Sei sulla pagina 1di 90

Campi elettrici e

magnetici variabili nel


tempo
Induzione elettromagnetica
Abbiamo visto no a questo punto come una corrente elettrica stazionaria generi un
campo magnetico
Ora vedremo che un campo magnetico può generare un campo elettrico e quindi una
corrente

Per anni si era cercato di dimostrare che, agli effetti magnetici prodotti da una corrente
elettrica e rilevati per la prima volta da Oersted, dovessero corrispondere effetti
provocati da campi magnetici su cariche elettriche

Faraday realizzò le basi sperimentali necessarie a comprendere che le forze di natura


elettrica e quelle di natura magnetica rappresentano aspetti differenti di una unica
interazione.
.

fi
.

Induzione elettromagnetica
I Esperimento di Farada

Una spira è collegata soltanto ad un galvanometro per poter misurare l’eventuale presenza
di corrente. Inizialmente nella spira non è presente alcuna corrente. Se si avvicina un
magnete verso la spira, si osserva una corrente misurata dal galvanometro. Se si arresta il
movimento relativo del magnete la corrente torna ad essere nulla. Successivamente se il
magnete viene allontanato si osserva nuovamente una corrente ma questa volta in verso
opposto.

Conclusione

1. si genera corrente solo se il magnete e la spira


sono in moto relativo l’uno rispetto all’altr
2. un moto relativo più veloce produce una
corrente maggior
3. avvicinando il polo N alla spira si genera una
corrente in un verso mentre allontanandolo la
corrente circola in verso opposto. Avvicinando e
allontanando il polo S si invertono i versi delle
correnti rispetto al polo N
:

Induzione elettromagnetica
La corrente generata in questo modo nella spira si chiama corrente indotta.

Il lavoro svolto, per unità di carica, per produrre la corrente e quindi far muovere gli
elettroni di conduzione è chiamata forza elettromotrice, f.e.m., e si misura in joule/coulomb
(J/C) ossia in volt (V)

Il processo che origina gli effetti descritti prende il nome di induzione elettromagnetica.
.

Induzione elettromagnetica
II Esperimento di Farada

Una prima spira (A) è collegata soltanto ad un galvanometro. Una seconda (B) è collegata,
invece, a una batteria controllata da un interruttore S. Le due spire sono sse e disposte
l’una di fronte all’altra
Se l’interruttore S nella spira (B) è chiuso, circola corrente in (B) e si osserva un breve
impulso di corrente in (A) solo in corrispondenza della chiusura di S. Mantenendo in circolo
la corrente in (B) non si osserva alcun impulso o corrente nella spira (A). Se dopo un certo
tempo si apre l’interruttore S, si osserva nuovamente un breve impulso di corrente in (A)
ma con verso opposto al caso precedente.

Conclusione

B
Si ha una corrente indotta nella spira (A) solo quando ci
sono variazioni di corrent

CONCLUSIONE GENERALE

A Da questi due esperimenti Faraday concluse che il


fenomeno dell’induzione elettromagnetica è dovuto alla
variazione nel tempo del usso Φ(B) del campo
magnetico concatenato alla spira.
:

fl
y

fi
Flusso magnetico
Analogamente al usso di un campo elettric

∫Σ
ΦE = E ⋅ dA

si de nisce usso magnetico passante per la super cie delimitata, ad esempio, da una
spira

∫Σ
ΦB = B ⋅ dA

dove anche in questo integrale dA è il vettore di super cie che è ortogonale


all’area in nitesima dA

Se la spira è piana e se il campo magnetico B è perpendicolare al piano della spira, B è


sempre parallelo a dA così l’angolo tra di loro è nullo e quindi il cos = 1. Inoltre se B è
costante sulla super cie il usso divent

ΦB = BA

con A = area totale della super cie.


fi
fi
fl
fl
fi
.

fl
fi
a

fi
fi
𝜗

Unità di misura del usso magnetic

L’unità di misura per il usso magnetico nel SI è tesla per metro quadro (T m2) che si
chiama weber (Wb

1 weber = 1 Wb = 1 T m2 = 1 V
)

fl
fl
o

Legge di Faraday-Neumann
L’analisi quantitativa dei risultati sperimentali porta a stabilire la Legge dell’induzione
elettromagnetica come segue: la f.e.m. è data da:

dΦ(B)
εind = − Legge di Faraday-Neumann
dt

Si noti che il segno meno mette in rilievo l’opposizione della f.e.m. alla variazione di
usso

Se invece di una spira si ha una bobina con N spire, si induce una f.e.m. su ciascuna
spira e dunque bisogna sommare su tutte come nel caso di batterie collegate in serie
(d.d.p. in serie)
Se la bobina è strettamente avvolta in modo che il usso sia uguale su ogn
spira, la f.e.m. totale è data da

dΦ(B)
εind = − N
dt
fl
.

fl
i

Vediamo come possiamo far variare il usso magnetico concatenato a una bobin

1. variando il campo magnetico che attraversa la bobina

2. variando l’area della bobina o la porzione di tale area che giace all’interno del campo
magnetico (per esempio allargando la bobina o rimuovendola, almeno parzialmente
dal campo)

3. variando l’angolo tra la direzione del vettore B e il piano della bobina (per esempio
ruotando la bobina in modo da passare dal usso massimo che si ha con B ortogonale
al piano ad un usso minore o nullo con B che giace sul piano)
.

fl
fl
fl
;

Legge di Lenz
Il segno meno nella legge di Faraday-Neuman
dΦ(B)
εind = −
dt
esprime in modo formale la Legge di Lenz. Nel 1834, tre anni dopo la formulazione della
legge di induzione, Lenz enunciò la seguente regola per stabilire il verso della corrente
indotta in una spira

la corrente indotta in una spira ha un verso tale che il campo magnetico generato
dalla corrente si oppone alla variazione di campo magnetico che l’ha indotta.

Bisogna sottolineare, però, che tale segno non ha carattere assoluto poiché dipende da
come si ssa il versore della super cie delimitata dalla spira.

Il segno meno richiede che, ssato in modo arbitrario un verso positivo di circolazione
lungo la spira, sia di conseguenza stabilito quello della normale alla super cie su cui si
calcola il usso del campo magnetico in modo che rispetto ad esso il verso positivo della
circuitazione sia antiorario.
fi
fl
:

fi
fi
n

fi

Vediamo di capire tutto questo analizzando la gura

Quando una f.e.m. è generata da una variazione del usso magnetico, in accordo con la
legge di Faraday-Neumann, la polarità della f.e.m. indotta è tale da produrre una corrente il
cui campo magnetico si oppone alla variazione del usso magnetico che l’ha generata
Il campo magnetico indotto nella spira agisce in modo tale da mantenere costante il
usso magnetico all’interno della spira.

1. se il campo esterno generato dal


magnete è aumentato perché si
avvicina il magnete alla spira, il
campo magnetico indotto si
oppone ad esso

2. se il campo esterno diminuisce


perché si allontana il magnete
dalla spira, il campo magnetico
indotto agisce nella stessa
direzione del campo esterno per
mantenere costante il usso.
fl
.

fl
fi
fl
.

fl
.

Induzione e trasferimento di energia


Un esempio di corrente indotta è schematizzato in gura, dove una spira rettangolare,
indeformabile, di altezza L e lunghezza a, è in parte immersa in un campo magnetico
esterno uniforme diretto perpendicolarmente al piano della spira ed entrante nella slide

Ad un certo punto supponiamo di tirare verso destra la spira con velocità v


Questo caso, nella sostanza è simile al caso del circuito del primo esperimento di
Faraday, infatti in entrambi i casi:
x

B 1. un magnete e una spira sono in moto relativo


x x x x x x
i
A B 2. il usso del campo magnetico varia nel tempo
x x x x x x anche se, nel primo caso (esperimento di
Faraday) il usso varia in seguito alla variazione
x x x x x x L
di B e nel secondo il usso varia al variare

dell’area della spira immersa nel campo
x x x x x x
magnetico.
D C
x x x x x x v

b
fl
fl
fl

fi
.

Finché la spira è completamente immersa nel campo non succede nulla. A livello
microscopico, la forza di Lorentz F = ev x B spinge gli elettroni lungo il lato corto della
spira da D verso A e da C verso B, quindi non passa nessuna corrente lungo la spira (la
circuitazione del campo elettromotore Eem = v x B è nulla lungo il perimetro della spira).


Ricordiamo che ε= Eem ⋅ dr

Quando invece la spira inizia ad uscire dal campo, il usso concatenato di B diminuisce.
La circuitazione di Eem è diversa da zero, e ind = ∆V = VD - VA = vBL.

Nel circuito quindi inizia a circolare una corrente in senso orario.


x

B
x x x x x x Ora ricordiamo la seconda legge elementare di
i
A B Laplace
x x x x x x
dF = i dl × B
x x x x x x L
Lungo i lati AB e CD la forza punta verso l’esterno
x x x x x x della spira, e tende a deformare la spira (per
D C
x x x x x x v aumentare la sua super cie e compensare in questo
modo la diminuzione del usso.
Lungo il lato AD la forza è diretta verso sinistra e si
b oppone al moto di estrazione della spira dal campo B.
:

fi
fl
)

𝜀
fl

Quindi nella spira si insedia una forza elettromotrice ind = vBL che determina una
corrente i = vBL/R

Lo si può vedere anche utilizzando la legge di Faraday. Infatti, indicato con x la


lunghezza della spira immersa nel campo magnetico, abbiamo che il usso è dato da

Φ=BL

La Legge di Faraday-Neumann ci dice che se il usso varia (in questo caso


diminuisce) si induce una f.e.m. nella spira che in questo caso è data da:

( dt )
dΦB BLdx dx
B εind = − =− = BL − = BLv
x x x x x x
i dt dt
A F2 B
x x x x x x

F1
x x x x x x L

x x x x x x
D F3 C
x x x x x x v

b
x

fl
𝜀
fl

Il campo B esercita forze su tre lati della spira. Le forze F2 e F3 sono compensate
dalla rigidità della spira. La forza F1 è di intensità F = iLB = vL2B2/R ; per estrarre la
spira senza incrementare la sua energia cinetica occorre applicarle una forza avente
la stessa intensità. La potenza di tale forza è

v 2L 2B 2
WF = F ⋅ v =
R
La potenza dissipata per effetto Joule è uguale a i2R, ovvero:

2 2 2
2 v L B
x WJ = i ⋅ R =
R
B
x x x x x x
i
A F2 B
Il fatto che WF = WJ è coerente con il principio
x x x x x x
di conservazione dell’energia

F1
x x x x x x L
Questo esempio descrive quantitativamente una
x x x x x x trasformazione di energia meccanica (lavoro
D fatto dell’agente esterno) in energia elettrica (la
F3 v
C
x x x x x x f.e.m. indotta) e successivamente in energia
termica (calore).

b
.

Flusso tagliato
Il usso tagliato è il meccanismo che, nei generatori elettrici, è alla base delle
trasformazioni di energia dalla forma meccanica a quella elettrica. La parte in
movimento, dovendo rimanere con nata entro la macchina, deve necessariamente
ruotare attorno ad un asse sso
Consideriamo una spira rettangolare, avente lati di lunghezza a ed l, che ruota con
velocità angolare attorno a un asse sso passante per i punti medi dei lati di
lunghezza a, all’interno di un campo magnetico uniforme B.

Analizziamo ancora una volta i fenomeni che si


originano nella spira considerando la forza
agente sulle cariche elettriche mobili presenti
sulla spira e la legge di Faraday-Neumann

x
z
fl
𝜔
fi
.

fi
fi
Consideriamo innanzitutto che il vettore velocità v si trova sempre sul piano xz,
quindi la forza di Lorentz sarà diretta lungo l’asse y. La direzione di v è inoltre
sempre ortogonale al lato di lunghezza a della spira; le forze di Lorentz agenti sulle
cariche libere nei due conduttori di lunghezza a sono dirette perpendicolarmente ai
conduttori e quindi non danno alcun contributo alla forza elettromotrice.

F = ev × B = evB ⋅ sinωt
B Eem = v × B = vB ⋅ sinωt

∫Σ
ε = ΔV = vB ⋅ sinωt = vB2l ⋅ sinωt
v
Ricordando che le cariche di conduzione presenti
nei conduttori di lunghezza l si muovono rispetto al
a
campo con una velocità pari a v = ω :
2

ε = ωBal ⋅ sinωt = ε0 ⋅ sinωt


𝜗𝜗
La forza elettromotrice che ne risulta non è continua, ma alternata; il suo verso
cambia nel tempo con la stessa frequenza di rotazione della spira
Nella spira circola una corrente con intensità e verso che cambiano nel tempo
secondo la legge

ε ε0
i= = ⋅ sinωt
R R

Utilizziamo ora la legge di Faraday-Neumann:

dΦB d
ε=− = − (alB ⋅ cosωt) = alBω ⋅ sinωt = ε0 ⋅ sinωt
dt dt
Nel caso le spira fossero N, il usso complessivo dovrà essere moltiplicato per N
Se non è troppo elevata, come normalmente avviene in sistemi di questo tipo, il
fenomeno può essere trattato come quasi stazionario e quindi:

ε ε0
i= = ⋅ sinωt
R R

La potenza termica riversata nella spira per effetto Joule risulta:


2 2 2 2
2 ω l a B
WJ = i R = ⋅ sin 2ωt
R
Ricordando che ⟨sin2 t⟩ = 1/2

ω 2l 2a 2B 2
⟨WJ⟩ =
2R
WJ rappresenta il lavoro eseguito contro le forze del campo per mantenere in
rotazione uniforme la spira all’interno del campo B.
𝜔
𝜔
fl
.

Campi magnetici variabili nel tempo


Finora abbiamo considerato forze elettromotrici indotte da moto relativo tra una spira e un
magnete o tra una spira e un campo magnetico esterno uniforme. Ora vediamo il caso in
cui non abbiamo moto relativo, cioè la spira è ferma, ma varia il campo magnetico

Consideriamo quindi la spira S ferma nel laboratorio. La sua super cie rimane immutata,
quindi la variazione del usso di B sarà dovuta solo alla variazione nel tempo del valore di
B. In sostanza:

∫S ( ∂t )
dΦB d ∂B
∮Σ dt ∫S
εind = Eem ⋅ dr = − =− B ⋅ dS = − ⋅ dS
dt

Per il teorema di Stokes:

∫S ( ∂t )
∂B
∫S
εind = ( ∇ × Eem) ⋅ dS = − ⋅ dS

∂B
∇ × Eem = −
∂t
fl
fi
.

Se consideriamo la cariche mobili nella spira, siccome quest’ultima è ferma, la forza che si
origina su di esse non può essere associata alla parte magnetica della forza di Lorentz
(perché appunto v = 0). Quindi dobbiamo assumere che si sia creato un campo elettrico
indotto Ei la cui circuitazione vale:

∫S ( ∂t )
∂B
∮Σ
Ei ⋅ dr = − ⋅ dS

∂B
∇ × Ei = −
∂t
Questa espressione va confrontata con il teorema della circuitazione di Ampère, in cui
∇ x B = 0 J una corrente di cariche elettriche (la cui densità rappresenta la sorgente del
campo elettrico E) diviene la sorgente di un campo magnetico. In questo caso invece si
vede come un campo magnetico B variabile nel tempo sia la sorgente di un campo
elettrico indotto. Se de niamo E il campo elettrico totale, ricordando che per il campo
elettrostatico ∇ x ES = 0:

∂B
∇×E=−
∂t
𝜇
fi
𝜚
Per comprendere meglio questo risultato consideriamo una spira circolare, di raggio r,
immersa e ferma in una zona di campo magnetico esterno uniforme B perpendicolare al
piano della spira ed entrante (a) in volume cilindrico

Supponiamo che in ogni punto il modulo di B cresca nel tempo in modo costante (dB/dt =
cost.).

Attraverso la super cie della spira esiste un usso variabile nel tempo, in modo costante,
e per questo c’è una f.e.m. indotta che a sua volta genera una corrente i nella spira. La
variazione del campo magnetico nel tempo induce un campo elettrico E che è tangente in
ogni punto della spira (b) e dunque le linee di forza del campo elettrico sono cerchi
concentrici (c). Si noti che in (c) non compare la spira perché il campo elettrico indotto
prescinde dalla presenza di un conduttore.

fi
fl
.

Se consideriamo una carica di prova q0 che si muove lungo una linea di forza, il lavoro L
eseguito su di essa, in ogni giro, è:

L = εq0

D’altra parte questo lavoro si può esprimere come

L = q0E2πr

dove q0 E è la forza che agisce sulla carica e 2πr è la lunghezza del percorso lungo il
quale agisce la forza
Uguagliando le due espressioni del lavoro si ha:

ε = E2πr

Nel caso più generale di un percorso chiuso generico, l’espressione precedente diventa:


ε= Eem ⋅ dr
.

Ricaviamo, ora, la dipendenza del campo elettrico indotto dalla distanza r dal centro della
zona cilindrica in cui c’è il campo magnetico (b)
In questa descrizione si trascurano gli effetti di bordo

Possiamo distinguere due casi


1. r <
2. r > R

1. r < R
Il usso del campo magnetico attraverso la super cie de nita dalla circonferenza di raggio r
è dato da

Φ = Bπr 2

Quindi per la Legge di Faraday

dΦB

E dr = −
dt
In conclusione

dB
2 r dB
E 2πr = − πr → E=−
dt 2 dt
fl
R

fi
.

fi
1. r > R
Il usso del campo magnetico attraverso la super cie de nita dalla circonferenza di raggio r
è dato da

Φ = BπR 2

perché al di fuori della super cie di raggio R il campo magnetico è nullo.


Quindi applicando la forma generale della Legge di Faraday abbiam

2 dB R 2 dB
E 2πr = − πR → E=−
dt 2r dt

Si noti che le due espressioni sono identiche, come ci si aspetta, per r = R

NOTA
Se si ripete lo stesso discorso con la spira presente, si vede che la corrente indotta tende a
opporsi a questa variazione del usso creando un campo magnetico intrinseco diretto
all’interno della spira con verso uscente dal piano della spira. Quindi la corrente indotta i
deve circolare in senso antiorario e da ciò segue che le linee di forza del campo elettrico,
responsabile della corrente indotta, devono avere verso antiorario. Se il campo magnetico
diminuisce nel tempo la corrente indotta e le linee di forza di E hanno verso orario.
fl

fi
fl

fi
fi
o

Supponiamo di prendere 4 spire di forma generica ma con la stessa area e di posizionarle


come in gura (d). Analizziamo brevemente questi quattro casi

Vediamo che la f.e.m. indotta nelle spire 1 e 2 sono uguali perché entrambe sono
completamente immerse nel campo magnetico

Invece la f.e.m. indotta nella spira 3 è minore delle precedenti perché si trova solo
parzialmente immersa nel campo magnetico

Per concludere, nel caso 4 la f.e.m. è nulla perché si trova completamente fuori dal campo.
fi
.

NOT
I campi elettrici indotti non sono associati con cariche elettriche ma con usso magnetico
variabile.

In entrambi i casi il campo elettrico esercita forze su cariche elettriche, tuttavia esiste una
differenza sostanziale che si può sempli care considerando che le linee di Ei indotto da
una usso magnetico variabile sono linee chiuse mentre per un campo elettrico generato
da cariche stazionarie le linee si originano dalle cariche positive e terminano sulle cariche
negative

Nel caso di campo elettrico generato da una distribuzione di cariche sse sappiamo che la
differenza di potenziale tra due punti A e B è data d

∫A
V(B) − V(A) = − E ⋅ ds

e che se A e B coincidono l’integrale è nullo e di conseguenza anche la differenza di


potenziale.

Nel caso, invece, del campo elettrico indotto, l’integrale in base alla Legge di Faraday non
è nullo ma è uguale alla variazione del usso
Quindi questi campi elettrici indotti, a differenza dei campi elettrostatici, non sono
campi conservativi e per questo non è possibile de nire una funzione scalare →
potenziale.
fl
A

fl
fi
.

fi
fi
fl
Esempio 1

Due lunghe rotaie conduttrici sono separate da una distanza d e le loro estremità sono
unite da una resistenza R. Il sistema è immerso in un campo magnetico uniforme di
intensità B, perpendicolare al piano delle rotaie. Un’asta conduttrice di lunghezza d
scivola a velocità costante v lungo le rotaie. L’asta e le rotaie hanno resistenza
trascurabile
A. Quale è la corrente che scorre nel circuito
B. Quanta potenza è richiesta per muore l’asta
C. Quanta potenza è dissipata nella resistenza? Confrontarla con la potenza richiesta
per muovere l’asta.

X X X

X X X
v
R d
X X X

X X X
.

Esempio 2

La corrente che percorre un lo rettilineo inde nito varia esponenzialmente nel tempo
con la legge i = i0 e −t con i0 = 1 A
Determinare la corrente indotta i1 all’istante t = 1 s su una spira quadrata di resistenza
totale R = 10 kΩ e lato l = 1 cm, posta sul piano contenente il lo, con il centro distante
h = 1.5 cm dal lo.

i
rA

rB
:

fi
fi
.

fi
fi
Esempio 3

Una spira conduttrice quadrata, di lato a = 10 cm, massa m = 4 gr e resistenza R = 0.64


Ω, si muove con velocità costante v0 = 5 m/s lungo l’asse x. Nel semipiano x > 0 esiste
un campo magnetico B, uniforme e costante, ortogonale al foglio, di modulo B = 0.8 T,
mentre nel semipiano x < 0 è B = 0. Si calcoli la velocità v’0 della spira dopo che essa è
entrata completamente nel semipiano x > 0 e il tempo t0 che occorre perché ciò
avvenga, a partire dall’istante t = 0 in cui la spira entra nel campo. Si trascuri
l’autoinduzione della spira.

A B

D C
:

Note

Una volta che la spira è entrata completamente nella regione x > 0 il usso attraverso di lei
non varia più e la corrente diventa 0. A questo punto non c’è più neppure la forza frenante
e la spira si muove di moto rettilineo uniforme.

mRv0
Notiamo che x ha un valore limite x0 = . Se a è minore di x0 la spira riesce ad
a 2B 2
entrare completamente nel campo, se invece a è maggiore di x0 essa entra nel campo
solo parzialmente. In questo secondo caso, tutta l’energia cinetica posseduta dalla spira
viene spesa per effetto Joule sulla resistenza prima che la penetrazione sia completa.
:

fl
Mutua induzione e autoinduzione
Consideriamo un solenoide di lunghezza d (molto maggiore del raggio R delle singole
μ0iN
spire) composto da N spire. Il campo B all’interno del solenoide vale B =
d
Il usso concatenato vale N volte il usso concatenato alla singola spira, per cu

N2
ΦB = NBS = μ0i S = Li
d
N2
dove L ( uguale a μ0 S speci co del solenoide), de nita dalla relazione che lega il
d
usso magnetico concatenato ad un circuito alla corrente che circola all’interno dello
stess

ΦB = Li

prende il nome di coef ciente di autoinduzione o induttanza

L’induttanza si misura nel sistema SI in Wb/A; tale unità ha anche un nome dedicato,
henry (H).
fl
fl
o

fi

fi
fl
fi
.

Per la legge di Faraday-Neumann, si vede che un circuito percorso da corrente di


intensità variabile nel tempo diventa sede di una forza elettromotrice che si oppone
alla variazione che l’ha generata e che è legata a questa dalla relazione:

di
ε=−L
dt

L’induttanza rappresenta la tendenza di un circuito isolato a conservare il


valore istantaneo della corrente che lo sta percorrendo e ne misura quindi
l’inerzia.
Consideriamo due circuiti C1 e C2 in condizioni quasi-stazionarie, immersi in un mezzo
omogeneo e isotropo di permeabilità magnetica costante. Supponiamo che C1 sia
percorso, all’istante t, da una corrente i1. Esso genera nello spazio circostante un campo di
μi1 dl × r
induzione magnetica B1 che, per la prima Legge elementare di Laplace dB1 =
4π r 3
è proporzionale a i1. Dunque anche il usso di B1 concatenato con C2 è istante per istante
proporzionale a i1

Φ2(B 1) = M21 i1

La costante di proporzionalità M21 è detta coef ciente di mutua induzione (o induttanza


mutua) fra C1 e C2
Analogamente, il usso di B2 concatenato con C1 è istante per istant

Φ1(B 2) = M12 i2

Si può dimostrare ch

M12 = M21

Poiché i due coef cienti sono uguali non è necessario speci care i pedici e quindi si usa
solo il simbolo M.
Anche il coef ciente di mutua indizione è misurato in henry.

fi

fi
fl
.

fl
fi
𝜇
fi
e

Dalla Legge di Faraday-Neumann si ricava che la f.e.m. indotta in un generico circuito


dalle variazioni temporali della corrente che circola in un circuito vicino è data da:

di
ε=−M
dt

Consideriamo, a titolo di esempio, la situazione seguente: un


solenoide formato da N avvolgimenti ciascuno di area A, collocato al
centro di un altro solenoide più lungo, di lunghezza lS e con NS
avvolgimenti, avente sezione S > A

Assumiamo che nel solenoide interno circoli una corrente variabile i.


Si vuole calcolare il coef ciente di mutua induzione del primo
solenoide sul secondo, nell'ipotesi che i due solenoidi abbiano gli assi
coincidenti.
fi
.

Siccome il primo solenoide è completamente racchiuso entro il


secondo, non è banale trovare il valore del campo magnetico
generato

Per trovare la soluzione, facciamo uso della relazione M12 = M21

All’interno del primo solenoide, il campo B vale B = 0 i (NS / lS).

NB: nel solenoide grande non scorre nessuna corrente. Questo quindi
è il valore del campo magnetico all’interno del solenoide se
quest’ultimo fosse percorso da una corrente i.

ANNs ΦB ANNs
ΦB = NAB = μ0 i → M= = μ0
lS i lS

In presenza di due (o più) circuiti percorsi da correnti non stazionarie, in


ciascuno di essi si manifestano fenomeni sia di autoinduzione sia di mutua
induzione. La f.e.m. indotta sarà quindi esprimibile nella forma:

di1 di2
ε1 = − L −M
dt dt
.

Induttanza
Vengono chiamati induttori o induttanze alcuni componenti circuitali caratterizzati da
una signi cativa (e nota) induttanza; essenzialmente, dei solenoidi. Generalmente si
considera che tali dispositivi abbiano la caratteristica (ideale) di possedere resistenza
nulla.

Se collego due induttanze in serie, disaccoppiate (cioè M = 0), la forza elettromotrice


ai due estremi liberi è la somma di quelle ai capi di ciascuna delle due:

L1 L2
di di di
ε = − L1 − L2 = − (L1 + L2)
dt dt dt


L= Lk induttanze in serie
k
fi
L1 di1
ε = − L1
dt
i1 di2
ε = − L2
L2
dt
di di1 di2
i2 i1 + i2 = i → = +
dt dt dt

( L1 L2 )
ε di ε ε 1 1
= =− − =− + ε
L dt L1 L2

1 1
L ∑
= induttanze in parallelo
k
Lk
Chitarra Elettrica
Mentre in una chitarra acustica il suono dipende dalla
risonanza prodotta nella cassa vuota dello strumento
(cassa armonica o cassa di risonanza) e indotta dalle
oscillazioni delle corde, la chitarra elettrica è uno
strumento pieno e rigido per cui non c’è alcuna
risonanza nella cassa.
Le oscillazioni delle 6 corde metalliche sono captate da
un microfono elettrico (pick-up magnetico) che
trasforma le vibrazioni delle corde in impulsi elettrici che
poi invia a un ampli catore e a un gruppo di altoparlanti.

Schema elementare di microfono elettrico


(pick-up magnetico). Il lo che collega lo
strumento all’ampli catore è arrotolato
attorno ad un magnete (di ridotte
dimensioni) a formare una bobina. Il campo
magnetico del magnete è tale da indurre un
polo N e un polo S nella parte di corda
metallica sul magnete. La bobina, così, ha
un suo campo magnetico indotto.
fi
fi
fi
Chitarra Elettrica
Il campo magnetico del magnete è tale da
indurre un polo N e un polo S nella parte di
corda metallica sul magnete. La bobina,
così, ha un suo campo magnetico indotto.

La corda, che a sua volta


agisce da magnete, è fatta
vibrare e il suo moto relativo
alla bobina modi ca il usso
del campo magnetico
attraverso la bobina
inducendovi una corrente.
fi
fl
Chitarra Elettrica
Quando la corda oscilla, avvicinandosi e allontanandosi dalla bobina, la corrente indotta
cambia verso con la stessa frequenza delle oscillazioni della corda, inviando il segnale di
frequenza dell’oscillazione all’ampli catore e all’altoparlante
Ricordiamo che il nostro sistema uditivo è in grado di
produrre sensazioni sonore per un intervallo di frequenza
compreso tra 20 Hz e 20000 Hz (banda udibile). Sotto
20 Hz si parla di infrasuoni, mentre sopra i 20 kHz abbiamo
gli ultrasuoni.
La frequenza standard di riferimento corrisponde al La (A4
ssata a 440 Hz. Per calcolare le frequenze della altre not
si utilizza la seguente formul
N
f = 2 ⋅ frif
12

dove N = nr. di semitoni di distanza dalla nota di riferimento.


fi
a

fi

Il trasformatore
Supponiamo di aver bisogno, per far funzionare i nostri strumenti
elettrici, di una determinata quantità di potenza media: la stessa
potenza può essere erogata da correnti elevate a basso voltaggio,
oppure basse correnti ad alta tensione

P = Vi

Per ragioni di sicurezza ed ef cienza, è preferibile avere, sia nell’impianto di


produzione (la centrale termoelettrica o idroelettrica), sia nel luogo di utilizzo
(l’abitazione o l’uf cio), basse differenze di potenziale e alte correnti

Di contro, se l’energia deve essere trasportata attraverso grandi distanze, per la legge
di Joule è molto sconveniente avere alte correnti, poiché la potenza dissipata lungo il
cavo dipende dal quadrato della corrente. Si preferisce dunque trasportare piccole
correnti ed alta tensione ( no a 500 KV !)

Il problema è risolto mediante l’uso del trasformatore, uno strumento in grado di


trasformare potenze elettriche di alta tensione e basso voltaggio in bassa tensione ed
alto voltaggio, e viceversa.

fi
fi
fi
.

Il trasformatore
Il funzionamento del trasformatore si bassa sul
meccanismo di induzione magnetica di Faraday, e
funziona soltanto per correnti alternate. Di contro,
trasformare correnti continue richiede metodi molto più
complessi, per cui è sempre preferibile utilizzare correnti
AC in caso ci sia necessità di una trasformazione di
tensione

Il trasformatore ideale è costituito da 2 bobine avvolte


attorno ad un nucleo di ferro; la bobina primaria ha Np
spire, quella secondaria Ns spire. La prima è connessa
con un generatore di corrente alternata. La corrente
alternata nel circuito primario produce un campo
magnetico ed un usso variabile ΦB nella bobina
primaria; il usso si trasmette uniformemente a tutto il
nucleo di ferro (poiché il ferro è un materiale
ferromagnetico), dunque anche nella regione della
bobina secondaria è presente lo stesso usso; ne deriva
che su ogni singola spira delle due bobine agisce la
stessa f.e.m.
.

fl
fl
fl
Il trasformatore ideale
La tensione ai capi delle due bobine deve essere
** se RP trascurabile rispetto
dΦB ** dΦB all’impedenza induttiva del
Vp = Np Vs = Ns circuito primario
dt dt
Vp
( Np ) della tensione
Vs Ns trasformazione
= Vs = Vp
Np Ns

Se NS > NP spire il trasformatore è detto elevatore, poiché eleva la tensione d’ingresso VP


( ssata dal generatore) ad un valore più alto; altrimenti se NP > NS è detto riduttore. Se
chiudiamo il circuito della bobina secondaria si genera una corrente alternata IS ed una
2
corrispondente potenza dissipata: P = Ri

Se non ci sono perdite di energia, la potenza elettrica in entrata deve essere eguale alla
potenza in uscita.

Vp Np
( Vs ) ( Ns )
trasformazione
P = VP IP = VS IS Is = Ip = Ip della corrente
fi

Densità di energia del campo magnetico


Il fatto che per variare l’intensità della corrente in un circuito sia necessario contrastare la
forza elettromotrice autoindotta fa comprendere che occorre un lavoro dall’esterno, ad
opera di un generatore di forza elettromotrice: al termine dall’operazione, l’energia così
trasferita e non altrimenti dissipata si ritrova sotto forma di energia potenziale

Consideriamo ad esempio un’induttanza L, percorsa da una corrente di intensità i


variabile nel tempo, a partire da una situazione in cui la corrente è nulla. Ai capi
dell’induttanza si manifesta una forza “controelettromotrice”, data dalle legge di Faraday-
Neuman

di
ε=−L
dt
cui corrisponde un lavor

δL = εδq = εidt

Dall’esterno quindi si deve compiere il lavor

est di
δL = − δL = L idt = Lidi
dt
n

Densità di energia del campo magnetico


Il lavoro complessivo, eseguito per far raggiungere il valore nale i si ottiene integrando
l’espressione trovata da 0 a i. Per la conservazione dell’energia, tale lavoro si ritrova
immagazzinato sotto forma di energia potenziale del campo:

1 2
UB = Li
2

Nel caso di un solenoide è facile vedere che l’espressione per la densità di energia,
de nita come l’energia potenziale per unità di volume, sarà:

1 B2
uB = nel vuoto
2 μ0

1
uB = BH in un mezzo lineare
2
fi
fi
Le relazioni trovate per il caso speci co di un solenoide sono in realtà valide in
generale. Ciò consente di affermare che, analogamente a quanto riscontrato nel caso
del campo elettrico, in ogni punto dello spazio in cui sia presente un campo
magnetico è immagazzinata energia magnetica.

Campo elettrico Campo magnetico

1 q2 1 2
UE = UB = Li
2 C 2

1 1 B2
uE = ϵ0E 2 nel vuoto uB = nel vuoto
2 2 μ0

1 1
uE = ED in un dielettrico normale uB = BH in un mezzo lineare
2 2
fi
Circuiti oscillanti
Un sistema sico di notevole interesse per le applicazioni è quello costituito da un
condensatore di capacità C e un’induttanza L fra loro collegati.

Come abbiamo visto, condensatori e induttanze sono elementi


che immagazzinano energia: un condensatore può
immagazzinare energia elettrica mentre una induttanza può
immagazzinare energia magnetica. La resistenza presente in un
circuito causa la dissipazione dell’energia sotto forma di calore.
fi
Circuiti oscillanti
Un sistema sico di notevole interesse per le applicazioni è quello costituito da un
condensatore di capacità C e un’induttanza L fra loro collegati.

Supponiamo che inizialmente il condensatore, sconnesso


dall’induttanza, sia stato caricato con una carica q. Eseguendo la
connessione, le due armature iniziano a scaricarsi, facendo
circolare corrente nell’induttanza

Facciamo per semplicità l’approssimazione che la resistenza


totale di un siffatto circuito sia nulla, in modo che non ci siano
perdite di energia per effetto Joule (possiamo cioè imporre la
conservazione dell’energia UE + UB = cost.)

1 2 1 q2
Li + = cost .
2 2 C

( dt C )
di q dq di q Questa equazione poteva essere ottenuta
Li + =i L + =0 anche partendo dalla legge delle maglie di
dt C dt Kirchhoff.
fi
.

Circuiti oscillanti
Un sistema sico di notevole interesse per le applicazioni è quello costituito da un
condensatore di capacità C e un’induttanza L fra loro collegati.

Supponiamo che inizialmente il condensatore, sconnesso


dall’induttanza, sia stato caricato con una carica q. Eseguendo la
connessione, le due armature iniziano a scaricarsi, facendo
circolare corrente nell’induttanza

Facciamo per semplicità l’approssimazione che la resistenza


totale di un siffatto circuito sia nulla, in modo che non ci siano
perdite di energia per effetto Joule (possiamo cioè imporre la
conservazione dell’energia UE + UB = cost.)

Questa equazione è soddisfatta ntanto che i = 0 e quando:

2
di q dq q
L + =0 → + = 0
dt C dt 2 LC
fi
fi
.

Questa è l’equazione differenziale di un oscillatore armonico e ammette come soluzione


generale:

( )
1
q(t) = q0 ⋅ sin t+φ
LC

Di conseguenza i(t) vale:

( )
dq(t) q0 1
i(t) = = ⋅ cos t+φ
dt LC LC

Lo sfasamento di /2 tra la corrente nell’induttanza e la carica sulle armature del


condensatore permette di concludere che quando l’energia è tutta nella forma magnetica
l’energia elettrostatiche è nulla, e viceversa. L’energia quindi si trasferisce da una
forma all’altra in maniera continua, così come nell’oscillatore meccanico, in cui
muta continuamente dalla forma cinetica a quella potenziale
1
La pulsazione con cui avviene il processo è ω0 =
LC
𝜋
.

1 2
1. E = kx
2

1 2
2. E = mv
2

1 2
3. E = kx
2

Analogia tra l’oscillatore armonico meccanico blocco-molla e il circuito elettrico LC:

Sistema meccanico Sistema elettrico

• Massa • Induttanza
• Costante elastica k • Reciproco della capacità 1/C
• Coordinata x • Carica q
• Velocità del corpo v • Intensità di corrente i
1 2 1 2 1 q2 1 2
Energia meccanica E = kx + mv Energia EM E = + Li
• 2 2 • 2 C 2
m

Circuito LC: primo semiperiodo


a) C è totalmente carico, UE è massima; L è scarico, ovvero i = 0, UB = 0
b) C inizia a scaricarsi e la corrente uisce in senso antiorario attraversando L; l’energia si
trasferisce da C ad L, UE decresce ed UB cresce, la somma resta costant
c) C è scarico, la corrente i è massima, il campo magnetico in L è anch’esso al suo
massimo; l’energia è totalmente accumulata in
d) la corrente i inizia a decrescere: L reagisce compensando la diminuzione con la corrente
indotta; i continua a uire nello stesso verso, caricando i piatti di C con cariche opposte a
quelle inizial
e) C è di nuovo totalmente carico, ma con campo elettrico di verso opposto a quello
iniziale; la corrente ed il campo magnetico in L sono nulli, tutta l’energia è in UE
i

fl
fl
L

Circuito LC: secondo semiperiodo


f) Inizia il processo inverso, caratterizzato da una corrente di verso orario: C si scarica,
cresce la corrente ed il campo magnetico in
g) la corrente ed il campo magnetico sono di nuovo al loro massimo, C è scaric
h) la corrente diminuisce, inizia il processo di ricarica del condensatore che riporta il
sistema allo stato di partenza (a). In assenza di resistenze che dissipano energia, il
processo si ripete inde nitamente con una frequenza caratteristica
fi
L

Circuito LC
Circuiti oscillanti
Il fenomeno ha applicazione nella ricezione delle onde radio, in cui si utilizza il circuito LC
con un condensatore di capacità variabile, per adattare la frequenza del circuito oscillante a
quella del trasmettitore con cui si desidera sintonizzarsi

Ciò si ottiene semplicemente con la rotazione di una manopola dell’apparecchio ricevente,


che produce la variazione di capacità. In pratica, il circuito di ingresso di un apparecchio
radio è costituito dall’antenna, alla quale sono collegati in serie un condensatore e
un’induttanza. Esso riceve onde di tutte le frequenze, ma, come si può facilmente
dimostrare, risponde con una elevata intensità di corrente solo alle frequenze con
1
cui risuona, per le quali si è veri cata la condizione ω0 = . Il segnale di corrente
LC
viene poi inviato all’ingresso di un ampli catore per esser successivamente elaborato. In
questo modo, si riesce ad estrarre dal fondo elettromagnetico il segnale emesso dalla
stazione radio che si desidera ascoltare.

La riduzione di energia del circuito oscillante, per le trasformazioni in calore dovute alla
resistenza del circuito, è in questo caso compensata dall’onda incidente sull’antenna che
rifornisce di energia il sistema.
fi
fi

Circuiti LR
Consideriamo adesso questo semplice circuito elettrico. L’induttanza L, essendo
costituita da un conduttore avvolto a spirale, avrà una sua resistenza che però
assumiamo trascurabile in modo da separare, nel circuito, il ruolo di L da quello di R.
Supponiamo di commutare l’interruttore nella posizione A: nel circuito inizia a circolare
corrente. Nell’approssimazione di corrente quasi stazionaria

di
ε − L − Ri = 0
dt
di 1
= dt
ε − Ri L

i(t) t ε
i(t) = (1 − e )
di 1 1 ε − Ri(t) 1
∫0 ε − Ri ∫0 L
− RL t
= dt − ln = t
R ε L R
Circuiti LR
i(t) t
di 1 1 ε − Ri(t) 1
∫0 ε − Ri ∫0 L
= dt − ln = t
R ε L

ε
i(t) = (1 − e )
− RL t
R

L’inverso del rapporto R/L è dimensionalmente un tempo e prende il nome di costante


di tempo del circuito = L/R

L’intensità della corrente è nulla all’istante della chiusura dell’interruttore, quando la


forza elettromotrice dovuta all’autoinduzione annulla l’effetto di quella del generatore,
per poi tendere al valore asintotico /R. Si parla in questo caso di extracorrente di
chiusura.
𝜏
.

𝜀
Circuiti LR
Supponiamo ora di aprire il circuito dopo che lo stesso abbia raggiunto lo stato stazionario.

di di R ε −Rt
−L − Ri = 0 = − dt i(t) = e L
dt i L R
La corrente, detta extracorrente di apertura, continua a circolare nello stesso verso di
1 2
prima. Si può dimostrare che tutta l’energia immagazzinata nell’induttanza Li si
2
trasforma in energia termica per effetto Joule.
Circuito RLC
L

q di
C = L + Ri
R C dt

dq
Derivando rispetto al tempo, con i = − si ottiene:
dq

d2i R di i
+ + = 0
dt 2 L dt LC
De nendo

R
δ= coef ciente di smorzamento
2L
1
ω0 = pulsazione propria
LC

e V0 la d.d.p. iniziale ai capi del condensatore, otteniamo la soluzione

[( ) ]
V0
i(t) = e −δt sin ω02 − δ 2 t + ϕ
L ω02 − δ 2
fi
:

fi
:

corrent
tensione

Un circuito elettrico RLC in serie è assimilabile al caso meccanico di un sistema massa-molla


con attrito (oscillatore armonico smorzato). La seconda equazione di Newton applicata a
tale sistema vale

d2 x γ dx k
+ + x=0
dt 2 m dt m
dove è la costante di proporzionalità tra l’intensità della forza d’attrito e il modulo della
velocità.
𝛾
e

Leggi fondamentali dell’elettromagnetismo

Riassumiamo le leggi fondamentali trovate no a qui per il campi elettrico e magnetico.

ρ
∇⋅E= ϵ0
legge di Gauss per il campo elettrico

∂B
∇×E=− ∂t
legge di Faraday-Neumann

{ ∇ × B = μ0J
∇⋅B=0 legge di Gauss per il campo magnetico

legge della circuitazione di Ampère

Maxwell mise in evidenza che la legge della circuitazione di Ampère è inconsistente


con la legge di conservazione della carica elettrica nel caso di correnti non
stazionarie.
fi
Ricordiamo infatti che la legge di conservazione della carica può essere espressa
come (per casi non stazionari):

∂ρ
∇⋅ J + =0 equazione di continuità
∂t

Ora è facile dimostrare che la divergenza del rotore di un campo vettoriale è sempre
nulla. Infatti:

( ∂z ∂x )
∂vz ∂vy ∂vx ∂vz ∂vy ∂vx
( ∂y ∂z ) ( ∂x ∂y )
∇×v= − i ̂+ − j ̂+ − k̂

∂2vz ∂2vy
∂ vx 2 ∂2vz
∂2vx ∂2vy
∇ ⋅ ( ∇ × v) = − + − + − =0
∂x∂y ∂x∂z ∂y∂z ∂y∂x ∂z∂x ∂z∂y

Quindi:
in disaccordo con
1
∇ ⋅ J = ∇ ⋅ ( ∇ × B) = 0 l’equazione di
μ0 continuità per casi
non-stazionari
All’interno delle due armature J = 0

Quindi se calcoliamo la circuitazione di B lungo due diverse


linee chiuse, una concatenata con il circuito e una tutta
C R interna alle armature del condensatore, ci troviamo difronte
ad una evidente incongruenza (corrente concatenata vuol
i(t) dire cha attraversa una QUALSIASI super cie che si
appoggia sul percorso di circuitazione).

Proviamo a riscrivere l’equazione di continuità utilizzando la


forma locale della legge di Gauss per il campo elettrico:


∇ ⋅ J + ϵ0 ( ∇ ⋅ E) = 0
∂t

( ∂t )
∂E
∇ ⋅ J + ϵ0∇ ⋅ =0

( ∂t )
∂E
∇ ⋅ J + ϵ0 =0
.

fi
∂E
Il vettore J + ϵ0 gode delle seguenti proprietà
∂t
1. si riduce esattamente a J nel caso stazionario (quando cioè ∂E/∂t = 0)
2. ha sempre divergenza nulla

Esso quindi rappresenta un ottimo candidato ad essere sostituito al posto di J nella legge
della circuitazione di Ampère
Questa ipotesi fu avanzata da James Clerk Maxwell nel 1864 sulla base di
argomentazioni essenzialmente teoriche e venne confermata dagli esperimenti di Heinrich
Hertz nel 1887 che dimostrarono l’esistenza delle onde elettromagnetiche

∂E
La quantità ϵ0 viene detta densità di corrente di spostamento (a volte indicata con
∂t
JS) e il suo usso attraverso una qualunque super cie S viene detto corrente di
spostamento.

A livello teorico, la prima legge di Kirchhoff dei nodi è immediatamente estendibile al caso
non stazionario se si considerano le correnti di spostamento in aggiunta alle correnti di
conduzione
In realtà, per condizioni quasi stazionarie (quando le dimensioni del circuito sono tali che il
tempo impiegato dai segnali elettromagnetici per attraversarlo sia molto minore del tempo
che caratterizza le variazioni di e J) la corrente di spostamento risulta trascurabile
Questo è vero per tutti i buoni conduttori no ad altissime frequenze (almeno microonde).
fl
.

𝜚
fi
fi
:

C Consideriamo di nuovo questo circuito. Al tempo t = 0 sulle


armature del condensatore è presente una carica q0. La
tensione ai capi di R vale V(t) = R · i ed è uguale alla
q(t)
tensione presente ai capi di C dove vale V(t) =
C
i(t) Inoltre, siccome la carica diminuisce su C nel tempo, la
R dq
corrente i = −
dt
Quindi:
t
− RC
q(t) = q0e
q0 − t
i(t) = e RC
RC

σ q q0 − t
Il campo E tra le armature vale, per il teorema di Coulomb E= = = e RC
ϵ0 ϵ0S ϵ0S

∂E q0 − t
Quindi la densità di corrente: ϵ0 = e RC
∂t RCS
.

Per calcolare il usso di tale densità di corrente utilizziamo una super cie S pari alla
super cie delle due armature. Si ottiene un valore pari alla corrente di conduzione
attraverso la resistenza R:

∂E q0 − t
Is = S ϵ0 = e RC
∂t RC

La corrente totale I = IC + IS è costante su tutto il circuito.


fi
fl
fi
Legge di Ampère-Maxwell
Possiamo quindi generalizzare la legge di Ampère anche per i casi non stazionari:

( ∂t )
∂E
∇ × B = μ0(J + JS) = μ0 J + ϵ0

nota come Legge di Ampère-Maxwell


Campi magnetici indotti
Come abbiamo visto la variazione del usso magnetico genera un campo elettrico indotto
e tale fenomeno è descritto dalla forma generale della Legge di induzione di Faraday-
Neumann:

dΦ(B)

εind = E ⋅ dl = −
dt
A questo punto possiamo chiederci se è possibile il viceversa, ossia se la variazione del
usso elettrico può generare un campo magnetico indotto. La risposta sperimentale è sì e
tale fenomeno è descritto dalla Legge di induzione di Maxwell (forma generale della
legge di Ampère-Maxwell con J = 0)

∂E
∇ × B = μ0JS = μ0ϵ0
∂t

dΦ(E)

Legge di induzione
B ⋅ dl = μ0ϵ0
dt di Maxwell
fl

fl
Consideriamo due piani conduttori paralleli a sezione circolare. Supponiamo di fornire una
corrente i costante (a) che produce un campo elettrico uniforme. Facciamo l’ipotesi che E
aumenti in modo che dE/dt sia costante il che signi ca che si fornisce carica alle due
armature circolari in quantità costante nell’unità di tempo. Per questo è necessaria una
corrente costante che entri nell’armatura di sinistra positiva ed esca dall’armatura di destra
negativa

(a) (b) (c)

Questo campo elettrico variabile genera un campo magnetico (b). Se confrontiamo la gura
(b) con la gura che mostra il campo elettrico indotto dalla variazione del usso magnetico (c)
si vede che le linee di forza di E hanno verso antiorario mentre quelle di B hanno verso
orario. Questa differenza dipende dal segno meno (Legge di Lenz) nella legge di induzione
di Faraday-Neumann.
.

fi
fi
fl
fi
La direzione e il verso del campo magnetico indotto si ricavano dalla regola della mano
destra, puntando il pollice nella direzione della corrente e il verso di rotazione delle dita
indica il verso delle linee del campo magnetico.

Per calcolare il modulo del campo magnetico indotto si procede in modo simile al caso del
calcolo del campo magnetico indotto da un lo percorso da corrente dove ora il lo è un lo
immaginario che unisce le due armature in cui passa la corrente ttizia di
spostamento is e di raggio R. 

μ0is
1. r > R B=
2πr

μ0isr
2. r < R B=
2πR 2

Queste due espressioni per il campo magnetico


indotto dalla variazione del usso elettrico
all’interno di un condensatore sono identiche alle
espressioni che abbiamo ricavato per il campo
magnetico indotto da un lo percorso da corrente
all’interno e all’esterno del lo rispettivamente
fi
fi
fl
fi
fi
fi
fi
Un campo magnetico B può essere generato in due diversi modi:
1. mediante un campo elettrico variabile nel tempo (Maxwell)
2. mediante una corrente (Ampere)

In generale si possono avere entrambe le possibilità e quindi possiamo combinare le due


leggi in una sola che prende il nome di Legge di Ampere-Maxwell

dΦ(E)

B ⋅ dl = μ0ϵ0 + μ0i
dt


B ⋅ dl = μ0(is + i)

Le equazioni di Maxwell

{ {
ρ
∇⋅E= ∇⋅B=0
ϵ0

( ∂t )
∂B ∂E
∇×E=− ∇ × B = μ0 J + ϵ0
∂t

Se consideriamo la situazione nel vuoto, cioè nei punti dello spazio in cui siano assenti
sia le cariche che le correnti, otteniamo una situazione di evidente simmetria tra i campi
E e B.

{ {
∇⋅E=0 ∇⋅B=0

∂B ∂E
∇×E=− ∇ × B = μ0ϵ0
∂t ∂t
Onde elettromagnetiche
L’esistenza delle onde elettromagnetiche è stata ipotizzata teoricamente da Maxwell nel
1873. Partiamo considerando la situazione nel vuoto
Utilizziamo la seguente identità matematica:

∇ × ( ∇ × v) = ∇( ∇ ⋅ v) − ∇2 v

Ricordiamo ancora una volta che:

∂vx ∂vy ∂vz ∂a ̂ ∂a ̂ ∂a ̂


1) ∇⋅v= + + 2) ∇a = i+ j+ k
∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z

î ĵ k̂
∂vz ∂vy
( ∂y ∂z )
3) ∇×v= ∂ ∂ ∂
= − i ̂+ . . .
∂x ∂y ∂z
vx vy vz

2 2 2

( ∂x 2 ∂z 2 )
∂ v ∂ v ∂ vx
4) 2
∇ v= x
+ x
+ i ̂+ . . .
∂y 2
.

Quindi, utilizzando le eq. di Maxwell:

( ∂t )
2 ∂B ∂ ∂ ∂E
∇ × ( ∇ × E) = ∇( ∇ ⋅ E) − ∇ E = ∇ × − = − ( ∇ × B) = − ϵ0 μ0
∂t ∂t ∂t

2
2 ∂ E
∇ E − ϵ0 μ0 2 = 0
∂t

Possiamo applicare lo stesso calcolo per il campo B ottenendo:

2
2 ∂B
∇ B − ϵ0 μ0 2 = 0
∂t
Queste equazioni sono dette equazioni delle onde elettromagnetiche e la loro
1
soluzione è rappresentata da onde che si propagano con velocità pari a v =
ϵ0 μ0

Sapendo che ε0 = 8,854 10-12 e μ0 = 4 10-7, si ottiene c = 299792458 m/s.


𝜋
.

Una funzione f(x,t) rappresenta un’onda di ampiezza costante che si propaga lungo
l’asse delle x se in essa la dipendenza dalla coordinata x e dal tempo t compare solo
nella combinazione = x ∓ vt

f(x,t) = f( ) = f(x ∓ vt)

Si può facilmente vedere che se f( ) è il pro lo della funzione al tempo t, il pro lo al


tempo t + ∆t ha sempre la stessa forma ma traslato lungo x con velocità ± v.
𝜉
𝜉
:

𝜉
fi
fi
f
Un’onda progressiva di velocità v trasla
lungo lo spazio e nel tempo a velocità
costante, senza cambiare la sua forma
Consideriamo la funzione
t
f(ξ) = f(x − vt)

Se consideriamo la stessa onda al tempo


tempo t′ = t + Δt
x − Δx x
f(ξ′) = f(x − vt′) = f(x − v(t + Δt))
f
Quindi
Δx = vΔt
f(ξ′) = f(x − Δx − vt)

t′ = t + Δt ovvero l’onda ad un istante successivo


t′ = t + Δt non è altro che la stessa
onda dell’istante t, con la medesima
forma, ma solo traslata di una distanza
x spaziale Δx = vΔt .
x






:

Quando compare una sola componente spaziale (ad esempio x, come nel caso di onde su
una fune tesa o all’interno di un cilindro riempito di uido) si parla di onde piane e la
funzione d’onda può essere scritta come f(x,t). Il termine “piana” si riferisce al fatto che la
funzione f assume lo stesso valore in tutti i punti di ciascun piano ortogonale alla direzione
x.
Nel caso di onda piana tutte le derivate dei campi rispetto a y e a z sono nulle e il
laplaciano nelle equazioni delle onde elettromagnetiche si riduce alla derivata seconda
rispetto a x. Ciascuna delle 6 componenti del campo elettromagnetico E (Ex, Ey, Ez) e B
(Bx, By, Bz) soddisfa la stessa equazione del tipo:

∂2f 1 ∂2f
− = 0 equazione di D’Alembert
∂x 2 v 2 ∂t 2

La soluzione generale questa equazione è del tipo (onda progressiva più onda regressiva):

φ(x, t) = f1(x − vt) + f2(x + vt)


fl
Andiamo a rivedere le eq. di Maxwell nel caso delle onde piane, ricordando che tutte le

( )
∂ ∂
componenti dei campi sono indipendenti da y e z quindi = =0 .
∂y ∂z
Dalla a) e d.1) e dalla b) e c.1) vediamo che Ex e Bx
a) ∂Ex /∂x = 0 sono costanti nel tempo e uniformi nello spazio. Essi
pertanto non contribuiscono al fenomeno della
b) ∂Bx /∂x = 0 propagazione del campo, e possono essere
considerate nulle. In altri termini le onde
c.1) ∂Bx /∂t = 0 elettromagnetiche sono puramente trasversali.

c.2) ∂Ez /∂x = ∂By /∂t Dalle c.2) e c.3) si vede che se l’onda ha una
componente Ey deve avere necessariamente anche
c.3) ∂Ey /∂x = − ∂Bz /∂t una componente Bz (e viceversa).

d.1) ∂Ex /∂t = 0 Per la linearità delle eq. di Maxwell, ogni


combinazione lineare di soluzioni è soluzione. Non si
d.2) ∂Bz /∂x = − μ0ϵ0∂Ey /∂t perde in generalità se si considera un’onda il cui
campo E sia orientato in direzione ssa, ad esempio
d.3) ∂By /∂x = μ0ϵ0∂Ez /∂t
lungo l’asse y (Ez = 0). Una tale onda si dice
possedere una polarizzazione piana o lineare.

In un’onda elettromagnetica, campo elettrico e


magnetico sono tra loro ortogonali (oltre che
trasversali, cioè ortogonali alla direzione di
propagazione).
fi
∂Ey ∂Bz
=−
∂x ∂t
Ey = Ey(x ∓ vt) = Ey(ξ) Bz = Bz(x ∓ vt) = Bz(ξ)

∂Ey ∂Ey ∂Bz ∂Bz


= =− =− ⋅ (∓v) 1
∂x ∂ξ ∂t ∂ξ Nel vuoto v =c= e quind
ϵ0 μ0
∂Ey ∂Bz Ey
=±v⋅ =±v Ey 1
∂ξ ∂ξ Bz =±c=±
Bz ϵ0 μ0
i

In generale, un’onda elettromagnetica piana polarizzata può essere scritta com

[ λ ]

Ey(x, t) = E0 sin (x − vt) + ϕ

[ λ ]

Bz(x, t) = B0 sin (x − vt) + ϕ
con

1 c
λ lunghezza d’onda ν= = frequenz
T λ

T periodo ω= pulsazione
T
:

Proprietà onde elettromagnetiche


Ricapitolando, le onde elettromagnetiche posseggono le seguenti proprietà

1. onde trasversali (componenti x nulle → Ex, Bx = 0, componenti trasverse ≠ 0


• le onde elettromagnetiche sono puramente trasversal
2. E⊥B
• in un’onda elettromagnetica, campo elettrico e campo magnetico sono fra di
loro ortogonal

E
3. il rapporto tra le componenti = ± v velocità di propagazione dell’ond
B
• il rapporto tra i moduli del campo E e B è costante e uguale alla velocità di
propagazione dell’onda
i

Spettro delle onde elettromagnetiche


L’intervallo di frequenza in cui le onde elettromagnetiche sono oggetto di applicazioni e
studio è molto ampio ed è compreso tra il migliaio di Hertz e circa 1022 (e oltre). In base alla
frequenza le onde elettromagnetiche sono prodotte da sorgenti diverse, hanno proprietà
diverse e in particolare interagiscono con la materia in modo diverso.
Onde elettromagnetiche: veri ca sperimentale
L’esistenza delle onde elettromagnetiche è stata ipotizzata teoricamente da Maxwell nel
1873. Si ebbe conferma sperimentale da H. R. Hertz che condusse una serie di esperimenti
tra il 1886 e 1889 della loro esistenza
Questi esperimenti erano basati sull’idea che le intense perturbazioni nei campi elettrici che
accompagnano le scariche elettriche potessero propagarsi a distanza come onde ed essere
poi rivelate sfruttando fenomeni di induzione elettromagnetica da esse determinati.

interruttore (aperto/chiuso condensatore (sferette


a frequenza costante) metalliche poste a
piccolissima distanza)

ricevitore (circuito LC
costituito da un
condensatore ed una
induttanza “parassita”)

trasformatore
.

fi
Onde elettromagnetiche: veri ca sperimentale
Le scariche elettriche nel circuito “emettitore” provocano un campo magnetico indotto che a
sua volta genera un campo elettrico indotto
Una volta creati, questi campi si propagano nello spazio e possono essere rilevati da circuiti
“ricevitori”. La scarica che si osserva tra le due sferette del circuito ricevente è massima
quando la sua frequenza caratteristica è in risonanza con quella del circuito emettitore.

interruttore (aperto/chiuso condensatore (sferette


a frequenza costante) metalliche poste a
piccolissima distanza)

ricevitore (circuito LC
costituito da un
condensatore ed una
induttanza “parassita”)

trasformatore
.

fi
Trasporto di energia e vettore di Poynting

|B|
Dalla proprietà | E | = , sapendo che la densità di energia del campo magnetico
μ0ϵ0
1 B2
vale uB = si può ricavare
2 μ0
1 2 1
uB = E μ0ϵ0 = ϵ0E 2 = uE , uB = uE
2μ0 2

La luce del sole ci scalda. In effetti il campo elettromagnetico contiene una certa
quantità di energia, che si propaga insieme ad esso. L'energia di un'onda
elettromagnetica in una certa regione dello spazio e data dall'integrale sul volume
occupato della densità di energia

∫ ( 2 μ0 2 )
1 B2 1
U= + ϵ0E 2 dV
:

Trasporto di energia e vettore di Poynting


Calcoliamo come varia U nel tempo

∂t ∫ ( 2 μ0 2 )
∂U ∂ 1 B2 1
= + ϵ0E 2 dV =
∂t

B ∂B ∂E
∫ μ0 ∂t
= ⋅ + ϵ0 E ⋅ dV =
∂t

B 1
∫ μ0
= ⋅ ( − ∇ × E) + ϵ0 E ⋅ ( ∇ × B) dV =
μ0ϵ0

Utilizziamo ora l’identità vettoriale ∇ ⋅ (E × B) = ( ∇ × E) ⋅ B − E ⋅ ( ∇ × B)


1
μ0 ∫ ∫ ∫Σ
=− ∇ ⋅ (E × B) dV = − ∇ ⋅ S dV = − S ⋅ n ̂ dσ
:

Trasporto di energia e vettore di Poynting


Dove abbiamo introdotto il vettore di Poynting S

(E × B)
S =
μ0

Considerata un’onda elettromagnetica, il usso del vettore di Poynting ad essa associato


attraverso l’elemento di super cie dS rappresenta l’energia elettromagnetica che l’onda
trasporta nell’unità di tempo attraverso dS. Nel SI si misura in J/sm2

In forma locale vale una equazione di continuità per la densità di energia del campo
elettromagnetico (analogo all’equazione di continuità per la corrente che esprime la
conservazione della carica elettrica)

teorema di Poynting in
∂u assenza di cariche elettriche
∇⋅ S + =0
∂t libere (conservazione
dell’energia del campo
elettromagnetico)

fi
:

fl
:

Trasporto di energia e vettore di Poynting


Nel caso di un’onda piana, il vettore di Poynting ha la direzione di propagazione dell’onda
e il suo modulo vale

EB cB 2
S= = = cϵ0E 2
μ0 μ0

D’altra parte, anche la densità di energia può essere espressa nelle forme equivalenti

2
B
u = ϵ0E 2 =
μ0

in modo che risulta S = cu

Nel caso un’onda venga totalmente assorbita da una super cie, essa cede tutta la propria
energia. La pressione (di radiazione) esercitata dall’onda vale

S
p =
c

fi
:

Potrebbero piacerti anche