Fabio Durastante
E-mail address, F. Durastante: cirdan90@gmail.com,
URL: http://www.cirdan.it
La fisica e decisamente troppo difficile per i fisici. (David Hilbert)
Sommario. Appunti di fisica 2 raccoglie gli appunti delle lezioni di un
corso di elettromagnetismo ed ottica.
Indice
iii
CAPITOLO 1
1. Elettrostatica
Possiamo a questo punto introdurre le Leggi di Coulumb per lelettro-
statica: due cariche puntiformi e a simmetria sferica q e q 0 rispettivamente
nelle posizioni r e r0 , nel vuoto, rispetto ad un sistema di riferimento fissato
interagiscono con una forza:
1 qq 0 r0 r
(1.1) Fc =
40 |r r0 |2 |r0 r|
La presenza del segno nella formula e dovuta alla regola empirica del-
lattrattivita della forza in caso di cariche differenti, repulsivita in caso di
cariche omologhe.
1
2 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO
2. Magnetostatica
Per parlare di campo magnetico, cominciamo con lintrodurre la Forza
di Lorentz, cioe la forza che un campo magnetico esercita su una carica in
moto:
(2.1) F L = q(v B)
La prima cosa che osserviamo della Forza di Lorentz e che questa risulta
essere puramente deviatrice, ovvero non compie lavoro, poiche v, abbi-
amo inoltre introdotto il simbolo B che chiamiamo vettore di induzione
magnetica, per ora ci limitiamo a definire in modo empirico come la mod-
ellizzazione della proprieta emanata da una calamita, per quanto riguarda le
sue dimensione si ha: [B] = V s/m2 = Weber /m2 = 1 Tesla = 104 Gauss.
Per quanto riguarda la sua espressione analitica, ci lavoreremo nel seguito.
3. Prime conclusioni
Tutte le espressioni di forze viste sino a questo momento sono lineari
nelle cariche, questo sia in quelle che generano leffetto, sia in quelle che
lo subiscono. Questo ci porta a dire che linterazione elettromagnetica puo
essere schematizzata come riguardante solo due cariche alla volta, facendo
uso di quello che e noto come principio di sovrapposizione, possiamo
dunque scrivere:
m m
!
X X
(3.1) F (r) = F c (r)+q(vB i ) = q E i (r) + v B i = q(E+vB)
i=1 i=1
Mentre per quanto riguarda una distribuzione di cariche avremmo che:
dF
(3.2) = E + v B = E + j B
d3 x
Abbiamo quindi ottenuto una forza complessiva generata in parte dalla dis-
tribuzione di cariche statiche e in parte dalla distribuzione delle cariche in
moto. La teoria elettrica e magnetica costruita sin qui presenta, tuttavia,
una serie di gravi problemi, dovuti, sostanzialmente, alla trattazione slega-
ta dei due fenomeni. Si pensi, ad esempio, alla distinzione appena fatta
tra cariche ferme e cariche in moto, che succede se cambio sistema di
riferimento?
cioe:
2 = 2 =
(4.13)
2 A (A) = j 2 A = j
avendo cura di scegliere la Gauge opportuna, ovvero, la Gauge di Coulumb,
ovvero A = 0. Un primo risultato che si ricava dalle equazioni dei poten-
ziali e linvarianza relativistica della carica, ovvero, il valore della carica
elettrica non dipende dalla velocita a cui questa si muove. Osserviamo, in-
oltre, che possiamo considerare le coppie (A, ) e (j, ) come vettore dello
spazio tempo, quadrivettori, ovvero possiamo considerare ununica entita
(A, ) detta quadripotenziale. Un altro risultato immediato e legato alla
conservazione locale della carica. Immaginiamo di avere una quantita
di carica Q allinterno di una superficie S, dopo un tempo t la quantita di
carica Q dentro la superficie e diminuita di Q0 , cioe dentro S ce una carica
di Q Q0 , ovvero:
Z Z
dQ d 3
(4.14) = d3 x = d x
dt dt D D t
avendo supposto che D, dominio di spazio contenuto dentro S, non vari col
tempo. Ora, poiche la S e una superficie chiusa, possiamo anche scrivere:
Z Z
dQ
(4.15) =i= j nd2 x = jd3 x
dt S D
Mettendo insieme questi due risultati si ottiene:
Z
3
(4.16) j + d x = 0 D dominio arbitrario
D t
Ovvero:
La corrente nasce da una variazione della distribuzione delle cariche:
(4.17) = j
t
Valida lequazione di continuita per la carica:
(4.18) + j = 0
t
Possiamo a questo punto enunciare le Equazioni di Maxwell:
Teorema 4.2 (Equazioni di Maxwell - Stazionario). Detto E il vettore cam-
po elettrico, B il vettore di induzione magnetica, la densita di distribuzione
di carica e j la densita di corrente elettrica:
E =
0
(4.19) B = 0
E = 0
B = 0 j
3Equazioni della stessa forma hanno soluzioni della stessa forma, a patto di cambiare
opportunamente i simboli.
4. LE EQUAZIONI DI MAXWELL PER IL CASO STAZIONARIO 7
Con queste equazioni in mano possiamo ottenere subito due risultati notevoli:
La Formula di Laplace. Campo magnetico generato da correnti con-
tenute in un dominio D finito, generate da un unico filo. In un dl infinites-
il campo elettrico, per farlo ci sono diverse strade, la piu diretta e quella di
risolvere lintegrale multiplo in coordinate sferiche dato da:
(r0 ) 3 0
Z
1
(5.1) (r) = d r
40 |r r0 |
considerando che la funzione e quella graficata in fig. 2 e che E(r) =
(r), non e una strada impraticabile, tuttavia lintegrale ci descriverebbe
solo il campo allesterno della sfera, mentre noi siamo interessati a valutarlo
anche allinterno. Per farlo sfruttiamo il Teorema di Gauss, abbiamo che:
Z Z
(5.2) 2
E nd x = (r0 )d3 x0 = Q
da questa vorremo risalire al valore del campo elettrico E, questo ha senso
dove il campo elettrico e costante, altrimenti otterrei solo valori medi di E
per larea della superficie (dal teorema della media integrale), ovvero:
Z
(5.3) <E>S= E nd2 x = Q
in questo caso e una superficie equipotenziale ortogonale al campo, dunque
posso eliminare la dipendenza tra le direzioni di E e quelle della normale
alla superficie n, quindi:
Z Z Z
2 2 Q
(5.4) Q = E nd x = |E|d x = E d2 x = ES E =
S
Poiche la struttura e a simmetria sferica le linee di forza del campo sono
invarianti per rotazioni, dunque E, in coordinate sferiche, e funzione di ,
ma non di e di . Data una superficie equipotenziale di raggio r, abbiamo
che il flusso del campo elettrico attraverso di essa e S (E) = E(r)4r2 ,
per quanto riguarda la quantita di carica questa e tutta quella contenuta
dentro la sfera di raggio R, quindi Q , applichiamo il Teorema di Gauss
come abbiamo fatto sopra otteniamo: S (E) = E(r)4r2 = Q /0 , da cui
segue che:
1 Q
(5.5) E(r > R) =
40 r2
La simmetria sferica si mantiene anche allinterno della sfera di raggio R,
dunque se il campo elettrico fosse presente allinterno della sfera, dovrebbe
10 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO
la lastra con due facce ad essa parallela (si veda fig. 5). Calcoliamo a questo
punto:
(5.14) S (E DS ) = 2E(z)xy = xy
0
cioe:
1
(5.15) E(z) =
20
il campo e dunque costante e non dipende dalla distanza z, idealmente, e
come se le cariche allinfinito si trovassero su un cerchio allinfinito, non
esiste alcune direzione nella quale io possa allontanarmi abbastanza per non
sentire piu leffetto delle cariche.
Campo magnetico prodotto da un filo percorso da corrente.
Facciamo, in primo luogo, unanalisi del variare della carica lungo il filo:
(5.16) dq = d3 x = d2 xdl = d2 xvdt = vd2 xdt = idt
cioe abbiamo che i = dq/dt. Immaginiamo di essere nella situazione della
figura 6, dobbiamo calcolare il contributo al campo di induzione magnetica
di tutti i tratti dl di filo nel punto P sullasse y, per farlo consideriamo che:
0 idl r
(5.17) dB = r2 =
4 dqv r r2
cioe, calcolandone lintegrale lungo il circuito:
idl r
I I
(5.18) B(r) = dB =
C C r2
per averlo nel punto P sullasse y riscriviamo:
0 ir sin dl 0 r3
(5.19) dB = = i dz
4 r3 4 r3
ove |dl r| = r sin dl e sin = r /r, abbiamo quindi che:
Z l/2
0 1 0 i
(5.20) B(P ) = B(r ) = ir 2 2 3/2
dz = f (l)
l/2 4 (r + z ) 4 r
Campo Magnetico prodotto da una spira circolare Vogliamo cal-
colare il campo di induzione magnetica B prodotto da una spira circolare
in un punto P = (0, 0, z) sullasse centrale z della spira stessa. La strut-
tura e quella rappresentata nella figura 7. La prima cosa da osservare e che
B 0 su tutto lanello poiche per ogni punto per cui viene calcolato ce da
avendo osservato che |dl r| = dlr e cos = R/r, possiamo a questo punto
sommare tutti i contributi della spira, integrando su tutto langolo:
Z 2
0 1 0 iR2
(5.22) B z (P ) = iR 2 Rd =
4 (R + z 2 )3/2 0 2 (R2 + z 2 )3/2
Teorema 5.1 (Di Equivalenza di Ampere). Una spira piana si comporta,
ai fini della generazione del campo magnetico, come un aghetto magnetico
con momento di dipolo pari a quello della spira.
Manipolando ancora il vettore di induzione magnetica della spira al
centro, (z = 0), abbiamo:
0 iR2 0 mn
(5.23) B(0) = n =
2 R3 2 R3
dove mn = iR2 n e detto momento di dipolo magnetico.
Campo Magnetico prodotto da un Solenoide per solenoide si in-
tende una bobina di forma cilindrica formata da una serie di spire circolari
molto vicine fra loro e realizzate con un unico filo di materiale conduttore.
Consideriamo un solenoide formato da N spire lungo una lunghezza l. Il
campo magnetico prodotto dal solenoide e la somma dei campi lungo la
stessa direzione generati da tutte le spire, cioe deve essere:
I
(5.24) B dl = B z (0)l = inl0
cioe B z (z) = 0 in.
Definizione 5.1. Chiamiamo H = B/0 intensita campo magnetico o
intensita di magnetizzazione, che misuriamo in Ampere,spire,metro.
(6.4) Lx G(x, x0 ) = n (x x0 )
(6.5) Z
=Lx f (x0 )G(x, x0 )dn x0
dove q(x) e una funzione che non altera la soluzione, cioe tale che Lx q(x) = 0.
In generale possiamo quindi scrivere:
Z
(6.7) U (x) = f (x0 )G0 (x, x0 )dn x0
Ripetendo tutti i conti fin qui effettuati per il potenziale vettore A si ottiene:
(6.14)
(0) 3 3
0 M
X (1) xi 1 X (2) xi xj ij
A(r) = + Mi 3 + M ij 3 5 3 +
2 r r 2 r r
i=1 i,j=1
scalare magnetico, ovvero ha una divergenza non nulla. Questo perche ab-
biamo immaginato nel modello la presenza di due poli per il magnete, che
fungono da cariche localizzate ai fine della generazione del campo.
Coulumb, possiamo quindi scrivere il lavoro tra due punti A, B lungo una
curva C come:
Z B Z B
(7.5) L=q Edr = q d = q((B) (A))
A,C A
Il teorema delle forze vive ci dice che dL = dU , usando lidentita appena
scoperta possiamo dire che dU = qd, ovvero, integrando, che U = q,
introduciamo a questo punto lunita di misura volt come 1 volt (V) = 1
Joule (J) 1 Coulumb (C). In alcuni casi e utile anche lunita di misura
detta Elettronvolt (eV) definita come 1eV = 1.6 1019 J.
Due cariche a distanza ravvicinata. Questo caso si distingue in due
sottocasi, uno dei quali ricade nel precedente, infatti se le cariche hanno
lo stesso segno e conveniente considerare una carica di somma delle due
disposta nel baricentro. Nel caso in cui le cariche avessero segno opposto,
ma modulo uguale, e si trovassero ad una distanza d otteniamo un dipolo
elettrico di modulo |p| = qd, in questo caso possiamo scrivere la forza come:
(7.6)
F = qE(r ) + qE(r+ ) = q(E(r+ ) E(r )) = q[E(r + d) E(r)] =
" # " #
X X
=q E(r ) + (i E)di + E(r ) = q (i E i )di
i i
P
dunque F = i (qdi i )E = (p )E, ovvero se E e uniforme il campo e
zero. Riscrivendola per componenti si ha:
X E X X
i
(7.7) Fi = pj = p j i E j = i pj E j
xj
j j j
Supponiamo ora di avere due file indefiniti percorsi tra corrente disposti
parallelamente tra di loro ad una distanza (vedi fig.8), vogliamo calcolare
leffetto del campo magnetico generato dal primo sul secondo e viceversa,
per farlo sfruttiamo la seconda formula di Laplace, scriviamo dF = i2 dl B
sui quattro lati della spira, come si evince facilmente dalla figura questo
e banalmente F = 0, infatti per ogni punto della spira in cui e applicata
una forza ne esiste uno opposto in cui e applicata la medesima forza con
medesima direzione e verso opposto. Calcoliamo ora il momento risultante,
osserviamo immediatamente che le forze F 1 e F 2 hanno braccio nullo, dob-
biamo dunque preoccuparci solo delle forze F 3 e F 4 , poiche la risultante e
nulla il polo di riduzione rispetto a cui calcoliamo il momento e indifferente,
dunque ci conviene fissarlo nel punto (vedi parte a destra della figura 9),
abbiamo quindi: |M | = b(|B|i)a sin() = iab sin()|B|, ovvero, in forma vet-
toriale M = m B. Questo continua a mantenere lanalogia con il campo
elettrico per cui ricordiamo era M el = p E vettore del momento del dipolo
elettrico. Facciamo una tabella riassuntiva delle analogie tra dipolo elettrico
e dipolo magnetico fin qui ottenute, vedi tab. 1.
Possiamo
R ora calcolare lenergia potenziale di tutta la superficie come U =
dU , osserviamo che iddS (B) rappresenta la corrente concatenata a tutto
il perimetro infinitesimo della spira, cioe:
Z
(7.15) U = dU = iC (B)
Questo poiche ogni tratto di spira e percorso dalla corrente i una volta in un
verso e una volta nel verso opposto, dunque lunica parte a non essere per-
corsa in entrambi i versi e il bordo esterno della superficie stessa. Quanto
abbiamo ottenuto e in realta indipendente dalla superficie, infatti e suffi-
ciente che questa abbia come bordo la C in oggetto5. Osserviamo inoltre
che per il lavoro vale:
(7.16) dL = dU = diC (B) + idC (B)
Dunque se il campo magnetico e disomogeneo, oppure la spira si deforma,
cioe il flusso varia, questo fa variare il lavoro. Supponiamo i costante e
B variabile, ovvero dL = idC (B) e studiamo due casi particolari della
variazione di B allinterno della classe dei movimenti rigidi.
Traslazioni rigide. Supponiamo di fare una traslazione rigida di vet-
tore dz, in questo modo dL = F dr ovvero dL = idC (B) = idr, cioe
F = i(C (B)), che e uguale a zero in caso di B uniforme e diverso da zero
altrimenti.
Rotazioni. Supponiamo di fare una rotazione di vettore angolare d,
in questo modo abbiamo che dL = M d ovvero dL = idC (B) = i d
C
Nel caso in cui invece di una distribuzione discreta volessimo ottenere una
distribuzione continua, possiamo sostanzialmente ottenere lo stesso risultato
a patto di introdurre un piccolo artificio, introduciamo un parametro
[0, 1] per cui possiamo esprimere carica totale e funzione totale come:
q() = qT
(8.5)
() = T
ma era anche:
Z Z
1 1
(8.10) U= d3 x = d3 x poiche (R3 \ D) = 0
D 2 R3 2
26 1. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO STAZIONARIO
(8.11)
Z Z Z
1 3 1 2 3 2
U = 0 ()E + (E)d x = 0 |E| d x + (E)nd x
2 R3 2 R3 R3
Z Z 1 Z
1
= 0 |E|2 d3 x + lim (E)nd2 x = 0 |E|2 d3 x
2 R3 R+ BR (0) 2 R3
| {z }
=0
dove il termine con il limite vale zero poiche il potenziale va allinfinito come
R2 , cioe e sommabile e ha integrale nullo. Se nel compiere tutti questi conti
avessimo tenuto conto anche del campo magnetico avremmo ottenuto:
B2
1 2
(8.12) U= 0 E +
2 0
B
Definizione 8.2. Si chiama vettore campo magnetico il vettore H = 0 .
1
(8.13) U= [E D + B H]
2
Z
1X 1
(8.14) L= qi i = 0 |E|2 d3 x
2 2 R3
i
8. GENERARE UN CAMPO ELETTRICO 27
Cio a cui vogliamo arrivare e una modifica delle eq. di Maxwell per far si
che queste prevedano possibilita di variazione del campo E e del campo B.
Cominciamo dal supporre una variazione della /t, poiche abbiamo ap-
pena osservato che non possiamo creare ne distruggere le cariche elettriche,
dobbiamo supporre lesistenza di un serbatoio di cariche allinfinito da cui
faremo arrivare le cariche. Procediamo per gradi. Supponiamo di avere:
1 q(t)
(0.16) E(r, t) = r
40 r2
mettiamoci nella seguente situazione ideale, il serbatoio di cariche che abbi-
amo appena discusso e una sfera che stiamo caricando con cariche prese dal
serbatoio (vedi fig. 1). In questa situazione possiamo dare la seguente legge
Figura 2. Pila
C come:
I Z A Z B Z A Z B
(0.23) Em dl = Em dl + 0dl = Em dl = Edl := f.e.m.
C B A B A
| {z }
0
che rappresenta la differenza di potenziale ai capi della pila, ovvero quella che
chiamiamo impropriamente forza, e in realta una differenza di potenziale.
Sfruttiamo il concetto che abbiamo appena definito per modificare la
seconda equazione di Maxwell, consideriamo una barretta di materiale con-
duttore che si muove lungo un piano orizzontalmente con una velocita v
costante immersa in un campo di induzione magnetica B costante ortogo-
nale al piano, ovvero la situazione rappresentata nella figura 4, le cariche
contenute nella barretta conduttrice sono sottoposte alla forza di Lorentz
esercitata dal campo di induzione magnetica B, dunque possiamo individ-
uare la forza che su esso agisce come F = qv B a cui possiamo associare
un campo elettromotore Em = v B lungo lasse centrale della sbarretta,
32 2. ELETTROMAGNETISMO: IL CASO NON STAZIONARIO
non far variare il flusso di B e in questo modo abbiamo fissato tutti i versi
ottenendo:
I I Z
(0.27) f.e.m. = Em dl = Edl = (E) nd2 x
S
Non ci resta, per ottenere la coppia finale di equazioni dei potenziali, che
calcolare lultima equazione:
A 2 A
E = = 2 =
0 t 0 t 0
(1.8) 2
1
2 + (A) = 2 2 2 =
t 0 c t 0
| {z }
eq. delle onde o di DAlambert
2 1 =
c2 t2 0
Come era gia accaduto, le equazioni per i potenziali sono uguali, unaltra
verifica del fatto che ha piu senso parlare di campo elettro-magnetico, pi-
uttosto che di campo elettrico e di campo magnetico. Risolviamo il caso
generico di questa equazione per una funzione e sostituiamo al termine i
simboli corretti per i due casi.
Dobbiamo quindi risolvere unequazione della forma:
1 2
(1.10) 2 = s(r, t)
v 2 t2 t
con i coefficienti di grado 1 e 0, posti uguali a zero (cioe = = 0),
chiamiamo il coefficiente v velocita di propagazione dellonda:
1 2
(1.11) 2 = s(r, t)
v 2 t2
Prima di mettere mano ai conti facciamo unanalisi qualitativa delle-
quazione, affinche questo problema abbia senso dobbiamo avere che in un
certo istante t in una determinata posizione r la funzione s(r, t), che chi-
ameremo sorgente, sia s(r, t) 6= 0, dopo una certa quantita di tempo t,
caratteristica dellonda in oggetto, questa avra generato un effetto che si
sara propagato in tutto lo spazio, in modo indipendente dalla posizione r
iniziale. Di tutta questa fase transiente sono interessato solo al fatto che
londa sia stata effettivamente generata, questo ci risolve la dipendenza dalle
coordinate dellequazione. Per quanto riguarda la dipendenza dal tempo 4
dobbiamo distinguere due casi, quello in cui la funzione sorgente e costan-
temente attiva, cioe s(r, t) 6= 0 t e quello in cui la sorgente resta accesa
per una quantita limitata di tempo. Queste due situazioni danno origine a
soluzioni completamente diverse. Se siamo nel caso s(r, t) 6= 0 t, abbiamo,
come e logico che sia, che la soluzione tenda asintoticamente al valore della
sorgente, ovvero che s per t , ci troviamo in un caso di soluzione
forzata. Nellaltro caso abbiamo che la soluzione si propaga nel tempo, dal
momento iniziale in cui essa vale zero fino a quando assume un valore piut-
tosto stabile. Vogliamo metterci in questo secondo caso e risolvere dunque
lequazione:
1 2
(1.12) 2 =0
v 2 t2
Le soluzioni di questa equazione sono tutte della forma:
A(r)
(1.13) (r, t) = g(u u0 )
r
dove e la forma esplicita di u a stabilire la soluzione, la u e, in generale,
una funzione di (r, t, k, ), dove r e il vettore posizione, t il tempo, k un
coefficiente che dipende dalle coordinate e un inverso del tempo che funge
da coefficiente per t. La g e detta funzione di modulazione ed e tale
che 1 g +1, mentre A e, in generale, una funzione della direzione di
propagazione r ed e detta ampiezza dellonda. Risolvendo lequazione si
ha che i termini 2 ,k 2 e v 2 devono soddisfare alla seguente relazione detta
relazione di dispersione:
2
(1.14) = v2
k2
Vediamo ora due tipologie di soluzione:
(1) Soluzione in forma di onde piane:
u = k r t che e lequazione affine di un piano.
A costante rispetto a qualsiasi direzione di propagazione.
=0
Impostando i parametri a questo modo la che abbiamo espres-
so e soluzione dellequazione delle onde per ogni f funzione di
modulazione abbastanza regolare.
(2) Soluzione in forma di onde sferiche:
u = |k||r| t equazione di una sfera nello spazio.
A costante.
=1
Impostando i parametri a questo modo la che abbiamo espres-
so e soluzione dellequazione delle onde per ogni f funzione di
modulazione abbastanza regolare.
Nota 1. Lesperienza ci dice, o almeno dovrebbe dirci, che in natura esistono
anche delle onde cilindriche, con una funzione u = |k||r |t, dove r e la
distanza misurata rispetto allasse centrale del cilindro, con una A costante
e un = 1/2, tuttavia con questi parametri non otteniamo una soluzione
dellequazione di DAlambert5. Questo ci pone davanti al fatto che non
tutte le onde sono soluzioni dellequazione delle onde, questa ne rappresenta
solo una determinata tipologia. Tratteremo le onde cilindriche con maggior
dettaglio piu avanti.
Nota 2. Sia londa piana che londa sferica sono soluzioni a un grado di
liberta, cioe possono essere descritte attraverso un solo parametro variabile,
questo a patto di porci nellopportuno sistema di riferimento.
2. Onde elettromagnetiche
Torniamo ora allelettromagnetismo, avevamo trovato che il potenziale
vettore e il potenziale scalare soddisfacevano alla coppia di equazioni 1.9, cioe
a quella che abbiamo chiamato unequazione di DAlambert non omogenea,
con un j 6= 0 e un = 0, ovvero con una sorgente che esiste solo in un
determinato momento di tempo. Possiamo scegliere = 0 e abbiamo una
soluzione per:
1 2A
(2.1) 2 A = 0 j
c2 t2
7Questa scelta non e in realta del tutto arbitraria, essendo la una funzione periodica
di classe almeno C 2 , potrei sempre considerarne lo sviluppo in serie di Fourier e ridurmi a
lavorare sulle armoniche principali sin e cos.
2. ONDE ELETTROMAGNETICHE 41
1. Carica di un conduttore
Supponiamo di avere un conduttore sferico caricato con una carica positi-
va +q, poniamo vicino a questo, ma non in contatto, un secondo conduttore
cilindrico scarico con le basi formate da semisfere, per effetto del campo
elettrico generato dalla sfera abbiamo che gli elettroni liberi del cilindro si
1. CARICA DI UN CONDUTTORE 45
spostano verso il conduttore sferico scoprendo delle cariche positive dal la-
to opposto. Questo campo interagira con quello della sfera e modifichera
ulteriormente il campo totale fino a raggiungere una situazione dequilib-
rio. Abbiamo costruito in questo modo un dipolo elettrico allinterno del
cilindro per effetto dellinduzione elettrica. I campi elettrici allinterno
dei conduttori, se si e raggiunta la condizione di equilibrio, devono essere
necessariamente E(D) = (D) = 0, D dominio in essi contenuto, questo
implica a sua volta che il potenziale del campo elettrico e conservato tutto
sulla superficie dei conduttori ed e costante. Abbiamo quindi ottenuto il
seguente risultato:
Fatto 2. Un conduttore puo essere caricato, ma tutte le cariche si distribuis-
cono sulla superficie del conduttore dove il potenziale e costante, mentre il
campo elettrico interno e 0 e la distribuzione di carica interna e 0.
Dopo aver caricato il conduttore siamo interessati ad indagare il campo
elettrico generato. Supponiamo di avere una carica +q su di un conduttore
sferico e di voler calcolare il campo elettrico in una posizione r dello spazio.
Consideriamo una superficie infinitesima della sfera e costruiamo la solita
superficie cilindrica meta allinterno e meta allesterno del conduttore (ve-
di fig. 3), vogliamo ora calcolare il flusso infinitesimo del campo elettrico
ovvero che:
1 R2
(1.7) =
2 R1
che a sua volta implica |E 2 | > |E 1 |, ovvero le punte disperdono un campo
elettrico maggiore.
Pressione elettrostatica. Consideriamo una sfera cava di un materiale
conduttore, ad esempio dellalluminio, poniamo al disopra una carica q,
questa si distribuira sulla superficie del conduttore, siamo interessati alle
modifiche macroscopiche subite dalloggetto. Un punto infinitesimo della
sfera subira una forza F = d2 x E dove E = E E q , con E q campo
elettrico generato dalla carica nel punto in esame ed E il campo elettrico
generato da tutte le altre cariche sul punto in esame. Ad ogni punto interno
della sfera si affaccia un altro punto antipodale, dunque il campo elettrico
interno si somma punto per punto con il suo opposto ed e globalmente nullo.
Dunque E = /20 , ovvero abbiamo trovato la seguente espressione per la
F:
2 2 2
(1.8) dF = d xF =
20 20
chiamiamo questa forza: pressione elettrostatica.
Proprieta di linearita. Poiche tutte le espressioni dei potenziali sono
lineari nelle cariche possiamo scrivere:
1 = a11 q1 + a12 q2 + + a1n qn
2 = a21 q1 + a22 q2 + + a2n qn
(1.9) .. ..
. P .
=
i j aij qj
P
che induce sulle capacita qi = j Cij i , dove i Cij sono detti coefficienti
di capacita. Supponiamo di avere due conduttori sferici S1 ed S2 ad una
distanza fissata tra di loro, il primo con una carica q1 ed il secondo con una
carica q2 , se vogliamo scrivere il sistema per i loro potenziali otteniamo:
1 = a11 q1 + a12 q2
(1.10)
2 = a21 q1 + a22 q2
le costanti a dipendono fortemente dalla geometria del sistema, in questo, in-
fatti, se consideriamo una superficie sferica immaginaria attorno ad S1 e an-
diamo a calcolare il flusso del campo elettrico generato dalla sfera attraverso
questa superficie otteniamo, dal teorema di Gauss, che S1 (E 1 ) = Qtot /0 ,
48 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI
tuttavia non tutte le linee di campo che escono dalla prima sfera entrano nel
secondo conduttore, come invece avverrebbe se considerassimo due condut-
tori sferici luno dentro laltro. Messa una carica +q sul conduttore interno
1 (vedi fig. 6) questa genera un campo elettrico sulla superficie della sfera
2Osserviamo inoltre che, prima di scaricare la faccia esterna, il campo elettrico gener-
ato da queste due sfere, visto unicamente dallesterno, e indistinguibile da quello generato
da una sfera piena su cui sia posta una carica +q.
1. CARICA DI UN CONDUTTORE 49
Tipo di Condensatore E V C
Qd 0 S
Piano n
0 0 S d
Qr Q(R2 R1 ) R1 R2
Sferico 40
40 r2 40 R1 R2 R2 R1
r Q R2 1
Cilindrico ln 20 l
20 r 20 l R1 ln(R2 /R1 )
Diversi condensatori possono essere attaccati tra di loro sostanzialmente nei
modi indicati nella figura 7, ovvero in parallelo ed in serie, nel primo
per dei campi elettrici E non troppo intensi, possiamo esprimere r = [r02 +
1
2 ] 2 ' r0 e riscrivere la prima delle due equazioni come:
1 e2
(2.6) eE = e = 40 r03 E
40 r03
possiamo quindi riconoscere nella quantita e il momento di dipolo, infatti,
detto langolo di rotazione attorno allasse n:
(2.7)
0 6=< p >=< pk >=< er cos > + < er sin cos > = er < cos >= e
| {z }
=0
Md3 x0 |r r0 |
Z
0
(2.40) A(r) =
4 D |r r0 |3
M 0 M 1
(2.42) 0 = M 0
|r r0 | |r r0 | |r r0 |
2. MAGNETIZZAZIONE, ELETTRIZZAZIONE E POLARIZZAZIONE DELLA MATERIA
59
Osserviamo che se tutte le linee della superficie S sono tangenti al campo non
si conserva niente, infatti queste sono tutte contenute nella superficie S. Se
invece la superficie risulta essere equipotenziale, abbiamo la conservazione
sia di D che di B.
3. Le Correnti
Definiamo due diversi tipi di correnti:
Definizione 3.1. Si dice corrente di conduzione una corrente che fa s
che in un materiale globalmente neutro e fermo alcune cariche negative si
spostino da un punto allaltro del conduttore stesso.
Definizione 3.2. Si dice corrente di convezione una corrente causata
dal moto di un oggetto carico.
Supponiamo di porre due capi di un conduttore ad una differenza di
potenziale costante, questo fara si che gli elettroni allinterno del conduttore
migrino per un tempo finito generando una corrente. Questa si manterra
attiva finche la separazione delle cariche allinterno del conduttore non avra
generato un campo elettrico E i interno in grado di opporsi a quello esterno
E che aveva generato la differenza di potenziale iniziale, cioe per E = E i .
Senza campo elettrico esterno E la forza media su ogni elettrone e pari a
zero, possiamo immaginare che lelettrone compia urti elastici con gli altri
elettroni causando una forza mediamente nulla10.
Se < v >6= 0 questo implica che < 12 me u2 >6= 0, in particolare dalla
relazione di Boltzmann otteniamo che < 12 me u2 >= 32 kT , detto il tempo
medio tra due urti consecutivi degli elettroni, possiamo introdurre la quan-
tita =< u > detta cammino libero medio, cioe la quantita, in media,
di spazio che lelettrone compie prima di urtarne un altro. Se attacchiamo
ai capi del nostro conduttore una pila, cioe se generiamo una differenza di
potenziale, quindi un campo elettrico E abbiamo che:
(3.1) mv i = mui eE
dove abbiamo rappresentato la velocita i-ma dopo un tempo , passando ai
valori medi otteniamo:
< eE > eE e E
(3.2) < ve >=< ui > + =0 =
m 2m 2<u>m
Definizione 3.3. Si definisce mobilita degli elettroni la quantita:
e
(3.3) :=
2m < u >
cioe la mobilita di elettroni e il coefficiente di proporzionalita tra la
velocita media e il modulo del campo elettrico, come abbiamo visto < v >=
E, ricordiamo che avevamo definito j = < v >, da cui, sostituendo
questultima relazione, possiamo ottenere j = < v >= E:
10Come idea siamo piuttosto vicini a quella di un gas perfetto, ci basta sostituire
allipotesi di rarefazione lipotesi di bassa probabilita di urti multipli tra elettroni.
3. LE CORRENTI 63
Nota 7. Non tutti i circuiti elettrici possono essere ridotti ad una sola
resistenza equivalente, e sufficiente considerare il caso di due serie in parallelo
o, equivalentemente, due paralleli in serie (i cosiddetti circuiti a ponte).
Definizione 3.7. Definiamo ramo di un circuito un insieme di elementi
attraverso cui passa una sola corrente.
Definizione 3.8. Definiamo nodo un punto in cui convergono almeno tre
rami.
Definizione 3.9. Definiamo maglia una successione chiusa di rami.
Possiamo a questo punto introdurre le Leggi di Kirchhoff, pure re-
lazioni topologiche dei circuiti elettrici a parametri concentrati che ivi sosti-
tuiscono completamente le ben piu complesse e generali Equazioni di Maxwell.
Teorema 3.3 (Leggi di Kirchhoff). Dato un circuito qualsiasi si ha:
(1) La somma delle correnti entranti, rispettivamente uscenti, in un
nodo e zero.
(2) La somma delle tensioni lungo una linea chiusa (con il segno ap-
propriato in funzione del verso di percorrenza della maglia stessa)
e pari a zero.
Per ottenere la prima legge e sufficiente ricordare che:
Z n
X
(3.14) 0= j nd2 x = ij
S j=1
abbiamo riottenuto una legge simile a quelle del conduttore ohmico, tuttavia
nei materiali di questo tipo, che chiamiamo semiconduttori, il coefficiente
e estremamente piccolo, volendo darne una stima possiamo dire che
1
eT (segue dalla dipendenza lineare da n+ ).
La perforazione del dielettrico. Supponiamo di aver un conden-
satore piano tra le cui facce e posto un dielettrico, il condensatore e attaccato
ad una pila che genera una differenza di potenziale V , nel circuito, mentre
il condensatore si carica, circola una corrente i0 = RV0 , quantita di calore
V2
alla temperatura T0 e data, sfruttando la legge di Joule, da Q+ (T0 ) = R0 ,
V 2
in generale si ha che Q(T ) = R(T ) , la struttura allequilibrio cedera allam-
biente un calore Q (T ) = (T T0 ) (con opportuna capacita termica).
Per determinati valori di E, rispettivamente di V , lungo la linea centrale
tra le piastre del condensatore si puo ottenere la fusione del dielettrico. Da
quel momento la corrente comincia ad aumentare fino a creare un canale di
scarica attraverso cui il condensatore viene messo in cortocircuito14.
La superconduttivita. Per una temperatura 0 < T < 10K alcuni ma-
teriali presentano una resistenza al passaggio di corrente praticamente nulla.
Questo fa s che una corrente si mantenga circolante per tempi estremamente
lunghi, inoltre anche il calore ceduto per effetto Joule e quasi nullo. In questo
modo si ottengono i magneti superconduttori. Questi sono opachi al campo
magnetico fino ad un certo valore di questo, superato il quale il materiale,
pur mantenendo la temperatura, perde le proprieta superconduttive.
14Un cortocircuito e un collegamento fra due punti di un circuito che ha resistenza
nulla, cio impone una tensione nulla (o trascurabile) ai suoi capi e non impone vincoli
sulla corrente che passa attraverso di esso, che puo assumere valori molto elevati.
3. LE CORRENTI 67
di quello nei gas, mentre le mobilita nel gas sono molto maggiori di quelle
in soluzione, il gas e ovviamente molto piu rarefatto.
Fatto 3. Gli ioni che si muovono in un gas generano altri ioni in modo
dipendente dalla corrente, dunque abbiamo:
(3.23) j = (j)E
cioe abbiamo ottenuto un comportamento non ohmico.
Facendo un discorso puramente qualitativo, consideriamo unampolla di
lunghezza l e superficie S come quella in figura 15. Detta n la densita di ioni
nellampolla definita al solito modo abbiamo che il numero di particelle in
essa contenuto e dato nlS, siamo interessati alla sua variazione che possiamo
esprimere come:
dn
(3.24) lS = lS
dt
dove rappresenta il numero di ioni prodotti al secondo, se non ci fosse
campo elettrico gli ioni del gas si ricombinerebbero con una probabilita
che dipende dalla quantita di ioni dei due segni, cioe sara n2 . Bisogna
anche tenere conto degli ioni che toccano gli elettrodi e vengono inseriti nel
circuito, dunque possiamo riscrivere la relazione precedente come:
dn j
(3.25) lS = lS n2 lS S
dt e
dn
in una situazione stazionaria, cioe dt = 0, abbiamo:
j
(3.26) = n2 +
el
Se il gas e relativamente denso ed E e debole, rispetto al cammino libero
medio, cioe alla pressione del gas nellampolla, le particelle non acquistano
notevole velocita, dunque:
j
(3.27) n2 >>
el
ovvero = n2 , questo oggetto si comporta circa come un liquido, dunque:
(3.28) = ne(+ + ) = e (+ + )
nellipotesi di corrente bassa la e indipendente dalla corrente ed e
costante. Se, invece, la corrente e abbastanza forte da non poter trascurare
3. LE CORRENTI 69
j
la quantita nl , cioe quando il cammino libero medio ha dimensione maggiore
di quello dellampolla, possiamo trascurare il termine di ricombinazione n2
e otteniamo:
(3.29) jS = ElS in = jS = ElS
dove in e detta corrente di saturazione. A questo punto possiamo aumentare
ancora il campo elettrico E ed accelerare gli ioni verso gli elettrodi aumen-
tando lenergia cinetica, questo gli fa urtare gli altri atomi neutri allinterno
del gas ionizzandoli. Il gas diventa talmente conduttore da costruire una
resistenza negativa, sembra che il gas spinga le particelle. Questo e il genere
di fenomeni che da luce ai tubi al neon, se si colora lampolla con una vernice
fluorescente, questa acquisita lenergia dagli ioni del gas, si eccita e durante
il processo di scarica emette luce. Se aumento ancora finisco per strappare
direttamente gli elettroni, perdo un fattore 2000 sulla massa e guadagno un
fattore 10.000 sullenergia cinetica. Ottengo una scarica a bagliore. Se riesco
ad aumentare ancora costruisco un canale a bassa resistenza e ottengo una
scintilla/scarica, se alzo ancora ottengo una scintilla ad arco costante.
Abbiamo cos concluso il caso di correnti stazionarie nei dielettrici, come
ultima nota ricordiamo la seguente coppia di equazioni:
j = 0 Equazioni di continuita caso stazionario
(3.30)
j = E Equazione dei conduttori Ohmici
Guardandole bene ci rendiamo conto che possiamo costruire in analogia
a queste due la coppia di equazioni:
B = 0
(3.31)
B = H
come abbiamo gia detto piu volte, equazioni della stessa forma hanno soluzioni
della stessa forma. Dunque le soluzioni che abbiamo visto per la coppia
precedente sono soluzioni anche di queste, ma cosa significa questo? Sup-
poniamo di avere un solenoide di sezione S con un numero N di spire, dalla
prima equazione possiamo scrivere:
(3.32) 0 = S (B) = B1 S1 B2 S2
cioe il flusso di B e costante, dunque possiamo scrivere:
(3.33) |B| =
S
il cilindretto del solenoide svolge un ruolo analogo a quello del filo nella prima
coppia di equazioni, possiamo dunque scrivere, proseguendo lanalogia, che:
I Z B Z B Z
B Bdl
(3.34) H dl = dl = = B dl = l = inl = iN
A A A S S
dunque chiamiamo forza magneto-motrice17 la quantita:
I
(3.35) fmm := H dl = iN
f C
Detta i la corrente che circola nel circuito dobbiamo ora risolvere la seguente
equazione differenziale:
1 t 0 0
Z
(3.44) iR = f i dt
C 0
| {z }
VC (t)
72 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI
Con la condizione iniziale, data dal valore della corrente al tempo t = 0 che
e i(0) = f /R, ci conviene derivare lequazione che abbiamo scritto rispetto
al tempo e risolvere quindi il problema di Cauchy:
di
R dt = C1 i
(3.45) f
i(0) = i0 = R
detto = RC detto tempo caratteristico abbiamo che la soluzione delle-
quazione e data da:
t t
di 1 i t f
(3.46) = dt log = i(t) = i0 e = e
i RC i0 R
Possiamo ora calcolare il lavoro, dunque lenergia, fornita dalla pila per
caricare il condensatore, ricordando che W = f i(t), quindi:
t t +
Z + Z + 2 2
f f f2
(3.47) L = W (t)dt = e = e = = Cf 2
0 0 R R R
0
questo lavoro tuttavia non e stato usato tutto per caricare il condensatore,
parte e andata perduta nella resistenza, infatti possiamo calcolare lenergia
dissipata dalla resistenza per effetto Joule come:
+ +
2t
f2 f2
Z Z
2 1
(3.48) UJ,R = Ri dt = R 2e = = Cf 2
0 0 R R2 2
dunque lenergia immagazzinata tra le armature del condensatore e data da:
(3.49)
Z Z +
UC = V (q)dq = V (t)i(t)dt =
0
t0 t t Z t t0
+ t Z + 2
f
Z Z
= 1 f
e dt0 e dt =
f
e e dt0 =
0 C 0 r r 0 CR2 0
+
t t
f 2 f 2
Z
1 2
= (1 e )e dt = = Cf
CR2 0 CR2 2 2
che fa quadrare il bilancio energetico del circuito, infatti: L = UJ,R + UC .
Il Circuito LR. Questo circuito e lanalogo del precedente solo ponendo
uninduttanza al posto della capacita, ovvero:
R
f L
L
74 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI
v(t) L
C
per cui otteniamo la seguente equazione differenziale:
1 t 0 0
Z
di(t)
(3.67) v(t) = Ri(t) + L + i(t )dt
dt C 0
derivandola rispetto al tempo otteniamo:
dv di d2 i 1
(3.68) = R + L 2 + i(t)
dt dt dt C
18Adottando il simbolo di Newton per la derivata globale rispetto al tempo.
3. LE CORRENTI 75
omettiamo da ora in poi il simbolo parte reale ricordandoci solo che per
passare dalla notazione maiuscola a quella minuscola bisogna applicare la
funzione parte reale. Con questa nuova notazione la soluzione che stiamo
cercando diventa: i(t) = I~M ejt con I~M = ejI . Possiamo ora risolvere
lequazione differenziale, cerchiamo in primo luogo una soluzione particolare
della disomogenea sfruttando la forma appena scritta:
v(t) R
~ =R ~
Z I~ = V
~
R
v(t) L
~ = jL ~ VG 2 j
Z I~ = V
jL = L e
v(t) C
~ = j 1
Z I~ = VG Cej 2
C
v(t) Z
v(t) C
22Per portare avanti i calcoli consideriamo il condensatore piano, questo non e tuttavia
strettamente necessario. Si potrebbero fare i calcoli in tutta generalita, ma allungheremmo
molto.
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 79
!
t0 t0 t0
1 1 Px Py Pz 1
P = + + = Px + Py + Pz
r r x y z r x y z
1 1 r 1 r 1 r
(4.8) = Px + Py + Pz =
r c x c y c z
!
1 1 P r 1 P r
= =
r c r c r2
1 1 1 x y z r
(4.9) = r = 2 i + j + k =
r r r rr r r r r3
!
0 1 1 0 1 P r P r
(4.10) A = P + P = 3
4 r r 4 c r2 r
82 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI
0 P r
(4.19) B'
4 r3
cioe abbiamo ritrovato la legge di Biot-Savart per r 0. Per il campo
lontano, cioe per r + abbiamo che:
0 1 P r
(4.20) B'
4 c r2
cioe lespressione del campo di radiazione magnetica, dunque anche il campo
magnetico lontano si comporta come unonda. Studiamo ora la relazione tra
campo elettrico e magnetico lontano, possiamo riscrivere E come:
1 1 (P r) 0 P r
E' r = r =
40 c2 r3 4 r2
(4.21)
0 P r
=c r = cB r
4c r2
Cioe detta k la direzione di propagazione dellonda e stante la relazione
appena trovata, E = cB r abbiamo la situazione in figura 20, cioe le onde
dT dL
(4.22) = = W = F v = q(E + v B) v = jE
dt dt
4. POTENZIALI RITARDATI E ANTENNE 85
Z2 Z2 Z2
B
limpedenza complessiva vista ai capi A e B del circuito risulta essere:
r
z1 z2
(4.42) z0 = + z 1 z2 + 1
2 4
si puo vedere riducendo tutto il cavo a quello equivalente con impedenza
z0 e aggiungerci in testa, o in coda, uno degli elementi della serie con z1
e z2 se si calcola allora limpedenza equivalente si ottiene questo risultato.
Specializziamo il risultato che abbiamo ottenuto al seguente caso:
jL jL
A
1
v(t) jC
B
possiamo quindi scrivere per limpedenza risultante:
s r
1 (jL)2 L (L)2
(4.43) z0 = jL + =
jC 4 C 4
limpedenza dipende sostanzialmente dal valore della frequenza, dunque
possiamo imporre:
L (L)2 2
(4.44) =0=
C 4 LC
e abbiamo trovato il valore c per cui si annulla limpedenza z0 , in questo
modo tutto il circuito si comporta come una induttanza di impedenza L2 .
Se > c abbiamo impedenza puramente immaginaria, mentre se < c
siamo nel caso di unimpedenza puramente reale. Ovvero nel secondo caso
abbiamo ottenuto una resistenza, cioe abbiamo costruito un circuito in con-
tinua che non oscilla e assorbe sempre corrente. Di fatto ogni condensatore
di questo sistema si deve caricare e questo fa s che il segnale si propaghi
lungo il cavo. Poiche il processo e infinito il generatore deve continuare
88 3. ELETTROMAGNETISMO IN PRESENZA DI MATERIALI
Ottica
Abbiamo osservato che c = 0 0 1 , possiamo quindi dire che in un
mezzo omogeneo ed uniforme la velocita di propagazione dellonda e:
1 c c
(0.47) v= = =
0 0 r r r r n
dove chiamiamo n indice di rifrazione, osserviamo che per il vuoto vale
n = 1. Le onde elettromagnetiche si trasmettono solo nei materiali para/dia-
magnetici, cioe per valori di ' 104 , i paramagnetici, e di ' 104 ,
dunque, in prima approssimazione, possiamo porre n ' r . Ora, in gen-
erale, si ha che n e una funzione di , dunque dipende fortemente dalla
frequenza di oscillazione del campo, ovvero e maggiore per campi statici
e molecole qualsiasi, oppure per frequenza particolari e molecole con bas-
sa inerzia. Altrimenti la molecola fa fatica a seguire gli spostamenti del
campo.
Cerchiamo di ricordare cosa accade al campo elettromagnetico in presen-
za di cambi di materiale e ricostruiamo da quelle relazioni delle informazioni
sulle onde. Ripartiamo dalleq. di Maxwell per il caso dinamico in presenza
di materia:
D = E = B
(0.48) t
B = 0 H = j + D t
1. Rifrazione e Riflessione
Consideriamo due materiali con indice di rifrazione n diverso e unon-
da piana, monocromatica e polarizzata linearmente, vogliamo studiare cosa
accade allonda di vettore k i che incide sulla sulla superficie di separazione
tra i due materiali, si veda la figura 1, chiamiamo k r il raggio riflesso,
k t il raggio trasmesso, mentre siano i , r e t gli angoli di incidenza,
riflessione e rifrazione o trasmissione, misurati tutti rispetto alla nor-
male n parallela alla direzione z. Avevamo scritto la relazione E = cB tra
i moduli del campo elettrico e magnetico associati ad unonda, in presenza
di materia possiamo modificarla semplicemente come E = vB, dove v rap-
presenta la velocita di propagazione dellonda in questi materiali. Poiche
E, B, k formano una terna equiversa possiamo scrivere che:
k
(1.1) EB =
v
possiamo scrivere londa incidente come E i = E 1 ej(ki ri t) e similmente la
riflessa e la trasmessa come E r = E 2 ej(kr rr t+r ) e E t = E 3 ej(kt rt t+t ) ,
sfruttando le relazioni di continuita che abbiamo appena ricalcolato possi-
amo scrivere che:
(1.2) (E i + E r ) n E t n = 0 t P S sup. di separazione
1. RIFRAZIONE E RIFLESSIONE 91
2. Interferenza e Diffrazione
Ripartiamo dalla definizione di intensita luminosa:
1 B2
Z
1 2
(2.1) I = cu = c 0 E + = S nd2 x
2 2 0 D
(2.5) A= |Al |2
l
X
Im ejul
l
(2.6) u = arctan X
Re ejul
l
possiamo quindi risolvere:
X X X
(2.7) I= Al ejul Al ejul = |Al |2 = Il
l l l
dobbiamo tuttavia aggiungere un fattore di interferenza alla precedente
quantita, con il quale otteniamo:
j(uh ul )
X X | {z }
(2.8) I= Il + Al Ah e diff. di fase
l h6=l
possiamo a questo punto calcolare lintensita media delle onde < I >, se
londa l-ma e londa h-ma sono incoerenti il valor medio del termine di
interferenza sara zero e risultera:
X
(2.9) < I >= < Il >
l
se invece londa l-ma e londa h-ma sono coerenti il valor medio di quella
quantita ricadra nellintervallo [1, 1]. Per essere piu precisi in tal senso
dobbiamo imporre nuove ipotesi.
Torniamo al caso del dipolo oscillante che avevamo visto in 4. Avevamo
introdotto i concetti di campo vicino e campo di radiazione, per cui avevamo
introdotto la funzione di Bessel di ordine zero, cominciamo col costruire delle
soluzioni in forma di onda cilindrica, che possiamo ottenere semplicemente
troncando la J0 (u) come J0 (u) ' sin(u), in questo modo possiamo costruire
londa:
A
(2.10) (u) = ej(|k|t)
dove con la coordinata misuriamo la distanza dallasse di propagazione
dellonda cilindrica su un fissato piano ad esso ortogonale.
Nota 11. Questonda non soddisfa lequazione di DAlambert che, nonos-
tante si chiami equazione delle onde, non genera tutte le onde. Per ottenere
lequazione differenziale di cui questonda e soluzione si puo procedere in-
serendo le equazioni di Maxwell in un mezzo non isotropo e con un insieme
specifico di fattori dissipativi.
Consideriamo ora di essere sul piano e di avere una serie di N sorgen-
ti disposte lungo un asse sul piano che indichiamo con x, poniamo ad una
2. INTERFERENZA E DIFFRAZIONE 95
distanza molto grande da questo uno schermo ad esso parallelo di questo con-
sideriamo un punto P (si veda fig. 2) di coordinata x. Nellapprossimazione
Figura 2. Interferenza
del principio sono state costruite delle teorie ad-hoc come il fattore di obliq-
uita, che modula lampiezza dellonda sferica in modo da cancellare gli effetti
allindietro. Per il nostro fine di spiegare la diffrazione tuttavia questo prin-
cipio e piu che sufficiente: quando londa incontra un mezzo opaco alcune
sue parti vengono fermate, mentre londa che passa al centro della fendi-
tura resta piana, le parti che sono vicine ai suoi bordi diventano sorgenti di
onde secondarie sferiche in accordo al principio.
Potremmo ora concentrarci su due casi di diffrazione. La diffrazione
in prossimita della fenditura (diffrazione di Fresnel) e la diffrazione su uno
schermo a grande distanza (diffrazione di Fraunhofer), tuttavia scegliamo di
lavorare solo sulla seconda per sfruttare una serie di approssimazioni simili
a quelle usate nel caso dellinterferenza.
Costruiamo unapprossimazione in modo simile a come abbiamo fatto
per il caso precedente, consideriamo una fenditura di ampiezza su uno
schermo di spessore d e poniamo a distanza D >> d uno schermo. Fissato
un punto P su questultimo abbiamo che questo risulta essere un punto
allinfinito per una fissata direzione , cioe detta x la sua coordinata sullo
x
schermo abbiamo che D = tan (si veda fig. 4). Consideriamo lelemento
ad
(2.17) = ej(kt)
d kd sin
(2.18) = 0 + sin = 0 + sin =
2 2
98 4. OTTICA