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Didattica nel corso di laurea di scienze della formazione primaria:

L’università di Padova è stata inizialmente la più attiva per quanto riguarda l’attività formativa del corso di
laurea quadriennale in scienze della formazione primaria (sfp). Le altre sedi universitarie hanno fatto
nuove ricerche per adeguare il corso di laurea alla nuova normativa che prevedeva la laurea magistrale (5
anni) per gli insegnanti futuri. Tra il 2008/2010 nacque l’idea di svolgere una ricerca sulla didattica (svolta
nell’università di Palermo) per “potenziare il corso di laurea in SFP. Per questa ricerca furono utilizzati i
fondi del Ministro dell’istruzione; questa ricerca era incentrata soprattutto per l’individuazione e la
definizione dei problemi didattici, tra le problematiche (ma non solo problematiche, ma anche prospettive
future) ritroviamo:

- RITARDI NEL PERCORSO UNIVERSITARIO


- Mancata interazione tra tirocinio, lezione, laboratorio
- Ideare un modo per modo per potenziare le competenze comunicative/linguistiche dei futuri
insegnanti.

Di qui fu emanato un bando per l’assegnazione di una borsa di studio. A vincere furono 4 donne (CACI –
D’ALBA – VINCIGUERRA – LONGO)

L’accesso al corso di laurea in SFP avviene con un test a risposta multipla, in caso di superamento, si accede
allo step successivo che prevede un colloqui orale dove si cerca di notare nel soggetto se ci siano
ATTITUDINI ALL’INSEGNAMENTO.

Esiste inoltre una graduatoria nazionale dei giovani aventi diritto ad intraprendere il corso di laurea:
Ritroviamo specialmente che i posti per accedere a suddetto corso di laurea AUMENTARONO al NORD, ma
DIMINUIRONO al SUD. Ciò ha provocato un fenomeno di “migrazione” di studenti verso nord per avere piu
possibilità di poter accedere al corso di laurea (ricordiamo che per rendere possibile ciò i soggetti dovevano
spostare la propria residenza al nord).

Questo intervento di potenziamento della facoltà però portò i suoi frutti nel 2010 in quanto ritroviamo che
circa l’82% dei nuovi laureati già lavorava.

INOLTRE al 4° anno del corso è possibile prendere l’abilitazione per la scuola dell’infanzia, e al 5° anno
l’abilitazione per la scuola primaria. E’ di vitale importanza che l’insegnante non impari solo i saperi da
insegnare, ma sappia soprattutto “COME TRASMETTERLI” sia ai bambini della scuola primaria che ai
bambini della scuola dell’infanzia.

I laureandi in SFP devono quindi acquisire le competenze necessarie per insegnare le 10 discipline presenti
nella scuola primaria e per svolgere attività educative con i soggetti della scuola dell’infanzia.

Affinché i laureandi riescano a fare tutto ciò, è necessario non solo che frequentino le lezioni, ma
partecipino vivamente ai laboratori. Di qui però è necessario svolgere una ricerca sui problemi/scogli che i
laureandi hanno durante il corso di laurea, in merito a ciò ritroviamo una ricerca svolta all’università di
Palermo. Questa ricerca consiste nella somministrazione di un questionario di didattica dove vi sono 9
domande aperte e 11 chiuse, il tutto da compilare in 15 minuti. Le domande avevamo diverse tematiche_

- CARRIERA SCOLASTICA: Molti hanno risposto liceo scientifico, psico-pedagogico, e pochi tecnici e
linguistici
- TITOLO DI STUDIO DEI GENITORI: Molti licenza media e superiore, pochi con lauree
- MOTIVI ISCRIZIONE A SFP: Molte risposte, tra cui IL VOLER FARE L’INSEGNANTE
- CONDIZIONE LAVORATIVA: Molti STUDIANO SOLO, pochi part-time, anche più pochi i FULL TIME
per pagarsi gli studi.
- NUMERO DI ESAMI ARRETRATI: Varia da 1 a 4( soprattutto chi lavora full-time ne ha 4)
- SETTORI DISCIPLINARI PIU COMPLESSI: Matematica, Fisica, Disegno.

Molti studenti inoltre dichiarano di non riuscire a seguire a causa degli orari stressanti, difficoltà nei
laboratori a causa della scarsa organizzazione, e altri invece confermano difficoltà nel tirocigno.

Pochi alunni si dichiarano responsabili della propria situazione accademica/universitaria:

Ci sono soggetti che affermano che il loro basso rendimento è COLPA PROPRIA in quanto non si sono
riusciti ad organizzare, ma altri danno invece colpa all’insegnante e alle tematiche troppo complesse.

Questa riportata di sopra è la TECNICA DEL LOCUS OF CONTROL, ma che cos’è

E’ la modalità con cui il soggetto attribuisce ad un proprio successo/insuccesso dei fattori.

Questi fattori possono essere INTERNI o ESTERNI:

- INTERNI: Dipendente dalla volontà (ossia il mio successo/insuccesso è causa mia, in base al mio
impegno e alla mia volontà
- ESTERNI: indipendente dalla volontà (il mio successo/insuccesso è determinato da fattori esterni
come un insegnante simpatico o antipatico, o altri fattori).

Qual è in tutto questo il compito dell’università?

L’università ha il compito di formare a diverse competenze:

- Gli insegnanti devono sviluppare competenze per saper ben comunicare con famiglie e bambini.
- Gli insegnanti devono fare diversi approfondimenti in settori didattici e pedagogici
- Devono essere PRAGMATICI (Combinare teoria con pratica)

Attraverso queste tre nozioni viene a svilupparsi il così detto HABITUS RIFLESSIVO (Oppure detto pratica
riflessiva): Questo permette di analizzare in maniera critica e riflessiva il nostro operato da insegnante.

Come si può attuare la pratica riflessiva:

- Il docente deve avere CONOSCENZA e PADRONANZA della disciplina che insegna


- Il docente deve possedere COMPETENZE DIDATTICHE e deve dare un senso a ciò che insegna
- Il docente deve saper instaurare relazioni tra colleghi e gruppo classe
- Il soggetto deve saper valutare i processi di insegnamento e apprendimento attraverso verifiche

La pratica riflessiva si sviluppa attraverso i laboratori, questi aiutano a manifestare i dubbi e a migliorare
l’azione educativa. Inoltre i laboratori forniscono alcune strategie per relazionargli con gli alunni. Attraverso
i laboratori…

- Possiamo stimolare il ricordo di conoscenze già acquisite


- Possiamo stimolare l’alunno con consigli e suggerimenti
- Possiamo verificare se i ragazzi hanno compreso ciò che si vuole insegnare

Inoltre si è notato che l’innovazione tecnologica è molto utile per rendere la DIDATTICA e
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO più flessibili (quindi in un futuro docente sono importanti anche le
competenze tecnologiche).

Durante il laboratorio sono state utilizzate 3 strategie di apprendimento in rete:

STRATEGIA PARALLELA – Ognuno ha un compito su una diversa parte del progetto (qui c’è assenza di
collaborazione)
STRATEGIA SEQUENZIALE – Una volta per turno, ognuno analizza e completa ogni parte del progetto (qui
c’è aumento dell’interazione)

STRATEGIA RECIPROCITA’ – I componenti del gruppo devono trovare un accordo per ogni parte del
progetto (MASSIMA INTERAZIONE)

Durante il laboratorio è stata utile anche la TECNICA DEGLI INCIDENTI CRITICI, questa serve ad analizzare
meglio e in profondità la pratica abituale.

Gli insegnanti devono essere in grado di riflettere e agire nelle diverse situazioni, ovviamente però il proprio
agire (specialmente quello abituale) va valutato attraverso l’incidente critico, esso è un evento che rompe
l’agire abituale e che ci permette di ripensare alle nostre azioni, e alle motivazioni che ci hanno portato a
compiere delle scelte, oltre che i problemi ancora da affrontare e risolvere.

Il laboratorio è organizzato in 6 fasi:

1) PROBLEMATIZZAZIONE:

Il docente espone ai laureandi l’argomento su cui riflettere e verifica i loro dibattiti e pensieri, ma
specialmente il loro studio.

2) FASE DELLA FOCALIZZAZIONE DELL’ATTENZIONE

Si chiede agli studenti di scrivere il problema per esteso su un foglio con una possibile soluzione. Per la
soluzione si preferisce l’esposizione orale.

3) FASE DELLA RICERCA

E’ la fase in cui si indaga sul problema e si cercano le soluzioni attraverso LA RICERCA,


quest’ultima può essere accompagnata o meno dalla ESPOSIZIONE CRITICA del docente, che
fornisce ai soggetti le soluzioni adoperate nel passato per quel tipo di problema, il compito dei
soggetti sarà discutere su quelle SOLUZIONI APPLICATE. Come si svolge però la ricerca?

Ci sono diversi tipi di ricerca:

DISCUSSIONE GENERALE IN AULA – Si discute in aula in base alle esperienze degli alunni

DISCUSSIONI IN PICCOLI GRUPPI

RICERCA INDIVIDUALE – Quest’ultima è poco attuata, in quanto non solo non si viene a
sviluppare coesioni sociale, ma il soggetto in questo caso è più soggetto a DISTRAZIONI e ha
bisogno di essere gratificato in maniera continua

4) FASE DEL CONFRONTO CRITICA E DELLA VERIFICA

Vengono analizzate le versioni degli studenti e messe sotto critica (PRO & CONTRO).

5) FASE DELLA CODIFICAZIONE

Le soluzioni vanno codificate e messe per iscritto, inoltre si consiglia l’ausilio di immagini e
rappresentazioni.

6) FASE DELL’ANALISI CRITICA DELLE CODIFICAZIONI – Vengono analizzati i lavori.


E’ importante però che il neo insegnante non solo ASCOLTA e APPRENDA, ma che AGISCA, in merito a ciò di
vitale importanza è il ROLE PLAYNG, (Letteralmente gioco di ruolo) questa tecnica permette al soggetto di
mettersi nei panni dell’insegnante per testare le sue abilità, ma allo stesso tempo per sviluppare le proprie
potenzialità e comprendere cosa ancora non lo permette di diventare un buon insegnante. Nella
progettazione dei 3 corsi in SFP (didattica generale, pedagogia sperimentale, pedagogia specifica) è stata
prevista l’analisi di CASE STUDY, questi sono “casi di studio della vita reale” e permettono agli studenti
sviluppare le capacità e valorizzare le informazioni che hanno e apprendono per poi riuscire a ritrovare
possibili soluzioni ai problemi reali. Al termine dei CASE STUDY viene chiesto ai docenti e ai soggetti di
esporre la propria esperienza, e di qui specialmente i soggetti vollero esprimerla attraverso l’ausilio di
SLIDE. Altro metodo utilizzato all’interno del corso di laurea è quello della ROUTINE, questa serve per
analizzare le azioni più volte ripetute, per poi distaccarsene e valutarle in maniera più riflessiva. Questo
metodo ha consentito di identificare i soggetti che operano, le attività, i tempi e le attrezzature. Le routine
inoltre sono sequenze di operazioni che caratterizzano una professione e la distinguono dalle altre. IL
TIROCINANTE HA SEMPRE BISOGNO DI UNO SPAZIO E TEMPO PER RIFLETTERE.

Oltre l’insegnante e l’alunno, di vitale importanza è il SUPERVISORE: Lui deve descrivere le sue azioni e
narrare la “routine” di lavoro svolto con gli studenti del IV anno, specialmente deve aiutarli nella stesura del
project work (questo comprende i lavori svolti, le competenze sviluppate, gli obiettivi raggiunti e quelli
ancora da raggiungere). Al PRIMO anno il supervisore mette in atto l’accoglienza, analizza con gli studenti il
progetto in modo tale da tracciare una certa continuità con i compiti da svolgere. Egli inoltre stabilisce le
modalità di comportamento all’interno delle classi. Al SECONDO anno il supervisore aiuta gli studenti a
riflettere e documentare, e cura le metodologie utilizzate. Al TERZO anno il supervisore aiuta gli studenti a
stabilire relazioni tra LEZIONE – LABORATORIO – TIROCINIO. Al QUARTO anno porta gli studenti in un
ambiente scolastico, li fa conoscere al dirigente scolastico, e infine si cimentano per la costruzione di
progetto di lavoro da attuare. Di qui verrò a crearsi il POF (Piano Offerta Formativa), ossia l’insieme delle
attività che il tirocinante svolgerà insieme agli studenti della scuola.

Nel 2010 fu creato un progetto di ricerca e di intervento rivolto a sostenere gli studenti che trovavano
difficoltà nell’inserirsi nel mondo universitario. Questa ricerca fu condotta da VINCIGUERRA, e i risultati
dimostrarono che i soggetti utilizzano un METODO DI STUDIO SBAGLIATO, e che i soggetti NON
SAPEVANO GESTIRE L’EMOTIVITA’. Per questa ricerca fu usata la tecnica della “PHILOSOPHY FOR
CHILDREN”, questa fu ideata da LIPMAN negli anni 70. Come nasce questa tecnica? Lo studioso notò che gli
studenti non sapevano effettuare ragionamenti in modo corretto, e quindi da qui nasce l’arduo compito di
riuscire ad EDUCARE IL PENSIERO. Lo studioso scrisse dei racconti per bambini, per le diverse fasce di età
dove i protagonisti erano gli stessi bambini. Una volta scritti LIPMAN li narrava e i soggetti avrebbero poi
dovuto porre domande o proporre poi tematiche da trattare.

Per intervenire sulle cause del ritardo nel percorso universitario VINCIGUERRA realizzò un servizio di
consulenza che aveva l’obiettivo di favorire il confronto tra risorse possedute dagli studenti e le offerte del
contesto formativo, questo servi per comprendere dove era necessario intervenire per il potenziamento
dello studente. Questo servizio risultò utile specialmente per chi era indietro con gli esami. Vinciguerra
approfondi specialmente le problematiche riguardanti la lingua e il linguaggio:

Scrivere ha molto a che fare con il parlare: DI FATTI PER COSTRUIRE UN DISCORSO SERVE:

- Invenzione degli argomenti


- Organizzazione delle idee
- Lessico adeguato
- Memorizzazione
Specialmente all’università di Palermo si sono venuti a creare corsi per il potenziamento del linguaggio
scritto (preferito negli esperimenti) e orale (per l’esposizione delle soluzioni).

La scrittura ha micro-competenze:

COMPETENZA TESTUALE – Organizzare le informazioni in modo coerenti durante la scrittura

COMPETENZA LINGUISTICA – Saper utilizzare gli strumenti linguistici, sia a livello lessicale che semantico

COMPETENZA PRAGMATICA – Utilizzare le giuste parole per mandare un determinato messaggio.

Il futuro dovente deve conoscere bene la lingua, sia a livello orale che scritto (da recenti studi emerge
difficoltà nell’uso del congiuntivo e condizionale. LA GRAMMATICA DEVE DIVENTARE QUALCOSA DI
QUOTIDIANO, NON CONTA SOLO L’ORTOGRAFIA, CONTANO ANCHE LE IDEE E IL LORO SVILUPPO. Sia nel
parlare che nello scrivere occorrono ORDINE, CHIAREZZA, VALIDITA’.

All’interno dell’università di Palermo venne creato anche un laboratorio di “Didattica della lingua italiana”
per gli studenti del quarto anno di SFP, strutturato in 4 moduli didattici: ALFABETIZZAZIONE –
SCRITTURA/LETTURA/COMPRENSIONE – ESPRESSIONE ORALE. Gli studenti vengono guidati sia
all’apprendimento che all’insegnamento dei moduli.

Inoltre alla fine di questo laboratorio venne organizzata una SIMULAZIONE DI 10 MINUTI dove lo studente
doveva mettersi nei panni dell’insegnante e doveva realizzare una attività didattica per bambini di scuola
dell’infanzia o primaria. Queste attività hanno permesso di capire quali competenze a livello
linguistico/orale vanno sviluppate:

COMPETENZA GRAMMATICALE – Lo studente deve saper disporre le parole in una frase

COMPETENZA NON VERBALE – Lo studente deve saper gestire e controllare l’interazione con i soggetti in
classe

COMPETENZA IDEATIVA – Deve essere in grado di organizzare l’interazione

FLUIDITA’ ESPRESSIVA – Lo studente deve saper usare parole diverse ma comuni per spiegare un concetto

ATTINENZA AL TEMA – Durante un dibattito l’insegnante deve essere bravo a non far cambiare il tema
centrale del discorso.

Si è notato però che nella simulazione i soggetti tendano più a far comprendere ai propri docenti di essere
preparati piuttosto che mantenere l’attenzione dei bambini. Di qui di grande rilevanza per un insegnante
sono i GESTI, LA POSTURA, L’ABBASSARE E L’ALZARE LA TONALITA’ DELLA VOCE, non solo per far
comprendere quali sono i punti cruciali di un concetto, ma proprio per stimolare l’attenzione dei soggetti.

Altra tematica trattata nel testo è l’insegnante di sostegno.

Di grande importanza è lo sviluppo dell’intelligenza emotiva (I.E) per non cadere nel Burn-OUT, cioè la crisi
di interesse per l’attività di insegnante di sostegno. L’insegnante di sostegno svolge una funzione di
raccordo tra SCUOLA, FAMIGLIA, e STRUTTURA SANITARIE che si occupano della diagnosi del bambino con
disabilità. Il lavoro dell’insegnante di sostegno è molto complesso perché lo si mette a contatto con varie
patologie, per le quali è importante che se ne acquisiscano conoscenza e metodologie di intervento. L’I.E
consente lo sviluppo di comportamenti emotivamente efficaci per la salvaguardia del benessere personale
e per la gestione delle emozione altrui.

L’IE nell’INSEGNANTE si sviluppa attraverso;


- ESSERE CONSAPEVOLI DELLE PROPRIE EMOZIONI
- COMPRESIONE DEI RAPPORTI SOCIALI
- CONTROLLO DELLE PROPRIE EMOZIONI
- GESTIONE DEI RAPPORTI SOCIALI.

Per il bambino invece deve venirsi a comprendere se abbia già sviluppato o meno L’I.E. Questo lo si può
comprendere solo attraverso il BIG FIVE QUESTION, un questionario didattico che permette di capire se il
bambino abbia sviluppato o meno l’intelligenza emotiva. In caso di esito negativo, vanno programmate
attività che permettano questo sviluppo.

Inoltre ritroviamo anche il SOLVING EMOTIVO, che permette di risolvere i problemi di carattere emotivo.

Altra tematica importante è quella dei DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) che sono come dislessia,
disgrafia, anche se si cerca comunque di non negativizzare il portatore di questi disturbi. Oggi ci si accorge
di queste problematiche solo dai 7-8 anni, PRIMA NON SI PUO DICHIARARE UN DSA. Durante la scuola
materna e asilo non si può dichiarare o meno un DSA, ma l’insegnante può però avviare uno screening
iniziale per comprendere se un soggetto è un VERO POSITIVO (Possibile portatore di DSA) o FALSO
POSITIVO (bambino poco stimolato).

L’associazione Italiana Dislessia si è battuta per ottenere l’approvazione della legge 170 che prevede
programmi alternativi per i portatori di DSA. DSA COME DISTURBI CHE NON PERMETTONO
L’AUTOSUFFICIENZA NELL’APPRENDIMENTO.

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