevo sofferto?
Arrivammo piuttosto presto, verso le nove. Visto che mi
stancavo facilmente, il piano era di rimanere unoretta e
poi tagliare la corda. Nel tragitto che separava la
macchina dal cortile di Natalie, mi accorsi che stavo
tremando. Avrei disperatamente voluto che tutto fosse
come sempre, cercai di trovare dentro di me quella
sicurezza che mi aveva sempre sostenuto. Non ci riuscii.
Mi sento unidiota confessai a Sam.
Be, piantala.
Oh. Okay. E come?
Spalle indietro e petto in fuori, bellezza. Forza,
andiamo.
Raggiungemmo il giardino sul retro e la piscina, dove
si teneva la festa. Avevo limpressione che tutti mi
guardassero. Alcuni sorridevano; altri mi squadravano e
basta. Ragazzi che non conoscevo si voltavano a
osservarmi quando qualcun altro gli sussurrava chi ero.
Era cos che si sentivano i personaggi famosi? Mi
avvicinai a Sam e mormorai: Prometti di aiutarmi a non
sembrare ridicola?.
Te lo prometto.
Perch mi guardano tutti?
Perch magari non conoscono nessun altro che abbia
il cancro.
Rimasi folgorata da quelluscita di Miss Battuta
Pronta. Aveva ragione al cento per cento. Ecco cosa
stava succedendo. Se si fosse trattato di qualcun altro,
lavrei fissato anchio. Nessuno intendeva ferirmi. Erano
solo curiosi. Sforzandomi di sorridere, mi guardai intorno
e vidi buona parte delle ragazze della compagnia di
danza venire nella mia direzione. Avevano unaria
talmente disinvolta. Erano stupende, scoppiavano di
salute. Sono cose a cui non dai importanza, finch ce le
hai. Erano decisamente in Modalit Compagnia. Di
solito non amavano essere identificate come gruppo, ma
questa volta era diverso. Far parte dellAccademia era il
loro legame con me e dal momento che, a quanto
pareva, ero la principale attrazione della serata, perch
non approfittarne?
Colleen, una ragazza alta e allampanata, dai capelli
scuri e la pelle color avorio, prese la parola per prima.
Erano tutte concentrate su di me, ignoravano
completamente Sam. Mi chiesi come se la passasse
durante le prove.
Dio. Sei cos magra. Ti odio! esord Colleen.
Ti sta benissimo questo colore aggiunse Sarah.
bello vedervi ragazze risposi, e lo pensavo
davvero. A parte la mia breve escursione a scuola,
erano mesi che non vedevo nessuno oltre alla mia
famiglia, ai dottori e a Sam, e dimprovviso mi sentii
felice di essere uscita. Ancora una volta Sam ci aveva
visto giusto.
Quando torni alle prove? chiese Brooke. Ti stai
perdendo una coreografia memorabile. Dovresti vedere
il medley blues che Linda sta montando per Sammie.
Shhh. Dio, Brooke la rimprover Thea.
Non c problema dissi. Non so quando potr
tornare. Dipende da come procede la chemioterapia, ed
troppo presto per capirlo.
Di colpo cadde il silenzio e una greve sensazione di
disagio si abbatt sul gruppo. Come quando nei film la
telecamera si allontana di colpo. Nessuno sembrava
sapere cosa dire, n se dire qualcosa. Mi sentii in
imbarazzo. Sam sbuff e scosse la testa.
Su con la vita, gente le spron. Qual il
problema? Pensavate che il cancro si curasse con le
pillole per il mal di testa?
Le ragazze sorrisero, ancora a disagio, ma meno
distanti. Un paio di loro lanciarono uno sguardo ai miei
capelli. Ero certa che stessero cercando di capire se
fossero veri e che non avrebbero mai osato chiederlo.
Be, stai bene prosegu Brooke. E Linda sta
montando una coreografia stupenda. Dovresti esserci
anche tu.
Mi piacerebbe. Ma ancora non posso risposi.
Per sto migliorando e niente dura per sempre,
giusto?
Quasi rispondendo in coro, tutte si dissero daccordo
con me, poi, da un momento allaltro, sparirono. Non ho
mai capito come funzionasse alle feste, come facesse la
gente a terminare una conversazione e cominciarne
unaltra con un nuovo gruppo. In quel momento mi resi
conto che le conversazioni non finiscono; le persone si
limitano a spostarsi altrove. Pi o meno. E ancora una
volta io e Sam ci ritrovammo da sole. Ci scambiammo
uno sguardo, io scrollai le spalle.
Sono andata bene? le chiesi.
Perch, era unaudizione? ribatt lei.
No, ma mi piacerebbe pensare di non essere
apparsa ridicola.
Sei stata perfetta.
Forse non avrei dovuto menzionare la chemio.
Jules, tesoro, probabilmente ne sanno pi di te
sullargomento.
Comunque stato bello rivederle.
Mmm, mmm. Vuoi qualcosa da bere?
Una Coca o una Sprite. Non diet.
Aspettami qui.
Mentre Sam andava a prendere le bibite, ripensai alle
ragazze della compagnia. Ero amica loro come di tutte le
altre compagne di scuola, eccetto Sam, naturalmente,
ma cominciavo a rendermi conto di non conoscerle
affatto. Sapevo i loro nomi, riconoscevo le loro facce,
potevo immaginare come avrebbero reagito in
determinate situazioni. Forse avrei potuto indovinare chi
di loro avrebbe pianto guardando un film drammatico.
Ma non avrei mai saputo dire quali fossero i loro pensieri
prima di dormire, che idea avessero di se stesse, o cosa
desiderassero dalle loro vite. E loro ne sapevano ancora
meno su di me, perch forse pensavano di sapere gi
tutto.
Ed eccomi di nuovo nel mio viaggio solitario. Come
quando avevo cominciato la chemio, come quando
avevo scoperto di avere il cancro, come quando avevo
guardato il mio riflesso per la prima volta dopo aver
perso i capelli. Sam torn con le bibite.
Voglio andarmene dichiarai prendendo la mia.
Andiamo.
Sam

Jules si stava allontanando da me. Sentivo che tra noi si


era creata una distanza impercettibile che continuava a
crescere piano piano, anche se mi sforzavo di non farci
caso. Stavano accadendo tante di quelle cose che non
riuscivo pi a starle dietro e lei stessa evitava di
parlarmene. Non mi rimaneva che sperare di mantenere
un legame con lei.
Dopo aver lasciato la festa di Natalie, mi chiese di
andare da qualche parte a guardare il cielo, cos
costeggiammo Sausalito fino ad arrivare dal lato opposto
della baia. Lasciata alle spalle la citt superammo le
fortezze costruite dal governo durante la Seconda guerra
mondiale per difendere gli Stati Uniti dagli attacchi
giapponesi. Passammo sotto il Golden Gate Bridge per
poi imboccare un tunnel scavato nella collina che
sostiene lautostrada soprastante. Una volta uscite dalla
galleria ci ritrovammo in un altro mondo. Niente lampioni
o auto, n persone, niente di niente.
Dopo aver parcheggiato la macchina, non ci rimase
che ammirare il cielo e le stelle senza linterferenza
dellilluminazione elettrica. Allorizzonte potevamo
scorgere la baia di San Francisco, il Golden Gate, e
persino la citt.
Metto un po di musica? le chiesi.
No.
Vuoi che abbassi i finestrini per far entrare un po
daria?
Sto bene cos.
Mi adagiai sul sedile. Sapevo che se ne avesse avuto
voglia mi avrebbe parlato. Guardammo la citt sfavillante
di luci e gli astri incandescenti che bucavano il cielo. Le
acque della baia erano scure e increspate, la nebbia
stava gi cominciando a lambire il ponte, e noi ci
sentivamo catapultate in unaltra dimensione
spaziotemporale, lontana dalla realt che conoscevamo.
Rimanemmo sedute a lungo, immerse in un silenzio
assoluto. Alla fine Jules parl.
Credi che esista una vita dopo la morte? mi chiese
in un sussurro. Non avevo mai sentito quel tono di voce.
Non lo so. Cio, non ci ho mai pensato.
Io credo di s.
Davvero?
Mmm, mmm. A volte, almeno. Come adesso, che ce
ne stiamo qui sedute al buio.
Pensavo che non credessi in Dio.
Infatti.
E allora come ci pu essere vita dopo la morte se
non esiste un Dio?
Non lo so. Non so spiegarlo con chiarezza. Credo
che esista un livello di coscienza superiore, una specie di
evoluzione nella nostra capacit di comprendere le cose
che non possediamo in vita. Ma Dio non ha niente a che
vedere con questo. solo non saprei, luniverso o
unaltra dimensione, o qualcosa del genere.
Ci pensai su.
Quindi quando muori non muori davvero vai
soltanto in unaltra dimensione?
Be, il tuo corpo muore, ovviamente. Ma laltra parte
di te, quella parte che ti rende quello che sei, lanima o
quello che si trasferisce in unaltra realt.
Okay, ti seguo. Ma quando tu o lanima o quello che
entra in quellaltra dimensione, continui a sapere chi
sei? Insomma, se io mi trovassi laggi, saprei ancora chi
ero stata in vita? Mi ricorderei di me?
In un certo senso s. Ti rimarrebbe una sensazione di
ci che sei stata, della tua esistenza. Forse non della tua
vita intera, nello specifico, ma di sicuro sapresti chi eri.
Questo certo.
una buona cosa.
Fino a quando non torni. Allora dimentichi la vecchia
te e devi occuparti della nuova.
Perch dovrei fare una cosa simile? Voglio dire, se
mi trovo in unaltra dimensione, perch dovrei tornare
qui?
Forse per fare meglio dellultima volta. Per compiere
il tuo karma o imparare una lezione o roba del genere.
Reincarnazione.
Mmm, mmm, e ogni volta, mentre ti trovi nellaltra
realt, saprai gi cosa dovrai fare nella prossima.
E vai avanti cos per sempre, continuando a tornare e
ritornare?
S, fino a quando, a un certo punto, non dovrai pi
farlo.
Che vuoi dire?
Quando avrai imparato tutto non avrai pi bisogno di
stare in questa realt. Potrai rimanere dove tutto pace.
Per devi guadagnartelo.
E come?
Non lo so. Non so neanche quello che sto dicendo.
Sto solo andando a ruota libera.
Per un attimo rimanemmo in silenzio.
Sei stata bene, stasera? le chiesi alla fine.
S. stato carino rispose. Credo che abbiano
provato a essere gentili.
Lo credo anchio. Alle prove si comportavano tutte
in modo strano. Avevano paura di chiedere, ma allo
stesso tempo erano curiose. Sai, come sabato
scorso
Julie non mi stava ascoltando. Fissava il mare.
Unombra era calata sul suo viso e quando finalmente
parl, evit di guardami in faccia.
Vorrei chiederti una cosa, se prometti di dirmi la
verit. Lassoluta verit.
Cosa?
Credi che guarir?
La domanda mi colse di sorpresa. Guardai Jules a
bocca aperta. Rabbia, stupore, paura non riuscivo a
distinguere le emozioni che mi stavano assalendo tutte
insieme. Non riuscivo a credere che ci avesse pensato,
che mi avesse domandato una cosa del genere.
Perch me lo chiedi?
Lei scroll le spalle.
Certo che guarirai. Perch pensi una cosa tanto
assurda?
Non lo so. Non ne ho parlato con nessun altro.
Bene, perch una cosa molto stupida da dire.
Sam, ho il cancro dappertutto.
Anche la chemioterapia le risposi. Ho ragione o
no?
S.
Sentii che si stava chiudendo in se stessa, cos cercai
di tirarla un po su.
Jules, non volevo rimproverarti. Ma non devi
assolutamente preoccuparti. Qualcuno stasera ti ha detto
qualcosa? Cosa successo?
Lei tacque.
Vuoi parlarne? la spronai.
Scosse la testa. Dimprovviso mi sentii avvampare di
collera, non nei confronti di Jules, ma di tutta quella
situazione. La presi per le braccia e la costrinsi a girarsi
verso di me.
Tu guarirai. Tu guarirai. Mi stai ascoltando?
S.
Allora lascia che te lo ripeta ancora una volta.
Tornerai a stare bene. Non importa quanto durer la
chemio o quanti capelli perderai. Non importa quanta
altra merda dovrai sopportare. Devi promettermi che
non ti farai mai pi questa domanda. N ora n mai. Hai
capito? Sono stata chiara?
Lei annu con un sorriso.
Dillo.
Io guarir.
Bene la lasciai andare.
Devo guarire per forza. Altrimenti mi ammazzeresti.
Puoi scommetterci. Sarebbe la volta buona!
Scoppiammo a ridere fino a farci venire le lacrime agli
occhi. Eravamo piegate in due. Aggrappate luna
allaltra, tirandoci pacche e spintoni, ricademmo esauste
contro i sedili, con le guance rigate di lacrime. Jules fece
un respiro profondo.
Ti voglio bene mi disse.
Mi sono pisciata nelle mutande risposi io.
Ricominciammo da capo, annaspando e sbuffando,
finch non rimanemmo senza fiato.
Ti voglio bene anchio risposi.
Lo so.
Julie

A volte, dopo essere tornata a casa dallospedale, un


attimo prima di addormentarmi, vedevo delle cose nella
mia mente. Erano nitide e realistiche come quadri o
fotografie. Potevano essere un paesaggio o le onde
delloceano che si infrangevano e si ritraevano
dolcemente, senza alcun suono. O magari si trattava di
una persona che camminava sulla spiaggia oppure di una
famiglia, o un cane. Altre volte, invece, vedevo solo un
viso, e anche se non avrei saputo dire di chi fosse, in
qualche modo mi pareva di riconoscerlo. Lo osservavo
fluttuare a mezzaria, i contorni pi o meno sfocati,
oppure muoversi da una parte allaltra. Spesso vedevo
un vecchio inquietante, che sogghignava dietro un
angolo. Mi piaceva quella sensazione. Era come aprire
una porta di cui nessun altro conosceva lesistenza ed
entrare in un posto segreto e meraviglioso. E sebbene
non riuscissi a comprenderlo, n a parteciparvi, era bello
lo stesso.
Lunico problema era che non avevo alcun controllo
su ci che accadeva. Ogni tanto, se mi concentravo,
riuscivo a far muovere il volto come volevo o a decidere
la velocit delle onde delloceano. Quello era il massimo,
era come girare un film nella mia testa e guardarlo allo
stesso tempo. Ma poi la faccia cominciava a cambiare
da sola, o spariva del tutto, e il mare si calmava anche se
io lo preferivo tempestoso: mi stavo concentrando
troppo o mi stavo per addormentare. Al risveglio non
riuscivo mai a ricordare i dettagli. Sapevo soltanto che
ero stata in un luogo che mi piaceva molto.
Lo chiamavo il mio Mondo di Mezzo e non vedevo
lora di andarci. In esso non cera nulla che riuscisse a
penetrare da altre zone della mia coscienza, del mio
essere reale. Il Mondo di Mezzo era isolato dal resto
delle esperienze quotidiane, quando la realt interferiva
non riuscivo a raggiungerlo. Dovevo rilassarmi
completamente, perdere ogni inibizione, rinchiudere me
stessa in un angolo della mente che si rifiutava di
interessarsi a quello che accadeva allesterno. Era
semplice dopo la chemio. Non volevo pensare pi a
niente.
Settembre pass, ed era gi met ottobre quando
cominciai a sentire la mancanza di Sam. Sapevo che
veniva a trovarmi come sempre, ma non riuscivo a
ricordare con chiarezza le sue visite. E sapevo che
continuava a chiamare, come anche linsegnante di turno
e le ragazze della compagnia di danza, perch la
segreteria telefonica registrava i loro messaggi. Quando
potevo li ascoltavo ma, a parte Sam, difficilmente
richiamavo. Non mimportava niente di chi stesse
uscendo con chi, o di quanto fosse complicato il test di
trigonometria o di chi fosse la protagonista dellultima
coreografia di Linda. Ed ero stanca di sentire sempre la
stessa domanda: Come ti senti?.
Alla vigilia di Halloween mi venne mal di gola. I miei
globuli bianchi ebbero un crollo e mi ritrovai di nuovo
nella mia stanza dospedale, collegata a una flebo di
antibiotico, ansiosa di rifugiarmi nel Mondo di Mezzo.
Ma fino a quando non mi fossi ristabilita, non potevo
riprendere la chemio, e cos ero bloccata nel mondo
reale. La notte di Halloween tutte le infermiere sfilarono
per le stanze travestite da streghe e mostri, distribuendo
caramelle senza zucchero e piccole lanterne di plastica a
forma di zucca. Il medico di turno pass per controllare
la flebo e per farmi le domande di routine. In tv
trasmettevano solo film dellorrore, cos provai a leggere
una rivista. Mi chiesi che aspetto avesse la mia sorellina
Rosie con indosso il costume di Biancaneve. Pensai alla
danza. Alla fine chiesi un sedativo e mi addormentai.
Il mattino dopo, quando mi svegliai, la dottoressa
Conner e i miei genitori erano nella stanza attigua alla mia
camera. Li udii parlottare e riconobbi il fruscio delle
radiografie sfilate da piccoli fermagli sul visore.
Portandomi appresso lasta della flebo, scivolai fuori dal
letto e sbirciai dentro. Su tre diversi schermi vidi la mia
schiena, la gamba sinistra e il bacino, mentre la
dottoressa Conner indicava delle macchie scure qua e l,
spiegando qualcosa a bassa voce. Loro erano immobili.
Laria era completamente ferma.
Mamma? chiamai, facendoli sobbalzare tutti e tre.
La Conner ripose in fretta le radiografie nella loro
enorme cartellina. Cosa state facendo? chiesi.
I miei genitori balbettarono qualcosa, ma la dottoressa
mi rispose con il suo solito tono asciutto. Stavamo
discutendo di una possibile nuova terapia. Sto pensando
a una combinazione di farmaci pi aggressiva. Credo
che
Il cancro si esteso.
Be, Julie, parliamo piuttosto del
Si esteso.
Julie, ascolta la dottoressa Conner intervenne mio
padre.
Lho visto, pap.
Avanti, tesoro Mia madre si avvicin e cerc di
ricondurre me e la mia flebo verso il letto. Io mi ritrassi e
li guardai uno per uno, soffermandomi sulla dottoressa.
Lei sostenne il mio sguardo.
Hai ragione, Julie ammise infine. C stata una
certa espansione. Per questo consigliata una nuova
terapia. Aspetteremo che i tuoi globuli bianchi si
ristabilizzino e poi
Okay, certo. Benissimo. Allimprovviso non volevo
ascoltare nientaltro. Mi voltai e tornai da sola in camera.
Tesoro, possiamo parlarne, se vuoi si offr mia
madre.
No, ho capito. Non c problema, davvero. Mi
arrampicai di nuovo sul materasso. Sentite, se non vi
dispiace, sarei un po stanca
Pochi minuti dopo se ne andarono e io accesi la
televisione. Cercai di liberare il cervello da ogni
pensiero. Lunica cosa che desideravo era
disinteressarmi della faccenda. Completamente.
Quando cominciai la nuova terapia, con un dosaggio pi
forte, scoprii di non avere scelta. Non potevo prendere
decisioni. Non avevo neanche la forza di pensare. I miei
capelli caddero di nuovo, ma ormai non mi importava
neanche pi di indossare la parrucca. Andavo alla seduta
di chemio, dormivo, mi svegliavo, avevo un giorno libero
o gi di l, e poi tornavo a fare la chemio. Smisi di
ascoltare i messaggi sulla segreteria. Smisi di
preoccuparmi della danza. Mi sforzavo di mangiare. Mi
sforzavo di parlare con la mia famiglia e con Sam,
quando veniva a trovarmi. Le volte che non riuscivo a
smettere di piangere, tentavo di lasciarmi andare e di
raggiungere il Mondo di Mezzo.
Un pomeriggio, Sam fece il suo ingresso nella mia stanza
tutta agghindata: era bellissima. Io invece ero appena
tornata dal mio universo parallelo e non ero sicura che
fosse reale. Poi parl.
Ehi, dormigliona, sveglia. Gemetti, mi tirai le coperte
sopra la testa e mi girai dallaltra parte. Avanti, non
puoi stare a letto tutto il giorno continu. ora di far
festa!
sveglia? chiese unaltra voce. Sembrava quella di
Brooke. Aprii gli occhi, ma non mi mossi.
Julie? Unaltra voce. Colleen? Cosa ci faceva qui?
Avanti, Jules lo so che ci senti! Sam mi tocc una
spalla. Io mi rincantucciai ancora di pi sotto le coperte.
Perch non aspettate tutte in soggiorno? sentii dire a
mia madre, che entr e chiuse la porta.
Sbucai da sotto le coperte e mi tirai su a sedere,
guardandola. Anche lei era elegante e aveva un sorriso
enorme stampato in faccia. Allimprovviso capii cosa
stava succedendo. il mio compleanno?
Certo, tesoro. Hai diciassette anni.
Mi passai una mano sulla testa. Una peluria irregolare,
lunga circa un centimetro la ricopriva. Perch non me
lhai detto?
Lho fatto, amore. Ne abbiamo parlato ieri sera.
Non me lo ricordo! mi lagnai, cominciando ad
agitarmi. Perch sono tutte qui?
Sammie ha organizzato una festicciola per te. Con
qualche amica.
Mandale via.
Tesoro
No! Non ho la parrucca. Non posso mangiare la
torta e non voglio che nessuno mi veda
Julie, calmati. Mia madre sedette accanto a me e mi
prese le mani.
Mandale via, mamma. Ti prego. Non voglio nessuno
qui. Okay? Per favore. Scoppiai a piangere e non mi
accorsi che proprio in quel momento Sammie si era
affacciata sulla porta.
Jules? Va tutto bene? chiese con dolcezza. Posso
entrare?
Mi nascosi contro la spalla di mia madre. No. Non ti
voglio. Vattene!
Ascoltami
No!
Potresti dire alle ragazze che rimandiamo la festa? le
domand mia madre. Sam non fiat e chiuse la porta in
silenzio.
Una sera o forse era pomeriggio? Mattina? Chiamai
qualcuno, ma poich nessuno rispose, uscii barcollando
per usare il bagno. Cerano Sam e mamma. Erano in
soggiorno, chiacchieravano davanti a un caff. Io rimasi
l in piedi, in un punto in cui avrebbero potuto facilmente
vedermi, se avessero alzato lo sguardo. Non lo fecero.
Sam stava mostrando a mia madre una serie di foto.
E qui c di nuovo Bruce indic nel suo look da
discoteca. Entrambe scoppiarono a ridere. Sembrava
tutto cos normale.
Sono andati a ballare al casin quasi tutte le sere.
E tu cosa hai fatto?
Me ne andavo in giro, facevo il bagno nella piscina
dellhotel. Non cera ancora abbastanza neve per sciare,
ma era divertente lo stesso. Sono contenta di esserci
andata. Tahoe molto bella in questo periodo
dellanno.
Mia madre prese unaltra foto. E questo chi ?
chiese con un sorrisetto, sollevando un sopracciglio.
Sam sembr imbarazzata. Oh. Questo Paul. Lho
conosciuto in albergo. Vive a San Francisco.
molto carino. Osserv un altro scatto. Oh, qui
davanti a casa vostra. Okay, signorina, dimmi la verit
state insieme?
No, non proprio. Forse un po. Insomma, ci stiamo
frequentando. Ma non sono innamorata, niente del
genere.
Be, sembra proprio un bel tipo. A tua madre
piace?
Credo di s. Chi pu dirlo? Non la vedo mai.
Gi, ha tanto da fare. Con tuo padre e il resto.
Forse. Sam mise da parte le foto e per un po
nessuna delle due apr bocca. Credi che Jules sia
sveglia? Non appena alzarono lo sguardo mi nascosi
dietro la parete.
Non lho sentita. Dorme parecchio con la nuova
terapia.
una cosa buona, no? Presto star meglio.
Gi.
Cadde di nuovo il silenzio, poi mi madre prese la
mano di Sam. stata dura, eh?
Sam annu e serr le labbra. Mia madre la circond
con un braccio, la guard con quella sua espressione
comprensiva e la strinse a s. Sam stava piangendo,
adesso, e mia madre le accarezzava i capelli. A stento
distinsi le sue parole quando finalmente riusc a parlare.
Non so cosa fare singhiozz. Jules mi manca ogni
minuto. Lestate gi stata abbastanza difficile, ma
almeno parlavamo. Adesso cos diversa.
Non pu farci nulla, Sammie. la chemio.
Oh, lo so. Lo so che non colpa sua. solo che
sembra cos lontana. Quando vengo a trovarla sempre
mezza addormentata. E non richiama nessuno. In pi
quando riesco a vederla faccio sempre la cosa
sbagliata. Mia madre le porse un fazzoletto e lei si
soffi il naso.
Non hai nulla da rimproverarti, Sammie.
S, certo. Come il giorno della festa di compleanno.
Che idea stupida.
No, non era stupida. solo che non si sentiva in
vena.
Forse. Ma sai una cosa? Credo che non voglia pi
vedermi. Ormai per lei sono uguale a tutti gli altri.
Questo non vero.
Per sembra cos. Certo, stare con Paul mi aiuta, ma
non la stessa cosa. Non mi conosce come Jules.
Sospir. Sembra andare tutto a rotoli. Sarebbe dovuta
venire a Tahoe con me. Abbiamo sempre festeggiato il
Ringraziamento insieme! E adesso come faccio a
comprare i regali di Natale? A cosa mi serviranno le
vacanze?
Mi appoggiai alla parete. Natale? Stava arrivando il
Natale?
La conosci. Crede ancora a Babbo Natale!
Laccenno di un sorriso comparve sulle labbra di Sam
mentre continuava ad asciugarsi le lacrime. Anche mia
madre sorrideva.
un po stravagante in questo periodo dellanno
comment mia madre.
Un po? come una bambina troppo cresciuta. Ho
cercato di spiegarlo a Paul. Tir su con il naso. Ti
ricordi quando avevamo dieci anni e lei ha trovato tutti
i regali? Ricordi come
Andai in bagno e poi tornai direttamente a letto. Le
sentivo ridere. Cercai di orientarmi. Stavo diventando
matta? O era colpa della chemio? Erano gi cominciate
le vacanze di Natale e io non sapevo nemmeno quando
fosse. Tra due giorni? Una settimana? O era gi
passato? Questo stupido cancro mi aveva tolto tutto
quello che avevo. E adesso aveva cancellato anche il
Natale? Mi stesi sul letto, esausta. Mi addormentai
sentendo le lacrime che scorrevano lungo le guance.
Come se non bastasse, alle tre del mattino mi svegliai
quattro giorni prima di Natale, scoprii in seguito con
quaranta di febbre. I miei telefonarono subito alla
dottoressa Conner, mi infagottarono per bene,
chiamarono mia nonna perch venisse a occuparsi di
Rosie, e mi trasportarono al Campton Medical, che gi
deliravo. Lo shunt mi aveva procurato uninfezione nel
sangue. Trascorsi i giorni successivi attaccata a una flebo
mentre fiumi di antibiotici si riversavano nel mio corpo.
La Vigilia trascorse in un lampo. E cos il Natale. Ero
in uno stato di dormiveglia costante, ma gli antibiotici
fecero il loro lavoro e la febbre pian piano spar. Mi
sentivo prosciugata, impotente e frustrata. I miei genitori
si comportavano come se andasse tutto alla perfezione.
Passeremo il Natale qui annunci mia madre. Sar
divertente. Poi port le decorazioni e i regali. Appese
alla porta un enorme Babbo Natale e infine allest un
piccolo albero di plastica decorato da minuscole lucine
bianche lampeggianti. Ogni volta che mi svegliavo lo
vedevo ammiccare.
Era orribile. Tutti sorridevano troppo. Io fingevo di
non badarci. Loro fingevano che fossi qualcosa di pi
che un bozzolo imbronciato e irritato, nascosto tra le
lenzuola. Tutti quanti fingemmo di non aver sentito
quando Rosie, mettendosi le mani sui fianchi, esclam:
Che assurdit. Avresti dovuto passare il Natale a
casa.
Sam

Due giorni prima di Natale, mentre ero indaffarata nei


preparativi per la vacanza sulla neve con mio padre a
Heavenly Valley, lui mi chiam.
Ciao, tesoro.
Ciao pap. Quando arrivi? Ho quasi finito di fare le
valigie.
Be, vedi, in realt ti ho chiamato per questo.
Lo sapevo. Cio?
Monica ha preso un brutto virus. Ruthie preferirebbe
che io rimanessi a casa con loro.
Ma pap, da un mese che abbiamo in programma
questo viaggio.
Lo so, amore, e non potrei essere pi dispiaciuto.
Ma queste cose capitano. So che sei abbastanza matura
per capire. Ci saranno altre occasioni.
Ovviamente, poich quel pomeriggio eravamo
daccordo che sarebbe venuto a prendermi pap, mia
madre era gi partita con Bruce per trascorrere la
settimana di Natale a Tahoe. Paul era andato a trovare
suo padre a Los Angeles. Telefonai a casa di Jules. Mi
rispose Sandra.
Mi dispiace, tesoro stata ricoverata al Campton
e ci rester per qualche giorno. Probabilmente passer il
Natale l. Unaltra infezione.
Oh, mi dispiace.
S, anche a me. Stavamo proprio per andare a
trovarla.
Be, salutala da parte mia.
Certo. Perch non provi a chiamarla tra qualche
giorno? Sono certa che sarebbe felice di sentirti.
Io non ne ero cos sicura. Dopo il fiasco della festa di
compleanno, avevo visto parecchie volte Sandra, ma
non ero pi riuscita a parlare con Julie. Quando
riattaccai mi chiesi come mai non mi avesse chiesto di
andare con loro. Poi riflettei che era meglio cos. Non
avevo voglia di passare tutto il Natale pensando al
cancro. Chiamai Paul a Los Angeles, ma non rispose
nessuno. Pensai di andare a trovare mio padre, ma con
Monica malata Ruthie sarebbe stata pi intrattabile del
solito. Dopo essermi annoiata davanti alla tv, aver
vagato per casa senza meta e ordinato una pizza, presa
dalla disperazione telefonai a Brooke. Era a casa dei
suoi genitori a Sausalito.
Vieni qui mi disse ridendo. Porta la tua roba e
fermati per la settimana. Siamo tutte qui!
I giorni successivi furono uno spasso. Cerano anche
Thea e Colleen, perch la villa dei genitori di Brooke era
davvero enorme e loro non erano per niente invadenti.
La Vigilia ci sedemmo in terrazza a guardare le luci della
citt bevendo del vino speziato. Il giorno di Natale i
genitori di Brooke regalarono qualcosa a ciascuna di noi.
Erano mesi che non mi divertivo cos. Avevo
completamente dimenticato la delusione per mio padre.
Paul non mi mancava affatto. Pensai poco o niente a
Jules e non mi sfior neanche lidea di chiamarla per
augurarle buon Natale.
Quella sera ricevetti una telefonata di mia madre.
Brooke mi porse il cordless alzando gli occhi al cielo. Io
le indicai che avrei risposto nella sua stanza e aspettai
che lei mettesse gi la cornetta prima di dire pronto.
Dove diavolo sei? chiese mia mamma. Brooke
soffoc una risatina.
Mmm a casa di Brooke. Non hai chiamato tu?
Riuscii a stento a finire la frase. Brooke era sdraiata sul
pavimento dal ridere.
Tuo padre ha telefonato laltra sera per augurarti
buon Natale. Pensavo che avresti passato le vacanze
con lui.
Anchio. Peccato mi abbia tirato un bidone.
Be, io stavo per impazzire. Brooke faceva strani
versi e io le lanciai unocchiata minacciosa. Avresti
almeno potuto lasciare un biglietto.
Ma non dovevi tornare domani?
Non fare la furbetta con me, signorina. Sono stata
sveglia tutta la notte per la preoccupazione. Brooke
fece una smorfia come a dire: S, come no.
Okay. Vuoi che torni a casa?
Sinceramente a questo punto non mimporta pi di
quello che fai. Mi sbatt la cornetta in faccia e io fissai
la mia amica, senza parole.
Non so cosa dirti esclam lei. tua mamma.
Sar meglio che vada.
Presi la mia roba e unora dopo ero a casa. Cera
anche Bruce, che fingeva di non accorgersi del
comportamento sostenuto di mia madre. Ci sedemmo a
chiacchierare sul divano del soggiorno mentre lei se ne
stava in camera sua a prepararsi, facendo pi baccano
del necessario.
Allora, dov quel tuo nuovo ragazzo tanto
simpatico? mi chiese.
A casa di suo padre.
Oh, che peccato. Scommetto che ti manca, eh? Era
vero, ora che mi ci faceva pensare. Sarebbe stato bello
starsene seduta sul divano insieme a lui anzich con
Bruce. Tutta lallegria dei giorni prima mi stava
lentamente abbandonando.
E come sta la tua amica malata di cancro?
in ospedale da qualche giorno.
Oh, Dio, mi dispiace.
Mia madre non riusc a trattenersi. Immagino che tu
non abbia chiamato neppure lei, vero? strill dalla sua
camera.
Tutto ci a cui stavo cercando di non pensare mi
croll addosso di colpo. Borbottai una scusa tipo che
dovevo lavarmi le mani e mi congedai. Dalla mia stanza,
provai a chiamare di nuovo Paul a Los Angeles. Questa
volta rispose.
Mi sei mancata! fu la prima cosa che disse.
proprio una palla, qui.
Anche qui.
Mi stai chiamando da casa?
Gi. E mia mamma si comporta da stronza.
Proprio in quel momento lei si affacci nella mia
stanza.
Stiamo uscendo disse. Se hai bisogno di qualcosa
ci trovi da Marin Joes.
Divertitevi risposi.
Stai parlando con Julie? chiese.
No. Paul.
Si accigli, scosse la testa e chiuse la porta. Io e Paul
parlammo al telefono per almeno unora, di nulla in
particolare, ma dopo mi sentii pi rilassata e riuscii ad
addormentarmi. Quando mi svegliai, intorno alle due, le
luci in soggiorno erano accese. Mia madre non era
ancora tornata. La casa sembrava pi vuota che mai.
Pensai a Jules. Mi mancava davvero.
Il mattino dopo uscii prima che mia madre si svegliasse e
andai al Campton Medical.
Mi dispiace, su Julie Michaels stata posta una
restrizione: solo i familiari possono venire a trovarla mi
spieg una giovane e paffuta infermiera.
Lo so risposi. Sono la sorella.
Lei mi squadr da capo a piedi e scosse la testa.
Temo non ci siano sorelle nellelenco che ho qui disse
controllando un fascicolo e lanciandomi uno sguardo del
tipo chi credi di prendere in giro?.
Tornai alla macchina, salii a bordo, accesi il motore e
di colpo la rabbia mi assal: feci dietrofront e tornai dritta
al piano di Jules. Questa volta aspettai accanto
allascensore dei pazienti finch linfermiera al bancone
non and a rispondere a una chiamata. Quindi girai
langolo furtiva e mi infilai nella stanza di Jules senza
bussare. Se ne stava tutta raggomitolata su se stessa, la
faccia rivolta al muro.
Mi chiesi se avrei dovuto svegliarla. Ehi, stai
dormendo? sussurrai. Lei non si mosse. Stavo quasi
per andarmene quando si gir a guardarmi. Per un
attimo ci fissammo in silenzio. Sembrava molto pi
sciupata del solito. Poi mi sorrise e io mi avvicinai al
letto, esitante.
Ciao tent di dirmi leccandosi le labbra. Erano
piuttosto screpolate. Buon Natale.
Anche a te. Come ti senti?
Bene, credo. Linfezione passata. Tu come stai?
Bene.
Lei annu. Come sono andate le vacanze?
Scrollai le spalle. Niente di che. Per un po nessuna
delle due parl.
Era difficile guardarla negli occhi. Mi sentivo come
rimpicciolire.
Non pensavo che saresti venuta.
Sorrisi. Be, volevo farlo mentii ma hanno messo
questa restrizione sulle visite. Sono dovuta entrare di
nascosto.
Sono contenta che tu labbia fatto.
Allora, hai passato un bel Natale? continuai a
blaterare.
Certo, stato favoloso. Ignorai il sarcasmo nella
sua voce. I miei genitori mi sono stati sempre intorno e
hanno sorriso un sacco.
Ehi, carino quello dissi notando lalberello di Natale.
Gi, gli alberi di plastica sono i miei preferiti.
Be, almeno hanno provato a renderti la giornata
piacevole replicai. Lei batt le palpebre un paio volte.
Immagino di s rispose con un filo di voce, girandosi
un poco. Il silenzio che segu divenne presto
imbarazzante. Di colpo mi sentii afferrare dallirritazione.
Be, non preoccuparti presto tornerai a casa.
Ci vorranno ancora due giorni, forse.
Ehi, sar meglio che vada prima che mi becchino.
Buon Natale. Mi chinai su di lei e le sfiorai la guancia
con le labbra, poi andai verso la porta. Ti chiamo
quando ti dimettono. Okay?
Non so se mi rispose. Uscii in fretta dalla stanza per
non farmi sfuggire qualche parola di troppo. Miss
Infermiera Paffutella mi vide accanto alla porta, ma
riuscii a raggiungere lascensore prima che potesse dirmi
qualcosa. Attraversai latrio di corsa e mi rifugiai in
macchina cercando di calmarmi. Jules era
completamente cambiata. Si comportava come se fosse
lunica persona al mondo ad avere dei problemi. Chiaro
che non doveva esserle piaciuto trascorrere il Natale in
ospedale, ma almeno i suoi genitori le erano rimasti
accanto. Almeno avevano provato a tirar fuori il meglio
da una brutta situazione.
Quando Jules usc dallospedale, Paul era gi tornato e
avevamo cominciato a vederci un po pi spesso.
Pensavo a lei, ma non trovavo mai loccasione per
chiamarla. A capodanno io e lui andammo a una festa a
Larkspur, poi facemmo un giro lungo la costa e a un
certo punto decidemmo di fermarci. Presto la macchina
fu avvolta dalla nebbia e di colpo di ritrovammo come
sospesi nel nulla, in una bolla di fumo color bianco
sporco. Mi appoggiai alla portiera. Lui mise su una
canzone lenta e mi prese la mano. Capii che stava per
baciarmi, e quando lo fece Jules si affacci alla mia
mente. La scacciai. Le linee del telefono funzionano in
entrambi i sensi. Se voleva restare in contatto con me
poteva benissimo chiamarmi lei.
Due settimane dopo, una domenica, squill il telefono.
Non erano neanche le sette del mattino quando mia
madre rispose ed entr nella mia stanza sbraitando.
Non so chi sia, ma di ai tuoi maledetti amici di
comprarsi un orologio e non me ne frega niente se
unemergenza! Continuando a brontolare, mi pass il
cordless e se ne and sbattendo la porta.
onto, chi ? borbottai ancora mezza addormentata.
Sammie, sono Sandra. Scusami se ti chiamo a
questora. Sono stata in piedi con Jules tutta la notte
e
Mi svegliai dun colpo. Il mio corpo sembrava essere
andato in tilt. Sentivo caldo, poi freddo, poi ero come
intorpidita. Cominciai a sudare, sulla fronte, le mani, le
ascelle. Il mio respiro si fece affannoso, il cuore mi sal in
gola. Quasi non riuscivo ad ascoltare.
Non so cosa fare. Non riesco a parlarle; non mi
ascolta
Sandra, lei sta cio, sta bene?
Ci fu una pausa, poi una risatina.
Oh, tesoro, scusami. S, sta bene. Non voglio dire
che no, no, sta bene.
Mi rilassai e scossi la testa, sollevata. Qualunque fosse
il problema non era LUI. Fino a quel momento non mi
ero resa conto di quanto mi facesse paura. Ma adesso
era tutto a posto, potevo scacciare quel pensiero.
Sandra continu.
solo che si messa in testa una cosa e non vuole
ascoltarci. William non ne pu pi. Potresti venire qui?
Ho bisogno di qualcuno che riesca a farla ragionare.
Di che si tratta? Cosa sta facendo?
Insiste a dire che non vuole pi fare la chemio.
irremovibile. Niente di ci che le diciamo sembra
scuoterla. Sospir: Sammie, la sua unica speranza
lunica soluzione che i medici conoscono e.
Arrivo subito. Per non sono affatto convinta che
vorr ascoltarmi. Cio
Lo so. Natale stato un momento difficile per tutti
noi. Ma sei ancora la sua migliore amica, sai? (Non ne
ero tanto certa). Vuoi che parli con tua madre? Non
credo sia stata molto felice di ricevere una telefonata a
questora.
Mi venne da ridere. No. Non c problema. Arrivo.
I Michaels non avevano vicini mattinieri. Alle sette e
mezzo la casa di Jules era lunica con le luci accese.
Faceva freddo, la nebbia era bassa e densa e la casa
sembrava un rifugio caldo, sicuro e felice. Bussai alla
porta. William venne ad aprirmi.
Grazie per essere qui, Sammie esord prendendo il
mio cappotto. Ci dispiace averti disturbato a
questora.
Nessun problema.
Sono in soggiorno. Mi fece un cenno indicandomi la
sala a fianco, poi si mise un dito sulle labbra e mi spieg:
Rosie sta ancora dormendo.
Quando entrai mi resi immediatamente conto che
cera qualcosa di diverso in Jules. E non solo perch non
si era presa la briga di coprirsi la testa con la sciarpa. Mi
ero abituata ormai. Era una sensazione nuova, una
specie di energia. Mi era del tutto estranea e allo stesso
tempo familiare. Era molto tempo che non la vedevo
cos. Aveva gli occhi brillanti, il corpo dritto e fiero, teso
e pronto a combattere. Evidentemente se lo stava
godendo, quel confronto. Sapeva di aver messo al
tappeto i suoi genitori.
Avete chiamato rinforzi, eh? prese in giro i suoi,
rivolgendomi un sorriso. Le sorrisi anchio, un po
incerta.
Sandra mi port una tazza di caff. Mi sedetti
dallaltro capo del divano, di fronte a Jules. I nostri
sguardi si incrociarono e lei mi strizz locchio. Il mio
sorriso si allarg.
Ieri sera, verso le dieci mi spieg Sandra questa
giovane donna ha annunciato a me e suo padre che
stanca di questo schifo, credo che la questione si possa
riassumere pi o meno cos, informandoci che non vuole
pi continuare. Punto. Fine della storia.
La chemio? domandai.
La cazzo di chemio come la definisce lei.
Oh. Appena udimmo quella parola in bocca a
Sandra, io e Jules ci guardammo, cercando di non
scoppiare a ridere.
Lei e William si scambiarono unocchiata. Quando
riuscimmo a ricomporci, Sandra continu.
Dunque, come ti spiegavo al telefono, e come Julie
sa molto bene, la chemio lunica terapia possibile per il
linfoma
Non vero replic Jules sommessa.
e la dottoressa Conner fermamente convinta
che questa sia la strada migliore da seguire concluse
Sandra.
Per prima cosa, disse Jules ti sbagli. E anche la
dottoressa Conner. Ci sono mille modi per curare il
cancro. Lei conosce solo le terapie tradizionali.
Senti, Julie, intervenne William se stai pensando a
quelle cure assurde che fanno in Messico, te lho gi
detto, sar meglio che te le scordi. Sono sciocchezze. Si
prendono i tuoi soldi e in cambio ti danno solo false
speranze. Non funzionano.
Che c, hai visto un documentario sullargomento
per caso? ribatt sarcastica Jules.
Non usare quel tono con me, signorina scatt lui.
Non ricominciamo, daccordo? li interruppe
Sandra. Cadde il silenzio. Io abbassai gli occhi sul
pavimento. Mi ritrovavo nel bel mezzo di una lite
familiare e non volevo che mi venisse chiesto di
intervenire. Perlomeno fino a quando non ne avessi
saputo di pi. Jules si strinse nellaccappatoio e quando
parl la sua voce era bassa e potente, come quella di
sua madre.
Se volete che torni a fare la chemio, dovrete
trascinarmi. Non ci andr di mia volont. Non vi do il
mio permesso.
Non abbiamo bisogno del tuo permesso. Non sei
ancora maggiorenne. William era deciso a far valere la
sua autorit paterna e non riusciva a mollare.
Perfetto. Allora vedi di procurarti una camicia di
forza o qualunque altra cosa possa servire e prova a
mettermela addosso entro marted. Perch lunico
modo in cui riuscirai a portarmi alla seduta.
Julie, ti prego la supplic Sandra.
E tu farai meglio a chiedere alla dottoressa Conner
qualche pillola per tramortirmi. Ho chiuso con questa
storia. Nessuno introdurr pi niente nel mio corpo se
non lo voglio io, e io non voglio pi fare la chemio.
Juliana! William stava cominciando ad arrabbiarsi
sul serio. Sandra gli poggi una mano sul braccio, ma lui
si divincol, scuotendo la testa frustrato. Non avevo idea
di cosa fare o dire, ma soprattutto non sapevo da che
parte stare. Nella stanza cal una quiete irreale e
nessuno riusciva guardare in faccia laltro. Infine Julie
ruppe il silenzio, addolcendo i toni.
Pap, tu non capisci. Nessuno di voi pu riuscirci.
Sono io quella che sta perennemente attaccata a quella
flebo. Sono io che mi sento sempre uno schifo, che non
riesco a fare pi niente se non stare male e dormire
per poi ricominciare da capo.
Hai ragione ammise Sandra. Non possiamo capirti,
non siamo in grado di farlo. Sappiamo che una
situazione difficile, orribile. E sappiamo quanto sei stata
coraggiosa ad affrontarla.
Jules sospir e alz la mano.
Fermati, ti prego. Non mi stai nemmeno ascoltando.
Io non sono coraggiosa. Io non sono un bel niente. Se lo
fossi avrei mollato tutto parecchio tempo fa. Solo che
andare avanti era pi facile. Non sapevo cosa fare, cos
mi sono messa nelle mani della dottoressa Conner. Be,
credo che neanche lei sappia pi cosa fare. Perch
adesso sono capace di leggere quelle ecografie proprio
quanto lei e so che non sto migliorando.
Guardai Sandra e William. Non dissero una parola.
Bastava guardarli in faccia per capire che era vero. Mi
voltai di nuovo verso Jules. Di colpo mi resi conto che
forse non la conoscevo poi cos bene. Era davvero la
mia Unica e Sola? La stessa persona che aveva pianto
sulla spiaggia per uno stupido ragazzo? Non sembrava
affatto.
William cerc di mantenere la calma. Lunica
persona in grado di leggere correttamente quelle
ecografie un medico.
Stronzate ribatt Jules altrettanto calma. Persino
unidiota sarebbe capace di capire che le aree scure si
sono allargate. E se ne sono aggiunte altre qui e
qui disse toccandosi la testa e il petto. Quindi puoi
incavolarti quanto vuoi pap, ma non servir a niente.
William sembrava sul punto di esplodere. Sandra
aveva cominciato a piangere in silenzio, cercando di
ricacciare indietro le lacrime. Mi sentivo smarrita, cos mi
limitai a introdurmi nella conversazione.
Allora cosa vuoi fare? le chiesi.
Trovare un altro tipo di cura.
Tua madre dice che non ce ne sono altre.
Forse non nella medicina tradizionale. Ma un
mucchio di persone sono guarite dal cancro senza
farmaci. Esistono molte soluzioni alternative alla
chemioterapia. E voglio scoprire quali sono.
E se non dovesse funzionare nulla?
Allora, torner a questo rispose sfiorando lo shunt
sul petto. Ma non ora. Guard suo padre. A meno
che, naturalmente, non vogliano legarmi.
Credo che sia davvero decisa mi rivolsi a Sandra e
lei annu.
Forse prima dovremmo parlarne con la dottoressa
Conner aggiunse William.
Parla quanto vuoi gli disse Jules. Non cambier
idea. Si lasci ricadere indietro, gli occhi fissi davanti a
s. I suoi genitori erano sconcertati e potevo capirli
benissimo. Ma Jules aveva ragione: noi non eravamo
costretti a infilarci aghi nelle braccia. Non ci sentivamo
uno schifo tutto il tempo. Anche se eravamo preoccupati
per lei, le nostre vite continuavano a scorrere come
sempre. Respirai a fondo. Tutta la rabbia che avevo
provato, tutti i pensieri inutili che mi avevano assillato,
svanirono di colpo. Era lei, la mia Unica e Sola.
La scrutai con attenzione. La sua testa calva faceva
parte di lei, ormai. Definiva i suoi lineamenti, le rendeva
gli occhi pi grandi, pi scuri, pi adulti. Non aveva un
filo di grasso addosso: era come se si fosse spogliata di
un involucro esterno e di lei fosse rimasto solo
lessenziale. Doveva sentirsi molto debole. Aveva fatto
una seduta di chemio gioved, dormito per gran parte del
venerd e poi era rimasta sveglia tutta la notte.
Eppure, non avrei mai avuto il coraggio di stuzzicare
lira di quella ragazza, neanche se mi avessero pagato a
peso doro. Per lo meno non in quel momento. Era fin
troppo determinata, era carica di forza. Nonostante
quellaspetto fragile e minuto, ero certa che sarebbe
riuscita a fare qualunque cosa. In quel momento mi
guard e la riconobbi immediatamente. Non so neanche
spiegarmi il perch. Ci sorridemmo e io le presi la mano.
Il mondo, docile, torn subito al suo posto.
Julie

Avreste dovuto sentire la dottoressa Conner come rugg


quando le comunicai la mia decisione. Cio, ruggiva per
davvero. Io e mia madre rimanemmo inchiodate alle
nostre sedie senza sapere dove guardare. Mio padre era
rimasto a casa con Rosie. Uninfermiera di passaggio,
infastidita da quel chiasso, chiuse la porta dello studio.
Nulla sembr scalfire la collera della dottoressa che
continu a sbraitare.
In tutta la mia vita non ho mai sentito nulla di pi
irresponsabile ci rimprover. Forse non capite quello
che state dicendo. Forse avete limpressione che stiamo
qui a perder tempo. Che facciamo le terapie per
divertimento. Ma cosa vi salta in mente? Mi lanci
unocchiataccia e scosse la testa. Come ti venuta in
mente una cosa tanto stupida?
Basta cos la interruppe mia mamma con fermezza.
Mi dispiace si scus immediatamente lei, tornando a
sedersi dietro la sua scrivania nel lento tentativo di
ricomporsi. Ho esagerato.
Decisamente.
La Conner tacque, soppesando la risposta di mia
madre. Lei mi prese la mano.
Temo che voi non vi rendiate conto delle
conseguenze della vostra scelta prosegu
ammorbidendo i toni.
Io credo di s.
Forse non abbastanza.
Dottoressa Conner, sono fermamente convinta che
questa sia una decisione che spetta alla nostra famiglia.
Apprezzo i suoi consigli. Mi rendo conto dellenergia e
del lavoro che ha speso per noi, cio, per il nostro caso,
e gliene sono grata.
Signora Michaels, non una decisione da prendere
alla leggera.
Questo lo sappiamo.
Se Julie interrompe la chemioterapia, nulla potr
impedire il propagarsi del cancro.
Lo comprendiamo.
Non mi pare proprio. Se il cancro si propaga
Dottoressa Conner la incalz di nuovo mia madre.
Questa conversazione chiusa. Si alz in piedi e io le
andai dietro. Lei ci segu.
Molto bene rispose tendendo la mano alla mamma
che la strinse. Rimasero un istante immobili cos. Mi
terrete al corrente? chiese la dottoressa. Mi farete
sapere come sta Julie?
Se le fa piacere.
Lo apprezzerei.
Va bene.
Dovr continuare a venire qui per i controlli.
Lo far.
Allora magari ci vedremo in quelle occasioni.
Pensavo che la Conner avrebbe detto qualche altra
cosa, del tipo auguri o vi penser, ma rimase l
impalata, come un soldato sconfitto. Uscimmo e ci
chiudemmo piano la porta alle spalle.
Una volta in macchina mia madre cominci a piangere.
Non era un pianto vero e proprio: piangeva solo di
notte, quando mio padre non cera o pensava che
nessuno la sentisse. Ultimamente era successo diverse
volte, quando pap e Rosie erano fuori e lei credeva che
io stessi dormendo per via della chemio. Ma questo era
diverso. Era un pianto alla Sandra. Molti non se ne
sarebbero neanche accorti. Il suo viso si faceva cupo,
come velato da unombra, le labbra serrate. Gli occhi si
riempivano di lacrime. Ma il vero indizio era la voce.
Diventava roca e sommessa, al limite delle sue
possibilit. Riuscii a stento a sentirla.
Spero proprio di star facendo la cosa giusta disse.
Anchio, pensai. Anchio.
buffo come i miei genitori, Sam e specialmente la
dottoressa Conner pensassero che la mia decisione di
interrompere la chemio fosse stata semplice o impulsiva.
Come se un bel giorno mi fossi svegliata dicendo: Ehi,
ne ho abbastanza, ragazzi. Si cambia. La verit era che
non avevo pensato ad altro durante tutta la settimana di
Natale trascorsa in ospedale. In quei pochi momenti in
cui riuscivo a pensare, pensavo a quello. Tutto era
cominciato dopo la visita di Sam. Quella notte avevo
pianto fino a sfinirmi. La mattina dopo, per la prima
volta, mi ritrovai nel Mondo di Mezzo. Ero ancora nel
dormiveglia e accanto a me cera il vecchio dallaspetto
inquietante. Rimasi l con lui pi a lungo che potei.
Avevo ancora gli occhi chiusi quando mia madre si
affacci sulla porta, pochi minuti dopo. Mi osserv per
qualche istante, poi sussurr: Julie? Sei sveglia,
tesoro?.
Non le risposi e lei and via: torn dopo un quarto
dora o gi di l. Avevo bisogno di stare da sola, senza
dover fare ogni volta linventario di come mi sentivo o
decidere cosa sarei stata in grado di mangiare. Era
quello il mio lavoro. Ero occupata con la realt.
Sapevo di essere perfettamente sveglia, e che
qualcosa, in quellaltro mondo, si era riscosso insieme a
me. Mai nella mia vita ero riuscita a sentire me stessa in
modo tanto completo. Me stessa. Un insieme di
sentimenti, pensieri, desideri, speranze, obiettivi un
guazzabuglio di felicit e tristezza, di rabbia e
disperazione di gelosia e saggezza, ignoranza e
consapevolezza. Tutto allinterno di un corpo che avevo
sempre dato per scontato, un corpo che era stato
capace di correre e danzare senza sforzo. Diretto da una
mente che riusciva senza difficolt a essere leggera e
ironica, ma anche seria e profonda. Apparteneva a una
persona che si svegliava tutti i giorni e viveva senza
dover esaminare nel dettaglio ogni sua azione. Quella me
stessa esisteva e basta. Non sapevo perch, non me
lero mai chiesto. E non sapevo esattamente chi fosse.
Adesso, pensieri su cui non mi ero mai soffermata si
affacciavano spontanei alla mia mente, e sentimenti di cui
avevo sempre avuto paura mi si paravano davanti. Fino
a quel momento non ero mai stata capace di vedermi in
modo cos pieno e rivelatore. Provavo la stessa
fascinazione che certa gente avverte davanti a un grave
incidente automobilistico. Era terrificante e, allo stesso
tempo, irresistibile.
Come se una lampadina si fosse accesa dentro la mia
testa, mi resi conto che quello che in realt avevo fatto
negli ultimi sei mesi e mezzo, da quando la dottoressa
Conner mi aveva diagnosticato il cancro, era ignorarlo.
Non era stato difficile. Fare la chemio, stare in
ospedale era come essere su un palcoscenico. Tutto
ci che dovevo fare era comparire al momento
opportuno e sdraiarmi (in realt a me toccava solo
sdraiarmi, i miei dovevano occuparsi della mia entrata in
scena). Ciascuno aveva un ruolo e diceva la sua battuta
al momento giusto. Le infermiere erano comprensive e
rassicuranti o professionali e distaccate. Gli inservienti
scherzavano con me o mi ignoravano del tutto. I miei
genitori cercavano di trovare un equilibrio tra quello che
provavano e quello che dovevano dimostrare per
aiutarmi a mantenere la calma. E gli amici avevano il
compito di mostrarsi carini tranne Sam, ovviamente
o sconcertati e confusi. Io me ne stavo seduta al
centro del palco e proseguivo il mio viaggio.
Cosaltro puoi fare quando un medico ti diagnostica il
cancro? Fai quello che ti dice. Lui sa cosa deve fare, lo
paghiamo per questo, noi non abbiamo studiato
medicina. E poi ero spaventata. Aver trovato qualcuno
che mi indicava una linea dazione sembrava quasi una
fortuna, soprattutto dopo tutti quegli specialisti che non
avevano idea di cosa mi stesse accadendo. Infine,
quando inizia la terapia, talmente orribile che
naturalmente dai per scontato che funzioni.
Purtroppo gi da qualche settimana mi ero convinta
che quella super-chemio non stesse agendo come la
dottoressa Conner sperava. Certo, sapevo che per altre
persone aveva funzionato. Le avevo conosciute. Ma
quelle macchie nere sulle mie ecografie non sembravano
affatto rimpicciolirsi. Inoltre io avevo cominciato gi al
quarto stadio, e tutti i libri che mia madre si era
procurata in biblioteca (e che aveva nascosto con cura
per non farmeli vedere) concordavano nellaffermare che
passato il secondo stadio le possibilit di successo si
riducevano drasticamente.
Era molto strano dover ammettere di non avere pi il
controllo della mia vita. Per quanto credessi nella volont
della dottoressa Conner di curarmi, mi chiedevo se quel
desiderio avesse davvero qualcosa a che fare con me.
Era possibile prendersi a cuore il caso di ogni ragazzino,
o era solo unaltra battaglia in una guerra globale? E se
nessuna cura avesse funzionato? Il cancro sarebbe
rimasto dentro di me.
Nessun viaggio poteva essere pi solitario di quello,
pensai, e a quel punto tutto il mio corpo sembr
ribellarsi. Le mie orecchie divennero sorde, gli occhi
pulsavano, la gola sembrava imbottita di cotone. Sentivo
il sangue scorrere rapido nella mia testa. Va avanti , mi
dissi. Non puoi essere arrivata fin qua solo per tirarti
indietro adesso. Dillo.
DILLO.
Se il cancro fosse rimasto dentro di me, e nessuna
cura avesse funzionato, ALLORA SAREI MORTA.
Improvvisamente la stanza dospedale scomparve e
mi ritrovai avvolta dalle nuvole, in una quiete assoluta.
Percepivo tutto e nulla, ma non potevo n parlare, n
vedere n sentire. Dovevo essere svenuta perch un
attimo dopo mi ritrovai seduta sul letto, zuppa di sudore.
Tremavo di freddo, eppure unincredibile calma era
scesa dentro di me.
Il pensiero torn. Feci un passo indietro per guardarlo
meglio, questa volta. Dovevo farlo, pur sapendo, con
una certezza che non avevo mai sperimentato prima, che
quella che stavo contemplando era la mia morte. La mia
stessa morte. E una frazione di secondo dopo, capii che
questo significava allo stesso tempo contemplare la mia
vita. Non puoi pensare queste cose, mi disse una voce.
Sei solo una ragazzina. Scoppiai a ridere. Non ho
scelta, risposi. la mia vita. La mia morte. Me
stessa. La mia decisione.
Quello fu solo linizio. Quando mi dimisero
dallospedale, ci vollero altre due settimane, con le
poche forze che mi rimanevano tra una seduta di chemio
e laltra, perch riuscissi a confrontarmi di nuovo con me
stessa con totale sincerit. Ripresi i libri di mia madre.
Qualcuno aveva sottolineato diversi passaggi sulla
guarigione olistica. Mi chiesi se fosse stata lei e se stesse
cominciando a mettere in discussione le terapie e i
medici.
Lultima seduta a cui mi sottoposi, prima di parlare ai
miei della decisione di mollare tutto, fu particolarmente
dura. Non avevo voglia di andarci. Feci i capricci per
alzarmi dal letto, ci misi un secolo a vestirmi. Non parlai
con le infermiere n con gli altri pazienti. Rimasi stesa l,
apparentemente inerte, quando dentro di me combattevo
contro lago, i farmaci, la nausea e la stanchezza. Non
serv che a peggiorare le cose. Al ritorno, in macchina,
piansi tutto il tempo.
Ti senti male, tesoro? domand mia madre.
No risposi irritata.
Qualcuno ti ha detto qualcosa di spiacevole?
No.
Be, allora dimmi
Lasciami in pace, okay? scattai. Non era strano che
reagissi cos dopo la chemio, quindi non ci fece troppo
caso. Ma io s. Mi sentivo ancora pi in collera con me
stessa per averle urlato contro. Avrei voluto scusarmi
per non avevo la forza di pronunciare le parole. Mentre
me ne stavo stravaccata contro lo sportello della
macchina guardandola guidare, mi resi conto che anche
lei era allo stremo, proprio come me. Eppure non
gridava mai, n si comportava male, n cercava di
scaricare la tensione su di me, Rosie o pap. Si alzava
sempre in piena notte ogni volta che avevo bisogno di
lei, e non si lamentava. Mi teneva stretta quando
piangevo, mi calmava quando ero furiosa. Si occupava
di tutte le mie esigenze senza chiedere nulla in cambio.
Le volevo tanto bene, e lei non lo sapeva nemmeno. I
farmaci mi rendevano inabile. Sapevo che avrei dovuto
dire qualcosa, sapevo quello che aveva bisogno di
sentirsi dire, ma non riuscivo a concentrarmi abbastanza
per dirlo. La mia vita continuava a scorrere senza che io
vi prendessi parte.
Sospirai e smisi di combattere contro la stanchezza.
Quando arrivai a casa, diedi un bacio a mia madre e
labbracciai forte, prima di stendermi. Persi conoscenza
quasi immediatamente e prima di raggiungere il Mondo
di Mezzo, ne ero gi certa: quella sarebbe stata lultima
volta. Avevo chiuso con la chemio. Da quel momento in
poi la mia vita sarebbe appartenuta di nuovo a me.
Parte terza
Sam

Jules era tornata. Era tornata davvero. Erano passate


solo tre settimane dalla sera in cui aveva proclamato la
sua indipendenza dai farmaci e appena due giorni da
quando lei e sua madre erano andate al centro di cure
olistiche. Ma aveva gi ricominciato a comportarsi come
un tempo. Indossava ancora la parrucca, per sotto
aveva almeno un paio di centimetri di ricrescita e aveva
proprio un bellaspetto. Sembrava una modella francese
con quellacconciatura allavanguardia e il fisico
asciuttissimo. Certo, si lamentava di non avere pi seno,
ma sai che novit. Si sentiva pi forte, era presente a se
stessa e non dormiva pi tutto il tempo. Aveva pure
deciso di frequentare un corso a scuola. Lavrei
accompagnata io il giorno del suo ritorno.
Era un marted. Luned notte venne a dormire a casa
mia (la prima volta dopo mesi!) e cercai di convincerla a
non indossare la parrucca.
Stai benissimo commentai. Sei bella, esotica,
spettacolare.
S, certo.
Davvero. Te lo giuro. Sai che non ti mentirei mai.
S, ma metti caso che ancora qualcuno non sappia
che porto una parrucca o che decida di ricominciare
la chemio e perda di nuovo tutti i capelli non mi va di
dover spiegare come hanno fatto a crescere da cos a
cos da un giorno allaltro. Entiende? disse toccandosi
la testa, e poi indicando la parrucca.
Entiendo. Ma stai davvero considerando di tornare
alla chemio? Pensavo che avessi chiuso con quella
roba.
Tengo in considerazione tutte le eventualit.
Credevo che ti sentissi bene.
S, cos.
Be allora perch cambiare?
Il fatto che mi senta meglio una reazione
allinterruzione della terapia.
Okay.
Non significa che il cancro sia sparito.
Per adesso stai facendo tutte quelle cure olistiche.
vero.
Allora?
Quale mi metto? chiese mostrandomi due camicette
nuove.
Quella blu. Stai cercando di farmi capire che non
vuoi parlarne?
Per, sei perspicace. Lo dico sempre alle persone:
sembra stupida, ma invece
Si meritava un bel pugno.
Marted mattina, mentre andavamo a scuola, osservavo
Jules continuare ad aggiustarsi la parrucca, a sistemarsi il
colletto, ad agitarsi sul sedile. Mi aspettavo una crisi di
nervi da un momento allaltro.
Perch ho tanta paura di andare a scuola? sbott
infine. Me lo spieghi?
Non lo so.
Be, io s. Non voglio che la gente si metta a fissarmi,
o che arrivi il cretino di turno a farmi qualche stupida
domanda cercando di capire se i miei capelli sono finti.
Okay.
Ma succeder.
Okay.
Certo che sei di grande aiuto.
Cosa dovrei dirti? passato quasi un anno da
quando hai lasciato la scuola.
Quindi?
Quindi, che tu ci creda o no, i tuoi compagni ti
vogliono bene. Probabilmente saranno solo preoccupati
per te.
Col cazzo. Sono solo curiosi.
E allora? Non lo saresti anche tu?
Sam, tu dovresti stare dalla mia parte.
Infatti.
Fantastico. Fossero tutte come te le amiche
Chiudi il becco e rilassati, okay?
Sono rilassata.
Certo, lo vedo proprio.
Si appoggi allo schienale e rimase con il broncio fino
a quando non entrammo nel parcheggio del liceo e due
ragazze della compagnia di danza, a bordo della loro
macchina, ci videro.
Merda, sono Brooke e Colleen. Non ti fermare, non
ti fermare mi preg Jules.
Stupida. Questo il mio posto auto.
Va bene. Ma non ti aspettare pi favori da me.
Le ragazze chiamarono Jules, scesero dalla macchina
e corsero verso la nostra. Lei abbass il finestrino,
sorrise e chiacchier con loro. Mentre la guardavo mi
convincevo sempre di pi che tutto sarebbe andato
liscio.
E sarebbe andata cos, se solo non avesse visto Jack.
Stavamo uscendo dalledificio di scienze, ridevamo per
qualche sciocchezza che qualcuno aveva detto durante la
lezione di fisica. Sandra sarebbe venuta a prenderla
dopo una decina di minuti e volevo accompagnarla
allentrata, quando improvvisamente Jules mi afferr per
un braccio, facendomi un cenno con la testa. Dallaltra
parte del cortile, appoggiati contro il muro del Piccolo
Teatro, Jack e Rachael facevano a gara a chi spingeva
pi in fondo la lingua nella bocca dellaltro. O almeno
cos pareva. Come se non bastasse, Rachael stava
palpando il sedere di Jack.
Cavolo esclam lei. Guardali!
Gi. Disgustosi, eh?
Fanno sempre cos?
Pi o meno. Perch? Ti d fastidio?
No. Fece una pausa. Be, forse un po.
Jules cominciai in tono da ramanzina.
Mi scoccia.
Le sorrisi stupita. Lei mi guard con una strana
espressione.
Che c, bellezza? le chiesi.
Niente. Si capiva benissimo che stava mentendo.
Come sto?
Bene.
Davvero?
Davvero.
Okay, allora vado.
Senza sapere cosa avesse in mente, la seguii gi per la
scalinata e attraverso il cortile. Punt dritta verso i due e
si ferm proprio davanti a loro. In attesa. Era impossibile
che quella scena non attirasse lattenzione generale e
alcuni ragazzi quelli che sapevano della passata
relazione tra Jules e Jack si fermarono a guardare,
curiosi di vedere cosa sarebbe successo. Quando Jack
si ferm a riprendere fiato si accorse della piccola folla
silenziosa che si era radunata. Lui e Rachael si
staccarono immediatamente.
Ciao lo salut Jules.
Oh ciao. Non ti avevo vista rispose Jack,
imbarazzato da tutto quel pubblico. Che succede?
Oh, niente di che. Ho appena finito un ciclo di
chemioterapia di quasi sette mesi e volevo ringraziarti
per le telefonate, le lettere e tutto quanto. Sorrise come
solo lei sapeva fare. Hanno significato molto per me.
Cosa? Jack era davvero confuso adesso. Uh, io
non ti ho mmm, n scritto n telefonato o altro.
Lei tacque, aspettando che si rendesse conto di quello
che aveva appena ammesso. No, infatti.
Detto questo lo piant in asso e se ne and. Io la
seguii, raggiungendola a met del cortile. Jules era
radiosa.
Sei incredibile, amica mia esclamai. Ma come ti
venuto in mente? Lei alz le spalle.
Brooke, Colleen e Thea avevano assistito alla scena e
ci raggiunsero ridendo. Ci voltammo a guardare.
Rachael se nera andata stizzita e Jack era rimasto l da
solo, con la coda tra le gambe. Il gruppetto che si era
radunato pareva non avere le idee molto chiare. Cera
chi se la rideva e chi non lo trovava affatto divertente.
Forse non stata poi una grande idea aggiunse
Jules. Guardalo.
Cosa? intervenne Brooke. Sei impazzita? Si gir
verso Colleen. Deve essere impazzita.
Avanti aggiunse Thea. Andiamo via da qui.
No, davvero insistette Jules. Adesso mi sento uno
schifo.
Tienila ferma ordin Colleen a Thea prendendo
Jules per un braccio. Andiamo prima che tu faccia
qualche stupidaggine.
Ma protest lei sorridendo debolmente.
No, no, no le disse Brooke. Tu vieni con noi.
Mia madre mi aspetta.
Bene la incalz. Ti accompagniamo noi.
Io rimasi indietro di qualche passo, aspettando che si
rendesse conto che non ero insieme a loro. Non se ne
accorse.
Pi tardi, quella sera, Jack mi chiam.
Non mi piaciuto per niente quello che Julie ha fatto
oggi esord.
E perch lo dici a me?
Perch tu sei la sua migliore amica. Dovresti
parlarle.
Jack, anche se non mi piaci e non mi piaci per
niente ti consiglio di parlarci tu stesso. Chiamare me
non risolver niente.
Non c niente da risolvere. Ha decisamente
esagerato. Credo che dovrebbe scusarsi, con me e
Rachael.
Mai ci sei o ci fai?
Non cominciare, okay?
Pensavo che fossi suo amico.
Be, lo pensavo anchio fino a oggi.
Allora qual il problema? Ha il cancro, testa di rapa.
Sta facendo la chemioterapia da luglio.
Questo lo so.
Allora forse avresti potuto farti vivo o scriverle due
righe o mandarle una cartolina del cavolo. Ci voleva
tanto?
Be, neppure lei mi ha cercato.
Rimasi senza parole dopo quellaffermazione. Stavo
cominciando a dubitare sul serio dellintelligenza di quel
ragazzo.
Allora, le parlerai o no?
Parlaci tu.
Non lo so, forse. Grazie di niente e riattacc.
Ci pensai su un minuto, poi chiamai Jules. Lei rispose
al secondo squillo.
Indovina un po? le chiesi.
Dove sei finita? mi domand.
Cosa?
Oggi pomeriggio. Dove sei finita?
Che vuoi dire? Sei tu che mi hai mollato.
Perch non sei venuta con noi?
Perch non me lhai chiesto?
Sam!
Che c?
Niente. Lascia stare. Sospir.
Comunque, ho ricevuto una telefonata da Jack dissi
raccontandole la conversazione.
Wow. Credi che mi chiamer? fece lei.
Forse.
Credi che dovrei scusarmi?
Certo che no! Non hai fatto niente di male.
Be, forse no ma
Shhh! Questo fine settimana torni a danza?
In effetti ho provato qualche body rispose. Mi
fanno sembrare magrissima.
Davvero?
Be, anoressica sarebbe la parola giusta. Ehi, perch
non vieni a dormire a casa mia venerd? Potremmo
Mi dispiace, non posso. Devo uscire con Paul.
Ah. La sua voce mut di colpo.
Potresti venire con noi. Andiamo a vedere un film.
No, non importa.
E di, Jules mi piacerebbe che lo conoscessi. Gli
ho raccontato tutto di te.
Fantastico. Senti, adesso devo andare. Puoi
accompagnarmi tu a danza? In teoria non potrei ancora
guidare.
Io e Paul passammo una bellissima serata al cinema,
anche se dovetti tornare a casa presto per non fare tardi
alle prove lindomani. Andai a prendere Jules alle nove e
un quarto e arrivammo in sala persino prima di Linda.
Cos rimanemmo ad aspettare in macchina. Jules era
silenziosa, forse era arrabbiata per la sera prima. Non
avevamo praticamente aperto bocca per tutto il tragitto.
Alla fine, guardandola armeggiare con la parrucca, le
scarpe e tutto il resto, capii che era solo nervosa. Erano
mesi che non ballava e sarebbe stato duro riprendere.
Mi guard, un poco imbarazzata, e disse: Solo
quando non ho pi potuto farlo, ho capito davvero
quanto sia importante per me ballare. come un dono.
Gi.
Dico sul serio. Ti permette di allontanarti dalla realt
per entrare in unaltra dimensione, dove ci sono solo il
tuo corpo, la danza e la musica capisci cosa voglio
dire?
Cominciai a canticchiare le battute di Cassie in Chorus
Line: All I ever needed was the music and the
mirror and the chance.
Qualcosa nellespressione di Julie mi blocc.
Lo capisci? mi chiese fissandomi con quei suoi
occhi di cioccolato. Non aveva un tono polemico,
voleva solo sapere, e io ricacciai in gola la mia stupida
canzoncina.
Credo di s.
Ne sono felice.
Adesso mi sentivo in soggezione. Avvertivo di nuovo
la sensazione di lontananza e di estraneit che avevo
provato prima di Natale. Era Jules, era la mia Unica e
Sola, ma quello che aveva passato laveva cambiata per
sempre. Non avrei mai potuto capire fino in fondo la sua
esperienza.
Coraggio aggiunse infine aprendo la portiera. C
Linda.
La direttrice fu sorpresa e allo stesso tempo felicissima
di rivederla. Si abbracciarono a lungo, e io mi feci da
parte, con limpressione di essere diventata invisibile.
Grazie per le tue lettere le disse Jules mentre ci
dirigevamo verso lingresso della sala prove. Mi ha
fatto molto piacere riceverle.
Il piacere stato mio rispose lei.
Guardai Jules. Non mi aveva mai detto di aver
ricevuto delle lettere da Linda.
Sono state molto importanti per me. Sapere che
qualcuno mi pensava be, mi ha aiutato parecchio.
Ne sono felice, e sono contenta che tu sia tornata.
Credi di riuscire a ballare?
Lo scopriremo. Lo vorrei tanto.
Cominciarono ad arrivare le altre ragazze. Brooke,
Colleen e Thea corsero subito da Jules.
Improvvisamente ero stizzita. Perch tutta quella
eccitazione? Se avevano sentito tanto la sua mancanza,
perch non erano andate a trovarla e a farle compagnia
quando stava male? E perch lei era cos contenta di
rivedere delle persone che non le piacevano neanche
troppo, a detta sua? Sapevo che non avrei dovuto
pensare quelle cose, ma era pi forte di me. Andai alla
sbarra e cominciai una sequenza di plis.
Pochi minuti dopo, Jules prese posto dietro di me. Le
lanciai unocchiata nello specchio. Era davvero molto pi
magra di quanto non mi fossi resa conto e sembrava cos
fragile, indifesa. Quando inizi a eseguire i primi plis, la
sentii sospirare.
Va tutto bene? sussurrai.
S, ma sono molto debole rispose.
Cerca di non strafare.
Lei annu e continuammo a riscaldarci. Nel bel mezzo
di un esercizio di tendue le mormorai: Sono tutti molto
felici di vederti.
Gi.
Questo deve darti forza.
S, certo.
Ehi, magari dopo le prove potremmo
Sam, scusa, ma ho bisogno di concentrarmi.
Lo so. Pensavo solo
Ballerine! Linda si rivolse a noi due. Non si parla
durante le prove.
Julie

Dopo aver smesso la chemio, prima di tornare alla mia


vita di sempre, mi riposai per due settimane, e trascorsi
otto giorni al Jerestin Cancer Institute, vicino Santa Fe,
nel New Mexico, per cominciare un ciclo di terapie
olistiche. Ero certa che mi avrebbero aiutato. Il dottor
Harold Jerestin godeva di unottima reputazione nella
sconfinata comunit nazionale di pazienti affetti da
cancro, tutti alla ricerca della stessa soluzione. Parecchie
persone parlavano in termini entusiastici delle sue
terapie. Mio padre aveva fatto accurate ricerche e
passato ore al telefono con lui.
Il nostro corpo attrezzato per combattere
qualunque cosa lo attacchi, compreso il cancro, se gli
vengono forniti gli strumenti giusti aveva spiegato il
medico. Sua figlia ha bisogno di una sana alimentazione
macrobiotica, di un solido sostegno emotivo e di un
atteggiamento olistico positivo. Elaborer io stesso la
dieta, insieme a una combinazione di vitamine e minerali
studiati appositamente per lei. Inoltre vi fornir delle
indicazioni da seguire perch la famiglia possa darle il
giusto supporto, mantenendo un comportamento
adeguato. Dovrete occuparvi voi di portarla al nostro
centro, ma potrete pagare le prestazioni senza fretta,
quando ne avrete la possibilit.
Partii con mia madre, mentre mio padre rimase a casa
con Rosie. Alloggiammo per una settimana in un lurido
motel vicino alla clinica, in una stanza con dellorribile
carta da parati color verde vomito e due letti bitorzoluti,
ma non importava. Trascorrevamo quasi tutto il tempo
allistituto.
Il primo giorno arrivammo alle nove, senza avere la
minima idea di cosa ci aspettasse. Un infermiere in
uniforme ci condusse lungo un corridoio dallaria
rassicurante fino a una stanza che pareva il salotto di una
casa. Pochi secondi dopo la porta si apr e rimanemmo
entrambe esterrefatte. Il dottor Jerestin era un uomo
molto avvenente, almeno quanto pu esserlo il
personaggio di un medico geniale e di successo partorito
dalla mente di un produttore hollywoodiano:
scarmigliato, carismatico, intenso. Indossava un paio di
jeans e una camicia a quadri blu, con sopra un camice
aperto e lo stetoscopio intorno al collo. I suoi occhi mi
ricordavano quelli di Sam.
Cominciamo esord indicandoci il divano. Poi si
rivolse direttamente a me. Per prima cosa raccontami
della tua attivit di ballerina.
Parlai per quasi due ore e mezzo, rispondendo alle
cortesi domande che mi poneva, passando dalla danza a
Jack, a Sam, ai miei genitori, alla chemio volle sapere
tutto quanto. Ascoltava con la massima attenzione ogni
parola. Infine mi sorrise.
Credo di poterti aiutare. Le tue connessioni corpo-
mente sono ben sviluppate. Hai una base spirituale molto
forte, anche se forse non lo sai. E il modo in cui ti sei
opposta alla chemioterapia indica una volont fortissima.
Credo che tu sia una sopravvissuta e mi piacerebbe
mettermi subito al lavoro con te.
Mi sentii piena dentusiasmo, come non mi capitava
da mesi! Il resto della settimana pass mettendo a punto
la mia dieta: niente zuccheri, carni, grassi, o cibi trattati;
verdure a profusione, insieme a riso e pane integrale.
Elabor appositamente per me una combinazione di
vitamine che mi somministr sotto forma di enormi
pillole. Io e mia madre ci cimentammo nella meditazione,
che doveva servirci per visualizzare le cellule
cancerogene e immaginare di distruggerle cos da farmi
guarire. Cominciai ad apprezzare ogni momento della
giornata che trascorrevo da sveglia. Non mi importava
della dieta, n delle pasticche, grosse abbastanza da
strozzare un elefante. Io e mia madre ci divertimmo
parecchio insieme, e per entrambe non fu affatto difficile
mantenere un atteggiamento positivo e ottimistico.
Di ritorno a casa trovai una lettera dal consiglio
scolastico. Dopo accurate riflessioni sulla mia speciale
situazione avevano cambiato idea in blocco. Se fossi
stata in grado di frequentare il corso di inglese per il
resto dellanno, mi avrebbero permesso di tagliare il
traguardo del diploma insieme agli altri, anche se non lo
avrei effettivamente ottenuto finch non avessi
soddisfatto i requisiti di tutti i corsi. Ma chi se ne
importava?
Rientrai a scuola due giorni dopo il nostro ritorno e
cominciai a frequentare lAccademia quello stesso fine
settimana. Fino a quel momento non mi ero resa conto di
quanto fosse importante la danza per me. Era tutto pi
difficile e cerano cose che non riuscivo a fare, ma ero
tornata. Non riuscivo pi a girare come prima, non
avevo pi lo stesso controllo, per non parlare della forza
fisica. Eppure mi muovevo, la musica mi parlava e non
sentivo dolore. Perlomeno non troppo.
Dopo la prima prova, chiesi a Linda se avevo qualche
speranza di partecipare al nostro spettacolo pi
importante, dal momento che i miei genitori non mi
avrebbero mai lasciato partire in tourne. Lei sembr
pensierosa, mi scrut con attenzione e disse: Sei
piuttosto debole.
Lo so, ma lavorer sodo.
Il medico e i tuoi sono daccordo?
Non sono loro a decidere le risposi in un tono che
suon pi provocatorio di quanto non avessi voluto.
Ma io. Non era del tutto vero.
Lei sorrise. Se hai intenzione di ballare nel mio
spettacolo, dovrai mettercela tutta. Niente scuse.
Posso farcela. O almeno lo speravo.
Lo credo anchio. Coraggio allora. Sei dentro. Per
ancora non so su quali pezzi, okay?
Okay. Non avevo abbastanza energie per
dimostrarlo, ma ero entusiasta.
Non ti dar The Blues Suite. E nessuno dei nuovi
balletti mi avvert. Anche se raggiungessi la piena
forma fisica, non avresti il tempo di provarli abbastanza.
Va benissimo. Davvero. Ed era proprio cos.
Linda non era il genere di persona che ti diceva una
cosa solo per farti piacere. Se pensava che sarei riuscita
a recuperare abbastanza per partecipare allo spettacolo,
allora in qualche modo ce lavrei fatta. Era febbraio e il
saggio era previsto per la fine di aprile. Avrei lavorato
lentamente ma senza sosta, per aumentare la mia
resistenza ed essere in grado di eseguire una coreografia
intera. Non importava quale pezzo mi avrebbe
assegnato. Qualunque cosa mi fosse toccata, avrei dato
il cento per cento.
Non riuscivo quasi a crederci. La mia vita stava
finalmente per tornare alla normalit.
Sam

Dopo Capodanno, io e Paul cominciammo a


frequentarci sempre pi spesso. Ci vogliono pochi minuti
per raggiungere San Francisco da Mill Valley in auto,
quindi era facile vedersi anche durante la settimana.
Quando ero con lui nulla riusciva a turbarmi.
Guardavamo moltissimi film e andavamo a fare lunghe
passeggiate in posti improbabili. Ci divertivamo un sacco
insieme. Sentivo che mi stavo innamorando di lui e mi
sarebbe piaciuto parlarne con Jules, ma anche se
riuscivamo a passare un po di tempo insieme, lei evitava
rigorosamente largomento.
Avevo smesso di accompagnare Jules scuola. Adesso
era in grado di guidare da sola e quando arrivava
cerano sempre Brooke, Colleen, Sarah o Thea ad
aspettarla. Sembrava che allimprovviso avesse un
mucchio di migliori amiche. Alle prove raramente
ballavamo insieme e quando le telefonavo, lei non mi
richiamava quasi mai. Forse erano i postumi della
chemio. O magari era troppo presa dalle attenzioni che
tutti le riservavano. Non mi piaceva per niente quella
situazione, ma cercavo di non badarci troppo.
Erano gi passate un paio di settimane dal rientro di
Jules a lezione e un gioved, a mezzogiorno, ci
incrociammo mentre andavamo al parcheggio. Lei stava
tornando a casa. Io invece dovevo andare a pranzo con
Paul. Mi avvicinai, rallentando il passo per adeguarlo al
suo.
Ciao.
Ciao, Sam.
Finito le lezioni?
S. E tu?
Io devo tornare per la settima ora.
Proprio in quel momento Paul, a bordo della sua
macchina, si ferm accanto a noi e tir gi il finestrino.
Sono in ritardo?
No, sei in perfetto orario. Guarda chi c gli dissi
mentre mi chinavo e gli davo un bacio frettoloso. Jules
tir dritto senza fermarsi.
Jules! urlai. Aspetta. Voglio farti conoscere Paul.
Lei si volt con un sorrisetto strano sulle labbra. Paul
parcheggi e scese dallauto.
Sono molto contento di poterti conoscere finalmente,
Jules esord lui.
Anchio. Ma il mio nome Julie precis lei.
Certo, okay, Julie. Le rivolse uno dei suoi radiosi
sorrisi e le tese la mano. Mi fa comunque piacere
conoscerti. Lei rispose alla stretta riluttante.
Be, ora devo andare concluse. Ci vediamo.
Paul mi port a pranzo al The Depot e poi mi
riaccompagn a scuola. Evit di menzionare Jules, e lo
trovai un gesto premuroso. Terminate le lezioni, andai
dritta a casa sua e la trovai che leggeva in giardino.
Che ti succede? le chiesi.
Che vuoi dire?
Voglio dire, ti ho fatto qualcosa? Sei arrabbiata con
me?
No.
Allora perch sei stata cos brusca con Paul?
Di cosa parli?
Ti sei comportata male. Ma il mio nome Julie?
Che razza di risposta ?
Sam, stai facendo un casino per niente.
Non credo. Credo che tu ti stia comportando da
stronza.
Io? Mise da parte il libro e si tir su a sedere.
Gi. Non richiami mai. A scuola non hai mai tempo
per scambiare due parole con me. E ora sei stata
scortese con il mio ragazzo.
Non ho tempo? E tu allora?
Io?
Hai tempo solo per lui.
Non vero.
S, invece.
Niente affatto.
E quando stiamo insieme sei tutta Paul qui e Paul
l. Non ti sei neanche accorta che sono tornata.
Jules, sei completamente fuori
Non mi hai nemmeno chiamato il giorno di San
Valentino.
Neanche tu. Senti
Va bene cos mi interruppe. Ho capito. Ma non
dare tutte le colpe a me, okay? Fatti un esame di
coscienza, una volta tanto. Anche tu ti comporti da
stronza.
Ci guardammo. Poi lei riprese il suo libro, lo apr, si
stese sulla poltrona e ricominci a leggere. Io non
aggiunsi altro. Me ne andai a casa.
Quella sera, verso le sette, Paul mi chiam per dirmi che
stava venendo a trovarmi. Io fui quasi tentata di non
rispondere al telefono. Volevo starmene da sola a
riflettere, cercando di capire perch Jules si stesse
comportando cos male. Lui sembr percepire qualcosa
nel mio tono di voce.
Ehi, mi sembri un po gi. Ho fatto qualcosa di
male?
No, niente.
Ah tua madre in casa, eh?
No.
Allora che coshai? Hai una voce tremenda.
Niente, okay? Parti adesso?
Forse meglio se resto a casa. Non vorrei guastare il
tuo malumore.
Non sono di malumore.
A me sembra proprio di s.
Senti, se vuoi venire, per me va bene. In ogni caso
ho un sacco di compiti da fare.
Allora meglio se studi.
Perfetto.
Breve pausa.
Be, ora devo riattaccare aggiunsi.
Aspetta. Hai ancora intenzione di uscire con me
venerd? chiese lui.
Sei sicuro di volermi vedere? Potrei ancora essere di
cattivo umore, chiss.
Sammie, non lho detto in quel senso.
Va bene.
Penso solo che tu abbia bisogno di startene un po
per conto tuo.
Okay.
Ci vediamo domani verso le sette. Che ne dici di
andare a mangiare italiano?
Grandioso. Ciao.
Riattaccai e non so cosa mi imped di lanciare il
telefono contro il muro. Come si era permesso?
Composi di nuovo il suo numero. Dopo il primo squillo
misi gi. Questa volta riposi delicatamente il portatile al
suo posto. Due sfuriate in un giorno solo erano
abbastanza. Non ero in vena di sopportarne una terza.
Tirai fuori i compiti di fisica e rimasi a fissarli per circa
venti minuti, poi mi resi conto di non aver ancora cenato.
Mi preparai una tazza di cereali con luvetta e tornai alla
fisica. Non riuscivo proprio a concentrarmi, non ci
capivo nulla. Gettai il libro sul pavimento. Era ridicolo.
Le due persone che amavo di pi al mondo mi avevano
abbandonato e non sapevo cosa fare.
Quella serata sembr durare uneternit; il venerd
invece scivol via in fretta. A scuola intravidi Jules per un
attimo, ma non riuscii a parlarle. Dopo le lezioni avevo le
prove per The Blues Suite. Uscii dallAccademia
intorno alle sei, cos mi rimase appena il tempo di fare
una doccia prima che Paul si presentasse alla mia porta.
Mia madre lo fece accomodare. Li udii chiacchierare e
ridere in salotto e allimprovviso mi sentii prendere dal
nervosismo. Mi cambiai quattro volte prima di decidere
cosa indossare per andare a cena.
Mentre la macchina ci portava verso il Blue Rock Inn
a Larkspur, Paul si comportava come se niente fosse.
Cominciai a rilassarmi quando mi parl della sua
giornata. Io lo guardai e ancora una volta rimasi
colpita dalla sua bellezza. Durante la cena non smise un
secondo di farmi ridere raccontandomi aneddoti sul
divorzio dei suoi genitori.
Sei incredibile gli dissi mentre sorseggiavamo una
coca dividendoci una fetta di torta al cioccolato.
Lo sono eccome. E sollev la lattina come in un
brindisi.
No, sul serio. Quando i miei genitori hanno
divorziato, io sono andata fuori di testa. Tu invece ci ridi
sopra.
E quale sarebbe lalternativa? Non serve a niente
deprimersi.
Non ero esattamente depressa.
No?
No. Ero incazzata nera e, non so, mi sentivo come
smarrita. A pezzi. Se non fosse stato per Jules non so
come avrei fatto.
Te la saresti cavata benissimo.
Non puoi saperlo.
S, invece.
Presi una forchettata di torta e riflettei su quello che mi
aveva detto. Non ti piace molto Jules, vero?
Non la conosco.
per via del fatto che stata scortese quando vi
siete incontrati?
Sammie, non mi va di parlare di lei.
Perch?
Perch alla fine cambi sempre umore.
Non vero.
S, invece.
Voglio solo sapere cosa ne pensi di lei.
Perch?
Non lo so. Perch s.
Okay. a posto. Fantastica. Non so cosa vuoi
sentirti dire.
Non la trovi carina?
Sammie
Avanti lo stuzzicai. Non una domanda difficile.
Paul distolse lo sguardo e per un po non riusc a
guardarmi in faccia. Sembrava agitato. Bevve un sorso
di Coca e finalmente si decise a incrociare i miei occhi.
Non ti piacer quello che sto per dirti.
Rimasi in silenzio.
Forse Julie era una ragazza carina prima di
ammalarsi. Ma la persona che ho conosciuto io aveva un
aspetto un po inquietante. Non so come tu faccia a
frequentarla.
la mia migliore amica.
Pu essere, ma ti creer solo problemi, Sammie.
Che vuoi dire?
Voglio dire ovvio. Lei lo sai.
No, non lo so.
Be, se fossi in te troncherei subito lamicizia. Credo
che sarebbe pi facile per te. Tutto qui.
Allimprovviso mi parve di trovarmi di fronte a una
persona totalmente sconosciuta. Forse dovresti
riportarmi a casa.
Vedi, te lavevo detto. Appena parliamo di Julie,
finisci per arrabbiarti.
Non sono arrabbiata.
Non molto. Si guard intorno e fece cenno al
cameriere di portare il conto. Poi si concentr di nuovo
su di me. Abbiamo una visione diversa delle cose.
Immagino di s.
Sammie, credimi. Devi occuparti prima di te stessa.
Non dovresti angosciarti in questo modo.
Vorrei andar via.
Certo. Pag e tornammo alla macchina senza pi
scambiarci una parola.
Julie

Quel gioved sera non riuscii a dormire, e non solo per


via del litigio con Sam. Lanca e la gamba avevano
ricominciato a farmi male, e parecchio. Lo attribuivo al
fatto che mi stavo esercitando pi del solito. Linda
lavorava con me due pomeriggi a settimana e, ogni
sabato, cerano le prove della compagnia, che duravano
quattro ore. Senza contare che non avevo ancora
recuperato del tutto le forze.
Mentre mi mettevo a letto, avvertii di nuovo il vecchio,
lancinante dolore. Dovetti mordermi il labbro per non
chiamare mia madre. Si sarebbe agitata per niente,
avrebbe cominciato a telefonare ai dottori, mentre io
avevo solo bisogno di rilassarmi e dormire. Presi un
antidolorifico e appoggiai la gamba su un paio di cuscini
per tenerla sollevata. Il dolore si attenu gradualmente,
ma la mente non si acquietava. Continuavo a proiettare
nella mia testa sempre la stessa scena: lincontro con
Paul, quel pomeriggio e, poche ore dopo, io che davo
della stronza alla mia migliore amica.
Aveva ragione lei. Ero stata scortese con lui. Ma non
lavevo fatto apposta. Ero semplicemente stanca di
sentirmi messa in mostra. Il cancro mi aveva reso una
specie di celebrit a scuola e allimprovviso avevo un
mucchio di amici. Ogni giorno li guardavo fingere che
avessi un aspetto normale. Mi ritrovavo a camminare per
i corridoi circondata da persone che di colpo si facevano
silenziose e sorridevano troppo. Alla fine della giornata
non ne potevo pi. Avevo bisogno di liberarmi di tutti
quei visi, quegli sguardi. Pensavo che Sam lavrebbe
capito. E invece eccola l, che mi metteva in vetrina
come tutti gli altri. Mi aveva spinto Paul sotto il naso e io
ero stata costretta a sorbirmi la solita solfa. Lui mi aveva
guardato con disgusto. Quindi ero stata scortese. E lei si
era arrabbiata.
Credevo che Sam fosse in grado di vedere le cose dal
mio punto di vista. Una volta capiva sempre tutto al
volo. Ma prima era tutto pi facile.
La mattina dopo le fitte alla gamba erano aumentate. Per
un attimo pensai di farmi accompagnare da Sam, ma non
ero ancora pronta a incontrarla. Presi gli ultimi due
antidolorifici e decisi di concedermi un altro giorno prima
di parlare con mia madre o di chiamare il dottor Jerestin.
Mi sentivo spossata. Senza dubbio questo contribuiva a
far sembrare il dolore pi acuto di quanto non fosse. Per
un istante presi in considerazione lidea di rimanere a
casa, anche se a quel punto avrei dovuto dare delle
spiegazioni a mia madre.
Andai a lezione e mi resi conto di aver fatto la scelta
giusta. Le pillole riuscivano ad attenuare un poco la
sofferenza e mi estraniavano dal resto del mondo.
Stavamo studiando per un compito importante da cui
ero esentata, cos mi accomodai sulla poltrona rossa che
il prof Gilmore aveva portato in aula apposta per me,
chiusi gli occhi e ascoltai. Alla mia sinistra, il professore e
un gruppo di ragazze stavano discutendo di Delitto e
Castigo. Dietro di me due compagni si interrogavano a
vicenda sulle parole del dizionario. Riuscii a cogliere
anche un sommesso quanto stridulo russare qualcuno
stava dormendo. Sorrisi tra me e me. Era tutto cos
meravigliosamente noioso.
Il dolore torn unora pi tardi, piuttosto intenso,
proprio mentre uscivo dallaula. Mi fermai in cima alle
scale per riprendere fiato e accertarmi che la gamba
fosse in grado di sostenermi. Alle mie spalle udii una
voce che non riuscii a identificare.
Ehi, Julie, tutto a posto? Mi voltai. Era Ralph, un
grosso e timido giocatore di football con cui non avevo
mai scambiato pi di due parole.
S risposi sforzandomi di essere gentile. Mi fa solo
un po male la gamba. Tutto qui.
Che ne dici di un passaggio allora? e prima che
potessi rispondere mi aveva gi preso tra le braccia e
aveva iniziato a scendere le scale. Gli altri ragazzi ci
sorrisero, facendoci passare.
Dov la tua auto? domand una volta arrivati in
fondo, continuando a sorreggermi con delicatezza.
Piuttosto lontana, ma non devi
Lui si avvi lungo il cortile. Tutti continuavano a
fissarci incuriositi. Thea mi url: Vai, Julie!. Scorsi
Sam accanto alledificio di scienze, ma Ralph camminava
in fretta e non riuscii neanche a salutarla. Mi port fino
alla macchina e mi deposit con un piccolo inchino.
Prima che potessi ringraziarlo, si era gi dileguato.
Sorrisi alla sua schiena.
Ero circa a met strada quando le fitte si fecero
risentire. Resistetti fino a casa, dove notai con sollievo
lassenza dellauto di mia madre. Non avevo voglia di
dirle della gamba, non ancora. Parcheggiai ed entrai,
sforzandomi di non zoppicare. Trovai degli antidolorifici
e pensai di poterne prendere quattro senza problemi.
Ero in cucina, pronta con il bicchiere dacqua in mano,
quando mio padre comparve sulla soglia. Sobbalzammo
entrambi.
Merda, pap! esclamai lasciando cadere il
bicchiere. Mi hai spaventata.
Scusami. Non bad alla parolaccia.
Che ci fai qui? Ti senti male per caso?
No, dovevo portare la macchina a riparare. Alz le
spalle. Mi sembrava un buon motivo per prendermi un
giorno libero.
Ah. Bravo. E mamma dov?
A una specie di festicciola a scuola di Rosie. Lanci
unocchiata alla confezione di pillole che tenevo in mano,
ma non comment. Poi prese scopa e straccio dal
ripostiglio e si chin ad asciugare e a raccogliere i vetri.
Ci ritrovammo insieme in salotto, senza nulla da fare,
cos lui accese la tv. Gir diversi canali. Infine la spense.
Non so nemmeno perch teniamo in casa questo
aggeggio si lagn. Non c mai nulla di decente.
Be, a Rosie piace.
Rosie ne guarda fin troppa.
Aveva ragione, ma mi chiesi se non fosse perch loro
erano cos poco presenti per lei. La mamma aveva
trascorso gran parte dello scorso anno a prendersi cura
di me, e mio padre, anche se era in casa, se ne stava alla
larga.
Pap, credi che Rosie avr problemi? La domanda
salt fuori dal nulla, cosa che sorprese entrambi.
Temo di non aver capito.
Voglio dire, per via di quello che ho e tutto il resto.
Lui scosse la testa. Non ti seguo ancora.
Era chiaro che non voleva parlarne, ma qualcosa mi
spingeva a insistere. Fino a che punto credi che possa
aver capito quello che sta succedendo? Riguardo il
cancro, intendo.
Lui si guard intorno in cerca di una rivista o un
giornale da leggere. Non saprei. Trov un fumetto e lo
apr.
Deve essere stato tutto strano per lei. Soprattutto
durante la chemio.
Immagino di s.
Ehi, ti ricordi quanto urlava quando veniva a vedermi
ballare? sorrisi.
Mmm?
Ma s. Non appena mettevo piede sul palco
cominciava a strillare: C Julsie, la mia Julsie! mia
sorella!. Non la sopportavo.
Davvero? Non mi stava ascoltando.
Be, lo trovavo imbarazzante. Tutti si mettevano a
ridere. Invece era tenera. Mamma diceva che faceva
cos perch mi voleva bene. Sospirai, ricordando
quanto lavevo trattata male nellultimo periodo. Chiss
cosa pensa di me, adesso.
Oh, sono sicuro che ti vuole ancora bene.
Non lo so. Continuo a immaginare il momento in cui
potr spiegarle ogni cosa. Quando lei sar pi grande e
io sar guarita.
Sar bello.
Gi. Lo fissai mentre lui continuava a leggere il
fumetto. Allimprovviso avvertii lurgenza di chiedergli
una cosa. Pap, ti sei mai chiesto
Sai mi interruppe credo che dovrei sfruttare questo
tempo libero per tagliare lerba.
Quella sera andai a letto presto. Ero pi stanca del
solito, il dolore continuava a tormentarmi e mi sentivo
tutta indolenzita. Dissi a mia madre che avevo bisogno di
risparmiare energie per il fine settimana di prove e riuscii
a sgattaiolare via prima che cominciasse a farmi un
miliardo di domande. Verso le undici squill il telefono.
Lasciai scattare la segreteria e ascoltai il messaggio. Era
Sam.
Ci sei? Se ci sei, ti prego, rispondi Okay, senti,
che ne dici se andiamo a cena insieme domani? Da
Joes? Fanno roba salutare. Puoi anche ordinare un
piatto di lattuga scondita, se vuoi. Fece una pausa e la
linea cadde. Sam richiam un secondo dopo e prosegu:
Hai ragione. Sono stata una stronza. Mi dispiace. Mi
manchi. Ti prego, se senti questa telefonata prima di
mezzanotte, richiamami. Okay? Altrimenti ci vediamo
alle prove. Ti voglio bene.
Il messaggio mi fece sorridere, ma non la richiamai. La
mia gamba stava peggiorando e non sarei stata in grado
di sostenere una conversazione. Pensai di avvertire mia
madre, ma cosa avrebbe potuto fare? Mi concentrai sul
mio respiro e alla fine mi addormentai.
La prima cosa che sentii fu la voce di mia mamma.
Julie, svegliati.
Aprii gli occhi, li richiusi e mi girai dallaltro lato.
Vattene, ti prego.
Tesoro, sono quasi le nove. Alle dieci cominciano le
prove.
Okay, okay. Solo un minuto.
Brava. Intanto preparo la colazione.
Dieci minuti dopo torn a chiamarmi. Ma io mi ero
addormentata di nuovo.
Julie disse poggiandomi una mano sulla fronte.
Amore, ma tu scotti. Vado a prendere il termometro.
Avevo quasi quaranta di febbre. Chiamo il medico
esord.
Non la dottoressa Conner?
No, uno generico. Telefon al Campton Medical e
prese un appuntamento per quel pomeriggio.
Quindi posso andare a danza? chiesi speranzosa.
Non esiste, piccola.
Ma mamma
Shhh torna a dormire. Linda capir.
I medici del Campton Medical si consultano a vicenda
quando non sono sicuri della diagnosi e cos, ancora una
volta, mi tocc vederne una serie. Uno disse che
probabilmente si trattava di un virus. Un altro ipotizz
uninfezione batterica. Mi vennero prescritti degli
antibiotici e mi venne ordinato di stare a riposo.
Luned la febbre era passata, ma mi sentivo ancora
spossata e non avevo nessuna voglia di alzarmi dal letto.
Avevo le ossa a pezzi. Non potevo seguire il corso
dinglese, cos mia madre chiese che mi assegnassero dei
compiti per casa. Poi chiam Linda e cancell le prove
dellintera settimana. Io mi infuriai.
Linda mi ha detto di non preoccuparti mi spieg con
calma. Lo spettacolo alla fine di aprile. Siamo ancora
alla prima settimana di marzo. Lei pensa che ce la farai.
Sam, Thea e Colleen mi chiamarono un paio di volte a
testa. Cominciai a sentirmi in colpa perch non le
richiamavo mai e cos cambiai il messaggio della mia
segreteria: Vi voglio bene, ma per un po non potr
richiamarvi.
Alla fine della settimana, mia madre telefon alla
dottoressa Conner per prendere un appuntamento.
Hai un aspetto terribile furono le prime parole
pronunciate dalla gentile dottoressa.
Non ribattei. Aveva ragione.
Coraggio, vieni mi esort. Facciamo una bella
visita.
Ci trasferimmo nellambulatorio. Salii sul lettino e
lasciai che mi esaminasse occhi, bocca e orecchie.
Misur la pressione sanguigna e mi fece un prelievo per
gli esami del sangue. Poi mi stesi sulla schiena e lei
cominci a muovermi le gambe, osservando le mie
reazioni.
Fa male, eh? chiese.
Non molto.
Bugiarda.
Mia madre stava per aprire la bocca e prendere le mie
difese, ma la fermai.
Fa male ammisi.
Come prima, vero?
S.
Guard prima me e poi mia madre. La sua
espressione era assolutamente impenetrabile.
Facciamo unaltra TAC. E vediamo cosa ci dice
lemocromo.
Il mio cuore cominci a battere forte. Ero tornata alla
casella numero uno, solo che questa volta sapevo gi
cosa mi aspettava. Non ero spaventata come la prima
volta, ma avevo paura lo stesso.
Ci vollero ore per sottopormi a tutti i test. Ero esausta
e me ne stavo appoggiata sulla spalla di mia mamma
mentre aspettavamo che la dottoressa tornasse con i
risultati. Non ci mise molto.
Non si limit ad aprire la porta ed entrare, ma irruppe
letteralmente nella stanza. Era furiosa. Sentii Sandra
irrigidirsi e prepararsi a combattere se fosse stato
necessario. Ma non and cos. La collera della
dottoressa non era diretta a noi.
Non saprei da dove cominciare ci inform in un
tono perentorio che richiedeva la nostra massima
attenzione. Forse chiedendovi i dettagli della cosiddetta
terapia che stai seguendo?
Be, io, mmm balbettai.
Non una terapia, dottoressa Conner mi venne in
soccorso mia madre. un approccio differente alla
malattia che tende a favorire lautoguarigione del corpo.
Julie segue una dieta salutare e immagina di
La dieta salutare di Julie la interruppe la dottoressa
lha fatta diventare anemica. In modo piuttosto serio.
una delle ragioni per cui ti senti cos spossata. Ora che
ho letto il tuo emocromo sono davvero stupita che tu sia
riuscita a venire fin qui sulle tue gambe. I globuli bianchi
sono quasi inesistenti. Se dovessi prendere un
raffreddore in questo momento, probabilmente ti
ucciderebbe. Mia madre fece per rispondere, ma la
Conner sollev una mano per bloccarla, quindi continu.
Le ecografie mostrano tre aree di espansione nuove
di zecca. Le aree originarie si sono ingrandite. Potete
pensare quello che volete riguardo il vostro approccio,
la realt che il cancro pi forte che mai.
Sandra si alz. Julie aspetter fuori qualche minuto
annunci, poi si volse a me. Se per te va bene, tesoro.
Io alzai le spalle. Mi prese per un braccio e mi
accompagn in corridoio. Rimasi seduta l senza sapere
cosa pensare. Avrei dovuto tener duro, pretendere di
ascoltare qualunque cosa i medici avessero da dire, ma
ero troppo, troppo stanca. La mamma mi baci sulla
fronte.
Ci metter poco. Se hai bisogno di qualcosa, lancia
un urlo. Annuii e cercai di mettermi il pi comoda
possibile. Non era facile. Mia madre torn dentro e
chiuse piano la porta.
La sentii parlare, a voce bassa ma concitata. Non
afferravo le parole, anche se il tono era chiaro. La
dottoressa Conner rispondeva, irritata almeno quanto
prima. In parte ero contenta di rimanere esattamente
dovero. Non avevo lenergia di occuparmi dei loro
discorsi e mi sentivo dolorante. Ma una minuscola parte
di me, la pi ostinata, mi spinse ad avvicinarmi alla porta.
Non ero sicura di volerne sapere di pi, e allo stesso
tempo non volevo neanche che qualcun altro prendesse
il controllo della mia vita al mio posto. E cos eccomi l.
Seduta sulla sedia pi vicina, con le orecchie tese verso
lo studio, riuscivo a sentire quasi tutto.
e se voi aveste continuato la chemioterapia come
vi avevo suggerito proclamava la dottoressa forse non
avremmo avuto questulteriore espansione. Avremmo
potuto contenere le cellule. Non credo che vi siate rese
conto delle conseguenze della vostra assurda decisione.
Capisco, la interruppe mia madre ma non stiamo
parlando della stessa cosa. La mia prima
preoccupazione Juliana. Nella sua totalit. E questo
significa che mi interessa il suo benessere fisico, emotivo
e spirituale.
molto nobile da parte sua.
Ci fu un attimo di silenzio, poi mia madre riprese.
Dottoressa Conner, non mi piacciono n il suo tono
n il suo atteggiamento. Sarebbe pi utile se il suo
interesse per Julie andasse oltre la tabella segnapunti che
tiene nascosta da qualche parte nella sua scrivania.
Cancro: uno; medicina: zero.
Se il mio atteggiamento la offende, sarei felice di
indicarle un altro oncologo. Dubito ce ne siano
altrettanto qualificati, ma la scelta sua.
Mia madre tacque.
Dottoressa Conner, lei ha figli?
No, e non capisco cosa
Forse questo il problema. La prego, non mi
fraintenda non sto mettendo in discussione le sue
capacit professionali. So che ha fatto tutto il possibile
per aiutare Julie. Ma mi piacerebbe che lei riuscisse a
considerare la persona che ha di fronte nella sua
interezza, quando parla con lei o quando la cura. Ha
diciassette anni. Non si pu essere cos bruschi con una
ragazzina.
La dottoressa Conner rispose con voce sommessa,
addolorata e stanca.
Signora Michaels, curo ragazzini con il cancro da pi
di ventanni. Non esiste un modo gradevole per
parlarne. Non voglio ferire i sentimenti di Julie. N
spaventarla. Ma una paziente terminale e, nonostante
la sua et, ha il diritto di sapere esattamente come stanno
le cose.
Il silenzio che segu fu talmente lungo che pensai di
tornare al mio posto. Poi mia madre parl.
Non dovr dirle niente.
Scusi?
Non voglio che Juliana sappia quello che ha appena
comunicato a me.
Signora Michaels, io
Potr discutere con Julie di possibili terapie e dei loro
effetti. Potr spiegarle i vantaggi che avrebbe nel
ricominciare la chemio, cosa che immagino lei voglia
fare.
Certo.
Non dovr aggiungere altro.
Signora Michaels
mia figlia, dottoressa Conner. Ha diciassette anni.
Se ci che ha detto vero, non c pi nulla da fare. Ma
la sua esigenza di essere esplicita un peso in pi che
non intendo accollarmi.
Capisco.
Bene. Lo spero. Sar lei a decidere se tornare o
meno a sottoporsi alla chemio. Sono stata chiara?
Assolutamente.
Il mondo esterno aveva cessato di esistere. Sentivo
solo il mio cuore, le orecchie, la gola e la testa pulsare
allo stesso ritmo. Avevo persino smesso di respirare e
dovetti ordinare al mio cervello di rimettere in moto i
polmoni. Il mio corpo era tutto un formicolio pelle,
dita, faccia, braccia, gambe poi una vampata di calore
mi assal. Non so come, ma ebbi sufficiente presenza di
spirito da tornare sullaltra sedia. Mi sedetti appena in
tempo e quando mia madre usc dallo studio, riuscii
persino a guardarla in faccia e sorriderle.
Sam

Quel venerd dopo la cena, io e Paul tornammo a casa


senza parlare. Non sembrava ci fosse molto altro da
aggiungere. Si ferm davanti casa mia e si chin per
baciarmi. Poi scesi dalla macchina e quando se ne fu
andato, entrai. Mia madre, neanche a dirlo, non cera.
Caddi di peso sul divano e mi presi la testa tra le mani.
Non avevo voglia di pensare, di chiacchierare, di
muovermi.
Dieci minuti dopo, Paul buss alla porta.
Dobbiamo parlare dichiar quando gli aprii.
Sentii una stretta allo stomaco. Certo. Entra. Ci
sedemmo alle estremit opposte del divano.
Non so da dove cominciare disse lui.
Io rimasi in attesa. Cerc una posizione pi comoda,
infine mi guard negli occhi.
Mi piaci davvero molto, Sammie. Potrei persino
innamorarmi di te. Insomma, tu sei bellissima. E sei
divertente e insieme stiamo benissimo, ma si
interruppe.
Ma cosa?
Be, credo che dovremmo prenderci una pausa.
Capisci cosa voglio dire?
Non risposi.
Lui prosegu. Magari solo un paio di settimane non
lo so. Forse un mese. Giusto per avere la possibilit di
riflettere su alcune cose.
per via di Julie?
No, affatto.
Allora non capisco.
Lui scroll le spalle e si alz. Io feci altrettanto.
Senti, ho solo bisogno di trascorrere un po di tempo
lontano da te. Tutto qui. Non sar per sempre. Si
incammin verso lingresso. Ti chiamo tra qualche
settimana. Potremmo rivederci e magari, non so,
discuterne. Okay?
Improvvisamente mi sembr di parlare con mio padre.
Perfetto. Ci vediamo, allora. Gli aprii la porta.
Sapevo che avresti capito. Sorrise, mi abbracci e
scapp via.
Non piansi. Non mi arrabbiai. In realt non provai
niente. Rimasi a fissare le pareti della mia camera per
circa unora, poi presi il telefono e chiamai Jules. Non
sapevo esattamente cosa volessi dirle e quando scatt la
segreteria mi scusai. Poi riattaccai e scoppiai in lacrime.
Non riuscivo a capire il perch: se fosse per Jules o Paul
o per entrambi. Lunica cosa che sapevo era che mi
sentivo terribilmente sola.
Il giorno dopo Jules salt le prove. Poi manc a scuola
per tutta la settimana. La chiamai altre due volte, finch
lei non cambi il messaggio della segreteria. Il sabato
successivo, non vedendola ancora a danza, chiesi a
Linda se avesse notizie. Lei annu.
Ho parlato con Sandra. Julie diventata anemica per
via della dieta che stava seguendo mi spieg. Forse le
ci vorranno una quindicina di giorni per recuperare le
forze. Sei riuscita a sentirla?
Scossi la testa. Ho provato a telefonarle, ma non
risponde mai.
Non ti preoccupare. Sta bene. Conoscendo Julie,
ricomincer a ballare prima di quanto pensiamo. E
adesso mettiamoci al lavoro.
Pensare di telefonare a qualcuno non come farlo
davvero. Un tempo non ci avrei pensato due volte. Avrei
alzato la cornetta e basta, pazienza se lei non avesse
avuto voglia di sentirmi, e se non mi avesse richiamato:
sarei andata direttamente a casa sua. Quella volta
invece, ci avevo pensato, pensato e ripensato. Ogni
giorno sempre meno, a dir la verit. Dopo la sua
seconda settimana di assenza, la gente cominci a
chiedermi che fine avesse fatto e iniziarono a circolare
voci di ogni tipo. Decisi di rispondere, a coloro che la
conoscevano, quello che avevo saputo da Linda.
Lanemia non era un disturbo poi tanto interessante, cos
smisero di preoccuparsi. E ben presto smisi di
preoccuparmi anchio.
O forse no. Pi che altro, accantonai Jules in un
angolo remoto della mia mente, insieme a Paul, mio
padre e qualunque altra cosa mi turbasse. Non che
fosse meno importante; ma non era un problema
immediato. Cerano altre cose pi urgenti. La scuola era
diventata dura, i miei compagni cominciavano a
informarsi sui college in cui presentare domanda di
ammissione e a fare progetti per lestate. Le prove per lo
spettacolo erano ormai frenetiche. E adesso che io e
Paul non stavamo pi insieme, uscivo spesso con
Brooke e i suoi amici. Aveva unagenda fitta di impegni
mondani fichissimi.
Ti va di venire a una festa in stile hawaiano? mi
chiese il sabato successivo durante le prove. stasera,
dalle nove in poi, a Stinson, a casa di Ginny-qualcosa.
Certo risposi. Perch non andare, dopotutto?
Alla festa sarebbero venute anche altre ragazze della
compagnia, quindi decidemmo di andare in gruppo. Era
una festa gigantesca: cera abbastanza gente da riempire
tre o quattro case e anche la spiaggia era affollatissima.
Per tutta la sera non feci che ballare, ridere, flirtare,
divertirmi come non mai. Verso le due del mattino mi
ritrovai da Mims, una tavola calda aperta
ventiquattrore su ventiquattro, insieme a Colleen, Sarah,
Thea e Brooke. Ce ne stavamo l a ridere e
chiacchierare, spettegolando sulle persone che avevamo
incontrato.
Ho preso qualche numero di telefono annunci
Brooke sgranocchiando un anello di cipolla.
Cosa hai fatto? chiese Thea ridendo.
Ho preso dei numeri di telefono. A tutti quelli che
volevano il mio ho chiesto di darmi il loro e di aggiungere
una descrizione sul retro. Infil le mani nelle tasche della
giacca e tir fuori una decina o pi di pezzetti di carta. Li
sparpagli con orgoglio al centro del tavolo. Noi
scoppiammo a ridere.
Sei davvero assurda esclam Sarah. Leggiamone
uno: Occhi azzurri intensi, non alto ma dal fisico
prestante. Oddio.
Il mio preferito questo: Corpo fantastico MANI
GRANDI disse Colleen. Sai cosa dicono a proposito
delle dimensioni delle mani di un ragazzo, vero?
Pensi di chiamare qualcuno? chiese Sarah quando
finalmente riuscimmo a ricomporci.
Scherzi? Non mi ricordo neanche le loro facce.
Oh, ma di chiamiamo Mani Grandi! la esort
Thea.
Non esiste fece Brooke.
Lo chiamo io proposi.
Non lo faresti mai ribatt Brooke.
S, invece. Dammi qua. Presi il biglietto e tutte
insieme andammo sul retro del locale, dove si trovavano
i telefoni pubblici. Cominciai a comporre il numero,
mentre le ragazze non ce la facevano pi dal ridere. Il
telefono inizi a squillare e feci loro cenno di tacere. Una
profonda voce maschile rispose. Reggevo il ricevitore in
modo che tutte potessero sentire.
Ma che cavolo
Ciao dissi con la voce pi sexy che avevo parlo
con Mani Grandi? Thea si butt a terra, coprendosi la
bocca per soffocare le risate.
Oh, s. Senza dubbio.
Mi chiamo Brooke Brooke fece una smorfia e mi
rifil un pugno. Io mi scansai. e mi piacerebbe tanto
venire a casa tua adesso per vedere le tue grosse mani,
se solo sapessi dove abiti.
Be, perch no. Hai una penna? Brooke mi strapp
la cornetta dalle mani e riagganci. Ricominciammo a
ridere in modo irrefrenabile, ma in qualche modo
riuscimmo a tornare al nostro tavolo. Gli altri clienti del
locale si lamentarono con la cameriera. Questa venne da
noi e ci chiese di smetterla. Non ci riuscimmo, ma
abbassammo un po il volume della voce.
Non posso credere a quello che hai fatto disse
Colleen incredula.
Io piuttosto non posso credere che tu abbia usato il
mio nome! aggiunse Brooke.
Cosa avresti fatto se ti avesse dato lindirizzo?
chiese Thea.
Ci sarei andata. Che altro?
Balle! esclam Brooke.
Oh, davvero? Non mi conosci affatto continuai io.
Una volta io e Jules eravamo a
Di colpo cadde il silenzio. Anchio mi interruppi,
sentendo la sua assenza. Allimprovviso mi resi conto
che non mi era mancata per nulla. Non avevo neanche
pensato a lei. Eppure era la persona con cui avevo
condiviso ogni festa, la mia Unica e Sola. In quel
momento era a casa, cercava di recuperare le forze per
tornare a scuola e a danza, mentre io avevo trascorso
tutta la notte a divertirmi come una pazza senza
preoccuparmi minimamente di lei. Parecchie notti, in
realt. Sorrisi imbarazzata. Le ragazze mi guardarono in
modo strano. Anche loro stavano pensando a lei,
adesso. Il silenzio si fece pesante. Ci concentrammo sul
nostro cibo. Brooke raccolse i numeri di telefono e
cominci a ripiegarli in piccoli quadratini.
cos assurdo mormor infine Colleen. Parlo di
Julie.
Gi concord Sarah. Mia madre dice che sta di
nuovo molto male.
La mia convinta che non ce la far aggiunse
Brooke.
La vita ingiusta sospir Sarah.
Ha solo un po di anemia, ragazze tutto qui dissi
loro. Niente di che.
Nessuna rispose. Presi la mia borsa e tirai fuori
qualche dollaro. Mi tremavano le mani. Cercai di
sorridere, ma i muscoli della mia faccia si rifiutarono. Mi
sentii una vera stupida, non riuscivo neanche ad
abbozzare un sorriso finto. Mi alzai.
Ehi, devo andare. Scusate non mi ero accorta di
quanto fosse tardi. Avete tutte un passaggio per tornare
a casa?
Loro annuirono e io raccolsi la mia roba. Gli sguardi di
tutte erano fissi su di me, che non riuscivo a decifrare le
mie sensazioni.
Ci vediamo, ragazze.
Una volta fuori, da sola, aspettai quindici minuti buoni
che il mio corpo smettesse di tremare prima di salire in
macchina e partire.
Julie

Quello che accadde nelle settimane successive si verific


a due persone diverse. Una di loro, il mio Io Esteriore,
ascoltava con attenzione i ragionamenti della dottoressa
Conner sullopportunit di tornare alla chemioterapia.
Aveva preso molto seriamente la promessa di non dirmi
quello che aveva deciso insieme a mia madre. Mi spieg
come il fatto di essermi sentita molto meglio dopo aver
interrotto la terapia fosse dovuto alleffetto a lunga
durata dei farmaci. Il cancro era stato tenuto a bada e io
avevo smesso di iniettare altri veleni nel mio corpo. Una
volta svanito leffetto delle medicine, per, le cellule
cancerogene avevano ricominciato a riprodursi. Per
questo il dolore era tornato. Quanto alla faccenda delle
cure alternative, non riusciva proprio a mascherare la
sua collera. Glielo leggevo in faccia quanto ritenesse
quella roba insulsa e inutile. E vista lanemia che mi
aveva procurato la dieta salutare non potevo che
essere daccordo con lei. Il vecchio dottor Jerestin non
mi aveva aiutato neanche un po. Termin il suo discorso
con la preghiera di non interrompere pi il ciclo di
chemioterapia cos da impedire unulteriore diffusione
del male. Il mio Io Esteriore era abbastanza maturo da
fare delle domande.
Sar come il primo ciclo?
In un certo senso. Subito dopo la terapia non sarai in
gran forma.
Dormir tutto il tempo?
No, se modifico il dosaggio.
Potr continuare a fare danza?
Avrai meno dolori allanca. E se ti sentirai
abbastanza in forze, non ho alcuna obiezione.
E lanemia? Pensavo che non si potesse fare la
chemio con i globuli bianchi troppo bassi.
vero. Infatti prima dovremo risolvere questa
situazione.
Come?
Cambiando la tua alimentazione. Ricorrendo a
integratori di ferro. Avere un po di sangue in pi non
farebbe male. Potremmo pensare a un ciclo di
trasfusioni. Ci vorr qualche settimana.
Non voglio quello della banca del sangue.
Julie, assolutamente sicuro. Ci sono le analisi
Ho sentito dire che c ancora il rischio di prendere
lAIDS in questo modo.
Ho capito. Magari potresti trovare dei donatori fidati.
Chiunque abbia il tuo stesso tipo di sangue e pi di
diciotto anni.
Okay, unultima domanda.
Sono tuttorecchie.
Perder di nuovo i capelli?
Lei tacque e mi guard, poi scosse la testa come se
non riuscisse a credere a ci che sentiva.
Perder di nuovo i capelli? ripetei, senza curarmi di
quello che poteva pensare di me.
Non detto, se interveniamo sul dosaggio e il tipo di
farmaci.
Ma non pu esserne certa, vero?
Mi fiss con la stessa espressione di poco prima.
cos importante per te?
S.
Allora s, ne sono certa. Non perderai i capelli.
Me lo promette?
Lo prometto.
Daccordo, allora conclusi.
Il mio Io Esteriore aveva deciso di andare avanti
mentre quello Interiore tremava ancora di paura per le
parole che la dottoressa aveva detto a mia madre.
Avvertii immediatamente che qualcosa stava accadendo
dentro di me. Era quasi una sensazione fisica, una
lacerazione. Il mio Io Esteriore si fece avanti e indoss la
sua armatura. Lo sentivo chiedere e rispondere durante
la conversazione con la dottoressa, e mi meravigliavo
della sua competenza, della completa disinvoltura che
dimostrava nonostante il carattere notoriamente arcigno
della donna. Allo stesso tempo, il mio Io Interiore era
scosso dai brividi, non sapeva cosa fare n da dove
cominciare per assimilare linformazione origliata qualche
ora prima. O dove affiggere il mio necrologio.
strano come sia facile dissociarsi da se stessi.
Costruirsi due identit separate. Il mio vero Io,
qualunque fosse, se ne stava in disparte osservando,
valutando lagire dellIo Interiore e dellIo Esteriore. Ma
non partecipava attivamente. Era diventato una non-
entit, un nulla, un non essere. Eppure nessuno sembrava
accorgersi di quello che stava succedendo. LIo
Esteriore aveva la responsabilit di quella farsa e ne era
orgoglioso.
Dopo aver parlato con la dottoressa Conner, andai a
cercare mia madre. La trovai nella sala dattesa dei
pazienti, seduta da sola. Sorseggiava con aria distratta
un bicchiere di Coca e non si accorse del mio arrivo.
Rimasi per un momento sulla soglia a osservarla.
Sembrava diversa. Pi vecchia, pi piccola, in un certo
senso sminuita nel suo ruolo di Madre. Le madri sanno
sempre tutto. E invece la persona che avevo davanti
sembrava completamente smarrita. Chiss se anche in lei
abitava un non essere? Una Mamma Interiore e una
Mamma Esteriore? Forse esisteva persino una parte di
lei che non era una mamma, ma una semplice donna che
desiderava con tutta se stessa di non dover pi
frequentare ospedali o alzarsi almeno cinque volte a
notte.
Di colpo la rabbia mi assal. Una rabbia irrefrenabile
nei suoi confronti. Mi colp come una sferzata alla nuca,
facendomi lacrimare gli occhi. Il mio respiro acceler il
ritmo, il cuore pulsava nel petto come un martello. Lei
riusciva a mantenere la calma. A mantenere il controllo.
Per forza. Tutto questo non stava accadendo a lei: stava
accadendo a me. Io sarei rimasta attaccata alla flebo
mentre iniettavano altri veleni nel mio corpo; io, non lei.
Era il mio viaggio solitario. Lei non centrava nulla.
Avrebbe dovuto salvarmi. Avrebbe dovuto
risparmiarmi questo calvario. Ma non laveva fatto. Non
poteva farlo. Non poteva fermare il tempo, non poteva
cambiare le cose, non poteva aggiustare nulla. Cosa
cera di sbagliato in lei? Aveva promesso di
proteggermi. Come aveva potuto permettere che mi
ammalassi di cancro?
Proprio in quel momento alz lo sguardo e per un
istante la verit venne a galla. I suoi occhi, i miei; due
corpi che erano stati uno; due vite che sarebbero rimaste
per sempre unite. Il tempo si ferm. Eravamo in una
dimensione altra, avvolte da un sentimento tanto puro
che non poteva esistere nel mondo reale, in quel posto
gremito di malattie e medici. Quel luogo di dolore si
dilegu. Svan. E lasci spazio ai nostri sorrisi: il suo,
quello di una mamma, rassicurante, carico di conforto,
ansioso di infondere fiducia; il mio, una semplice
reazione senza significato. Accettai quello che cercava di
darmi. Entrambe sapevamo che si trattava di una farsa.
Eppure scegliemmo di prendervi parte insieme. Che altro
potevamo fare?
Sedetti al suo tavolo. Mi allung la sua Coca e io ne
bevvi un sorso. Si limit a sorridermi inclinando la testa,
come faceva sempre quando entrambe sapevamo ci
che voleva chiedermi.
Ho deciso di farla disse il mio Io Esteriore con una
punta di fiducia. La chemio.
Bene, annu se quello che vuoi. La dottoressa
Conner ha influenzato la tua decisione?
No. Mi ha solo spiegato un po di cose e io ho
scelto. Credo sia la cosa migliore. Mi ha assicurato che
non perder di nuovo i capelli e che potr continuare a
fare danza risposi. Cosa potrei volere di pi?
Il viso di mia madre mut impercettibilmente. Aveva
ancora il sorriso sulle labbra, ma sotto mi parve di
scorgere qualcosaltro. Non riuscivo a identificarlo con
chiarezza, anche se aveva unaria familiare. Era il suo Io
Interiore che si nascondeva sotto il suo Io Esteriore.
Sam

Jules torn a scuola che era gi aprile. E non per fare


lezione. Venne in tarda mattinata, insieme alla madre. Le
scorsi attraversare il cortile. Stavano salendo le scale
dirette verso lufficio del preside. Provai a seguirle senza
fare in tempo: erano gi entrate tirandosi dietro la porta.
Aspettai una decina di minuti, ma rischiavo di arrivare
tardi alla lezione di filosofia morale, cos decisi di
riprovare pi tardi. A quel punto erano gi tornate a
casa. Uscii per andare a pranzo. Jack mi raggiunse, per
una volta senza Rachael.
Ehi, come sta Julie? mi chiese.
Ehi?
Ciao Samantha, come va? Come sta Julie?
Te lo ripeto per lennesima volta, se vuoi sapere
come sta, chiamala.
E cosa dovrei dirle come mai hai un aspetto cos
orribile?
Mi si gel il sangue. Non vedevo Julie da pi di un
mese. Oggi lavevo incrociata solo da lontano.
Di che parli?
Ha un aspetto orribile non so come altro dirlo.
Pensavo che tu sapessi cosa stava succedendo.
anemica, stupido. Doveri quando ne parlavamo?
Non credo si tratti solo di questo, Sammie.
Lasciami in pace, okay? Sto cercando di mangiare.
Forse non ci crederai, ma ci tengo a Julie. Non sto
facendo lo stronzo. Pensavo solo che la sua migliore
amica avrebbe potuto saperne di pi. Scusami tanto.
Scosse la testa e se ne and. Pi tardi lo rividi insieme
a Rachael e altre due ragazze. Si voltarono a fissarmi.
Avevo unaltra lezione dopo pranzo, ma decisi di saltarla
e andare a casa.
Cosa mi stava succedendo? Marzo era volato senza
che me ne accorgessi, tra la scuola, la danza, le feste e le
serate fuori con le amiche. Dallultima cena con Paul non
ero pi stata in grado di riprendere il controllo della mia
vita. Tutto sembrava accadere troppo in fretta e io non
riuscivo a star dietro alle cose. Non avevo neanche il
tempo di pensare. Soprattutto a Jules. Per tre volte fui
quasi sul punto di telefonarle. Per due composi
addirittura il suo numero. Alla prima chiamata scatt la
segreteria telefonica e riattaccai subito. Alla seconda
rispose Jules.
Pronto?
Aveva la voce stanca e pareva non avesse voglia di
parlare con nessuno. Non riuscii ad aprire bocca.
Pronto non riesco a sentirti. Tacque. Poi riprese:
Okay, chiunque tu sia, adesso attacco.
Ero sola a casa e mi sentii avvampare dalla vergogna.
Che stupida, come potevo essere tanto insensibile?
Perch non riuscivo a parlare con lei? Qual era il
problema? Poi mi resi conto che neanche lei mi aveva
pi chiamata. Nemmeno una volta nelle ultime tre
settimane e mezzo. Non so cosa stesse succedendo, ma
stava succedendo a entrambe e la cosa si sarebbe risolta
da sola, prima o poi. Non era la prima volta che ci
tenevamo il muso per qualcosa. Solo che adesso era
diverso. Avevamo litigato. Per mi ero scusata. Quindi
perch ero ancora arrabbiata con lei?
Era tutto cos confuso. Tirai fuori i libri e cercai di
concentrarmi sui compiti, ma troppe immagini affollavano
la mia mente. Io e Jules in giro insieme, a ridere e
scherzare. Io e Jules distese sul suo letto a chiacchierare
fino a tardi di questioni esistenziali. Jules che mi
trascinava fuori da casa mentre mia madre mi urlava
contro tirandomi addosso di tutto. Jules che piangeva tra
le mie braccia. Io che piangevo tra le sue. Infine Jules
allospedale. Jules che perdeva i capelli. Io e Jules in
spiaggia a fissare il mare, a parlare senza sosta. Jules
irritata quando aveva incontrato Paul. Io gelosa delle sue
nuove amiche. Troppe cose erano successe in
quellultimo anno e non riuscivo a venirne a capo. Non
riuscivo a ritrovarla. N a ritrovare me stessa.
Quel sabato, Jules torn a danza. Era gi l quando
arrivai. Stava parlando a bassa voce con Linda in un
angolo. Mi vide entrare ne ero certa ma fece finta di
niente. Mi sentii addosso gli sguardi delle altre ragazze.
Misi gi il borsone e tirai fuori le scarpette da jazz. Ero
come bloccata e allo stesso tempo costretta a fare
qualcosa. Le raggiunsi.
Ciao Linda. Ciao Jules le salutai, sforzandomi di
mantenere un tono di voce normale. Avevo la gola
completamente secca. Jules distolse lo sguardo.
Puoi darci solo un minuto, Sammie? mi chiese
Linda.
Certo.
Mi voltai e mi avvicinai alla sbarra, senza sapere
quello che facevo. Avevo il viso in fiamme. Tutta la
rabbia accumulata nei giorni precedenti stava
esplodendo dentro di me. Cominciai a eseguire i plis
come un automa. Colleen si un a me.
Sta bene? mi chiese.
Per fortuna Linda diede inizio alle prove prima che
avessi il tempo di rispondere, perch non avrei saputo
cosa dirle. Dopo il riscaldamento, cominciammo subito a
provare le coreografie. Jules era rimasta a lavorare per
conto suo sul fondo. Mi imposi di ignorare il suo riflesso
nello specchio. Non mimportava. Era del tutto
concentrata su se stessa.
Quando fu il momento di provare il balletto delle
Little Girls, il passo a due che tutte avremmo voluto
fare, Linda chiam due coppie di nomi.
Sarah e Colleen, voglio vedere voi due prima. Poi
Sammie e Julie.
Non riuscivo a crederci. Eravamo tornate ai gruppi
originari. Come avrei potuto danzare con Jules? Non mi
guardava nemmeno, non voleva avere niente a che fare
con me. Era chiaro. E poi era pi di un mese che non
ballavamo insieme. Ero completamente assente, non
guardai nemmeno Sarah e Colleen. Allimprovviso sentii
un applauso. Linda si congratul con loro, quindi chiam
Jules e me.
Ci mettemmo in posizione, sedute luna di fronte
allaltra, tenendoci per mano come due bambine colte
nellatto di un gioco infantile. Sentivo le sue mani tra le
mie, le sue dita lunghe e delicate. E il suo tocco. Era
molto fredda. La musica cominci: Saturday Afternoon
in 63 di Rikki Lee Jones. E alla battuta giusta
cominciammo a muoverci. No, anzi, cominciammo a
ballare. Insieme. Interpretammo i giochi delle due
bambine e Jules mim il gesto di togliermi un nastro dai
capelli, per scherzo, e di lanciarlo in alto, verso il cielo.
Mentre lo osservavo cadere a terra, mi voltai verso di
lei, sorridendole innocente, e lei mi guard, come se
sapesse qualcosa che non riuscivo a comprendere. Il
nostro gioco continuava, ma lincanto si era rotto:
stavamo crescendo, diventavamo grandi, ci
allontanavamo. A quel punto non avrei pi saputo dire
dove terminava la musica e dove cominciavamo noi. Poi
arriv il finale: erano trascorsi anni, avevamo preso
strade diverse, ma ci eravamo rincontrate e riconosciute.
Quello che ci premeva era capire se esisteva ancora
qualcosa, un legame tra noi. Ci toccammo e guardammo
verso lalto. Il nastro immaginario ricadde lentamente dal
cielo. Jules lo indic e sulla nota finale io lo afferrai.
Rimanemmo immobili, tenendo la posizione. Intorno a
noi cera un silenzio irreale. Nessuno muoveva un
muscolo; nessuno applaudiva. Cosa stava succedendo?
Non poteva essere andata tanto male. Poi,
allimprovviso, lapplauso. Guardai il gruppo. Brooke
piangeva e la direttrice aveva gli occhi pieni di lacrime.
Cercai Jules con lo sguardo, ma lei sembr non
accorgersene. Afferr la borsa di danza e scapp via,
proprio mentre Linda annunciava che la parte era nostra.
Julie

La danza non solo qualcosa che faccio. ci che mi


definisce e mi d forza. Riesce a riportarmi in contatto
con me stessa. Mi fa sentire viva, completa, forte.
Nessuno potr mai togliermi queste sensazioni. E
nessuno, tranne forse una ballerina come me, in grado
di capire come ci si sente.
Ricordo di aver ballato davanti alloceano, una
mattina, anni fa, quando Rosie era appena nata e la mia
famiglia aveva preso in affitto una cabina a Stinson
Beach. Non erano neanche le sette. Dormivano ancora
tutti; lasciai un biglietto per avvisare che sarei andata a
fare una lunga passeggiata; volevo vedere se riuscivo ad
arrivare oltre la scogliera a nord, ma era troppo lontana.
Loceano cominci a parlarmi con voce suadente:
allinizio era appena un sussurro, poi divenne un invito,
infine una promessa. Mi sedetti vicino allacqua,
stringendo le ginocchia al petto, in ascolto. Una grande
quiete scese dentro di me, una sensazione dolce e
rilassante che mi strapp un sospiro. Poi udii una
canzone. Era senza parole n musica, niente di simile a
quelle degli uomini, ma era comunque una canzone,
aveva un ritmo, una melodia e un significato.
Spontaneamente, senza quasi rendermene conto, le mia
braccia si sollevarono e le gambe si stesero in avanti.
Espirai a pieni polmoni e il mio petto cominci a seguire
il ritmo delloceano.
Ballai la danza dellanima. Non volevo pubblico,
consensi o applausi. Volevo solo ballare. Eravamo io e
loceano, il movimento e la canzone; eravamo una cosa
unica e indissolubile. Il tempo sembrava sospeso. In quei
momenti il mondo esterno non esisteva: non esistevano
bisogni, preoccupazioni, non rimaneva nulla di reale a
parte la danza. Danzai su quelle note fino alla fine, poi mi
fermai. Un attimo dopo rimasi disorientata. Non capivo
dove fossi, n perch mi trovassi l, eppure avevo una
nuova consapevolezza di me stessa e del mio legame
con il mondo.
E invece adesso. Adesso che avrei avuto pi che mai
bisogno del mio salvatore, non riuscivo a trovarlo.
Cerano troppe interferenze. La connessione era rotta,
sfilacciata. Persino i collegamenti interni, quelli dei
muscoli sulle ossa, sembravano inservibili. La chemio mi
aiutava con il dolore, ma prosciugava le mie forze. Non
potevo dare di pi; riuscivo a stento a completare il
riscaldamento. La libert di muovermi senza sentire
dolore, la sicurezza di un corpo disciplinato, in forma, la
fiducia in una mente capace di coordinare ed eseguire i
movimenti tutto sparito. La gente dice che non puoi
capire certe cose fino a quando non le perdi. proprio
vero.
La mia mente riusciva ancora a ballare. Immaginava i
passi, ricordava le sensazioni, visualizzava lesecuzione
della coreografia. Ma il corpo mi tradiva. Ogni pli, ogni
giro, persino una semplice camminata da principiante
richiedevano tutta la mia concentrazione. Quello che non
mi faceva male, non era abbastanza ormai. Ci che una
volta riuscivo a fare senza sforzo richiedeva adesso un
impegno che andava oltre le mie possibilit. Cominciai
ad avere seri dubbi sullo spettacolo. Desideravo farlo,
ma solo se avessi potuto danzare al massimo delle mie
capacit. Avrei lavorato giorno e notte se necessario.
Ma non ero affatto sicura che il mio corpo me lavrebbe
permesso.
Il primo giorno di prove cercai di spiegare a Linda la
mia situazione. E lei, invece di lasciarmi il tempo di
ritrovare il ritmo, mi aveva obbligata a provare con Sam.
Davanti a tutti. Non ero pronta, per cercai di
mettercela tutta, di spingermi oltre i miei limiti.
Nonostante questo non riuscii a eseguire i passi
allaltezza delle mie aspettative, ero scoordinata, e
quando part lapplauso, non potevo crederci. Corsi via.
Ero stata scortese, ma non mimportava. Misi in moto la
macchina con le mani tremanti, inserii la marcia e partii.
Accesi la radio a tutto volume. Allincrocio non mi
accorsi che il semaforo era diventato rosso e per poco
non travolsi un uomo che stava attraversando la strada.
Quello mi lanci unocchiataccia, imprecando, e io mi
limitai a voltarmi dallaltra parte, continuando a tremare.
In seguito non mi resi neanche conto che era scattato il
verde e una donna alle mie spalle suon il clacson
spazientita. Finalmente raggiunsi la superstrada che mi
avrebbe riportato a casa, ma anche con la radio a tutto
volume non potevo fare a meno di rivedere nella mia
mente la scena delle prove. Che cavolo avevano tutti
quanti? Come avevano potuto applaudire davanti a
unesibizione tanto deprimente? Pensavano di farmi
piacere? O forse Linda stava solo cercando di
dimostrarmi che non ero in grado di esibirmi nello
spettacolo? Credevano sul serio che rattristarsi per me
fosse carino?
Quando arrivai a casa mia madre non cera. Aveva
lasciato un biglietto con scritto che Rosie aveva un
saggio di danza alla Sunburst e che lei e mio padre
erano andati a vederlo. Accartocciai il foglio e lo gettai
sul pavimento, stizzita. Lavevano fatto, pensai, mi
avevano gi rimpiazzato con lei. La prima figlia non pu
pi farcela; grazie a Dio ne abbiamo unaltra. Forse
questa non ci dar cos tanti problemi. Questa pu
ancora ballare. Forse verr su normale e crescer, come
giusto che sia.
In quel momento li odiai. Odiavo tutti. Perch il
cancro non era venuto a lei? O a mia madre? O a mio
padre? O a Linda? O a Sam?
PERCH CAPITATO PROPRIO A ME?
Sentivo che il mio Io Esteriore stava cominciando a
crollare. Da troppo tempo si sforzava di mantenere il
controllo e adesso era esausto. Per quanto cercassi di
evitare che andasse in pezzi, era tutto inutile.
PERCH IO?
Il vecchio Io Esteriore fece un tentativo disperato per
ricacciare indietro lenorme, selvaggia ondata di rabbia
venuta fuori da qualche nascosto recesso dove lIo
Interiore urlava, urlava senza sosta. Era impossibile
ormai nasconderlo. Impossibile contenerlo. Fingere.
Sarei morta.
Con movimenti lenti e studiati, andai nella mia stanza e
chiusi la porta a chiave, anche se in casa non cera
nessuno. Camminando con cautela, come se stessi
attraversando una pozzanghera di fango, mi tolsi di
dosso i vestiti sudati e mi infilai una maglietta larga e un
paio di pantaloncini. Con movimenti estremamente lenti e
accorti, mi misi a sedere sul letto e tirai le gambe al
petto. Le circondai prima con il braccio sinistro, poi con
il destro. Poggiai la testa sulle ginocchia. La schiena e le
anche mi facevano un male cane, ma non avevo pi
scelta. Qualcosa era scoppiato dentro di me, una bomba
talmente potente da distruggere il mio intero essere,
ridurlo in molecole e disperderlo nella galassia.
Cercai di tenere duro. Chiusi gli occhi e mi lasciai
andare al caos. Fingere o ricorrere alla fantasia non
poteva fermare lespandersi della malattia. Potevo
negarla, ignorarla, arrabbiarmi, rifugiarmi nel Mondo di
Mezzo, costringermi a pensare con calma e razionalit
ma ci che doveva accadere sarebbe accaduto. E
sarebbe accaduto a me. Dovevo accettarlo. Poi la
confusione prese il sopravvento e non mi rimase che
sperare di venirne fuori. Sapevo che se avessi mollato
anche solo un poco, spostato le gambe di qualche
centimetro, voltato la testa per riprendere fiato, sarei
stata subito travolta, completamente annientata, e di me
non sarebbero rimaste che minuscole particelle disperse
nel cielo.
Non so quanto tempo ci volle, ma alla fine tutto si
acquiet. Ero ancora seduta, rigida, con le gambe strette
al petto. Le esplosioni erano finalmente cessate. Stesi le
gambe piano piano, sondando mentalmente il mio corpo
per verificarne i danni. Braccia, anche e ginocchia erano
indolenzite perch ero rimasta ferma nella stessa
posizione troppo a lungo. Mi bruciavano gli occhi.
Dovevo aver pianto senza neanche rendermene conto.
LIo Esteriore non esisteva pi, era stato annichilito dalla
mia furia. Il mio Io Interiore tremava ancora, ma un
cambiamento era avvenuto perch adesso era diventato
Io e basta. Il periodo dello sdoppiamento era finito.
Con chi dovevo prendermela se stavo morendo? A
chi dare la colpa? Non era colpa di nessuno. Chi avrei
dovuto maledire? I miei genitori? Loro non avevano fatto
niente. Il destino? Ma cosera il destino? Dio era
lunica entit a cui potevo addossare una qualche
responsabilit. Ma non ci credevo.
E poi, perch proprio io?
Del resto Perch no?
Sam

La vita sembrava scorrere sempre pi veloce, aveva


preso una china che mi avrebbe portato chiss dove, e la
fine della scuola era imminente. I miei compagni non
facevano che parlare di universit, di viaggi estivi, della
festa del diploma e di chi avrebbero portato al ballo di
fine anno. Lo spettacolo era fissato per la fine di aprile e
la tourne sarebbe iniziata il 17 maggio. Paul mi aveva
chiamato per troncare definitivamente la nostra relazione,
annunciandomi di aver incontrato unaltra. Io non mi
sentivo in grado di affrontare nessuna di queste
situazioni.
Andr in Europa per un anno continuava a ripeterci
Brooke almeno quaranta volte al giorno. E dopo
frequenter la Sarah Lawrence o forse la Brown. Mi
hanno accettato entrambe.
Se lasciassi gli studi per un anno non credo che
tornerei pi indietro comment Thea. Io vado alla
University of Colorado. Dove ci sono dei gran fighi!
Ascoltavo, ridevo e cercavo di filarmela prima che
qualcuno mi chiedesse dei miei progetti. Io e Jules
avevamo sempre detto che saremmo andate insieme alla
NYU o alla Santa Cruz e ora non avevo idea di cosa
fare. In pi, non ero stata accettata da nessuna parte.
Non avevo neanche spedito le domande. Le avevo
lasciate in fondo al borsone di danza. Mia madre and
su tutte le furie quando lo scopr.
Cosa sono queste? mi chiese lanciandomi in grembo
quattro buste sigillate e affrancate.
Oh. Temo di essermi dimenticata di spedirle.
Lei lanci unocchiata a Bruce. Lui sorrise e alz le
spalle. Non gli piaceva essere coinvolto nei nostri litigi.
E cosa pensi di fare lanno prossimo?
Ballare? sorrisi, ma lei scosse la testa. College di
Marin?
Signorina, se credi che abbia intenzione di mantenerti
mentre te ne stai tutto il giorno a poltrire
Improvvisamente la mia bocca perse il collegamento
con il cervello. Non sei tu a mantenermi, mamma.
pap.
Fu lultima goccia. Mia madre esplose. Si precipit
nella sua stanza, passando come una furia davanti a
Bruce. Prese il cordless e compose un numero,
guardandomi con aria minacciosa. La sentii borbottare in
tono perentorio. Bruce sorrise e alz le spalle unaltra
volta, desiderando di potersela svignare senza troppe
grane. Mia madre ricomparve un attimo dopo e mi tese il
telefono con un ghigno trionfante. Tuo padre ha
qualcosa da dirti annunci.
Grandioso, pensai accostando la cornetta allorecchio,
pronta a sorbirmi una ramanzina sullimportanza di
frequentare un buon college. Alla fine trovarono una
soluzione che li soddisfece entrambi.
Poi un giorno, per la prima volta nella mia carriera
scolastica, fui chiamata nellufficio del supervisore.
Okay, Samantha esord il signor Watson chiudendo
la porta e tirando fuori quattro note disciplinari. Che
succede?
Non molto.
Be, deve esserci qualcosa. Hai fatto fiasco al corso
dinglese e il tuo insegnante di filosofia morale si lamenta
perch pare che tu non riesca a terminare una frase
senza imprecare.
Cerco solo di contribuire alla discussione.
Lui trova i tuoi contributi un po derisori.
Be, io trovo i suoi un po stupidi.
Dice che lhai chiamato maledetto stronzo.
Okay, ogni tanto sono un po sboccata. Ma il corso
noioso.
E riguardo a inglese?
Non sto facendo i compiti.
Juliana centra qualcosa?
Fui colta alla sprovvista. No, no, affatto.
Io credo di s. Vorrei che valutassi lidea di un
colloquio con lo psicologo.
No, grazie.
Samantha
Senta, sono stata impegnata con la danza e il mio
ragazzo mi ha appena mollato, quindi mi sento un po
gi. Okay? Cercher di tenere la bocca chiusa e
prometto di ricominciare a fare i compiti.
Lui mi lanci uno sguardo perplesso. Sei sicura che
non ci sia altro?
Sicura.
Se cambi idea fammelo sapere.
Okay. Posso andare? Lui annu e io me la filai.
Poich passavo pi tempo a casa, la situazione
familiare si fece pi pesante, specialmente la settimana
in cui Bruce and a Tahoe senza mia madre. Lei se la
prendeva con me per ogni minima cosa. E io non
riuscivo a tenere a freno la lingua. Avevo perso la
capacit di capire quando era il momento di chiudere il
becco e cercare un diversivo, tipo andare a studiare o
uscire per una passeggiata. Esageravo. Di brutto. Pur
sapendo che lultima parola lavrebbe avuta lei, che
avrebbe trovato un modo per vendicarsi, che avrebbe
fatto di tutto per farmi rimpiangere le mie parole.
Una sera me ne stavo nella vasca da bagno, lasciando
vagare liberamente i pensieri, cercando di dimenticare la
mia vita attuale e immaginarne una favolosa, quella che
senza dubbio mi attendeva in futuro, quando avrei
vissuto per conto mio. Mia madre si affacci sulla porta,
senza bussare n niente. Gi sapevo che aveva
intenzione di rompermi le scatole con la faccenda
delluniversit, e la mia lingua si prepar a rispondere a
tono.
Sammie cominci con il suo tono lamentoso.
Ti dispiace?
Ci metter solo un minuto
Genitrice, sto facendo il bagno.
Lo vedo. Voglio solo sapere
Pi tardi, okay?
Che ti prende?
Mi piacerebbe avere un po di privacy, se non ti
scoccia. Pare che sia lunica cosa che posso pretendere
in questa casa.
Samantha non mi piace affatto il tuo tono.
Stava cominciando ad arrabbiarsi, ma io non riuscivo
a fermarmi. La mia voce prese una tonalit stridula che
lei detestava.
Smettila di starmi sempre addosso, okay?
Cercher di sorvolare su questultimo commento. So
che sei stressata per via degli esami e per la storia di
Juliana.
Quella fu lultima goccia.
Jules non affar tuo.
Sto solo cercando
Non ce lhai una vita tua? Non fai altro che
intrometterti nella mia!
Cosa?
Tutti i miei amici pensano che tu sia una stronza lo
sai questo?
Basta cos.
Non piaci a nessuno. A nessuno. E sicuramente non
a Jules.
Cosa?!
Persino Bruce ha avuto bisogno di prendersi una
settimana libera.
Stai andando in cerca di guai, ragazzina.
Non riuscii pi a trattenermi. La sparai grossa.
Vaffanculo, mamma.
Lei mi guard, scosse la testa e sbatt con forza la
porta del bagno. Pochi minuti dopo la sentii buttare
allaria la sua stanza, parlando tra s. Scrollai le spalle e
uscii dalla vasca. Finite le fantasticherie, era tornata la
realt. Mi asciugai e andai in camera. La mamma mi
sent e si affacci immediatamente sulla soglia.
Lunica cosa che volevo erano i biglietti per il tuo
maledettissimo spettacolo!
Chiama Linda, allora.
Pensi che abbia ancora voglia di venire? Dopo il
modo in cui mi hai trattato?
Fai come ti pare.
Benissimo, aspetta e spera se credi che verr mai pi
a vederti ballare.
Perfetto.
E le chiavi della tua macchina le prendo io.
Afferrai le chiavi sul cassettone e gliele sbattei in
mano. Prendi tutto quello che vuoi. Non me ne frega
niente.
Per qualche istante rimanemmo in silenzio a fissarci,
furibonde. Poi lei si pass una mano sugli occhi e fece un
profondo sospiro.
Mi dispiace. Si avvicin al com e rimise a posto le
chiavi. Io non dissi una parola. Non volevo sgridarti,
solo non sono riuscita a trattenermi. So che stai
passando un brutto momento.
Io rimasi in silenzio.
Sarei felice di venire al tuo spettacolo, se ti fa
piacere.
Come vuoi.
Lei mi fiss per qualche secondo ancora, poi se ne
and. Nel momento esatto in cui chiuse la porta scoppiai
in lacrime.
In lacrime! Cosa cera che non andava in me? Non mi
importava se veniva a vedere lo spettacolo o meno. Non
mi importava se mi spedivano dal supervisore. Non mi
importava neanche di essere bocciata al corso dinglese.
Eppure eccomi l, seduta sul pavimento della mia stanza
a singhiozzare senza controllo. Chiamai Brooke, ma
riattaccai dopo due squilli. Poi composi il numero di
Paul, lo sentii rispondere Pronto e riappoggiai
delicatamente il ricevitore. Cercai di concentrarmi sui
compiti dinglese, ma avevo la vista annebbiata dal
pianto. Alla fine chiamai Jules: part la segreteria
telefonica. Ascoltai il messaggio, riappesi e richiamai per
ascoltarlo di nuovo. Mi addormentai sopra le coperte
ancora vestita, tra i singhiozzi.
I giorni cominciarono a scorrere veloci, e io decisi di
convogliare tutte le mie energie nello spettacolo per
evitare di andare in pezzi. Non riuscivo per a contenere
le mie reazioni. Scoppiavo in lacrime nei momenti meno
opportuni e ogni notte piangevo fino ad addormentarmi.
Ma continuavo a provare The Blues Suite finch non
riuscivo a liberare la mente da ogni pensiero. E mi
esercitavo nella mia parte del balletto delle Little Girls,
promettendo a Dio qualunque cosa se solo mi avesse
concesso di danzarla insieme a Jules.
Certe cose non si possono spiegare. Le persone stavano
cambiando; le relazioni mutavano aspetto di fronte ai
miei occhi. Nel nostro gruppo si era insinuata una
sensazione di disagio, come se stessimo perdendo la
nostra identit, visto che nel giro di poco non saremmo
pi stati compagni di classe. Ognuno si aggrappava ai
migliori amici, lasciando da parte gli altri. Persino mia
madre si comportava in modo diverso. Io mi astraevo da
tutto e tutti, fingendo che mi andasse bene cos. Ma a
tarda notte desideravo avere vicino la mia Unica e Sola
e di stringermi a lei. Desideravo di poter tornare indietro
nel tempo, allanno precedente, o a quello prima ancora.
Desideravo essere ovunque tranne l dovero, invasa
dallodio per quegli ultimi mesi di scuola, dallodio per
Paul, per mia madre e mio padre, dallodio per me
stessa.
E soprattutto per Jules, perch si era ammalata.
Julie

I miei capelli aspettarono fino a due settimane prima


dello spettacolo per cadere. Tutti in una volta, durante la
notte. Mi svegliai e li ritrovai sul cuscino. Non urlai,
anche se avrei voluto farlo. Invece respirai a fondo,
lentamente. Raccolsi le ciocche, che erano tante, anche
se corte, e le portai in cucina. Presi una busta di plastica
dal cassetto e ci ficcai dentro i capelli. In quel momento
comparve mia mamma.
Buongior oh, tesoro, mi dispiace tanto.
Gi.
Oh, Julie, vieni qui. Mi tese le braccia.
Non posso. Okay? Devo vedere la dottoressa
Conner.
La chiamo.
No, andiamo direttamente. Il luned c sempre.
Un paio dore pi tardi eravamo al Campton Medical.
Indossavo la parrucca e avevo con me il sacchetto di
plastica con dentro i capelli.
Quando arrivammo in Pediatria mia madre aveva gi
avvisato la dottoressa. Laspettammo nel suo studio.
Che sorpresa annunci entrando. Mi scrut e si
accorse della parrucca. Spero sia tutto a posto.
La mamma mi guard. Io mi alzai e lasciai cadere il
sacchetto sulla sua scrivania.
Lei una bugiarda.
La dottoressa osserv i capelli, poi accenn un sorriso
amaro.
Ti avevo detto che le probabilit erano buone
Mi aveva detto che non li avrei pi persi.
Sinceramente, Juliana, mi sorprende la tua scala delle
priorit.
Aveva detto che non avrei perso i capelli. Mi ha
mentito.
Avevi bisogno della chemioterapia.
Ha mentito.
Pare che tu non voglia capire
HA MENTITO.
Tacque e distolse lo sguardo. S, ho mentito.
Sapeva che non era vero.
S, ma pensavo
Pensava che se avessi saputo che li avrei persi di
nuovo non avrei mai accettato di fare la chemio
S, Julie. Per sapevo anche che la tua unica
speranza era ricominciare la cura.
Scoppiai a piangere anche se non averi voluto. Non
volevo darle la soddisfazione di mostrarle le mie lacrime.
Io la odio. La odio pi di chiunque altro al mondo.
Io e mia madre tornammo a casa in silenzio. Parcheggi
nel vialetto, ma prima che potessi aprire lo sportello, mi
poggi una mano sul braccio.
Sono orgogliosa di te disse piano. Non deve
essere stato facile.
Annuii. Avevo paura di ci che avrei potuto
rispondere. Lei mi accarezz il viso. Appoggiai la
guancia sulla sua mano e restammo in quella posizione
per un tempo lunghissimo. Alla fine sussurrai: Non
torner pi indietro.
Lei sospir.
Lo so.
Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Cerc di sorridermi, ma non ci riusc. Aveva il viso
contratto nello sforzo di trattenersi, non ce lavrebbe
fatta a lungo.
Mi dispiace, mamma.
Lei cominci a piangere sommessamente, con piccoli,
lievi gemiti soffocati. Allora sentii che anche i miei occhi
si riempivano di lacrime trattenute. Le presi la mano e
baciai il dorso. Lei si rannicchi contro di me, lasciando
che labbracciassi. Continu a piangere in silenzio. Unico
segno visibile del suo dolore erano le spalle che
andavano su e gi e il suo ansimare quando riprendeva
fiato. Le accarezzai i capelli, cantandole la ninna nanna
che aveva inventato per me quando ero una bambina:
Ti voglio bene quando sei allegra
ti voglio bene quando sei gi
ti voglio bene quando ti senti sola
e quando proprio non ce la fai pi.
Ti voglio bene in tutte le maniere
e sempre tanto te ne vorr
staremo sempre insieme
per tutta la vita e forse un altro po.

Alla fine smise di singhiozzare, stremata. Si asciug gli


occhi e il naso sulla camicetta, afferr entrambe le mie
mani e mi guard dritta negli occhi. Non cerano barriere
tra noi. In quel momento ebbi limpressione di
conoscerla come me stessa. Faceva quasi male. Non
saprei dire quanto tempo rimanemmo cos, ma quando
qualcuno buss contro il finestrino sobbalzammo nello
stesso momento. Era Rosie che cercava di attirare la
nostra attenzione. Mi accorsi con stupore che si era fatto
buio.
Pap dice che dovete entrare in casa subito ci
annunci mentre aprivamo la portiera. Ci scrut, vide il
viso della mamma ancora segnato dalle lacrime, poi mi
guard sospettosa.
Cosa stavate facendo qui fuori, a proposito?
Fui costretta a saltare le ultime due prove del balletto.
Linfezione che lo shunt mi aveva provocato a dicembre,
di tanto in tanto continuava a tornare e ovviamente
decise di farlo proprio allora. Questa volta non sarebbe
passata tanto in fretta. I globuli bianchi erano troppo
bassi e il mio fisico non era in grado di combatterla. Mi
sentivo talmente spossata da non riuscire ad alzarmi dal
letto, figurarsi ballare. Non smettevo di piangere.
Sembrava che andasse tutto storto e la fatica che avevo
fatto per allenarmi pareva proprio sprecata. Mia madre
chiam il Campton Medical e parl con la dottoressa
Conner.
Lei sugger di ricoverarmi per fare delle trasfusioni,
cos che il sangue sano potesse combattere linfezione.
Disse che forse mi sarei sentita abbastanza in forze da
affrontare lo spettacolo.
Chiamate tutte le persone che conoscete con gruppo
sanguigno 0 positivo, ci ordin e io dar disposizioni
affinch venga immediatamente consegnato. Altrimenti
potrebbero volerci quarantottore.
Il giorno successivo ero in ospedale, e ci sarei dovuta
rimanere per un po. Oltre a farmi le trasfusioni, le
infermiere mi somministravano farmaci contro il dolore.
Da quando avevo smesso la chemio, la morfina era
lunica sostanza in grado di renderlo tollerabile. Linda
aveva donato il sangue, e anche mia cugina Eva, mia zia
Mary e Fran, unamica di mamma. Secondo le
prescrizioni, dovevo riceverne un litro il primo giorno, e
un altro litro poco prima di andare a teatro per lo
spettacolo. Dopo la prima trasfusione cominciai a
sentirmi pi forte. Pareva quasi un miracolo: mi sentivo
bene e piena denergia. Persino il sonno arriv senza
troppi sforzi.
La mattina del balletto mi svegliai al primo cambio di
turno degli infermieri. Ogni volta dovevano ricominciare
da capo, misurarmi la pressione e assicurarsi che fosse
tutto a posto. Mi somministrarono lantidolorifico e una
colazione speciale. Pensavo che avrei cominciato le
trasfusioni verso le dieci, in modo da potermene andare
nel primo pomeriggio e avere il tempo di prepararmi.
Ero certa che non solo sarei riuscita a eseguire la
coreografia per intero, ma lavrei eseguita bene.
Alle undici non era ancora arrivato nessuno. Chiamai
linfermiera e lei and a controllare se ci fossero dei
problemi.
C stato un tamponamento a catena a Waldo Grade
e gran parte del sangue andato perduto nellincidente.
Non so quanto ne sia rimasto per la tua trasfusione.
Dobbiamo occuparci delle emergenze, prima.
Ma deve esserci del sangue per me protestai.
Amici e parenti lhanno donato apposta.
In questo caso non dovrebbero esserci problemi.
Sono certa che provvederanno il prima possibile.
Si fece lora di pranzo. Passarono luna, le due, le
tre finalmente due infermieri portarono dentro una
flebo. Li guardai torva.
Ci dispiace, signorina, si scus il pi giovane temo
che dovremo attaccarti di nuovo.
Annuii e tesi il braccio. Lui infil lago, lo fiss con il
nastro adesivo e lasci fluire il sangue. Alle quattro
avevo finito, ma dovetti aspettare almeno un altro quarto
dora prima che tornasse linfermiere.
Okay, ragazzina disse lui sganciando la prima sacca
di sangue e cominciando a mettere la seconda.
Toglilo ordinai tirandomi su a sedere.
Scusa?
Lago devi togliermelo.
Qui prescritto un altro mezzo litro.
Lo far domani. Ho uno spettacolo, stasera.
Aspetta.
Ti prego, toglimi lago. Altrimenti faccio da sola.
Lascia che chiami prima il medico.
Okay, benissimo.
Allungai la mano verso lago.
Lho visto fare un milione di volte. Ormai sono in
grado di farlo anchio.
Cominciai a staccare il nastro adesivo.
Va bene, va bene, sta ferma. Tolse il nastro e sfil
lago. Ma dovr riferirlo alla dottoressa Conner.
Va pure. Devo vestirmi.
Sam

Linda aveva appena finito di darci istruzioni su come


organizzarci nel caso in cui Jules non fosse arrivata,
quando lei fece il suo ingresso in teatro. Part un
applauso corale e allimprovviso ebbi la certezza che
tutto sarebbe andato bene. Ce laveva fatta. I suoi occhi
brillavano mentre si guardava intorno ammirando la
vastit della sala. Di sicuro la stava immaginando piena
di gente. Si tolse subito la tuta e cominci a riscaldarsi.
Io cercai di attirare la sua attenzione, ma era troppo
assorta per accorgersene.
Jules era ancora la migliore di tutte, anche se era dura
per lei ormai. Si vedeva che cercava di risparmiare le
forze, mentre di solito, prima di uno spettacolo, dava
sempre il massimo. Ci andava piano, eseguiva gli esercizi
correttamente senza metterci troppa energia. Sembrava
andare al rallentatore, una frazione di secondo indietro
rispetto alle altre. Quando arrivammo alla sequenza
finale dei piegamenti, lei si mise in un angolo. Linda la
guard, ma non disse nulla. Pi tardi, nel backstage,
mentre tutte erano intente a truccarsi, vestirsi o ripassare
le modifiche dellultimo minuto, lei rimase in disparte. Era
l, apparteneva alla compagnia e allo spettacolo, ma allo
stesso tempo era come isolata. Quando ci riunimmo per
concentrarci e darci labbraccio di gruppo prima
dellapertura del sipario, lei rest un po indietro, e si un
al cerchio per ultima. Era accanto a me e quando le
passai il braccio intorno alle spalle mi parve talmente
fragile che avrebbe potuto rompersi da un momento
allaltro.
Si alz il sipario. Linda era riuscita a ottenere il Marin
Performing Arts Center gratuitamente e, poich il loro
ufficio stampa si era occupato della pubblicit, il teatro
era quasi pieno. Stare sul palco e sentire lenergia di tutti
quei corpi che aspettavano solo di vederci ballare era
incredibile. Cominciammo con una coreografia che
comprendeva tutti i membri della compagnia, alternando
assoli e parti in gruppo. Jules aveva deciso di non
prendervi parte, in modo da risparmiare le forze per il
balletto successivo, una coreografia montata sulla
canzone di Sting King of Pain. Era terribilmente difficile:
cerano parecchi movimenti da eseguire sul pavimento,
oltre a molti giri e sostenuti. La guardavo da dietro le
quinte. La sua concentrazione era totale, limmersione
nella musica completa. Non potevi fare a meno di
guardarla. Cerano altre tre ottime ballerine sul palco,
ma io vedevo solo lei.
Dopo toccava a me, avrei interpretato un pezzo jazz
molto ritmato. Mentre ballavo, con la coda dellocchio
vidi Jules appoggiata al muro a capo chino. Respirava
affannosamente, era sola. Avrei voluto andare da lei, per
capire se stava bene, ma la mia esibizione non
prevedeva uscite. Mi lanciai in una sequenza di passi e
chan che mi port verso la ribalta, e quando mi voltai,
Jules era scomparsa. Pi tardi scoprii, da Brooke, che
avevano dovuto aiutarla a uscire.
Eppure nel balletto successivo era di nuovo sul palco.
Sorrideva, danzava, giocava con il pubblico facendolo
ridere con il suo entusiasmo e la sua energia. Uscita dalla
scena rischi quasi di svenire. Durante lintervallo la
trovai in bagno, seduta sul water, che si tamponava il
collo con un asciugamano bagnato.
Se non te la senti di fare il passo a due delle Little
Girls non importa. Sarah e Colleen lhanno provato
diverse volte. Potresti riposare e venire fuori nel finale.
Sto bene rispose senza guardarmi.
Sei sicura?
Sto bene.
Venti minuti dopo ci mettemmo in posizione per
eseguire il nostro pezzo. Sedute sul pavimento,
tenendoci per mano come in un gioco, ci guardavamo
negli occhi. Le sorrisi, sperando che mi ricambiasse, e lo
fece. Un attimo prima di cominciare mi strizz locchio.
Per un secondo, un fuggevolissimo secondo, tutto mi
sembr perfetto. Eravamo insieme, la mia Unica e Sola e
io, nel luogo che pi ci apparteneva. La musica cominci
e noi insieme a lei, fidandoci luna dellaltra, ci
muovevamo a ritmo con la vita, trasmettendo tutto quello
che avevamo dentro. Alla fine, quando lei indic il nastro
immaginario e io lo afferrai, la stessa ondata di silenzio
delle prove ci avvolse. Mentre il sipario cominciava a
chiudersi, lapplauso scrosci fragoroso. Era talmente
forte e pressante che il macchinista ci fece segno di
uscire e fare un altro inchino. Troppo tardi: Jules aveva
lasciato il palcoscenico. Sarah e Brooke la chiamarono,
ma lei non torn indietro. Raccolsi gli applausi da sola.
Lo spettacolo fu un successo. Adesso avevamo i soldi
per la tourne. Linda si precipit nel backstage per
baciarci tutte. Ci abbracciammo, ridendo e
congratulandoci a vicenda, esultanti perch avevamo
raggiunto il nostro obiettivo. La tourne era una realt,
ed era tutto merito nostro!
Andiamo a festeggiare da Mims sugger Sarah.
Macch Mims, andiamo in centro! esclam
Brooke.
S, di, ragazze ce lo meritiamo intervenne Colleen.
Guido io! mi offrii.
Anchio! disse Thea. Andiamo! C un posto
fantastico a North Beach!
Festaaa! si sentiva urlare da ogni angolo della
stanza.
Aspettate dobbiamo andare tutte insieme insist
Sarah. E solo allora mi accorsi che Jules stava uscendo
in silenzio, con il borsone di danza in spalla.
Jules devi venire anche tu gridai. Di colpo cadde
il silenzio. Una di noi non sarebbe venuta in tourne.
Lei scosse la testa e sorrise. Credo sia meglio di no.
Sono molto stanca.
Oh, avanti! Puoi farcela! Ti prego, Julie Le
altre si strinsero intorno a lei supplicandola.
Grazie, ragazze. Ma preferisco andare a casa.
Dopo che fu andata via non riuscivamo pi a guardarci
in faccia. Finimmo di vestirci e di rimettere a posto le
nostre cose in silenzio. Io la rincorsi tra la folla. La gente
mi sorrideva congratulandosi per lo spettacolo, e io
annuivo, godendo di quei complimenti. Una volta fuori,
la chiamai, ma lei non si volt. Sapevo che mi aveva
sentito aveva alzato un poco le spalle, scuotendo la
testa , ma non aveva voluto rispondermi. Non potevo
fare altro, cos tornai dentro. Pi tardi andai insieme a
Brooke in un ristorante di Sausalito che dava sulla baia.
Ci divertimmo un mondo. Evitando accuratamente di
menzionare Jules.
Julie

Non ricordo molto dello spettacolo. Non proprio. Ho


sempre ricordato con chiarezza ogni attimo passato sul
palcoscenico. I momenti unici in cui riuscivi a
oltrepassare un limite. La presenza del pubblico di fronte
a te, che percepivi, ma non vedevi perch abbagliata
dalle luci consapevole che era l e che riusciva a tirar
fuori da te molto pi di quanto credevi di poter dare. E i
momenti buffi, quelli in cui dimenticavi un passo e cercavi
di nasconderlo, o finivi nel punto sbagliato del palco. Il
nervosismo davanti al sipario, lesaltazione dopo. Quella
volta non ci fu nulla di tutto questo. Perlomeno per me.
Lunica cosa che mi rimasta impressa era lansia di
lasciare la clinica e arrivare in tempo a teatro. La
trasfusione mi aveva fatto sentire un po meglio, un po
pi forte, ma era un effetto temporaneo e dovevo
approfittarne finch potevo. Larrivo in scena, gli ultimi
momenti dietro le quinte, prima di cominciare, e persino i
balletti, sono un ricordo confuso. Non riuscirei a
raccontarli. Tranne forse la fatica che mi sono costati.
Non ho mai sofferto tanto in vita mia. Ogni otto
sembrava infinito, ogni passo pi difficile del precedente.
Il pubblico era avido e risucchiava fino allultima stilla di
energia che avevo in corpo. Non credevano che avrei
potuto farcela. Nessuno ci credeva. I miei genitori,
Linda, e nemmeno Sam. Non mimportava. Ballavo per
me stessa, perch mi ero ripromessa che lavrei fatto,
perch non potevo non ballare. Non minteressava cosa
pensassero o provassero gli altri. Lo facevo per me e
avrei sopportato qualunque sacrificio. E poi, pareva che
nessuno riuscisse pi a vedermi. La mia strada non si era
solo allontanata da quella degli altri, si era persa
addirittura in una foresta. Ero scomparsa quasi del tutto.
Tranne che per Rosie. Quando mi guardava, ero
ancora l. Forse non era abbastanza grande da far finta
di non vedermi, di sforzarsi di ignorare cosa ero
diventata. Vedeva me e basta. Ogni volta che entravo in
scena si metteva a urlare, con la sua vocetta stridula:
Julsie! Ecco la mia Julsie!. Come sempre. E sentivo la
gente ridere, come sempre. Solo che non cera nulla da
ridere.
Mi dava semplicemente sui nervi. E ogni volta che
strillava Julsie la mia collera cresceva. Era
incontrollabile. Alla fine dello spettacolo ero furiosa con
lei e con i miei genitori che non lavevano tenuta a bada.
Mi tolsi in fretta il costume e mi vestii, ignorando
lallegria generale che mi circondava. Stavano
festeggiando perch la compagnia sarebbe andata in
tourne; lo spettacolo aveva procurato il denaro
necessario. Sembravano essersi dimenticate che io non
sarei potuta partire, e persino che ero l con loro. Fino a
quando Sam non se ne accorse. E allora tutte si
voltarono a fissarmi. In un attimo si resero conto di
avermi escluso e si riunirono intorno a me. Esaltate per il
successo, per il raggiungimento del loro obiettivo, mi
guardavano e non vedevano niente. Stavo scomparendo
e non se ne curavano.
Vieni con noi! mi pregavano tutte.
Avrei voluto urlare loro contro, ma non ne avevo la
forza. Avrei voluto prendere a schiaffi Sam perch aveva
attirato lattenzione su di me. Lei era proprio come
Rosie: non mi lasciava in pace. Non so come, alla fine
riuscii a declinare linvito senza alzare la voce e uscire
dai camerini. Attraversai il teatro e nessuno, neanche uno
tra la folla che aspettava i ballerini per congratularsi, mi
ferm per dirmi bello spettacolo o sei stata
bravissima, anche se portavo la borsa e la felpa della
compagnia. Eppure molti mi avevano riconosciuto. Sam
mi chiam, non mi voltai. Smise di seguirmi quando
raggiunsi il parcheggio, dove mi aspettavano i miei
genitori. Era calato il freddo, ma non me ne accorsi. Gli
effetti della trasfusione erano svaniti completamente e
riuscivo a stento a tenermi in piedi.
Rosie mi corse incontro, elettrizzata, felice, scoppiava
denergia e di salute. I miei genitori mi sorridevano,
orgogliosi, e sapevo che erano ansiosi di congratularsi
con me. Mio padre aveva con s la videocamera. Li
guardai torva.
Possibile che non riusciate a tenere buona questa
piccola peste? chiesi a mia madre. Ha rovinato tutto lo
spettacolo.
Rosie si ferm di colpo come se avesse ricevuto un
ceffone in pieno viso, e and a nascondersi dietro le
gambe della mamma. Gli occhi le si riempirono di
lacrime, le labbra presero a tremare. Mi sforzai, senza
successo, di controllare la voce.
Dobbiamo starcene qui come degli idioti? Possiamo,
per favore, andare a casa?
I miei genitori si scambiarono uno sguardo
sconcertato, poi mio padre indic qualcosa alle mie
spalle.
Sei venuta da sola in macchina, tesoro mi disse.
Lo so! Credi che non lo sappia? strillai.
Julie Mia mamma prov ad avvicinarsi ma la
respinsi.
Come fate a non capire? Non riesco a guidare! Non
riesco a ballare, a pensare, a fare pi nulla!
Avevo perso il controllo, me ne rendevo conto.
Sapevo che altre persone ci stavano osservando, ma
non riuscivo a fermarmi.
C qualcuno con un po di buonsenso in questa
famiglia? Ho il cancro, cazzo, se non ve ne siete accorti!
Come fate a pensare che possa tornare a casa da sola?
Nessuno si mosse o parl per un lungo, terribile
momento. Fissavo furibonda i miei genitori, sconvolti
dalla mia reazione. Poi mi sentii vacillare e cercai il
sostegno di mia madre. Lei mi afferr e, lanciando uno
sguardo dintesa a mio padre, mi condusse verso lauto.
Rosie si rifiut di sedersi vicino a me, cos sal sulla mia
macchina insieme a mio padre.
La mamma pos una mano sulla mia gamba. Io mi
ritrassi.
Julie, tesoro disse piano. Scossi la testa. Ero
troppo arrabbiata. Non riuscivo a parlare. Non riuscivo
nemmeno ad ascoltare. Per il resto del tragitto
rimanemmo in silenzio.
Giunte a casa, mi aiut a entrare, poi port Rosie
ancora scontrosa e imbronciata nella sua stanza. Mio
pap si rifugi in soggiorno. Io mi sedetti al tavolo da
pranzo, cercando di capire dove avevo sbagliato. Niente
era andato come speravo; e ora era tutto finito. Alzai lo
sguardo. Mia madre mi fissava dalla soglia. Sorrise. Mi
resi conto che la collera era svanita. Ma il vuoto che
aveva lasciato era persino peggiore.
Ti va un massaggio alla schiena? mi chiese.
Scossi la testa.
Ne vuoi parlare?
Feci di nuovo segno di no. Non avevo pi sentimenti.
Come potevo avere parole?
Voglio solo andare a letto risposi e lasciai che mi
accompagnasse in camera. Mi aiut a spogliarmi e mi
diede il bacio della buonanotte mentre mi rimboccava le
coperte. Anche se sapevo che non sarei riuscita a
dormire, chiusi gli occhi. Qualche istante dopo, la sentii
chiudere piano la porta.
Quando tutti furono andati a letto, uscii sul terrazzo in
camicia da notte. Era buio e faceva molto freddo. Rimasi
immobile, lasciando che il gelo mi penetrasse dentro,
mentre la brezza lieve scivolava sulle mie guance,
inseguendo le lacrime. Lo spettacolo era andato. Non
cera alcuna possibilit che andassi in tourne. Ero
riuscita a stento a trovare la forza per ballare quella sera.
E poi, avevo bisogno di continue trasfusioni di sangue e
antibiotici e qualunque altra cosa avessero deciso di
pomparmi dentro. Non riuscivo a capire a cosa servisse
tutto questo.
Cercai di imprimere quella notte nella mia memoria, e
non ci riuscii. Continuavo a non ricordare nessun
momento in particolare e mi chiesi se non stessi
cominciando a scomparire. Se solo dopo lo spettacolo,
quando avevo attraversato la folla, la gente non mi
avesse ignorato ma il punto era che non potevano
vedermi. Forse solo la mia sorellina era in grado di farlo,
ormai, perch Rosie avrebbe dovuto prendere il mio
posto.
Chiusi gli occhi, senza dormire. Il freddo non mi dava
pi fastidio o meglio ero diventata talmente insensibile
che non lo sentivo nemmeno. Mi sforzavo di trovare un
strada per i miei pensieri, per riflettere sulla situazione,
capire cosa stava succedendo, perch a volte sentivo
troppo e poi pi niente. Non ci riuscii. In fondo ai miei
occhi vedevo colori turbinare e mischiarsi con violenza in
forme orride e cupe. Cercai di scacciarle. Avrei voluto
fuggire da quegli incubi, da me stessa. Avrei voluto
urlare, scappare, sbattere la testa contro il muro per non
pensare pi a niente. Ero cos stanca di combattere.
Stanca del dolore, delle iniezioni e di tutte le stupide
espressioni sulle facce di chi mi stava intorno. Di sapere
pi di quanto avrei mai voluto sapere sul cancro, sulla
chemio, sui medici e sulla morte.
Cominciai a piangere. Le lacrime vennero fuori da
sole, lente, e non potevo fare assolutamente niente per
fermarle. Cera un grande silenzio, rotto solo dal mio
tirare su col naso mentre le lacrime continuavano a
scorrere. Non le asciugai. Le lasciai cadere lungo il
mento e gocciolare sul petto, ascoltandole. Poi una
paura immensa si impossess di me, scacciando gli
incubi e raggelando i miei occhi umidi, mozzandomi il
respiro, spazzando via tutto ci che ero o ero stata,
quello che sapevo o pensavo. Non riuscivo ad arginarla,
ad afferrarla e nemmeno a sfuggirle.
Come sarebbe stato? Cosa avrei provato? Cosa avrei
pensato? Avrei capito quello che mi stava accadendo o
avrei solo perso conoscenza, senza accorgermi di nulla,
come quando ti fanno lanestesia prima di
unoperazione? Stavo per reincarnarmi in un altro
corpo? Avrei trovato un Dio in attesa di punirmi, di
decidere se mandarmi in paradiso o allinferno? O non
avrei trovato nulla? Avrei sofferto? Avrei saputo cosa
fare e come?
Pensai al padre di Jack in ospedale prima di morire.
Pensai al mio cane, Jonti, che era stato investito da una
macchina a sette anni e che poi avevamo dovuto
sopprimere. Anche mio zio Eddie era morto e persino
una cuginetta di secondo grado di tre anni appena, che
avevo visto solo una volta. La gente moriva ogni giorno.
Non doveva essere poi cos difficile. Il terrore sembr
allontanarsi per un attimo, solo per tendermi un agguato
alle spalle. Non importava quante persone fossero
morte: stavolta toccava a me. E avrei dovuto farlo da
sola.
Allimprovviso, con gli occhi bene aperti, certa di
essere sveglia, scorsi il vecchietto dallaspetto
inquietante. Tante volte si era seduto accanto a me
quando entravo nel Mondo di Mezzo. Ora lo vedevo
fluttuare davanti ai miei occhi e, per la prima volta, lo
guardai dritto in faccia. Il suo sguardo era serio,
profondo e dolcissimo, fino a far male. Mi parl senza
proferire parola, e io lo ascoltai. Mi prese le mani senza
toccarmi e mi baci la fronte senza avvicinarsi.
Improvvisamente una grande pace e serenit scesero
dentro di me. Mi pareva quasi di toccarle, di udirle, di
sentirne il sapore; venivano da dentro e da fuori allo
stesso tempo. Gli posi delle domande, alle quali rispose.
Annuii. Lui aspett, accenn una specie di sorriso in
risposta. Io feci un bel respiro profondo. Alla fine,
mentre il sole cominciava a spuntare, mi addormentai.
Julie, tesoro, coraggio entriamo mi stava dicendo
mia madre. Si gela qui fuori. Mettiti a letto.
Mi svegliai di colpo. Mi faceva male tutto, ma la mia
mente era limpida. Mamma, voglio andare al rinfresco.
Cosa? Le sfugg una risatina. Era abituata alle
stupidaggini che mi capitava di dire appena sveglia.
Il rinfresco per festeggiare linizio della tourne.
Voglio andarci.
Mi fiss per un secondo, poi scosse la testa. Tesoro,
non credo proprio
Non hai capito. Io ci vado e basta.
Parliamone pi tardi, dopo che avrai riposato un
po.
Dormii per quasi quattro ore e quando mi svegliai la mia
decisione non era cambiata. Il rinfresco si sarebbe tenuto
da l a tre settimane, il giorno prima che la compagnia si
imbarcasse sul volo per Los Angeles e io ero decisa ad
andarci. Mi resi conto, in quel momento, che la festa
sarebbe stata per me la seconda parte dello spettacolo.
Avevo chiuso con la danza e ora dovevo chiudere
con cosa? Non avrei saputo spiegarlo a parole. Sapevo
solo che era la cosa giusta da fare. I miei genitori
cercarono di dissuadermi. Loro erano razionali; io
irremovibile. Loro si facevano insistenti; io determinata.
Si appellavano al mio buonsenso e li ignoravo. Alla fine
mi proibirono di andare. Scatenai un putiferio.
Si far male! urlava mio padre mentre piangevo e
strillavo sul divano del salotto, in preda alla collera.
Fermala!
Fermala tu! grid mia madre per tutta risposta. Sei
tu che le hai proibito di andare.
Julie Juliana! esclam mio padre cercando di farsi
sentire sopra il baccano che stavo facendo. Va bene,
smettila adesso. Se significa cos tanto per te, ti
porteremo al rinfresco.
Mi calmai. Sapevo che alla fine lavrei avuta vinta.
Sam

Visto che lo spettacolo cera gi stato e la tourne non


sarebbe cominciata prima di tre settimane, il supervisore
mi inform che se non avessi migliorato i miei voti non
avrei potuto diplomarmi. Mia madre rincar la dose:
Niente diploma, niente tourne. Non avevo vie
duscita. Per non parlare del fatto che non avevo ancora
la minima idea di cosa avrei fatto dopo il liceo. Ci avrei
pensato pi avanti.
Studiare a casa era una noia mortale, cos finii per
trascorrere serate intere alla Mill Valley Library. Mi
capit di incontrare Jack e Rachael un paio di volte, ma
non ci fermammo mai a parlare. Poi, una sera, Rachael si
avvicin alla mia scrivania. La guardai sorpresa.
Lo so. Neanche tu mi piaci esord. Ma Jack ha
bisogno di parlarti. molto importante. Me lo indic,
seduto al suo posto vicino alla porta. Si alz
bruscamente e usc.
Allora digli di venire qua.
Non lo far. Ha paura di te.
Oh, questa poi!
Shhh! ci rimprover un signore anziano al tavolo
accanto. Rachael continu sussurrando.
Ti prego. Non ci vorr molto.
Stavo per rispondere piccata, ma qualcosa nel suo
tono di voce mi ferm.
per Jules?
In parte. Ma soprattutto per Jack.
Seguite dallo sguardo torvo dellanziano signore, io e
Rachael ci avviammo verso luscita. Jack se ne stava
seduto su una panchina di fronte allOld Mill Park.
Rachael si ferm sul portico, lasciandomi proseguire da
sola verso di lui. Sembrava che avesse pianto.
Non dire nulla mi disse, sbattendo le palpebre e
tirando su col naso. Ascoltami e basta.
Okay.
Mio padre rimase in ospedale per due settimane
dopo il primo infarto, ricordi? In realt non me lo
ricordavo, ma annuii.
E Julie continuava a dirmi che dovevo andare a
trovarlo. Non faceva che dire: importante che tu gli
dica che gli vuoi bene. Non si sa mai. Si asciug il viso
sulla manica e continu. Ma io non lho fatto. Ci sono
andato mentre dormiva, cos non avrei dovuto parlarci.
Rachael ci raggiunse, si sedette e cinse le spalle di Jack
con il braccio. Non si sentiva altro rumore se non il suo
pianto soffocato. Infine mi guard: Non glielho mai
detto, Sammie. E alla fine lui morto.
In quel momento qualcosa dentro di me and in pezzi.
E io non potei fare altro che andarmene. Afferrai i libri
che avevo lasciato dentro, li gettai sul retro della
macchina e cominciai a risalire Mount Tam, per
allontanarmi il pi possibile da casa mia, da Jules, da
Jack e tutto il resto. Arrivata pi o meno a met, dopo
Mountain Home, accostai e scesi dallauto. Dove stavo
andando? La strada saliva fino in cima e ricominciava a
scendere sullaltro versante. Mi inoltrai lungo uno dei
sentieri e mi sedetti al buio sul bordo di una scarpata.
Gi in fondo si stendeva Mill Valley.
Mi torn in mente la prima volta che io e Jules ci
eravamo depilate le gambe.
Non ci vuole niente avevo insistito mentre ce ne
stavamo nascoste nel suo bagno con il rasoio di sua
madre. Non devi fare altro che farlo scorrere sulla pelle
verso lalto.
Per dimostrarglielo mi procurai un lungo taglio al
centro della gamba. Rimasi di sasso a fissare il sangue
che sgorgava. Jules ci vers sopra almeno mezza
bottiglia di disinfettante e tent di infilarmi in bocca un
asciugamani per non farmi urlare. Sandra ci scopr lo
stesso.
Poi ci fu la prima volta in cui provammo a bere. Era
lestate prima dellinizio del liceo. Rubavamo lalcol nelle
case dove lavoravamo come babysitter e lo
nascondevamo in un vasetto di marmellata in fondo al
mio armadio. Ovviamente era un miscuglio di roba:
bourbon, gin, vodka. Per noi erano tutti uguali. Ci
imbucammo a un ballo, al San Raphael High. Ci
nascondemmo in bagno e, tappandoci il naso,
mandammo gi quellorribile cocktail e tornammo sulla
pista da ballo.
Cavolo, non sento niente disse Jules.
Neanche io. Forse non dovevamo mescolarli.
Poi di colpo il pavimento si inclin e il resto della festa
divenne unaccozzaglia di immagini confuse e di risate
irrefrenabili.
La sera in cui mio padre se ne and per sempre,
chiamai Jules alle due del mattino. Mia mamma non era
tornata a casa e non sapevo cosaltro fare. Lei e Sandra
vennero a prendermi. Mi misero a letto insieme a Jules e
io piansi tra le sue braccia fino a che non mi
addormentai.
Ricordai anche il primo giorno in cui ci eravamo
conosciute. Fu a lezione di danza, naturalmente. Avevo
nove anni e prendevo lezioni da Margarete, al The
Belrose, dove adesso cera la sala prove della
compagnia. Non ero molto brava, ma immaginavo gi di
diventare la prossima Gelsey Kirkland. Poi arriv Jules.
Aveva studiato al San Francisco Ballet, ma arrivare fin
laggi per le lezioni era diventato troppo pesante, cos
Sandra laveva portata al The Belrose. Ricordo con
precisione il suo aspetto: capelli legati stretti in un piccolo
chignon sulla nuca, body bianco, scarpette e calzamaglia
rosa, e una piccola borsa da danza nera. Tutte quante la
squadrammo da capo a piedi mentre prendeva posto in
silenzio alla sbarra.
Sorrisi con arroganza. Il corso era iniziato da mesi e in
quel momento stavamo studiando una difficile variazione.
Pensai che non sarebbe mai riuscita a eseguirla e che
avrebbe fatto la figura della stupida. Per due minuti
soltanto. Poi ci rendemmo tutte conto che aveva una
tecnica invidiabile e che lavorava duro. Non solo riusc a
portarla a termine, ma la conosceva per intero, e
Margarete gliela fece provare davanti a tutta la classe.
La detestai. Venne immediatamente promossa al
livello superiore e io iniziai a impegnarmi di pi.
Aumentai le ore di lezione, lavorando anche a casa, e
supplicai Margarete di passare anche me al livello
successivo. Margarete alla fine acconsent. Poi, in vista
del saggio di primavera, ci assegn un pas de deux. Lo
provavamo per altre due ore dopo la lezione del sabato,
ciascuna determinata a dare il massimo per superare
laltra in bravura e al saggio andammo benissimo. La
svolta era avvenuta quando avevamo riguardato il filmato
una settimana dopo. Io e Jules insieme, sul palco,
eravamo strabilianti. Persino noi riuscivamo a capirlo.
Luce e buio, giorno e notte, sole e luna. Ricordavo
esattamente quel primo sorriso che ci scambiammo. Ben
presto diventammo inseparabili. Da allora non credo di
aver mai fatto qualcosa che non coinvolgesse anche
Jules in un modo o nellaltro.
Fino a ora.
Il giorno dopo saltai la scuola. Mi avrebbero bocciata lo
stesso, ormai, quindi non era un gran problema. Andai a
casa sua, parcheggiai dallaltra parte della strada e infine
mi decisi a scendere dallauto e bussare alla porta. Mi
apr Sandra, che parve molto felice di vedermi. Ci
abbracciammo senza dire una parola; poi mi condusse in
soggiorno. Jules se ne stava seduta sul divano, avvolta
nel suo vecchio accappatoio blu, a guardare un talk
show in tv. O meglio, la tv era accesa. Ma lei aveva gli
occhi chiusi.
Si volt verso di me lentamente forse troppo. Non
portava la parrucca e i suoi capelli, lunghi un paio di
centimetri, erano coperti da un foulard annodato alla
meno peggio. Quando mi vide cerc di sorridere. Anche
se cera qualcosa di strano in lei. Avrei voluto chiedere
spiegazioni a Sandra, ma lei ci aveva lasciato sole. Mi
girai di nuovo verso Jules. Non volevo fissarla con tanta
insistenza, per non riuscii a evitarlo. Vista da vicino, la
sua faccia era come distorta. Locchio sinistro era chiuso
e da quel lato non riusciva a sorridere.
un tumore disse con una voce che non sembrava
la sua. Al cervello.
Merda, Jules trasalii prima di rendermi conto di ci
che stavo dicendo. Oh, scusami.
La solita vecchia Sam.
Erano cambiate tante di quelle cose in cos poco
tempo. Le sue parole risuonarono indistinte, lente,
pronunciate a fatica.
Fa male? chiesi.
No, non il tumore.
E il resto?
Credo di s. Ma sto abbastanza bene. Faccio delle
iniezioni.
Annuii senza sapere cosaltro aggiungere. Nel silenzio
che segu udii il suo respiro. Sembrava affannoso,
difficile. Jules abbass lo sguardo, scusandosi,
spiegando che si sentiva stordita per la maggior parte del
tempo, per via della malattia e dei farmaci che prendeva.
Annuii ancora, certa che non mi vedesse. Allimprovviso
mi fiss dritta negli occhi. Aveva la bocca contratta nello
sforzo di non piangere.
La dottoressa Conner mi ha mentito. Aveva detto
che i capelli non sarebbero caduti.
Feci di s con il capo e sentii gli occhi riempirsi di
lacrime. Jules mi tese la mano e ci poggiai sopra la mia.
una faccia di merda sussurrai.
Una testa di cazzo.
La figlia di una vacca.
Che possano venirle le bolle sulle palpebre.
Spero che le si chiuda il buco del culo.
Ci sfugg una risata. Breve, ma ci fece bene. Per un
po rimanemmo in silenzio. Jules si assop un attimo. I
battiti del mio cuore avevano rallentato e la mia testa non
rimbombava pi. Aspettai con calma che si svegliasse.
Ehi, dormigliona, ti va di fare un giro?
No, grazie.
Di, guider molto piano.
No. Mi sento molto debole in questo momento.
Vuoi venire o no?
No.
Coraggio, ti far bene.
Sam, non credo proprio.
Potremmo andare nella casa sulla spiaggia della
mamma di Brooke. So dove nasconde le chiavi.
Be
E di
Non lo so
Ti prego, Jules.
Okay, ma non riesco a camminare molto bene.
Io e Sandra la aiutammo a raggiungere la macchina e
osservai con attenzione il modo in cui lei la mise a
sedere. Volevo essere in grado di aiutarla, pi tardi.
Jules rimase in silenzio per tutto il tragitto attraverso Mill
Valley fino a Mount Tam. Non cera molto traffico e
laria era fresca. Quando arrivammo alla villa di Brooke,
presi le chiavi, aprii la porta dingresso e laiutai a
entrare.
La casa, completamente vuota, nella luce limpida del
mattino sembrava ancora pi bella. Le finestre che
affacciavano sulloceano davano limpressione di essere
sospese nello spazio, con lunico sostegno della terrazza.
Il salotto era una meraviglia. I soffitti alti, lo spazio
aperto e luminoso, e due ampi dipinti viola e blu che si
guardavano da una parete allaltra. Non cerano mobili,
solo dei tappeti spessi e la piscina. Ebbene s, una
fantastica piscina proprio al centro della casa, con il
fondo dipinto dello stesso blu-violetto dei quadri appesi
ai muri.
Jules aveva laria di chi si sentiva a proprio agio.
Non ci scambiammo una parola. Lei sedette sul
tappeto di mezzo, mentre io andai ad aprire tre delle
cinque imponenti porte di vetro scorrevoli che facevano
da muro esterno. La fresca brezza marina invase
immediatamente la stanza. Trovai dei cuscini e una
coperta e li portai a Julie, sistemandoli in modo da
sostenerla. Mi sedetti accanto a lei. Lunica cosa che ci
interessava era goderci quel momento.
Il cielo stava cominciando a offuscarsi. Non era
ancora coperto, ma lo sarebbe stato presto. Il vento
freddo iniziava a soffiare a raffiche. I gabbiani si
lasciavano trasportare dalla corrente o si buttavano in
picchiata sullacqua in cerca di pesci. Uno di questi
atterr sulla terrazza, il muso controvento, il petto in fuori
e la testa leggermente indietro, fiero e pronto allazione.
Un altro lo raggiunse, poi un altro e un altro ancora. Ne
contammo diciassette, tutti nella stessa posizione:
controvento, petto in fuori, testa indietro. Io e Jules non
osavamo muoverci. Di colpo uno dei gabbiani spicc il
volo: altri due lo seguirono, poi tre, uno solitario e infine
un gruppo di quattro. Puntavano verso il cielo, e quando
lultimo si sollev da terra, un altro prese il suo posto.
Era una coreografia eccezionale.
Un attimo dopo erano di nuovo tutti sulla terrazza:
ripresero la sequenza allo stesso modo altre quattro
volte. Infine volarono via. Noi rimanemmo in attesa,
incantate da quello spettacolo imprevisto, ma i gabbiani
non tornarono pi. Io e Jules ci guardammo, sorridenti e
stupite, e allo stesso tempo dispiaciute perch
lesibizione era finita. Poi lei mi indic qualcosa e io vidi
un gabbiano che ci fissava attraverso la porta aperta. Il
vento gli arruffava le penne facendolo vacillare. Poi
annu. Giuro, annu sul serio. Mi parve di vedere Jules
rispondergli. Solo allora vol via.
Rimanemmo da Brooke parecchie ore, senza parlare
di nulla in particolare. Per gran parte del tempo
guardammo il cielo e quando laria si fece pi calda, ci
sedemmo fuori a fissare il mare. Setacciai la cucina in
cerca di cibo sano che potesse andare bene anche per
Jules, senza dover tornare a casa per pranzo.
Non un granch ammisi mentre glielo portavo.
Lo sai che sono un disastro in cucina.
Sempre che riesca a mandarlo gi.
Vedremo.
La osservai mangiare come se mi trovassi lontano,
molto lontano e la stessi scrutando attraverso un
telescopio. Ero l e allo stesso tempo non cero.
Mangiava con cautela, masticando lentamente ogni
boccone. Riusc a finire solo met piatto. Lo riportai in
cucina, lo lavai e tornai in terrazza, sedendomi accanto a
lei accovacciata sulle gambe. Ricominciammo a guardare
loceano.
Ti ricordi quando abbiamo parlato di quello che
succede? mi chiese.
Mi ci volle qualche istante per capire a cosa si stesse
riferendo e un certo disagio mi assal.
Ah, ah.
Ci hai pi pensato?
Credo di s.
Che ne dici? Avevo ragione?
Intendi sul fatto di raggiungere un altro livello di
coscienza e poi tornare in vita e via dicendo?
Mmm, mmm.
S, pu essere.
Veramente?
S.
Raccontami.
Quello che penso?
Certo.
Be, penso che lunica cosa che cambia davvero sia
il corpo. Voglio dire quello insomma muore. Ma tu
no. Non la tua parte pi vera, pi essenziale lanima o
come tu voglia chiamarla.
Lei annu, assorbendo ogni mia parola, e quando parl
di nuovo la sua voce era quasi impercettibile.
Secondo te far male?
Aspettai un minuto prima di rispondere. Dovevo
pensarci su. Volevo essere sicura di credere a quello che
le avrei detto. Lei mi osservava senza parlare.
No. Immagino non far male per niente.
Davvero?
Davvero.
Annu.
Credo che tu abbia ragione.
Tacque, mi guard dritto negli occhi e accenn un
sorriso. Fa male adesso, invece.
Gi.
Si avvicin a me e io la cinsi con un braccio. Non
pesava nulla, il suo corpo era quasi inesistente. Mi pos
la mano in grembo. Gliela strinsi e rimasi sorpresa. Il
cancro aveva cambiato tutto di lei il viso, i capelli, il
corpo ma quelle dita lunghe, quelle delicate mani da
ballerina, erano intatte e incredibilmente belle.
Julie

Il tempo cominci a rallentare, o ad accelerare. Non


avrei saputo dirlo. Succedeva tutto e niente allo stesso
tempo. Cambiavo senza muovermi. Viaggiavo per
centinaia di chilometri senza spostarmi da casa. Il mio
corpo stava crollando, ma la mia mente no. Ascoltavo il
mondo e guardavo la mia strada divergere sempre pi
nella direzione solitaria che aveva intrapreso. I fantasmi
di mio padre, mia madre, Rosie e Sam comparivano e
sparivano insieme a quelli di persone che non
conoscevo. A volte li sentivo piangere. A volte mi
parlavano e io rispondevo. Altre li ignoravo. In quei
momenti ero troppo impegnata a ridere tra le nuvole
insieme al mio fantastico vecchietto inquietante. La
distanza si faceva sempre pi ampia e io ero pronta. E
sapevo che il rinfresco si sarebbe tenuto a breve.
Una volta? Forse di pi Rosie si era infilata nella
mia stanza ed era rimasta accanto al mio letto a
guardarmi. Sentivo la sua presenza, pi che vederla,
dato che in quei giorni aprire gli occhi era spesso
insopportabile. Se mi fossi mossa lavrei spaventata e
parlare era troppo difficile. Chiss cosa vedeva? Chiss
se capiva chi ero oppure ero cambiata talmente tanto
che non mi riconosceva? Avrei voluto essere pi gentile
con lei. Avrei voluto entrare in contatto con lei, unultima
volta, come succedeva quando era pi piccola, prima
che mi ammalassi. La mia mente sintorpid. Lei infil la
mano sotto la mia e con laltra pieg le mie dita intorno
alle sue. Aprii gli occhi e cercai di guardarla, di
sorriderle. Non so se ci riuscii, ma perlomeno lei non
scapp via. Ci guardammo a lungo, ci guardammo
dentro. La sua faccia era la mia. Mi accarezz la
guancia, una volta sola. Persi i sensi di nuovo. Quando
tornai in me era sparita.
Sam

Nessuno riusciva a crederci quando Jules fece la sua


comparsa al ristorante dove stavamo festeggiando
linizio della tourne. Eppure eccola l: avevamo appena
finito di mangiare e lei era entrata, vestita per
loccasione, sulla sua enorme sedia a rotelle. Insieme a
lei cerano i suoi genitori e per un lungo, agghiacciante
momento, cal il silenzio. Poi Linda si alz e cominci ad
applaudire e noi ci unimmo a lei. Jules sollev gli occhi al
cielo e chin il capo, sorridendo con quel suo sorriso
storto. Con un cenno della mano tent di fermarci, ma
noi continuammo ad applaudire, alzandoci in piedi e
attirando lattenzione di tutto il locale.
Un attimo dopo Linda fece spazio a capotavola.
Sandra spinse Jules al suo posto. Nessuno sapeva
ancora cosa dire. Continuavamo a sorridere e dentro di
me sapevo che tutti stavamo pensando la stessa cosa.
Quella minuscola persona, quella creatura mezza donna
e mezza elfo con una parrucca troppo grande e il corpo
praticamente inesistente; come poteva essere Juliana?
Aveva il viso di una vecchia, lespressione contorta dal
tumore.
Spero non vi dispiaccia se sono venuta disse. La
sua voce era lieve e impalpabile. Spesso doveva
fermarsi per riprendere fiato. Volevo solo augurarvi in
bocca al lupo prima della partenza. Fece una pausa,
aspett, ma nessuno apr bocca. Guard tutte le presenti
intorno al tavolo, sorridendo a ciascuna. Ehi, ragazze,
sono sempre io. Giuro. Nessuna reazione. Posso
andarmene a casa se non mi volete.
Ci affannammo a rassicurarla che eravamo felici che
fosse venuta e latmosfera torn alla normalit. Durante
lora successiva, Jules trov il tempo di scambiare una
parola in privato con ciascuna: le prendeva per mano e
le ascoltava con attenzione. Poi rispondeva e, anche se
non riuscivo a capire cosa dicesse, tutte, dopo aver
parlato con lei, sembravano cambiate, cresciute, meno
superficiali, commosse da quel momento trascorso
insieme. La guardavo, seduta al mio posto, orgogliosa di
lei, sbalordita dal suo coraggio. Anche i suoi genitori la
osservavano, e il loro sorriso non vacill neppure per un
istante. Quando arriv il mio turno, non ci fu bisogno di
parole. Ci stringemmo le mani, gli occhi di una persi in
quelli dellaltra. Poi, senza quasi accorgercene, il
momento pass.
Fuori, prima di salutarci, Linda chiam i membri della
compagnia a raccolta. Formammo un cerchio come
facevamo sempre prima di ogni spettacolo e Sandra
spinse la sedia di Jules accanto a noi. Ci prendemmo per
mano.
Voglio dire a Julie che ci mancher moltissimo
durante la tourne. Avresti dovuto esserci anche tu e
sono molto dispiaciuta che non sia cos. Sei una giovane
donna eccezionale, di grande ispirazione per noi, e ti
voglio un mondo di bene. Te ne vogliamo tutte. Quindi
dedicheremo a te il lavoro della prossima settimana.
Balleremo per te, anche se non potrai vederci, se non in
video. Questa sar La Tourne di Juliana. Sorrise.
Spero che tu sia daccordo.
Jules annu. Piangeva sommessamente e prefer non
parlare. Non ce nera bisogno.
Sandra si fece avanti e, prima che portasse via Julie,
mi chinai e le diedi un bacio sulla guancia. Lei mi tocc il
viso e in silenzio con le labbra disse: Ti voglio bene.
Poi, insieme al resto delle mie compagne, la guardai
andar via.
Il giorno dopo, di buon mattino, eravamo al San
Francisco Airport. Non avevo dormito molto la notte
prima, tra leccitazione per la partenza e lemozione
intensa di aver rivisto Jules. Con indosso le giacche della
compagnia ci sentivamo delle vere professioniste, e
aspettavamo il nostro volo nel terminal principale
ostentando una certa importanza. Prima dallora non
ceravamo mai sentite un vero gruppo, unentit unica, e
questo lo dovevamo a Jules. Ci aveva dato la spinta che
ci mancava. Avevamo un obiettivo: eravamo La
Tourne di Juliana.
Il volo United 1729 per Los Angeles pronto per
limbarco al gate 74A annunci laltoparlante.
Raccogliemmo le nostre borse e i bagagli a mano e ci
avviammo. Arrivati ai controlli di sicurezza, oltre la sala
daspetto, udii pronunciare il mio nome.
Samantha Russell attesa al telefono di cortesia.
Samantha Russell attesa al telefono di cortesia, prego.
Guardai Linda che scroll le spalle, perplessa. Lasciai
le valige a Sarah e Brooke, mi feci strada tra file di
passeggeri e trovai un telefono. Lo presi e diedi il mio
nome. Un minuto dopo sentii la voce di Sandra. Il mio
stomaco si contrasse.
Oh, Sammie, sono felice di averti trovata
successo qualcosa?
Credo che dovresti tornare indietro.
Okay. Avevo il cuore in gola.
Julie entrata in coma ieri notte. Verresti in
ospedale? Si interruppe. Ho pensato che avresti
voluto dirle addio.
Okay risposi con la bocca secca. Okay, okay.
Arrivo.
al Campton Medical, stessa stanza di sempre. Ma
non voglio che tu venga da sola. C qualcuno che pu
accompagnarti?
Certo, sicuro.
In un modo o nellaltro, non saprei dire esattamente
come, perch non ricordo niente se non la testa che
pulsava e il battito furioso del mio cuore, tornai da Linda
e le altre e riferii loro quello che mi aveva comunicato
Sandra. Linda entr subito in azione, parl con
lincaricata dellagenzia di viaggio e con il suo capo, poi
ordin alle ragazze di tornare a casa e di aspettare una
sua chiamata. Non so di preciso cosa abbia detto,
ricordo solo di aver visto le loro espressioni mutare.
Un attimo dopo stavamo attraversando laeroporto.
Linda mi sostenne per tutto il tragitto, fino al parcheggio.
Avevo coscienza di ogni minuto, di ogni persona che
entrava e usciva dal mio campo visivo, di ogni singola
frase che Linda pronunciava. Eppure era come se tutto
fosse avvolto in una specie di foschia, evidenziato da
questa nebbia grigiastra che per contrasto faceva
risaltare ogni cosa, rendendola pi che reale. Linda non
disse quasi nulla, ma non mi lasci mai la mano.
Scendemmo dalla navetta, trovammo la sua macchina e
dopo aver aspettato uninfinit allingresso per pagare,
finalmente imboccammo lautostrada. Neanche unora
dopo la chiamata di Sandra eravamo in ospedale.
Conoscevo il posto fin troppo bene e mi muovevo con
sicurezza nel labirinto dei corridoi. Linda mi segu
nellatrio, nellascensore che ci port al piano di
Pediatria, oltre langolo che nascondeva quella che era
diventata la stanza di Julie, perch ci aveva passato
moltissimo tempo, troppo. Riconobbi diverse infermiere,
che mi sorrisero amaramente. Scorsi la dottoressa
Conner, ma la ignorai.
Vidi Sandra davanti alla porta della camera, parlava a
bassa voce con la sorella e unaltra donna. William stava
appena uscendo e mi not per primo. Si fece avanti a mi
abbracci forte, fortissimo. Scoppi a piangere a
dirotto, singhiozzando in modo incontrollabile,
continuando a chiedermi: Come faremo, Sammie?
Come faremo?.
Lo abbracciai anchio, senza trovare parole da dirgli.
Sandra mi prese per mano mentre sua sorella lo
conduceva via. Avevo una vaga percezione di Linda che
mi aspettava poco distante.
Julie si addormentata mentre tornavamo a casa
dopo il rinfresco, spieg Sandra stringendo la mia mano
a s e accarezzandola piano e non ha pi ripreso
conoscenza. Labbiamo portata qui questa mattina verso
le tre. I dottori dicono che ecco improbabile che
torni in s.
Guardai Sandra. Cerc di sorridere. La sua voce era
inespressiva, gli occhi asciutti. Solo la bocca contratta
esprimeva quello che sentiva dentro.
Credo che sia arrivato il momento, per tutti noi, di
dirle addio prosegu con tono sommesso, ma fermo.
Io scossi la testa e le lacrime cominciarono a rigami il
viso. Sandra mi fece girare con delicatezza verso di lei e
mi costrinse a guardarla in faccia. Prese il mio viso tra le
mani e si avvicin. La fissai negli occhi e vidi la sua
determinazione.
Non ora, Sammie. Non puoi piangere, ora. Okay?
Annuii tirando su con il naso e feci un respiro
profondo. Quando mi sentii pronta, Sandra mi condusse
dentro.
So che pu sentirti aggiunse. I dottori dicono di
no, ma tu non devi crederci. Quindi dille quanto le vuoi
bene.
Lei si mise a un lato del letto e io allaltro. Non si
avvertiva altro rumore se non il respiro di Jules, lento,
affannoso. Sembrava cos piccola in quel letto, quasi una
bambina. La sua espressione era tranquilla, ma di tanto
in tanto unombra di angoscia le attraversava il volto.
Aveva gli occhi chiusi e non indossava la parrucca. La
contrazione causata dal tumore era sparita. La bocca era
semichiusa. Mi sembr bellissima.
Le presi la mano, ancora incantevole. Sandra le aveva
dipinto le unghie di un rosa confetto.
Ehi, ciao. Le sue dita riposavano lievi sulle mie. Le
accarezzai dolcemente il braccio.
Vi lascio sole per qualche minuto disse Sandra, e
usc.
Tutto dun tratto mi sentii assalire dalla paura. Volevo
scappare via, tornare in aeroporto o in sala prove,
qualunque cosa pur di fermare quello che stava
succedendo. Non poteva essere vero. Non poteva
essere lei, la mia migliore amica. Ma era lei, e non
sapevo cosa fare. Avrei voluto dirle qualcosa di sensato,
per non mi veniva in mente nulla. Continuai ad
accarezzarle il braccio.
Sei cos bella, Jules. Sei cos bella. Ti voglio un
mondo di bene.
Un nodo mi serr la gola e una lacrima scivol sulla
guancia. Lei gemette piano, facendomi sobbalzare.
Mosse la testa avanti e indietro un paio di volte e sentii la
sua mano stringere la mia. Solo un poco, ma laveva
stretta. Sandra aveva ragione; riusciva a sentirmi. E
anche se non poteva parlare, cercava di farmi capire che
eravamo l insieme. Le pareti della stanza si dissolsero. E
io mi ricordai chi eravamo.
Tu sei la mia Unica e Sola, Jules. Davvero. Ora e per
sempre, ovunque saremo, qualunque cosa succeda. Io
sono la tua met. Non so perch sia andata cos, ma ti
voglio bene. E mi dispiace se non sono riuscita a essere
sempre lamica che avresti voluto mi dispiace.
Ti aspettava, sai. La voce di Sandra mi colse di
sorpresa. Doveva essere rientrata. I dottori pensavano
che se ne sarebbe andata entro la mattinata, ma sapevo
che ti avrebbe aspettato.
Non capisco.
Non poteva andarsene finch tu non le avessi detto
addio. Io lho gi fatto e anche suo padre. Mancavi solo
tu.
I miei occhi si riempirono di lacrime e cominciai a
sbattere freneticamente le palpebre per impedire che le
lacrime scivolassero via. La mano di Jules era ancora
nella mia e mi accorsi che la stavo stringendo troppo.
Mi piacerebbe poterle parlare.
Lo stai facendo.
S, ma lei non mi risponde.
S, invece. Anche se non a parole.
Sapevo che aveva ragione. Lo sentivo.
Mi mancher.
Lo sa.
Non so come far senza di lei.
Sa anche questo. Ora devi dirle addio.
difficile.
Guardala, Sammie. Non possiamo tenerla qui, non in
questo modo. Ha sofferto cos tanto, cos a lungo.
Merita di essere libera.
Non so cosa fare.
Lo so.
Guardai la mia amica. Il suo respiro era pi faticoso
adesso, e un goccio di saliva brillava allangolo della sua
bocca. Lasciugai con la mano libera. Non mi ero mai
sentita tanto vecchia e pesante come in quel momento.
Le accarezzai il viso. Mi chinai e la baciai piano sulla
fronte, poi le labbra. Le scostai i capelli corti dal viso e
mi portai il suo palmo sulla guancia.
Addio, mia ballerina, amica mia, mia Unica e Sola. Ti
voglio bene.
Rimasi in ospedale con Jules, Sandra e la sua famiglia
per il resto della giornata e della notte. Stavamo nella sua
stanza; passeggiavamo nel corridoio; una volta andai alla
caffetteria per mangiare qualcosa, ma avevo lo stomaco
chiuso. Altre visite si susseguirono. Vennero Linda,
Brooke e Sarah e io le condussi nella stanza assicurando
loro che Jules poteva sentirle. Poi, mentre le parlavano,
me ne stavo l ferma a tenerle la mano. Non so cosa le
abbiano detto. Non riuscivo ad ascoltare.
Ben presto rimanemmo solo io e i familiari. Era
diventato pi facile parlarle, anche se lei non reagiva pi.
Sembrava lontanissima, ormai. Il suo respiro si era fatto
pi lento e pesante; a volte si fermava per alcuni minuti.
Allora ci guardavamo, anche noi con il fiato sospeso. Il
silenzio era schiacciante. Poi il respiro riprendeva,
macchinoso, quasi un rantolo. E noi venivamo assaliti da
una sensazione di sollievo misto a esasperazione.
Povera bambina mia. Perch deve essere cos
difficile per lei andarsene? si chiese William.
Non potevo dirlo, ma io sapevo il perch. Jules
metteva tutta se stessa in ogni cosa. Nella danza, nei
rapporti con le persone, dava sempre il massimo,
rimaneva di pi, dava di pi. Anche in questultima fase
della sua vita, non poteva comportarsi diversamente.
Verso le sei dei mattino decise di andarsene. Ero nella
sala dattesa riservata alle famiglie dei pazienti, in fondo
al corridoio, e mi ero addormentata sulla sedia. Suo
padre, accanto a me, sonnecchiava. Poi venne Sandra e
mi mise una mano sul braccio. Mi svegliai di colpo.
Se n andata, Sammie.
La guardai, stordita, e un enorme brivido mi scosse
dalla testa ai piedi. Sentii le lacrime spingere per uscire,
ma non era ancora il momento. Era una cosa troppo
reale, troppo vicina a me, troppo maledettamente
grande. Non riuscii a fare altro che annuire.
Credo che dovresti tornare a casa con noi sussurr
Sandra. Se per te va bene.
Annuii di nuovo. Probabilmente avrei continuato per il
resto della mia vita. Sembravo incapace di fare altro.
Sandra si avvicin al marito, il padre di Jules, e lo scosse
con dolcezza. Non ci furono parole. Gli bast guardarla.
Lei gli prese la mano, cercando di sorridere, e lui
scoppi a piangere. Grosse lacrime bagnarono le sue
guance, singhiozzi potenti lo scuotevano, lui, un uomo
cos poco abituato a piangere; sembrava goffo,
rumoroso. Vederlo indifeso mi mise a disagio. Accettare
la realt mi pareva impossibile.
Arrivammo a casa di Jules, non so come. Credo che
abbia guidato Sandra. Rosie era gi sveglia, i suoi grandi
occhi castani troppo simili a quelli della sorella, ci
fissavano. Lo sapeva. Non sapeva cosa ma sapeva.
Non chiese dove fosse Jules e non si avvicin a nessuno
di noi. Rimase semplicemente ferma a guardarci. Sua
nonna cerc di riportarla in camera, ma lei non volle
muoversi.
Testarda come Jules, pensai, e in quel momento la
realt di quanto era successo cominci a farsi strada
dentro di me. Jules non cera pi. Non cera pi la
compagna di danza con cui ridere, complottare, stare
insieme. Niente pi escursioni in spiaggia a mezzanotte,
progetti da condividere, lacrime versate luna sulla spalla
dellaltra. Non potevo pi chiamarla quando avevo
bisogno di lei. Non potevo lamentarmi di mia madre o
chiederle cosa avremmo fatto nella vita.
Udii un singhiozzo acuto e ci misi un minuto per
accorgermi che quel suono proveniva da me. Mi ricordai
di aver letto qualcosa di simile da qualche parte di
quando non ci si rende conto che un rumore proviene da
noi stessi e ricordavo anche di non averci creduto.
Adesso so cosa significa, pensai. Adesso lo so.
Sandra mi tenne stretta mentre piangevo. O forse
sarebbe meglio dire mentre tremavo tutta. Come si pu
soffrire cos tanto e continuare a vivere?
Arriv il giorno del funerale dopo quarantottore che
come se non fossero mai esistite. Migliaia di persone
mi chiamarono, ma io non risposi ai loro messaggi in
segreteria. Me ne stavo nella mia stanza, oppure andavo
a fare un giro in macchina. Andavo alla sala prove e mi
sedevo fuori, sui gradini. Oppure nella casa al mare di
Brooke. Avrei voluto rivedere la danza dei gabbiani, ma
ne arriv solo uno. Atterr sul pavimento e mi fiss per
un tempo lunghissimo. Anchio lo fissai. Non era un
gabbiano vero ne ero certa. Era Jules. Ovunque
andassi, mi pareva di sentirla, la mia Unica e Sola.
Ovunque andassi lei era accanto a me.
Il funerale, naturalmente, fu molto bello. La chiesa, i
fiori. Vennero tutti, persino Jack. Rimase in disparte con
Rachael ed entrambi piansero dallinizio alla fine. Come
la maggior parte della gente, del resto. Ci furono molti
abbracci e strette di mano. Io presi posto insieme alla
famiglia. Mancava solo Rosie, che era rimasta a casa
con la nonna. Sandra e io non versammo neanche una
lacrima, ma William s. Pianse in silenzio, coprendosi il
viso con le mani.
Un giovane prete parl di cosa significasse morire
allet di Jules. Linda lesse una poesia che Jules aveva
scritto sulla danza parecchio tempo fa. Una ragazza della
nostra scuola, che non conoscevo molto bene, cant
Imagine di John Lennon, una delle canzoni preferite di
Jules. Io e Sandra ci scambiammo un sorriso, perch in
quel momento, in quella chiesa, non potevano esserci
parole pi adatte da dire.
Imagine theres no heaven, its easy if you try,
No hell below us, above us only sky.
Imagine all the people livin for today

La bara era stata posta davanti allaltare, aperta. Io


preferii non guardare. Chiunque ci fosse l dentro non era
Jules. Jules era un gabbiano sulloceano. E danzava.
Libera.
Indice

Parte prima
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie

Parte seconda
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie

Parte terza
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam
Julie
Sam

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