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Immagini del pensiero (6/1/1998)

La metodologia storica

Georges Duby

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La storia è, tra le scienze umane, quella che ha costruito l'armatura del suo
metodo prima delle altre, nel secolo XVII, quando ci si è accorti che bisognava
trattare in un certo modo le fonti documentarie, cioè raccogliere tutte quelle
disponibili, non modificare le loro rispettive posizioni, criticarle una per una e
sottoporle a verifica per tentare di liberare l'indizio, la testimonianza da tutte
le scorie che la ricoprono, che la mascherano. C'è un metodo di analisi della
veracità del segno che è estremamente importante e che ci impegna a
impiegare tutti i procedimenti tecnici elaborati recentemente sia per leggere il
manoscritto, sia per stabilire la data di un reperto archeologico. Una volta
fatta questa critica bisogna usare le testimonianze allo scopo di ricostituire un
racconto. Perché a questo proposito i filosofi e in particolare il grande filosofo
francese Paul Ricoeur hanno stabilito che ogni discorso storico è fondato su
una struttura narrativa, su un racconto, su un intreccio, e che anche quando si
tratta di descrivere l'evoluzione dei prezzi durante il XIX secolo, o la natura
delle pratiche religiose a un certo momento della storia, i prezzi o la
devozione agiscono come personaggi in un racconto romanzesco. Bisogna
dunque ricostruirlo con grande discrezione. Lo storico è necessariamente
obbligato a fare appello alla propria immaginazione, perché le testimonianze
di cui dispone sono discontinue, intervallate da vaste lacune, da vuoti, e questi
vuoti bisogna colmarli e non si possono colmare che mediante
l'immaginazione. Ma l'immaginazione deve essere strettamente controllata
dalla ragione e da una critica, un'autocritica, che lo storico deve
continuamente esercitare su se stesso per difendersi dalle divagazioni nelle
quali la sua immaginazione, se non fosse vincolata, lo trascinerebbe.

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Io non sono un teorico, sono convinto che lo storico debba portare avanti il
suo lavoro in modo pragmatico e non legarsi a modelli precostituiti. I modelli
li costruirà dopo, ma nella sua ricerca procede affrontando direttamente i
documenti. Direi che l'economia ha avuto certo una parte importante,
soprattutto negli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta del XX secolo. Oggi, il suo
ruolo non è più tanto importante, se non in alcuni settori storiografici di
limitato interesse. Al contrario, penso che la geografia e l'antropologia sono le
due scienze umane fondamentali. La geografia, perché evidentemente l'uomo
è inseparabile dal suo ambiente e bisogna ricollocarlo continuamente, non
solo nel suo tempo, ma nello spazio che occupava. Quello spazio deve essere
analizzato con cura. Ho parlato poco fa della necessità che si presenta talvolta
di ricorrere alle scienze della natura: penso, per esempio, che lo studio della
flora o del suolo, la pedologia o lo studio della botanica retrospettiva, sono a
volte fattori molto importanti per comprendere la situazione degli uomini
d'altri tempi. Vivevano in mezzo a un paesaggio e quel paesaggio i geografi ci
insegnano ad analizzarlo. Poi c'è l'antropologia. L'antropologia è apparsa, a
me personalmente, negli anni Cinquanta e Sessanta, come una disciplina
fondamentale, che mi ha aperto gli occhi su molte cose, mi ha permesso di non
chiudermi dentro concezioni troppo ristrette. L'antropologia comprende tutto
quello che i ricercatori mettono in evidenza in società lontane da noi o in ciò
che resta in Occidente della società tradizionale, a proposito del ruolo che
hanno le strutture di parentela, la famiglia, le ideologie nei comportamenti
umani. Sono tutte cose che hanno una importanza fondamentale. Io voglio qui
dichiarare il debito che ho contratto, in primo luogo, verso i geografi - ho
cominciato con gli studi di geografia e sono arrivato alla storia, attraverso la
geografia - e poi verso gli antropologi, Lévi-Strauss e tutti i discepoli di Lévi-
Strauss, che hanno lavorato sulle società africane o sulle società dell'Oceano
pacifico. Devo loro molto, perché, grazie alle loro ricerche, ho capito meglio,
per esempio, la funzione della moneta nella società del Medioevo o i rapporti
che intercorrevano tra gli uomini e le donne nella stessa epoca.

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Porterò come esempio una ricerca assai particolare condotta, a proposito della
condizione femminile, sul personaggio di Eloisa. Ho cercato di comprendere
quello che c'era dietro il testo famoso dell' "Autobiografia" di Abelardo e le
lettere tra Eloisa e Abelardo. La storia raccontata in questa raccolta di lettere,
che comincia con una prima lettera lunghissima, che narra la vita di Abelardo
e i suoi primi rapporti con Eloisa, è in effetti una storia magnifica, superba,
scritta in uno straordinario latino, in una lingua meravigliosa, che ha sedotto
ininterrottamente i lettori, nel corso dei secoli, e che continua a sedurli. Ma io
ho tentato di leggerla diversamente dai romantici e di scorgere dietro quelle
parole qualcosa di diverso da una manifestazione immediata di femminilità da
parte di Eloisa. Guardando le cose più da vicino, mi sono reso conto che
quest'insieme di testi, conservato in un monastero, il monastero di cui Eloisa
era stata badessa e Abelardo il fondatore, mira essenzialmente a celebrare i
due personaggi che erano all'origine dell'istituzione, è una specie di
monumento edificato per la loro gloria e, attraverso il racconto della passione
che li aveva uniti, in fondo intende dare anche una lezione di morale,
mostrando come un uomo e una donna possano a poco a poco elevarsi dalla
condizione del peccato, che si manifesta essenzialmente come peccato
sessuale, - il peccato per gli uomini del Medioevo è in primo luogo il sesso -
come dal peccato un uomo e una donna possono elevarsi a poco a poco per
gradi verso l'Assoluto, verso l'elemento spirituale, sotto la guida dell'uomo.
Bisogna tener presente che la condizione primordiale, il postulato che è alla
base delle relazioni tra il maschile e il femminile, a quel tempo, è che la donna
è un essere inferiore, che non può orientarsi nella vita, se non è guidata
dall'uomo. E' un percorso ascendente, per gradi, lungo il quale le passioni
dell'amore vengono a poco a poco sublimate, si trasformano nel contrario e si
trasferiscono nella ricerca del divino. Quel testo intendeva anche dimostrare
che si poteva conseguire la salvezza all'interno della coniugalità. E' un elogio
del matrimonio. Qui ritroviamo un problema generale di quel tempo. E' l'epoca
in cui la Chiesa lavorava a costruire una morale del legame matrimoniale:
infatti è per mezzo del matrimonio, nel quadro del matrimonio, che Abelardo
riesce a condurre Eloisa verso il bene.

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E' nel XII secolo che la Chiesa impone il modello di relazione coniugale che ha
elaborato alla grande aristocrazia che, fino allora, aveva avuto tutt'altro
modello. Il modello ecclesiastico viene dunque riconosciuto: solo nel XII secolo
il matrimonio diventa uno dei sette sacramenti della Chiesa. Non è stato un
processo facile, perché nel matrimonio c'è la relazione sessuale, cioè il
peccato, e non era facile evidentemente trovare il modo per introdurre il
peccato all'interno di un sacramento. Questa storia dell'evoluzione del
matrimonio ho tentato di scriverla in un libro che rispondeva alle richieste di
un editore e che ha per titolo "Il cavaliere, la donna e il prete". Attraverso il
matrimonio, attraverso lo studio del matrimonio sono arrivato all'altro
problema, che è il posto delle donne nella società. E' una questione che mi ha
occupato per una buona quindicina di anni e che mi occupa ancora. Ho qui il
manoscritto che devo portare al mio editore la settimana prossima, e che
costituirà il terzo volume di un insieme che ho intitolato: "Le dame del XII
secolo". Dunque, nell'arco di quindici anni, nel mio seminario, con la
collaborazione di sociologi, antropologi e storici della letteratura, ho portato
avanti delle ricerche sul tema della donna, la donna nella società e più
esattamente, nell'alta società, perché ci sono troppo poche tracce riguardo
alle donne del popolo, che sono e restano sconosciute relativamente a quel
periodo. Nell'alta società le donne non sono del tutto sconosciute, ma quasi.
Qui si arriva nella parte più oscura della società feudale, cavalleresca, che era
una società di uomini, essenzialmente maschile, e non faceva posto alle donne,
non lasciava parlare le donne. Non ci sono documenti che vengano
direttamente dalle donne. Siamo informati sulle donne dallo sguardo che
portano su di loro gli uomini e più particolarmente gli uomini di Chiesa, che
non costituiscono una testimonianza del tutto affidabile, perché gli uomini di
Chiesa, per principio, non dovevano guardare troppo da vicino le donne.

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La storia è sempre stata uno strumento politico. Sempre, in tutti i tempi, gli
storici, certi storici almeno, sono stati al servizio del potere. Con la nascita
delle grandi potenze la storia, a poco a poco, è arrivata a costituirsi come
genere letterario. E gli uomini, che detenevano il potere, hanno sempre
cercato nella storia delle giustificazioni e il mezzo per trascinare il popolo con
l'esempio del passato e con il miraggio di utopie le cui radici affondavano nel
passato. Questa situazione non è cambiata: c'è sempre una manipolazione del
ricordo, della memoria storica, con la conseguenza di arrivare a dei
controsensi, rispetto a ciò che insegnano le fonti. Il nazionalismo, questo
veleno che infetta l'Europa di oggi, e non solo l'Europa, ma l'intero pianeta,
poggia essenzialmente su una memoria manipolata. Perciò l'insegnamento
della storia ha un ruolo molto importante nell'evoluzione dei metodi didattici.
Personalmente sono largamente debitore verso il pensiero di Marx per la
riflessione, che mi ha imposto, molto tempo fa, negli anni Quaranta.
Evidentemente non bisogna fermarsi al marxismo caricaturale, veicolato, un
tempo, da una certa corrente politica. I lavori di Marx meritano attenzione, in
special modo per i periodi che Marx conosceva meglio, che aveva
approfondito, come il XVIII e il XIX secolo. E' evidente che per i periodi più
antichi, né Marx né Engels erano in grado di riflettere in modo utile, fecondo,
perché i dati forniti dagli storici erano insufficienti per impostare
correttamente i problemi. Ma per il XVIII e il XIX secolo è evidente che il
pensiero marxista è stato un fermento di vitalità molto importante della
ricerca storica. Penso d'altronde che il marxismo, come ausilio nel porre
domande autentiche intorno al passato, non è morto, come si dice. E' possibile
che sarà ancora per molto un punto di riferimento utile nella problematica
storica, per costruire la nostra problematica.

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Appartengo alla generazione che ha vissuto il crollo delle utopie e non credo
che la storia, in verità, abbia un senso. Io penso che sia un movimento che gli
uomini non possono dominare perfettamente e che li trascina, di cui sono un
po' vittime. Ad ogni modo sono convinto che gli storici non hanno più, come i
loro predecessori del XIX e dell'inizio del XX secolo, lezioni da dare, non
hanno, in quanto storici, delle consegne di azione politica da proporre alla
luce del passato. Non si può dire che la storia abbia un senso. Ma la storia, a
mio avviso, è una disciplina di primaria importanza, perché è una scuola di
lucidità. La critica storica, di cui ho parlato, libera la testimonianza da tutto
ciò che la deforma e la ingombra e permette di avere gli occhi aperti sulla
realtà, la realtà sociale, la realtà politica, la realtà intellettuale. E permette, in
particolare, di riprendere spesso coraggio e fiducia di fronte agli eventi,
perché insegna che le crisi più gravi possono essere sempre superate. L’idea
di pervenire a una restituzione totale del passato si è rivelata assolutamente
impossibile. Da almeno 40 anni gli storici e i filosofi che riflettono sulla storia
hanno stabilito con assoluta certezza che quell’idea era una romantica
illusione. Noi non ci crediamo più; crediamo invece che si possa scorgere
soltanto una piccola parte del passato e che forse è illusorio credere di poter
pervenire alla verità, ai genuini atteggiamenti degli uomini di altri tempi,
salvo che per quel che riguarda qualche gesto.
Tratto dall'intervista: "Origini e metodologia della storia della quotidianità" -
Parigi, abitazione, 15 marzo 1996
Georges Duby

Parigi, 1919 ­ 
1996

VITA
Georges Duby, nato il 7 ottobre l9l9 a Parigi e morto il 3 dicembre l996 a Aix-en-Provence,
comincia i suoi studi storici a Lyon nel l937 e passa l'agrégation nel 1942. Seguendo il
metodo di Marc Bloch e forte dei suoi studi di geografia, Duby inaugura la sua ricerca con la
ricostruzione di un momento della storia medievale, in base alle raccolte di documenti
dell'abbazia di Cluny tra l'XI e il XII secolo. Da prima assistente alla Facoltà di Lettere di
Lyon, Duby è chiamato nel 1951 [l953] alla Facoltà di Lettere di Aix-en-Provence, a insegnare
Storia medievale e, nel 1969 [l970], al Collège de France sulla cattedra di Storia delle società
medievali. Accanto all'attività di ricerca e di insegnamento, bisogna ricordare le sue prese di
posizione di intellettuale di sinistra su diversi affaires della vita politica francese, le
collaborazioni alla televisione su temi di sua competenza, come "Il tempo delle cattedrali" e,
dal 1986 al 1991, la direzione de La Sept, canale tematico culturale della televisione
francese. Dal 1990 alla morte è stato membro dell'Académie Française.
OPERE
Des sociétés médiévales. Leçon inaugurale au Collège de France, Gallimard, Paris, l97l;
Guerriers et paysans. Essai sur la première croissance économique de l'Europe, [( VII-XII
siècle). Premier essor de l'économie européenne ] Gallimard, Paris, l973; Le Dimanche de
Bouvines, Gallimard, Paris, l973; Le temps des cathédrales. L'art et la société, (980-1420)
[...], l976; Les trois ordres ou l'imaginaire du féodalisme, Gallimard, Paris, l978; Le chevalier,
la femme et le prêtre, Gallimard, Paris, l981; Guillaume le maréchal ou le Meilleur Chevalier
du monde, [...]Paris, l984; Histoire de France, t. I: Le Moyen Age, Hachette, Paris, l987;
L'histoire continue, Odile Jacob, Paris, l99l; Dames du XII siècle, Gallimard, Paris, l995. Tra
le opere di Duby tradotte in italiano ricordiamo: Le basi di un nuovo umanesimo e l'Europa
delle cattedrali, Fabbri, Milano, 1966-1967; con R. MANDROU, Storia della civiltà francese, Il
Saggiatore, Milano, 1968; L'anno mille. Storia religiosa e psicologia collettiva, Einaudi,
Torino, 1976; L'economia rurale nell'Europa medievale: Francia, Inghilterra, Impero (secoli
IX-XIV), Laterza, Roma-Bari 1976; La domenica di Bouvines (27 luglio 1214), Einaudi, Torino,
l977; L'arte e la società medievale, Laterza, Roma-Bari, l977; [...] e contadini nel Medioevo,
Laterza, Roma-Bari, l978; Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori,
Laterza, Roma-Bari, l980; San Bernardo e l'arte cistercense, Einaudi, Torino, l982; Il
cavaliere, la donna e il prete, Laterza, Roma-Bari, l984; Le società medievali, Einaudi, Torino,
l985; Medioevo maschio. Amore e matrimonio, Laterza, Roma-Bari, l988; L'Europa nel
Medioevo. Arte romanica, arte gotica, Laterza, Roma-Bari, 1991. Duby ha diretto anche con
Michel[le] Perrot, Storia delle donne in Occidente, Laterza, Roma-Bari, l990 e sgg.
PENSIERO
L'opera storiografica di Georges Duby ai suoi inizi è influenzata dal metodo delle "Annales" e
dalla lettura di Marx: l'architettura di Guerriers et paysans riposa quasi interamente sui
concetti di lotta di classe e di rapporti di produzione. Poi progressivamente i suoi interessi si
sono spostati verso lo studio delle strutture familiari e delle mentalità, che non considerava
come un dato, ma come un enjeu dell'inconscio collettivo. Da ultimo si era occupato in modo
sistematico del ruolo delle donne nella storia, sostenuto dalla convinzione che non si possa
più parlare sulle donne, o al loro posto, ma che si debba restituire loro la parola. Un esempio
di questo approccio è Parola di donna, contributo al volume della Storia delle donne, dedicato
al Medio Evo, in cui Duby si mette all'ascolto della confessione di Grazida, catara inquisita
dal suo vescovo, attraverso i verbali degli interrogatori, con una "intelligente e misurata
misoginia" (Chiara Frugoni).

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