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Il campo magnetico

Il campo magnetico
Gli effetti del magnetismo erano noti sin dall’antichità, almeno dal VII a.C., quando si
iniziarono a “osservare” le proprietà di pietre magnetiche (ad esempio Fe3O4, detta
magnetite) in grado di attrarre pezzetti di ferro. Si pensi, infatti, che la parola magnetismo
ha origine dalla zona di Magnesia nell’Asia Minore una delle zone più ricche di minerali
con tali proprietà magnetiche.

Inoltre, sin dal XII secolo circa, si è sfruttato inconsapevolmente il magnetismo terrestre
attraverso l’uso della bussola che rappresentava uno strumento fondamentale nella
navigazione.
Successivamente, nel 1600 William Gilbert ipotizzò che la Terra fosse un gigantesco
magnete. Ma bisognò attendere la seconda metà del 1700 per i primi esperimenti sulla
misura delle forze tra due aghi magnetici. John Michell prima e C. A. Coulomb poi,
misurarono per la prima volta tale forza e osservarono che essa dipendeva dall’inverso
del quadrato della distanza.

All’inizio del 1800 fu Hans Christian Oersted che stabilì che tra fenomeni elettrici e
magnetici c’era uno stretto legame, contrariamente a quanto si pensava fino a quel
momento.
Due caratteristiche fondamentali dei magneti sono:
1. i magneti sono sempre formati da due poli, detti polo nord e polo sud
2. come per le cariche elettriche, due poli opposti si attraggono e due poli uguali si
respingono

Coulomb osservò, inoltre, che spezzando un magnete in due, nel tentativo di separare i
due poli, si ottengono invece due magneti completi ciascuno con i due poli nord e sud. Si
noti che non c’è alcuna evidenza sperimentale dell’esistenza di un monopolo magnetico
anche se in alcune teorie è prevista la sua esistenza; l’unità più piccola esistente è
dunque un dipolo magnetico.

La descrizione dell’interazione magnetica, proprio come nel caso dei fenomeni elettrici, è
possibile attraverso l’idea di campo, definendo un campo magnetico B (il campo B
prende il nome di induzione magnetica).
Hans Christian Oersted
Fino all’esperimento di H.C Oersted del 1813 si riteneva che le interazioni tra
magneti, e quelle tra magneti e la Terra, non avessero niente in comune con i
fenomeni elettrici.

Oersted si accorse che, facendo circolare corrente elettrica in un filo rettilineo, un ago
magnetico posto nelle vicinanze si disponeva tangenzialmente ad una circonferenza,
situata su un piano perpendicolare al filo e avente centro sul filo stesso.
Invertendo il verso della corrente, l’ago magnetico ruotava di 180°.

Di conseguenza, le linee di campo del vettore B, tangenti all’ago magnetico, sono


circolari attorno al filo.

Nord

Sud
André-Marie Ampère
L’anno successivo all’esperimento di Oersted, Ampère, partendo dai risultati ottenuti da
Oersted, osservò che, presi due fili paralleli percorsi da corrente:
• i due fili si attraevano se le due correnti avevano lo stesso verso
• i due fili si respingevano se le due correnti erano di verso opposto
Questo dimostrò che doveva esserci qualcosa di diverso dalle interazioni elettrostatiche
che non potevano essere in alcun modo responsabili di tale comportamento.

Oersted aveva dimostrato che una corrente dà origine ad un campo magnetico. Ampère
dimostra che un tale campo agisce con una forza su un’altra corrente.
Legge di Biot-Savart
Successivamente Biot e Savart ripetendo l’esperimento di Oersted con un singolo filo
determinarono la dipendenza del campo B dall’intensità della corrente e dalla distanza r dal
filo, ossia:

i
B∝
r
Inoltre, le linee di campo sono circonferenze concentriche attorno al filo.
Definizione operativa del campo magnetico
Come abbiamo visto in precedenza, per definire il campo elettrico E in un punto abbiamo
fatto uso della carica di prova q0 ponendola in quel determinato punto e ricavando la
forza coulombiana che agiva su di essa.
F
Ricordiamo che abbiamo definito il campo elettrico E = .
q0

Con un ragionamento analogo vogliamo ricavare il campo magnetico studiando l’effetto


dell’interazione magnetica attraverso una forza magnetica che si esercita su una carica
di prova q0.

Supponiamo di avere una carica di prova q0 in moto con velocità v in una regione in cui
è presente un campo magnetico B. Si osserva sperimentalmente che su questa carica di
prova agisce una forza che ha modulo proporzionale alla carica q0 e al modulo della
velocità e che inoltre dipende dall’orientamento del vettore velocità rispetto al vettore B.
Procediamo con una serie di osservazioni sperimentali:
• la forza è nulla quando v è parallelo a B
• la forza è perpendicolare al piano individuato dai vettori v e B
• l’intensità della forza aumenta in funzione del valore dell’angolo tra v e B fino a
diventare massima quando v e B sono ortogonali (angolo 90°).
Quindi, indicando con FMAX il valore della forza corrispondente all’angolo di 90°, si può
definire il modulo di B, nel punto in cui i due vettori v e B sono ortogonali, come

FMAX
B=
|q|v
Assunta tale definizione, tutti i dati sperimentali risultano consistenti con la relazione
vettoriale

F =q v ×B

in cui F è nota come Forza di Lorentz.

Il modulo della forza deflettente F vale quindi:


F = qvBsinθ

In generale in presenza di una campo elettrico e di uno magnetico la forza risultante


agente su una carica in moto in tale regione è data dalla loro somma vettoriale, ossia

F = q(E + v × B)
Dall’equazione che definisce la forze di Lorentz risulta che l'unità di misura di B nel SI è:

newton[N ] newton[N ]
= ≡ tesla[T ]
coulomb[C] ⋅
metro[m] ampere[A] ⋅ metro[m]
secondo[s]

Spesso, come unità di misura di campi magnetici piccoli, si utilizza il gauss [G] che non è
del SI, che è

1 gauss [G] = 10-4 tesla [T]

es. il campo magnetico della Terra è circa 0.5 G.

Si noti che poiché F è sempre ortogonale alla direzione del moto in qualunque punto
di un campo magnetico stazionario, il lavoro fatto dalla forza di Lorentz sulla carica
è sempre nullo.
Ciò implica che un campo magnetico stazionario non può variare l’energia cinetica
di una particella in movimento ma può soltanto deflettere la sua traiettoria.
Sottolineiamo che la forza di Lorentz è uguale a zero
quando:

• la carica è nulla
• la carica è ferma
• la velocità v della carica e il campo B sono paralleli

Invece la forza di Lorentz ha valore massimo quando v e B


sono perpendicolari.

Abbiamo visto, inoltre, che il prodotto vettoriale di v


e B è un vettore sempre perpendicolare ai due vettori.

Per la regola della mano destra, il medio indica il verso


di v x B. Si noti, inoltre, che quando la carica è positiva
la forza di Lorentz ha lo stesso verso di v x B mentre
se la carica è negativa la forza di Lorentz è diretta in
verso opposto.

La forza di Lorentz agente su una carica in moto con velocità


v attraverso un campo magnetico B è sempre
perpendicolare a v e a B.
Linee del campo magnetico
E’ possibile rappresentare il campo magnetico con le linee di forza del campo, proprio
come per il campo elettrico. Anche in questo caso valgono le stesse regole del caso
dell’elettrostatica:

1. la direzione della tangente a una linea di forza del campo magnetico in un punto
qualsiasi coincide con la direzione di B in quel punto
2. la spaziatura tra le linee fornisce un’idea dell’intensità di B; il campo magnetico è
intenso dove le linee sono più ravvicinate.

In figura sono riportate le linee del campo magnetico nel caso di una barra magnetica
(dipolo magnetico) (a), di una calamita (b) e della Terra (c).
c)
a) b)
Si noti che nel casi:

(a) le linee di campo passano proprio attraverso il magnete formando un percorso


chiuso. Gli effetti magnetici esterni più intensi di una barra magnetica si hanno vicino
alle estremità.

Si noti che utilizzando la


limatura di ferro si riescono a
intuire le linee di campo in
quanto i singoli pezzetti di ferro
si magnetizzano comportandosi
come l’ago di una bussola.
(b) le linee di campo partendo dal polo nord si
chiudono sul polo sud.

Inoltre, anche in questo caso, la limatura di ferro


si raccoglie attorno ai due poli perché è qui che
gli effetti magnetici sono più intensi.
(c) sulla superficie terrestre avvertiamo la presenza del campo magnetico terrestre
osservando una bussola che è di fatto una leggerissima barretta magnetica libera di
muoversi su un perno a basso attrito. L’ago della bussola ruota perché il suo polo nord è
attratto verso la regione artica della Terra.
Secondo tale configurazione, il polo sud del campo magnetico terrestre va localizzato
quindi nella regione artica.
Il campo magnetico terrestre si
estende per molte migliaia di chilometri
oltre la superficie terrestre.
Il campo magnetico terrestre è
fondamentale per la vita sul nostro
pianeta, perché lo protegge dai raggi
cosmici e dalle radiazioni letali
provenienti dal Sole (vento solare), che
altrimenti lo sterilizzerebbero.

Il campo magnetico terrestre è prodotto


qualche migliaio di chilometri sotto i nostri piedi
dai moti che avvengono all’interno del nucleo, in
particolare il nucleo esterno, composto
soprattutto da ferro che, per la pressione e le
temperature estremamente elevate, resta liquido:
un fluido metallico in continuo movimento che
crea correnti elettriche che, a loro volta,
generano il campo magnetico.
Il polo nord magnetico è il punto della superficie terrestre dove le linee di flusso del
campo geomagnetico sono perpendicolari al suolo e dirette verso il terreno.

L’asse magnetico della Terra non coincide con quello di rotazione: L’angolo formato dai
meridiani geografici con i meridiani magnetici (o, in altri termini, con le linee di forza del
campo geomagnetico) prende il nome di declinazione magnetica.

Il polo nord magnetico si trovava negli ultimi decenni al largo delle coste canadesi, in
movimento verso la Siberia a velocità crescente: se alla metà degli anni Novanta la
velocità di spostamento era di circa 15 chilometri all’anno, adesso pare essere di ben 55
chilometri all’anno.
Campo magnetico prodotto da correnti stazionarie
La legge di Biot-Savart applicata al caso di un filo rettilineo percorso da corrente dice
che l’intensità del vettore B in un punto distante r dall’asse del filo vale:

μ0i
B=
2πr
con 𝜇0 detta permeabilità magnetica del vuoto e vale 𝜇0 = 4𝜋 · 10-7 N/A2

Se pensiamo a B come risultante di infiniti contributi infinitesimi, possiamo allora definire


dB come

μ0i dl × r
dB = Prima Legge elementare di
4π r 3 Laplace
Dalla prima legge elementare di Laplace si può dedurre la Legge di Ampère-Laplace
integrando lungo tutto il circuito percorso da corrente

μ0i dl × r
∮ 4π ∮ r 3
B = dB =

Legge di Ampère-Laplace
1. Filo rettilineo di lunghezza indefinita
Calcolare il campo B in un punto P situato ad una distanza d da un filo rettilineo di
lunghezza indefinita percorso da una corrente elettrica di intensità i.
Il contributo dB dovuto all’elemento dz nel punto P è un
vettore perpendicolare al piano formato da dz e r (quindi
perpendicolare alla figura, diretto verso il foglio).

d l × r = dz z 2 + d 2 sinθ = dz z 2 + d 2 cosφ
d d
z = d ⋅ tgφ dz = dφ r=
cos 2φ cosφ

μ0i dz μ0i
dB = cosφ = cosφdφ
4π r 2 4πd

π/2
μ0i μ0i μ0i
∫−π/2 4πd [ sinφ]
π/2
B= cosφdφ = =
4πd −π/2 2πd
2. Circuito quadrato di lato a
Calcolare il campo B nel centro di un circuito quadrato di lato a e percorso da una
corrente elettrica di intensità i.

Dall’esempio precedente, ogni lato contribuisce in maniera


uguale al campo B, con 𝜑1 = 45° e 𝜑2 = - 45°.
La direzione del vettore B è ortogonale al piano del
circuito, il verso uscente.

π/4
μ0i μ0i μ0i
∫−π/4 4π [ sinφ]
π/4
B1 = a cosφdφ = = 2
2πa −π/4 2πa
2

4
μ0i

B= Bi = 2 2
i=1
πa
3. Spira circolare di raggio R
Calcolare il campo B nel centro di una spira circolare di raggio R e percorsa da una
corrente elettrica di intensità i.

μ0i d l × r μ0i d s
dB = =
4π r3 4π R 2

μ0i d s μ0i μ0i


∮S 4π R 2
B= = 2πR =
4πR 2 2R
4. Spira circolare di raggio R
Calcolare il campo B in un punto P sull’asse di una spira circolare di raggio R e percorsa
da una corrente elettrica di intensità i.

Il contributo dB dovuto all’elemento di spira dl nel


punto P è un vettore perpendicolare alla
dBz congiungente il punto A con il punto P e orientato
𝜗 come in figura. Per ogni punto A sulla spira c’è un
P dB punto A’ diametralmente opposto che genera un
contributo dB’ con dBx = -dB’x e dBy = -dB’y.

𝜗
d μ0i d l × r μ0i d s
dBz = sinθ = sinθ
4π r3 4π d 2 + R 2
O A R
R sinθ =
d2 + R2

μ0i R μ0i R2
∮ 4π (d 2 + R 2)3/2
B= = d s =
2 (d 2 + R 2)3/2
Forze magnetiche su circuiti percorsi da corrente
Consideriamo due fili rettilinei di lunghezza indefinita, e supponiamo che nel filo
chiamato 1 circoli una corrente stazionaria. Come abbiamo visto finora:
• il filo 1 genera un campo magnetico nello spazio circostante;
• questo campo esercita una forza, detta forza di Lorentz, sulle cariche elettriche
presenti nel filo 2.

La forza di Lorentz dipende dalla direzione e dal verso della velocità delle cariche
libere presenti sul filo 2. Se sul filo 2 non passa corrente, le velocità degli elettroni
hanno velocità dirette casualmente quindi < v > = 0, quindi la somma di tutte le
forze agenti sulle singole cariche si annulla.

Supponiamo ora di far circolare una corrente stazionaria lungo il filo 2.


Su un elemento di lunghezza dl e sezione dS avremo una forza dF data da

qivi × B = q ( vi) × B
∑ ∑
dF =
i


vi = vD N dS dl
J i

}
dF = N q vD dS dl × B = J dS dl × B

dF = i dl × B Seconda Legge
elementare di Laplace

∫Γ
F= i dl × B

Torniamo al nostro esempio. Se vogliamo sapere la forza agente su un tratto di


lunghezza l del filo 2 per effetto della corrente che scorre nel filo 1, allora:

• l’integrale va eseguito sulla lunghezza l e la corrente che compare è la i2 che scorre


sul filo 2
• B è il campo magnetico generato dal filo 1 e si può ottenere con la formula di Biot-
Savart. In particolare, se immaginiamo di disegnare i due fili su un foglio, con il filo 1 a
sinistra, il verso di B è perpendicolare al foglio e la direzione è entrante nel foglio.
Quindi:
i2
B

i1 i2 F

l
μ0i1 μ0 l
Se le correnti i1 e i2 sono concordi, allora la

∫0
F = i2dl = i1i2 forza è attrattiva (2 -> 1), se sono discordi è
2πd 2π d repulsiva, come trovato da Ampère nel suo
famoso esperimento
μ0 l
F= i1i2
2π d

Questa relazione viene utilizzata per definire l’unità di misura della corrente elettrica.

L’ampere è l’intensità di quella corrente che, circolando in due lunghi fili paralleli posti a
distanza di 1 metro l’uno dall’altro, produce su ciascuno dei due una forza per unità di
lunghezza di 2 10-7 N/m.
Legge di Ampère
Consideriamo un filo rettilineo indefinito percorso da una corrente di intensità i
(consideriamola uscente dal foglio) e calcoliamo la circuitazione di B lungo due
circonferenze l1 e l2.

l1 l2
Legge di Ampère
Sappiamo che il valore del campo induzione magnetica B a distanza r dal filo vale
μoi
B= t ̂ con t ̂ versore della tangente alla circonferenza di raggio r. Quindi:
2πr

μ0i t ̂ ⋅ d l μ0i ds
∮ 2π ∮ r 2π ∮ r
B ⋅dl = =

l1
Tenendo conto che ds = rdα
α μ0i μ0i
∮ 2π ∮2π
B ⋅dl = dα = ⋅ 2π = μ0i

Questo risultato non dipende dal raggio della


circonferenza (e in effetti neppure dalla forma
geometrica della linea curva chiusa)
Legge di Ampère
∮l ∮l′ ∮l′′
B ⋅dl = B ⋅dl + B ⋅dl
2 2 2

A B

[ ∫A,l′′ ] 2π
μ0i μ0i
∮l ∫B,l′
B ⋅dl = dα + dα = [α + (−α)] = 0
2
2π 2 2

A l2

l 2’
α
l2’’

B
Legge di Ampère
con

∮Γ ∑
B ⋅ dl = μ0 ik
k

Il risultato è la legge della circuitazione di Ampère, nella quale la corrente


concatenata è positiva se il verso della circuitazione è antiorario rispetto al suo verso,
negativa in caso contrario.

Nei casi in cui esistano condizioni di simmetria, la determinazione di B può essere


effettuata in maniera più semplice utilizzando la legge di Ampère anziché la formula di
Laplace. In questo senso, la legge di Ampère ha un’utilizzazione analoga a quella di
Gauss.

La legge di Ampère può essere espressa, tramite il teorema di Stokes, come:

∮Γ ∫Σ ∫
B ⋅ dl = ∇ × B dS = μ0 J ⋅ dS ∇ × B = μ0J
1. Filo rettilineo di lunghezza indefinita
Calcolare il campo B in un punto P situato ad una distanza d da un filo rettilineo di
lunghezza indefinita percorso da una corrente elettrica di intensità i.
Il contributo dB dovuto all’elemento dz nel punto P è un
vettore perpendicolare al piano formato da dz e r (quindi
perpendicolare alla figura, diretto verso il foglio).

con

∮Γ ∑
B ⋅ dl = B ⋅ 2πd = μ0 ik = μ0i
k

μ0i
B=
2πd
2. Cilindro di lunghezza indefinita e di raggio R
Un cilindro di lunghezza indefinita e di raggio R è percorso da una corrente di intensità i
avente densità omogenea su tutta la sezione del cilindro. Calcolare il campo B in tutto lo
spazio.

1. r > R

μ0i

B ⋅ dl = B ⋅ 2πr = μ0i B=
2πr

2. r < R

2
2 r
i = Jπr = i 2
R
r2 μ0ir
B ⋅ 2πr = μ0i 2 B=
R 2πR 2
μ0ir
1. r < R, B=
2πR 2

μ0i
2. r > R, B=
2πr

B∝r 1
B∝
r

0 R r
Elettrostatica Magnetostatica

1
∫Σ ϵ0 ∑ ∫Σ
E ⋅ dS = qk B ⋅ dS = 0
k
ρ
∇⋅E= ∇⋅B=0
ϵ0
Il campo magnetostatico è
teorema di Gauss
solenoidale

con

∮Γ ∮Γ ∑
E ⋅ dl = 0 B ⋅ dl = μ0 ik
k

∇×E=0 ∇ × B = μ0J

Il campo elettrostatico è legge della circuitazione


conservativo di Ampère (il campo
magnetostatico non è
conservativo)
Solenoide
Un solenoide è un lungo filo avvolto a forma di elica, a corto passo, percorso da una
corrente i.
Analizziamo le caratteristiche del campo magnetico generato dal solenoide.
In punti molto vicini alla singola spira non ci si accorge che il filo è in realtà incurvato: il
filo da un punto di vista magnetico si comporta come un filo rettilineo e le linee del
campo, dovute alla singola spira, sono quasi cerchi concentrici.
Il campo totale del solenoide è la somma vettoriale dei campi generati dalle
singole spire.
In figura è mostrato un solenoide con le spire ben distanziate per mostrare che il campo
tra i fili tende ad annullarsi (1) e che il campo nei punti interni al solenoide e abbastanza
lontano dai fili è circa parallelo all’asse del solenoide (2)

(1)

(2)
Si può dimostrare che in un solenoide con passo sufficientemente piccolo e di lunghezza
indefinita il campo B ha direzione assiale (tutte le linee di campo sono parallele all’asse
del solenoide). In questo caso è facile dimostrare, utilizzando il teorema della
circuitazione di Ampère, che il campo è nullo all’esterno del solenoide ed è uniforme al
suo interno.

All’esterno del solenoide la circuitazione è


zero, per cui:

B1l = B2l
B1 = B2

e il campo all’esterno del solenoide deve


essere uniforme. Poiché B(∞) → 0, allora il
campo deve essere uguale a zero
dappertutto (escluse le regioni ai bordi del
solenoide).

Con lo stesso ragionamento possiamo


concludere che anche all’interno del
solenoide il campo è uniforme.
Allora la Legge di Ampere diventa:

Bh = μ0i

Attenzione perché la corrente che compare nel termine di destra è la somma delle correnti
che attraversano la superficie delimitata dalla linea chiusa rettangolare.
Quindi, se indichiamo con i0 la corrente che scorre nella singola spira e con n il numero di
spire per unità di lunghezza, la corrente totale nella superficie è

i = i0nh

La Legge di Ampere, dunque, diventa:

Bh = μ0i0nh

Quindi il campo magnetico totale all’interno del solenoide è data da

B = μ0i0n solenoide ideale


Anche se, per ricavare l’espressione precedente, abbiamo assunto che il solenoide fosse
ideale, tale relazione vale anche nel caso di un solenoide reale qualora l’applichiamo solo
nei punti interni vicino al centro del solenoide.

Il solenoide, grazie alla uniformità di B al suo interno, si presenta in qualche modo come
l’analogo del condensatore piano per il campo E. Si presenta quindi come un sistema
particolarmente utile per dedurre alcune proprietà fondamentali del campo magnetico.
Il toroide
Un toroide può essere descritto come un solenoide
di lunghezza finita avvolto a forma di ciambella.

Ricaviamo il campo magnetico interno applicando la r


Legge di Ampere. Per la geometria del toroide, le
linee di campo di B sono delle circonferenze
concentriche all’interno del toroide (linea blu in
figura).
B
Consideriamo una di tali linee, di raggio r, come
cammino di integrazione per la Legge di Ampere. Quindi, se chiamiamo i0 la corrente
che circola nella singola spira e N il numero totale di spire allora la corrente totale è i0N.
Dunque:

μ0i0 N
B ⋅ 2πr = μ0i0 N → B =
2πr

Si noti che, a differenza del solenoide, nel toroide il campo


magnetico dipende dall’inverso della distanza e dunque
non è uniforme.
Infine in un toroide ideale il campo all’esterno è nullo come
per il solenoide ideale.
Moto di particelle cariche in campi magnetici - orbita
circolare
Supponiamo che una particella carica in moto con velocitàv entri in una regione dello
spazio in cui sia presente un campo magnetico uniforme con B ⊥ v . La forza
magnetica agente sulla particella carica è data dall’espressione della forza di Lorentz:
F = q( v × B).

Siccome la forza è ortogonale alla velocità, tale forza modificherà solamente la


direzione di v ma non il suo modulo.

Istante per istante avremo:

| FLorentz | = | Fcentripeta |

v2
qvB = m
r
La particella carica quindi, sotto effetto della forza di Lorentz dovuta la campo
magnetico, si muoverà su di un’orbita circolare di raggio:
mv
r=
qB
Convenzione:

vettore uscente dal foglio

X vettore entrante nel foglio

La relazione precedente ci permette di calcolare la quantità di moto p = mv di una


particella carica all’interno di un campo magnetico dalla misura del raggio di curvatura
della sua traiettoria:

p = qBr
Il periodo, ossia il tempo impiegato a compiere una rotazione completa, è pari a:

2πr 2πm
T= =
v qB
che come si vede non dipende dal modulo della velocità.

Infine abbiamo:

1 qB
1. la frequenza dell’orbita ν= =
T 2πm
2π qB
2. la pulsazione dell’orbita ω= =
T m
Moto di particelle cariche in campi magnetici - orbita
elicoidale
Se velocità e vettore induzione magnetica non sono ortogonali, la particella carica si
muoverà attorno alla direzione del campo su di un’orbita elicoidale.

La componente della velocità ortogonale a B , ovvero v⊥ = v ⋅ sinθ con θ angolo


compreso tra v e B , sarà responsabile del moto circolare della particella e determinerà
il periodo dell’orbita.

La componente della velocità parallela a B , ovvero v∥ = v ⋅ cosθ, rimane invariata e


sarà responsabile del passo dell’orbita elicoidale, definito come la distanza tra due
orbite consecutive misurata parallelamente alla direzione del campo.
Esempio:

Supponiamo che un elettrone (me = 9.11 x 10-31 kg, |q| = 1.6 x 10-19 C), immerso in un
campo magnetico B = 1 T, abbia energia cinetica K pari all’energia a riposo (K = 0.5
MeV = 8 x 10-14 J). Determinarne la velocità v, il raggio R e il passo p della traiettoria
elicoidale seguita dall’elettrone, supposto che l’angolo formato dalla velocità e dal
campo sia 𝛼.

v > c !! questo problema


2K andrebbe risolto con le
v= = 4.2 × 108 [m/s] eq. della relatività ristretta
m

mv⊥ mv
R= = sinα = 2.41 × 10−3 sinα [m]
|q|B |q|B

2πR 2πm
T= = = 3.58 × 10−11 [s]
v⊥ |q|B

p = v∥T = v cosα T = 1.52 × 10−2 cosα [m]


Ciclotrone
Il ciclotrone è un acceleratore di particelle, ideato nel 1930 da E.O. Lawrence, in cui
vengono utilizzati sia campi elettrici (variabili) che magnetici (costanti).

Le particelle che si vogliono accelerare si muovono (sotto vuoto) in una camera formata
da due semiscatole cilindriche conduttrici cave (a forma di D). Tra le due scatole esiste un
campo elettrico E(t) mentre nella zona interna ad esse è presente un campo di induzione
magnetica B costante nel tempo ed uniforme.
Ciclotrone
Indicando con n il numero di rivoluzioni di una particella all’interno del ciclotrone e con ∆V
la ddp tra i due conduttori cavi, si ha che l’energia cinetica massima vale:

1 2
Kmax = 2nqΔV = mvmax
2
Fissato il raggio massimo Rmax del ciclotrone, si ha:

mvmax qBRmax
Rmax = → vmax =
qB m
e quindi:

q 2B 2Rmax
2
Kmax =
2m
Il numero di rivoluzioni nell’intero processo di accelerazione vale:

qB 2Rmax
2
n=
4mΔV
Spettrometro di massa
1. Un fascio collimato di particelle cariche entra attraverso
un piccolo foro in una zona di spazio in cui sono presenti
un campo E e un campo B1 perpendicolari tra loro e
uniformi, ed entrambi perpendicolari alla direzione di
moto delle particelle cariche. Ciascuna particella sarà
soggetta all’azione combinata della forza elettrica e
magnetica. Regolando opportunamente il verso del
campo si può realizzare una condizione di equilibrio

qE = qvB
E
Le particelle con velocità v = non subiscono alcune
B
deflessione, indipendentemente dal valore della loro
massa e carica elettrica. Tali particelle escono da un
secondo foro allineato al primo, mentre le altre urtano le
pareti della camera e vengono assorbite. Si è realizzato
in questo modo un selettore di velocità.
Spettrometro di massa

2. Per effetto di un secondo campo magnetico B2 le


particelle vengono curvate e obbligate a percorrere una
semicirconferenza di raggio
mv
r=
qB2

In questo modo si possono selezionare fasci


monocromatici di particelle cariche della stessa specie e
d impulso fissato.
Effetto Hall
L’effetto Hall permette di verificare che, all’interno di un conduttore percorso da corrente,
le cariche mobili in moto sono effettivamente cariche negative (gli elettroni).

Supponiamo di avere un circuito in cui è stata inserita una cella di Hall.


La cella di Hall è un conduttore a forma di parallelepipedo, di lato minore b e altezza a, in
cui scorre una corrente i.

Tra la faccia A e la faccia B abbiamo una certa differenza di potenziale.

Inseriamo un campo magnetico diretto lungo la direzione del lato b.

+ -

ΔV
Effetto Hall
Il campo magnetico B esercita sulle cariche in movimento una forza di Lorentz F = q(v x B).
Dato che nei due casi rappresentati in figura, non solo le cariche ma anche le velocità hanno
segno opposto, la forza di Lorentz è diretta nella stessa direzione e verso sia per cariche
positive che negative, e determina uno spostamento trasversale in modo da generare un
accumulo di cariche di segno opposto cui corrisponde lo stabilirsi di una di una differenza di
potenziale tra le due facce della cella di Hall.

B b corrente dovuta a
+ + + +
ΔVH
cariche positive

a + FL
- - - -
B b corrente dovuta a
- - - -
j ΔVH cariche negative

a - FL
i
k + + + +
Effetto Hall
Si verrà quindi a creare una d.d.p. ∆VH il cui segno indica qual è il segno delle cariche mobili
presenti nella corrente (nel nostro esempio, siccome le cariche mobili sono rappresentate
dagli elettroni, la faccia superiore sarà a potenziale minore della faccia inferiore).

Per effetto di questo d.d.p. inoltre si verrà a creare un campo elettrico Es diretto dal basso
verso l’alto. 


∆VH diventerà più grande man mano che gli elettroni si accumuleranno sulla faccia superiore
della cella e crescerà finché non raggiungerà il valore necessario per contrastare la forza di
Lorentz. Quando raggiungeremo la saturazione avremo che Fel = FLorentz

qEs = qvB

Quindi:

1 iB 1 iB
ΔVH = aEs = avB = =
nq b RH b

ricordando le espressioni per intensità e densità di corrente i = abj e j = qnv .

RH è detta costante di Hall, n dipende dal tipo di materiale e q dal tipo di carica.
Effetto Hall
• La cella di Hall può essere utilizzata come amperometro
in quanto conoscendo ∆VH (fornita dal voltmetro), B, b e RH
(fornite dal costruttore) possiamo ricavare i.

+Vcc
• Se invece conosciamo i ma non B si chiamerà pinza di
Hall.

• Se conosciamo i e B possiamo misurare n.


Equivalenza tra spire e aghi magnetici
Prima del 1930 nei testi si definiva il momento magnetico in analogia con l’elettrostatica
utilizzando il concetto di “polo magnetico”.

L’intensità di un polo magnetico p era definita come il rapporto tra i moduli della forza
agente su di esso in un dato campo e l’intensità del campo stesso, utilizzando la
formula:
μ0 p1 p2
F=
4π r 2

Così come per il momento di dipolo elettrico (m = qd), il momento di dipolo magnetico m
veniva definito come (con l distanza tra i due poli):

m=pl
ovvero come un vettore di intensità pl e parallelo all’asse dell’ago magnetico, diretto dal
polo sud al polo nord del magnete.

NB: contrariamente al caso elettrostatico, il momento di dipolo magnetico ha lo stesso


verso del vettore induzione magnetica B lungo l’asse del dipolo.
Il valore del campo B prodotto da un dipolo magnetico in un punto del suo asse a
distanza d molto maggiore della sua lunghezza l (d >> l) si può approssimare con, in
analogia con quanto già visto per il caso analogo di un dipolo elettrico:

μ0 m
B=
2π d 3

Ricordiamo che nel caso elettrostatico, il campo E prodotto da un dipolo elettrico in un


punto del suo asse a distanza molto maggiore delle dimensioni lineare del dipolo vale

1 p
E=
2πϵ0 d 3
Abbiamo visto che il campo magnetico prodotto da una spira percorsa da corrente su un
punto del proprio asse, a distanza d dal piano della spira, si può esprimere come:

μ0i R2
B=
2 (d 2 + R 2)3/2
Nell’approssimazione d >> R si ottiene:

μ0i R 2 μ0 iS
B= =
2 d3 2π d 3
con S area della spira. Se ora poniamo m = iSk̂ otteniamo
μ0 m Teorema di Equivalenza di
Bz = Ampére (equivalenza tra spire e
2π d 3 dipolo magnetici).
Momento torcente su una spira percorsa da corrente

Consideriamo una spira rettangolare di lunghezza a e larghezza b percorsa da corrente i,


libera di ruotare attorno al proprio asse immersa in un campo magnetico uniforme B.

Le forze magnetiche F e –F agenti sulla spira provocano un momento complessivo sulla


spira che produce una rotazione della spira attorno al suo asse centrale.
Momento torcente su una spira percorsa da corrente

Ricaviamo la forza netta e il momento torcente netto che agiscono sulla spira.
Sappiamo che la forza netta è la somma vettoriale delle forze agenti su ciascun lato della
spira. Ricordiamo inoltre che

F = iL × B = i L B sinα

Consideriamo prima i lati corti della spira:

1. il vettore di lunghezza L è concorde con i (questo per definizione) e ha modulo b.


L’angolo tra L e B è (90°- θ) e il modulo della forza agente su di esso

F2 = ibB sin(90o − θ) = ibBcosθ

2. il vettore di lunghezza L è concorde con i (questo per definizione) e ha modulo b.


L’angolo tra L e B è (90°+ θ) e il modulo della forza agente su di esso

F4 = ibB sin(90o + θ) = − ibBcosθ

In questo modo F2 e F4 si compensano e quindi la loro forza risultante è nulla e visto che
agiscono sulla stessa retta anche il loro momento torcente è nullo (coppia di braccio
nullo).
Momento torcente su una spira percorsa da corrente
Consideriamo ora i lati lunghi della spira:

3. il vettore di lunghezza L è concorde con i (questo per definizione) e ha modulo a.


L’angolo tra L e B è 90° e il modulo della forza agente su di esso

F1 = iaB

4. il vettore di lunghezza L è concorde con i (questo per definizione) e ha modulo a.


L’angolo tra L e B è 90° e il modulo della forza agente su di esso

F3 = − iaB

In questo modo F1 e F3 si compensano e quindi la loro forza risultante è nulla.

b
In questo caso però il braccio rispetto all’asse centrale della spira, vale sinθ. Quindi il
2
momento torcente di questa coppia vale:

b b
τC = (iaB) sinθ + (iaB) sinθ = iabB sinθ
2 2
Momento torcente su una spira percorsa da corrente

Vettorialmente il momento risultante M delle forze può essere posto nella forma:

M = iSn ̂ × B = m × B

dove ancora il momento magnetico della spira di area S = ab e percorsa da una corrente i
è definito come:

Teorema di Equivalenza di
m = iSn ̂ Ampére (equivalenza tra spire e
dipolo magnetici).

Ricordiamo che nel caso elettrostatico, il momento risultante M delle forze su di un


dipolo elettrico immerso in un campo elettrico E costante vale:

M= p ×E

Abbiamo visto che il momento fa ruotare il dipolo per allinearlo al campo


elettrostatico (configurazione d’equilibrio con minimo di energia potenziale)
Teorema di equivalenza di Ampere
1. Il campo magnetico generato da una spira di superficie S e percorsa da una corrente i
a una distanza d >> R è simile a quello di un dipolo magnetico di momento di dipolo m
pari a m = iSn.̂

2. le azioni meccaniche esercitate da un campo magnetico B su di un magnete o su di


una spira con lo stesso momento di dipolo magnetico sono uguali.
Sempre in analogia con il caso elettrostatico, dove U( r ) = − p ⋅ E , definiamo
l’energia potenziale meccanica di una spira immersa in un campo di induzione
magnetica B come:

U( r ) = − m ⋅ B = − i S n ̂ ⋅ B = − i Φ(B)

Chiamiamo questa energia come potenziale meccanica perché ipotizziamo che i e B siano
costanti nel tempo, senza però tenere conto dell’energia che deve essere erogata dai
generatori che alimentano i circuiti. Questa espressione è quindi adeguata al calcolo delle
sollecitazioni meccaniche che si esercitano su un circuito percorso da corrente costante i
immerso in un campo di induzione magnetica B, ma non al calcolo dell’energia
elettromagnetica complessiva.

Notare che la configurazione di equilibrio di una spira (di forma qualsiasi), dovendo
minimizzare U, deve massimizzare il flusso Φ(B).
Esempio:

Si consideri una bobina circolare composta di 250 spire avente un’area A di 2.52 x 10-4
m2 e percorsa da una corrente di 100 μA. La bobina è a riposo in un campo magnetico
uniforme di intensità B = 0.85 T e il suo momento di dipolo magnetico è inizialmente
allineato con B.
Ricavare il lavoro compiuto sulla bobina da un momento torcente applicato da un
agente esterno per ruotarla di 90° dalla sua posizione iniziale in modo che la bobina
resti ferma con il suo vettore momento di dipolo perpendicolare a B.

L = ∆U = 5.36 x 10-6 J

B
Funzionamento (molto semplificato…) di un motore elettrico
Un motore elettrico è una macchina elettrica che trasforma energia elettrica in energia
meccanica.

Un motore elettrico è costituito generalmente da una parte fissa (statore) e da una


mobile (rotore).

Una spira rettangolare di filo conduttore rigido, montata su un asse sul quale è libera di
ruotare, è immersa in un campo magnetico uniforme perpendicolare all'asse di rotazione,
generato per esempio dai poli di un magnete. 
B B B
F1
i F1

i i
F2 F1 F2

F2

(1) (2) (3)

Quando la spira è percorsa da corrente elettrica Se a questo punto, mediante uno speciale
l'azione del magnete produce una coppia di forze dispositivo detto collettore, si inverte il senso
che la costringono a ruotare (1). della corrente nella spira, viene invertita anche
l'azione delle forze e la spira continua la
Quando il piano della spira è perpendicolare al rotazione nello stesso senso (3).
campo magnetico, la forza esercitata sulla spira è
nulla e questa si ferma; ma, per effetto dell'inerzia, La rotazione della spira viene trasmessa a un
la spira percorre in realtà un angolo leggermente albero girevole e può far funzionare un
superiore (2). apparecchio elettrico.
La potenza (in Watt) di un motore elettrico si trova tramite la formula:

[ ]
Nm ⋅ 2π ⋅ RPM
[W ] =
60

con:
• Nm coppia motrice (momento meccanico M = iSn ̂ × B = iSBsinα in [N][m])
• RPM giri al minuto

La potenza in hp (horsepower) si ottiene dalla relazione 1 hp = 745.7 W


Cenni di magnetostatica
nella materia
Magnetismo nella materia
Quando della materia viene posta in una regione dello spazio in cui sia presente un campo
magnetico, essa ne subisce un’azione meccanica e contemporaneamente modifica il
campo stesso.

Supponiamo di inserire parzialmente in un solenoide


percorso da corrente dei campioni cilindrici di
materiali diversi.
Alcune sostanze dette ferromagnetiche (ferro,
nichel,…) vengono attratte con forza verso l’interno
del solenoide, altre sostanze dette paramagnetiche
(alluminio, platino,…) vengono attratte ma con una
forza di intensità ordini di grandezza minore, altre
infine, dette diamagnetiche (cloruro di sodio, rame,
piombo,…), sono respinte verso l’esterno del
solenoide.
Magnetismo nella materia
Nel vuoto, il campo magnetico all’interno di un solenoide ideale
vale B0 = μ0ni . Se il solenoide viene completamente riempito
con un mezzo omogeneo, il nuovo campo B che si crea nel
materiale è parallelo e concorde con B 0 e il rapporto tra i
moduli è detto permeabilità magnetica relativa (rispetto al vuoto)
del mezzo:

B
μr =
B0

che è adimensionale. Il campo B vale:

B = μr B0 = μr μ0ni = μni

dove μ = μ0 μr è la permeabilità magnetica del mezzo.


Magnetismo nella materia
Quindi:

• per le sostanze diamagnetiche μr < 1;

• per le sostanze paramagnetiche μr > 1;

• per le sostanze ferromagnetiche la permeabilità magnetica


relativa non ha un valore costante ma esibisce un
comportamento che manifesta una certa isteresi, ovvero la
permeabilità mostra una dipendenza dalle precedenti
magnetizzazioni e smagnetizzazioni subite da tali materiali
Abbiamo visto che il campo magnetico è prodotto da cariche in movimento. Cosa
succede quindi quando un elettrone ruota attorno al nucleo di un atomo?

Possiamo assimilare l’elettrone che ruota su di un’orbita circolare con periodo


T0 = 2𝜋R/v a una spira microscopica. La corrente equivalente si può esprimere come
e/T0.

Il momento magnetico associato a una spira è dato da m = iS = i𝜋R2.

Il momento angolare invece vale l = mvR. Quindi si ottiene la relazione:

e
m=− l
2me

Il rapporto tra momento magnetico m e momento angolare l dipende solo da


proprietà intrinseche dell’elettrone.

Questa relazione, ricavata con considerazioni classiche, è in realtà valida anche in


meccanica quantistica ed è applicabile a qualsiasi sistema atomico.
Gli elettroni sono inoltre dotati di un momento angolare (e magnetico) intrinseco,
detto spin l s, come se si trattasse di sferette, aventi distribuzione di carica e di
massa, ruotanti attorno ad un asse. In questo caso, il momento magnetico è legato a
quello angolare dalla relazione:

e
ms = − ls
me

Il momento magnetico di ogni atomo si ottiene come somma vettoriale dei momenti
orbitali e dei momenti di spin.

Molti atomi risultano avere momento di dipolo magnetico nullo.

Anche quando il momento di dipolo è diverso da zero, l’orientamento dei vari atomi è
del tutto casuale cosicché ogni porzione macroscopica di materia ha momento
magnetico risultante zero.
∑ mi ΔN
M = lim = <m>
Δτ→0 Δτ Δτ

Il vettore intensità di magnetizzazione (o polarizzazione magnetica) M è definito


come il momento di dipolo magnetico del materiale per unità di volume. Nel SI si
misura in A/m.

Consideriamo per semplicità il caso di un materiale di forma cilindrica inserito tra le


spire di un solenoide.

Se M è diverso da zero, significa che il valor medio <m> dei singoli atomi è diverso
da zero. I singoli atomi possono essere assimilati a spire percorse da correnti
(correnti amperiane), e nel caso di magnetizzazione sono prevalentemente orientate
con il piano ortogonale a M.

Supponiamo inizialmente che M sia uniforme, ovvero indipendente dalla posizione.


Ogni “strato” del materiale nel piano xy (assumendo che l’asse del solenoide sia
parallelo a z) può essere visto come in figura:
Supponiamo inizialmente che M sia uniforme, ovvero indipendente dalla posizione. Ogni
“strato” del materiale nel piano xy (assumendo che l’asse del solenoide sia parallelo a z)
può essere visto come in figura:

i=0

x
i=0

All’interno del materiale i vari contributi si cancellano vicendevolmente, ma non sulla


superficie del materiale, dove contribuiscono alla formazione di una corrente di origine
atomica che non comporta alcuna dissipazione termica.
Il materiale può essere visto, a livello macroscopico, come un solenoide con n’
spire per unità di lunghezza percorse da una corrente i’.
1. Nelle sostanze diamagnetiche, gli atomi non hanno un momento di dipolo magnetico
proprio, e tendono a disporsi in modo che il momento magnetico indotto sia orientato
in verso opposto al campo magnetico che l’ha generato. Le correnti elettroniche orbitali
sono distribuite nel volume e sulla superficie del materiale; in un mezzo omogeneo ed
isotropo si cancellano nella regione interna del mezzo, mentre rimane il termine di
corrente superficiale. Tutte le sostanze hanno un comportamento diamagnetico. Gli
atomi delle sostanza diamagnetiche sono generalmente caratterizzati da un numero
pari di elettroni e da strutture orbitali elettroniche simmetriche.

2. Nelle sostanze dette invece paramagnetiche, gli atomi hanno un loro momento di
dipolo magnetico; in questo caso, in maniera del tutto smile a quanto avviene nei
dielettrici polari, in cui i dipoli tendono a disporsi parallelamente al campo e con lo
stesso verso, qui gli atomi si orientano in modo da allineare il loro momento magnetico
con quello esterno. L’effetto dovuto all’allineamento è dominante rispetto al
diamagnetismo. Gli atomi delle sostanza paramagnetiche sono generalmente
caratterizzati da un numero dispari di elettroni e da strutture orbitali elettroniche molto
asimmetriche.
Torniamo al nostro esempio.

M è il momento magnetico per unità di volume, che possiamo prendere come un


cilindretto di base S e di altezza dh. Quindi
m
M=
S ⋅ dh
D’altra parte per la singola spira m = i·S, la corrente i nell’unità di volume vale, per cui:

m i′n′dhS
M= = = i′n′
Sdh Sdh
Ricordiamo che in un solenoide nel vuoto

B = 𝜇0in

Se ora riempiamo lo spazio interno del solenoide con del materiale abbiamo

B = 𝜇0 ( in ± i’n’)

che permette di riscrivere la precedente formula come

B = 𝜇0 ( in ± M)

in cui il segno positivo vale per i materiali paramagnetici e quello negativo per i
diamagnetici.
Supponiamo ora che M non sia uniforme, ovvero che dipenda dalla posizione. Possiamo
fare un parallelismo con quanto visto per i materiali dielettrici in un campo elettrostatico.

P uniforme

i≠0

P decrescente

i≠0
M

M1

M2

conc


i′k teorema della
k
circuitazione di Ampère

∮ ∫Σ
M ⋅ dl = M1l − M2l = ln′1i′1 − ln′2i′2 = i′ = ( ∇ × M) ⋅ dS = ( ∇ × M) ⋅ S

i′
( ∇ × M) = = J′
S
Torniamo al nostro solenoide e al valore del campo B al suo interno. Abbiamo visto che:

B = 𝜇0 ( in ± i’n’), B = 𝜇0 ( in ± M)

che significa che in generale

conc conc

∮ (∑ ∑ k)
B ⋅ dl = μ0 ik + i′
k k

∇ × B = μ0(J + J′)

nella quale J e J’ rappresentano la densità delle correnti di conduzione e di


magnetizzazione, rispettivamente.
Quindi per conoscere il valore di B in caso di materiali dovremmo conoscere le correnti
di magnetizzazione J’. Come fatto con D nel caso elettrostatico, anche qui è
conveniente introdurre un vettore H (vettore campo magnetico) la cui circuitazione
dipenda solo dalle correnti macroscopiche che circolano lungo i fili.

conc

∮ ∑
H ⋅ dl = ik
k
In forma locale

∇×H=J

E’ possibile stabilire tra i tre vettori magnetici la relazione:

B = μ0H + μ0M

Nei materiali diamagnetici e paramagnetici B e M sono proporzionali a H e


vengono espressi in funzione di H mediante le relazioni:

B = μr μ0H M = (μr − 1)H = χmH

in cui 𝜇r è la permeabilità magnetica relativa (𝜇 = 𝜇0𝜇r è detta permeabilità


assoluta) e 𝜒m è detta suscettività magnetica.
Per materiali diamagnetici e paramagnetici, la legge di Ampère-
Laplace e la legge della circuitazione di Ampère diventano:

μ0 μr dl × r
4π ∮ r 3
B= i

conc

∮ ∑
B ⋅ dl = μ0 μr ik
k
Relazioni base per la magnetostatica nella materia

Caso elettrico: Caso magnetico:

1
∇ ⋅ E = (ρ + ρ′) ∇ × B = μ0( j + j′)
ϵ0
B
D = ϵ0 E + P H= −M
μ0
∇⋅D=ρ ∇×H=j

∇×E =0 ∇⋅B =0

1
Per materiali normali: D = ϵ0ϵr E H= B
μ0 μr
Consideriamo un magnete permanente ottenuto magnetizzando un cilindro di
materiale ferromagnetico. Analizziamo i 3 vettori B, H e M considerando come linea
curva 𝛴 una linea di capo di B.
Polo
Sud Polo
Nord
S

(a) (b) (c)

Otteniamo:

∮Σ
• B ⋅ dl ≠ 0 , ∇ ⋅ B = 0
B
∮Σ
• H ⋅ dl = 0 per il teorema della circuitazione di Ampere, e H = −M
μ0
• H non è solenoidale (se calcolo il flusso di H attraverso la superficie chiusa S in
figura (b) trovo un valore diverso da zero, quindi ∇ ⋅ H ≠ 0) e possiede sorgenti
che sono localizzate sulle superfici (sulle basi) che delimitano il cilindro —> è
come se ci fossero delle cariche magnetiche (poli N e S) sulle basi del magnete
permanente.

• M è diverso da zero solo all’interno del cilindro


Nei materiali detti ferromagnetici la situazione è più complessa. La permeabilità
magnetica non è costante con la temperatura, raggiunge valori molto elevati,
dipende dal valore delle correnti che producono il campo e anche dalla storia del
campione (ciclo di isteresi).
In definitiva, la relazioni che legano B, H e M non sono lineari, e neppure univoche.

Per ogni materiale ferromagnetico esiste una temperatura (temperatura di Curie) al


di sopra della quale il materiale si comporta come un materiale paramagnetico.

ciclo di isteresi

induzione
magnetica
residua
campo
magnetico di
coercizione
curva di prima
magnetizzazione
a) legge della circuitazione di
Ampere
b) teorema di Gauss per
Bn2 campo magnetico (linee di
campo chiuse)

Ht2

Bn1
Ht1

a)


H ⋅ dl = 0 → Ht1 ⋅ l − Ht2 ⋅ l = 0 → Ht1 = Ht2
b)

∫σ
B ⋅ dS = 0 → Bn1 ⋅ dS ⋅ n ̂ − Bn2 ⋅ dS ⋅ n ̂ = 0 → Bn1 = Bn2

Bt1 μ0 μr1Ht1
Bn1 = B1 ⋅ cosθ1 = cosθ1 =
sinθ1 tanθ1 tanθ1 μr1
=
Bt2 μ0 μr2Ht2 tanθ2 μr2
Bn2 = B2 ⋅ cosθ2 = cosθ2 =
sinθ2 tanθ2
(2)

(1) 𝜗

Se consideriamo (1) vuoto e (2) un materiale ferromagnetico


1
tanθ1 = tanθ2 , con μr2 molto grande quindi 𝜗2 ≈ 90°.
μr2

Internamente al materiale B tende ad essere parallelo alla superficie di


separazione e le sue linee sono molto più dense che esternamente.

∫Σ ∫S1 ∫S2
0= B ⋅ dS ≃ B ⋅ dS + B ⋅ dS ≃ − B1S1 + B2S2

BS = cost .
Circuiti magnetici
Se il mezzo 1 è non magnetico (come l’aria) e il mezzo 2 è
tanθ1 μr1 ferromagnetico (come il ferro) μr2 > > μr1 :
=
tanθ2 μr2 • se il campo magnetico sorge da un mezzo ferromagnetico, le linee
di flusso sorgeranno nell’aria in direzione quasi normale
all’interfaccia;
• le linee di flusso passano dall’aria al ferro deviando quasi
tangenzialmente alla superficie di separazione.

In generale:
o
• tanθ2 = ∞ , θ 2 = 90
o
• tanθ1 = 0 , θ1 = 0
Circuiti magnetici
I fenomeni magnetici sono descritti da due grandezze:
• H intensità del campo magnetico (causa)
• B induzione magnetica o densità di flusso magnetico
(effetto)

B = μ0 μr H

Si definisce flusso magnetico Φ:


Φ=B⋅S

Si parla di circuito magnetico per definire lo sviluppo


delle linee di induzione magnetica che si svolgono
prevalentemente entro materiali ferromagnetici.

Dispersione magnetica: alcune linee del campo di


induzione magnetica fuoriescono dal circuito magnetico
principale e si richiudono in aria (flusso disperso). Nella
trattazione dei circuiti magnetici occorre fare l’ipotesi di
flusso disperso nullo.
Circuiti magnetici
N
B = μ0 μr i
l
N
Φ = B ⋅ S = μ0 μr S i
l
l
Ni = Φ —> V = Ri
μ0 μr S
Legge di Hopkinson Legge di Ohm

Ni forza magnetomotrice (f.m.m)


l
ℜ= riluttanza magnetica
μ0 μr S
Elettromagnete
Siccome il traferro è di spessore h molto piccolo
rispetto alle dimensioni lineari della sezione del
magnete e perpendicolare alle linee di campo di B, e
nell’approssimazione in cui si possano trascurare gli
effetti di bordo nel traferro, il valore di B0 nello stesso
è uguale a B all’interno del materiale ferromagnetico.

Supponiamo anche di poter esprimere, all’interno del


materiale ferromagnetico, B = 𝜇0𝜇rH

B B
∫Σ
H ⋅ dl = Ni = H(2πR − h) + H0h = (2πR − h) + h
μ0 μr μ0

Ni
B ≈ μ0
h

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