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Interpretazione matematica delle leggi di

Keplero.

Giuseppe Buccheri

21 Giugno 2006
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“Eh, mio reverendo amico, - gli dico io, seduto sul murello, col mento appoggiato al pomo del
bastone, mentr'egli attende alle sue lattughe. - Non mi par più tempo, questo, di scriver libri,
neppure per ischerzo. In considerazione anche della letteratura, come per tutto il resto, io debbo
ripetere il mio solito ritornello: Maledetto sia Copernico!”

[Luigi pirandello, “Il fu Mattia Pascal”]


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Capitolo 1
Prima di Keplero

1.1 Difesa di un filosofo…

L’uomo moderno ha sempre ritenuto l’opera di Claudio Tolomeo uno dei più imponenti freni che
siano mai stati posti allo sviluppo della conoscenza umana del mondo e dell’Universo.
Ciò avviene anche con una certa dose di ipocrisia da parte di un Occidente che sull’onda di una
tradizione di pensiero che va dalla rivoluzione scientifica ai nostri giorni, si atteggia a garante di
quell’approccio filosofico storicamente definito scientifico.
In realtà sarebbe opportuno perlomeno inquadrare l’opera dell’astronomo di Alessandria
nell’ambito della sua attività di matematico “puro”, e in tal senso l’Almagesto rappresenta un
autentico atto di onestà intellettuale, uno dei più esemplari che la storia ci abbia offerto.
Tolomeo è un attento osservatore dei cieli di Alessandria e da essi attinge una gran mole di dati con
l’unico proposito di elaborare un impianto teorico che, per quanto complesso, possa descrivere in
maniera coerente i meccanismi celesti; tale sistema rimane valido a lungo e per 1500 anni
rappresenta il punto di riferimento indiscusso del mondo filosofico e scientifico.
Nel Seicento la nascita del sistema eliocentrico mette in crisi la visione tolemaica dell’universo e
Tolomeo entra nella schiera di quanti, come Aristotele, sono accusati di aver ostacolate le tappe
dello sviluppo scientifico.
In realtà tale opinione, diffusa ancor oggi anche nei salotti “buoni”, nasce da un’errata
interpretazione, troppo letterale forse, del pensiero del filosofo: Tolomeo è prima di tutto un
matematico e quando parla dell’Universo nel suo Almagesto non intende dire che esso è proprio
così ma che, dando per validi taluni dati empirici, si ottiene un modello matematico che descrive
con buona approssimazione il mondo fisico.
Si tratta di uno dei primi esempi di teoria fisico-matematica nel senso moderno del termine, e di
questo dobbiamo certamente prenderne atto.

1.2 Da Copernico…

Nel 1530 l’astronomo polacco Nicolò Copernico pubblica, prima di morire, la sua opera principale
“De rivolutionibus orbium coelestium” dove elabora un modello fisico in cui pone il sole al centro
dell’Universo mentre gli altri pianeti, compresa la Terra, ruotano intorno ad esso.
Il sistema solare è ancora al centro dell’Universo, le orbite sono circolari, i movimenti sono ancora
causati da entità divine e spirituali ma il nuovo modello permette di semplificare di molto la
descrizione del moto dei pianeti mantenendo al tempo stesso la coerenza del sistema Tolemaico.
Anche Copernico, come Tolomeo, non poteva sapere con certezza se l’Universo funzionasse
veramente così come aveva pensato tant’è che, prima di morire, consapevole della difficoltà che la
sua teoria avrebbe incontrato, rinnega la sua opera dedicandola al Papa.
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1.3…a Keplero
Le idee di Copernico iniziarono a circolare come pure ipotesi matematiche senza grosse difficoltà
finché Giordano Bruno prima e Galileo Galilei dopo, sebbene in modalità del tutto differenti, ne
diedero un’interpretazione fisica. Da allora qualunque testo si ispirasse alla teoria copernicana fu
messo al bando subendo la censura dell’autorità ecclesiastica.
E’ in questo clima di repressione culturale che si colloca l’opera dell’astronomo danese Tycho
Brahe che raccoglie una mole sterminata di dati relativi al moto e alla posizione dei pianeti durante
l’anno.
Se Brahe rimane palesemente perplesso di fronte ai dati, incapace di cogliere relazioni matematiche
in una pletora di numeri e appunti, meglio riesce a fare il suo allievo, il giovane matematico
Johannes Kepler che alla morte del maestro diviene astronomo di corte.
Keplero esegue un lavoro di analisi e revisione dei dati raccolti da Brahe che durò ben ventitrè anni,
al termine dei quali enunciò nella sua opera principale “Harmonices mundi” le tre leggi che
regolano il moto dei pianeti.
Si trattava al momento di legge empiriche, suggerite dall’esperienza, prive di una qualsiasi
giustificazione di tipo matematico, ma ciò fu sufficiente perché mettessero in moto il genio creativo
di una delle più grandi menti matematiche della storia, quello di Sir. Isaac Newton.
Le tre leggi, così come le aveva enunciate Keplero, possono essere sintetizzate in questa forma:

- “i pianeti girano intorno al Sole descrivendo orbite ellittiche di cui il Sole


occupa uno dei fuochi”

-“il raggio vettore che congiunge il Sole con il pianeta spazza aree uguali in tempi uguali”

-“il quadrato del periodo di rivoluzione è direttamente proporzionale al cubo dell’asse maggiore
dell’orbita”.
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Capitolo 2
Interpretazione matematica
2.1 Il genio di Newton
Intorno al 1666 Newton aveva intuito che tutti i corpi dell’Universo si attraggono tra di loro con una
forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e all’inverso del quadrato della
distanza1. Dopo una pausa durata dieci anni nel corso della quale Newton si dedicò allo studio
dell’ottica, nel 1679 ritornò ad occuparsi del problema del moto dei pianeti forte dell’ausilio di quel
potente strumento matematico che è il calcolo differenziale che lui stesso aveva elaborato2.
Il matematico espose i suoi risultati nella sua opera principale “Philosophiae Naturalis Principia
Matematica” che pubblicò nel 1687.
Nell’opera Newton formula tra l’altro i principi della meccanica classica ed è grazie ad essi che
riesce ad elaborare una giustificazione matematica delle tre leggi che Keplero aveva enunciato anni
addietro.

2.2 Alcune considerazioni

Quella che riporteremo qui di seguito non è la dimostrazione di Newton.


E’ vero che il matematico inglese si servì del calcolo differenziale per dimostrare le leggi di
Keplero ma lo fece servendosi di un apparato teorico ancora rudimentale, per certi versi
caratterizzato ancora dall’opera di matematici come Isaac Barrow, Cartesio, Pierre de Fermat,
Christiaan Huygens e John Wallis che prima di lui si erano già mossi in tal senso.
Il calcolo di cui si servì Newton è ancora molto lontano dalla veste formale con cui lo conosciamo
noi oggi e presenta molte difficoltà legate a quell’insieme di assiomi e definizioni che costituiscono
le fondamenta di ogni teoria matematica3.
In breve: Newton dovette fare i conti con difficoltà matematiche notevoli, per niente paragonabili a
quelle che incontreremo noi tra poco.

2.3 Le leggi di Keplero

A causa della consistenza della dimostrazione relativa alla prima legge di Keplero, notevolmente
più complessa delle altre due, affronteremo dapprima la dimostrazione della seconda e della terza
legge per poi passare alla prima.

N.B. In questo lavoro a indicherà il vettore a. Si prenderanno in considerazione un corpo di massa M e uno di massa m;
si trascurerà ogni effetto dovuto all’attrazione gravitazionale di altri corpi esterni in modo tale che il sistema possa
considerarsi chiuso e isolato.

m1m2
1
In termini matematici si ha che: F = G i essendo F la forza e i il versore direzionale orientato come F .
r2
2
Newton e Leibniz elaborarono nello stesso periodo e in modo del tutto autonomo il calcolo infinitesimale.
3
Un esempio che può essere riportato a tal proposito è il seguente: Newton sviluppava in serie senza sapere cosa fosse
una serie.
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Seconda legge di Keplero:

“il raggio vettore che congiunge il Sole con il pianeta spazza aree uguali in tempi uguali”.

Qualitativamente significa che la velocità del pianeta è maggiore quando è più vicino al sole e
minore quando è più lontano.
Tale legge è perfettamente equivalente al principio di conservazione del momento angolare.
Si consideri la seguente figura:

1 2
L’area del triangolo che si vede in figura è data da ∆A = r ∆θ ; la rapidità istantanea con la quale
2
tale superficie viene spazzata dal pianeta si ottiene derivando rispetto al tempo:

dA 1 2 dθ 1 2
= r = rω (2.1)
dt 2 dt 2

Il momento angolare del pianeta rispetto al sole è dato da

L = rmv⊥ = rmrω = mr 2ω (2.2)

essendo v⊥ la componente del vettore velocità perpendicolare a r. Eliminando r 2ω tra la (2.1) e la


(2.2) si ottiene:

dA L
= (2.3)
dt 2m

dA
Se è costante come afferma la seconda legge di Keplero, allora anche L è costante; e ciò è
dt
corretto se si parte dall’ipotesi, come abbiamo fatto noi, che il sistema è chiuso e isolato.
La seconda legge di Keplero è dunque equivalente al principio di conservazione del momento
angolare che può essere dedotto facilmente dalle leggi della dinamica newtoniana.

Osservazione: l’accelerazione cui è sottoposta una cometa quando passa nelle vicinanze del sole è
un effetto di questo fenomeno e una diretta conseguenza del principio di conservazione del
momento angolare.
7

Terza legge di Keplero:

“il quadrato del periodo di rivoluzione è direttamente proporzionale al cubo dell’asse maggiore
dell’orbita”.

Qualitativamente significa che i pianeti maggiormente lontani dal sole impiegheranno un tempo
maggiore per percorrere l’orbita rispetto a quelli più vicini.
Anche questa è una diretta conseguenza delle leggi della dinamica classica.
Dimostriamo questa legge per un’orbita circolare; per la II legge della dinamica si ha che:

∑F r
= ma r (2.4)

Essendo r l’asse radiale diretto come la congiungente il pianeta con il sole. Passando in forma
scalare e ricordando che la forza centripeta4 è in questo caso formalmente eguale a quella
gravitazionale si ha che:

Mm
G 2
= mω 2 r (2.5)
r


semplificando la (2.5) e ricordando che ω = otteniamo
T

 4π 2  3
T2 = r (2.6)
 GM 

che è proprio la terza legge di Keplero.

Osservazioni: si dimostra che l’equazione (2.6) è valida anche per orbite ellittiche purché si
sostituisca a r il valore del semiasse maggiore a. Notiamo anche che conoscendo i valori di T e di a
è possibile risalire alla massa M del corpo centrale.

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Dalla dinamica rotazionale ricordiamo che per un corpo in moto lungo una circonferenza di raggio r e velocità v si ha
mv 2
F= = mω r
2

r
8

Prima legge di Keplero:

“i pianeti girano intorno al Sole descrivendo orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi”

Si consideri la legge di gravitazione universale:

m1m2
F=G i (2.7)
r2

essendo i il versore direzionale.


A tale forza è associato un campo gravitazionale radiale dato da:

M
=G i (2.8)
r2

Si dimostra facilmente che tale campo è conservativo, vale a dire che può essere espresso come
gradiente di una certa funzione V(r) detta potenziale gravitazionale; in termini matematici si
dimostra nella fattispecie che

 = (Φ , Φ  ∂V ∂V ∂V 
, Φ z ) = −∇V =  , , (2.9)

 ∂x ∂y ∂z 
x y

Partendo dall’ipotesi che il campo gravitazionale possa essere espresso come gradiente della
funzione potenziale è possibile dimostrare che esso è un campo conservativo; si ha che
 = −∇V (2.10)

moltiplicando scalarmente ambo i membri per il vettore spostamento infinitesimo si ottiene

ds ⋅
 = −∇V ⋅ ds (2.11)

Dette A e B le posizioni iniziali e finali dello spostamento, integrando primo e secondo membro si
ottiene

B
 ⋅ ds = − [V ( B) − V ( A)] = V ( A) − V (B)

A
(2.12)

L’integrale che si trova a primo membro è il lavoro svolto dal campo gravitazionale e poiché esso è
funzione solo delle posizioni iniziali e finali come si può constatare guardando il secondo membro
della (2.12), possiamo concludere che il campo gravitazionale è conservativo.5
Poiché il campo gravitazionale è conservativo può essere definita, a meno di una costante, una
funzione U(r)6 detta energia potenziale gravitazionale tale che

Mm
U (r ) = −G +c (2.13)
r
5
Un campo di dice conservativo quando il lavoro svolto lungo un certo percorso dipende solo dalle posizioni iniziali e
finali.
6
Non dimostreremo come si ricava l’espressione di U(r) ricordando tuttavia al lettore che può essere dimostrata a
partire dalla relazione L = −∆U valida per i campi conservativi.
9

dove c è una costante che si pone generalmente uguale a zero in modo che l’energia potenziale
gravitazionale sia nulla all’infinito dove quindi assume il valore massimo.
E’ noto dalla dinamica newtoniana che per i campi conservativi, nell’ambito di sistemi chiusi e
isolati vige il principio di conservazione dell’energia meccanica E; ciò significa che la somma delle
due quantità

1 2 Mm
mv − G =E 7
(2.14)
2 r

è costante.
Si consideri la situazione schematizzata in figura dove consideriamo un sistema di riferimento
polare con l’origine in cui è posta la massa fissa M.

In virtù delle condizioni inizialmente ipotizzate è lecito dire che la risultante dei momenti torcenti
agenti sul sistema dei due corpi è nulla, quindi

dL
∑ ext
=
dt
=0 (2.15)

da cui si deduce facilmente che L, il momento angolare del sistema, è costante.


dr
La velocità ha due componenti, una radiale vr = v cos α = e una trasversale
dt

vϕ = v sin α = ω r = r tali che v 2 = vr2 + vϕ2 .
dt
Tenendo conto di tali relazioni la (2.14) diventa

1  dr   dϕ  
2 2
Mm
m   +  r   = E +G (2.16)
2  dt   dt   r

Il modulo del momento angolare, costante nel tempo, è dato da

 dϕ 
L = mrv sin α = mr  r  (2.17)
 dt 

dE
7
E’ lo stesso che scrivere =0
dt
10

da cui otteniamo che

dϕ L
= (2.18)
dt mr 2

Combinando la (2.16) con la (2.18) si giunge a

1  dr  L2 
2
Mm
m   + 2 2  = E + G (2.19)
2  dt  m r  r

da cui

dr 2 E 2GM L2
=± + − 2 2 (2.20)
dt m r mr

Dividendo ora membro a membro la (2.18) con la (2.20) si ottiene ϕ (r ) , l’equazione polare della
traiettoria.

dϕ L ±1
= (2.21)
dr mr 2 2 E 2GM L2
+ − 2 2
m r mr

e cioè

dr ±1
dϕ = (2.22)
r2 2 Em 2GMm 2 1
+ − 2
L2 rL2 r

Per ottenere un’equazione in forma chiusa della (2.22) è necessario integrare ambo i membri. A tal
proposito operiamo le seguenti sostituzioni

GMm = k
 2 Em
 2 =a
 L

 2GMm 2 2km
 2
= 2 =b
 L L
1
 r = u

La funzione, scegliendone una qualsiasi tra quella con il meno e quella con il più, si riduce a

du
∫ dϕ = ∫ a + bu − u 2
(2.23)
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il secondo è un integrale notevole e risulta

 2u − b 
ϕ + c = cos −1   (2.24)
 b + 4a 
2

dove la costante c dipende dal valore iniziale dell’anomalia.


Risostituendo i valori e sistemando opportunamente otteniamo:

1 mk  2EL2 
= 2 1 + 1 + 2
cos( ϕ + c)
r L  mk 

2 EL2
che rappresenta l’equazione polare di una conica8 avente eccentricità e = 1 +
mk 2
Ricavata l’equazione polare r = f (ϕ ) possiamo passare alla sua analisi.

Caso 1: e = 0 (circonferenza)

2 EL2
1+ =0
mk 2

mk 2
E=−
2 L2

L’energia meccanica deve essere negativa e cioè

1 2 Mm 2GM
mv − G < 0; v<
2 r r

La velocità trovata è detta velocità di fuga e rappresenta il valore della velocità di un corpo oltre il
quale esso fugge dal campo gravitazionale di un pianeta di massa M. Condizione necessaria ma non
sufficiente affinché l’orbita sia circolare è che la velocità sia minore di quella di fuga. La Terra si
muove con una velocità media di circa 31 Km/sec, inferiore a quella di fuga che risulta essere dalla
(2.28) di circa 52 Km/sec. Si noti come il valore della velocità di fuga non dipenda dalla massa m
del corpo.

Caso 2: 0 < e < 1 (ellisse)

2 EL2
0 < 1+ <1
mk 2

E<0

β
8
L’equazione polare di una conica è = 1 + e cos θ . Se 0< e<1 la conica è un ellisse, se e=1 è una parabola, se e>1,
r
è un’iperbole.
12

Anche in questo caso dunque la velocità deve essere inferiore a quella di fuga, mentre il valore di E
è più elevato rispetto al caso precedente. Le comete che costellano la nube di Oort hanno un’orbita
così allungata perché il valore della loro energia meccanica è E ≈ 0 .

Caso 3: e = 1 (parabola)

E =0

Quando l’energia cinetica di un corpo riesce a bilanciare con una certa approssimazione la sua
energia potenziale gravitazionale la traiettoria che ne risulta è parabolica. E’ il caso dei gravi che
vengono lanciati sulla Terra.

Caso 4: e > 1 (iperbole)

E >0

Quest’ultimo caso si verifica quando il corpo ha una notevole quantità di energia e una velocità
superiore a quella di fuga.
E’ il caso dei meteoroidi che passano nelle vicinanze della Terra ma che riescono a fuggire dal suo
campo d’attrazione. In tal caso le traiettorie seguite da questi corpi sono rami d’iperbole.

2.4 Una considerazione sull’ultimo caso


L’esistenza di orbite iperboliche lascia presupporre la possibilità di effetti analoghi dovuti ad una
forza gravitazionale repulsiva.
Aldilà di qualsivoglia speculazione sulle più moderne teorie cosmologiche e quantistiche sappiamo
che una tale forza repulsiva non esiste.
Tuttavia effetti del tutto equivalenti a quelli ipotizzati sopra si possono osservare nell’ambito
dell’elettromagnetismo: la forza di Coulomb è una legge che dipende, come quella di Newton,
dall’inverso del quadrato della distanza9 e che, a differenza di quest’ultima è anche repulsiva.
Rutherford utilizzò questo dato per calcolare la deflessione delle particelle alfa quando venivano
deviate nel passaggio da una lamina d’oro.

1 q1q2
9
L’espressione formale della legge di Coulomb è F = i
4πε 0 r 2
13

Bibliografia
[1] Isaac Newton: “Philosophiae Naturalis Principia Matematica”, 1687
Testo da cui ho tratto ispirazione

[2] Le coniche: “www.robertobigoni.it/Matematica/Coniche/coniche.htm


Per la parte relativa all’equazione polare delle coniche.

[3] R. Feynman: “La fisica del Feynman”


Per la parte relativa alla teoria sui campi conservativi e per tutto il resto.

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