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PRIMA PARTE

L’INTRODUZIONE DELLA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE


Da un punto di vista storico, la psicologia dell’educazione è una branca della psicologia , si occupa
dello studio dei processi psicologici implicati nell’insegnamento e apprendimento all’interno degli
ambienti educativi e formativi. Viene fatta risalire la sua nascita alla fine del XIX secolo a figure
quali=
-William James= ha sottolineato l’importanza di osservare l’insegnamento nelle classi per migliorare
l’istruzione ed ha ipotizzato un costrutto basato sul lavoro di un livello appena superiore al livello delle
competenze e conoscenze dei bambini= è importante lavorare un pezzettino sopra rispetto a quello che
può fare l’alunno in autonomia (zona di sviluppo prossimale);
-John Dewey= i bambini sono agenti attivi nel processo di apprendimento, i bambini costruiscono da
soli la loro conoscenza; non si può considerare il bambino come individuo separato dal contesto in cui
è inserito quindi il bambino viene considerato nella sua interezza compreso l’ambiente attorno al
bambino. Tutti i bambini meritano la stessa possibilità di essere istruiti.
-Edward Lee Thorndike= l’apprendimento può essere valutato e misurato su base scientifica. Per
essere una disciplina scientifica la psicologia scolastica, dobbiamo dedicare attenzione a ciò che può
essere misurato, in questo caso l’apprendimento può essere misurato= il comportamento e l’esito e
non il processo cognitivo.

APPROCCIO COMPORTAMENTISTA DI SKINNER= misurare ed osservare il comportamento


osservabile (il frutto, tutto ciò che io posso osservare, il comportamento è tutto quello che vedo), i
processi mentali e cognitivi non sono oggetto di interesse. Skinner introduce il concetto di
apprendimento programmato (1954) che vede lo studente rinforzato ogni volta che si avvicina
all’obiettivo dell’apprendimento quindi si premia lo studente non appena arriva all’obiettivo, ma ogni
volta che fa un passo in più = concetto di apprendimento programmato.
Questo approccio comportamentalista viene messo in discussione quando ci si rende conto che i
processi mentali non possono essere lasciati totalmente al di fuori quindi poi arriva la
RIVOLUZIONE COGNITIVISTA che enfatizza il ruolo dei processi cognitivi mentali (memoria,
pensiero, ragionamento…) che hanno un impatto sui processi di apprendimento dei bambini.

L’INSEGNANTE non è un ruolo facile, richiede un bagaglio di conoscenze, non posso insegnare
una disciplina senza avere conoscenza sull’argomento, richiede anche esperienza per capire i
feedback degli studenti stessi per migliorare la nostra strategia, anche le caratteristiche personali
dell’insegnante incidono. L’insegnante efficace deve avere conoscenze ed abilità professionali e un
certo livello di impegno, motivazione nell’insegnare e nel creare una relazione con gli studenti
dimostrandogli che possono contare su di me e quindi di prendersi cura degli studenti. Avere un
buon rapporto insegnante-studente
permette un miglior rendimento scolastico e benessere a scuola negli studenti. L’insegnante è una
figura di riferimento importante per gli alunni.
CONOSCENZE E ABILITÀ PROFESSIONALI DELL’INSEGNANTE=
-competenze sulla disciplina = devo saperlo organizzare, devo avere una mappa mentale per
spiegarla
-strategie didattiche differenti= fare una lezione centrata sull’allievo (approccio costruttivista=
l’allievo ha un ruolo attivo, ha delle responsabilità, il livello di costruzione delle conoscenze è attivo)
o sull’insegnante (approccio dell’istruzione= lezione frontale che andrebbe integrata con una lezione
incentrata sull’allievo)
-abilità di pensiero critico, riflessivo, costruttivo
-definire gli obiettivi e pianificare la didattica che comunque può essere modificata in corso d’opera
-pratiche didattiche appropriate allo sviluppo per proporre attività che lo studente può comprendere
-abilità di gestione della classe creando un clima ottimale per l’apprendimento
-abilità motivazionali ed emotive= io insegnante devo poter motivare gli studenti e io devo essere
motivata ad insegnare. È fondamentale l’empatia= capire lo studente, mettersi nei suoi panni,
trasmettere un atteggiamento di apertura, non chiudersi…
-abilità comunicative per poter entrare in relazione con gli studenti= devo ascoltare, comprendere,
saper parlare, prestare attenzione a tante informazioni che appartengono a tutta la comunicazione,
non solo verbale, ma anche non verbale (il corpo che parla)
-tenere conto delle differenze individuali= insegnamento individualizzato
-capacità di lavorare con studenti con background culturali diversi
-valutare le conoscenze e le abilità
-abilità tecnologiche che andrebbero integrate nei curricula scolastici, questo è importante per un
mondo che va sempre più in quella direzione per dare agli studenti un’educazione anche in questo
senso
-atteggiamento positivo e di cura verso gli studenti , trattare tutti gli studenti con la stessa cura,
attenzione e stima, non possono sentirsi svantaggiati perché questo mina la loro motivazione ed il
loro apprendimento al di là delle preferenze dell’insegnante
-impegno, tempo, motivazione
-capacità di indossare panni diversi per motivare e coinvolgere gli studenti, essere dinamici e
camaleontici per stimolare i ragazzi
-credere in quello che si fa, avere fiducia nelle proprie capacità

Caratteristiche migliori dell’insegnante= trasparenza, motivazione, chiarezza, empatia, umanità,


ascolto, motivazione, coinvolgimento, cura, attenzione, rispetto, professionalità, integrare la cultura,
saper valutare…
Caratteristiche peggiori= arroganza, ignoranza, disattenzione, noncuranza, non ascolto, pregiudizio,
poca disponibilità, fare paragoni tra studenti, poca chiarezza, superficialità, incapacità di motivare,
rimanere legato sempre e solo al libro, imprevedibilità, essere autoritario..

Un’indagine su larga scala (su migliaia di studenti dai 13 ai 17 anni) rispetto alle caratteristiche degli
insegnanti migliori e peggiori rivela che quelle migliori sono= senso dell’umorismo (cattura
l’attenzione), rendere interessante la lezione, possedere buona conoscenza della materia, spiegare in
modo chiaro e dedicare tempo per aiutare gli studenti.
Mentre le caratteristiche peggiori sono= fare lezioni noiose, non spiegare chiaramente, fare
favoritismi tra studenti, avere un atteggiamento negativo, aspettarsi troppo dagli studenti.

08/03
LA RICERCA IN PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE
È importante la ricerca scientifica perché fornisce informazioni valide sul modo migliore per
insegnare agli studenti e che possono comunque cambiare nel tempo, la ricerca ci dice qual è anche il
modo migliore per approcciarsi agli studenti, inoltre la ricerca permette di essere obiettivo sulla
conoscenza che si ottiene dall’esperienza personale (la disciplina scientifica è più oggettiva
dell’esperienza personale), inoltre consente di dare informazioni empiricamente (scientificamente)
fondate sui dati raccolti.

3 METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE =


*METODO OSSERVATIVO/DESCRITTIVO= attraverso l’osservazione non individuiamo le cause
di un fenomeno, bensì essa permette di ottenere informazioni dettagliate e puntuali sul
comportamento osservato. L’osservazione è la considerazione con sguardo attento, con atteggiamento
critico e scientifico, l’osservazione è un atto intenzionale= il ricercatore decide di osservare un
fenomeno e su di esso raccoglie delle informazioni. L’osservazione è un metodo di indagine
complicato e costoso perché quando decido di mettere a punto la ricerca osservativa, devo fare molte
scelte a priori= chi, come, quando, dove (laboratorio o ambiente naturale) osservare.
Nel progettare la ricerca osservativa devo fare un bilancio, la ricerca o osservazione in laboratorio ha
il vantaggio di eliminare delle variabili dell’ambiente naturale inoltre osservo tutti i partecipanti nella
medesima condizione e questo da una maggiore uniformità e omogeneità dei dati raccolti, ma
abbiamo un problema nel fatto che il laboratorio è un ambiente artificiale che può modificare il
comportamento dei partecipanti e questo da il problema della validità esterna della ricerca= posso
generalizzare quello che succede in laboratorio rispetto a quello che succede fuori, in un contesto
naturale?
Mentre nell’osservazione naturalistica osservo i partecipanti nel loro ambiente naturale,
l’osservatore rimane sullo sfondo e così avrà un quadro dettagliato di un fenomeno, ma in questo
caso ho tante informazioni (non posso interferire per modificare l’ambiente naturale) e potrebbero
esserci dei fattori influenti che non possono essere tenuti sotto controllo. A secondo del mio
obiettivo di ricerca, stabilirò dove mi conviene condurre lo studio.
L’altro problema che si presenta in entrambi i casi è il fatto che la presenza dell’osservatore potrebbe
alterare il comportamento dei partecipanti soprattutto se in presenza di videocamere così come in
presenza dell’osservatore stesso. Un metodo per ridurre la reattività dei soggetti, è quello di abituarli
a questi fattori esterni ad esempio prima di partire con l’osservazione posso già inserire da una
settimana prima una videocamera in classe (la videocamera è utile perché posso rivedere le
registrazioni e codificarle in un secondo momento senza prendere costantemente appunti durante
l’osservazione anche se non ha un’ampiezza come quella dell’occhio umano, ha un raggio di visione
limitato) in classe.
Nell’osservazione partecipante l’osservatore partecipa al contesto di osservazione, ad esempio
l’insegnante stesso. L’osservatore fa parte del contesto.
Alcuni STRUMENTI di questo metodo sono le interviste e i questionari.
Le interviste comportano un’interazione verbale tra intervistato e intervistatore, le interviste sono
strumenti costosi per la raccolta dei dati perché implicano una relazione a uno a uno, con un
partecipante alla volta. Le interviste possono differire secondo la loro strutturazione, ad esempio:
domande precise vs domande più ampie. All’ intervistato si possono porre
domande dirette (“vai dalla mamma quando ti fai male?”) o domande indirette (“da chi vai quando ti
fai male?”). È importante che l’intervistato sia guidato e contenuto nelle risposte che ci fornisce.
Degli aspetti vanno definiti prima per tutti i soggetti, ad esempio, decido di interrompere o meno
l’intervistato se va fuori tema? Gli intervistatori quindi devono condurre le interviste con la stessa
modalità, con le interviste si approfondisce l’argomento dell’intervista, sono adatte a persone con un
basso livello di istruzione, ma hanno molti costi= la somministrazione individuale, l’addestramento
degli intervistatori, tempi di sbobina e di codifica lunghi delle interviste. Con i bambini più piccoli
usiamo delle bambole e dei pupazzi inscenando una situazione e la risposta nasce dall’interazione dei
bambini con i pupazzi e in questo caso è necessaria la videoregistrazione.
I questionari sono ampiamente utilizzati, permettono di ottenere informazioni su un costrutto e un
argomento e si chiede o ai bambini o agli adulti di riferimento (insegnanti e genitori) di rispondere a
delle domande. I vantaggi dell’uso dei questionari è che mettono in luce l’esperienza soggettiva del
soggetto, sono mezzi economici di raccolta dei dati, le risposte sono standardizzate e si codificano
con semplicità. Chiaramente, i partecipanti devono aver sviluppato una conoscenza linguistica
adeguata per rispondere ai questionari. I partecipanti vanno rassicurati dicendo che i questionari sono
anonimi e che il questionario singolo diventa un campione di questionari molto grandi inoltre vanno
rassicurati sul fatto che durante la somministrazione del questionario, l’insegnante non si muoverà
fra i banchi altrimenti questo invaliderà le risposte verso quelle socialmente desiderabili. Questa
rassicurazione è obbligatoria perché i soggetti devono essere informati su tutto.
I test mi danno un punteggio mentre i questionari valutano un comportamento, nei test il soggetto lo
posizioniamo rispetto al punteggio di un campione molto ampio. I test per eccellenza sono i test di
intelligenza sul quoziente intellettivo espresso tra età mentale ed età cronologica. Sui test vengono
fatte tante analisi statistiche per verificare che il test sia affidabile e valido (misura ciò che dice di
misurare il test?). Per verificare l’affidabilità di un test, somministro un test a distanza di tempo da
quello precedente, se è affidabile, mi dovrebbe dare un risultato simile al primo. Per verificare la
validità di un test, posso chiedermi se posso misurare un costrutto e il suo valore può predire
qualcosa di successivo?
Quando si sceglie un questionario o un test è bene studiare questi aspetti perché altrimenti ne risente
la ricerca.
Le rilevazioni fisiologiche misurano ad esempio la frequenza cardiaca per misurare ad esempio lo
stress o l’ansia scolastica. Sono strumenti costosi. In questo caso si studia un singolo individuo perché
ha caratteristiche e condizioni particolari.
Gli studi etnografici riguardano l’osservazione partecipante dell’osservatore che vive all’interno di
un certo gruppo e raccoglie informazioni su di esso, sono studi lunghi e costosi, in questo caso, i dati
rilevati sono tanti e quindi bisogna saperli gestire.
Nel focus group si conducono interviste di 5 persone con un moderatore e serve per conoscere un
fenomeno a noi lontano.
Nel diario personale, si chiede ai partecipanti di annotare quotidianamente quello che ci serve
studiare in un diario personale.

*METODO SPERIMENTALE
A differenza del metodo osservativo, l’esperimento mi permette di determinare le cause di uno
specifico comportamento, la situazione è controllata, il ricercatore interviene attivamente, manipola
delle variabili per eliminare tutte quelle variabili che potrebbero influenzare il comportamento.
Abbiamo due tipi di variabile= quella indipendente viene
manipolata dal ricercatore perché presuppongo che influisca sulla variabile dipendente (quella che si
modifica al modificarsi della variabile indipendente). Ad esempio, se vogliamo studiare se la
privazione di sonno (variabile indipendente) influenza la mia prestazione a un test di memoria
(variabile dipendente)= il sonno influisce sulla mia prestazione.
Per essere certi, devo creare gruppi sperimentali (i partecipanti vengono sottoposti alla variazione
della variabile indipendente) e gruppi di controllo (non vengono sottoposti ad alcuna situazione
manipolata). La variabile indipendente deve essere manipolata per condurre un esperimento, un
esperimento deve poter manipolare la variabile indipendente , se non posso manipolarla (ad esempio
se fosse l’età, il genere ecc…) si chiama
quasi-esperimento. Criteri
dell’esperimento:
-la variabile indipendente deve poter essere manipolata;
-l’assegnazione dei soggetti ai gruppi sperimentali e di controllo deve essere casuale per creare gruppo
omogenei;
-deve esserci un gruppo di controllo per capire se la variabile indipendente ha modificato quella
dipendente.

*METODO CORRELAZIONALE
Attraverso questo metodo posso mettere in relazione due variabili di tipo diverso per capire come
queste stanno insieme, ad esempio se studiassi la relazione tra l’insegnamento permissivo e la
mancanza di autocontrollo degli studenti. Misuro di questo stile di insegnamento , la mancanza di
autocontrollo degli studenti e faccio una correlazione (analisi statistica che mi permette di capire
l’associazione tra due variabili in associazione). Questo metodo non mi da informazioni di causa-
effetto, mi dice solo qual è la correlazione tra due variabili= più l’insegnante è permissivo, più
aumenta la mancanza di autocontrollo degli studenti e potrebbe essere anche viceversa, più la classe
non ha autocontrollo, più l’insegnante tende ad essere permissivo. La correlazione positiva indica che
all’aumentare di una variabile aumenta l’altra mentre una correlazione negativa indica che
all’aumentare di una diminuisce l’altra.

RICERCA QUALITATIVA E QUANTITATIVA


La ricerca quantitativa permette di ottenere dei punteggi, misure, numeri attraverso gli
strumenti di raccolta delle informazioni, su questi numeri posso fare analisi statistiche. Questa
ricerca quantitativa è quella statistica= correlazionale, descrittiva, sperimentale. La ricerca
qualitativa si basa su dati di qualità, non ho un numero, ma ho delle parole (interviste, focus
group…).
Sempre più si hanno ricerche di tipo misto.

BANDURA (1961)= si chiede se i comportamenti aggressivi degli adulti determinano comportamenti


aggressivi nei bambini. Egli creó 3 gruppi=
-un collaboratore era violento verso un pupazzo
-un collaboratore non manifestava aggressività verso il pupazzo
-non c’era adulto con funzione di modello.
In un secondo momento, i bambini vengono condotti in un altro contesto= quelli del primo gruppo
manifestavano comportamenti aggressivi rispetto agli altri due. La variabile indipendente è la
violenza del collaboratore, quella dipendente è l’aggressività dei bambini.

Domande tipo
1) la ricerca correlazionale aiuta a determinare la forza relazionale tra due o più eventi.

2) un gruppo di controllo è un gruppo di confronto trattato come un gruppo sperimentale fatta


eccezione per il fattore manipolato, quindi il gruppo di controllo non ha un manipolamento.

3) se un ricercatore desidera ridurre la probabilità che il risultato dell’esperimento sia


influenzato dalle preesistenti tra gruppo sperimentale e di controllo, egli deve assegnare
casualmente i partecipanti alla ricerca per distribuire la variabilità e fare in modo che i due gruppi
di partenza siamo il più simili possibile.

LO SVILUPPO DEI BAMBINI


Come si sviluppano alcune aree cognitive, sociali, morali…
Lo sviluppo è inteso come l’insieme dei cambiamenti dei processi biologici, cognitivi e socioemotivi
che avvengono durante il corso dell’esistenza (dal concepimento fino alla morte). L’attenzione è sui
processi, quindi qualcosa che si modifica. Per lo sviluppo linguistico ad esempio sappiamo che prima
della comunicazione verbale, i bambini comunicano attraverso i versi, nei processi infatti ci sono dei
cambiamenti.
I processi biologici avvengono all’interno dell’individuo alla base dello sviluppo fisico-motorio,
ormonale.
I processi cognitivi riguardano la cognizione, il pensiero, la memoria, il linguaggio, l’attenzione,
l’intelligenza…
I processi socioemotivi sono quelli che avvengono in particolar modo sia dentro la persona in
termini di competenza emotiva sia nel rapporto con gli altri.
Questi processi sono interconnessi e si influenzano l’un l’altro.

Periodi di sviluppo nell’arco di vita / periodi evolutivi =


-Periodo prenatale= dal concepimento alla nascita dove il feto si sviluppa, il neonato quando nasce è
competente. Durante questi nove mesi, il bambino sviluppa delle abilità, sa riconoscere la voce, il
volto, la voce, l’odore della mamma ad esempio o sa poppare a un minuto di vita.
-Neonatale= dalla nascita a un mese
-Prima infanzia= primi due anni di vita
-seconda infanzia/prima fanciullezza= dai 2 ai 6 anni
-terza infanzia/media fanciullezza = dai 6 ai 12 anni
-adolescenza= dai 12 ai 20 anni= pre-adolescenza (11-13 anni), adolescenza (14-16 anni), tarda
adolescenza (17-19 anni)
-adultità emergente= dai 18/19 ai 30 anni (non si è adolescenti ma non si sono nemmeno raggiunti i
compiti evolutivi dell’età adulta)
-giovinezza= dai 30 ai 40 anni
-età adulta= dai 40 ai 65 anni
-età senile=dai 65 e oltre

Expertise (esperienza) = la nostra capacità di ricordare un argomento dipende da quando conosciamo


questo argomento, se una persona è esperta in un argomento, diventerà sempre più facile per lei/lui
leggere di quell’argomento perché lo immagazziniamo con più facilità. È più facile ricordare delle
informazioni se posseggo già l'argomento che le riguarda. Gli esperti hanno quindi migliori
prestazioni nell’identificare le caratteristiche di un argomento e ricordano i concetti chiave, hanno reti
più elaborate, maggiori interconnessioni e maggiore capacità di recupero e di rispondere in maniera
flessibile a una situazione e informazione mentre un novizio ha minori informazioni e connessioni, ha
meno nodi e associazioni.
Strategie efficaci per lo studio= fare riassunti e schemi, ripetere uno stesso concetto in modi diversi,
ricollegare ciò che si studia ad esperienze concrete, porsi domande per autovalutarsi e capire cosa so
e cosa non so, fare brainstorming, usare diversi canali (immagine, video, audio…). Inoltre si deve
distribuire l’apprendimento organizzando e distribuendo il materiale da studiare in un periodo lungo
di tempo, inoltre ci si deve porre domande (per aumentare il numero di associazioni), fare mappe
concettuali e prendere buoni appunti. Il sistema di studio PQ4R ci dice di usare la preview (già prima
di iniziare a studiare ho un indice e scaletta di quello che andrò a studiare, mi faccio cosi un’idea su
quello che devo studiare ), la question (mi pongo domande), la reading (leggere in modo attivo), la
riflessione su ciò che studio, la recitazione elaborata di ciò che studio e la review (riesaminazione
tornando indietro e riguardando i concetti).
Io=
1-4= sono una buona pianificatrice del tempo
2-3= non sempre riduco al minimo le distrazioni
3-5= capisco ciò che studio anziché impararlo a memoria 4-4=
mi faccio domande su ciò che ho fatto in classe
5-5= prendo buoni appunti
6-5= esamino regolarmente i miei appunti
7-3= utilizzo abbastanza le strategie mnemoniche 8-
4= codifico e organizzo bene le informazioni
9-3= non distribuiscono il mio studio nel tempo
10-2= non uso indizi per il recupero (ad esempio indizi visivi accanto a ciò che devo ricordare)
11-3= uso un po’ il metodo PQ4R Tot
41 punti

19/04
-metacognizione= significa pensare sul pensiero, è la capacità di riflettere sui processi cognitivi, è la
consapevolezza delle nostre abilità, conoscenze e punti di debolezza. La conoscenza metacognitiva è
la consapevolezza del fatto che ognuno ha tanti processi cognitivi che vanno oltre l’attenzione e la
memoria, sono processi che mi permettono di capire quali sono le strategie che conosco, è riflettere
su ciò di cui ho bisogno. Lo studente passivo non ha attività metacognitiva ovvero non sa usare
consapevolmente strategie metacognitive. L’attività metacognitiva fa riferimento al fatto di usare i
processi e le strategie cognitive (pianificare il lavoro, suddividerlo, individuare i concetti chiave,
tornare indietro...) quindi è diversa dalla conoscenza/consapevolezza delle mie capacità
metacognitive.
Spesso gli studenti si autoconvincono di non essere in grado di superare o affrontare determinate
materie, queste sono affermazioni che hanno conseguenze negative perché lo studente parte con una
scarsa motivazione, con un sentimento negativo verso una materia come senso di disagio psicologico
e di ansia che interferiscono con le sue competenze e queste affermazioni scoraggiate dello studente
riflettono una teoria metacognitiva statica/entitaria contro la possibilità di concepire la
metacognizione come qualcosa di incrementale= che si può insegnare e migliorare. L’insegnante può
aiutare con i suoi feedback, per esempio se uno studente tende a distrarsi spesso durante la lezione lo
si può far lavorare alla lavagna, gli si possono porre delle domande. Se gli si dice “sei il solito
distratto”, questa frase etichetta lo studente incrementando una teoria metacognitiva statica; mentre se
gli si chiede “ti sei distratto ora? Cosa potresti fare per stare più attento?”= questa frase manda un
messaggio diverso riguardo come migliorare il comportamento e non la persona in sé. Inoltre gli si
manda il messaggio che é possibile essere differenti, migliorare , ci sono delle strategie possibili e si
fa riflettere lo studente sul suo pensiero e sul suo comportamento per migliorarlo= teoria
metacognitiva incrementale che influisce sull'aspetto emozionale e delle proprie competenze.
I processi meta (linguaggio, memoria, pensiero…) hanno un cambiamento evolutivo, inizialmente
bambini piccoli hanno un’idea elevata dei loro processi di memoria, pensiero, lingua… hanno un’alta
valutazione di sé che non corrisponde alla realtà, c’è un dislivello tra le capacità effettive e la
percezione di esse, questa iperconsiderazione delle proprie capacità poi tende ad abbassarsi e ad
essere più veritiera.
Le capacità meta mnemoniche sono legate alla memoria, già in età prescolare, i bambini sanno
che imparare concetti familiari e aggiungere informazioni nuove ma famigliari a un concetto che
hanno già in memoria, è più facile rispetto ad imparare un contenuto totalmente nuovo, sono
consapevoli che liste brevi di parole sono più facili da ricordare rispetto a liste lunghe, sono capaci
di capire che il compito del riconoscimento è piu facile rispetto al compito della rievocazione, sono
consapevoli dell’importanza del trascorrere del tempo. Al contrario non sono pienamente
consapevoli del fatto che ricordare concetti collegati è più facile rispetto a ricordare concetti
scollegati tra loro o che ricordare un'idea generale è più facile rispetto a ricordare tutti i dettagli.
La teoria della mente rientra nell'ambito della metacognizione e riguarda lo sviluppo della
conoscenza della mente, un bambino che sviluppa questa teoria riconosce di avere una propria mente
composta da propri pensieri ed emozioni e riconosce che anche l’altro ha una teoria della mente che
può essere diversa dalla propria, quindi attribuisce stati mentali a se stesso e agli altri passando da
una visione egocentrica del pensiero alla possibilità di accogliere l’altro con il suo bagaglio mentale.
Questa teoria implica la capacità di conoscere se stesso e gli altri percependo sè e l’altro con entità
cognitive e stati mentali (intenzioni, desideri, credenze) differenti. Queste persone hanno una
funzione adattiva e sociale tant’è che questa teoria tende ad essere deficitaria e non pienamente
sviluppata in certe categorie
di persone. Lo sviluppo della teoria della mente è un processo graduale= a due anni i bambini
presentano la psicologia del desiderio, verso i 3 anni al desiderio si aggiunge la credenza, a 4 anni
hanno una falsa credenza di primo ordine e con la scolarizzazione si ha una falsa credenza di secondo
ordine. Quindi la teoria della mente inizia ai 4 anni di età perché prima il bambino non ha una
concezione di sé come essere pensante differente dall’altro.
2 anni= psicologia del desiderio= il bambino interpreta azioni e reazioni emotive sulla base dei
propri desideri, il suo bisogno è quello di soddisfare il proprio desiderio senza cogliere quello
dell’altro.
3 anni=desiderio/credenza= il bambino vuole soddisfare i propri desideri sulla base delle proprie
credenze che lui concepisce come vere, in questa fase vi è lo sviluppo della comprensione delle vere
credenze per il bambino rispetto a quello che avviene nella realtà. L'acquisizione della vera credenza
del bambino basata sulla realtà = al bambino si racconta che c’è un bambino che desidera di stare
con il proprio gatto che potrebbe essere sia in cucina che in giardino, poi si dice al bambino che
questo bambino protagonista della storia crede che il suo gatto sia in giardino, al bambino si chiede
“dove cercherà il gatto il protagonista ?”= il bambino in questa fase risponderà che il protagonista
della storia (prevede il comportamento dell’altro) cercherà il gatto in giardino, gli attribuisce uno
stato mentale che corrisponde al suo. Quindi gli attribuisce una credenza all’altro che però deve
essere congruente con la propria. Il bambino unisce l'informazione sul desiderio del protagonista di
cercare il gatto e sulla propria credenza che il gatto sia in giardino.
4 anni= falsa credenza di primo ordine = è la comprensione che l’azione di un’altra persona può
derivare da una credenza che può non corrispondere al dato percettivo della realtà, quindi si
attribuisce all’altro una credenza falsa che non corrisponde al dato di realtà. Il bambino quindi deve
essere capace di rappresentarsi il contenuto della mente dell’altro come diverso dal proprio.
Spostamento inatteso= compito in cui al bambino viene raccontata una storia dove c'è un bambino,
Max, e la sua mamma, gli viene detto che Max in presenza della mamma ripone un pezzo di
cioccolata in un mobiletto della cucina e poi esce a giocare. Durante la sua assenza, la mamma
prende il cioccolato e lascia la parte rimanente in un altro mobiletto, poi la mamma si allontana e
Max ritorna in cucina, lui non ha visto lo spostamento della cioccolata e si chiede al bambino “dove
cercherà la cioccolata Max?”= il bambino se ha sviluppato la teoria della mente arriva a dire che
Max va a cercare la cioccolata dove lui l’aveva lasciata e non dove l’ha poi messa la mamma quindi
il bambino inibisce il dato che lui conosce della realtà ovvero dove sa che effettivamente sta la
cioccolata.
La scatola ingannevole= altro test in cui il bambino insieme a un amico viene condotto in una stanza
con la promessa che gli verrà rivelato il contenuto della scatola, entra un solo bambino nella stanza
con una scatola di smarties, gli si chiede cosa ci sarà dentro e lui risponderà smarties, poi il
ricercatore gli mostra che sbaglia perché dentro la scatola di smarties in realtà c’è una matita e gli
chiede cosa il suo amico penserà che c’è dentro la scatola di smarties e lui risponde che l’amico dirà
che ci sono gli smarties (inibisce la sua conoscenza della realtà ovvero il fatto che sa che nella scatola
c’è una matita e rappresenta una credenza falsa nell’altro accettando che possono avere una credenza
diversa l’uno dall’altro), se invece non ha raggiunto la teoria della mente dirà che l’amico penserà che
c’è la matita dentro.
6/7 anni= falsa credenza di secondo ordine= il bambino accede a un pensiero ricorsivo più complesso
attraverso meta-rappresentazioni= gli si racconta, ad esempio, la storia di John e Mary che vedono un
carretto di gelato, mentre Mary va a prendere i soldi, John vede il
carretto spostarsi, all’insaputa di John, Mary sa che il carretto si è spostato, “dove pensa John che
vada Mary?”= il bambino che ha sviluppato la teoria della mente risponde che John non sa che Mary
sa che il carretto si è sposato quindi Mary va a comprare il gelato dove si erano lasciati.

Recenti risultati sulla teoria della mente con bambini di 15 mesi di Onishi e Baillargeon del 2005=
Hanno ripreso il paradigma della violazione dell’aspettativa (del gruppo di ricerca della
Baillargeon…)= paradigma sperimentale in cui al bambino viene proiettato un filmato che può avere
due esiti, uno atteso e uno inatteso che quindi viola l’aspettativa del bambino, se il bambino reagisce
con stupore all'esito inatteso, questo ci dice che si aspettava che andasse diversamente. Questo
paradigma ha messo in discussione la teoria di Piaget rispetto alla data di acquisizione di certe abilità
cognitive. Questo paradigma è stato usato anche per la teoria della mente scoprendo che già bambini
di 15 mesi hanno una loro teoria della mente perché utilizzando la tecnica della violazione
dell’aspettativa di vera credenza (un bambino è posto davanti a uno schermo con una scatola chiara e
una scura, un omino prende un oggetto e lo ripone nella scatola nera, l’omino osserva che l'oggetto da
solo si sposta nella scatola bianca, l’evento atteso della vera credenza é che l’omino vada nella
scataola bianca a cercare l’oggetto, l’evento inatteso è che l’omino vada a cercarlo nella scatola nera
pur avendo visto l’oggetto spostarsi. Proiettando queste due situazioni, nell’evento inatteso il
bambino si sorprende se il signore va a cercarlo in quella nera mentre se l’omino va a cercarlo in
quella bianca, il bambino non mostra sorpresa) e falsa credenza (succede la stessa cosa ma l’omino
non vede lo spostamento dell’oggetto nella scatola bianca, torna l’omino e l’evento atteso è che
l’omino vada a cercarlo dove lo aveva riposto perché non ha visto lo spostamento dell’oggetto
nell’altra scatola, bambini di 15 mesi mostrano sorpresa per l’evento inatteso perché si aspettano che
lui vada a cercarlo nella scatola dove lo ha messo però ancora a 15 mesi sono piccoli i bambini ma
mostrano già il fatto che riescono a rappresentarsi gli stati mentali delle altre persone come diversi dai
propri). Come per Piaget, dove i suoi compiti implicavano processi cognitivi che andavano oltre
l’abilità che si voleva indagare nei bambini in esame, per la teoria della mente, lo stesso, i compiti
iniziali implicavano una risposta verbale da parte del bambino e la comprensione della domanda
mentre il test del paradigma della violazione dell’aspettativa di Onishi e Baillargeon non chiede al
bambino maggiori abilità linguistiche e cognitive rispetto a quella che ha e che si vogliono
effettivamente valutare.

Domande tipo=
-il chunking per migliorare la memoria coinvolge azioni di= raggruppamento di informazioni di
ordine superiore.
-quando un dipendente ricorda il suo primo giorno di lavoro, l’evento è nella sua= memoria episodica.

-Apprendimento nelle diverse aree di contenuto= conoscenza degli esperti e dei contenuti
psicopedagogici= nell’insegnamento devo essere esperto della materia che insegno per muovermi in
quell’ambito di conoscenze, ma è anche necessario avere delle conoscenze di contenuti
psicopedagogici (come approcciarmi agli studenti e come trasmettergli dei contenuti). Sono necessarie
una serie di strategie per sapere come insegnare la disciplina, come stare in classe e come comportarmi
com i miei studenti.
La lettura sottende due processi cognitivi= la decodifica del testo scritto da leggere e la
comprensione del testo da leggere, l’insegnamento della lettura comprende riconoscere le parole e
diventare degli esperti lettori nella riconoscenza automatica della corrispondenza grafema-fonema. I
bambini devono anche essere motivati a leggere, la lettura non deve essere usata come punizione,
deve essere un’attività stimolante partendo dagli interessi stessi degli studenti. I bambini monitorano
anche ciò che fanno i genitori, se questi non leggono, loro raramente leggeranno a casa però possono
essere stimolati a farlo a scuola. Il fatto di saper leggere non significa che sappiamo anche
comprendere un testo.
La lettura presenta un modello evolutivo in cui i bambini sono esposti a un processo di lettura già
prima dell’ingresso nella scuola primaria nella nostra società. Già in età prescolare vengono a
contatto con libri prima di entrare a scuola e quindi per esempio sanno che nel libro ci sono le scritte,
sanno da che parte inizia la lettura, sanno da che parte comincia il libro, sanno come girare e sfogliare
le pagine, sanno che le parole corrispondono a un concetto e alcune le sanno anche leggere (come il
proprio nome o delle marche) anche se ancora non sanno riconoscere la corrispondenza grafema-
fonema=
Fase 0= 0-6 anni= i bambini acquisisce i requisiti della lettura;
Fase 1=6-7 anni=inizio della lettura di nomi, lettere e suoni (apprendimento formale della lettura);
Fase 2=7-8 anni= aumentano le abilità di decodifica della parola scritta;
Fase 3= 9-13 anni=la lettura diventa automatizzata e si usa per imparare qualcosa (processo di
comprensione);
Fase 4= dai 14 anni= si diventa lettori competenti.
Approcci alla lettura = approccio fonosillabico (attenzione rivolta alle regole di base della fonetica
per far corrispondere a ogni lettera, sillaba e parola intera un suono, in questo caso il bambino attua
un processo lettera per lettera, poi sillabe e infine parole intere) e approccio globale (in questo
approccio i bambini già in età prescolare sanno riconoscere delle parole, secondo questi autori,
l’approccio alla lettura dovrebbe seguire l’approccio naturale dell’apprendimento del linguaggio
quindi si insegnano a leggere parole intere presentando materiali e parole dotati di significato fino a
che il bambino legge la frase intera).
Gli approcci cognitivisti pongono l’attenzione sulla decodifica e comprensione delle parole attraverso
l’uso di conoscenze precendenti che possono aiutare nella memorizzazione, comprensione e
rievocazione dei materiali studiati perché inseriti in qualcosa di già conosciuto, si favorisce la lettura
del testo per comprendere il significato del testo, le informazioni rilevanti, il significato di parole non
conosciute, si incentiva a comprendere relazioni tra parti del testo, a riconoscere quando è necessario
tornare indietro se si hanno delle lacune, ad adattare il ritmo della lettura alla difficoltà del
materiale…= processi mentali attivi di metacognizione nella lettura.
L’approccio sociocostruttivista alla lettura pone l’attenzione all’altro, quindi il processo di lettura
è visto come un processo sociale quindi nell’apprendimento della lettura importa il contesto in cui
leggo, l’esposizione alla lettura, esperienze di contatto con la lettura. Il contesto sociale sia dentro
che fuori la classe importa perché non tutti gli insegnanti gli dedicano la stessa attenzione alla
lettura e agli interessi letterari degli studenti così come all’interno della famiglia. Una tecnica di
questo approccio alla lettura è l’insegnamento reciproco, una tecnica che permette lo sviluppo di
capacità efficaci di comprensione del testo, si lavora in piccoli gruppi su un testo e si usano
strategie di predizione (i bambini cercano di prevedere la lettura= meta cognizione= riflessione),
chiarificazione (i bambini chiariscono il significato di concetti difficili= si riflette anche qui sulla
lettura), riassunto del
contenuto e domanda (i bambini formulano domande sul testo per comprenderlo meglio). In questo
approccio si lascia allo studente che sviluppi i suoi interessi per la lettura.
La scrittura è un processo complesso che può essere analizzato a livello= grafo-motorio (abilità che
consentono di eseguire pattern motori per eseguire segni grafici= tenere in un certo modo la penna,
scrivere lettera per lettera, la pressione sul foglio…), ortografico (processi di conversione grafema-
fonema e di recupero della forma ortografica scrivendo bene le differenti lettere) e di produzione del
testo scritto (possibilità di scrivere un testo complesso generando delle idee su ciò che voglio
scrivere, pianificando ciò che voglio scrivere, conoscendolo, organizzandolo e revisionandolo)=
questi 3 aspetti sono distinti e collegati allo stesso tempo perché un bambino con una bella grafia può
fare numerosi errori ortografici e viceversa, oppure a volte è collegata una bella grafia fluida a una
corretta ortografia. Nella primaria l’attenzione è volta a livello grafo-motorio, in seconda e terza
elementare a livello ortografico e successivamente si arriva alla abilità di produzione del testo.
Rispetto ai cambiamenti evolutivi della scrittura, i bambini si avvicinano alla scittura precocemente,
sanno che le parole rappresentano una storia…
2-3 anni= i bambini fanno scarabocchi come primo approccio per lasciare segni scritti su un foglio,
anche gli scarabocchi hanno un’evoluzione particolare che arrivano ad un tratto grafico controllato
col tempo;
4 anni= sanno scrivere il proprio nome e altre parole; 5
anni= sanno copiare lettere e parole corte;
Scuola primaria= i bambini dovrebbero arrivare nella primaria con un livello di motricità grafo-
motoria fine adeguato a loro per riuscire a scrivere già le lettere. Nella scuola primaria insieme poi
alle abilità grafo-motorie si aumentano le capacità di riconoscere lettere diverse tra loro e di non
confondere lettere come -b e -d col tempo.
L’approccio cognitivista alla scrittura si focalizza sui processi cognitivi sottostanti alla scrittura
sviluppando strategie per far diventare lo studente uno scrittore competente, gli aspetti evidenziati
qui sono il ruolo della pianificazione (organizzare informazioni, farsi uno schema del contenuto,
generazione delle idee, organizzazione di queste, identificazione degli obiettivi), soluzione dei
problemi (la scrittua può essere paragonata a un compito di problem solving perché ho un obiettivo e
stabilisco dei passi oer raggiungerlo, per risolvere un problema lo scrittore deve sapere che tipo di
testo sta scrivendo, il destinatario del testo, lo scopo, il sistema linguistico, l’argomento…, revisione
(processo metacognitivo che si può applicare sia alla fine del testo prodotto che in corso di stesura
del testo scritto, rispetto alla revisione è importante l’utilizzo delle bozze, la correzione degli errori e
l’accettazione di critiche costruttive mosse dall’insegnante) e metacognizione di sviluppo di strategie
(monitorare i progressi di scrittura tramite la prescrittura di generazione e organizzazione delle idee,
la pianificazione, la revisione, i riassunti e la combinazione di frasi sempre più complesse).
L’approccio sociocostruttivista alla scrittura pone attenzione al contesto sociale, ogni alunno ha un
suo background di esperienze prescolari di scrittura, in questo approccio si valorizza la scrittura
significativa per lo studente ovvero lasciare che lui o lei scriva cose per lui significative e stimolanti
(“raccontami cosa ti è piaciuto fare lo scorso fine settimana” ad esempio). Importante è anche il pari
quindi strumenti come google docs sono motivanti per gli studenti perché possono lavorare insieme
sullo stesso file anche a distanza e questo promuove collaborazione tra gli studenti (peer education),
il lavoro con altri smuove nuove idee rispetto al lavorare da solo su un compito facendo
brainstorming con altri e ricevendo feedback anche dai compagni.
La matematica è una disciplina particolare che provoca ansie e difficoltà negli studenti, sembra una
disciplina più lontana da noi, anche se siamo immersi anche in stimoli matematici, quando il
bambino sale i gradini e li conta, quella è matematica così come quando divide i biscotti fra lui e il
fratello o impila dei cerchi grandi e piccoli fra loro. È importante favorire questi prerequisiti della
matematica sapendo già contare i numeri da 1 a 9, sapendo la differenza tra cose grandi e piccole tra
loro…= basi necessarie per apprendere più facilmente la disciplina della matematica. Nella scuola
dell’infanzia si può giocare a memori con i numeri comprendendo gli aspetti base, nella scuola
primaria si aggiunge il ragionamento moltiplicativo, delle equivalenze…fino ad arrivare agli aspetti
più difficili della disciplina.
L’approccio cognitivista alla matematica si basa sull’importanza del processo prestando attenzione al
comprendere dei processi sottostanti che si possono utilizzare per fare operazioni più difficili
scomponendo i numeri in modo da fare calcoli complicati quindi presta meno attenzione a processi di
memorizzazione e di esercizio.
L’approccio sociocostruttivista sottolinea l’importanza di far avvicinare la disciplina della
matematica a qualcosa di concreto senza che rimanga una disciplina astratta facendo fare calcoli
usando un materiale concreto e facendo giochi matematici, così come collegare la matematica ad
altre discipline (scienza, italiano…). Questo approccio propone lavori in piccoli gruppi per risolvere
problemi matematici che si agganciano alla realtà e che quindi hanno una significatività per gli
studenti.
Le scienze prevedono esperimenti attraverso la scoperta guidata= approccio pedagogico dove gli
studenti devono scoprire attivamente certe conoscenze scientifiche attraverso l’osservazione in
ambiente naturale ad esempio dove l’insegnante guida questo processo, ma lo studente è attivo nella
sua conoscenza.
Le scienze sociali promuovono la competenza civica degli studenti perché prendano scelti
consapevoli e ragionate per il bene pubblico per diventare persone rispettose.
Domande tipo=
-la conoscenza di come insegnare una disciplina è definita= conoscenza dei contenuti pedagogici;
-rispetto all'approccio fono-sillabico per leggere è vero che= le prime istruzioni alla lettura dovrebbero
includere materiali semplificati;
-quale dei seguenti compiti è coerente con l'approccio socio costruttivista alla lettura= scrivere un
saggio su un'esperienza recente fatta;
-capire un errore e correggerlo è una pratica= metacognitiva.

02/05
TERZA PARTE
ASPETTI INDIVIDUALI, PSICOLOGICI, COGNITIVI E SOCIALI LEGATI AI PROCESSI DI
INSEGNAMENTO E APPRENDIMENTO

GLI ALUNNI ECCEZIONALI


Gli studenti con disturbi del neurosviluppo e con plusdotazione sono considerati alunni eccezionali
dato che si discostano dalle tappe normative dello sviluppo per cui gli insegnanti devono saper
riconoscere queste situazioni e come agire.
In una classe con studenti con diverse abilità e bisogni educativi speciali, questi studenti hanno
particolari esigenze educative anche solo per determinati periodi con difficoltà fisiche, biologiche
fisiologiche o psicologico-sociali per cui la scuola deve sapere adoperare adeguate risposte a studenti
con BES= studenti anche senza diagnosi che possono
incontrare delle difficoltà se non si modifica qualcosa nel loro piano didattico per cui bisogna mettere
in atto qualcosa di individualizzato, nei BES vi sono 3 macro categorie tutelate dalle legge 194=
disabilità intellettiva, fisica e sensoriale; disturbi evolutivi di neurosviluppo specifici (DSA, disturbi
dello spettro dell’autismo, disturbo da deficit di attenzione e iperattività…); difficoltà socio-
economiche linguistiche e culturali (sfera sociale, familiare, culturale, ed economica).
La scuola deve promuovere l’inclusione di tutti gli studenti per poter partecipare al processo di
apprendimento promuovendo la cultura dell'inclusione e per fare questo è necessario proporre
percorsi individualizzati mettendo a punto dei piani didattici personalizzati all’interno dei quali si
possono definire una serie di strumenti compensativi (sostituiscono o facilitano la prestazione quando
vi è un’abilità compromessa per quel particolare compito, aggiungono qualcosa= es: permettere l’uso
della calcolatrice) e dispensativi (interventi che tolgono qualcosa consentendo allo studente di non
svolgere allo stesso modo determinati compiti perché per lui potrebbe essere difficile= es: riduzione
di attività da svolgere).
Nel tempo si è passati da un paradigma prettamente medico in cui il disturbo e il deficit erano
attribuiti al bambino a un approccio più olistico, pedagogico-sociale dove il disturbo viene
interpretato come il prodotto tra l’interazione della persona e il contesto in cui vive.

-DSA= disturbi specifici dell’apprendimento= sono un gruppo di disturbi che si manifestano sotto
diverse forme e in cui si presentano difficoltà in ambito scolastico presentate da bambini
normalmente scolarizzati in assenza di patologie neuromotorie, cognitive, psicopatologiche e/o
sensoriali. Bambini DSA viaggiano su canali differenti non previsti dalla normale tipologia di
apprendimenti; si può diagnosticare un DSA in presenza di un bambino normalmente scolarizzato,
nella valutazione di un bambino che potrebbe essere DSA, vi è una valutazione multidimensionale in
cui si va a confermare l’assenza di altre situazioni da un punto di vista sensoriale, neuromotorio,
psicologico…per stare attenti ad altre condizioni che non hanno a che fare con DSA.
La specificità del DSA= il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità per l'apprendimento
quindi non è una difficoltà di apprendimento generale, quindi tutto il resto del funzionamento
intellettivo è nella norma. Il disturbo può riguardare tutti i processi importanti in ambito scolastico
(lettura, scrittura, calcolo…), vi possono essere conseguenze negative per il bambino nel rendimento
scolastico e anche a livello di benessere personale quindi potrebbero presentare una bassa autostima
sentendosi inefficaci. Tra il 5 e 10% della popolazione generale presentano DSA e tendono ad essere
prevalenti nei maschi, il disturbo non è una malattia, ma è una difficoltà.
Quali sono i DSA=
*Dislessia= difficoltà soprattutto nella lettura accurata e fluente, bambini dislessici fanno fatica a
leggere a voce alta in particolare, sono molto lenti, tendono a fare molte pause... A seconda della
gravità della dislessia ci può essere una compromissione nella comprensione del testo, quindi o
leggono o comprendono.
*Disortografia= disabilità che riguarda la componente costruttiva della scrittura legata ad aspetti
linguistici quindi non si scrive correttamente a livello ortografico. Es= interruzione delle parole in
modo ambiguo, bambini disortografici mettono l'inizio di una parola come finale di quella precedente
ad esempio, potrebbero interrompere male le parole (scordarsi l’accento o le doppie non sono errori
di disortografia perché li fanno tutti).
*Disgrafia=riguarda la componente grafo-motoria della scrittura quindi il bambino ha difficoltà a
scrivere in modo leggibile, scrive velocemente e in un modo interpretato male rispetto a quello che ha
scritto. Questo disturbo comprende solo la funzione grafo-motoria (ad esempio
non stanno dentro le righe del quaderno) quindi non necessariamente fanno errori ortografici e
viceversa bambini disortografici non necessariamente hanno una grafia illeggibile.
*Discalculia= difficoltà nel comprendere e/o operare con i numeri quindi ad operare con compiti
numerici e di calcolo.
DSM-5= manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali in cui sono elencati tutti i disturbi
psicologici ed è in ambito psicologico e psichiatrico-medico una sorta di Bibbia, sono elencati i
disturbi e i criteri diagnostici utilizzati per effettuare una diagnosi e il DSA rientra all’interno di
questo manuale diagnostico e il DSM-5 ci indica come difficoltà di apprendimento devono presentare
determinati sintomi presenti almeno per 6 mesi come la lettura difficoltosa e imprecisa delle parole,
difficoltà nella comprensione del significato di ciò che si è letto, nello spelling delle parole,
nell’espressione scritta grammaticale o di punteggiatura, nella chiarezza delle idee, nel comprendere
il concetto di numero, nel ragionamento matematico… Si arriva a una diagnosi di DSA in
adolescenza eppure questi disturbi c’erano anche prima ma non erano emersi perché forse lo studente
DSA aveva delle strategie personali per compensare la sua difficoltà specifica. Le difficoltà di
apprendimento possono compromettere la lettura, l'espressione scritta o il calcolo.
Solitamente vengono identificati questi disturbi dagli insegnanti anche se ora vengono fatti anche gli
screening per DSA alle elementari. L'insegnante poi parla col genitore e si procede con una valutazione
multidisciplinare diagnostica che riscontra o meno la presenza di una difficoltà DSA e poi così viene
individuato un piano didattico individualizzato messo a punto dalla scuola, approvato e firmato dai
genitori e solitamente c’è anche la collaborazione con logopedista o un altro figura professionale
esterna alla scuola che si prende carico dello studente.
La diagnosi precoce è fondamentale perché bambini con DSA tendono ad avere risultati scolastici
peggiori e tendono ad abbandonare prima la scuola per bassa autostima e tendono ad avere
occupazioni lavorative di livello inferiore rispetto a bambini senza diagnosi da DSA.
Gli interventi= si parte da un approccio preventivo in cui è importante ad esempio la lettura precoce
condivisa tra bambino e genitore per prevenire ad esempio competenze legate alla lettura quindi il
ruolo dei genitori e del contesto è fondamentale; usare strumenti compensativi e dispensativi;
personalizzazione della didattica con attività specifiche che il bambino dovrebbe poter superare, il
ruolo dell’insegnante qui è fondamentale per aiutare lo studente ad esempio con interrogazioni
programmate, mappe concettuali..; utilizzo di training specifico di abilità più difficoltose; supporto
psicologico in situazioni difficili per evitare conseguenze negative emotivo-comportamentali.
DSA= Disturbi innati, neurobiologici (del sistema nervoso) e specifici dell’apprendimento in ambiti
specifici tra lettura, scrittura e calcolo; questi bambini non hanno un ‘ritardo mentale’, NON è DSA
un bambino con disabilità intellettiva, sensoriale, sociale e/o emotiva.
Il DSA può riguardare diverse aree dell’apprendimento = dislessia fonologica (difficoltà per parole
nuove e lunghe), lessicale (non vi è una lettura a colpo d’occhio anche di parole già conosciute) e
iperlessia (difficoltà nell'accesso al significato delle parole); disortografia; disgrafia; discalculia
(difficoltà esecutiva di calcolo o riguardante la cognizione numerica, il riconoscere il numero).
La diagnosi prevede che lo studente sia andato a scuola per diverso tempo, ad esempio alla fine delle
elementari. Vi sono vari test standardizzati per la diagnosi. Si escludono fattori intellettivi, sensoriali,
sociali ed emotivi nella diagnosi di DSA.
Per i DSA vi sono misure che aiutano questi studenti con misure compensative (strumenti da usare
per far fronte alle difficoltà come l'audio lettura) e dispensative (dispensare lo studente da alcuni
doveri come leggere ad alta voce in classe) .
PDP= piano didattico personalizzato.
Il DSA non è deficit intellettivo, i DSA ricevono lo stesso diploma degli altri studenti
raggiungendo gli stessi obiettivi.

-ADHD, disturbo di deficit di attenzione ed iperattività=


Sono bambini difficili, bambini con questo disturbi vengono identificati abbastanza precocemente,
sono bambini agitati, distratti, si scordano le cose, buttano a terra le cose…sono bambini che
interferiscono sul normale svolgimento della lezione perché non stanno fermi, sono impulsivi, sono
eccessivi per natura, questo anche con i compagni quindi hanno anche difficoltà relazionali ed
amicali perché hanno una serie di caratteristiche che disturbano. Sono iperattivi e impulsivi, fanno
difficoltà ad autoregolarsi, a fermarsi ed aspettare, sentono che devono agire ed esternalizzare e sono
anche disattenti, hanno difficoltà ad organizzare il proprio lavoro perché si distraggono facilmente,
già da piccoli non si fermano mai, non finiscono i giochi iniziati, hanno difficoltà ad essere
indipendenti e ad organizzarsi il lavoro, a suddividerlo in pezzi più piccoli per procedere per step…
Richiedono una gratificazione immediata del desiderio.
Anche loro sono identificati dagli insegnanti che, come nel caso dei DSA, possono presentare
l’aspetto ai genitori nella speranza che i genitori accolgano questa difficoltà nel figlio per procedere
con una valutazione multidisciplinare.
Anche in questo caso vi è una maggioranza di maschi che soffrono di questo disturbo in un rapporto
4 a 1. In ogni caso, solitamente si riscontra disattenzione nelle femmine e iperattività nei bambini.
Il DSM-5 dice che questo deficit consiste in un pattern consistente di disattenzione, distrazione
(difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione, ad ascoltare quello che gli altri dicono,
iniziano i compiti ma perdono rapidamente la concentrazione, hanno difficoltà a gestire ed
organizzare i compiti, lavorano anche in modo disordinato, non gestiscono bene il tempo e non
rispettano le scadenze, sono riluttanti ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale, si
fanno distrarre da qualsiasi inout interno o esterno, spesso sono sbadati nelle attività quotidiane…) e/o
iperattività (si dimenano, non stanno fermi, non sono capaci di stare tranquilli, hanno sempre la
sensazione di stare sotto pressione, parlano troppo, rispondono ancora prima di finire di leggere o
sentire la domanda, non riescono ad aspettare il proprio turno, sono invadenti) che influenzano
negativamente lo sviluppo sociale e scolastico. I sintomi si devono presentare prima dei 12 anni, la
sintomatologia deve emergere prima di questa età, e devono manifestarsi in più di un ambiente.
Le cause possono essere ereditarie, quindi se un bambino é ADHD potrebbero esserlo anche i
famigliari oppure possono emergere se nel primo trimestre di gravidanza i comportamenti materni
prevedono assunzione di fumo e alcool inoltre potrebbero emergere se vi è un ritardo nello sviluppo
della corteccia cerebrale dei processi cognitivi superiori.
Strategie in classe= strutturare tempi e spazi di lavoro il più possibile quindi anche in ambito
famigliare, per questo tipo di situazioni ci sono training sia per genitori e insegnanti perché è faticoso
avere a che fare con bambini che presentano questo tipo di comportamento che è dettato dal loro
disturbo, loro non riescono a controllarsi; bisogna trovare delle strategie per aiutarli a gestire le loro
difficoltà quindi strutturare la giornata, i tempi, lo spazio intorno a loro li aiuta perché i cambiamenti
nella routine aumentano la loro agitazione quindi andrebbe reso tutto il più prevedibile possibile.
Tutto questo favorisce comunque tutta la classe. Le
pause brevi e frequenti sono importanti per questi bambini ADHD perché il tempo in cui possono
lavorare si riduce drasticamente rispetto agli altri. I compiti vanno suddivisi in compiti più brevi così
che questi bambini raggiungano le varie tappe dei compiti.

-disabilità intellettiva=
É un disturbo dello sviluppo intellettivo con esordio precoce nello sviluppo del funzionamento
intellettivo (funzionamento del QI) ed adattivo (bisogni sociali e pratici del bambino dal punto di vista
di adattamento all'ambiente); per questa diagnosi ci deve essere un deficit delle funzioni intellettive
attraverso test standardizzati della misurazione dell’intelligenza, di problem solving, capacità di
giudizio… Oltre a questo deficit intellettivo ci deve essere un deficit adattivo di standard di sviluppo
socio-culturali. L’esordio deve essere nel periodo di sviluppo.
A seconda del QI si possono identificare diversi livelli di disabilità intellettiva= lieve, moderata,
grave, profonda. La maggior parte di bambini che presentano un QI inferiore alla media (sotto il 70=
disabilità intellettiva), il 90% , presenta una disabilità lieve.
*Disabilità intellettiva lieve= la maggior parte dei bambini con disabilità intellettiva rientrano in una
disabilità intellettiva lieve, in ambito concettuale possono non esserci anomalie concettuali evidenti in
età prescolare, in età scolare ed adulta sono presenti difficoltà nella lettura, scrittura, calcolo e
comprensione di concetti come tempo e denaro, negli adulti è compromesso il processo astratto, la
competenza esecutiva e la memoria a breve termine.
In ambito sociale possono far fatica a percepire e interpretare i segnali dell’altro, il loro linguaggio è
più povero, possono far fatica a controllare le emozioni in modo adeguato, possono avere una limitata
comprensione del rischio e possono presentare un’ampia credulità. In ambito pratico non hanno
problemi di cura personale però possono far fatica a fare acquisiti, a gestire il denaro, hanno bisogno
di supporto in compiti complessi…
*Disabilità intellettiva moderata= le abilità concettuali dell’individuo restano inferiori rispetto ai
compagni già in età prescolare , nei bambini in età scolare vi è difficoltà nella lettura, calcolo,
scrittura e comprensione di concetti come tempo e denaro; negli adulti, questi si fermano ad abilità
concettuali elementari; per portare a termine attività concettuali hanno bisogno di un'assistenza
continua. In ambito sociale, il linguaggio è inferiore, quindi le capacità relazionali e comunicative
sono inferiori, hanno difficoltà a comprendere gli stimoli sociali, a prendere decisioni e creare
amicizie. In ambito pratico si prendono cura di sé, ma comunque vi è una necessità in età adulta di un
periodo di insegnamento e training per insegnargli le attività quotidiane, l'indipendenza lavorativa può
essere raggiunta con il sostegno di altre figure in lavori che però richiedono limitate abilità
concettuali.
*Disabilità intellettiva grave= abilità concettuale limitata, necessitano di personale di supporto; il
linguaggio anche è limitato (possono parlare per singole frasi o parole), le relazioni sono con i
membri famigliari essenzialmente; nella pratica hanno sempre bisogno di supporto e supervisione in
ogni momento, in età adulta gli può essere insegnata la partecipazione in compiti domestici.
*Disabilità intellettiva estrema=livello di QI sotto il 25 che interferisce in tutti e tre gli ambiti, da un
punto di vista concettuale, relazione-sociale e pratico (sono persone dipendenti da un’altra persona in
aspetti pratici della quotidianità). Spesso vi sono compromissioni fisiche e sensoriali che aggravano il
funzionamento intellettivo.
Intervento= presa in carico terapeutica multidisciplinare di pediatri, psicologi, insegnanti… Va
monitorato periodicamente il QI e l’adattamento sociale, vi deve essere un piano educativo
individualizzato e il sostengo alla genitorialità.
-disabilità fisiche= categoria che comprende vari disturbi che necessitano di educazione speciale e
servizi correlati di trasporto, fisioterapia, psicologia…
*disturbi del movimento limitato= vi è una mancanza di controllo del movimento volontario per
problemi muscolari, ossei o articolari, sono disturbi che variano notevolmente. Possono insorgere in
epoca prenatale o possono essere dovuti a eventi dopo la nascita come malattie o incidenti che hanno
compromesso la funzione motoria come la paralisi cerebrale.
*disturbi convulsivi= come l’epilessia, sono disturbi neurologici caratterizzati da attacchi
sensomotori o convulsioni del movimento, solitamente bambini con epilessia hanno una terapia
anticonvulsivante per prevenire crisi epilettiche, nonostante ciò è importante sapere se in classe vi è
un bambino epilettico perché l’insegnante deve familiarizzare con le procedure di assistenza (non
bloccare le scosse del bambino, metterlo sul fianco, non toccarlo, non mettergli niente in bocca,
lasciare uscire la saliva, quando si riprende deve essere rassicurato perché è iper agitato, va lasciato
riposare dopo una crisi, è importante guardare l’orologio perché se la crisi supera 5 minuti, allora va
contattato un medico anche se in linea di massima non c’è bisogno di chiamare l’ambulanza) durante
crisi epilettiche per gestirle ed è anche importante gestire la situazione classe dato che le crisi
epilettiche sono eventi traumatici soprattutto per chi vede la crisi quindi è importante sensibilizzare la
classe rispetto a queste crisi convulsive.

03/05
-disturbi sensoriali= disturbi che colpiscono organi di senso di vista e udito che possono interferire con
la capacità del bambino di apprendimento e adattamento.
*Disturbo della vista= in questo disturbo rientrano bambini ipovedentei che hanno una vista non
superiore a 3/10 anche utilizzando strumenti correttivi e bambini non vedenti, quindi ci sono
disabilità etereogenee che comunque tutte interferiscono con le abilità della vita quotidiana della
persona. Anche a seconda dell’insorgenza del disturbo, questo può portare a conseguenze più o meno
problematiche che influenzano la capacità di interagire con l’ambiente e la difficoltà nella lettura.
Sono necessari supporti didattici adeguati per questi bambini, materiali con caratteri grandi con lente
di ingrandimento (per studenti ipovedenti) e altri ausili didattici per studenti non vedenti. Questi
sono bambini a rischio perche questo disturbo può compromettere il funzionamento sociale e
relazionale per il ruolo che la vista svolge nell’apprendimento del mondo circostante, della realtà
fisica circostante. Nei bambini con disturbo della vista, lo sviluppo sensomotorio è più basso rispetto
agli altri bambini quindi hanno difficoltà a manipolare gli oggetti e a integrare informazioni che
provengono dall’ambiente. Possono presentare disturbi socio comunicativi e comportamentali con i
pari. In questi casi, con studenti che hanno difficoltà a cogliere la comunicazione non verbale,
possiamo chiamarli sempre per nome così che prestino maggiore attenzione, possiamo utilizzare un
linguaggio semplice e conciso, moderando il tono della voce senza urlare, può inoltre essere utile
fare da narratore su ciò che sta succendnedo nell’ambiente così che questi bambini comprendono
meglio cosa sta succedendo per renderli più partecipi.
Disturbo dell’udito= mancanza parziale o totale dell’udito che compromette l’apprendimento del
linguaggio che avviene nei contesti di interazione per cui un deficit dell’ udito provoca meno
scambi verbali. Le conseguenze di questo disturbo sono diversificate in base alle cause genetiche,
congenite, acquisite.., all’età di insorgenza, al grado di sordità (da lieve a profondo), all’epoca della
diagnosi e al tipo di protesi adottata che può aiutare il bambino a imparare la lingua verbale e
all'utilizzo della lingua italiana dei segni. Bambini con disturbo dell’udito soffrono il fatto che
l’insegnamento a scuola basa soprattutto sulla via verbale del know-that (come termine di
valutazione scolastica si usa il know-that quindi il saper
descrivere verbalmente dei determinati compiti) e non del know-how (sapere come eseguire un
compito) quindi questi bambini vengono penalizzati, per cui la loro didattica si basa più su un
approccio visivo-gestuale, poi dovrebbe essere promossa la lingua italiana dei segni in modo da
favorire un bilinguismo per tutti i bambini della classe; è importante anche la disposizione della
classe messa a cerchio così che questi bambini vedono meglio cosa sta succedendo attorno a loro,
l’insegnante dovrebbe essere sempre visibile senza girarsi e parlare verso la lavagna così che questi
bambini possano leggere il labiale, le parole andrebbero scandite in modo chiaro, si dovrebbe usare
materiale grafico visivo di supporto e andrebbero evitati rumori di fondo che interferiscono con la
capacità di questi bambini di capire cosa sta succedendo.

-Disturbi del linguaggio = disturbi dell’articolazione (difficoltà nel pronunciare correttamente i suoni
che provoca imbarazzo in questi bambini) e della voce (bassa, alta, forte, rauca, dura…il disturbo
della voce può essere causa della palatoschisi quando bambini nascono con il palato spaccato) che
richiedono l’intervento di un logopedista. Vi sono poi i disturbi della fluenza che sono ricorrenti in
bambini con balbuzie, mentre nei disturbi primari del lignaggio vi è una compromissione e un ritardo
nello sviluppo del linguaggio, alcuni bambini parlatori tardivi si risolvono in autonomia mentre in
altri bambini lo sviluppo del linguaggio non raggiunge mai un livello normativo, la compromissione
può essere nella produzione del linguaggio (dicono poche parole e anche non corrette
grammaticalmente e morfosintatticamente) e/o nella comprensione.

-disturbi dello spettro dell’autismo= categoria eterogenea di disturbi generalizzati che colpiscono
quindi in maniera generalizzata il funzionamento intellettivo che può andare da un un ritardo mentale
profondo a un funzionamento intellettivo sopra la media=ampio range di funzionamento intellettivo.
Ciò che accomuna questo disturbo sono difficoltà tipiche che colpiscono l’ambito comunicativo e
socio relazionale che causano il fatto che questi bambini non riescono a mantenere momenti di
condivisione con l’altro, l’attenzione con l’altro o lo sguardo con l’altro= difficoltà a livello
interattivo. 3 difficoltà tipiche sono la mancata capacità di attenzione condivisa (stare insieme
all’altro e concentrare l’attenzione condivisa su un terzo oggetto come un libro o un gioco), difficoltà
nella capacità di imitazione così come nelle attività di gioco dove tende ad esserci una scarsa
prevalenza di gioco simbolico (il gioco del far finta) e costruttivo. Questi bambini hanno un repertorio
di interesse ristretto e non reagiscono positivamente ai cambiamenti (prediligono una routine sempre
uguale e regolare).
Il DSM-5 sul disturbo dello spettro dell’autismo parla di= deficit della reciprocità socio-
emotiva comunicativa ed emozionale, ridotta condivisione con l’altro e risposta
anomala o assente alle interazioni sociali, deficit dei comportamenti sociali non verbali, anomalia del
contatto visivo, deficit della comprensione dell’uso di gesti, uso limitato o assente di comunicazione
via gesti, difficoltà a capire la comunicazione non verbale e le emozioni e le espressioni facciali
dell’altro, deficit della gestione nell’adeguarsi ai contesti sociali, assenza di interesse verso i
coetanei. Faticano nella comunicazione e negli interessi verso le attività che svolgono, solitamente
mettono in fila i giocattoli (non fanno quindi un gioco simbolico o costruttivo), ripetono spesso gli
stessi gesti, possono usare la violenza, prediligono una rouitne priva di flessibilità, hanno interessi
molto limitati e ristretti, anche la minima variazione sensoriale può causare in loro reazioni forti,
spesso non sono consapevoli delle esigenze degli altri, manifestano difficoltà comunicative e
interazionali, hanno pattern comportamentali e di pensiero ripetitivi.
Vi è una grande eterogeneità delle forme di autismo che quindi prevedono diverse forme di assistenza
di conseguenza, spesso i sintomi possono passare inosservati .
Specifici segni dell’autismo= deficit nell’interazione sociale, nella gestualità, nella comunicazione
non verbale, presentano una gamma ristretta di interessi, producono risposte sensoriali inusuali,
presentano un deficit nell’immaginazione. Spesso evitano il contatto sociale con l’altro, tendono a
ripetere le stesse frasi, e hanno uno stile sociale distaccato, non rispondono o ricercano interazioni
sociali. In altri casi vogliono che i rapporti sociali seguano le loro indicazioni. Altri si sentono
impacciati e insicuri, sono passivi nelle interazioni con gli altri. Fraintendono i giochi di finzione
spesso, faticano a usare la fantasia e a produrre idee creative.
Stili di conversazione non verbale di bambini con spettro autistico = scarsa frequenza dei gesti e di
contatto visivo, gesti immaturi e inadeguati, scarsa coordinazione dei gesti con altre forme di
comunicazione. Molti bambini hanno specifiche preferenze e ripetono i loro interessi e i loro
comportamenti come l’oscillazione o la rotazione verso se stesso. Alcuni di loro tendono a parlare
continuamente dei loro interessi e a giocare sempre nello stesso modo con i loro giochi preferiti.
Hanno un estremo bisogno di routine anche sotto forma di fisse alimentari che sono collegate a un
insistenza di mangiare una gamma ridotta di alimenti, potrebbero voler mangiare sempre la stessa
cosa nello stesso modo.
All’interno di questo disturbo vi è la sindrome di Asperger individata da Asperger, un medico
pediatra austriaco, che iniziò ad osservare un gruppo di ragazzini che assomigliavano e si
differenziavano allo stesso tempo da bambini autistici, presentavano le stesse difficoltà relazionali e
socio-comunicative tipiche dello spettro dell’autismo, ma a differenza dei bambini con spettro
dell’autismo, presentavano un funzionamento intellettivo particolarmente elevato in determinate aree,
hanno una spiccata intelligenza, hanno un alto funzionamento intellettivo, la loro difficoltà è a livello
comunicativo e socio-emotivo, hanno difficoltà nell’interpretare i segnali sociali e nell’instaurare
relazioni intime però a volte riescono comunque a instaurarele quindi spesso questa sindrome non
viene nemmeno identificata.
Faticano a capire l’ironia, prendono spesso le cose alla lettera, hanno difficoltà a mantenere amicizie
per lungo tempo, ad esternizzare le emozioni, faticano a guardare negli occhi una persona, hanno
bisogno di cose impostate che non escano da compartimenti stagni, le modifiche possono metterli a
disagio, faticano ad avvicinarsi alle persone. Con il crescere dell’età questa sindrome migliora perché
cambiano anche le richieste dell’ambiente, mentre da bambini ci si aspetta da loro che interagiscano,
che facciano gruppo, mentre col crescere i compiti richiesti dalla vita sono diversi, poi se queste
persone ricevono una diagnosi provano sollievo e ricevono aiuto.
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” parla di un bambino con sindrome di Asperger.

-disturbi emotivi e comportamentali = fanno riferimento a due ampie categorie di disagio ovvero
disturbi di natura esternalizzata (esternalizzazione del disagio con comportamenti aggressivi,
oppositivi, distruttivi, provocatori, pericolosi, fuori controllo, hanno un ipo controllo, scarso
controllo, scarsa riflessività , tendono ad agire impulsivamente, hanno carente abilità di problem
solving e di organizzazione del pensiero= difficoltà piu presente nei maschi e nelle famiglie e basso
reddito) e internalizzata (bambini che hanno un iper controllo, la manifestazione di questo disturbo è
la presenza di depressione, ansie, paure, irrazionalità, catastrofizzazione, autosvalutazione, disturbi
dell’umore= maggiore prevalenza nelle femmine). Nei disturbi internalizzati ci sono stili di parenting
caratterizzati da minacce (“se fai cosi, vado via”) e da uno stato costante di paura instillata nel figlio.
Sindrome di Savant= “L’uomo della Pioggia"= Dustin Hoffman interpreta in questo film un uomo
con sindrome di Savant con disabilità intellettiva grave ma con punteggi elevati in alcune competenze
specifiche quindi ha un QI basso ma in un particolare il suo QI settore è sopra la media.

-studenti con plusdotazione (gifted)= QI sopra la media (maggiore o uguale a 130), dotati di un
talento eccezionale in un campo specifico, quindi siamo fuori da una diagnosi di disturbi anche se
sono stati riconosciuti nei BES per le esigenze che questi bambini presentano anche se per questi
bambini non c’è una linea guida per saperli gestire in Italia e questo è un problema. Qui c’è un
eccesso di dote, è una situazione che necessita di particolare attenzione, questi bambini mostrano
talenti precoci in alcune aree, la loro componente genetica di plusdotazione specifica ha un ruolo
fondamentale ma non è sufficiente perché se questi bambini poi non sono identificati e inseriti in
ambienti che li aiutano a sviluppare la loro potenzialità , non solo non la sviluppano, ma hanno anche
una serie di conseguenze negative e frustranti. I bambini plusdotati non è detto che vadano bene a
scuola perché la plusdotazione è dominio-specifica, soprattutto se non viene colta la loro particolarità,
non solo vanno male a scuola, ka sono anche a rischio di abbandono scolastico per la noia che
provano, inoltre non necessariamente hanno problemi emotivi e di socializzazione, possono essere
integrati o meno nel caso in cui tendono ad annoiarsi a volte, hanno interessi che non sempre
corrispondono a quelli dei loro coetanei che potrebbero iniziare a guardarli storto. Però in linea di
massima non è certo che avranno difficoltà relazionali, non si può pretendere da loro che diano
sempre il massimo in ogni situazione perché questo crea disagio nella loro prestazione. I bambini
plusdotati non tendono ad essere presuntuosi, anzi tendono a nascondere le loro capacità per essere
come gli altri, non sono geniali in tutte le materie, e non si riconoscono subito bambini plusdotati. Ci
sono dei segnali che si possono cogliere, ma comunque poi vanno visti nel complesso= spesso
imparano a leggere e scrivere precocemente rispetto alle tappe di sviluppo, tendono però a non
mostrare sempre le loro competenze quindi non è facile individuarli.
Hanno una elevata creatività, un'alta motivazione, capacità di leadership e perseveranza nell'ambito
della loro plusdotazione; mostrano precocità in determinate aree; marciano al proprio ritmo, sono
maggiormente autonomi, imparano senza bisogno dello scaffolding dell'insegnante o del genitore, ci
arrivano da soli a scoprire i concetti; tendono ad avere una forte curiosità e motivazione intrinseca a
sapere e conoscere; elaborano le informazioni in modo più veloce e attraverso strategie più funzionali
ed efficaci quindi imparano anche più velocemente i concetti.
Cosa fare con studenti plusdotati= personalizzazione della didattica lasciando che vivano le
esperienze sociali con i pari senza però avere lo stesso programma dei pari per rispondere alle loro
esigenze; si può fornire a questi bambini materiali aggiuntivi di approfondimento rispetto al livello
di profondità trattato con i loro pari, altrimenti questi bambini si trovano ad aspettare che gli altri
arrivino dove loro erano già arrivati e questo per loro diventa disturbante e frustrante; gli si può dare
anche arricchimento di materiale aggiuntivo rispetto al programma della classe; si può compattare
il curriculum scolastico per loro rispetto a contenuti che già conoscono; la differenziazione poi offre
allo studente plusdotato un programma diversificato; si può accelerare il loro programma didattico
permettendogli di saltare di classe ed essendo ammessi precocemente alle classi seguenti oppure a
seconda della materia in cui è plusdotato, gli si può far frequentare una classe superiore.

Domande tipo=
-la disgrafia è un disturbo dell’apprendimento che comporta= difficoltà nella scrittura.
-quale criterio non è una caratteristica associata ai bambini plusdotati = avere un QI compreso tra
100 e 125.
-quando si insegna a uno studente con problemi di udito, non si raccomanda di= gridare.
-Giulia trova difficile conversare con i suoi coetanei anche se capisce cosa le stanno dicendo e trova
difficile anche esprimere i suoi pensieri, ha uno= disturbo del linguaggio espressivo.

LE DIFFERENZE INDIVIDUALI
*L’INTELLIGENZA= è la capacità generale di agire finalizzata ed efficace rispetto alle richieste
dell'ambiente in cui sono, di riflettere, di ragionare, di risolvere i problemi, di utilizzare le
informazioni e che mi permette di adattarmi all’ambiente. Viene misurata attraverso dei test
predisposti, è un costrutto multidimensionale in cui convergono fattori sia genetici che ambientali ,
ambienti stimolanti hanno un certo impatto così come ambienti poveri di stimolazione quindi
l’intelligenza è il risultato dell’interazione tra predisposizioni genetiche e l’ambiente in cui sono
inserito. Numerosi autori hanno dato il loro contributo nell’individuare aspetti diversi
dell’intelligenza.
L’intelligenza nel senso comune è ingiustamente ed erroneamente percepita come un’abilità cognitiva
unitaria rappresentata perché possono essere intelligente in un ambito, ma non necessariamente in un
altro. L'intelligenza inoltre non è un’abilità cognitiva generale perché è dominio-specifica perché è
applicabile in determinati contesti, ma non in tutti. Inoltre non è innata necessariamente, è
determinata anche dall’ambiente, inoltre non è un’abilità cognitiva statica perché altrimenti penserò
che non sarò mai bravo in una determinata cosa, in realtà l’intelligenza si può sviluppare.
Nei primi anni del 900, il ministero dell’istruzione francese incarica a Binet di distinguere i bambini
più bravi da quelli meno bravi mettendo a punto uno strumento per individuare i bambini che
avrebbero necessitato di classi speciali, a partire da questa richiesta Binet e Simon costruiscono il
primo test di intelligenza nel 1905 e si accorsero che vi era una stretta relazione tra le capacità mentali
dei bambini e la loro età così costruirono il concetto di età mentale (EM: indica la performance del
bambino rispetto alla sua età reale)= quindi se un bambino di 6 anni ottiene lo stesso punteggio del test
di intelligenza di un bambino di 7 anni allora quello di 6 anni ha un'età mentale maggiore rispetto alla
sua età cronologica. Questo concetto è stato poi criticato perché se bambini di età diverse hanno la
stessa età mentale o meno , non significa che le loro intelligenze siano confrontabili, questo concetto di
EM quindi non discrimina veramente la capacità dei bambini rispetto al test.
Allora Stern nel 1912 introdusse il concetto di quoziente intellettivo per superare i limiti del concetto
di età mentale, il QI è un indice di performance di un individuo in un test di intelligenza
standardizzato in relazione a risultati ottenuti da altre persone della sua età. Il punteggio
standardizzato tiene conto del rapporto tra l'età mentale e l'età cronologica moltiplicato per 100 e
questo mi permette di distribuire il punteggio dell’individuo per cui = Se EM= età cronologica
allora= QI = 100,
Se EM < età cronologica allora= QI<100 Se
EM > età cronologica allora= QI>100
Utilizzando il QI, i punteggi della popolazione avevano una distribuzione normale e simmetrica dove
la maggior parte dei punteggi ricadono nella curva alta che sta nel mezzo quindi la maggior parte
delle persone ottengono un punteggio compreso tra 84 e 116, mentre verso gli estremi sia in eccesso
che in difetto, scende la percentuale di persone che ottengono livelli molto bassi o alti di intelligenza.
Questo test riguarda il ragionamento fluido, le conoscenze, il ragionamento matematico, viso-
spaziale e la capacità di memoria di
lavoro= conoscenza logico-matematica e verbale-linguistica= queste capacità vengono indagate con la
modalità verbale e non verbale= scala Simon-Binet.
Le scale Wechsler sono sempre usate per la valutazione dell’intelligenza = sono 3 scale diverse in base
all’età dell’individuo che permettono di ricavare indici riguardo la velocità di elaborazione, il
ragionamento visuo percettivo, di memoria di lavoro e di comprensione verbale. Da queste scale si ha
un punteggio globale ma anche un punteggio specifico per le varie capacità.
La WISC è la scala Wechsler per l’infanzia (6-13 anni) e comprende la comprensione verbale di
concetti complessi quindi ai partecipanti potrebbe essere richiesto di definire il significato di parole, il
senso di frasi o di rispondere a domande di comprensione del testo, questa comprensione verbale
comprende test di somiglianze (spiegare cosa hanno in comune alcune coppie di parole tipo “in cosa
sono simili camicia e cappello?”), vocabolario (definire alcune parole, come “cosa è una casa?”),
comprensione (comprendere il perché di certe azioni= “perché spengo la luce quando esco di casa?)),
informazione (sulle conoscenze generali del bambino tipo "quanti mesi ci sono in un anno?”) e
ragionamento con parole (a partire da degli indizi, il bambino deve capire di cosa si sta parlando tipo
“la usi per lavare”). Si misura poi il ragionamento visuo-percettivo (capacità di risolvere problemi
astratti e trovare relazioni tra oggetti) che comprende test di disegno dei cubi (il bambino deve
ricreare una figura organizzando dei cubi), concetti per immagini (vengono mostrate file di oggetti e
il bambino deve scegliere degli oggetti per formare un gruppo che abbia cosa in comune),
ragionamento per matrici (davanti a una sequenza di disegni il bambino deve completare la sequenza
con una figura), completamento di figure (vengono mostrate cose mancanti in dei disegni). Si misura
poi la memoria di lavoro che misura la capacità di tenere a mente informazioni a breve termine per
risolvere dei problemi, questo test comprende test di memorie di cifre (il bambino deve ripetere una
sequenza di numeri), riordinamento di lettere e numeri (in modo crescente o alfabetico), l'aritmetica
(risolvere a mente operazioni aritmetiche). Poi si misura la velocità di elaborazione delle
informazioni in modo rapido ed efficiente, questo test comprende test di cancellazione (da un insieme
di immagini diverse, il bambino deve indicare le figure che rappresentano una specifica categoria),
cifrario (associare a determinati numeri degli specifici simboli compilando il cifrario), ricerca di
simboli (valutare se due simboli sono presenti in una stringa successiva di simboli).
Prassi per interpretare i punteggi dei test di intelligenza=questi test sono informativi e predittivi dei
risultati scolastici ma vanno evitati stereotipi e aspettative negative, inoltre questi test rappresentano
un punteggio preso in un determinato momento della vita del bambino anche se restano comunque
test attendibili perché sono uno strumento che mantiene in linea di massima lo stesso punteggio, ma
è anche vero che la scuola insegna abilità che rientrano in questi specifici compiti del test del QI.
Non va usato il QI come indicatore unico e principale della competenza perché lascia fuori tutto un
altro mondo di intelligenze che non viene calcolato da questi test come le abilità creative, pratiche,
interpersonali, sociali… Come docenti non dobbiamo etichettare un bambino in base al suo
punteggio di QI. Questi test del QI vengono fatti se si trova la necessità di farli in particolari studenti.

09/05
Perché il concetto di EM è stato preso in considerazione per misurare l’inteligenza e che cos'è= Binet
come prima formulazione del suo test di intelligenza, ha osservato la relazione tra capacità mentale
ed etá mentale somministrando prove via via più difficili a bambini in questione sottoposti a questi
test vedendo che c'era una correlazione tra età cronologica ed
età mentale= se un bambino di 6 anni completa la batteria di un bambino di 7 anni allora il bambino di
età cronologica di 6 anni ha un'età mentale di 7 anni.
Perché questo concetto di EM é stato poi criticato= EM è un indice che non discrimina l'intelligenza
perché se due persone di età cronologica molto diversa ottengono lo stesso punteggio di EM, queste
persone in realtà funzionano in maniera molto diversa per cui l’EM non è un indice per misurare
l’intelligenza e questo problema è stato risolto con il QI che effettivamente discrimina l'intelligenza
delle persone.

La teoria di Sternberg (fine 900)


Oggi l'intelligenza non è considerata una funzione unica, è un insieme di capacità individuali della
persona che gli permettono di adattarsi al meglio all'ambiente in cui vive per cui già da questa ampia
definizione di intelligenza, è chiaro che le forme di intelligenza analitica e logico-matematica sono
solo una piccola parte del modo in cui posso adattarmi all’ambiente. Sternberg inizia a parlare di
componenti diverse all’interno del costrutto di intelligenza e propone la teoria triarchica
dell'intelligenza composta da 3 abilità differenti= analitica, pratica e creativa. L'intelligenza inizia ad
essere considerata in questi anni una forma di adattamento all’ambiente includendo anche obiettivi
personali e socialmente condivisi, se si allarga il campo di applicazione dell'intelligenza, quella
analitica (abilità di ragionamento, pensiero, analisi potenziate … insegnata e valutata nel contesto
scolastico) e logico matematica non sono più sufficienti quindi accanto a queste due intelligenze ci
sono altre abilità che rientrano nel dominio di intelligenza che una persona può avere più o meno
sviluppata.
Stenberg individua così l’intelligenza pratica che è la dimensione dell’intelligenza messa in atto nel
fare le cose di tutti i giorni, e da un punto di vista pratico= tutte le azioni che so fare da un punto di
vista pratico= forma di intelligenza che influenza il modo in cui posso adattarmi all’ambiente.
Individua poi l'intelligenza creativa che è quella forma di intelligenza che mi permette di muovermi nel
mio ambiente non in modo rigido ma in modo flessibile e creativo trovando soluzioni alternative a
varie situazioni specifiche pensando a possibilità differenti, immaginando, inventando,
scoprendo=implica una grande apertura mentale per adattarmi all’ambiente senza muovermi sempre in
modo predeterminato.
Cosa si vede a scuola riguardo questi 3 aspetti dell'intelligenza= l’intelligenza analitica è quella
maggiormente sviluppata all’interno di un contesto scolastico, è quella che viene insegnata attraverso
le materie e i processi di apprendimento e di insegnamento. Un bambino che ha un'elevata
intelligenza analitica andrà anche molto bene a scuola perché ha le competenze richieste e potenziate
dal contesto scolastico e presumibilmente avrà anche un contesto scolastico molto buono perché ha
competenze di ragionamento, pensiero analitico e movimento cognitivo che gli permettono di
rispondere al contesto scuola.
Un bambino con intelligenza creativa (propone idee diversificate, trova soluzioni creative) non
brillerà nel contesto scolastico tradizionale, non risponde alle esigenza della scuola, anzi può
disturbare, fare confusione, proporre cose che escono dagli schemi quindi questo bambino nel
contesto scolastico può avere delle difficoltà di adattamento richiesto dall’ambiente scuola, non si
adegua alle aspettative dell’insegnante perché verifiche e interrogazioni sono impostate in modo
che l’alunno debba fornire un’unica risposta corretta mentre una persona con intelligenza creativa
può non mostrare il proprio potenziale nelle valutazioni a scuola.
Le persone con intelligenza pratica, lo stesso, non sono brillanti nel contesto scolastico, l’essere bravo
nel fare le procedure pratiche non mi aiuta nell'ambito scolastico basato
sull'intelligenza analitica però sarò bravo fuori dalla scuola. Questa intelligenza si associa anche a
buone capacità relazionali, di intraprendenza, di leadership e carriere manageriali di successo.

Domande tipo=
-Luca non va bene a scuola, ma ha capacità di leadership, ha= intelligenza pratica;
-Marco ottiene successo in classe raggiungendo buoni voti a scuola ma ha difficoltà a scrivere storie
originali, ha= intelligenza analitica;
-Giulio non va bene nei test di intelligenza e non è conforme alle aspettative della scuola, tuttavia é
fantasioso ed é un bravo narratore, ha= intelligenza creativa.

La teoria di Gardner sulle intelligenze multipli (studi dal 1983 al 2002)


L'intelligenza è composta da diversi aspetti. Gardner individua l'intelligenza sotto 9 aspetti
dell’intelligenza, una persona può essere brava o meno in diversi di questi tipi di intelligenza, ogni
persona ha un profilo differente rispetto a queste 9 abilità. Le persone hanno diverse capacità
intellettuali, perciò l’educazione non può andare in senso unico.
Approccio socio-costruttivista e socio-cognitivo= importanza di rendere l’alunno attivo nel processo di
insegnamento allargando il processo di insegnamento valorizzando le differenze individuali lasciando
che l'alunno utilizzi il canale in cui si sente più portato. Ogni forma di intelligenza potrebbe predire
anche nell'età adulta una futura professione nell’individuo, le forme di intelligenza rispecchiano le
abilità richieste in differenti tipologie di professioni. Le 9 intelligenze indicate da Garder sono=
1. Intelligenza verbale-linguistica= capacità di utilizzare il linguaggio orale e scritto in modo
adeguato, funzionale al raggiungimento dei miei obiettivi comunicando in modo efficace.
Professioni adeguate a questa intelligenza= scrittori, poeti, giornalisti, avvocati, insegnanti…;
2. Intelligenza logico-matematica= capacità di muovermi cognitivamente in termini di
ragionamento, problem solving, pensiero, ipotesi, verifica delle ipotesi, capacità
analitiche. Professioni per questa intelligenza = scienziati, ingegneri, architetti, contabili,
commercialisti…
3. Intelligenza musicale= capacità di sentire, conoscere, produrre e comprendere la musica, il
ritmo, il tono muovendosi all’interno della musica sentendola e producendola= cantanti,
musicisti, ballerini…= è un’intelligenza che dura tutta la vita;
4. Intelligenza naturalista= capacità di comprendere e apprezzare la natura, gli animali, le
piante, gli esseri viventi in generale= zoologi, biologi, veterinari, la forestale…= tutti quelli
che lavorano in contesti naturalistici;
5. Intelligenza spaziale = capacità di muovermi nello spazio attraverso i miei sensi
visualizzando immagini mentali e comprendendo le relazioni spaziali= architetti,
geometri, pittori, atleti, designer di interni, piloti…
6. Intelligenza intra-personale= capacità di muoversi all’interno dei nostri pensieri , sentimenti,
emozioni, la capacità di capire se stessi, chi sono io, ci si mette in discussione in modo
costruttivo per comprendere e valutare se stessi, sono persone che a livello professionale
hanno a che fare con altre persone= psicologo, insegnante, life coach…;
7. Intelligenza interpersonale= capacità di stare nel mio mondo sociale comunicando con gli
altri in modo adeguato, relazionandomi e comprendendo gli altri= professioni di aiuto con
l’altro= psicologo, insegnante, medico…
8. Intelligenza cinestetica-corporea = abilità di utilizzare il mio corpo controllandone i
movimenti, essendo coordinato nei movimenti= intelligenza elevata nelle attività
sportive, negli atleti, negli artisti, nei ballerini…
9. Intelligenza esistenziale= è caratteristica delle persone che si fanno tante domande
esistenziali sulla vita, la morte, il senso della vita, Dio, perché si vive, perché si muore…è
quella capacità di riflettere su grandi argomenti = filosofi, preti, compositori…

Perché misurare l’intelligenza= aiuta a predire il futuro rendimento scolastico che è ancora basato
molto sull’intelligenza analitica, aiuta a comprendere la capacità di adattamento e della salute
generale delle persone in termini di adattamento; tuttavia, il test di intelligenza misura la capacità
intellettiva di una persona in un preciso momento rispetto a un gruppo di persone di riferimento su
cui il test è stato costruito, in realtà test di QI normativi non dicono nulla sulla persona, su come
funziona, su quello che desidera. Inoltre, l'intelligenza si può fare aumentare, non è una dimensione
statica, poi ci sono fattori extra cognitivi che influiscono sull’intelligenza = la genetica e l’ambiente.
La componente genetica spiega non più del 40/50% della prestazione del test di intelligenza quindi
tutto il restante 50/60% dipende da fattori ambientali sociali (quali la famiglia, la scuola, la cultura,
lo status socio economico, la disponibilità di ambienti stimolanti o no, la possibilità di interagire con
l’altro o no) e fattori non sociali (carenze o meno nutritive, esposizione a ambienti tossici e
inquinanti, forme di malattie infettive che possono alterare l’equilibrio interno della persona).

L’effetto Flynn= é un fenomeno osservatp a partire dagli anni 80 per cui ricercatori si sono accorti
che la popolazione diventava sempre più intelligente. Il punteggio medio dei test di intelligenza
presentava un trend in aumento osservato in diversi paesi del mondo. Flynn è il ricercatore che
scoprì questa tendeva in soggetti ad ottenere un punteggio sempre più alto nei test di intelligenza
rispetto a persone della stessa età degli anni precedenti e in particolare Flynn riscontrò 3 punti in
aumento nel QI ogni 10 anni di etá, quindi una persona con QI di 100 nel 1950 avrebbe avuto
punteggio 130 nel 2020. Le ipotesi che spiegarono questo effetto Flynn riguardavano il
miglioramento nella salute pubblica, un maggior benessere, uno stile di vita più salutare e igienico
che avrebbero portato a uno sviluppo fisico e cognitivo migliore nei bambini. L’altra ipotesi è legata
alla maggiore scolarizzazione dei bambini, un ingresso precoce nel mondo scolastico rispetto a
prima e un maggiore accesso a tanti tipi di informazioni su canali differenti e i bambini rispetto ad
anni fa sono maggiormente stimolati da diverse fonti di informazione.
Ora invece stiamo assistendo al trend inverso, l’effetto Flynn all’opposto per cui la spiegazione di
questo dibattito riguarda l’eccesso di materiale di tecnologia che rende più passive le persone.

Un altro aspetto della misurazione dell’intelligenza riguarda il fatto che il punteggio del QI rappresenta
la prestazione di quell'individuo rispetto alla popolazione su cui lo strumento è stato costruito per cui a
seconda della persona e delle persone di riferimento ci possono essere dei bias per cui le caratteristiche
sociodemografiche della persona in esame possono essere o meno simili alla popolazione di prova.
Inoltre, ci sono altri aspetti che possono comunque influenzare il punteggio della persona nel test,
detti= la minaccia dello stereotipo
= alcuni gruppi di persone solo per il fatto di sapere di appartenere a determinati gruppi potrebbero
dare una prestazione differente rispetto alle loro reali capacità. Per esempio, è
stato dimostrato che persone di colore se venivano somministrate al test di intelligenza dicendo loro
che gli veniva misurata l'intelligenza, avevano un punteggio minore rispetto alle persone bianche
mentre se gli veniva tolta la consapevolezza di appartenere a una minoranza etnica per cui c’è il
pregiudizio di una minore intelligenza, non avevamo più un punteggio minore rispetto a persone
bianche. Lo stesso venne riscontrato nei test di matematica somministrati al genere femminile =
minaccia dello stereotipo= ansia che la propria prestazione nel test venga negativamente penalizzata
dalla propria appartenenza culturale.
Per ovviare a questo problema sono stati creati strumenti di misurazione dell’intelligenza per evitare
l’influenza di aspetti etnici-culturali o di scolarizzazione, all’interno di questo pensiero della necessità
di trovare studenti liberi dal carico dell'influenza dell'appartenenza culturale dell’individuo vi sono le
matrici progressive che valutano l’intelligenza non verbale delle persone nel ragionare per analogie
e nel formare relazioni percettive indipendentemente dal linguaggio e dal livello di scolarizzazione.
Questi compiti permettono di valutare l’abilità di intelligenza di ragionamento percettivo che non
considera il livello scolastico e di linguaggio= test culture-fair liberi dal bias legato alla cultura e alla
scolarizzazione.

*GLI STILI DI APPRENDIMENTO E COGNITIVI


Oltre a differenze individuali di abilità intellettive, è importante prestare attenzione a un’altra
caratteristica individuale, quella degli stili di apprendimento e degli stili cognitivi. Gli stili cognitivi
sono delle preferenze di funzionamento dell’individuo relative al modo in cui le persone
percepiscono, apprendono, si relazionano con gli altri, risolvono problemi…è una modalità di
approccio al mondo che tende a caratterizzare le persone, questi stili tendono ad essere costanti nel
tempo anche se possono modificarsi se non si interviene, l’individuo quindi ha un canale prevalente
di lettura del mondo. Gli stili cognitivi influenzano l’apprendimento, sono solitamente su una
dimensione bipolare quindi vanno su due polarità opposte, quindi la persona si inserisce tra due
polarità opposte=
-stile impulsivo/riflessivo= la cosa migliore sarebbe potersi muovere in questo continuo, sarebbe
meglio non essere estremi da una parte o dall’altra. Questo stile cognitivo riguarda la preferenza per
agire velocemente senza pensare e prendere in considerazione diverse possibilità in modo impulsivo
contro il prendersi tempo per rispondere e riflettere, valutando le situazioni e scegliendo la strategia
più adeguata. In ambito scolastico, l’essere impulsivo porta gli studenti a sbagliare il compito,
mentre studenti che vanno sul versante riflessivo hanno creato la loro mappa concettuale perché
hanno riflettuto profondamente su diversi costrutti, avendo informazioni maggiormente strutturate,
comprendono meglio il testo nel leggerlo perché sono maggiormente concentrati, sono più bravi nel
risolvere problemi, prendere decisioni, sanno stabilire obiettivi di apprendimento e si concentrano
sulle informazioni rilevanti. Per valutare questo stile, si presenta uno stimolo target e si chiede quale
è quello uguale, uno studente impulsivo buttera l’occhio a caso tendendo a fare più errori rispetto a
studenti riflessivi.
Come aiutare gli studenti impulsivi= dare tempo a tutti, invitarli a leggere bene le consegne,
insegnando loro strategie metacognitive…dobbiamo insegnargli a prendere del tempo, aiutandoli a
prestare attenzione, a soffermarsi su informazioni nuove chiedendogli di non rispondere
immediatamente e gli insegnanti in primis devono utilizzare uno stile riflessivo, inoltre studenti
impulsivi vanno rinforzati nel momento in cui hanno comportamenti riflessivi;
-stile profondo/superficiale= analizzare tutte le parti di una situazione vs assorbire velocemente. In
ambito scolastico questo stile si riflette nella possibilità di comprendere profondamente o
superficialmente un argomento senza entrarci dentro e analizzarlo (studio
passivo). Un approccio allo studio attivo invece mi permette di riflettere su quello che sto facendo
aumentando il livello di profondità di approfondimento del materiale. Uno studente con stile
profondo va a fondo, cerca connessioni, crea schemi, studia attivamente, si impegna, da un senso alla
materia, ha una motivazione intrinseca (lo fa per se stesso, per soddisfazione personale vs estrinseca
= studio per raggiungere un fine). Uno stile invece superficiale caratterizza studenti passivi che fanno
il minimo sindacale per arrivare alla sufficienza (motivazione estrinseca), i contenuti non vengono
elaborati profondamente e per questo vengono persi prima, sono apprendimenti a memoria che non
sono poi strutturati.

17/05
*STILI COGNITIVI E DI APPRENDIMENTO
Sono differenze individuali nella modalità in cui le persone tendono a percepire il mondo, gli stimoli
sociali avendo una preferenza nell’apprendere o risolvere i problemi in un certo modo, questi stili ci
dicono come ci si relaziona agli altri. Gli stili cognitivi quindi sono costrutti e preferenze sull’utilizzo
delle proprie abilità che comprendono tanti aspetti sul modo in cui le persone interagiscono con
l’ambiente. Questi stili possono essere modificati però per essere modificati, si deve arrivare ad essere
consapevoli di quello che faccio quindi si possono modificare anche gli stili cognitivi essendo
consapevoli di come mi muovo nell'interagire con il mio ambiente e allenandomi a percepire in modo
diverso l’ambiente che mi circonda quindi ad esempio se ho uno stile globale (percepire e analizzare
l’informazione nella sua totalità) posso diventare anche più analitico sforzandomi ad analizzare le
informazioni in modo più analitico e dettagliato.
Gli stili riguardano il modo in cui utilizzo le mie competenze e in linea di massima tendono ad essere
disposti su una funzione . Tutti abbiamo più di uno stile in noi, in ogni stile ci collochiamo nel
continuum degli estremi della bipolarità , tutti abbiamo una certa posizione e caratteristica all’interno
degli stili cognitivi. Siamo fatti da una combinazione di stili cognitivi. Sono stili che emergono
inconsapevolmente di fronte al modo di gestire le situazioni. Ci sono dei tratti di componente
biologica, ma l'ambiente sociale (non in termini di comportamentismo che dice che l'ambiente plasma
l’individuo come se fosse una tabula rasa) anche influenza una certa modalità cognitiva piuttosto che
un’altra.
Es= una persona nello stile impulsivo-riflessivo si colloca=
Impulsivo Riflessivo
——————x———————————

-stili impulsivo-riflessivo= se applicato nella vita in generale, la tendenza ad agire velocemente senza
riflettere, impulsivamente, può avere degli svantaggi perché ad esempio in ambito scolastico, lo
studente non legge nemmeno la consegna del compito, tende a rispondere frettolosamente e anche a
livello sociale tende ad essere più agitato. Questo stile caratterizza la preferenza ad agire velocemente
(impulsivo) oppure ad agire in modo riflessivo prendendosi tempo per riflettere sulla richiesta
dell'ambiente rispondendo in modo più ponderato. In uno stile impulsivo, gli studenti riflettono meno
sulle informazioni per cui hanno sviluppato meno il concetto, hanno più difficoltà nell'interpretazione
del testo per la velocità con cui processano le informazioni, nella soluzione dei problemi e presa di
decisioni rispondono in fretta, hanno maggiore difficoltà a concentrarsi.
In un test composto da immagini, si valuta nei bambini il livello di impulsività-riflessività: ci sono 7
figure-stimolo e il bambino deve individuare quello uguale alla figura target, 6 figure sono diverse e
solo una è uguale alla figura target. In questo test, bambini riflessivi
rispondono bene mentre bambini impulsivi hanno punteggi inferiori perché prendono la figura target
e la confrontano solo con una figura e se non vedono grosse differenze, scelgono quella, senza
analizzare tutti i dettagli che dovrebbero prendere in considerazione anche delle altre figure.
Come aiutare gli studenti impulsivi= fargli capire che non c’è bisogno di essere i primi, siccome
hanno fretta; dato che presentano uno tendenza a far fatica a riconoscere le informazioni nuove
associate a quelle precedenti quindi è importante soffermarsi sui concetti nuovi da inserire all'interno
del dominio di conoscenza; li si rinforza positivamente se presentano comportamenti riflessivi e gli si
insegnano strategie metacognitive per essere riflessivi.

-stile profondo-superficiale= riguarda la preferenza nel comprendere il significato dei materiali


analizzandoli profondamente o nel rimanere a un livello superficiale senza un lavoro metacognitivo
di comprensione e costruzione di collegamenti apprendendo solo lo stretto necessario. Lo stile
profondo, a livello scolastico, caratterizza studenti con un approccio attivo all’apprendimento,
elaborano il materiale dandogli significato, vi entrano dentro, quindi sono più motivati a
comprendere il materiale mentre quelli superficiali si definiscono studenti passivi. Nello stile
profondo, gli studenti usano lo stile metacognitivo dell’attenzione, delle strategie da usare mentre lo
studente passivo e superficiale legge e fa il minimo indispensabile, apprende più sulla base di
ricompense esterne perché lo deve fare (motivazione estrinseca), però in questo modo ha più
difficoltà ad apprendere la nozione in modo profondo e a collegarla ad altri aspetti di conoscenza.
Come aiutare studenti con stile cognitivo superficiale = innanzitutto vanno individuati gli studenti
con stile superficiale; non va favorito l’apprendimento a memoria; va chiesto ai bambini di riportare
un concetto in modo diverso rispetto alla spiegazione che c’è sul libro di testo per elaborare quel
concetto; vanno spiegati concetti vicini al loro interesse rendendo la lezione stimolante con materiali
motivanti; andrebbero organizzati lavori di gruppo così che i bambini superficiali e profondi si
possano aiutare a vicenda; va favorita la partecipazione e motivazione attiva; vanno incoraggiati i
collegamenti tra le conoscenze previe o più ampie della materia facendo lavorare gli studenti sui
collegamenti; vanno fatte domande aperte per favorire l'elaborazione di una risposta facendo
riflettere gli studenti per elaborarla; l’insegnante deve fare da modello utilizzando materiali e
tipologie di lezione che possano coinvolgere gli studenti.

-stile ottimistico-pessimistico= è un approccio alla vita in generale e implica avere aspettative positive
o negative verso la vita, il futuro, gli eventi quindi qui a seconda di dove io mi colloco, vivrò una
situazione di benessere o meno; uno stile pessimistico è associato a una visione della vita negativa, a
concentrarsi sugli aspetti negativi di una situazione quindi in una situazione critica e di difficoltà, se
sono caratterizzato da uno stile pessimistico tenderò a buttarmi molto giù, a pensare che non lo
risolverò mai vedendo le cose sempre peggio senza vederle obiettivamente interpretando anche eventi
neutri in modo negativo. Da un punto di vista personale, mi concentrerò sulle mie debolezze,
incapacità, ricorderò più i miei fallimenti senza spostarmi sull’analisi e la valorizzazione dei miei
punti di forza e delle mie capacità quindi vedrò sempre quello che io non riesco fare e questo
influenza poi l’approccio nell'affrontare le situazioni quindi tenderò a trovarmi all’interno di una
profezia che si autoavvera, lo stile pessimistico si associa a disturbi di natura internalizzata (disagi
sperimentati a livello interno psicologico con maggiori livelli di ansia, depressione e stress percepito).
Cosa fare con studenti che reagiscono negativamente agli eventi e alla vita in classe= dialogarci per
fargli vedere la faccia della medaglia positiva; favorire la loro autostima; far notare allo studente i
suoi punti di forza e le sue potenzialità per fargli capire che ci sono delle cose in cui è bravo; evitare
paragoni tra gli studenti facendo notare troppo la bravura di un altro studente che scoraggerebbe
ancora di più studenti pessimisti; trasmettere il concetto che il voto non fa la persona; quando lo
studente sente che gli è riuscito fare bene il compito si sente gratificato e orgoglioso quindi ai bambini
pessimisti gli si deve dare la possibilità di riuscire in un compito adatto alle loro abilità né troppo
facile, né troppo difficile; nella misura in cui l’insegnante sente la propria autoefficacia e la trasmette
agli studenti, questo può favorire la crescita più positiva dei loro studenti (insegnante come figura da
modello e di riferimento che crede nella sua capacità di superare le difficoltà in classe e di fare la
differenza), questi sono insegnanti che hanno fiducia nei loro studenti e questo li fa sentire meno
inadatti.

*LA PERSONALITÀ
Spesso viene confusa con il carattere e associata solo a questo ma la personalità contiene molto più
del carattere. Si può definire, in termini generali, la personalità come l'insieme delle disposizioni e
funzioni affettive, volitive e cognitive, racchiude quindi le caratteristiche affettive (il modo in cui
sento le emozioni, cosa tendo a provare maggiormente e come reagisco alle emozioni ), volitive (ciò
che io desidero e voglio) e cognitive (come penso), queste poi si riflettono sul piano
comportamentale. Tutti questi aspetti si sono progressivamente combinati nel tempo quindi la
personalità si forma nel tempo ad opera di diversi aspetti che sono i fattori genetici, le dinamiche
formative e le influenze sociali. Quindi quello che vivo nella vita influenza le mie caratteristiche che
formeranno la mia personalità che si sviluppa nella tarda adolescenza infatti prima non si può
diagnosticare un disturbo di personalità al bambino perché la sua personalità è ancora in formazione,
ancora si sperimenta e ci si mette in discussione. La personalità diventerà poi una struttura
relativamente stabile nell'arco di vita, riconosciuta come propria ed espressa secondo il
comportamento che io metto in atto, i miei scopi e il modo in cui interagisco con l’ambiente. Nessuna
personalità può essere uguale a un’altra. La personalità è specifica e caratteristica di un singolo
individuo.
Ci sono tante teorie sulla personalità, ad oggi c’è abbastanza accordo nell'identificare all’interno
della personalità alcune dimensioni particolari che in genere vengono ricondotte a 5 grandi fattori=
teoria dei Big Five= estroversione, amicalità, coscienziosità, nevroticismo e apertura mentale= 5
dimensioni che costituiscono la struttura della nostra personalità, ognuno avrà una personalità
caratterizzata da livelli differenti rispetto a questi 5 grandi fattori. Questi 5 fattori si collocano su un
continuo che va da un polo al suo opposto=
-Apertura mentale - chiusura mentale= l'apertura mentale fa riferimento all'apertura verso nuove idee,
verso i valori e sentimenti degli altri, questo tratto caratterizza le persone curiose, creative, interessate
e che non seguono l’idea degli altri, che hanno un pensiero proprio e critico. Questo si contrappone al
polo opposto, ovvero alla chiusura mentale che caratterizza le persone che non fanno entrare
informazioni nuove, tendono ad essere conformiste, tendono a trovare non piacevole l’idea di nuove
esperienze e l’apertura a valori diversi quindi tendono ad essere piuttosto rigidi;
-Coscienziosità - negligenza= la coscienziosità caratterizza le persone che tendono ad essere precise,
puntuali, responsabili, scrupolose, organizzate, attente, presenti, sul pezzo. Dall’altra parte, la
dimensione della negligenza tende a caratterizzare individui che agiscono
senza pensare, sono distratti, poco responsabili, non portano a termine le loro mansioni o se ne
scordano, hanno poca perseveranza;
-Estroversione - introversione= l'estroversione è un orientamento fiducioso ed entusiasta nei
confronti della vita, avendo buone capacità sociali, di risoluzione, cooperazione, esprimendo le
emozioni all'altro. Nell’introversione, nell’interagire si è chiusi e in imbarazzo nelle situazioni
interpersonali essendo più riservato e parlando meno;
-Amicalità - sgradevolezza = l'amicalità fa riferimento alla tendenza della persona ad essere aperta
verso l’altra persona, tende a sentire empatia e compassione e a prendersi cura dell’altro, sono una
persona sensibile e disponibile. Mentre nel polo della sgradevolezza ci sono persone che risultano
spesso crudeli e cattive, che non danno supporto e non provano empatia verso l'altro;
-Nevroticismo - stabilità emotiva= fanno riferimento a come sperimento le mie emozioni negative, i
sentimenti di ansia, frustrazione, insicurezza, stress e quindi tendo a sperimentarle negativamente
(nevroticismo) o positivamente e in maniera equilibrata e calma (stabilità emotiva).

Quali caratteristiche sono maggiormente associate alla riuscita scolastica= coscienziosità (essere
puntuali, precisi, responsabili e organizzati), apertura mentale (essere disposti ad assorbire
informazioni nuove essendo curiosi ed interessati) e stabilità emotiva (sapere gestire emozioni
negative come stress ed ansia).

Big five test= bigfive-test.com

*IL TEMPERAMENTO
È quell'aspetto che fa riferimento molto alla dotazione biologico-genetica dell’individuo, io ci nasco
con un temperamento= differenze individuali su base biologica rilevabili nel comportamento. La mia
biologia influenza il mio comportamento. Le differenze di temperamento compaiono presto, sono
relativamente stabili nel tempo e in situazioni diverse. Come reagisco quando ho fame, come
reagisco se esco e c'è troppo sole, come reagisco se sono in una stanza con tante persone=
temperamento.
Sono differenze individuali nei comportamenti della persona che sono influenzati dal modo in cui
reagisco da un punto di vista affettivo (la mia tolleranza allo stress, se tendono ad adattarmi a situazioni
richiedenti stress o meno), motorio (in termini di agitazione motoria o eccessiva calma), attentivo
(attenzione rivolta agli stimoli intorno a me) e di sensibilità sensoriale (quanto sono sensibile ai miei
organi di senso e quanto riesco a tollerare stimolo sensoriali).
Si esprime attraverso delle caratterisitche = il modo in cui reagisco a una situazione di disagio= posso
piangere, non piangere o iper piangere = intensità della risposta, latenza (quanto tempo impiego per
piangere), la durata del pianto, la soglia di attivazione (quello che mi basta per darmi disagio), quanto
tempo ci metto a recuperare.
Il temperamento compare nei primi anni di vita e si esprime appieno in età prescolare.

Qual'è la differenza tra temperamento e personalità = la personalità non è su base biologica, anzi si
costruisce col tempo sulla base di interazione di fattori biologici, contestuali e interpersonali a
differenza del temperamento che è una disposizione individuale su base biologica che determina
reazioni fisiologiche, affettive e comportamentali diverse (struttura); un’altra differenza è che non si
parla di personalità prima dell'adolescenza mentre il temperamento si manifesta nei primi anni di vita
(età di insorgenza). Il temperamento entra
all’interno del costrutto di personalità all'interno della quale entrano anche fattori biologici come il
temperamento.

Le classificazioni del temperamento=


-temperamento facile = si nasce con una predisposizione biologica a una buona tolleranza e
adattabilità alle frustrazioni e al contesto, sono persone che tendono ad avere un buon umore, hanno
facilità nello stabilire routine regolari nella prima infanzia, e anche se si trovano in un contesto
nuovo, tendono ad adattarsi con relativa facilità (Chess & Thomas) ;
-difficile= sono bambini che piangono molto, che non riescono ad abituarsi ai cambiamenti, che si
innervosiscono facilmente anche a livello sensoriale (se ci sono luci troppo forti o rumori troppo
forti), tendono a manifestare spesso l'emotività negativa, fanno fatica a stabilire delle routine
regolari, hanno difficoltà di adattamento per nuove situazioni manifestando maggiore sofferenza
(Chess & Thomas);
-lento a calmarsi= temperamento di quei bambini che hanno un profilo loro, hanno bassi livelli di
attività quindi sono molto tranquilli e anche il loro stato emotivo è molto basso, manifestano poco le
emozioni ma prevalentemente quando le manifestano sono emozioni negative quindi sono bambini
che fanno fatica ad essere attivi e ad adattarsi facilmente = bassa intensità emotiva e livello di attività
(Chess & Thomas);
-inibito/timido ed estroverso = secondo Kagan, i bambini rientrano in queste due dimensioni= il
bambini inibito è il bambino difficile che tende a piangere molto, che ha difficoltà nell’interazione
con i pari, tende a sperimentare ansia, a non interagire e inserirsi nel gruppo, manifesta emotività
negativa, ha paura a provare cose nuove, è pauroso. Mentre il bambino estroverso tende ad essere più
facile, attivo, socievole, coraggioso e presente (Kagan).

Il temperamento può essere predittivo di alcuni esiti evolutivi in età successive, quindi è probabile
che il bambino inibito tende ad essere un individuo timido mentre un bambino facile o estroverso
tende ad avere maggiori capacità sociali, quindi ci sono degli aspetti di continuità nel temperamento
anche se non è detto che persistano negli anni.
Se ho un bambino timido e spaventato nel mondo sociale, posso iperproteggerlo o posso trovare un
modo per aiutarlo in questa sua inibizione comportamentale creando delle situazioni sociali che il
bambino può tollerare e all’interno delle quali possa sperimentarsi con i pari così da modificare il
suo comportamento in modo adattivo.

Strategie per insegnare agli studenti caratterizzati da diversi tipi di temperamento= con un bambino
che tende a reagire male alle cose e a interagire poco con in pari, dobbiamo non sottolineare la loro
difficoltà; l’insegnante deve prevenire l’esclusione di un bambino difficile per fare in modo che ci sia
inclusione di tutti i bambini in differenti attività così che anche il bambino più inibito possa
sperimentare un successo in ambito scolastico nel rendimento e nel confronto con i pari; non
dobbiamo etichettare; se ci soni bambini con elevata sensibilità sensoriale, situazioni di caos mettono
in difficoltà questi bambini che hanno bisogno di tempo per tornare a uno stato calmo; l’insegnante
deve fare da modello.

Domande tipo=
-la tendenza di un bambino ad analizzare i problemi in modo sistematico e organizzato, riflette=
coscienziosità;
-Marta tende a reagire negativamente, piange frequentemente, si impegna in routine irregolari e ha
difficoltà ad accettare nuove situazioni, ha temperamento = difficile
-uno studente con stile di apprendimento riflessivo= impiega più tempo degli altri per rispondere a una
domanda;
-Nadia è un'infermiera che comprende i problemi dei pazienti e interagisce con loro in modo
empatico fornendo supporto morale, mostra= abilità interpersonali.

*PROCESSI COGNITIVI IMPLICATI NELL’APPRENDIMENTO


-comprensione concettuale= sta alla base dell’apprendimento per comprendere i concetti che sono dei
grandi costrutti che vengono immagazzinati nella nostra mente, sono l’insieme di caratteristiche che
accomunano una serie di esemplari quindi tutti i libri che vedo e che ho, indipendentemente dalle loro
differenze, li colloco all’interno dello stesso concetto di “libro”. Il concetto quindi raggruppa oggetti,
eventi e caratteristiche sulla base di proprietà comuni. I concetti mentali hanno la funzione adattiva di
comprendere, leggere, interpretare e prevedere il mondo, avere un concetto chiaro in mente mi
permette di essere veloce ed efficace. L’obiettivo didattico è quello di far comprendere i concetti e
non di memorizzarli.
Possiamo promuovere la formazione e comprensione dei concetti se ne definisco le caratteristiche,
attributi, qualità e scopi di quel concetto (se voglio spiegare cos'è un libro ne definisco le
caratteristiche e gli scopi); vanno anche forniti esempi che rientrano all’interno di quel concetto (il
libro universitario è un esempio di libro) per rifletterci sopra e per strutturarlo in modo profondo;
vanno favorite le mappe concettuali perché il concetto è un costrutto a ombrello di struttura
gerarchica e la mappa concettuale rappresenta la struttura gerarchica dei concetti in cui poi ci sono
diramazioni di relazioni di quel concetto principale (il fumetto si dirama dal concetto generale di
libro); possiamo riflettere sul fatto che un elemento sia incluso o meno su una categoria
(corrispondenza al prototipo); possiamo favorire la verifica di ipotesi su un concetto (perché
quell’oggetto rientra in quella categoria di oggetto? Quali sono le caratteristiche che deve possedere
per far parte di quel concetto?).

-pensiero= è un processo cognitivo che mi permette di trasformare e manipolare le informazioni che


ho disponibili in memoria per qualunque scopo, noi pensiamo costantemente a qualsiasi cosa, penso
su una linea spazio temporale, reale o fantastica, mi permette di fare previsioni, di risolvere problemi,
di prendere decisioni…
Aspetti legati al pensiero=
_La funzione esecutiva= è un costrutto che comprende processi cognitivi di ordine superiore della
maturazione della corteccia prefrontale del cervello che si sviluppa completamente in tarda
adolescenza, come lo spostamento dell’attenzione, la coordinazione, la pianificazione, la
concentrazione, l'inibizione delle informazioni irrilevanti, la flessibilità, la messa in atto di strategie..
che mi permettono di risolvere un compito, di gestire i miei pensieri, di arrivare alla risoluzione di un
compito cognitivo. La funzione esecutiva è associata alla qualità dell’apprendimento e i processi
esecutivi che risultano maggiormente significativi sono: l’autocontrollo e l’inibizione concentrandosi
su un’informazione inibendo quelle che interferiscono, la memoria di lavoro che permette di tenere a
mente circa 7 informazioni mentre sto eseguendo un particolare compito cognitivo, la flessibilità
spostandomi flessibilmente da una strategia a un'altra e guardando l'informazione da più punti
diversi.
Inoltre la funzione esecutiva è anche associata alle competenze genitoriali e alla qualità della
relazione con i pari, gli studi ci dicono che i genitori hanno un ruolo importante nel favorire lo
sviluppo della funzione esecutiva dei figli così come anche la qualità della relazione dei pari che
influisce in questo processo esecutivo superiore. Quindi un bambino che ha difficoltà in casa e con i
pari, tenderà a mostrare anche difficoltà su un piano più cognitivo. Test di Stroop= pronunciare ad
alta voce il colore con cui è scritta la parola= c’è
uno stimolo che interferisce che è la parola che leggo quindi attraverso questo test si valuta la
capacità inibitoria della persona che deve inibire il contenuto della parola per pronunciare il colore
con cui è scritta la parola.
_Il ragionamento= è un pensiero logico perché a partire da delle premesse si giunge a una
conclusione quindi utilizzo l’induzione e la deduzione per arrivare a una conclusione.
Il ragionamento induttivo implica il ragionamento dal particolare al generale, dal piccolo e dallo
specifico traggo una conclusione sul generale, ad esempio se pesco da un sacchetto 3 palline blu,
allora induco che il sacchetto contenga solo palline blu. Le conclusioni tratte dal ragionamento
induttivo non sono assolutamente certe. La conclusione è più certa quando ho più possibilità di
osservare le situazioni piccole, 3 osservazioni sulle palline blu sono poche e potrei cadere in errore nel
trarre una conclusione generale. È più probabile che la conclusione alla quale giungo possa essere
certa, più osservazioni faccio.
Il ragionamento deduttivo implica il ragionamento da affermazioni generali per arrivare allo
specifico, si parte da una serie di premesse generali già date per vere per arrivare al particolare,
l’esempio classico è che se “gli uomini sono animali e gli animali sono mortali", allora deduco che
“gli uomini sono mortali” quindi non aggiungo niente di nuovo, le informazioni dedotte sono già
contenute nelle premesse per cui è un ragionamento sempre certo se le premesse sono vere. Questo
ragionamento può sembrare banale perché non si aggiungono informazioni nuove, tuttavia è il
ragionamento che noi utilizziamo costantemente tutti i giorni nella vita quotidiana senza rendercene
conto quindi noi partiamo da qualcosa che già sappiamo per estrapolare qualcosa di particolare che ci
serve in quel momento.
_Il pensiero critico= è un processo del pensiero che mi permette di essere attivo e consapevole nel
mio modo di riflettere e di analizzare tutte le informazioni senza accettare acriticamente stereotipi
quindi metto in discussione le mie idee e quelle che ricevo, valuto attentamente le informazioni in
modo razionale ed obiettivo, è un processo di pensiero profondo che facilita l’apprendimento perché
entro dentro e non do niente per scontato, l'abilità di un pensiero critico è la consapevolezza di sapere
cosa sto facendo, sono attenta e mentalmente presente, cognitivamente flessibile perché valuto,
confronto, analizzo. In ambito scolastico, gli alunni consapevoli e che possono usare un pensiero
critico tendono a presentare caratteristiche che non hanno alunni non consapevoli, sono studenti che
sanno cosa stanno vivendo, creano idee nuove, sono aperti a nuove informazioni e consapevoli di più
di una prospettiva, al contrario alunni non consapevoli sono rigidi nelle loro idee, sono più soggetti a
seguire la linea di pensiero corrente senza metterla in discussione e sono inclini a cadere in
stereotipi , mettono in atto comportamenti automatici e tendono ad avere un’unica prospettiva quindi
la consapevolezza aiuta l’attenzione, l’autoregolazione, il rendimento scolastico, la gestione dello
stress e dell’umore.
Come favorire il pensiero critico nelle scuole= favorire il dibattito e il confronto tra punti di vista
diversi mandando il messaggio che ci sono varie prospettive, si devono far riflettere gli studenti
rispetto a episodi successi, si possono esaminare dei fatti e delle affermazioni riflettendoci sopra, si
deve argomentare in modo ragionato senza lasciare che il nostro stato emotivo interferisca nel nostro
pensiero critico, si deve accettare il fatto che ci siano più risposte a una soluzione, si deve mettere in
discussione ciò che dicono gli altri senza accettarlo passivamente, si devono fare domande per creare
sempre nuove idee, si deve favorire il brainstorming. Tuttavia, troppo spesso nelle nostre scuole
vediamo un’attenzione all'unica risposta corretta, non si incoraggiano nuove idee, troppo spesso si
definisce ed elenca e meno si analizza, critica, crea, scopre e valuta.

23/05
_Il processo decisionale= noi in ogni momento prendiamo decisioni che possono essere strutturate,
più facili o difficili nella vita, il processo decisionale lo conosciamo sin da piccoli, sin da piccoli
prendiamo decisioni come scegliere il gusto del gelato quindi prendiamo decisioni in modo anche
non consapevole oppure ci sono situazioni in cui prestiamo attenzione al nostro processo decisionale
perché la valenza della decisione ha un peso diverso. Il processo decisionale è una riflessione che
implica la valutazione delle alternative, arrivo a prendere una scelta tra un ventaglio di alternative
diverse, in questo processo decisionale rientrano fattori biologici, cognitivi, percettivi, contestuali,
emotivi, interpersonali… Il processo decisionale ha una lista infinita di variabili= nel fattore
biologico rientrano genere o età che possono influenzare le nostre scelte, quanto sono sviluppati i
miei processi cognitivi che mi porteranno a prendere decisioni più o meno ragionate, in base al mio
momento evolutivo (se sono un adolescente o un adulto o un bambino cambiano le mie priorità), il
rapporto con gli altri, una forte emozione…possono influenzare il processo decisionale che avviene
in qualsiasi momento e di fronte a qualsiasi situazione che può essere semplice o complessa, spesso
prendiamo decisioni su situazioni di cui non abbiamo tutte le informazioni necesarie perché è un
processo che mettiamo sempre in atto per cui non tutte le decisioni sono consapevoli per cui ci sono
delle scorciatoie decisionali per adeguarci a quella che è la nostra quotidianità, abbiamo la possibilità
di utilizzare queste scorciatoie di pensiero, sono degli automatismi definiti come modalità
economiche e veloci per arrivare a prendere una decisione dove non sto attenta a valutare tutto per
prendere una decisione adatta, sono importanti per adattarmi alle situazioni, però non c’è una
garanzia, sono scorciatoie che ci portano a prendere scelte automatiche che per questo saranno più
soggette all’errore.
Esempi di euristiche di ragionamento e bias cognitivi (scorciatoie decisionali)=
-errore sistematico di conferma= tendenza a cercare e utilizzare informazioni che supportino le nostre
idee piuttosto che a rifiutarle, è una tendenza a una conservazione di quello che facciamo, cerchiamo
conferme per portare avanti le nostre convinzioni= cerco conferma nelle mie convinzioni= se, ad
esempio, preferisco una lezione frontale cercherò di ottenere informazioni che vanno a confermare i
vantaggi della lezione frontale parlando con persone che preferiscono quel tipo di lezione;
-persistenza di convinzioni di fronte a evidenze contrarie= cerco di evitare ciò che va contro le mie
convinzioni;
-errore sistematico per eccesso di fiducia = tendenza ad avere più fiducia nei nostri giudizi e decisioni=
quando siamo convinti che la nostra strategia funziona, non la mettiamo in discussione, ci crediamo e
andiamo avanti senza cogliere aspetti che ci porterebbero a rivisitare la nostra convinzione;
-il senno di poi= siamo convinti di aver previsto un evento dopo che è avvenuto;
-euristica della disponibilità= tendenza a giudicare la probabilità di un evento in base alla facilità
con cui si può richiamare un esempio nella memoria= più è disponibile un'informazione nella mia
mente, più credo che sia probabile, quindi ad esempio, se vivo in una zona soggetta a scosse di
terremoto, penserò che le scosse di terremoto sono più probabili rispetto a una persona che vive in
una zona meno sismica;
-euristica della rappresentatività= tendenza a giudicare la probabilità di un evento in base alla sua
somiglianza a un modello/prototipo mentale che ho= ad esempio, se io sono un insegnante al primo
giorno di scuola e mi trovo un bambino tutto trasandato e un po’ sporco e con la cartella rotta,
tenderò a pensare che quel bambino viene da una famiglia disastrosa perché il mio prototipo dì
bambino è diverso da quello di questo bambino che ho incontrato;
-euristica dell'affidabilità= tendenza a giudicare la veridicità di un'informazione in base alla sua
apparente credibilità= se devo chiedere un’informazione vado dal signore in giacca e cravatta
piuttosto che da quello seduto sul marciapiede a bere una birra.
Ad esempio, Giorgio è timido, riservato, poco pragmatico, molto servizievole, privo del senso della
realtà e disinteressato alle persone, se pensiamo che è più probabile che Giorgio sia un bibliotecario,
useremmo l'euristica della rappresentatività (non tengo conto delle probabilità statistiche ma mi baso
sulla mia rappresentazione mentale di bibliotecario= non c’è riflessione e ragionamento) , ma in
realtà se analizzassimo tutte le informazioni, scopriremo che è più probabile che Giorgio sia un
operaio poiché gli operai sono più numerosi dei bibliotecari in termini di percentuali .
Come facilitare il processo decisionale= anche i processi decisionali possono essere migliorati
qualitativamente aiutando i bambini a sviluppare un pensiero, rispetto a stereotipi e pregiudizi,
maggiormente consapevole basato sulle informazioni importanti verso le quali porre attenzione, si
può far capire quali sono i fattori che possono influenzare un tipo di ragionamento inconsapevole per
facilitare le strategie metacognitive sul miglior processo decisionale da prendere in atto.
“In che modo si potrebbero usare bottiglie di plastica usate?”= come salvadanai, come vasetti per le
piante, come bottiglie sensoriali, maracas, per annaffiare, portapenne…
_ il pensiero creativo mi permette di trovare modi nuovi e inusuali di trovare soluzioni uniche ai
problemi, implica l’utilizzo di una serie di abilità che col tempo vengono perse come la curiosità,
l'immaginazione, l’apertura e flessibilità mentale a nuove idee, ci permette di accogliere e esplorare i
nostri contenuti mentali trovando idee diverse, la creatività ci permette di adattarci bene all’ambiente
perché si trovano diverse soluzioni e possibilità di azioni, il pensiero creativo va favorito. All’interno
del pensiero creativo, Guilford, nel 1967, ha distinto tra il pensiero convergente (pensare in modo
convergente significa trovare la soluzione corretta a un particolare problema, ha l'obiettivo di fornire
una sola risposta corretta) e quello divergente (capacità di produrre tutta una serie di risposte corrette
se non vi è la necessità di individuare una sola). Il pensiero divergente è caratterizzato dalla fluidità
nella capacità di produrre tante idee e alternative, dalla flessibilità nella capacità di passare da una
proposta all’altra senza restare imprigionata in una certa dimensione, dall’originalità nel trovare idee
insolite, dall’elaborazione del pensiero che ci è venuto in mente percorrendolo fino in fondo, e dalla
valutazione nella capacità di selezionare tra varie idee le più pertinenti agli scopi.
Le fasi del processo creativo = la preparazione è una fase iniziale di indagine dove si raccolgono le
informazioni e il materiale a disposizione, la fase successiva è quella dell’incubazione dove si
elaborano mentalmente i materiali che sono stati raccolti e sui quali ci rifletto sopra dandogli un
senso, poi avviene l’intuizione ovvero la sensazione improvvisa e inaspettata che mi porta a una
nuova soluzione e infine vi è la valutazione dell’idea finale e di nuovo l’elaborazione della soluzione
trovata che si mette in atto.
In ambito scolastico è importante sviluppare la creatività e il pensiero divergente perché questi si
associano a una serie di aspetti positivi come la capacità di esprimere il proprio potenziale, l'apertura
verso l’esperienza e la sicurezza interiore per cui lo studente non si abitua a seguire il gregge.
Possiamo aiutare i nostri studenti a sviluppare creatività attraverso attività di role playing, problem
solving, brainstorming…situazioni in cui gli studenti collaborano con i pari per far sviluppare le loro
idee in una situazione in cui si sentono liberi e tranquilli di esprimere ciò che pensano. Spesso invece
la creatività viene percepita erroneamente come una fonte di disturbo in classe. Chiedere agli
studenti di recitare una storia assegnare ai ragazzi dei ruoli di personaggi storici, chiedergli di genere
idee per risolvere un problema specifico, farli lavorare nel creare una lista di parole che evocano un
tema, chiedergli di risolvere un problema scientifico in gruppo, di ideare una soluzione a un problema
quotidiano… sono alcuni esempi che responsabilizzano gli studenti in modo collaborativo.

-soluzione dei problemi= così come prendiamo decisioni in ogni momento, in ogni momento siamo
abituati a risolvere problemi ovvero a trovare una soluzione adeguata a un problema valutando le
varie strategie per raggiungere uno scopo. Spesso pensiamo alla soluzione di problemi matematici,
ma in realtà costantemente nella nostra quotidianità necessitiamo di una soluzione giusta. I passi nel
momento in cui siamo di fronte a un problema= mi devo rendere conto di essere di fronte a una
situazione problematica; dobbiamo usare delle strategie di risoluzione di un problema come il
subgoaling (spezzettare il problema in sottoproblemi e sottobiettivi sentendosi meno spaventati e
appesantiti), gli algoritmi (strategie di soluzione specifiche che funzionano per particolari problemi,
sono tutte le formule e istruzioni da seguire che si possono applicare a determinati contesti, sono i
passi necessari da seguire per risolvere un aspetto problematico, ad esempio se sono all’aeroporto
prima devo fare il check-in, poi andare al gate…= come risolvere il problema di montare sull’aereo) e
le euristiche (affrontare i problemi arrivando a una soluzione attraverso una scorciatoia di pensiero
che potrebbe essere soggetta ad errore perché non si prendono in considerazione tutti i fattori che
potrebbero influenzare l’esito della mia decisione); infine dobbiamo valutare le soluzioni e ripensare
e ridefinire i problemi e le soluzioni nel tempo (metapensiero= pensare a come mi sono mosso e quali
sono stati gli esiti del mio movimento).
Ostacoli alla soluzione dei problemi =
-la fissazione= continuo a utilizzare la stessa strategia che ha funzionato in passato, che ho già
utilizzato, senza osservare il problema da nuove prospettive= ostacolo nella mia capacità di risolvere i
problemi perché ho poca flessibilità;
-la mancanza di motivazione e perseveranza= se non mi interessa un problema, probabilmente si
molla o si affronta in modo superficiale e poco funzionale;
-controllo emotivo inadeguato= l’emozione può facilitare o limitare la risoluzione di problemi, la mia
incapacità di gestire il mio stato emotivo influenza negativamente la risoluzione di un problema;
-l’età = nei bambini piccoli non è ancora sviluppata la corteccia prefrontale delle abilità cognitive
superiori e questo influenza il modo in cui leggono, capiscono e valutano i problemi.
Il transfert= è una generalizzazione, consiste nell’applicare esperienze precedenti alla soluzione di
un problema in una nuova situazione, generalizzo una conoscenza ad altre situazioni, uso delle
conoscenze su altri contesti, le trasferisco. Il transfert vicino (uso le mie conoscenze e strategie
apprese in una situazione per situazioni nuove che possono essere simili= usare la moltiplicazione a
scuola con numeri diversi ogni volta) vs transfert lontano (uso strategie apprese in situazioni
completamente diverse rispetto a quelle in cui le ho apprese= usare la moltiplicazione per fare la
spesa); oppure il transfer può essere per via bassa (sono inconsapevole di stare utilizzando quella
strategia in una situazione diversa ad esempio quando si diventa lettori competenti= uso la mia
competenza di lettore in modo inconsapevole) vs per via alta (sono cosciente e consapevole di stare
utilizzando quella strategia che ho acquisito quindi il transfer delle informazioni è cosciente ad
esempio posso usare la tecnica di suddividere i compiti in sotto obiettivi prima in un compito di
matematica poi in una di storia).
Domande tipo=
-Marco dege calcolare il volume dell'acqua del suo acquario, ricorda una formula specifica per
calcolarlo, in questo caso Marco per arrivare alla risposta giusta sta usando= un algoritmo (una
formula)
-Il ragionamento induttivo è meglio descritto come= trarre conclusioni generali sulla base di
osservazioni specifiche;
-durante il processo creativo scelgo se la mia idea vale la pena essere perseguita nella fase della=
valutazione;
-il transfer vicino avviene= tra due situazioni molto simili tra loro.

24/05
*LA MOTIVAZIONE NELL’INSEGNAMENTO E NELL’APPRENDIMENTO
Parlare di processi di apprendimento all’interno del contesto scolastico comprende anche parlare
della motivazione e dell’aspetto emotivo. L’apprendimento è influenzato da caratteristiche
individuali che non riguardano specificamente l'efficacia dei processi cognitivi, che vanno oltre la
loro intelligenza e la loro capacità di processare determinate informazioni quindi ci sono aspetti che
influenzano l’apprendimento che vanno oltre le caratteristiche cognitive come la motivazione e il
senso di autoefficacia= quanto voglio fare quella cosa e quanto credo di potercela fare, quanto ho
fiducia nel pensare che posso arrivare a quell’obiettivo.
La maggiore sfida dell'insegnante è quella di motivare gli studenti allo studio costruendo un
ambiente di apprendimento motivante per gli studenti, la motivazione è la spinta che sostiene e
direziona i nostri comportamenti finalizzati verso un obiettivo specifico, è il carburante che mi
porta a raggiungere un obiettivo, è un insieme di esperienze soggettive che spiega l'intensità, la
persistenza e qualità di un determinato comportamento.
La motivazione è la spinta che poi da forma al nostro comportamento che è orientato al
raggiungimento di un obiettivo.
Prospettive teoriche rispetto alla motivazione=
- Prospettiva comportamentista= utilizzo di ricompense, premi e punizioni nell'influenzare la
motivazione dello studente quindi l’utilizzo di incentivi esterni fanno sì che lo studente sia
più portato e motivato ad applicarsi a un determinato compito. Gli incentivi possono essere
stimoli o eventi positivi o negativi che influenzano la possibilità che il nostro studente metta
in atto o meno un particolare comportamento. Esempi di incentivi sono= voti, medaglie,
riconoscimenti, permessi speciali…
- Prospettiva umanistica= sottolinea l’importanza della crescita personale nel scegliere il
proprio destino, l’individuo è al centro di questa prospettiva, è un essere speciale nel senso
che ha una propria unicità che lo rende quello che è e che deve essere valorizzata. All’interno
di questa prospettiva sullo studio della motivazione, gli autori umanisti fanno riferimento alla
teoria di Maslow (1954-71) rispetto alla gerarchia dei bisogni, secondo Maslow l'individuo è
portato a soddisfare i propri bisogni seguendo un ordine gerarchico di bisogni= bisogni
fisiologici alla base della gerarchia (fame, sete, sonno…); bisogni di sicurezza rispetto al
pericolo, alla sopravvivenza…; bisogni di amore e di appartenenza, di essere amati, accettati
riconosciuti; bisogni di stima per sentirsi bene con se stessi e infine vi è il bisogno di
autorealizzazione del proprio potenziale e dei propri desideri. Maslow dice che non è
possibile soddisfare bisogni successivi se quelli di ordine precedente non sono stati
soddisfatti. Se un bambino ha delle difficoltà che vanno a impedire la realizzazione di bisogni
più bassi, secondo
Maslow, questo bambino non potrebbe essere motivato a realizzare un bisogno più elevato ,
dobbiamo stare attenti a stimolare un bambino che ha basso bisogno di autorealizzazione,.
Negli autori che seguono questo approccio e quindi la teoria di Maslow, il senso è che se un
bambino non ha soddisfatto i bisogni più basilari come quello di amore e appartenenza, perché
questo bambino non si sente accettato nel gruppo scuola ad esempio , allora è difficile che
possa essere motivato a realizzare i bisogni superiori come la realizzazione dello studio. Le
critiche a Maslow sono numerose rispetto all’ordine e alla scelta dei bisogni che Maslow ha
identificato però chi segue questa prospettiva dice di prestare attenzione ai bisogni degli
studenti in maniera gerarchica, si devono aiutare gli studenti a soddisfare prima i bisogni
primari per poi andare avanti con quelli successivi;
- Prospettiva cognitivista= pone attenzione ai processi cognitivi che guidano il comportamento
come anche la motivazione di un individuo, la critica rivolta all’approccio comportamentista
da parte dei cognitivisti è che la motivazione non deve derivare solo da stimoli esterni perché
le persone sono internamente motivate a interagire con l'ambiente in modo adattivo ,
l'individuo è intrinsecamente motivato ad adattarsi a nuove circostanze, ha una motivazione
alla competenza;
- Prospettiva sociale= fa riferimento al bisogno motivazionale di essere in relazione con le
altre persone, stabilendo relazioni calorose e intime, anche a livello scolastico, studenti che
hanno relazioni positive con il gruppo classe di buona qualità hanno un maggiore
apprendimento e rendimento scolastico. La motivazione di uno studente è influenzata dalla
qualità del suo mondo sociale che è creato da contesti in relazione tra loro (Bronfenbrenner)
come il gruppo dei pari, le caratteristiche demografiche e socioeconomiche dei genitori, la
qualità della relazione studente-insegnante…

Processi motivazionali legati alla riuscita scolastica= la motivazione alla riuscita è definibile come
uno stato interiore che spinge l'individuo a mettere in atto un certo comportamento che riguarda la
competenza, è un comportamento rivolto all’obiettivo, alla competenza. Il comportamento motivato
alla realizzazione di un certo obiettivo legato alla competenza e alla riuscita è un processo influenzato
da tanti fattori=

_ la motivazione intrinseca ed estrinseca= quelle estrinseca è quella motivazione a fare qualcosa per
ottenere qualcos'altro, è incentivata da incentivi esterni come premi e riconoscimenti, è enfatizzata
dalla prospettiva comportamentista che sottolinea l’uso di incentivi esterni per favorire un certo
comportamento desiderabile, questa motivazione può seguire la regola del "vado a scuola per
ottenere buoni voti o così che i genitori non mi rompono le scatole o per trovare un lavoro migliore
un domani”. Quindi ciò che mi motiva estrinsecamente è solo un mezzo per raggiungere un fine in un
altro contesto= “studio a scuola così che a casa i miei genitori mi fanno uscire.” Mentre la
motivazione intrinseca sta nell'approccio cognitivista, la motivazione è interna ed è sul momento
dell'azione che si fa nel momento presente, studio per sapere, per il piacere di fare quella cosa.
Sarebbe meglio che i nostri studenti presentino motivazione intrinseca quindi è importante favorirla,
quella estrinseca non è sbagliata ma è maggiormente vulnerabile perché il fine potrebbe cambiare nel
tempo. La motivazione intrinseca è correlata al rendimento scolastico, all'aumento di una aumenta
l’altro, questi studenti hanno maggiore costanza e portano avanti uno studio più profondo; mentre
quella estrinseca rende lo studente meno partecipe e meno costante nello studio, studia perché lo deve
fare, lo rende meno persistente nello studio che è piu superficiale perché questa motivazione oscilla
maggiormente non essendo fine a se stessa.
In ogni caso, le ricompense esterne possiamo comunque usarle soprattutto se vengono utilizzate per
impegnarsi a completare un compito (dare un premio per finire un compito che però non trasmette
motivazione intrinseca, così si controlla il comportamento) o meglio ancora, per trasmettere
informazioni relative alla padronanza, capacità e competenza personale (incentivi esterni dati nel
momento in cui il compito è finito e fatto bene , così non controllo il comportamento, ma mi
complimento sul tuo comportamento, lo studente si sente così gratificato su quello che ha fatto e
questo potrebbe fargli sviluppare una motivazione più intrinseca, in questo caso non è necessario che
il compito sia stato svolto bene, ma basta che autonomamente il bambino ha padroneggiato il suo
compito). La scuola troppo spesso dà importanza al voto sia da parte di studenti che di insegnanti, la
valutazione effettivamente è fondamentale nel percorso scolastico quindi è difficile staccare il voto
dalla prestazione.
Rispetto alla motivazione intrinseca , così come l'autostima, si registra una diminuzione di questa
motivazione con il crescere dell'età, quindi i bambini della primaria davvero vogliono imparare a
leggere e scrivere ad esempio, poi man mano questa motivazione diminuisce.

Come favorire lo sviluppo della motivazione intrinseca= come possiamo favorire il gusto di fare una
cosa per il gusto di farla= autodeterminazione e scelta personale (devo sentire di agire secondo la mia
volontà e devo avere la sensazione di aver scelto di fare questa cosa quindi gli insegnanti dovrebbero
rendere gli studenti autonomi e responsabili nel loro apprendimento), l'interesse (contenuti che siano
di interesse per gli studenti che possano stimolare la curiosità degli studenti con compiti interessanti
adatti all'età degli studenti come lavori di gruppo, cartelle condivise, insieme ad altri strumenti
didattici a supporto della didattica anche tecnologica che può incuriosire gli studenti),
coinvolgimento cognitivo e responsabilizzazione (sento di essere io che imposto il mio
apprendimento), esperienze ottimali e di flusso (sentire di essere dentro un argomento, sentire di
avere padronanza su quell’argomento per essere meno svogliato).
La motivazione alla padronanza rappresenta aspetti legati al modo in cui gli studenti si approcciano
allo studio e all’ambiente scolastico, gli studenti in situazioni di apprendimento possono mostrare 3
diversi orientamenti = orientamento alla padronanza (caratterizza quegli studenti che si muovono
perché orientati al compito quindi l’interesse è legato a una motivazione intrinseca, gli studenti si
focalizzano sul processo di riuscita del compito quindi l'approccio dello studente orientato alla
padronanza è quello di uno studente orientato alla comprensione di un determinato contenuto e anche
a quelle che sono le strategie di studio più efficaci per raggiungere l'obiettivo della padronanza di un
certo contenuto, questi studenti affrontano le lezioni con un atteggiamento di interesse, curiosità ed
entusiasmo verso le attività proposte), alla prestazione (riguarda la motivazione estrinseca perché qui
l'obiettivo dello studente è il voto, la prestazione) e all'impotenza (l’individuo si sente intrappolato per
difficoltà personali di insicurezza e mancanza di autostima e senso di autoefficacia, di paura
dell’altro…sente che non è in grado quindi prevede il suo fallimento nello studio e quindi molla ed
evita). Uno studente orientato all’impotenza ripete frasi come “non riesco”, oppure non presta
attenzione alle indicazioni dell'insegnante, non chiede aiuto anche quando ne ha bisogno, si scoraggia
facilmente, appare disinteressato e annoiato, risponde a caso senza neanche pensarci, non reagisce
agli incitamenti…= molla, non ci crede, non è presente…
Il mindset è la rappresentazione cognitiva che gli individui sviluppano di se stessi, a livello di
apprendimento e di motivazione, ciascuno di noi ha una costituzione mentale di se stesso di
funzionamento e questa rappresentazione può essere= vedere gli schemi come fissi ed immutabili
(mindset fisso/entitario che porta a un fallimento scolastico, all’orientamento all’impotenza) o come
qualcosa che può essere sviluppato, come se fossero delle abilità che si possono migliorare ed
affinare (mindset incrementale che mi permette di mostrare un
orientamento alla padronanza). Queste rappresentazioni influenzano il modo di essere ottimista (ci
può sempre essere un miglioramento quindi il fallimento non è vissuto come un disastro perché può
essere affrontato e migliorato) o pessimista (prevedere sempre il peggio), sento che i miei obiettivi
possono essere raggiunti o meno, e sarò più o meno perseverante, persone con un orientamento
pessimistic avranno difficoltà di successo nella vita in generale.

_Gli obiettivi di riuscita= sono rappresentazioni cognitive centrate sul futuro e che dirigono il
comportamento, l'orientamento che funge da motivazione si realizza all’interno di un obiettivo
specifico quindi anche rispetto agli obiettivi di riuscita. Anche qui si registra un calo, un declino degli
obiettivi di riuscita positivi e più adattivi che inizialmente i bambini hanno con l’ingresso alla
primaria e che piano piano diminuiscono verso obiettivi più negativi e disadattivi probabilmente
perché cambia l’ambiente scolastico, le relazioni con i pari, con gli insegnanti…
Ci sono vari modelli di obiettivi di riuscita=
-il modello dicotomico= l'obiettivo di riuscita è cosa io mi pongo, quale è il mio fine, gli obiettivi di
riuscita si distinguono in obiettivi di padronanza (il processo di apprendimento è centrale per
raggiungere livelli di competenza più elevati, l’obiettivo è la conoscenza, arrivare a ottenere la
padronanza quindi pongo attenzione alle strategie, all’impegno…per arrivarci,
l’orientamento/obiettivo è al proprio sapere, di fronte a un insuccesso si cerca un modo per
migliorare, la causa attribuita all l'insuccesso è flessibile come quella dello sforzo, il pattern
motivazionale è adattivo perché si è persistenti) e di prestazione (l’obiettivo è quello di arrivare a
ottenere un buon voto quindi è la mia prestazione che conta per ottenere un buon voto perché è quella
che verrà valutata e inoltre soffro anche il confronto con l’altro, quindi questi studenti sono
competitivi, se si fallisce si ricercano le cause del fallimento e il fallimento si attribuisce a fattori
maggiormente stabili come il fatto di non essere abili, il pattern motivazionale è quindi
maggiormente negativo e disadattivo perché c’è meno persistenza, quindi se fallisco in un compito,
lo evito, fuggo);
-modello tricomico= l’obiettivo di riuscita può essere l’obiettivo alla padronanza di un certo
compito, l’obiettivo alla prestazione (è adattivo quando funziona ma è disadattivo quando non
funziona), l’obiettivo all’evitamento della prestazione (faccio di tutto per evitare che la mia
incompetenza venga sottolineata in relazione agli altri quindi evito le situazioni in cui si potrebbe
fallire o ricevere giudizi negativi). Obiettivi di padronanza e prestazione sono comunque adattivi
perché penso di essere in grado mentre l’obiettivo di evitamento mi porta a sentirmi incompetente e
quindi è un comportamento disadattivo perche lo studente evita di mettersi in discussione e di
affrontare il compito.
L’insegnante può facilitare l’adozione di obiettivi di padronanza perché ha un ruolo importante in
relazione allo stimolo di processi metacognitivi aiutando gli studenti a capire che le competenze si
possono sviluppare.
Se si sottolinea negativamente l'errore di uno studente, questo incentiva obiettivi di prestazione ed
evitamento quindi vanno evitate anche competizioni tra gli studenti.
Se invece l'insegnante usa gli errori per riprendere dei contenuti allora si può favorire l'interesse e la
curiosità dell'argomento verso un obiettivo alla padronanza e anche come un’occasione di
chiarificazione ed approfondimento.

Domande tipo=
-Giulio ha difficoltà con la matematica, spesso dice che non può fare i compiti a lui assegnati,
durante le lezioni spesso guarda fuori dalla finestra, ha un orientamento= all’impotenza;
-Sara fatica con la matematica, si sforza chiedendo aiuto quando ne ha bisogno, completa i compiti al
meglio e studia duramente per le verifiche, quando fa meglio del suo solito punteggio, è felice, ha
orientamento = alla padronanza (si sforza, chiede aiuto, si impegna, non si scoraggia se fa fatica, non si
confronta con il voto dei compagni)
-un mindset incrementale è= quello di Miranda che ha deciso di allenarsi duramente per il prossimo
incontro di wrestling dopo averne perso uno;
-NON è vero che = la motivazione intrinseca aumenta con gli anni.

_Le aspettative= sono fattori che attivano un comportamento motivante, influenzano e favoriscono la
motivazione, quindi le aspettative sono convinzioni personali relative alla percezione di quanto
faremo bene in una attività, e la giusta dose di aspettative degli altri va nell'interesse dello studente,
favorisce la loro motivazione. Le aspettative degli insegnanti si riflettono nel comportamento stesso
dell'insegnante perché insegnanti con aspettative realistiche tendono ad impegnarsi di più nelle loro
attivita didattiche più strutturate ed efficaci e hanno migliori relazioni con i loro studenti, sono meno
critici e più amichevoli.

_ i valori e gli scopi= sono l'importanza attribuita a un obiettivo, quanto più sento che per me è
importante una cosa, più sarò portato a impegnarmi in quell'ambito quindi i valori sono le credenze
sul modo in cui si pensa che debbano fatte essere le cose come il valore del processo di crescita
nell’ambito scuola.

_l’autoefficacia = quanto penso di essere bravo nel padroneggiare una situazione, è strettamente
correlata con la motivazione intrinseca e con la padronanza, più sento di essere abile più tendo ad
apprendere per il piacere di apprendere e più arriverò a muovermi per ottenere quel bagaglio di
conoscenza.
Quando si va incontro a un fallimento posso pensare che non ci riuscirò mai oppure che posso sempre
fare meglio se mi impegno di più (motore per rimettersi in gioco).
Studenti con alta autoefficacia si approcciano con entusiasmo ai compiti, hanno previsioni positive
sui propri risultati, persistono nell'impegno e per loro i successi non sono catastrofici, ma si possono
affrontare perché le abilità possono essere sviluppate, hanno aspirazioni scolastiche migliori e
maggior tempo dedicato ai compiti; mentre studenti con bassa autoefficacia hanno atteggiamenti
negativi, hanno previsioni negative sui loro risultati e hanno così scarsa persistenza nell’impegno
perché per loro è inutile impegnarsi tanto per loro i compiti andranno male, gli insuccessi sono
vissuti come prove della loro incapacità e inadeguatezza, hanno basse aspirazioni scolastiche e
dedicano meno tempo ai compiti.
Anche l’autoefficacia degli insegnanti è importante per insegnare con passione, strutturano le
attività, si dedicano al benessere degli studenti al contrario insegnanti con bassa autoefficacia
credono che non riescono a gestire la classe, non mostrano la loro autorevolezza, hanno maggiore
pessimismo anche verso gli studenti e ricorreranno maggiormente a strategie punitive di controllo
della classe.
Come favorire l’autoefficacia = possiamo aiutare gli studenti insegnando strategie di studio efficaci
per avere una sensazione di riuscita, vanno aiutati a fare riassunti, schemi, mappe, vanno guidati gli
studenti per definire obiettivi a breve termine, vanno dati feedback agli studenti, va favorito
l’impegno piuttosto che la prestazione, vanno supportati gli studenti per far si che credano nelle loro
abilità cognitive.
_I processi di autoregolazione= siamo sul meta, per favorire un comportamento motivato posso
definire i miei obiettivi, devo capire cosa voglio raggiungere, come posso raggiungerlo
(pianificazione), ho stabilito dei metaobiettivi e li monitori (automonitoraggio)= gli studenti vanno resi
responsabili del loro esito, poi andrebbero rinviate ricompense immediate per ottenere ricompense
maggiori e con più valore in futuro.

Perché gli studenti non riescono=


-hanno scarso rendimento scolastico, hanno difficoltà nei processi di apprendimento che
interferiscono con la possibilità che lo studente abbia un buon rendimento scolastico e in questo
caso può essere necessario un piano didattico personalizzato;
-hanno basse aspettative di successo, sono orientati all'impotenza e possiamo aiutarli nella relazione
con i compagni, dandogli delle responsabilità in classe…
-hanno orientamento all’evitamento, non fanno niente, tendono a procrastinare e si pongono obiettivi
irraggiungibili e irrealistici perché così giustificano il loro fallimento;
-studenti perfezionisti, orientati al perfezionismo, non tollerano l’errore, non sono mai soddisfatti;
-non hanno interesse, non gli importa niente.

Domande tipo=
-la maestra Maria afferma che ci dovrebbe essere un approccio gestionale in cui gli studenti
guadagnano gettoni per il buon comportamento, la prospettiva della maestra Maria è =
comportamentale (se si comportano bene, ottengono un premio).

*EMOZIONI
L’emozione è un allontanamento dal normale stato di quiete dell’organismo a cui si accompagnano
delle reazioni fisiologiche (sudo, mi trema la voce o le mani), l’emozione arriva dall’interno o
dall’esterno e interrompe la nostra quiete e l’emozione mi porta ad agire in un determinato modo. Le
emozioni sono delle risorse psicologiche, le emozioni primarie sono innate e universali in qualunque
contesto e vengono espresse con la stessa modalità (come la gioia, la rabbia, la paura che vengono
espresse sempre nello stesso modo) mentre quelle secondarie sono legate al contesto culturale di
appartenenza che ha delle norme quindi non sono universali e compaiono dopo nello sviluppo perché
sono influenzate dal confronto e controllo sociale come la vergogna . Le emozioni ci spingono verso
l’altro, senza emozioni la vita sarebbe piatta.

Le componenti delle emozioni=


-componente soggettiva o esperienziale che rappresenta il mio vissuto,
-componente espressivo-motoria o muscolo-scheletrica= perché qualsiasi emozione ha delle reazioni
motorie come l’apertura delle spalle, il volo rilassato o una curvatura,
-componente fisiologica periferica= attivazione del sistema nervoso,
-componente motivazionale che mi spinge ad agire e ad affrontare le situazioni in un particolare modo,
-componente cognitiva e di valutazione= attribuisco un significato a uno stimolo specifico.

Le emozioni si distinguono da costrutti simili e che spesso si confondono con le emozioni come=
l’affetto (comprende fenomeni affettivi), l’umore (è meno intenso rispetto
all’emozione, ha una durata maggiore ed è meno riconducibile a un evento scatenante),
l'atteggiamento, preferenze e predisposizioni affettive (tendenza a provare emozioni più positive
o più negative).
La competenza emotiva e la capacità di utilizzare in modo adattivo l’esperienza emotiva che
favorisce l’adattamento al contesto sociale, è un costrutto complesso che è dato dalla capacità di
esprimere, comprendere e regolare le emozioni proprie e altrui.
-L’espressione delle emozioni avviene attraverso il canale verbale e non verbale (sistema vocale =
velocità , ritmo e tono), muscolare-corporeo, prossemico (rispetto alla gestione dello spazio
interpersonale rispetto alla distanza che tolleriamo dall’altro) e il sistema visivo.
-La comprensione delle emozioni è la capacità di conoscere e riconoscere le nostre emozioni come
riconoscere l’espressione del volto quindi la natura delle emozioni, riconoscere le cause relative a
determinate emozioni e saper gestire le emozioni.
-Nella regolazione delle emozioni sono importanti le strategie di coping= il modo in cui affrontiamo
le situazioni stressanti, se la situazione è modificabile allora cerco di modificare la situazione
(strategia di coping basata sul problema) ma se la situazione stressante è ad esempio un lutto, la
strategia di coping non può essere basata sul problema , ma piuttosto sull’emozione e sul controllo
dell’emozione.

La competenza emotiva è intelligenza emotiva definita da Salovey e Mayer (docenti universitari in


ambito scientifico) come l'abilità di percepire ed esprimere le emozioni, di saperle gestire e
comprenderle in se stessi e negli altri per favorire la crescita emotiva e intellettiva negli individui…
vanno favoriti giochi di role playing, riflessione su sé e gli altri… Goleman in ambito divulgativo ha
parlato dell’intelligenza emotiva rendendo famoso questo costrutto.
Salovey e Mayer hanno identificato 4 rami dell’intelligenza emotiva che vanno in ordine crescente=
prima sappiamo percepire (identificare e riconoscere le emozioni) poi utilizzare (usare le emozioni
per i nostri scopi quindi se devo studiare cercherò di favorire in me uno stato emotivo di interesse e
attenzione), comprendere (identificare cause e conseguenze delle emozioni) e gestire le emozioni
(strategie per regolare le emozioni eccessive, gestisco le emozioni se le accetto).

Lo sviluppo delle emozioni=


-0-2 mesi= le espressioni emotive sono delle risposte endogene, sono delle reazioni a uno stato interno,
non sono rivolte all’altro, sono dei riflessi di stati interni,
-2-12 mesi= compare il sorriso sociale e le emozioni primarie,
-età prescolare=compaiono le emozioni secondarie (timidezza, colpa, vergogna…) che richiedono
capacità di consapevolezza dell’altro, i bambini devono essere aiutati nel riconoscere e accettare
emozioni sia negative che positive, uno dei migliori insegnamenti per gestire le emozioni è quello di
accettarle, accoglierle, e saperle poi regolare,
-età scolare= aumentano le capacità di autoregolazione come il fatto di imparare a non distrarsi,
-adolescenza= si sperimentano picchi di emozioni che sono molto intense.

In ambito scolastico, le emozioni si presentano sotto una vasta gamma come l’ansia da test che è uno
stato emotivo che ci aiuta nei limiti tollerabili perché ci fa affrontare la situazione in modo più
concentrato però quando è troppa diventa un problema, l'ansia da test è eccessiva e costante e si
associa a esperienze negative di paura, preoccupazione e di non riuscita in ambito scolastico.
La teoria dell'attribuzione causale e delle emozioni= noi siamo motivati a individuare le cause del
nostro comportamento e le attribuzioni causali sono qualcosa di importante nella nostra prestazione,
posso attribuire le cause della mia prestazione scolastica a fattori interni come l’impegno (penso che
dipende da me la riuscita in un compito, dalle mie abilità e strategie) o a fattori esterni come il
compito, la fortuna, il caso (qualcosa che non posso controllare e così sarò triste e frustrato in caso di
fallimento).

Domande aperte tipo=


-Implicazioni della teoria di Piaget in ambito educativo
-L'educazione morale in classe può avvenire secondo diverse modalità come il curriculum nascosto
e la formazione del carattere= può essere l’approccio del professore che insegna in maniera indiretta
un comportamento morale vs insegnamento esplicito della formazione morale del carattere
attraverso attività finalizzate a sviluppare la morale degli studenti
-definire il concetto di motivazione intrinseca ed estrinseca
-definire il concetto di autoefficacia e la sua importanza in ambito scolastico
-descrivere le caratteristiche del metodo correlazionale

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