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Le leggi di Keplero sono tre leggi concernenti il movimento dei pianeti.

Sono il
principale contributo di Johannes von Kepler all'astronomia e alla meccanica.

L'astronomo tedesco le derivò studiando le osservazioni di Tycho Brahe. Isaac


Newton, successivamente, dedusse dalle leggi di Keplero la spiegazione dinamica dei
moti planetari introducendo, quale causa del moto, una forza, detta forza di
gravitazione universale. Newton dimostrò anche il teorema inverso, ossia che dalla
sua legge generale del moto e dalla forza di gravità si ottengono, nella stessa
maniera, le leggi di Keplero.

Indice
1 Prima Legge (Legge delle orbite ellittiche, 1609)
2 Seconda Legge (Legge delle aree, 1609)
2.1 Dimostrazione e conseguenze della seconda legge
3 Terza Legge (Legge dei periodi, 1619)
4 Limiti di validità delle leggi di Keplero e loro applicabilità
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni
Prima Legge (Legge delle orbite ellittiche, 1609)
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Derivazione
delle leggi di Keplero.

Parametri caratteristici dell'orbita, con i nomi degli apsidi per il caso di


un'orbita intorno al Sole
La prima legge afferma che:

«L'orbita descritta da un pianeta è un'ellisse, di cui il Sole occupa uno dei due
fuochi.»

Con questa legge, Keplero propose un modello eliocentrico in cui le orbite non sono
circolari ma ellittiche, e in questo modo fu il primo a rinunciare alla forma
perfetta; egli fu supportato, nel farlo, dai dati osservativi ottenuti da Tycho
Brahe. Questa legge è molto importante perché essa separa definitivamente la teoria
eliocentrica di Nicolò Copernico dalla teoria geocentrica di Tolomeo.

Osserviamo che, poiché l'ellisse è una figura piana, i moti dei pianeti avvengono
in un piano, detto piano orbitale. Per la Terra tale piano è detto eclittica.

L’equazione dell’ellisse è

{\displaystyle {\frac {x^{2}}{a^{2}}}+{\frac {y^{2}}{b^{2}}}=1}{\displaystyle {\


frac {x^{2}}{a^{2}}}+{\frac {y^{2}}{b^{2}}}=1}
Nella figura a fianco è rappresentata un'orbita ellittica, con indicati i suoi
parametri caratteristici: semiasse maggiore (a), semiasse minore (b), semi-distanza
focale (c), eccentricità (e).

Fra questi parametri sussistono le seguenti relazioni:

{\displaystyle c={\sqrt {a^{2}-b^{2}}}}c={\sqrt {a^{2}-b^{2}}}


{\displaystyle e={\frac {c}{a}}}e={\frac {c}{a}}, da cui {\displaystyle e={\sqrt
{1-{\frac {b^{2}}{a^{2}}}}}}{\displaystyle e={\sqrt {1-{\frac {b^{2}}{a^{2}}}}}}
Per l’ellisse l'eccentricità è compresa tra 0 e 1 (e = 0 per la circonferenza) ma
per la maggior parte dei pianeti risulta e<<1. L'ellisse in figura ha
un'eccentricità di circa 0,5: un'ellisse con tale caratteristica è assai frequente
tra le orbite degli asteroidi. Alcune eccentricità dei pianeti: 0,0167 per la
Terra, 0,0934 per Marte e 0,2482 per Plutone (un pianeta nano). Solo Mercurio e
Marte hanno eccentricità di un certo valore, le altre orbite possono essere
considerate circolari.

Le parti più importanti dell'ellisse sono il raggio vettore che unisce il centro
del sole al centro di un pianeta. Poi troviamo la linea degli apsidi, che è la
retta passante per i due fuochi dell’ellisse insieme ai suoi punti di intersezione
con l’ellisse chiamati apsidi o vertici.

Da questa legge capiamo inoltre che la distanza della Terra dal Sole non è sempre
uguale ma cambia. Infatti il punto in cui il nostro pianeta si trova più distante
dal Sole è detto afelio, mentre il punto in cui la Terra è più vicina al Sole si
chiama perielio. Le corrispondenti distanze vengono dette distanza al perielio {\
displaystyle d_{p}}{\displaystyle d_{p}} e distanza all’afelio {\displaystyle
d_{a}}{\displaystyle d_{a}}. Risulta:

{\displaystyle d_{p}+d_{a}=2a}{\displaystyle d_{p}+d_{a}=2a}


{\displaystyle c={\frac {d_{a}-d_{p}}{2}}}{\displaystyle c={\frac {d_{a}-d_{p}}
{2}}}
{\displaystyle d_{p}=a-c=a-ae=a(1-e)}{\displaystyle d_{p}=a-c=a-ae=a(1-e)}
{\displaystyle d_{a}=a+c=a+ae=a(1+e)}{\displaystyle d_{a}=a+c=a+ae=a(1+e)}
{\displaystyle e={\frac {d_{a}-d_{p}}{d_{a}+d_{p}}}}{\displaystyle e={\frac {d_{a}-
d_{p}}{d_{a}+d_{p}}}}
Si può inoltre ricavare tale legge partendo dalla Legge di Gravitazione Universale
di Newton:
{\displaystyle {\overrightarrow {F}}=G{\frac {m_{1}m_{2}}{r^{2}}}{\widehat
{u}}_{r}}{\displaystyle {\overrightarrow {F}}=G{\frac {m_{1}m_{2}}{r^{2}}}{\widehat
{u}}_{r}}
ponendo: {\displaystyle Gm_{1}m_{2}=\alpha }{\displaystyle Gm_{1}m_{2}=\alpha } e
essendo {\displaystyle {\widehat {u}}_{r}={{d{\widehat {u}}_{\theta }} \over {dt}}\
cdot {\frac {1}{\dot {\theta }}}}{\displaystyle {\widehat {u}}_{r}={{d{\widehat
{u}}_{\theta }} \over {dt}}\cdot {\frac {1}{\dot {\theta }}}} allora possiamo
riscrivere l'equazione nel seguente modo:
{\displaystyle m{{d{\overrightarrow {v}}} \over {dt}}={\frac {\alpha }{r^{2}{\dot
{\theta }}}}{\frac {d{\widehat {u}}_{\theta }}{dt}}}{\displaystyle m{{d{\
overrightarrow {v}}} \over {dt}}={\frac {\alpha }{r^{2}{\dot {\theta }}}}{\frac
{d{\widehat {u}}_{\theta }}{dt}}}
poiché il Momento Angolare {\displaystyle {\overrightarrow {p}}}{\displaystyle {\
overrightarrow {p}}} si può scrivere come {\displaystyle {\overrightarrow
{p}}=mr^{2}{\dot {\theta }}}{\displaystyle {\overrightarrow {p}}=mr^{2}{\dot {\
theta }}} allora moltiplicando e dividendo per {\displaystyle m}m nell'equazione
precedente otterremo:
{\displaystyle m{{d{\overrightarrow {v}}} \over {dt}}={\frac {m\alpha }{\
overrightarrow {p}}}{\frac {d{\widehat {u}}_{\theta }}{dt}}}{\displaystyle m{{d{\
overrightarrow {v}}} \over {dt}}={\frac {m\alpha }{\overrightarrow {p}}}{\frac {d{\
widehat {u}}_{\theta }}{dt}}}
{\displaystyle {\frac {d}{dt}}({\overrightarrow {v}}-{\frac {\alpha }{\
overrightarrow {p}}}{\widehat {u}}_{\theta })=0}{\displaystyle {\frac {d}{dt}}({\
overrightarrow {v}}-{\frac {\alpha }{\overrightarrow {p}}}{\widehat {u}}_{\
theta })=0}
integrando l'equazione differenziale: {\displaystyle {\overrightarrow {v}}{\frac {\
overrightarrow {p}}{\alpha }}-{\widehat {u}}_{\theta }=e{\widehat {\jmath }}}{\
displaystyle {\overrightarrow {v}}{\frac {\overrightarrow {p}}{\alpha }}-{\widehat
{u}}_{\theta }=e{\widehat {\jmath }}} dove {\displaystyle {\widehat {\jmath }}}{\
displaystyle {\widehat {\jmath }}} è il versore calcolato in perielio in cui {\
displaystyle {\widehat {u}}_{\theta }}{\displaystyle {\widehat {u}}_{\theta }} e {\
displaystyle {\overrightarrow {v}}}{\displaystyle {\overrightarrow {v}}} sono
perpendicolari.
Tramite il precedente risultato possiamo ottenere l'equazione della traiettoria in
coordinate polari moltiplicando scalarmente tutto per {\displaystyle {\widehat
{u}}_{\theta }}{\displaystyle {\widehat {u}}_{\theta }}:
{\displaystyle ({\dot {r}}{\widehat {u}}_{r}+r{\dot {\theta }}{\widehat {u}}_{\
theta }){\frac {\overrightarrow {p}}{\alpha }}\cdot {\widehat {u}}_{\theta }=e{\
widehat {\jmath }}\cdot {\widehat {u}}_{\theta }}{\displaystyle ({\dot {r}}{\
widehat {u}}_{r}+r{\dot {\theta }}{\widehat {u}}_{\theta }){\frac {\overrightarrow
{p}}{\alpha }}\cdot {\widehat {u}}_{\theta }=e{\widehat {\jmath }}\cdot {\widehat
{u}}_{\theta }}
{\displaystyle r{\dot {\theta }}{\frac {\overrightarrow {p}}{\alpha }}=e\cos \theta
}{\displaystyle r{\dot {\theta }}{\frac {\overrightarrow {p}}{\alpha }}=e\cos \
theta } sostituendo {\displaystyle {\dot {\theta }}}{\displaystyle {\dot {\
theta }}} si ottiene:{\displaystyle {\frac {\overrightarrow {p^{2}}}{mr\alpha }}=e\
cos \theta }{\displaystyle {\frac {\overrightarrow {p^{2}}}{mr\alpha }}=e\cos \
theta } ed infine isolando {\displaystyle r}{\displaystyle r} avremo:
{\displaystyle r={\frac {\overrightarrow {p^{2}}}{m\alpha }}\cdot {\frac {1}{e\
cos \theta }}}{\displaystyle r={\frac {\overrightarrow {p^{2}}}{m\alpha }}\cdot {\
frac {1}{e\cos \theta }}} ottenendo così l'equazione della traiettoria ellittica.
Seconda Legge (Legge delle aree, 1609)
La seconda legge afferma che:

«Il segmento (raggio vettore) che unisce il centro del Sole con il centro del
pianeta descrive aree uguali in tempi uguali.[1]»

Dimostrazione e conseguenze della seconda legge


La seconda legge di Keplero non è altro che la conservazione del momento angolare
orbitale, da cui discende la costanza della velocità areolare.

Dimostriamo entrambe le proprietà.

Il momento angolare orbitale del pianeta si conserva.


La costanza del momento angolare, deriva, a sua volta, dal fatto che la forza è
centrale.

Dimostrazione
Dire che la forza {\displaystyle {\overrightarrow {F}}}{\displaystyle {\
overrightarrow {F}}} agente sul pianeta è centrale, significa dire che, qualunque
sia la posizione del pianeta, essa è parallela al raggio vettore {\displaystyle {\
overrightarrow {r}}}{\displaystyle {\overrightarrow {r}}}.

Si ha inoltre, dal secondo principio della dinamica:

{\displaystyle {\overrightarrow {F}}=m{\overrightarrow {a}}}{\displaystyle {\


overrightarrow {F}}=m{\overrightarrow {a}}}
dove m ed {\displaystyle {\overrightarrow {a}}}{\displaystyle {\overrightarrow
{a}}} sono rispettivamente la massa del pianeta e la sua accelerazione;

si ha anche, per definizione di momento angolare orbitale {\displaystyle {\


overrightarrow {L}}}{\displaystyle {\overrightarrow {L}}} :

{\displaystyle {\overrightarrow {L}}=m{\overrightarrow {r}}\times {\overrightarrow


{v}}}{\displaystyle {\overrightarrow {L}}=m{\overrightarrow {r}}\times {\
overrightarrow {v}}}
dove il simbolo {\displaystyle \times }\times denota il prodotto vettoriale e {\
displaystyle {\overrightarrow {v}}}{\displaystyle {\overrightarrow {v}}} è la
velocità del pianeta.

A questo punto, osserviamo che:

{\displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {L}}}{\operatorname {d}


t}}=m\left({\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {r}}}{\operatorname {d} t}}\
times {\overrightarrow {v}}+{\overrightarrow {r}}\times {\frac {\operatorname {d}
{\overrightarrow {v}}}{\operatorname {d} t}}\right)=m{\overrightarrow {v}}\times {\
overrightarrow {v}}+m{\overrightarrow {r}}\times {\overrightarrow {a}}=}{\
displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {L}}}{\operatorname {d}
t}}=m\left({\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {r}}}{\operatorname {d} t}}\
times {\overrightarrow {v}}+{\overrightarrow {r}}\times {\frac {\operatorname {d}
{\overrightarrow {v}}}{\operatorname {d} t}}\right)=m{\overrightarrow {v}}\times {\
overrightarrow {v}}+m{\overrightarrow {r}}\times {\overrightarrow {a}}=}
{\displaystyle =m{\overrightarrow {v}}\times {\overrightarrow {v}}+{\overrightarrow
{r}}\times (m{\overrightarrow {a}})=m{\overrightarrow {v}}\times {\overrightarrow
{v}}+{\overrightarrow {r}}\times {\overrightarrow {F}}}{\displaystyle =m{\
overrightarrow {v}}\times {\overrightarrow {v}}+{\overrightarrow {r}}\times (m{\
overrightarrow {a}})=m{\overrightarrow {v}}\times {\overrightarrow {v}}+{\
overrightarrow {r}}\times {\overrightarrow {F}}}
ma entrambi i prodotti vettoriali sono nulli perché coinvolgono vettori paralleli,
pertanto:

{\displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {L}}}{\operatorname {d}


t}}=0}{\displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {L}}}{\operatorname
{d} t}}=0}
ossia

{\displaystyle {\overrightarrow {L}}={\text{costante}}}{\displaystyle {\


overrightarrow {L}}={\text{costante}}}
La velocità areolare è costante.
Dimostrazione
Keplero velocità areolare.jpg
Infatti, nella figura qui a fianco OA rappresenta il raggio vettore e AB la
traiettoria del pianeta nel tempo Δ t. Se Δ t è sufficientemente piccolo, AB può
essere approssimato da un segmento di retta. Sia inoltre θ l'angolo tra il raggio
vettore e AB. Nel tempo Δ t viene quindi descritta un'area
{\displaystyle \Delta S={\frac {1}{2}}{OA}\cdot {AB}\cdot \sin(\theta )}\Delta S={\
frac {1}{2}}{OA}\cdot {AB}\cdot \sin(\theta )
La velocità areolare è quindi

{\displaystyle v_{A}=\lim _{\Delta t\rightarrow 0}{\frac {\Delta S}{\Delta t}}={\


frac {1}{2}}vr\sin(\theta )}v_{A}=\lim _{{\Delta t\rightarrow 0}}{\frac {\Delta S}
{\Delta t}}={\frac {1}{2}}vr\sin(\theta )
essendo

{\displaystyle v=\lim _{\Delta t\rightarrow 0}{\frac {AB}{\Delta t}}}v=\lim _{{\


Delta t\rightarrow 0}}{\frac {AB}{\Delta t}}
la velocità orbitale istantanea. Poiché {\displaystyle mvr\sin(\theta )}mvr\sin(\
theta ) è il modulo del momento angolare, risulta {\displaystyle v_{A}={\frac {L}
{2m}}}v_{A}={\frac {L}{2m}}. Pertanto, se L è costante, anche {\displaystyle
v_{A}}v_{A} lo è.

Illustrazione della legge delle aree


La seconda legge di Keplero risulta quindi generalizzabile a un qualsiasi moto
centrale, legando l'accelerazione tangenziale alla velocità areolare.

La velocità orbitale non è costante, ma varia lungo l'orbita. Le due aree


evidenziate nella figura qui a fianco sono infatti uguali e vengono quindi percorse
nello stesso tempo. In prossimità del perielio, dove il raggio vettore è più corto
che nell'afelio, l'arco di ellisse è corrispondentemente più lungo. Ne segue quindi
che la velocità orbitale è massima al perielio e minima all'afelio.
Animazione della seconda legge.
La componente della velocità ortogonale al raggio vettore per una determinata
orbita è inversamente proporzionale al modulo del raggio vettore. Questa è una
conseguenza della conservazione del momento angolare. Infatti, indicato con {\
displaystyle \theta }\theta l'angolo tra il raggio vettore e la tangente
all'orbita, ossia tra il raggio vettore e il vettore velocità, il modulo del
momento angolare {\displaystyle L=mvr\sin(\theta )}{\displaystyle L=mvr\sin(\
theta )} è costante, ma {\displaystyle v\sin(\theta )}{\displaystyle v\sin(\
theta )} rappresenta la componente {\displaystyle v_{\perp }}v_{\perp} della
velocità ortogonale al raggio vettore; pertanto, il prodotto {\displaystyle mv_{\
perp }r}{\displaystyle mv_{\perp }r} è costante e, dato che anche la massa m è
costante, è evidente che {\displaystyle v_{\perp }}v_{\perp} è inversamente
proporzionale al modulo r del raggio vettore.
Importante: In generale, la componente {\displaystyle v_{\perp }}v_{\perp} della
velocità ortogonale al raggio vettore non coincide con la componente {\displaystyle
v_{t}}{\displaystyle v_{t}} della velocità tangenziale all'orbita. Invece, ciò è
sicuramente vero quando l'orbita è circolare.

Sul pianeta viene esercitata una forza centrale, cioè diretta secondo la
congiungente tra il pianeta e il Sole. La seconda legge della dinamica per i
sistemi in rotazione è
{\displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow {L}}}{\operatorname {d}
t}}={\overrightarrow {M}}}{\displaystyle {\frac {\operatorname {d} {\overrightarrow
{L}}}{\operatorname {d} t}}={\overrightarrow {M}}}
dove {\displaystyle {\overrightarrow {M}}}{\displaystyle {\overrightarrow {M}}} è
il momento meccanico applicato. Poiché {\displaystyle {\overrightarrow {L}}}{\
displaystyle {\overrightarrow {L}}} si conserva, la sua variazione è nulla e quindi
anche {\displaystyle {\overrightarrow {M}}}{\displaystyle {\overrightarrow {M}}} è
nullo. Questo può accadere solo se {\displaystyle {\overrightarrow {F}}}{\
displaystyle {\overrightarrow {F}}} è parallelo a {\displaystyle {\overrightarrow
{r}}}{\displaystyle {\overrightarrow {r}}}, cioè è diretto come la congiungente con
il Sole.
Terza Legge (Legge dei periodi, 1619)

Grafico logaritmico del semiasse maggiore (in Unità Astronomiche) in funzione del
periodo orbitale (in anni terrestri) per gli otto pianeti del Sistema Solare. Dati
da Planetary Fact Sheet - Ratio to Earth Values (NASA).
La terza legge afferma che:

«I quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono
proporzionali al cubo del semiasse maggiore.»

Il rapporto tra il quadrato del periodo di rivoluzione e il cubo del semiasse


maggiore dell'orbita è lo stesso per tutti i pianeti.

Questa legge può essere espressa in forma matematica nel modo seguente:

{\displaystyle T^{2}={k}\cdot {a^{3}}}{\displaystyle T^{2}={k}\cdot {a^{3}}}


dove {\displaystyle a}a è il semiasse maggiore dell'orbita, T il periodo di
rivoluzione e K una costante (a volte detta di Keplero), che dipende dal corpo
celeste attorno al quale avviene il moto di rivoluzione.

Se si considera il moto di rivoluzione dei pianeti del sistema solare attorno al


Sole e si misurano le distanze in unità astronomiche e il tempo in anni siderei
(come nella figura qui a fianco) K vale 1. Rimarchiamo il fatto che la terza legge
vale anche per i satelliti che orbitano intorno ai pianeti: il valore della
costante, cambia da pianeta a pianeta mentre per un fissato pianeta, essa è uguale
per tutti i satelliti del suddetto pianeta. Per un'orbita circolare la formula si
riduce a
{\displaystyle T^{2}=K{r^{3}}}{\displaystyle T^{2}=K{r^{3}}}
dove r è il raggio dell'orbita.

Si può dimostrare che {\displaystyle K={\frac {4\pi ^{2}\mu }{|k|}}}K={\frac {4\pi


^{2}\mu }{|k|}}, con {\displaystyle k=Gm_{1}m_{2}}k=Gm_{1}m_{2} per il caso
gravitazionale e {\displaystyle \mu }\mu massa ridotta. La dimostrazione è
particolarmente semplice nel caso di orbita circolare di raggio {\displaystyle a}a
e nell'approssimazione in cui una massa (per esempio quella del sole) sia molto più
grande dell'altra (pianeta), ovvero {\displaystyle m_{1}\gg m_{2}}m_{1}\gg m_{2}.
La forza di attrazione gravitazionale è {\displaystyle F_{G}={\frac {Gm_{1}m_{2}}
{a^{2}}}}{\displaystyle F_{G}={\frac {Gm_{1}m_{2}}{a^{2}}}}, e la forza centripeta
(supponendo {\displaystyle m_{1}}m_{1} fissa) è {\displaystyle F_{C}=m_{2}\omega
^{2}r}{\displaystyle F_{C}=m_{2}\omega ^{2}r} dove {\displaystyle \omega ={\frac
{2\pi }{T}}}{\displaystyle \omega ={\frac {2\pi }{T}}} è la pulsazione e {\
displaystyle T}T il periodo. Uguagliando le due forze si ottiene

{\displaystyle {\frac {4\pi ^{2}}{T^{2}}}={\frac {Gm_{1}}{a^{3}}}}{\frac {4\pi


^{2}}{T^{2}}}={\frac {Gm_{1}}{a^{3}}}
Limiti di validità delle leggi di Keplero e loro applicabilità
Va specificato che le leggi di Keplero così formulate sono esatte se e solo se sono
soddisfatte le seguenti ipotesi:

la massa del pianeta è trascurabile rispetto a quella della stella di riferimento;


il pianeta e la stella possono essere modellizzati come punti materiali;
si possono trascurare le interazioni tra diversi pianeti, o tra pianeta e altri
corpi come satelliti (tali interazioni portano a leggere perturbazioni sulla forma
delle orbite);
l'intensità della gravità permette di trascurare gli effetti della teoria della
relatività generale.
Ci si è riferiti sempre ai pianeti, ma le tre leggi di Keplero sono applicabili a
qualunque corpo orbitante intorno ad un altro, per esempio ai satelliti, naturali o
artificiali (sempre sotto le ipotesi qui sopra).

Note
^ Dimostrazione della seconda legge di Keplero, su matematicamente.it, 27 maggio
2018.
Bibliografia
Frederick J. Bueche, Fisica, Milano, Principato, 1991
Paride Nobel, Fenomeni Fisici, Napoli, Editrice Ferraro, 1994 ISBN 88-7271-126-6
Le tre leggi di Keplero
La distanza media di un pianeta dal Sole
Voci correlate
Velocità areolare
Derivazione delle leggi di Keplero
Perturbazione (astronomia)
Altri progetti

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