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ABSTRACT
KEYWORDS
Secondo la biologia dello sviluppo, fermo restando l’apporto fornito dal patrimonio genetico,
le capacità dell’individuo possono evolversi solo in presenza di determinate condizioni
ambientali e tramite un processo di apprendimento: i geni interagiscono con l’ambiente e non
semplicemente in un ambiente. Andando leggermente oltre, l’essere umano non va
considerato come un sistema che nasce con caratteristiche biologiche e psicologiche di serie
che poi vengono modellate dalla cultura, ma piuttosto come un sistema in continua
evoluzione. A questo proposito, Ingold (2001) parla di “pensiero relazionale” e sostiene che
noi esseri umani siamo il risultato di un processo di sviluppo grazie al quale possiamo
diventare esperti in abilità appropriate al particolare tipo di vita che conduciamo e inserite in
un campo di relazioni che ospita luoghi di crescita e sviluppo, attraverso processi di
embodiment ed enmindment. Si pensi ai risvolti che una tale consapevolezza può avere
all’interno del contesto scolastico: se è vero che il contributo dell’ambiente, delle relazioni
che intessiamo, delle opportunità che si vengono a creare attorno a noi diventano parte di noi
stessi e della nostra cultura, la scuola non ha più soltanto una valenza ai fini educativi, ma da
essa dipendono l’intera vita dell’individuo che vi gravita attorno e la qualità del suo futuro.
A tal proposito, questo elaborato vuole essere da sprone per la ricerca di nuove modalità
grazie alle quali gli insegnanti possono ottemperare al loro compito, in questo caso
potenziando cognitivamente e metacognitivamente i loro alunni, non soltanto per motivarli e
incrementare le loro strategie di apprendimento, e per permettere loro di essere in grado di
gestire il successo e l’insuccesso, ma soprattutto per fornire degli strumenti con cui affrontare
la vita con maggiori risorse e consapevolezza.
QUADRO TEORICO
Partendo dai concetti di ZSP e di plasticità neuronale, si sono potute porre le basi per il
costrutto di modificabilità cognitiva, secondo cui poiché non sempre vengono utilizzati tutti i
processi cognitivi e le strategie che una persona ha a disposizione, è fondamentale scoprirne
la “capacità interna”, ovvero il potenziale, e attuare una mediazione tra risorse interne ed
esterne (Haywood & Tzuriel, 1992). Nel caso in cui le capacità fossero inesistenti o carenti
nel repertorio comportamentale del soggetto, è necessario far sì che egli interagisca con
eventi ambientali e condizioni esterne tali da permettere lo sviluppo di quelle capacità (Fabio
& Romano, 2010).
In linea con quanto sostenuto da Feuerstein (1980), la modificabilità è sempre possibile, non
importa quali siano le condizioni di partenza, ivi compresa la disabilità.
Prima di spiegare nello specifico in cosa consiste un programma di potenziamento, è
importante individuare chi sono gli attori e quali sono i processi cognitivi fisiologici che
fungono da faro nella sua organizzazione. Il protagonista è sicuramente l’allievo in difficoltà.
Ma lo sviluppo ontologico della persona dipende anche dall’ambiente, dall’interazione con
ciò che lo circonda. L’insegnante deve avere delle solide basi esperienziali e conoscitive dei
deficit relativi alle funzioni cognitive del discente; deve attuare una buona osservazione
diretta; identificare gli obiettivi e i modi e i metodi per raggiungerli. Egli ha il compito di
scegliere gli stimoli, di proporli seguendo una logica temporale e spaziale, di dare risalto ad
alcuni e di annullarne altri, di favorire le associazioni utili e impedire le ripetizioni; tramite
passi graduati, guida il lavoro, inducendo autonomia e spronando il discente a superare gli
ostacoli (Fabio & Pellegatta, 2005a). È fondamentale però che l’allievo, punto centrale del
programma, si impegni a sviluppare se stesso, poiché lo sviluppo cognitivo non può essere né
geneticamente determinato, né imposto. Esso nasce da una partecipazione attiva, inserita in
un contesto stimolante. Lo studente è responsabile del proprio apprendimento e deve essere
capace di usare le abilità e le strategie che gli vengono richieste (Comoglio 2002).
Poniamo adesso uno sguardo alla dinamica fisiologica relativa ai processi cognitivi.
Apprendere vuol dire riuscire a integrare informazioni nuove in maniera progressiva, in modo
che la mappa dei concetti già elaborati sia suscettibile di una riorganizzazione e sia
funzionale alla capacità della persona di operare in situazioni problematiche mai riscontrate.
Secondo Feuerstein (1987), il processo di apprendimento è determinato da tre momenti
fondamentali relativi all’informazione, elencati di seguito.
• - Lo shifting dell’attenzione: è l’alternanza tra due focus cui non si deve prestare
attenzione
nello stesso momento (Fabio, 2001).
Appartengono alla fase di entrata le operazioni utili per la raccolta delle informazioni,
come attenzione, precisione, percezione degli stimoli, registrazione.
La seconda fase è quella di elaborazione e riguarda due concetti in particolare:
• - Uso inadeguato del linguaggio. Può verificarsi nel caso di linguaggio povero e
inadeguato o, in presenza di ricchezza di parole, di linguaggio non associato
correttamente a realtà e concetti.
• - Incapacità di considerare più informazioni allo stesso tempo. Il deficit implica una
difficoltà nella classificazione e nel confronto, utili per acquisire i concetti.
• - Mancanza della ricerca di relazioni fra i dati e di evidenza logica. In questo caso la
percezione della realtà da elaborare sarà frammentaria e priva di logica.
Cruciale diventa in questo contesto l’insegnante, che può assumere il ruolo di “potenziatore”,
ovvero un coach che spinge “lo studente a sperimentare un comportamento, a diventare
consapevole del suo significato e a utilizzare la cognizione per formulare ipotesi circa come
comportarsi più consapevolmente” (Fabio & Romano, 2010, p.8).
Nel caso di soggetti con disabilità, in vista dell’obiettivo della modificabilità, è fondamentale
innanzitutto individuare in quale fase si colloca un’eventuale disfunzionalità e,
successivamente, procedere trattando la modificabilità in riferimento al potenziamento delle
dinamiche che vi sottostanno (ovvero i domini cognitivi, come attenzione, memoria, logica,
processi espressivi) e ai contenuti specifici (si pensi all’area matematica, alla letto-scrittura)
(Fabio & Pellegatta, 2005a; 2005b).
Per una classificazione funzionale al lavoro con il singolo o con la classe, è utile presentare i
metodi e le tecniche in grado di potenziare i canali di input.
I metodi per incrementare l’attenzione in generale prevedono diversi training.
• - Un training sul controllo della postura. Spesso i ragazzi assumono una posizione
scorretta, sebbene autostimolante (e, quindi, gratificante). Questo atteggiamento
sposta l’attenzione sugli stimoli interni e impedisce all’organismo di selezionare
quelli esterni (Fabio, 2001). L’insegnante può spiegare una strategia di attenzione:
mostra a livello metacognitivo il ruolo dei comportamenti motori e delle distrazioni
nell’apprendimento; chiede dei feedback per verificare la comprensione; mostra la
posizione corretta (la “posizione dell’attenzione”); dà rinforzi verbali frequentemente
all’inizio e di rado successivamente.
semplice poi via via sempre più complesso, tra tanti altri oggetti inseriti in un sacchetto o in
una scatola.
Sempre nell’ambito del potenziamento dell’attenzione uditiva (ma anche visiva, se si usano
schede), l’insegnante può potenziare la decodifica delle consegne nell’area linguistica o
matematica proponendo una serie di consegne: sottolinea/cerchia in rosso/verde i verbi/
aggettivi nel testo; colora di rosso/verde/blu i triangoli/quadrati/cerchi. È possibile
intervallare le consegne con un comando divertente (ad esempio: colora poi, fai un salto) per
motivare nuovamente il ragazzo e recuperare l’attenzione. L’insegnante deve tener conto
innanzitutto della correttezza nell’ascolto e nell’applicazione dei comandi e poi della
correttezza nell’esecuzione del compito.
Per potenziare l’attenzione visiva, si possono progettare una serie di esercizi a seconda del
processo cognitivo che si vuole migliorare (la concentrazione, la capacità di individuare i
particolari, l’attenzione su più livelli che si intersecano, etc.). Tra gli esercizi, possiamo
annoverare i seguenti: Conta gli items, Le differenze, Trova l’oggetto, Labirinti, Unisci i
puntini, Crucipuzzle. Ognuno di questi esercizi può essere presentato considerando vari
livelli di difficoltà e gli interessi specifici dell’alunno.
È utile ricordare che, per costruire tutti questi esercizi, arrivano in soccorso dell’insegnante le
TIC, ormai strumenti imprescindibili per la riuscita di un programma di potenziamento.
Nel potenziamento della fase di elaborazione delle informazioni quello che più conta è
spronare l’allievo a rispondere ai “perché”. Ciò lo aiuta a pensare e a rafforzare il
ragionamento, la memoria e il pensiero critico. Sono molti gli esercizi che possono potenziare
l’area logica. In particolare citiamo: le categorizzazioni e i confronti, le progressioni
numeriche e grafiche, i calcoli con numeri e lettere, gli esercizi sulle relazioni temporali e
sulla coordinazione simultanea di informazioni, i sillogismi.
Per il potenziamento della fase di uscita delle informazioni si ritiene importante lo strumento
della registrazione. In questo modo, si può automatizzare la pronuncia: tramite il modeling,
l’insegnante pronuncia un suono, una parola o una frase, e la fa ripetere all’alunno. Quando la
pronuncia di questi è corretta si procede con la registrazione, la quale verrà fatta riascoltare
con il triplice obiettivo di motivare, automatizzare l’uso proprio del linguaggio e aiutare a
memorizzare.
In questa fase è indicato un training sulla formulazione del pensiero, che prevede diverse
tecniche. La prima è la tecnica delle 5 W (When? Where? Who? What? Why?). Vengono
mostrati all’alunno dei cartoncini, uno accanto all’altro orizzontalmente, ognuno dei quali
contiene una delle seguenti domande: Quando? Dove? Chi? Cosa? Perché? Gradualmente il
bambino dovrà costruire una frase prima supportato dall’insegnante, poi da solo con l’aiuto
dei cartoncini, in seguito senza cartoncini. Così facendo, gli aiuti andranno via via scemando
(fading): prima si toglierà l’ultimo cartoncino (Perchè?) e quando, per 5 volte consecutive,
l’alunno svolgerà il compito correttamente, si eliminerà il cartoncino precedente (Cosa?), e
così via. Tenendo conto dello shaping, la formulazione della frase seguirà un ordine di
complessità anche nel contenuto (vita personale, contesto familiare, contesto di vita allargata,
contesto delle discipline di studio).
Un’altra tecnica riguarda l’uso dei connettivi lineari.Se vogliamo stimolare la sequenza
temporale, possiamo usare dei connettivi, ordinandoli nel tempo e posizionandoli in verticale.
All’alunno vengono proposti, posizionati uno sotto l’altro, inizialmente 2 connettivi (prima e
dopo), poi 3 (prima, dopo e infine), quindi 4 (prima, poi, dopo, infine). Anche in questo caso
entrano in gioco shaping, in merito alla gradualità del contenuto della frase, e fading, in
quanto via via vengono eliminati i cartoncini. Se, invece, vogliamo stimolare la sequenza
condizionale, procederemo allo stesso modo, usando però i connettivi “se...allora”. Infine,
esiste un altro tipo di connettivi, quelli causali (perché, poiché, dal momento che, a causa di,
etc). Il cartoncino con il connettivo aiuterà l’alunno a costruire frasi gradualmente sempre più
complesse. Dopo aver usato i connettivi lineari, si può ampliare la tecnica e volgere lo
sguardo a connettivi che implicano una logica avversativa, ovvero quelli non lineari (ma,
tuttavia, benché, sebbene, etc). Si usano sempre i cartoncini, ma l'insegnante deve aver cura
di collocarli orizzontalmente, di modo da distinguere tra logica consequenziale e avversativa.
Sempre partendo dal contesto personale, si chiede all’alunno di formulare una frase con
l’aiuto del cartoncino (es. mi piacerebbe dormire, ma devo andare a scuola). Dopo 5 frasi
consecutive corrette, i cartoncini vengono eliminati o sostituiti (es. tuttavia, invece che ma) e
si ripete l’iter. Se per alcuni alunni la verbalizzazione di contesti e situazioni può risultare
ostica, si possono usare anche le immagini.
Nella fase di uscita può essere producente anche un training sull'ampliamento del
vocabolario. Fermo restando che la lettura rimane uno dei metodi più validi per
l’ampliamento del proprio bagaglio lessicale, si propongono alcune tecniche più specifiche.
La prima è la TIV (tecnica di Interiorizzazione del Vocabolario). Consiste nel presentare
all’allievo una parola nuova partendo da una conversazione (“Ieri Ugo e Ida hanno
bisticciato”). L’alunno scrive la parola (bisticciare), la definisce (litigare) e la utilizza
all’interno di una nuova frase (“Non è bello bisticciare tra amici”). L’insegnante dovrà
richiedere significato e contestualizzazione del termine in una frase per 5 giorni, registrando i
progressi su una tabella (Fabio & Pellegatta, 2005a).
Un’altra tecnica è quella delle parole-chiave (Foil & Alber, 2002). Prevede tre fasi. La prima
fase è la ricodifica: l’insegnante presenta una parola difficile e la trasforma in una più
familiare e foneticamente simile (“corinzio” diventa “cori di zio”), la ripete più volte per
stabilire un’associazione tra gli elementi della coppia. Nella seconda fase, quella di relazione,
si crea un’immagine mentale o disegnata (per es. lo zio che canta in un coro) e si spinge
l’alunno a immaginare una situazione in cui il termine e la parola chiave si combinano (ad es.
lo zio che canta in un coro in un tempio con le colonne corinzie). Nell’ultima fase, la
rievocazione, si chiederà la definizione del termine (corinzio), l’alunno penserà alla parola
chiave, poi all’immagine a essa legata e ricaverà il significato. Per consolidare il termine
l’allievo dovrà inserirlo in frasi diverse. Sempre nell’ambito del potenziamento della fase di
uscita delle informazioni, si può rafforzare l’acquisizione dei nuovi termini proponendo delle
attività che hanno come fini il riconoscimento delle parole e la rievocazione della definizione.
Come suggeriscono Foil e Alber (2002), si possono presentare diverse attività, tra cui
Indovina cos’è e Tombola. Va da sé che bisogna sempre tenere conto della gradualità. Per
l’attività “Indovina cos’è”, si danno all’alunno dei cartoncini contenenti una parola.
L’insegnante leggerà una definizione e l’alunno dovrà alzare il cartoncino corrispondente e,
volendo, formulare una frase adeguata.
Per la tombola, attività che si presta bene anche per un lavoro di gruppo, si forniscono agli
alunni delle schede con le parole imparate. Ogni volta che l’insegnante dà la definizione di
una parola presente nella propria cartella, gli alunni mettono un piccolo oggetto su di essa per
indicare che è stata eliminata. Si possono prevedere dei premi simbolici per chi completa una
riga o un’intera cartella.
CONCLUSIONI
Traducendo dal macro al micro, ecco che l’insegnante all’interno del contesto scolastico può
ergersi a paladino del diritto ad una formazione di qualità e dell’inclusione. Egli non ha il
mero compito di progettare, realizzare e verificare gli interventi idonei ad affrontare in
maniera positiva le situazioni di disabilità nel contesto classe, ma è la figura che dovrà
rappresentare un’alternativa per la persona con difficoltà; è colui che può fare la differenza,
permettendo al ragazzo che gli viene affidato di vedere il mondo da una prospettiva
differente, di guardare oltre, verso l’orizzonte delle sue possibilità. Egli dovrà operare in
funzione metacognitiva, in modo da supportare lo studente principalmente nello sviluppo di
una delle più importanti competenze chiave europee, ovvero imparare ad imparare. Lo scopo
sarà quello di sviluppare abilità di diversa natura, da porre al servizio dello sviluppo
cognitivo di ogni studente. In questo contesto, il saper portare avanti un programma di
potenziamento cognitivo, il conoscere le condizioni che rendono il terreno fertile alla sua
attuazione, l’essere in grado di creare uno scaffolding che sostiene e guida l’alunno finché
egli ne avrà bisogno, rappresentano per l’insegnante un dovere e, al contempo, un supporto
alla professionalità. Sta all’insegnante aggiornarsi e formarsi in una prospettiva di long life
learning, in vista non solo del miglioramento delle proprie competenze e abilità, ma
soprattutto del contributo personale che egli può dare all’intera società.
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