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5L
25/02/2022
LE EQUAZIONI DI MAXWELL
Nel corso dell’ultimo anno si sono studiati i fenomeni elettrici e magnetici come fossero
eventi a se stanti, guardandone le caratteristiche fisiche indipendentemente dell'uno e
dell’altro. Avendo invece nelle ultime settimane capito che la chiave per il corretto studio del
campo magnetico e del campo elettrico è proprio la consapevolezza che questi due oggetti
siano intrinsecamente collegati, si è giunti, attraverso i passaggi che verranno approfonditi
nella seguente relazione, a enunciare le equazioni di Maxwell.
È possibile dire che le equazioni di Maxwell, apparse per la prima volta al completo e in
forma differenziale nel testo “A Dynamical Theory of the Electromagnetic Field” nel
1865, rappresentano una sintesi formale delle conoscenze acquisite in circa un secolo di
esperimenti. Da quello realizzato nel 1784 dal fisico Coulomb (1), che constatava come la
forza elettrostatica di due cariche che interagiscono fra di loro sia direttamente proporzionale
𝑞1𝑞2
alla quantità di carica e inversamente proporzionale al quadrato della distanza (𝐹 = 𝑘 2 ),
𝑟
a quello del fisico danese, H. C. Ørsted (2), che nel 1820 aveva intuito la possibile
correlazione tra fenomeni elettrici e magnetici osservando il comportamento dell’ago di una
bussola avvicinato ad un filo percorso da corrente, o a quelli di Faraday (3) ed Ampere.
Fu proprio dopo la divulgazione delle equazioni di Maxwell che ci si rese conto di come
queste ottenessero risultati diversi a secoda della posizione dell osservatore; rendendole
incompatibili con il Principio di Relatività Galileiana andavano a mettere in crisi, insieme al
fenomeno della radiazione del corpo nero, certezze che semrbavano ormai inconfutabili
della fisica moderna, una fisica che alla fine dell ‘800 risultava strutturata in questo modo:
Σ𝑖𝑞𝑖
Φ𝑠(𝐸) = ε0
L’equazione che permette di descrivere il flusso che attraversa una superficie chiusa s è
anche conosciuta come Legge di Gauss. Poiché del campo elettrico ne esistono le sorgenti
(questa è la grande differenza con il campo magnetico) le linee di campo risulteranno
sempre dalla direzione definita (si pensi al campo elettrico radiale generato da una carica
puntiforme).
Che Φ𝑠(𝐸) non dipenda dalla superficie è stato dimostrato sia
sperimentalmente da Coulomb, sia matematicamente da Gauss; se
ne riportano i calcoli, considerando la situazione più semplice, quella
di una sfera contenente una carica Q.
𝑄 𝑄 𝑄 2 𝑄
Φ𝑠(𝐸) = ∫ 𝐸 · 𝑛 𝑑𝑠 = ∫ 2 𝑑𝑠 = 2 ∫ 𝑑𝑠 = 2 · 4π𝑟 = ε0
4πε0𝑟 4πε0𝑟 4πε0𝑟
Φ𝑠(𝐵) = 0
Nel caso del campo magnetico il flusso attraverso una superficie
chiusa s risulta nullo poiché, non esistendo punti di irradiazione, le
linee di campo risultano essere sempre entranti-uscenti
Γ𝑙(𝐸) = 0
Affermare che la circuitazione lungo una linea chiusa l è uguale a zero vuol dire che questa
risulta nulla in ogni punto del campo; questo permette di affermare che il campo
elettrostatico è conservativo.
Cos’è geometricamente la circuitazione? In un certo senso è quel qualcosa che permette di
visualizzare se vi sono nel campo elettrico dei vortici (il fatto che Γ𝑙(𝐸) = 0 permette di dire
che non ce ne sono). Per visualizzare meglio il concetto di vortice è bene ricorrere ad un
esempio, considerando il campo gravitazionale.
Inserendo nel campo gravitazionale un’ elica che
segue le linee di forza, sarebbe possibile trovare
un punto in cui la traiettoria seguita è quella di una
spirale? La risposta è ovviamente no, qualunque
oggetto lasciato cadere tende a raggiungere il
suolo a meno che una forza esterna non lo spinga
nella direzione opposta.
Infatti il campo gravitazionale non produce da sé energia; per portare un oggetto in direzione
opposta alle linee di campo servirebbe un energia esterna, quindi un lavoro.
È vero allora che il campo elettrostatico 𝐸 non produce correnti e che quindi le cariche,
lasciate a se stesse all’interno del campo, non possono compiere un movimento per cui
“tornano all’indietro”. Che la circuitazione sia nulla significa che 𝐸 non produce energia (e
che quindi eventualmente per far muovere le cariche servirebbe, ad esempio, una pila)
Γ𝑙(𝐵) = µ0Σ𝑘𝑖𝑘
Lo scopo di Maxwell, per certi versi, è quello di arrivare alla formulazione di equazioni che
permettano la descrizione delle caratteristiche dei campi 𝐸 e 𝐵 a seconda della variazione
dell’uno e dell'altro (che fossero rispettivamente dipendenti era stato intuito da Ørsted).
La terza equazione, che descriveva la circuitazione del campo elettrico, sarà la prima a
subire una modifica, a partire principalmente dalle osservazioni di Faraday. Infatti in seguito
ad alcuni suoi esperimenti risulta chiara una cosa: la variazione di flusso di un campo
magnetico 𝐵 porta alla generazione di una corrente i indotta. Ma cosa significa avere una
corrente? Avere una differenza di potenziale ∆𝑉.
Ricordando che per la legge di Ohm una forza elettromotrice indotta generata dallo scorrere
di una corrente i all’interno di un circuito è uguale a 𝑓. 𝑒. 𝑚 = 𝑅 · 𝑖 e che la forza
elettromotrice indotta altro non è se non una differenza di potenziale, è possibile affermare
∆Φ(𝐵)
che 𝑓. 𝑒. 𝑚 =− ∆𝑡
(N.B: la presenza del segno meno nella legge di Faraday-Neumann
sta a indicare come il verso del flusso deve essere opposto rispetto al verso del flusso del
campo 𝐵 generato dalla corrente indotta; se così non fosse non verrebbe rispettato il
principio di conservazione dell’energia)
Ricordando ora la definizione di ∆𝑉:
∮𝐹·𝑑𝑠
𝐿 𝐹
∆𝑉 = 𝑞
= 𝑞
=∮ 𝑞
· 𝑑𝑠 = ∮ 𝐸 · 𝑑𝑠
∆Φ(𝐵)
E poiché 𝑓. 𝑒. 𝑚 = ∮ 𝐸 · 𝑑𝑠 =− ∆𝑡
, la circuitazione risulta essere proprio
∆Φ(𝐵)
Γ𝑙(𝐸) = 0 + (− ∆𝑡
)
(Chiaramente si tratta di una circuitazione dipendente dal flusso variabile nel tempo; se si
considera il caso di un campo elettrostatico, quindi con cariche ferme che non generano un
campo magnetico, la circuitazione risulterà effettivamente zero).
Guardando ora al caso precedente ci si accorge di come la terza e la quarta equazione non
risultino più simmetriche; in una interviene il campo magnetico 𝐵, nell’altra non compare
(ancora) il campo elettrico 𝐸.
Proprio alla ricerca di questa simmetria
Maxwell interviene nella formulazione della
quarta equazione a partire da alcune anomalie
o discordanze riscontrabili osservando la
seguente situazione.
Considerato un circuito attraversato da una corrente i, poiché come dimostrato
precedentemente questa è sorgente di un campo magnetico 𝐵, se si andasse a misurare la
circuitazione intorno ad una linea o intorno ad una superficie assimilabile ad un “sacchetto”
si otterrebbero i risultati diversi: in prossimità del condensatore, la circuitazione avrebbe un
valore definito per quanto riguarda la circonferenza, mentre, stando all’ipotesi di Ampere,
risulterebbe nulla laddove non vi è corrente, quindi tra le due piastre del condensatore. Ma
allora se si calcola la circuitazione del “sacchetto”, questa risulta zero o no? Il fatto che
questa grandezza (secondo quanto detto finora) dipendesse dalla superficie portò Maxwell a
introdurre un diverso tipo di corrente, detta “corrente di spostamento” 𝑖𝑠, facendo alcune
considerazioni.
𝑑Φ𝑠(𝐸)
Γ𝑙(𝐵) = µ0𝑖 + µ0𝑖𝑠 → Γ𝑙(𝐵) = µ0𝑖 + µ0ε0 𝑑𝑡
(La corrente di spostamento 𝑖𝑠può essere definita come quella corrente che si prende in
considerazione in quell’intervallo di spazio dove si interrompe e poi riprende la corrente i
presente nel circuito)
5) Le quattro equazioni in forma integrale: significato geometrico e fisico
In sintesi allora:
𝑄
1) ∫ ∫ 𝐸 · 𝑑𝑠 = ε0
𝑠
La prima equazione descrive la capacità di irradiazione della carica Q presente
all’interno di una superficie chiusa. L’integrale è detto integrale di superficie
2) ∫ ∫ 𝐵 · 𝑑𝑠 = 0
𝑠
Il campo magnetico non presenta delle sorgenti, a differenza del campo elettrico 𝐸.
∆Φ(𝐵)
3) ∮ 𝐸 · 𝑑𝑙 = − ∆𝑡
𝑙
In un determinato circuito il campo elettrico 𝐸 non è in grado di accompagnare la
carica lungo tutti i punti di esso o, in altri termini, non è in grado di svolgere un lavoro
sempre positivo. L’ integrale è detto integrale di linea.
4) ∮ 𝐵 · 𝑑𝑙
𝑙
Il campo elettrico 𝐵 è in grado da solo di emettere un’energia tale che in ogni punto
di esso un percorso chiuso risulta percorribile punto per punto senza che sia
necessario un intervento esterno.
Come detto poco prima le equazioni di Maxwell si presentano a volte anche descritte in
modo matematicamente più avanzato. Descriverle come verrà a breve illustrato permette di
passare da considerazioni globali a considerazioni locali.
È bene ricordare che sia il campo elettrico che il campo magnetico sono campi vettoriali (per
cui ogni punto dello spazio è descritto da un vettore).
𝐸 ≡ (𝐸𝑥,𝐸𝑦, 𝐸𝑧) 𝐵 ≡ (𝐵𝑥,𝐵𝑦, 𝐵𝑧)
Si introducono ora i concetti di operatore nabla e di divergenza.
L’operatore Nabla è per certi versi uno strumento costruito da tre derivate parziali che ha
una funzione equivalente a quella della derivata prima in due variabili, determinando
modalità di crescita di uno spazio tridimensionale; presenta caratteristiche simili a quelle di
un vettore.
(NB: il corretto studio di questi oggetti risulta chiaro solo dopo aver
seguito il corso di analisi vettoriale; se ne illustrano quindi
unicamente le funzioni e le caratteristiche essenziali)
La divergenza di un indeterminato vettore 𝑉 è definita dal prodotto scalare del vettore per
l’operatore Nabla, operando sulle derivate delle singole componenti e infine sommando.
Le equazioni di Maxwell a questo punto assumono la seguente forma (avendo bene a mente
che le prime due riguardano il flusso di 𝐸 e 𝐵 e le ultime due la circuitazione).
δ
·𝐸 = ; δ = 𝑑𝑒𝑛𝑠𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑎. 𝐿𝑒 𝑠𝑐𝑎𝑡𝑢𝑟𝑖𝑔𝑖𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜 𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑙𝑎𝑑𝑑𝑜𝑣𝑒 δ ≠ 0
*
( il prodotto vettoriale verrebbe effettuato in questo modo)
6) La radiazione elettromagnetica e l'equazione d'onda
2 2
𝑑𝑢 1 𝑑𝑢
2 − 2 · 2 =0 (1)
𝑑𝑥 𝑣 𝑑𝑡
Prendendo una generica equazione d’onda si andrà a dimostrare come questa descriva
proprio il campo elettrico ed il campo magnetico
2π 2π
𝑢 (𝑥, 𝑡) = 𝐴𝑐𝑜𝑠(𝑘𝑥 − ω𝑡); 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑙𝑐𝑜𝑙𝑜 (𝑘𝑥 − ω𝑡) = φ 𝑘= λ
, ω= 𝑇
𝑑𝑢 𝑑𝑢
𝑑𝑥
=− 𝑘𝐴𝑠𝑒𝑛(φ) 𝑑𝑡
= ω𝐴𝑠𝑒𝑛(φ)
2 2
𝑑𝑢 2 𝑑𝑢 2
2 =− 𝑘 𝐴𝑐𝑜𝑠(φ) 2 =− ω 𝐴𝑐𝑜𝑠(φ)
𝑑𝑥 𝑑𝑡
Inserendo ora quanto ricavato nell equazione (1)
2 2 2π
2 ω 𝐴𝑐𝑜𝑠(φ) 2 ω ω 𝑇 λ
− 𝑘 𝐴𝑐𝑜𝑠(φ) + 2 = 0 𝑑𝑎 𝑐𝑢𝑖, 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑖 𝑜𝑡𝑡𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑘 = 2 →𝑣 = 𝑘
= 2π = 𝑇
𝑣 𝑣 λ
λ
Ora poiché 𝑇
è la velocità di propagazione dell’ onda e poiché col procedere della
dimostrazione di Maxwell si giunge ad una forma per cui µ0ε0 = 𝑣 = 𝑐 (𝑣𝑒𝑙𝑜𝑐𝑖𝑡à 𝑙𝑢𝑐𝑒)
il campo magnetico ed elettrico sono effettivamente, per dimostrazione, delle onde in fase.
1
Questa relazione è il frutto di ore passate ad inserire equazioni, della rinuncia ad un convenzionale
sabato sera, della rinuncia (parziale) di una lunga domenica al mare e del tentativo di parlare di tutto
in modo esauriente senza consegnare in ritardo. Ne sarà valsa la pena? Si spera!