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Per anni si era cercato di dimostrare che, agli effetti magnetici prodotti da una corrente
elettrica e rilevati per la prima volta da Oersted, dovessero corrispondere effetti
provocati da campi magnetici su cariche elettriche
fi
.
Induzione elettromagnetica
I Esperimento di Farada
Una spira è collegata soltanto ad un galvanometro per poter misurare l’eventuale presenza
di corrente. Inizialmente nella spira non è presente alcuna corrente. Se si avvicina un
magnete verso la spira, si osserva una corrente misurata dal galvanometro. Se si arresta il
movimento relativo del magnete la corrente torna ad essere nulla. Successivamente se il
magnete viene allontanato si osserva nuovamente una corrente ma questa volta in verso
opposto.
Conclusione
Induzione elettromagnetica
La corrente generata in questo modo nella spira si chiama corrente indotta.
Il lavoro svolto, per unità di carica, per produrre la corrente e quindi far muovere gli
elettroni di conduzione è chiamata forza elettromotrice, f.e.m., e si misura in joule/coulomb
(J/C) ossia in volt (V)
Il processo che origina gli effetti descritti prende il nome di induzione elettromagnetica.
.
Induzione elettromagnetica
II Esperimento di Farada
Una prima spira (A) è collegata soltanto ad un galvanometro. Una seconda (B) è collegata,
invece, a una batteria controllata da un interruttore S. Le due spire sono sse e disposte
l’una di fronte all’altra
Se l’interruttore S nella spira (B) è chiuso, circola corrente in (B) e si osserva un breve
impulso di corrente in (A) solo in corrispondenza della chiusura di S. Mantenendo in circolo
la corrente in (B) non si osserva alcun impulso o corrente nella spira (A). Se dopo un certo
tempo si apre l’interruttore S, si osserva nuovamente un breve impulso di corrente in (A)
ma con verso opposto al caso precedente.
Conclusione
B
Si ha una corrente indotta nella spira (A) solo quando ci
sono variazioni di corrent
CONCLUSIONE GENERALE
fl
y
fi
Flusso magnetico
Analogamente al usso di un campo elettric
∫Σ
ΦE = E ⋅ dA
si de nisce usso magnetico passante per la super cie delimitata, ad esempio, da una
spira
∫Σ
ΦB = B ⋅ dA
ΦB = BA
fl
fi
a
fi
fi
𝜗
L’unità di misura per il usso magnetico nel SI è tesla per metro quadro (T m2) che si
chiama weber (Wb
1 weber = 1 Wb = 1 T m2 = 1 V
)
fl
fl
o
Legge di Faraday-Neumann
L’analisi quantitativa dei risultati sperimentali porta a stabilire la Legge dell’induzione
elettromagnetica come segue: la f.e.m. è data da:
dΦ(B)
εind = − Legge di Faraday-Neumann
dt
Si noti che il segno meno mette in rilievo l’opposizione della f.e.m. alla variazione di
usso
Se invece di una spira si ha una bobina con N spire, si induce una f.e.m. su ciascuna
spira e dunque bisogna sommare su tutte come nel caso di batterie collegate in serie
(d.d.p. in serie)
Se la bobina è strettamente avvolta in modo che il usso sia uguale su ogn
spira, la f.e.m. totale è data da
dΦ(B)
εind = − N
dt
fl
.
fl
i
Vediamo come possiamo far variare il usso magnetico concatenato a una bobin
2. variando l’area della bobina o la porzione di tale area che giace all’interno del campo
magnetico (per esempio allargando la bobina o rimuovendola, almeno parzialmente
dal campo)
3. variando l’angolo tra la direzione del vettore B e il piano della bobina (per esempio
ruotando la bobina in modo da passare dal usso massimo che si ha con B ortogonale
al piano ad un usso minore o nullo con B che giace sul piano)
.
fl
fl
fl
;
Legge di Lenz
Il segno meno nella legge di Faraday-Neuman
dΦ(B)
εind = −
dt
esprime in modo formale la Legge di Lenz. Nel 1834, tre anni dopo la formulazione della
legge di induzione, Lenz enunciò la seguente regola per stabilire il verso della corrente
indotta in una spira
la corrente indotta in una spira ha un verso tale che il campo magnetico generato
dalla corrente si oppone alla variazione di campo magnetico che l’ha indotta.
Bisogna sottolineare, però, che tale segno non ha carattere assoluto poiché dipende da
come si ssa il versore della super cie delimitata dalla spira.
Il segno meno richiede che, ssato in modo arbitrario un verso positivo di circolazione
lungo la spira, sia di conseguenza stabilito quello della normale alla super cie su cui si
calcola il usso del campo magnetico in modo che rispetto ad esso il verso positivo della
circuitazione sia antiorario.
fi
fl
:
fi
fi
n
fi
Quando una f.e.m. è generata da una variazione del usso magnetico, in accordo con la
legge di Faraday-Neumann, la polarità della f.e.m. indotta è tale da produrre una corrente il
cui campo magnetico si oppone alla variazione del usso magnetico che l’ha generata
Il campo magnetico indotto nella spira agisce in modo tale da mantenere costante il
usso magnetico all’interno della spira.
fl
fi
fl
.
fl
.
b
fl
fl
fl
fi
.
Finché la spira è completamente immersa nel campo non succede nulla. A livello
microscopico, la forza di Lorentz F = ev x B spinge gli elettroni lungo il lato corto della
spira da D verso A e da C verso B, quindi non passa nessuna corrente lungo la spira (la
circuitazione del campo elettromotore Eem = v x B è nulla lungo il perimetro della spira).
∮
Ricordiamo che ε= Eem ⋅ dr
Quando invece la spira inizia ad uscire dal campo, il usso concatenato di B diminuisce.
La circuitazione di Eem è diversa da zero, e ind = ∆V = VD - VA = vBL.
B
x x x x x x Ora ricordiamo la seconda legge elementare di
i
A B Laplace
x x x x x x
dF = i dl × B
x x x x x x L
Lungo i lati AB e CD la forza punta verso l’esterno
x x x x x x della spira, e tende a deformare la spira (per
D C
x x x x x x v aumentare la sua super cie e compensare in questo
modo la diminuzione del usso.
Lungo il lato AD la forza è diretta verso sinistra e si
b oppone al moto di estrazione della spira dal campo B.
:
fi
fl
)
𝜀
fl
Quindi nella spira si insedia una forza elettromotrice ind = vBL che determina una
corrente i = vBL/R
Φ=BL
( dt )
dΦB BLdx dx
B εind = − =− = BL − = BLv
x x x x x x
i dt dt
A F2 B
x x x x x x
F1
x x x x x x L
x x x x x x
D F3 C
x x x x x x v
b
x
fl
𝜀
fl
Il campo B esercita forze su tre lati della spira. Le forze F2 e F3 sono compensate
dalla rigidità della spira. La forza F1 è di intensità F = iLB = vL2B2/R ; per estrarre la
spira senza incrementare la sua energia cinetica occorre applicarle una forza avente
la stessa intensità. La potenza di tale forza è
v 2L 2B 2
WF = F ⋅ v =
R
La potenza dissipata per effetto Joule è uguale a i2R, ovvero:
2 2 2
2 v L B
x WJ = i ⋅ R =
R
B
x x x x x x
i
A F2 B
Il fatto che WF = WJ è coerente con il principio
x x x x x x
di conservazione dell’energia
F1
x x x x x x L
Questo esempio descrive quantitativamente una
x x x x x x trasformazione di energia meccanica (lavoro
D fatto dell’agente esterno) in energia elettrica (la
F3 v
C
x x x x x x f.e.m. indotta) e successivamente in energia
termica (calore).
b
.
Flusso tagliato
Il usso tagliato è il meccanismo che, nei generatori elettrici, è alla base delle
trasformazioni di energia dalla forma meccanica a quella elettrica. La parte in
movimento, dovendo rimanere con nata entro la macchina, deve necessariamente
ruotare attorno ad un asse sso
Consideriamo una spira rettangolare, avente lati di lunghezza a ed l, che ruota con
velocità angolare attorno a un asse sso passante per i punti medi dei lati di
lunghezza a, all’interno di un campo magnetico uniforme B.
x
z
fl
𝜔
fi
.
fi
fi
Consideriamo innanzitutto che il vettore velocità v si trova sempre sul piano xz,
quindi la forza di Lorentz sarà diretta lungo l’asse y. La direzione di v è inoltre
sempre ortogonale al lato di lunghezza a della spira; le forze di Lorentz agenti sulle
cariche libere nei due conduttori di lunghezza a sono dirette perpendicolarmente ai
conduttori e quindi non danno alcun contributo alla forza elettromotrice.
F = ev × B = evB ⋅ sinωt
B Eem = v × B = vB ⋅ sinωt
n̂
∫Σ
ε = ΔV = vB ⋅ sinωt = vB2l ⋅ sinωt
v
Ricordando che le cariche di conduzione presenti
nei conduttori di lunghezza l si muovono rispetto al
a
campo con una velocità pari a v = ω :
2
ε ε0
i= = ⋅ sinωt
R R
dΦB d
ε=− = − (alB ⋅ cosωt) = alBω ⋅ sinωt = ε0 ⋅ sinωt
dt dt
Nel caso le spira fossero N, il usso complessivo dovrà essere moltiplicato per N
Se non è troppo elevata, come normalmente avviene in sistemi di questo tipo, il
fenomeno può essere trattato come quasi stazionario e quindi:
ε ε0
i= = ⋅ sinωt
R R
ω 2l 2a 2B 2
⟨WJ⟩ =
2R
WJ rappresenta il lavoro eseguito contro le forze del campo per mantenere in
rotazione uniforme la spira all’interno del campo B.
𝜔
𝜔
fl
.
Consideriamo quindi la spira S ferma nel laboratorio. La sua super cie rimane immutata,
quindi la variazione del usso di B sarà dovuta solo alla variazione nel tempo del valore di
B. In sostanza:
∫S ( ∂t )
dΦB d ∂B
∮Σ dt ∫S
εind = Eem ⋅ dr = − =− B ⋅ dS = − ⋅ dS
dt
∫S ( ∂t )
∂B
∫S
εind = ( ∇ × Eem) ⋅ dS = − ⋅ dS
∂B
∇ × Eem = −
∂t
fl
fi
.
Se consideriamo la cariche mobili nella spira, siccome quest’ultima è ferma, la forza che si
origina su di esse non può essere associata alla parte magnetica della forza di Lorentz
(perché appunto v = 0). Quindi dobbiamo assumere che si sia creato un campo elettrico
indotto Ei la cui circuitazione vale:
∫S ( ∂t )
∂B
∮Σ
Ei ⋅ dr = − ⋅ dS
∂B
∇ × Ei = −
∂t
Questa espressione va confrontata con il teorema della circuitazione di Ampère, in cui
∇ x B = 0 J una corrente di cariche elettriche (la cui densità rappresenta la sorgente del
campo elettrico E) diviene la sorgente di un campo magnetico. In questo caso invece si
vede come un campo magnetico B variabile nel tempo sia la sorgente di un campo
elettrico indotto. Se de niamo E il campo elettrico totale, ricordando che per il campo
elettrostatico ∇ x ES = 0:
∂B
∇×E=−
∂t
𝜇
fi
𝜚
Per comprendere meglio questo risultato consideriamo una spira circolare, di raggio r,
immersa e ferma in una zona di campo magnetico esterno uniforme B perpendicolare al
piano della spira ed entrante (a) in volume cilindrico
Supponiamo che in ogni punto il modulo di B cresca nel tempo in modo costante (dB/dt =
cost.).
Attraverso la super cie della spira esiste un usso variabile nel tempo, in modo costante,
e per questo c’è una f.e.m. indotta che a sua volta genera una corrente i nella spira. La
variazione del campo magnetico nel tempo induce un campo elettrico E che è tangente in
ogni punto della spira (b) e dunque le linee di forza del campo elettrico sono cerchi
concentrici (c). Si noti che in (c) non compare la spira perché il campo elettrico indotto
prescinde dalla presenza di un conduttore.
fi
fl
.
Se consideriamo una carica di prova q0 che si muove lungo una linea di forza, il lavoro L
eseguito su di essa, in ogni giro, è:
L = εq0
L = q0E2πr
dove q0 E è la forza che agisce sulla carica e 2πr è la lunghezza del percorso lungo il
quale agisce la forza
Uguagliando le due espressioni del lavoro si ha:
ε = E2πr
Nel caso più generale di un percorso chiuso generico, l’espressione precedente diventa:
∮
ε= Eem ⋅ dr
.
Ricaviamo, ora, la dipendenza del campo elettrico indotto dalla distanza r dal centro della
zona cilindrica in cui c’è il campo magnetico (b)
In questa descrizione si trascurano gli effetti di bordo
1. r < R
Il usso del campo magnetico attraverso la super cie de nita dalla circonferenza di raggio r
è dato da
Φ = Bπr 2
dΦB
∮
E dr = −
dt
In conclusione
dB
2 r dB
E 2πr = − πr → E=−
dt 2 dt
fl
R
fi
.
fi
1. r > R
Il usso del campo magnetico attraverso la super cie de nita dalla circonferenza di raggio r
è dato da
Φ = BπR 2
2 dB R 2 dB
E 2πr = − πR → E=−
dt 2r dt
NOTA
Se si ripete lo stesso discorso con la spira presente, si vede che la corrente indotta tende a
opporsi a questa variazione del usso creando un campo magnetico intrinseco diretto
all’interno della spira con verso uscente dal piano della spira. Quindi la corrente indotta i
deve circolare in senso antiorario e da ciò segue che le linee di forza del campo elettrico,
responsabile della corrente indotta, devono avere verso antiorario. Se il campo magnetico
diminuisce nel tempo la corrente indotta e le linee di forza di E hanno verso orario.
fl
fi
fl
fi
fi
o
Vediamo che la f.e.m. indotta nelle spire 1 e 2 sono uguali perché entrambe sono
completamente immerse nel campo magnetico
Invece la f.e.m. indotta nella spira 3 è minore delle precedenti perché si trova solo
parzialmente immersa nel campo magnetico
Per concludere, nel caso 4 la f.e.m. è nulla perché si trova completamente fuori dal campo.
fi
.
NOT
I campi elettrici indotti non sono associati con cariche elettriche ma con usso magnetico
variabile.
In entrambi i casi il campo elettrico esercita forze su cariche elettriche, tuttavia esiste una
differenza sostanziale che si può sempli care considerando che le linee di Ei indotto da
una usso magnetico variabile sono linee chiuse mentre per un campo elettrico generato
da cariche stazionarie le linee si originano dalle cariche positive e terminano sulle cariche
negative
Nel caso di campo elettrico generato da una distribuzione di cariche sse sappiamo che la
differenza di potenziale tra due punti A e B è data d
∫A
V(B) − V(A) = − E ⋅ ds
Nel caso, invece, del campo elettrico indotto, l’integrale in base alla Legge di Faraday non
è nullo ma è uguale alla variazione del usso
Quindi questi campi elettrici indotti, a differenza dei campi elettrostatici, non sono
campi conservativi e per questo non è possibile de nire una funzione scalare →
potenziale.
fl
A
fl
fi
.
fi
fi
fl
Esempio 1
Due lunghe rotaie conduttrici sono separate da una distanza d e le loro estremità sono
unite da una resistenza R. Il sistema è immerso in un campo magnetico uniforme di
intensità B, perpendicolare al piano delle rotaie. Un’asta conduttrice di lunghezza d
scivola a velocità costante v lungo le rotaie. L’asta e le rotaie hanno resistenza
trascurabile
A. Quale è la corrente che scorre nel circuito
B. Quanta potenza è richiesta per muore l’asta
C. Quanta potenza è dissipata nella resistenza? Confrontarla con la potenza richiesta
per muovere l’asta.
X X X
X X X
v
R d
X X X
X X X
.
Esempio 2
La corrente che percorre un lo rettilineo inde nito varia esponenzialmente nel tempo
con la legge i = i0 e −t con i0 = 1 A
Determinare la corrente indotta i1 all’istante t = 1 s su una spira quadrata di resistenza
totale R = 10 kΩ e lato l = 1 cm, posta sul piano contenente il lo, con il centro distante
h = 1.5 cm dal lo.
i
rA
rB
:
fi
fi
.
fi
fi
Esempio 3
A B
D C
:
Note
Una volta che la spira è entrata completamente nella regione x > 0 il usso attraverso di lei
non varia più e la corrente diventa 0. A questo punto non c’è più neppure la forza frenante
e la spira si muove di moto rettilineo uniforme.
mRv0
Notiamo che x ha un valore limite x0 = . Se a è minore di x0 la spira riesce ad
a 2B 2
entrare completamente nel campo, se invece a è maggiore di x0 essa entra nel campo
solo parzialmente. In questo secondo caso, tutta l’energia cinetica posseduta dalla spira
viene spesa per effetto Joule sulla resistenza prima che la penetrazione sia completa.
:
fl
Mutua induzione e autoinduzione
Consideriamo un solenoide di lunghezza d (molto maggiore del raggio R delle singole
μ0iN
spire) composto da N spire. Il campo B all’interno del solenoide vale B =
d
Il usso concatenato vale N volte il usso concatenato alla singola spira, per cu
N2
ΦB = NBS = μ0i S = Li
d
N2
dove L ( uguale a μ0 S speci co del solenoide), de nita dalla relazione che lega il
d
usso magnetico concatenato ad un circuito alla corrente che circola all’interno dello
stess
ΦB = Li
L’induttanza si misura nel sistema SI in Wb/A; tale unità ha anche un nome dedicato,
henry (H).
fl
fl
o
fi
fi
fl
fi
.
di
ε=−L
dt
Φ2(B 1) = M21 i1
Φ1(B 2) = M12 i2
Si può dimostrare ch
M12 = M21
Poiché i due coef cienti sono uguali non è necessario speci care i pedici e quindi si usa
solo il simbolo M.
Anche il coef ciente di mutua indizione è misurato in henry.
fi
fi
fl
.
fl
fi
𝜇
fi
e
di
ε=−M
dt
NB: nel solenoide grande non scorre nessuna corrente. Questo quindi
è il valore del campo magnetico all’interno del solenoide se
quest’ultimo fosse percorso da una corrente i.
ANNs ΦB ANNs
ΦB = NAB = μ0 i → M= = μ0
lS i lS
di1 di2
ε1 = − L −M
dt dt
.
Induttanza
Vengono chiamati induttori o induttanze alcuni componenti circuitali caratterizzati da
una signi cativa (e nota) induttanza; essenzialmente, dei solenoidi. Generalmente si
considera che tali dispositivi abbiano la caratteristica (ideale) di possedere resistenza
nulla.
L1 L2
di di di
ε = − L1 − L2 = − (L1 + L2)
dt dt dt
∑
L= Lk induttanze in serie
k
fi
L1 di1
ε = − L1
dt
i1 di2
ε = − L2
L2
dt
di di1 di2
i2 i1 + i2 = i → = +
dt dt dt
( L1 L2 )
ε di ε ε 1 1
= =− − =− + ε
L dt L1 L2
1 1
L ∑
= induttanze in parallelo
k
Lk
Chitarra Elettrica
Mentre in una chitarra acustica il suono dipende dalla
risonanza prodotta nella cassa vuota dello strumento
(cassa armonica o cassa di risonanza) e indotta dalle
oscillazioni delle corde, la chitarra elettrica è uno
strumento pieno e rigido per cui non c’è alcuna
risonanza nella cassa.
Le oscillazioni delle 6 corde metalliche sono captate da
un microfono elettrico (pick-up magnetico) che
trasforma le vibrazioni delle corde in impulsi elettrici che
poi invia a un ampli catore e a un gruppo di altoparlanti.
fi
Il trasformatore
Supponiamo di aver bisogno, per far funzionare i nostri strumenti
elettrici, di una determinata quantità di potenza media: la stessa
potenza può essere erogata da correnti elevate a basso voltaggio,
oppure basse correnti ad alta tensione
P = Vi
Di contro, se l’energia deve essere trasportata attraverso grandi distanze, per la legge
di Joule è molto sconveniente avere alte correnti, poiché la potenza dissipata lungo il
cavo dipende dal quadrato della corrente. Si preferisce dunque trasportare piccole
correnti ed alta tensione ( no a 500 KV !)
fi
fi
fi
.
Il trasformatore
Il funzionamento del trasformatore si bassa sul
meccanismo di induzione magnetica di Faraday, e
funziona soltanto per correnti alternate. Di contro,
trasformare correnti continue richiede metodi molto più
complessi, per cui è sempre preferibile utilizzare correnti
AC in caso ci sia necessità di una trasformazione di
tensione
fl
fl
fl
Il trasformatore ideale
La tensione ai capi delle due bobine deve essere
** se RP trascurabile rispetto
dΦB ** dΦB all’impedenza induttiva del
Vp = Np Vs = Ns circuito primario
dt dt
Vp
( Np ) della tensione
Vs Ns trasformazione
= Vs = Vp
Np Ns
Se non ci sono perdite di energia, la potenza elettrica in entrata deve essere eguale alla
potenza in uscita.
Vp Np
( Vs ) ( Ns )
trasformazione
P = VP IP = VS IS Is = Ip = Ip della corrente
fi
di
ε=−L
dt
cui corrisponde un lavor
δL = εδq = εidt
est di
δL = − δL = L idt = Lidi
dt
n
1 2
UB = Li
2
Nel caso di un solenoide è facile vedere che l’espressione per la densità di energia,
de nita come l’energia potenziale per unità di volume, sarà:
1 B2
uB = nel vuoto
2 μ0
1
uB = BH in un mezzo lineare
2
fi
fi
Le relazioni trovate per il caso speci co di un solenoide sono in realtà valide in
generale. Ciò consente di affermare che, analogamente a quanto riscontrato nel caso
del campo elettrico, in ogni punto dello spazio in cui sia presente un campo
magnetico è immagazzinata energia magnetica.
1 q2 1 2
UE = UB = Li
2 C 2
1 1 B2
uE = ϵ0E 2 nel vuoto uB = nel vuoto
2 2 μ0
1 1
uE = ED in un dielettrico normale uB = BH in un mezzo lineare
2 2
fi
Circuiti oscillanti
Un sistema sico di notevole interesse per le applicazioni è quello costituito da un
condensatore di capacità C e un’induttanza L fra loro collegati.
1 2 1 q2
Li + = cost .
2 2 C
( dt C )
di q dq di q Questa equazione poteva essere ottenuta
Li + =i L + =0 anche partendo dalla legge delle maglie di
dt C dt Kirchhoff.
fi
.
Circuiti oscillanti
Un sistema sico di notevole interesse per le applicazioni è quello costituito da un
condensatore di capacità C e un’induttanza L fra loro collegati.
2
di q dq q
L + =0 → + = 0
dt C dt 2 LC
fi
fi
.
( )
1
q(t) = q0 ⋅ sin t+φ
LC
( )
dq(t) q0 1
i(t) = = ⋅ cos t+φ
dt LC LC
1 2
1. E = kx
2
1 2
2. E = mv
2
1 2
3. E = kx
2
• Massa • Induttanza
• Costante elastica k • Reciproco della capacità 1/C
• Coordinata x • Carica q
• Velocità del corpo v • Intensità di corrente i
1 2 1 2 1 q2 1 2
Energia meccanica E = kx + mv Energia EM E = + Li
• 2 2 • 2 C 2
m
fl
fl
L
Circuito LC
Circuiti oscillanti
Il fenomeno ha applicazione nella ricezione delle onde radio, in cui si utilizza il circuito LC
con un condensatore di capacità variabile, per adattare la frequenza del circuito oscillante a
quella del trasmettitore con cui si desidera sintonizzarsi
La riduzione di energia del circuito oscillante, per le trasformazioni in calore dovute alla
resistenza del circuito, è in questo caso compensata dall’onda incidente sull’antenna che
rifornisce di energia il sistema.
fi
fi
Circuiti LR
Consideriamo adesso questo semplice circuito elettrico. L’induttanza L, essendo
costituita da un conduttore avvolto a spirale, avrà una sua resistenza che però
assumiamo trascurabile in modo da separare, nel circuito, il ruolo di L da quello di R.
Supponiamo di commutare l’interruttore nella posizione A: nel circuito inizia a circolare
corrente. Nell’approssimazione di corrente quasi stazionaria
di
ε − L − Ri = 0
dt
di 1
= dt
ε − Ri L
i(t) t ε
i(t) = (1 − e )
di 1 1 ε − Ri(t) 1
∫0 ε − Ri ∫0 L
− RL t
= dt − ln = t
R ε L R
Circuiti LR
i(t) t
di 1 1 ε − Ri(t) 1
∫0 ε − Ri ∫0 L
= dt − ln = t
R ε L
ε
i(t) = (1 − e )
− RL t
R
𝜀
Circuiti LR
Supponiamo ora di aprire il circuito dopo che lo stesso abbia raggiunto lo stato stazionario.
di di R ε −Rt
−L − Ri = 0 = − dt i(t) = e L
dt i L R
La corrente, detta extracorrente di apertura, continua a circolare nello stesso verso di
1 2
prima. Si può dimostrare che tutta l’energia immagazzinata nell’induttanza Li si
2
trasforma in energia termica per effetto Joule.
Circuito RLC
L
q di
C = L + Ri
R C dt
dq
Derivando rispetto al tempo, con i = − si ottiene:
dq
d2i R di i
+ + = 0
dt 2 L dt LC
De nendo
R
δ= coef ciente di smorzamento
2L
1
ω0 = pulsazione propria
LC
[( ) ]
V0
i(t) = e −δt sin ω02 − δ 2 t + ϕ
L ω02 − δ 2
fi
:
fi
:
corrent
tensione
d2 x γ dx k
+ + x=0
dt 2 m dt m
dove è la costante di proporzionalità tra l’intensità della forza d’attrito e il modulo della
velocità.
𝛾
e
ρ
∇⋅E= ϵ0
legge di Gauss per il campo elettrico
∂B
∇×E=− ∂t
legge di Faraday-Neumann
{ ∇ × B = μ0J
∇⋅B=0 legge di Gauss per il campo magnetico
∂ρ
∇⋅ J + =0 equazione di continuità
∂t
Ora è facile dimostrare che la divergenza del rotore di un campo vettoriale è sempre
nulla. Infatti:
( ∂z ∂x )
∂vz ∂vy ∂vx ∂vz ∂vy ∂vx
( ∂y ∂z ) ( ∂x ∂y )
∇×v= − i ̂+ − j ̂+ − k̂
∂2vz ∂2vy
∂ vx 2 ∂2vz
∂2vx ∂2vy
∇ ⋅ ( ∇ × v) = − + − + − =0
∂x∂y ∂x∂z ∂y∂z ∂y∂x ∂z∂x ∂z∂y
Quindi:
in disaccordo con
1
∇ ⋅ J = ∇ ⋅ ( ∇ × B) = 0 l’equazione di
μ0 continuità per casi
non-stazionari
All’interno delle due armature J = 0
∂
∇ ⋅ J + ϵ0 ( ∇ ⋅ E) = 0
∂t
( ∂t )
∂E
∇ ⋅ J + ϵ0∇ ⋅ =0
( ∂t )
∂E
∇ ⋅ J + ϵ0 =0
.
fi
∂E
Il vettore J + ϵ0 gode delle seguenti proprietà
∂t
1. si riduce esattamente a J nel caso stazionario (quando cioè ∂E/∂t = 0)
2. ha sempre divergenza nulla
Esso quindi rappresenta un ottimo candidato ad essere sostituito al posto di J nella legge
della circuitazione di Ampère
Questa ipotesi fu avanzata da James Clerk Maxwell nel 1864 sulla base di
argomentazioni essenzialmente teoriche e venne confermata dagli esperimenti di Heinrich
Hertz nel 1887 che dimostrarono l’esistenza delle onde elettromagnetiche
∂E
La quantità ϵ0 viene detta densità di corrente di spostamento (a volte indicata con
∂t
JS) e il suo usso attraverso una qualunque super cie S viene detto corrente di
spostamento.
A livello teorico, la prima legge di Kirchhoff dei nodi è immediatamente estendibile al caso
non stazionario se si considerano le correnti di spostamento in aggiunta alle correnti di
conduzione
In realtà, per condizioni quasi stazionarie (quando le dimensioni del circuito sono tali che il
tempo impiegato dai segnali elettromagnetici per attraversarlo sia molto minore del tempo
che caratterizza le variazioni di e J) la corrente di spostamento risulta trascurabile
Questo è vero per tutti i buoni conduttori no ad altissime frequenze (almeno microonde).
fl
.
𝜚
fi
fi
:
σ q q0 − t
Il campo E tra le armature vale, per il teorema di Coulomb E= = = e RC
ϵ0 ϵ0S ϵ0S
∂E q0 − t
Quindi la densità di corrente: ϵ0 = e RC
∂t RCS
.
Per calcolare il usso di tale densità di corrente utilizziamo una super cie S pari alla
super cie delle due armature. Si ottiene un valore pari alla corrente di conduzione
attraverso la resistenza R:
∂E q0 − t
Is = S ϵ0 = e RC
∂t RC
( ∂t )
∂E
∇ × B = μ0(J + JS) = μ0 J + ϵ0
dΦ(B)
∮
εind = E ⋅ dl = −
dt
A questo punto possiamo chiederci se è possibile il viceversa, ossia se la variazione del
usso elettrico può generare un campo magnetico indotto. La risposta sperimentale è sì e
tale fenomeno è descritto dalla Legge di induzione di Maxwell (forma generale della
legge di Ampère-Maxwell con J = 0)
∂E
∇ × B = μ0JS = μ0ϵ0
∂t
dΦ(E)
∮
Legge di induzione
B ⋅ dl = μ0ϵ0
dt di Maxwell
fl
fl
Consideriamo due piani conduttori paralleli a sezione circolare. Supponiamo di fornire una
corrente i costante (a) che produce un campo elettrico uniforme. Facciamo l’ipotesi che E
aumenti in modo che dE/dt sia costante il che signi ca che si fornisce carica alle due
armature circolari in quantità costante nell’unità di tempo. Per questo è necessaria una
corrente costante che entri nell’armatura di sinistra positiva ed esca dall’armatura di destra
negativa
Questo campo elettrico variabile genera un campo magnetico (b). Se confrontiamo la gura
(b) con la gura che mostra il campo elettrico indotto dalla variazione del usso magnetico (c)
si vede che le linee di forza di E hanno verso antiorario mentre quelle di B hanno verso
orario. Questa differenza dipende dal segno meno (Legge di Lenz) nella legge di induzione
di Faraday-Neumann.
.
fi
fi
fl
fi
La direzione e il verso del campo magnetico indotto si ricavano dalla regola della mano
destra, puntando il pollice nella direzione della corrente e il verso di rotazione delle dita
indica il verso delle linee del campo magnetico.
Per calcolare il modulo del campo magnetico indotto si procede in modo simile al caso del
calcolo del campo magnetico indotto da un lo percorso da corrente dove ora il lo è un lo
immaginario che unisce le due armature in cui passa la corrente ttizia di
spostamento is e di raggio R.
μ0is
1. r > R B=
2πr
μ0isr
2. r < R B=
2πR 2
dΦ(E)
∮
B ⋅ dl = μ0ϵ0 + μ0i
dt
∮
B ⋅ dl = μ0(is + i)
Le equazioni di Maxwell
{ {
ρ
∇⋅E= ∇⋅B=0
ϵ0
( ∂t )
∂B ∂E
∇×E=− ∇ × B = μ0 J + ϵ0
∂t
Se consideriamo la situazione nel vuoto, cioè nei punti dello spazio in cui siano assenti
sia le cariche che le correnti, otteniamo una situazione di evidente simmetria tra i campi
E e B.
{ {
∇⋅E=0 ∇⋅B=0
∂B ∂E
∇×E=− ∇ × B = μ0ϵ0
∂t ∂t
Onde elettromagnetiche
L’esistenza delle onde elettromagnetiche è stata ipotizzata teoricamente da Maxwell nel
1873. Partiamo considerando la situazione nel vuoto
Utilizziamo la seguente identità matematica:
∇ × ( ∇ × v) = ∇( ∇ ⋅ v) − ∇2 v
î ĵ k̂
∂vz ∂vy
( ∂y ∂z )
3) ∇×v= ∂ ∂ ∂
= − i ̂+ . . .
∂x ∂y ∂z
vx vy vz
2 2 2
( ∂x 2 ∂z 2 )
∂ v ∂ v ∂ vx
4) 2
∇ v= x
+ x
+ i ̂+ . . .
∂y 2
.
( ∂t )
2 ∂B ∂ ∂ ∂E
∇ × ( ∇ × E) = ∇( ∇ ⋅ E) − ∇ E = ∇ × − = − ( ∇ × B) = − ϵ0 μ0
∂t ∂t ∂t
2
2 ∂ E
∇ E − ϵ0 μ0 2 = 0
∂t
2
2 ∂B
∇ B − ϵ0 μ0 2 = 0
∂t
Queste equazioni sono dette equazioni delle onde elettromagnetiche e la loro
1
soluzione è rappresentata da onde che si propagano con velocità pari a v =
ϵ0 μ0
Una funzione f(x,t) rappresenta un’onda di ampiezza costante che si propaga lungo
l’asse delle x se in essa la dipendenza dalla coordinata x e dal tempo t compare solo
nella combinazione = x ∓ vt
𝜉
fi
fi
f
Un’onda progressiva di velocità v trasla
lungo lo spazio e nel tempo a velocità
costante, senza cambiare la sua forma
Consideriamo la funzione
t
f(ξ) = f(x − vt)
Quando compare una sola componente spaziale (ad esempio x, come nel caso di onde su
una fune tesa o all’interno di un cilindro riempito di uido) si parla di onde piane e la
funzione d’onda può essere scritta come f(x,t). Il termine “piana” si riferisce al fatto che la
funzione f assume lo stesso valore in tutti i punti di ciascun piano ortogonale alla direzione
x.
Nel caso di onda piana tutte le derivate dei campi rispetto a y e a z sono nulle e il
laplaciano nelle equazioni delle onde elettromagnetiche si riduce alla derivata seconda
rispetto a x. Ciascuna delle 6 componenti del campo elettromagnetico E (Ex, Ey, Ez) e B
(Bx, By, Bz) soddisfa la stessa equazione del tipo:
∂2f 1 ∂2f
− = 0 equazione di D’Alembert
∂x 2 v 2 ∂t 2
La soluzione generale questa equazione è del tipo (onda progressiva più onda regressiva):
fl
Andiamo a rivedere le eq. di Maxwell nel caso delle onde piane, ricordando che tutte le
( )
∂ ∂
componenti dei campi sono indipendenti da y e z quindi = =0 .
∂y ∂z
Dalla a) e d.1) e dalla b) e c.1) vediamo che Ex e Bx
a) ∂Ex /∂x = 0 sono costanti nel tempo e uniformi nello spazio. Essi
pertanto non contribuiscono al fenomeno della
b) ∂Bx /∂x = 0 propagazione del campo, e possono essere
considerate nulle. In altri termini le onde
c.1) ∂Bx /∂t = 0 elettromagnetiche sono puramente trasversali.
c.2) ∂Ez /∂x = ∂By /∂t Dalle c.2) e c.3) si vede che se l’onda ha una
componente Ey deve avere necessariamente anche
c.3) ∂Ey /∂x = − ∂Bz /∂t una componente Bz (e viceversa).
[ λ ]
2π
Ey(x, t) = E0 sin (x − vt) + ϕ
[ λ ]
2π
Bz(x, t) = B0 sin (x − vt) + ϕ
con
1 c
λ lunghezza d’onda ν= = frequenz
T λ
2π
T periodo ω= pulsazione
T
:
E
3. il rapporto tra le componenti = ± v velocità di propagazione dell’ond
B
• il rapporto tra i moduli del campo E e B è costante e uguale alla velocità di
propagazione dell’onda
i
ricevitore (circuito LC
costituito da un
condensatore ed una
induttanza “parassita”)
trasformatore
.
fi
Onde elettromagnetiche: veri ca sperimentale
Le scariche elettriche nel circuito “emettitore” provocano un campo magnetico indotto che a
sua volta genera un campo elettrico indotto
Una volta creati, questi campi si propagano nello spazio e possono essere rilevati da circuiti
“ricevitori”. La scarica che si osserva tra le due sferette del circuito ricevente è massima
quando la sua frequenza caratteristica è in risonanza con quella del circuito emettitore.
ricevitore (circuito LC
costituito da un
condensatore ed una
induttanza “parassita”)
trasformatore
.
fi
Trasporto di energia e vettore di Poynting
|B|
Dalla proprietà | E | = , sapendo che la densità di energia del campo magnetico
μ0ϵ0
1 B2
vale uB = si può ricavare
2 μ0
1 2 1
uB = E μ0ϵ0 = ϵ0E 2 = uE , uB = uE
2μ0 2
La luce del sole ci scalda. In effetti il campo elettromagnetico contiene una certa
quantità di energia, che si propaga insieme ad esso. L'energia di un'onda
elettromagnetica in una certa regione dello spazio e data dall'integrale sul volume
occupato della densità di energia
∫ ( 2 μ0 2 )
1 B2 1
U= + ϵ0E 2 dV
:
∂t ∫ ( 2 μ0 2 )
∂U ∂ 1 B2 1
= + ϵ0E 2 dV =
∂t
B ∂B ∂E
∫ μ0 ∂t
= ⋅ + ϵ0 E ⋅ dV =
∂t
B 1
∫ μ0
= ⋅ ( − ∇ × E) + ϵ0 E ⋅ ( ∇ × B) dV =
μ0ϵ0
(E × B)
S =
μ0
In forma locale vale una equazione di continuità per la densità di energia del campo
elettromagnetico (analogo all’equazione di continuità per la corrente che esprime la
conservazione della carica elettrica)
teorema di Poynting in
∂u assenza di cariche elettriche
∇⋅ S + =0
∂t libere (conservazione
dell’energia del campo
elettromagnetico)
fi
:
fl
:
EB cB 2
S= = = cϵ0E 2
μ0 μ0
D’altra parte, anche la densità di energia può essere espressa nelle forme equivalenti
2
B
u = ϵ0E 2 =
μ0
Nel caso un’onda venga totalmente assorbita da una super cie, essa cede tutta la propria
energia. La pressione (di radiazione) esercitata dall’onda vale
S
p =
c
fi
: