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CAPITOLO 2: Niebla e Sei personaggi in cerca d’autore:

questione ontologica e il rapporto autore/personaggio


2.1 Niebla e il concetto di Nivola
Augusto, un giovane ricco ed intellettuale, esce di casa per la solita
passeggiata senza meta ed incontra Eugenia, una pianista rimasta orfana e
si innamora di lei. Fino a questo momento non sapeva che fare della sua vita
ma ora, spinto dal desiderio di avere uno scopo, prende la decisione di
corteggiare la ragazza con il consenso e la benedizione della zia Ermelinda,
con la quale viva Eugenia e si augura, una volta sposati, di veder risolti i
problemi finanziari della nipote.
Eugenia però, donna forte ed indipendente, rifiuta il corteggiamento dato che
è già impegnata in una relazione con Mauricio, di cui è innamorata e con cui
intende sposarsi.
Augusto provvede in anticipo al pagamento dell’ipoteca sulla casa di
Eugenia, la quale non vede di buon occhio questo gesto ‘cavalleresco un atto
di genuina bontà ma un espediente per ‘comprarla’ e per questo si sente
offesa. I due si allontanano per un periodo di tempo.
Augusto nota tra sé e sé che prima di incontrare Eugenia era del tutto
estraneo all’universo femminile, scopre di sentirsi ora attratto da quasi tutte le
donne che incontra. La situazione porterà Augusto al tormento; in particolare
quando si ritrova invischiato in un gioco di seduzione con la giovane Rosario,
la ragazza che gli fa il bucato ogni settimana. Comincia a dubitare di sé
stesso e si chiede se e di chi sia veramente innamorato.
Eugenia, nel frattempo, rompe il fidanzamento con Mauricio in quanto non
manifesta nessuna intenzione di sposarla né di impegnarsi lavorativamente;
cambia idea e decide così di riconquistarlo in preda alla gelosia nei comfronti
di Rosario.
Augusto, sospeso tra le due, sperimenta sentimenti del tutto nuovi e lo
conducono in uno stato di confusione tale che decide di voler approfondire la
1
sua conoscenza sulla psicologia femminile, diventando così oggetto dei suoi
studi; chiede consiglio a Victor, suo intimo amico che gli suggerisce di
sposarsi ma non importa con chi perché l’unico modo per sperimentare
l’anima femminile è proprio nel matrimonio.
Si fa coraggio e chiede in sposa Eugenia che accetta la proposta di
matrimonio e in breve tempo viene fissata la data delle nozze. Tutto procede
normalmente fino al giorno in cui Eugenia riferisce ad Augusto che il suo ex
fidanzato Mauricio la sta importunando e non intende smettere a meno che
non gli venga fatto trovare un impiego e Augusto gli trova in effetti un impiego
ma in un posto molto lontano. La mattina seguente riceve la sgradita visita di
quest’ultimo che dichiara di volerlo ringraziare del favore concesso poi rivela
che porterà con sé anche Rosario con la quale ora ha una relazione. Augusto
è furiosamente geloso.
Quando mancano solo tre giorni alle nozze il giovane riceve una lettera da
parte di Eugenia nella quale gli comunica di essere andata a vivere con
Mauricio e Augusto, devastato e confuso dalla notizia si chiude nella sua
stanza; passa a trovarlo Victor per dargli conforto e i due parlano di quanto
successo ma anche del significato dell’esistenza e in particolare dei confini
tra ciò che è reale e ciò che è finzione. Augusto rivela che prima si sentiva
un’ombra, un fantasma mentre ora il gran dolore che prova per la burla di
Eugenia e Mauricio gli ha tolto ogni dubbio sulla sue esistenza.
Offuscato dalla sofferenza, viene sopraffatto dall’idea di suicidarsi, ma prima
di mettere in atto il suo proposito decide di consultare l’autore di un saggio
che aveva letto e nel quale si parlava, anche se di sfuggita del suicidio. Si
mette in viaggio verso Salamanca per far visita a Unamuno, nonché autore di
Niebla di cui Augusto è l’ignaro protagonista.
Arrivato nel suo studio, si svolge una drammatica conversazione e Unamuno
ad Augusto di sapere già tutto della sua vita e anche il motivo della sua visita.
Gli svela inoltre che non può uccidersi in quanto non è un essere reale ma un

2
prodotto della sua fantasia e lui in quanto creatore ha già deciso il suo finale:
sarò destinato a morire, non a suicidarsi. Augusto, ora terrorizzato, si rivolge
duramente a Unamuno affermando la sua esistenza e insinua che invece sia
proprio lo scrittore a essere un’entità immaginaria. La situazione si trasforma
così in un duello dialettico per stabilire chi sia reale e chi no.
Augusto si spinge oltre insinuando persino di voler uccidere Unamuno, il
quale ribatte seccamente che ormai la sua decisione è stata presa, o meglio,
scritta. Il protagonista compie l’ultimo atto di coraggio e assumendo un
atteggiamento di sfida dicendo che non solo gli enti di finzione moriranno ma
anche gli stessi enti reali sono destinati a scomparire perché non c’è nessuna
differenza: muore il personaggio ma accade lo stesso con l’autore e i lettori.
Sconfitto e ormai condannato a morte torna a casa e dopo aver consumato il
suo ultimo pasto muore. Il libro termina con l’indecisione di don Miguel
riguardo al riutilizzare il personaggio di Augusto ma apparendogli in sogno gli
dice che ormai non è più possibile.

Struttura del romanzo, concetto di Nivola e il titolo Niebla.


3
Niebla fu completata nel 1907 ma fu pubblicata solo nel 1914. L’opera ebbe
così successo che fu tradotta in tantissime lingue ed oggi è considerata la
miglior opera narrativa di Unamuno.
Il romanzo si compone di 33 capitoli ed è preceduto da un Prologo, redatto da
Victor Goti, personaggio e intimo amico di Augusto. Svolge la funzione di
anticipare ciò che succederà nella storia e pone già il dubbio nel lettore
riguardo alla morte di Augusto: sostiene che si sia suicidato e non sia stato
Unamuno ad ucciderlo. Subito dopo segue un Post-Prologo ma a scriverlo è
proprio lo scrittore basco. Contraddice Victor e lo minaccia di ucciderlo (o
lasciarlo morire) a suo piacimento proprio come ha fatto con Augusto.
Alla fine del romanzo troviamo un Epilogo composto dal cane Orfeo, caro
confidente del protagonista ed è un’orazione funebre. Ci racconta in maniera
molto commovente tutto ciò che passa per la mente dell’animale quando
scopre che il padrone è morto e ne rivendica l’anima.
All’interno della vicenda appare il neologismo Nivola1 e indica il desiderio di
Unamuno di accomodare il genere letterario del romanzo in uno creato ad
hoc che rispettasse la propria visione del mondo in opposizione alla regole
tradizionali del romanzo realista. In particolare nel capitolo XVIII 2 Unamuno

1
Nivola non è altro che la sostituzione della vocale “o” che indica oggettività (objetivo), tipico del
Realismo con la vocale “i” che indica la soggettività, l’interiorità del personaggio (interior).
2
–Pero ¿te has metido a escribir una novela? –¿Y qué quieres que hiciese? –¿Y cuál es el argumento
si se puede saber? –Mi novela no tiene argumento o mejor dicho, será el que vaya saliendo. El
argumento se hace él solo. –¿Y cómo es eso? –Pues mira, un día de éstos que no sabía bien qué
hacer, pero sentía ansia de hacer algo, una comezón muy íntima, un escarabajeo de la fantasía, me
dije: “voy a escribir una novela, pero voy a escribirla como se vive, sin saber lo que vendrá.” Me
senté, cogí unas cuartillas y empecé lo primero que se me ocurrió sin saber lo que seguiría, sin plan
alguno. Mis personajes se irán haciendo según obren y hablen, sobre todo según hablen; su carácter
se irá formando poco a poco. Y a las veces su carácter será el de no tenerlo. –Sí, como el mío. –No
sé. Ello irá saliendo. Yo me dejo llevar. –¿Y hay psicología?, ¿descripciones? Lo que hay es
diálogo; sobre todo, diálogo. La cosa es que los personajes hablen, que hablen mucho, aunque no
digan nada. […]–Tal vez, pero el caso es que en esa novela pienso meter todo lo que se me ocurra,
sea como fuere. –Pues acabará no siendo novela. –No, será…, será… nivola. –¿Y qué es eso, qué es
nivola? […]Pues así con mi novela, no va a ser novela, sino…, ¿cómo dije?, navilo…, nebulo, no,
no, nivola, eso es, ¡nivola! Así nadie tendrá derecho a decir que deroga las leyes de su género…
Invento el género, e inventar un género no es más que darle un nombre nuevo, y le doy las leyes que
me place. ¡Y mucho diálogo! –¿Y cuando un personaje se queda solo? –Entonces… un monólogo.
Y para que parezca algo así como un diálogo invento un perro a quien el personaje se dirige.
4
offre una sorta di definizione di questo termine e le relative caratteristiche
attraverso il personaggio di Victor, il quale si presta come portavoce di
Unamuno:
 Rinuncia all’accurata preparazione dell’argomento: non prende
nessun tipo di schemi o documenti preferendo piuttosto scrivere ciò
gli viene in mente. Questo tipo di produzione spontanea che egli
chiama “scrittura ovipara” è soggetta a variazioni, paradossi e
contraddizioni perché l’atto di creazione artistica risulta cruciale,
simile all’atto del parto per l’intensità che necessita.
In questo modo anche il linguaggio è vivo ed espressivo, denso di
intensità emotiva che si forma man mano che sta scrivendo il
romanzo. È ricco di domande retoriche che coinvolgono anche i
lettori e dimostrano una vivace lotta interna che cerca di coniugare
le parole ai suoi pensieri. Per Umamuno quindi è più importante ciò
che si dice piuttosto a come lo si dice e si esprime.
 Elimina le descrizioni fotografiche della realtà tipiche del
Naturalismo enunciate da Èmile Zola. Il tempo e lo spazio non sono
delineati mentre le descrizioni dei personaggi avvengono attraverso
azioni che poco a poco compongono una trama finale. È
concentrato sulla vita interiore del personaggio che riflette come in
uno specchio lo stesso autore (si può anche parlare di Augusto
come alter ego di Unamuno).
 Il dialogo è una parte fondamentale nella narrazione: è l’unico
mezzo per avere informazioni sui personaggi. Abbondano dialoghi,
monodialoghi3 e dialoghi interiori4. Si stima che circa il 70%
dell’opera sia costituita da solo dialogo.

((Niebla, M. de Unamuno – Austral, edicciòn de G. Gullòn, capitolo XVII, pagg. 156-157)


3
Quando Augusto si ritrova da solo l’autore gli affianca un cane Orfeo, che diventa il suo
interlocutore.
4
Si può affermare che Unamuno anticipi James Joyce e la sua ‘Ulysses’ per quanto riguarda il
flusso di coscienza.
5
 C’è un cambio di prospettiva realista del personaggio centrale che
non è più protagonista (quando gli eventi e gli altri personaggi si
muovono attorno a lui) ma non è nemmeno un antagonista (un
antieroe). È un agonista, un essere che sta lottando con la sua
propria esistenza.

L’immagine che ci suggerisce il titolo definisce le descrizioni e i personaggi


che troviamo all’interno della narrazione, che risultano essere sfumati, non
definiti. La nebbia è confusione, illusione, malessere, tristezza, solitudine ma
anche umiliazione che avvolge il personaggio principale. Può anche indicare
il dubbio della propria esistenza e/o presa di coscienza della medesima.
In effetti, già dalle prime pagine troviamo Augusto inadatto alla vita, non sa
che farsene ed ogni sua decisione risulta cruciale per lui: è incapace di
risolvere dilemmi quotidiani5 ma anche di prendere decisioni serie6 e di
5
‘’Al aparecer Augusto a la puerta de su casa extendió el brazo derecho, con la palma abajo y
abierta, y dirigiendo los ojos al cielo, quedóse un momento parado en esta actitud estatuaria y
augusta. No era que tomaba posesión del mundo exterior, sino era que observaba si llovía. Y al
recibir en el dorso de la mano el frescor del lento orvallo frunció el sobrecejo. Y no era tampoco
que le molestase la llovizna, sino el tener que abrir el paraguas. ¡Estaba tan elegante, tan esbelto,
plegado y dentro de su funda! Un paraguas cerrado es tan elegante como es feo un paraguas abierto.
“Es una desgracia esto de tener que servirse uno de las cosas –pensó Augusto–; tener que usarlas. El
uso estropea y hasta destruye toda belleza. La función más noble de los objetos es la de ser
contemplados. ¡Qué bella es una naranja antes de comida! Esto cambiará en el cielo cuando todo
nuestro oficio se reduzca, o más bien se ensanche, a contemplar a Dios y todas las cosas en El.
Aquí, en esta pobre vida, no nos cuidamos sino de servirnos de Dios; pretendemos abrirlo, como a
un paraguas, para que nos proteja de toda suerte de males”. Díjose así y se agachó a recogerse los
pantalones. Abrió el paraguas por fin y se quedó un momento suspenso y pensando: “y ahora,
¿hacia dónde voy?, ¿tiro a la derecha, o a la izquierda?”(ibidem, capitolo 1 pag. 1)
6
Cuando luego volvió Augusto a su casa tomó en brazos a Orfeo y le dijo: “Vamos a ver, Orfeo
mío, ¿en qué se diferencia estar uno enamorado de creer que lo está? ¿Es que estoy yo o no estoy
enamorado de Eugenia? ¿Es que cuando la veo no me late el corazón en el pecho y se me enciende
la sangre? ¿Es que yo no soy como los demás hombres? ¡Tengo que demostrarles, Orfeo, que soy
tanto como ellos!”. (nel capitolo X Augusto non sa se è veramente innamorato di Eugenia o no,
ibidem pagg.114-115); El pobre Augusto estaba consternado. No era sólo que se encontrase, como
el asno de Buridán, entre Eugenia y Rosario; era que aquello de enamorarse de casi todas las que
veía […]“¡Esto es terrible, verdaderamente terrible! ¡Me parece que, sin darme cuenta de ello, me
voy enamorando… hasta de Liduvina! […]“Ven acá, Orfeo –prosiguió cogiendo al perro–, ¿qué
crees tú que debo yo hacer? ¿Cómo voy a defenderme de esto hasta que al fin me decida y me case?
¡Ah, ya! ¡Una idea, una idea luminosa, Orfeo! Convirtamos a la mujer, que así me persigue, en
materia de estudio. ¿Qué te parece de que me dedique a la psicología femenina? Sí, sí, y haré dos
monografías, pues ahora se llevan mucho las monografías; una se titulará Eugenia y la otra,
Rosario, añadiendo: estudio de mujer. ¿Qué te parece de mi idea, Orfeo?”( nel capitolo XXIII
6
conseguenza non riesce nemmeno a risolvere questioni di natura
esistenziale7.

Il tema del sogno.


In Niebla, ricorre molto spesso la metafora dell'immagine onirica, che assume
un ruolo centrale nell'interpretazione dell'opera. In questo caso però, il sogno
va al di là del semplice ricorso letterario e si deve intendere come chiave di
accesso per rivelare a noi lettori il segreto e il mistero della vita. Questa
scelta d'immagine è adatta al pensiero dell'autore in quanto il punto di
partenza è l'eterna opposizione tra ragione e fede, tra mente e cuore. Egli
non confidò mai nella ragione, che legata alla logica, si rivela un aspetto
limitativo della propria libertà di vivere ed è pertanto, incapace di interpretare
la vita stessa. Al contrario, il sogno, libero da ogni schema logico, è legato
all'intuito e all'immaginazione ed è concepito come via di accesso alla realtà.
Di conseguenza, se la ragione annulla e distrugge la vita, l'immaginazione è
generatrice di vita. Seguendo le orme calderoniane, la vita è associata al
sogno e vivere significa sognare e viceversa sognare, cioè vivere si
manifesta come volontà di querer ser, voler essere.
Da ciò deriva che non si tratti, ovviamente, del sogno fisiologico in sè ma
designa la presa di coscienza del proprio sognare. Sapendo di stare
sognando ci si sveglia dal sonno dell'incoscienza.
Al principio dell'opera, Augusto conduce una vita da esteta ed è circondato
dalla nebbia dell'incoscienza, si lascia guidare dalla routine e dal caso 8 come
se stesse effettivamente dormendo.

augusto non sa se sposarsi o meno né di chi e non è sicuro che le donne abbiano un’anima perciò
decide di approfondire i suoi studi su questo argomento, ibidem pagg. 189-190)
7
8
‘’Acaso por dudar de mi propia existencia e imaginarme, viéndome como otro yo, que soy un
sueño, un ente de ficción…’’ ( nel capitolo XXII dubita della sua esistenza, ibidem pag. 125)
7
Sarà l'esperienza amorosa e il successivo dolore 9 a svegliarlo e a tracciare il
cammino verso una coscienza agonica, che culminerà nel capitolo XXXI.
Augusto si trova nella posizione intermedia di un'esistenza apparente e
''sonnambula'' (sueno incosciente de dormir) e un'altra che ha piena
coscienza della stessa (sueno de no dormir), concepito come desiderio di
vivere in eterno. Questa presa di coscienza ha svegliato Augusto e in un
certo senso ha anche superato la nebbia.10

La questione ontologica
Nel momento in cui il personaggio ha scoperto la sua realtà ontologica la
rivela anche al suo autore; egli interpreta sè stesso come il passaggio dalla
nozione di ''essere'' a quella di ''esistere''.
Augusto, quindi, non è una vittima, non è un eroe, semplicemente non è.
Da qui, l'aspetto tragico e doloroso della sua condizione esistenziale di uomo,
al quale non solo gli si impedisce la volontà di essere ma anche la noluntà,
cioè la volontà di non-essere.
Augusto esiste solo nella condizione di personaggio fittizio ma compie un
passo ulteriore: ci rivela che anche Unamuno non è altro che un sogno di Dio,
e che scomparirà quando egli, coscienza universale, smetterà di sognarlo.
Possiamo intuire che ci siano più livelli di esistenza suddivisi in un sistema
gerarchico: due livelli di finzione e due liveli di realtà (o presunta realtà).
Nel livello inferiore includiamo il cane Orfeo, intimo confidente di Augusto poi
segue lo spazio in cui si muovono Augusto e gli altri personaggi del romanzo.
Abbiamo il piano reale di Unamuno e dei lettori mentre nel livello superiore è
rappresentato Dio che sta sognando.11

9
Sentire dolore diventa per lui necesario perchè si vive solo quando si ama e si soffre. A partire
da questo momento il sentimento e l'esistenza sembrano combinarsi nel personaggio che ''è'' perchè
''sente''. Si può dire, per questo motivo, che la sofferenza manifestata da Augusto abbia una doppia
consistenza: quella di personaggio fittizio e una in carne ed ossa .
10
Quinziano F, ‘Niebla: Miguel de Unamuno y el sueno de la ‘nivola’ Centro Virtual Cervantes.
11
Per il fatto che Augusto esca dallo spazio fittizio per entrare al livello reale e allo stesso tempo
anche Unamuno faccia una cosa simile (ma in direzione contraria), si può affermare che i livelli 2 e
8
Possiamo anche distinguere due differenti direzioni:
 in una linea discendente cioè quella che va dall'ultimo livello (Dio)
al primo (Orfeo) possiamo notare una grado di realtà che
diminuisce mentre aumenta il grado onirico e lo schema è il
seguente: Dio sogna Unamuno e sua volta Unamuno sogna
Augusto, e visto da questa prospettiva Augusto è rappresentato
nel sogno di un sogno!
 Nella linea discendente i rappresentanti di ogni livello operano
come un dio: Augusto per Orfeo 12,Unamuno per Augusto13 e il
proprio Dio per Unamuno e per i lettori.
L'insieme è costituito umoristicamente e segnala la grave questione della
condizione ontologico-metafisica dell'essere umano e che coinvolge anche
l'azione del lettore14. In questo senso, tutti siamo coinvolti nella tragedia
dell'uomo moderno e partecipiamo ai dubbi e alle incertezze dei personaggi.
La gran Nivola unamuniana ci interroga e ci invita ad immaginare possibili,
ma mai definitive risposte.
Come ultima riflessione sulla questione ontologica, occorre aggiungere che la
gradazione verticale ricorda ''El gran teatro del mundo'' di Calderòn de la
Barca.
In entrambi, troviamo il confronto della creatura con il suo creatore; però in
Niebla la creatura non vuole accettare le decisioni prese dal suo creatore,

3 si siano mescolati e rappresenta una rottura formale delle regole classiche del romanzo.
12
‘’Porque su amo era para él como un dios’’ (pp. 297, ibidem)
13
‘’Yo soy el Dios de estos pobres diablos nivolescos’’(pp, 252, ibidem)
14
Unamuno è convinto che l'autonomia del personaggio sia influenzato indirettamente anche dai
lettori per ragioni ovvie: anche se un lettore può immedesimarsi con la storia che sta leggendo non
potrà mai essere un personaggio, soprattutto se la storia si riferisce a un contesto storico e sociale
anteriore o diverso da proprio. Tuttavia, potrà sempre cercare di avvicinarsi a quello che sta
leggendo immaginando e attribuendo ai peronaggi nuove esistenze e caratteristiche vicine a quella
personale. Quindi la tradizionale dicotomia autore-personaggio diventa un triangolo includendo
anche la partecipazione del lettore, che è l'unico che che sembri rimanere nel piano della realtà.
Attraverso l'atto di lettura e rilettura ricrea e rivive artisticamente l'esistenza tanto del creatore-
autore come della creatura-personaggio attraverso la forza eterna della parola.
9
anzi le contesta e si ribella contro di lui, fino a mettere in dubbio la sua
esistenza. La scala ontologica calderoniana che era fissa, ora vacilla.

Nel capitolo XXXIII i ruoli si incrociano. Augusto appare in sogno a Unamuno


e gli dice che non sarà più possibile riutilizzarlo come personaggio perchè
non si può sognare due volte la stessa cosa 15 .Aggiunge che gli enti di
finzione nascono come sogni dell'autore e possiedono già una propria logica
interna; vivono e agiscono autonomamente imponendosi al proprio creatore
e riducendosi a un mero pretesto perchè la loro storia venga al mondo.
Questa è una prova ulteriore che sancisce definitivamente l'autonomia del
personaggio16.

La relazione Autore-Personaggio.
Il genere letterario creato da Unamuno rappresenta l'abolizione della barriera
tra realtà e finzione e capovolge, confondendo, i vari livelli di
rappresentazione.
Ciò accade con la relazione autore-personaggio: Niebla non è altro che uno
sdoppiamento di una sola e stessa persona, un romanzo autobiografico per

15
––¿Y si te vuelvo a soñar?
––No se sueña dos veces el mismo sueño. Ese que usted vuelva a soñar y crea soy yo será otro. Y
ahora,
ahora que está usted dormido y soñando y que reconoce usted estarlo y que yo soy un sueño y
reconozco
serlo, ahora vuelvo a decirle a usted lo que tanto le excitó cuando la otra vez se lo dije: mire usted,
mi
querido don Miguel, no vaya a ser que sea usted el ente de ficción, el que no existe en realidad, ni
vivo ni
muerto... no vaya a ser que no pase usted de un pretexto para que mi historia, y otras historias como
la mía,
corran por el mundo. Y luego, cuando usted se muera del todo, llevemos su alma nosotros. No, no,
no se
altere usted, que aunque dormido y soñando aún vivo. ¡Y ahora, adiós!’’(p, 252, ibidem)
16
-Quinziano F, ‘Niebla: Miguel de Unamuno y el sueno de la ‘nivola’ Centro Virtual Cervantes.
-Endres, H. P. ‘Ficcion y realidad en Niebla de Unamuno con resonancias cervantinas (y
calderonianas’’, Centro Virtual Cervantes.
10
così dire. È come se Unamuno avesse preso un bisturi per dividere le diverse
facciate della sua personalità e le abbia proiettate nei suoi personaggi.
Ci sono molte figure che sono vicine alla funzione di autore che vengono in
aiuto ad Augusto.
Il primo, in ordine di apparizione è Victor Goti. Ha la funzione di portavoce
dello stesso Unamuno e stabilisce le regole del genere della nivola.
(È una figura fittizia che intende scrivere una finzione di secondo grado , una
sorta di ''romanzo nel romanzo'' svolgendo così una meta-novela.)
Lo incontriamo già nel Prologo, in una posizione extratestuale, e ci dà delle
piste interpretative vicine alla realtà del romanzo. Allo stesso tempo diventa
una guida per Augusto: gli suggerisce le azioni nei momenti di bisogno
dimostrando di avere autorità e controllo del piano narrativo e dei personaggi.
Ricordiamo ad esempio Augusto rivolgersi a Victor quando ha dubbi
sull'innamoramento (cap. X), sull'esistenza (cap XVII), sulla riflessione del
matrimonio (cap. XIII,XIV,XXII,XXV) ed infine sull'opzione del suicidio come
forma suprema di autodivorazione.17
Un'aiutante di Goti è Paparrigopulos 18, il filosofo parodico nel quale Unamuno
ha personificato alcune sue idee con deformazione grottesca. È colui che gli
suggerisce di fare delle donne oggetto e materia di studio (cap. XXIII).
La presenza di questi due alter ego dell'autore complementano la mancanza
di personalità del protagonista.

17
––Y ¿qué voy a hacer?
––Habrás oído que en este mundo no hay sino devorar o ser devorado...
––Sí, burlarse de otros o ser burlado.
––No; cabe otro término tercero y es devorarse uno a sí mismo, burlarse de sí mismo uno.
¡Devórate! El
que devora goza, pero no se harta de recordar el acabamiento de sus goces y se hace pesimista; el
que es
devorado sufre, y no se harta de esperar la liberación de sus penas y se hace optimista. Devórate a ti
mismo,
y como el placer de devorarte se confundirá y neutralizará con el dolor de ser devorado, llegarás a la
perfecta ecuanimidad de espíritu, a la ataraxia; no serás sino un mero espectáculo para ti mismo.
18
Protagonista del romanzo del 1902, Amor y Pedagogìa
11
La terza trasfigurazione di Unamuno è Unamuno stesso, cioè crea un ''io''
fittizio della propria persona. Se a Victor Unamuno affida la funzione di autore
per quello che riguarda la pianificazione della narrazione, quando Augusto
prende la decisione di suicidarsi diventa necessaria la presenza di un'entità
che abbia maggior potere che possa mettere in gioco il prestigio dello stesso
autore e che quindi eserciti la funzione di autorìa19.
Allo stesso tempo la funzione di autore va affievolendosi fino a perdersi
quando accoglie la sua sua nel suo studio e gli concede di ribellarsi e
minacciarlo di morte.20
La conclusione è la seguente: Unamuno, in questo caso, è un personaggio
che interviene in quanto attributo di paternità ma non di autorità: è il padre
della creatura ma non ne è il responsabile e si spoglia della funzione di
autorità.
Si scontrano due mondi completamente diversi: da una parte, c'è la realtà di
Augusto, vittima dell'autorità dell'autore; è incapace di decidere in maniera
autonoma rispetto alla sua esistenza e destino. Assistiamo alla privazione di
sostanza del personaggio quando Unamuno gli rivela che è soltanto un
prodotto della sua fantasia. Dall'altra parte, la realtà dell'autore, che simile a
un dio, esercita il suo potere per imporre dono di vita o condanna a morte alle
creature. Quando permette a Augusto di ribellarsi avviene la privazione della
sostanza del proprio Unamuno.

Unamuno crea altre figure che svolgono la funzione di antagonisti e si


muovono attorno ad Augusto. Ad un uomo senza carattere, gli affianca una

19
Occorre fare una distinzione tra autorità (autoridad) e paternità (autorìa). Quest'ultima, è quella
che si identifica della figura dello scrittore, il padre del testo e responsabile, nel bene o nel male di
quello che ha scritto e attribuisce a una catena di altri testi 'fratelli' che hanno in comune alcuni temi
e una progressione letteraria. Il personaggio di Unamuno in Niebla introduce nel testo giustamente
la dimensione di autorìa, del padre creatore che non può tollerare che la sua creatura si ribelli e
decide di prendere parte nell'azione perche gli eventi sono precipitati in una maniera tale che non è
più sufficiente l'intervento di una o più delle sue trasfigurazioni testuali.
20
La perdita di autorità è una forma di parodia del romanzo realista tradizionale.
12
donna indipendente e forte come Eugenia. È la moderna Eva, nata dalla
costola di Adamo. Gli alti e i bassi della loro relazione si possono spiegare dal
fatto che i due caratteri (uno forte e l'altro debole) si scontrano
continuamente.
Solo quando Augusto acquisterà più maturità sarà capace di prendere le
distanze da Eugenia.
Nella storia, oltre a Eugenia, appaiono altre due donne fondamentali, Rosario
e Liduvina. Unamuno fa un'altra operazione chirurgica e seziona
metaforicamente i tre figure associandole all'organo vitale che manca ad
Augusto: la testa, il cuore, e lo stomaco.21
Augusto, svuotato dal desiderio di poter vivere morirà per sintesi dei tre
organi.22
21
<< Cuando salió Augusto de su entrevista con Paparrigópulos íbase diciendo: «De modo que
tengo que
renunciar a una de las dos o buscar una tercera. Aunque para esto del estudio psicológico bien me
puede
servir de tercer término, de término puramente ideal de comparación, Liduvina. Tengo, pues, tres:
Eugenia,
que me habla a la imaginación, a la cabeza; Rosario, que me habla al corazón, y Liduvina, mi
cocinera, que
me habla al estómago. Y cabeza, corazón y estómago son las tres facultades del alma que otros
llaman
inteligencia, sentimiento y voluntad. Se piensa con la cabeza, se siente con el corazón y se quiere
con el
estómago. ¡Esto es evidente! Y ahora...» (pp.200, ibidem)
22
Y luego en voz alta agregó:
––El corazón, el estómago y la cabeza son los tres una sola y misma cosa.
––Sí, forman parte del cuerpo ––dijo Domingo.
––Y el cuerpo es una sola y misma cosa.
––¡Sin duda!
––Pero más que usted lo cree...
––¿Y usted sabe, señor mío, cuánto lo creo yo?
––También es cierto, y veo que no es usted torpe.
––No me tengo por tal, señor médico, y no comprendo a esas gentes que a cualquier persona con
quien
tropiezan parecen estimarla tonta mientras no pruebe lo contrario.
––Bueno, pues, como iba diciendo ––siguió el médico––, el estómago elabora los jugos que hacen
la sangre,
el corazón riega con ellos a la cabeza y al estómago para que funcione, y la cabeza rige los
movimientos del estómago y del corazón. Y por lo tanto este señor don Augusto ha muerto de las
tres
cosas, de todo el cuerpo, por síntesis. (p 249, ibidem)
13
2.2 Sei personaggi in cerca d'autore
Premessa
Sei personaggi in cerca d'autore è considerata la massima espressione del
metateatro pirandelliano. L'opera fu messa in scena per la prima volta presso
il Teatro Valle di Roma la sera del 9 maggio 1921. Si sono susseguite tre
ulteriori edizoni dal 1921 al 1925, tra cui l'ultima, pubblicata dalla casa
editrice Bemporad di Firenze, che ''è stata riveduta e corretta con l'aggiunta di
una prefazione'' da Luigi Pirandello. Il processo letterario che portò
Pirandello alla messa in forma del testo teatrale in questione, si avviò circa 15
anni prima con il romanzo Personaggi del 1906, mai più ripreso. In seguito

- -Endres, H. P. ‘Ficcion y realidad en Niebla de Unamuno con resonancias cervantinas (y


calderonianas’’, Centro Virtual Cervantes.
-Martin Moran, J. M. ‘’La autogeneracion de los personajes de Niebla’’, Centro Virtual Cervantes.

14
pubblicò due novelle23, nelle quali riprenderà i temi ripresi nell'ultima edizione
dell'opera del 1925.

La commedia inizia con un'amplia didascalia, nella quale gil spettatori,


entrando in sala, trovano il sipario alzato e il palcoscenico senza scena. 24
Entra il Macchinista che incomincia ad inchiodare delle assi e il Direttore di
scena lo allontana perche gli attori devono provare una nuova commedia ''Il
giuoco delle parti'' di Pirandello. Entrano poi in scena gli attori che parlano tra
loro e comincia la prova, interrotta da una discussione fra il Capocomico e il
Primo Attore, che trova ridicolo dover impersonare il protagonista Leone Gala
mentre sbatte le uova.
A questo punto, entrano dal fondo della sala sei figure 25 che portano
maschere e vestono abiti dalle stoffe particolarmente rigide.
Sono i Personaggi: essi sono stati concepiti nella mente di un autore e
pertanto sono creature vive di una vita propria, indipendenti da chi li ha creati;
però l'autore si è rifiutato di scrivere il loro dramma. Essi sentono il bisogno di
viverlo e di trovare la sublimazione delle loro vicende nella superiore forma
artistica e che li liberi dalla ''forma'' in cui sono costretti a vivere
continuamente le loro sofferenze. Si rivolgono perciò alla compagnia affinchè
le loro vicende, se non hanno potuto trovare espressione nell'opera letteraria
del drammaturgo, possa almeno prendere vita sulla scena teatrale. Il
Capocomico rimane sbalordito e dopo un momento di incertezza, poi lui e gli
attori accettano di recitare il dramma dei personaggi. Questi in parte lo
narrano e in parte lo rivivono dinanazi alla compagnia, ridando vita ai propri
23
La tragedia di un personaggio (1911) e Colloquio coi personaggi (1915), qui già appare la
servetta Fantasia, complice di Pirandello, la quale presenta all'autore strani personaggi che vogliono
vivere attraverso romanzi o novelle.
24
Già questo inizio del dramma segna una rottura radicale con le convenzioni teatrali del realismo
ottocentesco. Il sipario era il confine che doveva separare la platea dal palcoscenico, cioè la eraltà
dalla finzione teatrale. L’illusione convezionale è invece spezzata da Pirandello: gli spettatori hanno
inzialmente l’impressione di assistere a uno spettacolo, ma di coglierne, come per sbaglio, la
compagnia mentre sta provando una scena.
25
Si rompe di nuovo la barriera convenzionale fra spettatori e palcoscenico.
15
conflitti (perchè essi, fissati nella loro realtà, sono condannati a ripeterla in
eterno). Il Capocomico chiede al Padre di fornigli una scaletta delle azioni
esenziali che dovrà costituire la base dell’interpretazione degli attori. 26
Dopo una breve pausa, gli attori lasciano spazio al Padre e alla Figliastra per
poter mettere in scena l'episodio che si svolge nell'atelier ma prima spiegano
l'antefatto dell'intera famiglia.
Il Padre ha scoperto che tra la moglie e il proprio segretario è nato un
sentimento ed incoraggia la moglie a vivere con l'amante per formare una
nuova famiglia, il che comporta anche abbandonare il Figlio nato dall'unione
precedente. Il Padre, negli anni, assiste alla crescita del nuovo nucleo
famigliare e alla nascita di tre bambini, la Figliastra, il Giovinetto e la
Bambina. Per le difficoltà economiche avvenute in seguito alla morte
dell'amante, la Madre è costretta a lavorare come sarta nell'atelier di Madama
Pace, che in realtà maschera una casa di appuntamenti. La Figliastra accetta
di intrattenere alcuni clienti.
Un giorno, giunge il Padre, che senza saperlo sta per avere un incontro con
la Figliastra, che non ha riconosciuto ma sopraggiunge la Madre a tempo a
impedire l'unione quasi incestuosa.
Il Padre partecipa all'allestimento dell'atelier e recupera alcuni cappellini e
mantelli da esporre, da cui avvenne l'evocazione sul palcoscenico di Madama
Pace27, cha ha un accento italo-spagnolo 28 molto buffo che fa scoppiare dalle
risate gli attori; dopo aver annunciato l'arrivo del cliente, viene allontanata e
finalmente inizia la prova tra i personaggi.

26
Questa scelta non pirandelliana è stata messa per sottolineare l’abitudine ottocentesca di avere
scalette e/o piani drammatici già fissati.
27
Madama è attirata dagli oggetti del suo commercio quotidiano (abiti, cappellini) e si materializza
sul palco come un’energia spiritica che fa fuggire gli attori. Pirandello, probabilmenteha attinto a
queste evocazioni seguendo la moda dello Spiritismo che si diffuse in Europa dalla seconda metà
dell’Ottocento.
28
La scelta linguistica del’autore è da sottolineare: cerca di catturare l’espressività lingua parlata nel
dialogo dei suoi personaggi ed effettua scelte particolariper favorire la spontaneità espressiva.
16
Il Capocomico rimane impressionato dalla scena e decide di far provare la
stessa scena agli attori ma sin dalle prime battute, la Figliastra si inserisce e
intromette nella scena ridendo e criticando la loro rappresentazione: appare
altra cosa rispetto al loro dramma e dice, essendo d'accordo con il Padre,
che gli attori sono inadatti a rappresentarlo. Nonostante la loro competenza,
non possono essere identificati con i personaggi perchè ''non sono loro''.
Viste le continue proteste, chiede al Padre e alla Figliastra di continuare la
loro scena, ma dando consigli a quest'ultima; suggerisce di trasformare il
dialogo tra i due personaggi in un ''pasticcetto romantico sentimentale'',
provocando il suo sdegno.
L'ultima parte del dramma inizia con la riapertura del sipario, calato per
sbaglio dal Macchinista e l'allestimento ha ora luogo in giardino e al centro
troviamo una vasca. È una realtà approssimativa, illusoria che gli attori, per
lavoro, dovranno impersonare. La parola illusione fa scaturire, nei
personaggi, un dolore immenso: il Padre, è descritto come un'ombra
qualsiasi, senza identità; quindi si rivolge al Capocomico e gli domanda ''Mi
sa dire chi è lei?'' e rievoca la sua disgrazia, il rifiuto di essere stato
abbandonato dal suo autore che lo ha lasciato vivo, ma allo stesso tempo
senza vita. Aggiuge la Figlistra che si sono presentati più volte dinanzi al loro
Autore, che li aveva scacciati.
Il Capocomico allora accetta di esaudire le richieste di quest'utima; la
rappresentazione riprende con la disperazione della Madre, che, non curante,
lascia affogare la Bambina nella vasca da bagno. La Madre si rivolge al Figlio
che stava cercando si salvarla e ripescarla dalla vasca ma si sente un colpo
di pistola inaspettato: il Giovinetto si è suicidato e la Madre grida in modo
straziante, mentre alcuni attori credono che sia morto, altri tacciano
l'accadimento come una finzione.
Il palco diventa improvvisamente buio e segue una lunga didascalia
pirandelliana volta a testimoniare la permanenza dei personaggi, che

17
ricompaiono come ombre proiettate da un riflettore verde sul fondale della
scena e il Capocomico scappa immediatamente.

Le novità del teatro pirandelliano


Nella fase precedente del teatro ''grottesco'', Pirandello aveva accettato le
strutture convenzionali del dramma borghese ma aveva compiuto uno
svuotamento dall'interno portandole all'assurdo e al grottesco; riducendo i
questi ''drammoni'' a forti tinte e a meccanismi ridicoli e pietosi.
Nella fase del metateatro prosegue su questa strada ma fa ancora un passo
avanti, di portata decisiva: rifiuta del tutto il dramma borghese e il vero
soggetto dell'opera è tale rifiuto.
Sconvolge due dei capisaldi fondamentali di questo tipo di dramma: la
verisimiglianza e la psicologia.
Gli spettatori non hanno l'illusione di trovarsi di fronte a un mondo ''naturale'',
del tutto simile a quello in cui sono abituati a vivere, ma vedono un mondo
stravolto, ridotto alla parodia e all'assurdo. In essi i personaggi sono scissi ,
sdoppiati, contraddittori, irrigiditi anch'essi in forme astratte e trasformati
quasi in marionette.
Per riuscirci bisogna adottare un linguaggio adatto: un linguaggio concitato,
convulso, fatto di continue interrogazioni, esclamazione, sospensioni,
sottintesi, mezze frasi e frasi interrotte che diano idea dell'agitarsi delle
passioni come nel vuoto, in uno spazio astratto e lontano dalla vita reale. Ciò
impedisce agli spettatori l'identificazione emotiva, vedendo invece la scena
da una prospettiva critica. L'opera non presenta nè atti nè scene; è sprovvisto
di cannovacci, una scaletta precedente.
Nella Prefazione l'autore afferma che non ha rifiutato, per l'appunto, i
personaggi in quanto esseri ma la loro ragione d'essere, il loro dramma che è
avvolto da passioni esagerate e scene madri ad effetto (come l'incontro del
Padre e la Figliastra nell'atelier, o la morte dei due ragazzi; tipicamente del

18
dramma ottocentesco) . Ha voluto rappresentare invece, un altro dramma, in
cui 'c'è una discreta satira dei procedimenti romantici', cioè complessi.29
Ciò ne consegue che l'impianto del testo è fortemente critico verso la
letteratura drammatica del tempo e tale rifiuto indica proprio l'impossibilità di
scrivere ormai quel tipo di dramma. Il suo metateatro è un chiaro e
consapevole proseguimento dell'umorismo e del grottesco: le passioni
''tragiche'' dei personaggi, nell'atto steso in cui sono proposte, vengono
straniate e negate, fatte poggiare ''sul vuoto''.
Pirandello sottopone a critica anche la pratica scenica del suo tempo.
Nel testo sono presentati gli attori della compagnia che appaiono chiusi nei
loro schemi interpretativi stereotipati, incapaci di dare vita artistica ai
personaggi, dimostrandosi pieni di sè in modo ridicolo e irritante.
Attraverso questo discorso metateatrale che mette in scena il conflitto fra
autore e letteratura drammatica del tempo e fra autore e attori, Pirandello
allude poi metaforicamente ad un altro ordine di temi centrali della sua vsione
del mondo.
Sono principalmente tre:
1. L'impossibilità di comunicare. Nasce dal fatto che ciascuno di noi ha in

sè una ua visione soggettiva che resta sconosciuta agli altri, per cui non
possiamo mai riconoscerci nella visione che hanno gli altri di noi. Per
questo motivo, il teatro per Pirandello tradisce sempre la volontà
dell'autore: la rappresentazione scenica, a prescindere dalla maggiore
o minore bravura degli attori, costituisce inevitabilmente una
30
deformazione dell'idea originaria.
2. Il rapporto verità-finzione e l'inconsistenza della persona individuale.

29
‘’ c'è proprio una discreta satira dei procedimenti romantici; in quei miei personaggi così tutti
incaloriti a sopraffarsi nella parte che ognun d'essi ha in un certo dramma mentre io li presento
come personaggi di un'altra commedia che essi non sanno e non sospettano, così che quella loro
esagitazione passionale, propria dei procedimenti romantici, è umoristicamente posta, campata sul
vuoto.’’ (prefazione p. 16)
30
È quanto aveva già teorizzato nel saggio del 1908 Illustratori, attori, e traduttori.
19
Se le persone reali sono costruzioni fittizie, non possiedono magiore
realtà dei personaggi della finzione letteraria. Anzi, in un certo senso i
personaggi letterari sono più veri dei personaggi viventi, perchè questi
mutano continuamente, sono un fluire di stati eterogenei e incoerenti (il
Padre dice che il lavoro degli attori è finto perchè devono impersonare
altre vite), mentre il personaggio artistico, argomenta sempre il Padre,
qui portavoce dell'autore.
Anche qui, i confini tra realtà e finzione si dissolve: anche quella che
crediamo realtà è finzione, costruzione soggettiva. Vissuta dall'interno,
la ''finzione'' dei personaggi è realtà. Nella scena finale, ad esempio, le
ombre della Bambina e del Giovinetto non compaiono più: nella loro
realtà, quella fantastica, sono morti; infatti, mentre gli attori gridano
''Finzione, finzione!'', i personaggi ribattono ''Ma che finzione! Realtà,
realtà, signori, realtà!''.
È anche evidente l'incontro tra due mondi -quello superiore dell'arte e
quello materiale del palcoscenico- che non è più una dimensione
ambigua e ricca di sfumature, ma è un'irruzione improvvisa del
fantastico nel mondo reale, che si dimostra capace di scardinarne le
consuetudini. L'illusorio dramma dei personaggi è impossibile da
rappresentare in quanto il mondo reale è insufficiente per accoglierne in
sè e realizzare la potenza della creazione fantastica.
3. Infine, il conflitto vita-forma: ''il tragico conflitto immanente tra la vita che

di continuo si muove e la forma fissa, immutabile.''


Soprattutto il Padre e la Figliastra parlano dell'atroce fissità della loro
forma, nella quale l'uno e l'altra vedono espresse le loro essenzialità, le
loro maschere, che per l'uno significa castigo e per l'altra vendetta e
cercano di imporla al Capocomico che vorrebbe alterarla e
accomodarla alle cosiddette ''esigenze del teatro''. 31
31
Baldi G.; Giusso, S; Razetti M.; Zaccaria G. (2012), Il piacere dei testi – Dall’età postunitaria al
Primo Novecento, volume 5, pagg. 876-888, 914-922, 940-44, 956-958, 995-1010.
20
2.3 Temi comuni e concomitanze
Per fare un confronto ho analizzato e citato i brani relativi ad alcuni temi più
importanti.
 Il primo tema in comune che riscontriamo è quello che si riferisce alla
vita de personaggi di finzione, che si realizza ad opera dello stesso
personaggio. È nato di vita propria ed è diversa da quella che il suo
autore gli ha imposto. L’ente fittizio si muove secondo una propria
logica interna, attraverso la quale stravolge la sua personalità:
––
¡Aquí estoy otra vez!
––¿A qué vienes? ––le dije.
––A despedirme de usted, don Miguel, a despedirme de usted hasta la eternidad y a mandarle, así, a
mandarle, no a rogarle, a mandarle que escriba usted la nivola de mis aventuras...
––¡Está ya escrita!
––Lo sé, todo está escrito. Y vengo también a decirle que eso que usted ha pensado de resucitarme
para que luego me quite yo a mí mismo la vida es un disparate, más aún, es una imposibilidad...
––¿Imposibilidad? ––le dije yo; por supuesto, todo esto en sueños.
––¡Sí, una imposibilidad! Aquella tarde en que nos vimos y hablamos en el despacho de usted,
¿recuerda?, estando usted despierto y no como ahora, dormido y soñando, le dije a usted que
nosotros, los entes de ficción, según usted, tenemos nuestra lógica y que no sirve que quien nos
finge pretenda hacer de nosotros lo que le dé la gana, ¿recuerda?
––Sí que lo recuerdo.
[…Capitolo XXXIII, Niebla]

Posso soltanto dire che, senza sapere d'averli punto cercati, mi trovai davanti, vivi da poterli toccare, vivi da
poterne udire perfino il respiro, quei sei personaggi che ora si vedono sulla scena. E attendevano, lì presenti,
ciascuno col suo tormento segreto e tutti uniti dalla nascita e dal viluppo delle vicende reciproche, ch'io li
facessi entrare nel mondo dell'arte, componendo delle loro persone, delle loro passioni e dei loro casi un
romanzo, un dramma o almeno una novella.
Nati vivi, volevano vivere.
[…]
Ora, per quanto cercassi, io non riuscivo a scoprir questo senso in quei sei personaggi. E stimavo perciò che
non mettesse conto farli vivere.
[..]
E, così pensando, li allontanavo da me. O piuttosto, facevo di tutto per allontanarli.
Ma non si dà vita invano a un personaggio.

21
Creature del mio spirito, quei sei già vivevano d'una vita che era la loro propria e non più mia, d'una vita che
non era più in mio potere negar loro.
[Prefazione, Sei personaggi in cerca d’autore].

 I protagonisti delle opere in questione si presentano davanti ai loro


autori e chiedono al proprio autore che li introduca in una qualsiasi
opera letteraria affinchè posssano realizzare completamente e definire
una propria identità; a volte lo fanno in maniera aggressiva o soltanto
per necessità estrema di ’’esistere’’. Non si rassegnano ad agire come
semplici marionette, mosse dalle dita del loro creatore né si
accontentano di restare fuori dal dell’arte poiché sono reali e lontani dal
proprio autore; altrimenti rimanendo senza autore vagherebbero
continuamente, essendo ora solo possibili entità esistenziali.

- Ahora que usted quiere matarme quiero yo vivir, vivir, vivir...


––¡Vaya una vida! ––exclamé.
––Sí, la que sea. Quiero vivir, aunque vuelva a ser burlado, aunque otra Eugenia y otro Mauricio me
desgarren el corazón. Quiero vivir, vivir, vivir...
––No puede ser ya... no puede ser...
––Quiero vivir, vivir... y ser yo, yo, yo...
––Pero si tú no eres sino lo que yo quiera...
––¡Quiero ser yo, ser yo!, ¡quiero vivir! ––y le lloraba la voz.
[...]
––¿Conque no, eh? ––me dijo––, ¿conque no? No quiere usted dejarme ser yo, salir de la niebla,
vivir, vivir, vivir, verme, oírme, tocarme, sentirme, dolerme, serme: ¿conque no lo quiere?, ¿conque
he de morir ente de ficción?
[…Capitolo XXXI, Niebla]

L'uscere (timidamente) Ci sono qua certi signori, che chiedono di lei.


(Il Capocomico e gli Attori si volteranno stupiti a guardare dal palcoscenico giù nella sala.)
Il capocomico (di nuovo sulle furie) Ma io qua provo! E sapete bene che durante la prova non deve
passar nessuno!
(Rivolgendosi in fondo) Chi sono lor signori? Che cosa vogliono?
Il padre (facendosi avanti, seguito dagli altri, fino a una delle due scalette) Siamo qua in cerca d'un
autore
Il capocomico (fra stordito e irato) D'un autore? Che autore?

22
Il padre D'uno qualunque, signore.
Il capocomico Ma qui non c'è nessun autore, perché non abbiamo in prova nessuna commedia
nuova.
La Figliastra (con gaja vivacità, salendo di furia la scaletta.
Tanto meglio, tanto meglio,allora, signore! Potremmo esser noi la loro commedia nuova.
Qualcuno degli attori (fra i vivaci commenti e le risate degli altri)
Oh, senti, senti
Il padre (seguendo sul palcoscenico la Figliastra). Già, ma se non c'è l'autore!
Al Capocomico:
Tranne che non voglia esser lei...
[...]
Il capocomico Tutto questo va benissimo! Ma che cosa vogliono loro qua?
Il padre Vogliamo vivere, signore!
Il capocomico (ironico) Per l'eternità?
Il padre No, signore: almeno per un momento, in loro.
[Sei personaggi in cerca d’autore].

 Il personaggio però non si limita a manifestare la sua volontà: presto


prenderà il sopravvento sull’uomo che lo aveva creato, imporrà la sua
superiorità e diventerà immortale, grazie anche all’azione creatrice della
lettura e rilettura del lettore; mentre il suo autore, uomo mortale, dovrà
rendere conto un giorno.
Entrambi chiamano in causa un l’esempio dei personaggi di Cervantes
e la possibilità che essi siano più veri del loro autore, Cervantes, visto
che la personalità dei primi hanno oscurato quest’ultimo fino a
trasformarlo in una tenue ombra:

––Bueno, pues no se incomode tanto si yo a mi vez dudo de la existencia de usted y no de la mía propia.
Vamos a cuentas: ¿no ha sido usted el que no una sino varias veces ha dicho que don Quijote y Sancho
son no ya tan reales, sino más reales que Cervantes?
[..]
––¿Conque no, eh? ––me dijo––, ¿conque no? No quiere usted dejarme ser yo, salir de la niebla, vivir,
vivir, vivir, verme, oírme, tocarme, sentirme, dolerme, serme: ¿conque no lo quiere?, ¿conque he de morir
ente de ficción? Pues bien, mi señor creador don Miguel, ¡también usted se morirá, también usted, y se
volverá a la nada de que salió...! ¡Dios dejará de soñarle! ¡Se morirá usted, sí, se morirá, aunque no lo
quiera; se morirá usted y se morirán todos los que lean mi historia, todos, todos, todos sin quedar uno!
23
¡Entes de ficción como yo; lo mismo que yo! Se morirán todos, todos, todos. Os lo digo yo, Augusto Pérez,
ente ficticio como vosotros, nivolesco lo mismo que vosotros. Porque usted, mi creador, mi don Miguel, no
es usted más que otro ente nivolesco, y entes nivolescos sus lectores, lo mismo que yo, que Augusto Pérez,
que su víctima...
––¿Víctima? ––exclamé.
––¡Víctima, sí! ¡Crearme para dejarme morir!, ¡usted también se morirá! El que crea se crea y el que se crea
se muere. ¡Morirá usted, don Miguel, morirá usted, y morirán todos los que me piensen! ¡A morir, pues!
[…Capitolo XXXI, Niebla]

La Figliastra (facendosi avanti al Capocomico, sorridente, lusingatrice) Creda che siamo veramente sei
personaggi, signore, interessantissimi! Quantunque, sperduti.
Il Padre (scartandola) Sì, sperduti, va bene!
Al Capocomico subito: Nel senso, veda, che l'autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non potè
materialmente, metterci al mondo dell'arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere
personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l'uomo, lo scrittore, strumento della
creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di
compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi -
ebbero la ventura di trovare
una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l'eternità!
[Sei personaggi in cerca d’autore]

 La ribellione sopraggiunge nello stesso momento in cui lo scrittore


cerca di dimostrare alle sue creature che non sono reali, ma il prodotto
della propria fantasia o di quella dei futuri lettori; ed è allora che il
personaggio prende coscienza di sè e del suo potere e comprende che
è un ESSERE più completo del suo autore e quindi si ribella:

El pobre hombre temblaba como un azogado, mirándome como un poseído miraría. Intentó
levantarse, acaso para huir de mí; no podía. No disponía de sus fuerzas.
––¡No, no te muevas! ––le ordené.
––Es que... es que... ––balbuceó.
––Es que tú no puedes suicidarte, aunque lo quieras.
––¿Cómo? ––exclamó al verse de tal modo negado y contradicho.
––Sí. Para que uno se pueda matar a sí mismo, ¿qué es menester? ––le pregunté.
––Que tenga valor para hacerlo ––me contestó.
––No ––le dije––, ¡que esté vivo!
––¡Desde luego!

24
––¡Y tú no estás vivo! ––¿Cómo que no estoy vivo? ¿es que me he muerto? ––y empezó, sin darse
clara cuenta de lo que hacía, a palparse a sí mismo.
––¡No, hombre, no! ––le repliqué––. Te dije antes que no estabas ni despierto ni dormido, y ahora te
digo que no estás ni muerto ni vivo.
––¡Acabe usted de explicarse de una vez, por Dios!, ¡acabe de explicarse! ––me suplicó
consternado––, porque son tales las cosas que estoy viendo y oyendo esta tarde, que temo
volverme loco.
––Pues bien; la verdad es, querido Augusto ––le dije con la más dulce de mis voces––, que no
puedes matarte porque no estás vivo, y que no estás vivo, ni tampoco muerto, porque no existes...
––¿Cómo que no existo? ––––exclamó.
––No, no existes más que como ente de ficción; no eres, pobre Augusto, más que un producto de
mi fantasía y de las de aquellos de mis lectores que lean el relato que de tus fingidas venturas y
malandanzas he escrito yo; tú no eres más que un personaje de novela, o de nivola, o como quieras
llamarle. Ya sabes, pues, tu secreto.
[..]
––Mire usted bien, don Miguel... no sea que esté usted equivocado y que ocurra precisamente todo
lo contrario de lo que usted se cree y me dice.
––Y ¿qué es lo contrario? ––le pregunté alarmado de verle recobrar vida propia.
––No sea, mi querido don Miguel ––añadió––, que sea usted y no yo el ente de ficción, el que no
existe en realidad, ni vivo, ni muerto... No sea que usted no pase de ser un pretexto para que mi
historia llegue al mundo...
––¡Eso más faltaba! ––exclamé algo molesto.
––No se exalte usted así, señor de Unamuno ––me replicó––, tenga calma. Usted ha manifestado
dudas sobre mi existencia...
––Dudas no ––le interrumpí––; certeza absoluta de que tú no existes fuera de mi producción
novelesca.
––Bueno, pues no se incomode tanto si yo a mi vez dudo de la existencia de usted y no de la mía
propia.
[…Capitolo XXXI, Niebla]

La prima attrice E l'illusione, più facile!


Il padre (con uno scatto, alzandosi) L'illusione? Per carità, non dicano l'illusione! Non adoperino
codesta parola, che per noi è particolarmente crudele!
Il capocomico (stordito) E perché, scusi?
Il padre Ma sì, crudele! crudele! Dovrebbe capirlo!
Il capocomico E come dovremmo dire allora? L'illusione da creare, qua, agli spettatori -
Il primo attore - con la nostra rappresentazione -
Il capocomico - l'illusione d'una realtà!
Il padre Comprendo, signore. Forse lei, invece, non può comprendere noi. Mi scusi! Perché - veda -
qua per lei e per i suoi attori si tratta soltanto - ed è giusto - del loro giuoco.

25
La prima attrice (interrompendo sdegnata) Ma che giuoco! Non siamo mica bambini! Qua si recita
sul serio.
Il padre Non dico di no. E intendo, infatti, il giuoco della loro arte, che deve dare appunto - come
dice il signore – una perfetta illusione di realtà.
Il capocomico Ecco, appunto!
Il padre Ora, se lei pensa che noi come noi
(indicherà sè e sommariamente gli altri cinque Personaggi)
non abbiamo altra realtà fuori di questa illusione!
Il capocomico (stordito, guardando i suoi Attori rimasti anch'essi come sospesi e smarriti! E come
sarebbe a dire
Il padre (dopo averli un po' osservati, con un pallido sorriso) Ma sì, signori! Quale altra? Quella che
per loro è un'illusione da creare, per noi è invece l'unica nostra realtà.
(Breve pausa. Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico), e soggiungerà: Ma non soltanto
per noi, del resto, badi! Ci pensi bene. Lo guarderà negli occhi. Mi sa dire chi è lei? (E rimarrà con
l'indice appuntato su lui.)
Il capocomico (turbato, con un mezzo sorriso) Come, chi sono? - Sono io!
Il padre E se le dicessi che non è vero, perché lei è me?
Il capocomico Le risponderei che lei è un pazzo!
Gli Attori rideranno.
Il padre Hanno ragione di ridere: perché qua si giuoca;
al Direttore: e lei può dunque obbiettarmi che soltanto per un giuoco quel signore là
indicherà il Primo Attore che è "lui", dev'esser "me", che viceversa sono io, "questo". Vede che l'ho
colto in trappola?
Gli attori torneranno a ridere.
Il capocomico (seccato) Ma questo s'è già detto poco fa! Daccapo?
Il padre No, no. Non volevo dir questo, infatti. Io la invito anzi a uscire da questo giuoco
guardando la Prima Attrice, come per prevenire
d'arte! d'arte! - che lei è solito di fare qua coi suoi attori; e torno a domandarle seriamente: chi è lei?
Il capocomico (rivolgendosi quasi strabiliato, e insieme irritato, agli Attori) Oh, ma guardate che ci
vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per personaggio, venire a domandare a me,
chi sono!
Il padre (con dignità, ma senza alterigia) Un personaggio, signore, può sempre domandare a un
uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è
sempre "qualcuno". Mentre un uomo -non dico lei, adesso - un uomo così in genere,può non esser
"nessuno".
Il capocomico Già! Ma lei lo domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito?
Il padre (quasi in sordina, con melliflua umiltà) Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com'è
adesso, si vede... come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte
le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano - ed
erano, erano realmente per lei! - Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si
fa più, a tutte quelle cose che ora non le "sembrano" più come per lei "erano" un tempo; non si sente

26
mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando
che ugualmente "questo" come lei ora si sente, tutta la
sua realtà d'oggi così com'è, è destinata a parerle illusione domani?
Il capocomico (senza aver ben capito, nell'intontimento della speciosa argomentazione) Ebbene? E
che vuol concludere con questo?
Il padre Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sè e gli altri Personaggi)
oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che
lei oggi respira e tocca in sè, perché – come quella di jeri - è destinata a scoprirlesi illusione domani.
Il capocomico (rivolgendosi a prenderla in riso) Ah, benissimo! E dica per giunta che lei, con
codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è più vero e reale di me!
Il padre (con la massima serietà) Ma questo senza dubbio, signore!
Il capocomico Ah sì?
Il padre Credevo che lei lo avesse già compreso fin da principio.
Il capocomico Più reale di me?
Il padre Se la sua realtà può cangiare dall'oggi al domani...
Il capocomico Ma si sa che può cangiare, sfido! Cangia continuamente, come quella di tutti!
Il padre (con un grido) Ma la nostra no, signore! Vede? La differenza è questa! Non cangia, non può
cangiare, né esser altra, mai, perché già fissata - così - "questa" - per sempre - (è terribile, signore!)
realtà immutabile, che dovrebbe dar loro un brivido nell'accostarsi a noi!
Il capocomico (con uno scatto, parandoglisi davanti per un'idea che gli sorgerà all'improvviso).
Io vorrei sapere però, quando mai s'è visto un personaggio che, uscendo dalla sua parte, si sia
messo a perorarla così come fa lei, e a proporla, a spiegarla. Me lo sa dire? Io non l'ho mai visto!
Il padre Non l'ha mai visto, signore, perché gli autori nascondono di solito il travaglio della loro
creazione. Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro
che seguirli nelle parole, nei gesti ch'essi appunto gli propongono, e bisogna ch'egli li voglia com'essi
si vogliono; e guai se non fa così! Quando un personaggio è nato, acquista subito una tale
indipendenza anche dal suo stesso autore, che può esser da tutti immaginato in tant'altre situazioni
in cui l'autore non pensò di metterlo, e acquistare anche, a volte, un significato che l'autore non si
sognò mai di dargli!
[..]
Il padre (interrompendo e incalzando con foga). Ecco! benissimo! a esseri vivi, più vivi di quelli che
respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri!
Siamo dello stessissimo parere!
Gli Attori si guardano tra loro, sbalorditi.
[Sei personaggi in cerca d’autore]

27
 I personaggi sono immortali perchè la loro realtà è stata fissata
anteriormente, per cuiè immutabile e immortale, è sempre ‘’qualcuno’’,
invece l’uomo può essere ‘’nessuno’’:

«¿Será verdad que no existo realmente? ––se decía–– ¿tendrá razón este hombre al decir que no
soy más que un producto de su fantasía, un puro ente de ficción?»
Tristísima, dolorosísima había sido últimamente su vida, pero le era mucho más triste, le era más
doloroso pensar que todo ello no hubiese sido sino sueño, y no sueño de él, sino sueño mío. La
nada le parecía más pavorosa que el dolor. ¡Soñar uno que vive... pase, pero que le sueñe otro... !
«Y ¿por qué no he de existir yo? ––se decía––, ¿por qué? Supongamos que es verdad que ese
hombre me ha fingido, me ha soñado, me ha producido en su imaginación; pero ¿no vivo ya en las
de otros, en las de aquellos que lean el relato de mi vida? Y si vivo así en las fantasías de varios,
¿no es acaso real lo que es de varios y no de uno solo? Y ¿por qué surgiendo de las páginas del
libro en que se deposite el relato de mi ficticia vida, o más bien de las mentes de aquellos que la
lean ––de vosotros, los que ahora la leéis––, por qué no he de existir como un alma eterna y
eternamente dolorosa?, ¿por qué?»
[..]
Y luego pensó: «Pero ¡no, no!, ¡yo no puedo morirme; sólo se muere el que está vivo, el que existe,
y yo,como no existo, no puedo morirme... soy inmortal! No hay inmortalidad como la de aquello que,
cual yo, no ha nacido y no existe. Un ente de ficción es una idea, y una idea es siempre inmortal...»
––¡Soy inmortal!, ¡soy inmortal! ––exclamó Augusto.
[…Capitolo XXXI, Niebla]

La figliastra Ebbene, faccia uscire quella madre.


La madre (levandosi dal suo pianto, con un urlo) No, no! Non lo permetta, signore! Non lo permetta!
Il capocomico Ma è solo per vedere, signora!
La madre Io non posso! non posso!
Il capocomico Ma se è già tutto avvenuto, scusi! Non capisco!
La madre No, avviene ora, avviene sempre! Il mio strazio non è finito, signore! Io sono viva e
presente, sempre, in ogni momento del mio strazio, che si rinnova, vivo e presente sempre. Ma quei
due piccini là, li ha lei sentiti parlare? Non possono più parlare, signore! Se ne stanno aggrappati a
me, ancora, per tenermi vivo e presente lo strazio: ma essi, per sè,non sono, non sono più! E
questa,indicherà la Figliastra signore, se n'è fuggita, è scappata via da me e s'è perduta, perduta...
Se ora io me la vedo qua è ancora per questo, solo per questo, sempre, sempre, per rinnovarmi
sempre, presente, lo strazio che vivo e ho sofferto anche per lei!
Il padre (solenne) Il momento eterno, com'io le ho detto, signore! Lei
(indicherà la Figliastra) è qui per cogliermi, fissarmi, tenermi agganciato e sospeso in eterno, alla
gogna, in quel solo momento fuggevole evergognoso della mia vita. Non può rinunziarvi, e lei,
signore, non può veramente risparmiarmelo.

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Il capocomico Ma sì, io non dico di non rappresentarlo: formerà appunto il nucleo di tutto il primo
atto, fino ad arrivare alla sorpresa di lei - indicherà la Madre.
Il padre Ecco, sì. Perché è la mia condanna, tutta signore!: tutta la nostra passione, che deve
culminare nel grido finale di lei! -
Indicherà anche lui la Madre
[Sei personaggi in cerca d’autore]

 In entrambi riscontriamo una concezione della realtà e della finzione


come se in effetti siano la stessa cosa; ma c’è dell’altro: vi è una totale
identificazione tra ciò che e è reale e ciò che è finzione e molto spesso,
ciò che anche noi crediamo sia vero, ci inganna, risultando allora ciò
che credavamo fittizio è reale e vero:

El alma de un personaje de drama, de novela o de nivola no tiene más interior que el que le da...
—Sí, su autor.
—No, el lector.
—Pues yo te aseguro, Víctor...
—No asegures nada y devórate. Es lo seguro.
—Y me devoro, me devoro. Empecé, Víctor, como una sombra, como una ficción;
durante años he vagado como un fantasma, como un muñeco de niebla, sin creer en mi
propia existencia, imaginándome ser un personaje fantástico que un oculto genio
inventó para solazarse o desahogarse; pero ahora, después de lo que me han hecho, después
de lo que me han hecho, después de esta burla, de esta ferocidad de burla, ¡ahora sí!, ¡ahora me siento,
ahora me palpo, ahora no dudo de mi existencia real!
[…Capitolo XXX, Niebla]

La figliastra
Aspettate! Aspettate! Prima, la bambina alla vasca!
Correrà a prendere la Bambina, si piegherà sulle gambe davanti a lei, le prenderà la faccina tra le mani.
Povero amorino mio, tu guardi smarrita, con codesti occhioni belli: chi sa dove ti par d'essere! Siamo su un
palcoscenico, cara! Che cos'è un palcoscenico? Ma, vedi? un luogo dove si giuoca a far sul serio. Ci si fa la
commedia. E noi faremo ora la commedia. Sul serio, sai! Anche tu...
L'abbraccerà, stringendosela sul seno e dondolandosi un po'.
Oh amorino mio, amorino mio, che brutta commedia farai tu! che cosa orribile è stata pensata per te! Il
giardino, la
vasca...Eh, finta, si sa! Il guajo è questo, carina: che è tutto finto, qua! Ah, ma già forse a te bambina, piace
più una vasca

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finta che una vera; per poterci giocare, eh? Ma no, sarà per gli altri un gioco; non per te, purtroppo, che sei
vera, amorino, e
che giochi per davvero in una vasca vera, bella, grande, verde, con tanti bambù che vi fanno l'ombra,
specchiandovisi, e
tante tante anatrelle che vi nuotano sopra, rompendo quest'ombra. Tu la vuoi acchiappare, una di queste
anatrelle..
[..]

Rintronerà dietro gli alberi, dove il Giovinetto è rimasto nascosto, un colpo di rivoltella.
La Madre (con un grido straziante, accorrendo col Figlio e con tutti gli Attori in mezzo al subbuglio generale)
Figlio! Figlio mio! E poi, fra la confusione e le grida sconnesse degli altri: Ajuto! Ajuto!
Il capocomico (tra le grida, cercando di farsi largo, mentre il Giovinetto sarà sollevato da capo e da piedi e
trasportato via, dietro la tenda bianca) S'è ferito? s'è ferito davvero?
Tutti, tranne il Capocomico e il Padre, rimasto per terra presso la scaletta, saranno scomparsi dietro il
fondalino abbassato, che fa da cielo, e vi resteranno un po' parlottando angosciosamente, poi, da una parte
e dall'altra di esso,rientreranno in iscena gli Attori.
La prima attrice (rientrando da destra, addolorata) È morto! Povero ragazzo! È morto! Oh che cosa!
Il primo attore (rientrando da sinistra, ridendo) Ma che morto! Finzione! finzione! Non ci creda!
Altri attori da destra Finzione? Realtà! realtà! È morto!
Altri attori da sinistra No! Finzione! Finzione!
Il padre (levandosi e gridando tra loro) Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! realtà!
E scomparirà anche lui, disperatamente, dietro il fondalino.
Il capocomico (non potendone più) Finzione! realtà! Andate al diavolo tutti quanti! Luce! Luce! Luce!

 Infine, come ultimo, ma non di minor imporanza, troviamo il tema dello


sdoppiamento della personalità; l’alter ego di Unamuno è Victor Goti,
mentre per Pirandello è il Padre che rappresenta il suo portavoce:

Se empeña don Miguel de Unamuno en que ponga yo un prólogo a este su libro en que se relata la tan
lamentable historia de mi buen amigo Augusto Pérez y su misteriosa muerte, y yo no puedo menos sino
escribirlo, porque los deseos del señor Unamuno son para mí mandatos, en la más genuina acepción de
este vocablo.
[Prologo, Niebla]

Il padre
Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di
cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose
come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno
per sè, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai! Guardi la mia pietà,
tutta la mia pietà per questa donna.
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(indicherà la Madre) è stata assunta da lei come la più feroce delle crudeltà.
[...]

Il padre
Il dramma per me è tutto qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi - veda - si crede "uno" ma
non è vero: è "tanti", signore, "tanti", secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi: "uno" con questo,
"uno" con quello - diversissimi! E con l'illusione, intanto, d'esser sempre "uno per tutti", e sempre "quest'uno"
che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero! non è vero! Ce n'accorgiamo bene, quando in qualcuno dei
nostri atti, per un caso sciaguratissimo, restiamo all'improvviso come agganciati e sospesi: ci accorgiamo,
voglio dire, di non esser tutti in quell'atto, e che dunque una atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello
solo, tenerci agganciati e sospesi, alla gogna, per una intera esistenza, come se questa fosse assommata
tutta in quell'atto! Ora lei intende la perfidia di questa ragazza? M'ha sorpreso in un luogo,
in un atto, dove e come non doveva conoscermi, come io non potevo essere per lei; e mi vuol dare una
realtà, quale io non potevo mai aspettarmi che dovessi assumere per lei, in un momento fugace,
vergognoso, della mia vita! Questo, questo, signore, io sento sopratutto. E vedrà che da questo il dramma
acquisterà un grandissimo valore. Ma c'è poi la situazione degli altri! Quella sua.. .
indicherà il Figlio.
[Sei personaggi in cerca d’autore

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