Il successo scolastico, si può raggiungere attraverso una serie di strategie didattiche, tese a
valorizzare il potenziale di apprendimento di ciascun alunno e a favorire la sua autonomia.
Per far ciò è necessario, innanzi tutto, che l'alunno non acquisisca solo conoscenze ma soprattutto
abilità e competenze, e tra queste quella di “imparare ad imparare ”, cioè la padronanza di una serie
di consapevoli strategie che gli permettano di continuare ad imparare nel modo per lui più giusto.
Ma come è possibile fare ciò? Cosa può fare l'insegnante per sostenere e sviluppare questa
competenza? Una risposta ci viene dagli studi sui processi di apprendimento e in particolare sulla
metacognizione.
Il concetto di “metacognizione” è il risultato di contributi di vari settori dell’indagine psicologica
avviata negli anni ’70.
La metacognizione significa letteralmente “oltre la cognizione” e sta ad indicare la capacità di
“pensare sul pensiero” o meglio di poter riflettere sulle proprie capacità cognitive.
Il concetto si riferisce alle attività della mente che hanno della per oggetto la mente stessa, sia nel
momento della riflessione, sia nel momento del controllo. Questa capacità funziona come
“acceleratore cognitivo”, cioè migliora l’efficacia dei processi cognitivi attraverso il monitoraggio e
la valutazione costante del monitoraggio dell’andamento del pensiero.
L’approccio metacognitivo rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti e
strategie, a qualsiasi età, poiché mira alla costruzione di una mente aperta. La didattica
metacognitiva riguarda il funzionamento dei processi di apprendimento, è un approccio didattico
che richiede, prima di tutto, un atteggiamento metacognitivo che privilegi non cosa l’alunno
apprende, ma come l’alunno apprende e che attivi la propensione a far riflettere gli studenti su
aspetti riguardanti la propria personale capacità di apprendere, di stare attenti, di concentrarsi, di
ricordare.
Cesare Cornoldi, definisce la metacognizione come “l’insieme delle attività psichiche che
presiedono al funzionamento cognitivo, e più specificatamente distingue tra conoscenza
metacognitiva (le idee che un individuo possiede sul proprio funzionamento mentale e che
includono le impressioni, le intuizioni, le autopercezioni) e i processi metacognitivi di controllo
(tutte le attività cognitive che presiedono a qualsiasi funzionamento cognitivo e che includono la
previsione, la valutazione, la pianificazione, il monitoraggio)”.
La metacognizione rappresenta la capacità di una persona di riflettere sui propri processi cognitivi e
di averne consapevolezza.
La didattica metacognitiva richiede allo studente di acquisire un atteggiamento attivo e responsabile
rispetto all’apprendimento; l’allievo “metacognitivo” si propone di creare il proprio bagaglio
intellettuale attraverso domande, investigazioni e problemi da risolvere.
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Nello specifico quando si parla di metacognizione è possibile individuare quattro diverse
dimensioni tra loro interconnesse e che si influenzano reciprocamente: le conoscenze sul
funzionamento cognitivo generale, l’autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo,
l’uso generalizzato di strategie di autoregolazione cognitiva e le variabili psicologiche
sottostanti.
Il primo aspetto, definito anche come atteggiamento metacognitivo (o conoscenza metacognitiva
generale), rappresenta tutte le conoscenze e le informazioni che un soggetto può avere su come
funziona la mente e i vari processi cognitivi. Esse possono includere anche i meccanismi che
rendono possibile l’attività mentale, i limiti e i fenomeni tipici più frequenti. L’atteggiamento
metacognitivo consiste quindi nella consapevolezza del soggetto di come agisce e funziona la mente
e nello sviluppo di alcune idee sul funzionamento mentale.
A partire da questo si sviluppa la seconda dimensione, chiamata anche conoscenza metacognitiva
specifica, che consiste nelle conoscenze circa il funzionamento della propria mente e dei propri
processi cognitivi. Questo aspetto riguarda in particolare la capacità di introspezione, di autoanalisi
e autoconsapevolezza di un soggetto riguardo a cosa e come sta pensando, apprendendo,
ricordando, eccetera.
Per esempio sapere cos’è la memoria, che esistono diversi tipi di memoria (a breve termine, a
lungo termine, eccetera), conoscere diverse strategie di elaborazione e immagazzinamento delle
informazioni è un buon atteggiamento metacognitivo, mentre saper scegliere qual è la strategia più
efficace per se stessi per svolgere un compito di memorizzazione (ad esempio memorizzare una
serie di numeri) riguarda le conoscenze metacognitive specifiche.
Il terzo aspetto riguarda tutti i processi di controllo e di autoregolazione attraverso cui una persona
dirige consapevolmente e attivamente la propria attività mentale e governa lo svolgersi dei propri
processi cognitivi. Si tratta dei “processi metacognitivi di controllo”, che consistono quindi in
tutte quelle operazioni che permettono di monitorare l’andamento della propria attività mentale e
delle strategie utilizzate. Le operazioni di autoregolazione consistono principalmente nelle capacità
di previsione, di valutazione, di pianificazione e di monitoraggio che vengono messe in gioco
durante le attività mentali. I processi metacognitivi di controllo possono riguardare ad esempio il
valutare il compito richiesto e la sua difficoltà, l’esaminare le proprie risorse e capacità per
affrontarlo, precisare i propri obiettivi da perseguire, il monitorare l’attenzione e lo svolgimento del
compito e valutare i risultati al termine.
L’ultimo aspetto da considerare nei processi metacognitivi riguarda l’immagine che un individuo
ha di se stesso come persona che apprende, immagine che si integra con le caratteristiche della
valutazione generale di sé. Ad esempio, alcune delle variabili psicologiche che intervengono
durante i processi metacognitivi possono riguardare ciò che una persona può considerare come
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causa dei suoi successi o insuccessi, che possono essere interni (ad esempio, “mi sono
impegnato/non mi sono impegnato”) o esterni (ad esempio, “ho avuto fortuna/l’insegnante ce l’ha
con me”), la percezione delle proprie capacità di riuscire a svolgere correttamente il compito, la
motivazione e l’autostima.
A partire da queste premesse teoriche si sviluppa la didattica metacognitiva, ovvero un approccio
didattico che ha come oggetto lo sviluppo nei ragazzi della metacognizione, non l’apprendimento di
nuove conoscenze. L’accento viene dunque posto non su cosa viene appreso (imparare a fare), ma
sul come avviene (imparare a imparare). L’obiettivo è quindi sviluppare la consapevolezza di che
cosa si sta apprendendo, del perché, di quando è opportuno farlo, in quali condizioni e con quali
modalità.
Inoltre, la didattica metacognitiva rivolge la propria attenzione anche al terzo livello della
metacognizione, intervenendo sullo sviluppo e sul potenziamento delle abilità di monitoraggio e di
controllo dei processi cognitivi. Infatti, uno degli obiettivi dell’approccio didattico metacognitivo
consiste proprio nel rendere consapevoli i ragazzi dei processi di autoregolazione, in modo tale che
possano individuare quali sono le più attive ed efficaci modalità di controllo dei propri processi
cognitivi.
È interessante osservare come in questo approccio sia fondamentale la capacità di scelta delle
strategie metacognitive da utilizzare. Vi sono diversi modi per affrontare una situazione o un
problema, alcuni più efficaci di altri: il proposito della didattica metacognitiva è quello di rendere i
ragazzi in grado conoscere le diverse modalità, ovvero le strategie che possono essere utilizzate, di
valutarle e quindi di scegliere quella per loro più efficace per quel particolare compito. Questa
capacità riguarda tutti gli aspetti precedentemente elencati: infatti il ragazzo deve avere le
conoscenze generali circa il compito da svolgere e su quali strategie ha a disposizione, deve saper
scegliere qual è la strategia per lui più adeguata ed efficace in qual caso, deve monitorare come sta
andando l’esecuzione di tale strategia e del compito e infine considerare le variabili psicologiche
che entrano in gioco in tutto questo processo.
Le principali strategie didattiche metacognitive sono:
1. Strategia di selezione
La strategia di selezione “comporta la scelta delle informazioni ritenute rilevanti, sulle quali è
importante soffermarsi: a) rivedere il programma e scegliere le idee centrali; b) annotare i
paragrafi dei capitoli, sottolineando i concetti più importanti; c) leggere i sommari; d) Usare le
guide per lo studente che, in genere, hanno importanti argomenti già sottolineati”.
2. Strategia organizzativa
Le strategie organizzative “comportano la connessione fra vari pezzi di informazione che stiamo
apprendendo. Perciò organizziamo l’informazione in ordine logico (per esempio con un riassunto
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orale e/o scritto) e la supportiamo di dettagli ed esempi. La mappa concettuale è una strategia
organizzativa importante per tutti i gesti metacognitivi conclusivi di un percorso di
apprendimento”.
3. Strategia di elaborazione
La strategia di elaborazione “comporta il legame della nuova informazione con quanto già si
conosce. Questa è la modalità più efficace di apprendimento. Per esempio, se stiamo studiando il
legame chimico, la nostra mente richiama e collega la struttura dell’atomo alle nuove conoscenze
in via di acquisizione”
4. Strategia di ripetizione
La strategia di ripetizione “è basata sulla ripetizione nella propria mente (con parole, suoni o
immagini) dell’informazione, sino a completa padronanza. La memorizzazione è, dunque, l’evento
conclusivo di ripetute evocazioni mentali dell’informazione o della percezione. Perché ci sia
memorizzazione duratura, il processo di andata e ritorno, fra quanto letto o ascoltato a lezione,
deve avvenire più volte e subito. La memorizzazione si fa nel momento stesso della spiegazione e
non si rimanda ad un secondo momento. Quando al telefono ci dettano un numero telefonico, se
vogliamo ricordarlo dobbiamo attivare subito i processi di andata e ritorno descritti, pena la
perdita dell’informazione. Il bravo insegnante, in classe, concede spazi temporali adeguati, perché
gli allievi possano memorizzare all’istante i concetti. La memorizzazione, dopo la lettura dei
capitoli del libro, avviene con analoghe strategie personalizzate.”
Una volta che è stata identificata la strategia più utile per apprendere, si stabilisce come e quando
applicarla.
L'approccio metacognitivo riserva un ruolo fondamentale all'insegnante: quello di "facilitatore" di
cambiamenti strutturali nei discenti, laddove con questo termine si intende un processo complesso
che non riguarda la compensazione di particolari comportamenti, singole abilità o specifiche
competenze, ma qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentale e, proprio per
questo, rimane stabile nel tempo.
In conclusione, questo approccio stimola nei ragazzi lo sviluppo di uno stile di pensiero strategico e
flessibile, in cui assumono un ruolo essenziale sia la capacità del soggetto di poter coordinare
diverse strategie, di adattare e riorientare la propria attività mentale rispetto agli obiettivi, sia la
possibilità di elaborare piani cognitivi strategici per raggiungere tali risultati. Infine, centrale è il
nuovo ruolo che viene attribuito al ragazzo: non è quindi più un passivo recettore di informazioni,
ma diventa protagonista attivo nell’apprendimento. Questo cambiamento di ottica è fondamentale
in quanto porta alla valorizzazione e al potenziamento delle risorse del ragazzo promuovendone
l’autonomia.