Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
ff
ff
fi
La Bibbia in particolare entra nella drammaturgia di Beckett come un
modello è una suggestione per la costruzione del testo per parallelismi,
simmetrie, iterazioni, dinamica ritmica, legata alla voce, adatta ad una lingua
destinata ad essere detta oralmente, entra come serbatoio di immagini e di
archetipi.
Lo humour quindi apre la via, esso può essere lo stadio pre pre religioso, non
è certo ancora la sua pienezza. Infatti l’esistenza che gli mette in scena sono
in una situazione di stallo, in un’attesa di risalita, riecheggiano l’impotenza
dell’uomo che non sa e non può.
Nel teatro si apre una nuova dimensione in cui non è facile stare, Beckett
dice di non di non voler istruire o migliorare o impedire alle persone di
annoiarsi ma pensa solo a te le nuove dimensioni, sapendo che non ci sono
soluzioni facili.
Ma questo non spaventò Beckett, Che aveva già esercitato nella narrativa la
sua operazione di radicale rottura, reduce dallo sforzo della scrittura
narrativa della trilogia in francese (Molloy, Malone meurt, L’innommable) La
cui tecnica aveva già ribaltato tutte le convenzioni del racconto, respingendo
la linearità e la conseguenzialità narrativa, approdando al silenzio.
Primo atto: È sera, Estragon tenta di in larsi una scarpa, Vladimir, parlando
tra se, entra. Dopo una breve separazione, i due parlano, toccando una serie
di argomenti, come ad esempio il loro stare insieme e il loro disagio, il
ricordo vago delle storie bibliche della salvezza, gli incubi, il proposito
irrealizzabile di impiccarsi ecc... Intanto si tolgono e mettono la scarpa o il
cappello, guadandoci all’interno ripetutamente. Ma il fulcro della situazione è
che stanno aspettando un certo Godot con cui hanno un appuntamento.
Entra Pozzo, inizialmente sca,boato per Godot, padrone delle terre in cui
Estragon e Vladimir stanno aspettando. Con lui c’è Lucky, severo e un po’
bu one, tirato da una corda e carico di fardelli. V e E spiegano la loro attesa,
Pozzo si accomoda comandando a bacchetta L, fuma la pipa e poi si
esibisce in una lirica sul crepuscolo. Vladimir e Estragon ingannano l’attesa
con altri discorsi: informandosi e indignandosi per la penosa situazione di L,
che P ribalta giusti candosi. L piange, E cerca di soccorrerlo a riceve un
calcio. Poi P inventerà un modo per ingannare l’attesa : l’interpretazione
della danza di L e del Lucky pensiero (che nisce con una caduta), L viene
aiutato da E e V, si ricarica dei suoi bagaglieri riprende la marcia trascinato
cion una corda da P, che si accorge di aver perso l’orologio. V e E sono
rimasti nuovamente soli, commentando l’accaduto, entra poi un ragazzo
messaggero di Godot, che manda a dire che Godot non verrà, ma verrà
domani. Il messaggero descrive Godot, come padre generoso e severo
ff
ff
fi
fi
fi
fi
fl
insieme, padrone di pecore e capre. Intanto viene la notte. E si toglie le
scarpe e va verso il proscenio, ria ora in lui l’idea del suicidio e l’alternativa
della solitudine forse migliore rispetto all’ormai corroso rapporto di coppia. E
decide che non ne vale più la pena. Decidono di andar via ma non si
muovono.
Secondo atto: il giorno dopo alla stessa ora, V entra camminando avanti e
indietro, cantando la canzone del cane ucciso. Entra E. I due si ritrovano e
continuano ad aspettare (sembra tornare spesso l’idea di andarsene).
L’attesa è riempita da dialoghi simili a quelli del primo atto. V ed E
chiacchierano: parlano di varie cose, di quello che è successo il giorno
precedente, parlano dello stare insieme, della violenza subita?, di scarpe di
cappelli, di salvezza e di pietà di Dio. Alla conversazione si alternano micro
azioni: gurdarsi le scarpe, appisolarsi, nascondersi dietro l’albero, scambiarsi
i cappelli, imitare P ed L, fare esercizi ginnici. P ed L entrano nuovamente in
maniera inaspettata, e ancora legati da una corda, ma più corta della
precedente. P è diventato ceco, l’arresto improvviso di L lo fa inciampare e
cadono. P chiede aiuto ma E e V non lo aiutano perché occupati nei loro
ragionamenti : se lui è P o Godot, i pro o i contro di aiutarli, l’attesa di Godot,
il fatto che si annoiano, nché P o re del denaro a V ed E e quindi decidono
di aiutarlo. Nel tentare di sollevarlo V cade e con lui anche E. P si trascina
facendo gesti da cieco e rispondendo a chi lo chiama ora Abele ora Caino. I
due lo aiutano a rialzarsi. L’attesa si riempie in gesti speculari a quelli del
primo atto. Successivamente i due legati lasciano la scena.
Il tempo interno cioè la durata, il tempo vissuto, con la presenza del passato,
attraverso la memoria, o la presenza del futuro, attraverso il progetto, è labile
ed incerto, corroso dall’oblio e del diminuire dell’energia vitale. Ad esempio i
ricordi di Vladimir, i ricordi rievocati da Pozzo, sono vaghi. Il tempo è illusorio
è insensato accanirvisi. (Come dice Pozzo, quando gli altri personaggi
continuano a parlare del tempo)
Quello che si deve fare è ‘passer le temps’. L’espressione è ripetuta più volte
assume il ruolo di un chiave: passare il tempo ma anche perdersi oltre il
tempo. Durante la chiacchierata si fa largo il problema e l’ossessione, cioè
quella di passare il tempo, ma anche di superarlo. Beckett ce lo fa percepire
con delle pause, con soste di silenzio e di ascolto, con ritmi delle battute e
degli intervalli. (Determinazione della sceneggiatura volta a dargli il senso)
L’analisi dei due atti rivela come obiettivo fondamentale (fuoco) quello
dell’attesa di Godot, costate in Vladimir, perso di vista e più volte richiamato
in Estragon.
I personaggi sono funzione di una stessa attesa, i due che attendono (l’uomo
qualunque), i due che interferiscono nell’attesa, e colui che sostiene questa
attesa, sono personaggi dall’identità incerta, individui prive di un’individualità
speci ca, quindi sostituibili, ritmi del rapportarsi all’attesa, ripetibili in tutti i
tempi. L’incertezza dell’identità inizia dal nome: i nomi, con assonanze ce li
riconducono a di erenti ceppi etnici, russo, spagnolo, italiano, francese,
inglese o appaiono nel testo solo con il diminutivo, o possono essere confusi
e rimpiazzati con altri nomi. Anche l’oggetto dell’attesa può avere un nome
incerto: Godot, Godet, Godin.
I temi della vita, argomenti relativi alle relazioni con gli altri, temi religiosi e
morali, considerazioni sul proprio interesse e tornaconto, temi esistenziali,
loso ci, contenuti umoristici, considerazioni sull’ambiente. Temi a rontati
senza un ordine o una sorta di gerarchia, quindi utilizzati per ‘Passer le
temps’ che è appunto il loro scopo. Ma come in questa espressione si
intuisce l’altro signi cato e il misterioso, inquietante obiettivo di passare,
oltre il tempo, così nei vari temi si aprono dei tagli dai quali a orano, le
ossessioni (come lapsus): la morte, la salvezza personale, la so erenza, il
senso del tempo. A coprire tutto c’è ovviamente il tema dell’attesa di Godot.
I temi per Pozzo sono invece i suoi averi, i suoi piaceri, il suo passato ecc...
Ma è in Lucky che Beckett centra la vicenda dei temi della parola umana.
In due scene, i temi dell’uomo toccano il loro vertice nella teologia, nella
scienza, nella loso a della storia, che attraversano il monologo di Lucky.
Dopo questo Lucky sarà muto, a terra, assopito e barcollante.
Un breve istante di suspance lo troviamo nella prima scena del primo atto
(Vladimir crede di sentire qualcosa). Mentre l’entrata di Pozzo e Lucky, lo
stacco sul monologo di Lucky della seconda scena la sua interruzione, il
ragazzo che arriva, sono colpi di scena. La ripetizione e la torsione comica
con cui vengono ripetute le stesse scene nel secondo atto, smontano il
colpo di scena. Con Waiting for Godot, va in pezzi la piece ben faite (opera
ben fatta), che viene sostituito con il piano di ri essione e l’interrogativo
antropologico intorno a cui Beckett vuole portate il lettore e il suo publico.
Vanno analizzati altri due aspetti dello statuto della parola, nella prospettiva
dell’attesa (immagine-guida): la metateatralità e i silenzi. La metateatralità
inchioda la vita alla catena di una rappresentazione a cui non c’è va d’uscita,
in attesa di una venuta. (Espedienti con cui i personaggi dichiarano di essere
in scena, come gli ammiccamenti al pubblico di Vladimir ed Estragon ecc-
probabilmente i personaggi sono costruiti su un modello teatrale)
Mentre con i silenzi entriamo nella sezione della virtualità scenica della
parola, in presa diretta con le abilita attori ali, che la drammaturgia di Beckett
richiede in modo esplicito, nel gioco di entrata-uscita dal personaggio, nella
gamma del gesto che va dalla gag alla danza, nel trattamento del gesto e
della voce come artitura ritmica, musicale. La pausa o il silenzio possono
evidenziare un tema chiave. La pausa segna la ri essione inquietante, il
passaggio che non si capisce, un pensiero che si insinua e che si vorrebbe
rimuovere. La pausa segnala il salto di livello, dalla conversazione banale al
racconto mitico religioso dal racconto allo stupore della ri essione
esistenziale, segnala ambiguità. Sul silenzio e l’immobilità si chiude l’attesa
della giornata,a acciandosi sulla note, sulla morte e il mistero; le pause
segnalano l’irruzione del dubbio nell’attesa. Le pause e i silenzi
contribuiscono lentamente a consumare, sgretolare la parola, annunciando
l’approdo al silenzio dell’ultima drammaturgia beckettiana.
Anche la trama delle didascalie è assai tta in Waiting for Godot, attraverso
codici inerenti alla sfera visiva e testuale, introducono i segni che si
intrecciano con la parola nel formare il tessuto testuale. La linea testuale
rivela quello che le parole nascondono. Fra le didascalie, soprattuto quelle
inerenti al costume, al gesto e alla voce permettono di cogliere un’altra
caratteristica della drammaturgia di Beckett: il rilievo della dimensione
corporea. Beckett mette in scena un corpo morti cato dalla menomazione,
dall’età, che è tuttavia un corpo valorizzato, guardato senza cinismoe
sarcasmo, con humour. Il corpo, resta il livello reale della comunicazione tra
gli uomini. La corporeità si dispiega in una gamma di espressività (attrarsi,
respingersi rapporti coppia, atti dominio e sottomissione). Il corpo dei 4 si
misura nella performance oratoria, nel mimo, nella danza e si irrigidisce nella
nale, stupefatta immobilità. (Drammaturgia esigente reso le possibilità
dell’autore, addestrato per la recitazione della tradizione classica, ma anche
quella del teatro minore).
fi
ffi
fi
fi
fl