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27 Giugno 2015
Ossi di Seppia
La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
Eugenio Montale
1896 – 1981
Vita
Nato da una famiglia di commercianti, frequentò le scuole tecniche, e intraprese studi di canto che
dovette interrompere nel ‘17 per andare al fronte come ufficiale di fanteria. Tornò dopo la guerra a
Genova, dove cominciò a dedicarsi agli studi di poesia e a frequentare gli ambienti letterari; qui
conobbe Camillo Sbarbaro, suo amico e modello nel corso della sua produzione poetica.
Nel ‘27 andò a Firenze, per lavorare prima presso la casa editrice Bemporad e dal ‘28 come direttore
del gabinetto scientifico - letterario Vieusseux, incarico che dovette lasciare 10 anni dopo perché non
iscritto al partito fascista: d’altronde Montale aveva già mostrato il suo dissenso verso il regime,
firmando nel 1925 il manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Nel ‘48,
assunto come redattore del Corriere della Sera, si trasferisce a Milano. Dal 1955 svolge, per qualche
anno, anche attività di critico musicale sul Corriere di Informazione. Col tempo ottiene i massimi
riconoscimenti ufficiali; è nominato senatore a vita nel 1967 e nel 1975 gli è conferito il premio Nobel.
Possiamo individuare il tema fondamentale della poesia Montaliana nell’insanabile crisi del rapporto
fra l’uomo contemporaneo e il reale: quella totale disarmonia con la realtà sempre patita dall’uomo
Montale.
Il mondo poetico a cui Montale dà forma va delineandosi con precisione e coerenza, nel corso di tutta
la produzione poetica, come un universo di sconfitta e di disillusione, dove solo nell’epifania
dell’occasione occhieggia e si rivela una via alla speranza e alla salvezza. L’incontro con il male di
vivere è il punto di inizio per la ricerca attenta del varco verso un possibile mondo dell’autentico, che
la vita quotidiana nasconde.
Opere
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La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
Ossi di Seppia
1925
Nel 1925 esce a Torino pubblicata da Piero Gobetti la prima raccolta poetica di Montale, Ossi di
Seppia, che l’autore aveva inizialmente pensato di intitolare Rottami. Il volume contiene testi composti
tra il 1916 e il 1925. Nel 1928 esce sempre a Torino una seconda edizione, che vede l’aggiunta di sei
testi.
Il titolo del libro rimanda al tema dell’ambiente marino dominante, puntando sull’ambivalenza di un
simbolo che concentra in sé in termini culturali e affettivi dell’opera, esprimendo tanto una felice
possibilità di abbandono all’armonia naturale quanto la condanna del frammento all’insignificanza e
all’espulsione.
Struttura:
1. In Limine
2. Movimenti (13 testi)
3. Ossi di Seppia ( 22 testi)
4. Mediterraneo (9 testi)
5. Meriggi e Ombre (15 testi)
6. Riviere
La calibrata strutturazione interna del libro risponde a due esigenze: proporre una poesia narrativa,
anziché una forma assoluta di lirica, e tentare un itinerario di ricerca esistenziale, e perfino filosofica.
Lo stesso autore ha suggerito di seguire lo svolgimento della narrazione, non tanto nella successione
delle varie sezioni, quanto al loro interno, dovendosi esse intendere quali parallele, ma con un preciso
sviluppo al loro interno.
Il carattere narrativo si fonda innanzitutto sulla creazione di un personaggio, che condivide con la
letteratura del suo tempo i caratteri dell’insicurezza psicologica, della irresolutezza, della crisi di
identità. Si tratta di un antieroe, e perfino di un inetto, che rovescia il superuomo dannunziano. Il
protagonista degli Ossi ha uno sviluppo, modifica incupendolo il proprio punto di vista sul mondo,
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La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
ma non giunge a una conclusione utile per la vita, ovvero approda di fatto a conclusioni solo negative.
Questo libro non è un romanzo di formazione, è piuttosto una leopardiana strage delle illusioni. La
poesia degli Ossi è una poesia che documenta il negativo, non ha nessuna verità o certezza da rivelare,
ma si limita a registrare la profonda angoscia del poeta, la sua disarmonia con il mondo, il suo male
di vivere. La poesia diventa strumento di investigazione conoscitiva.
Temi
(1) La condizione del camminare, del procedere, del viaggio, interpretato come metafora del
cammino della vita;
(2) Il contesto naturale e soprattutto marino (il mare è quello, aspro e ostile, della Liguria nativa,
soprattutto ritratto nell’ora torrida e abbacinata del meriggio); All’armonia del rapporto tra
soggetto e paesaggio, cui da principio si allude nostalgicamente, subentrano la frattura, il senso
di non appartenenza, addirittura il contrasto, il soggetto, dapprima felicemente integrato
nell’indistinto naturale (emblematicamente raffigurato dal mare), ora ne è espulso.
fa che il passo
Cerca una maglia rotta nella rete Su la ghiaia ti scricchioli e t’inciampi
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi! il viluppo dell’alghe: quell’istante
Va, per te l’ho pregato, - ora la sete è forse, molto atteso, che ti scampi
mi sarà lieve, meno acre la ruggine… dal finire il tuo viaggio, anello d’una
Catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d’immobilità…
In Limine Arsenio
(5) La ricerca di incontri salvifici con figure femminili o con situazioni cariche di promesse. Nel corso
degli Ossi di Seppia incontriamo, oltre al personaggio principale, alcune figure che anticipano tratti
della poetica futura che verrà sviluppata da Montale. Gran parte della sua produzione sarà
dedicata infatti alle figure femminili, che nelle raccolte successive gli forniranno quelle possibilità
di salvezza e armonia con il mondo che negli Ossi vengono rappresentate dalla natura e in
prevalenza dal mare. Troviamo principalmente due figure femminili:
I. Paola Nicoli:
nel suo destino incapace di felicità Montale riconosce il proprio, condividendo con la donna
il sentimento della fragilità e dello scacco esistenziale.
II. Arletta:
(Anna degli Uberti) Assente o presente come uno dei fantasmi evocata da indizi. È una figura
del passato, della memoria e della perdita. La poesia di Montale proietta sulla sua natura
infera e malinconica il bisogno di protezione e di riconoscimento.
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La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
Cigola la carrucola del pozzo, e come spenta la furia briaca
l’acqua sale alla luce e vi si fonde. ritrova ora il giardino il sommesso alito
Trema un ricordo nel ricolmo secchio, che ti cullò, riversa sull’amaca,
nel puro cerchio un’immagine ride. tra gli alberi, ne’ tuoi voli senz’ali.
Accosto il volto a evanescenti labbri: Ahimè, non mai due volte configura
si deforma il passato, si fa vecchio, il tempo in egual modo i grani! E scampo
appartiene ad un altro… n’è: ché, se accada, insieme alla natura
Ah che già stride la ruota, ti ridona all’atro fondo, la nostra fiaba brucerà in un lampo
visione, una distanza ci divide.
(6) La ricerca di identità e di senso; l’inseguimento di una funzione e di un modo per l’espressione
poetica e la disperata richiesta di ottenere certezze dalla vita.
‘‘I miei motivi sono semplici e sono: il paesaggio (qualche volta allucinato ma spesso naturalistico
il nostro paesaggio ligure che è universalissimo), l’amore, sotto forma di fantasmi, che
frequentano le varie poesie e provocano le intermittenze del cuore, e l’evasione, la fuga dalla
catena ferrea della necessità. Talvolta i motivi possono fondersi, talora sono isolati.’’ (tratto da
un’intervista)
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La disarmonia e la dissoluzione del frammento
negli Ossi di Seppia di Montale
Aspetto stilistico:
Montale ricerca una propria, nuova, musicalità, espressa mediante l’utilizzo di suoni aspri: infatti
com’è dura l’esistenza, così devono essere dure le immagini e le sonorità che la descrivono. Utilizza
forme metriche libere, per cui la metrica apparentemente non esiste, ma in realtà, ad un’analisi più
profonda risulta costruita sfruttando misure tradizionali (endecasillabo, settenario). La rima è
prevalentemente assente, ma si ritrova interna al verso per richiamare l’attenzione del lettore sulla
singola parola poetica, caricandola di significato, per reagire al fiume di parole D’Annunziano. I
metodi tradizionali sono ben riconoscibili e semmai sono lavorati dall’interno, ovvero alla loro
struttura se ne sovrappone un’altra, creata da un uso raffinato delle assonanze e dei legami fonici.
Il poeta soffre la dolorosa condizione di disarmonia vitale che s’è detta, ma rivolge uno sguardo
particolarmente attento a ciò che lo circonda; se la realtà osservata si rivela frantumata e sfuggente, il
linguaggio poetico chiamato a rappresentarla si scopre essere, al contrario, preciso ed esatto; ogni
oggetto poetico è designato dalla parola con assoluta precisione, legato ad un solo significato. La
poesia di Montale è infatti ricca di oggetti che però nella memoria del lettore non si confondono tra
loro, ma si fissano individualmente con contorni nitidi.
La caratteristica preminente della lingua degli Ossi è la ricchezza lessicale, vi sono numerosi vocaboli
con un numero di occorrenze basso, per cui la lingua degli Ossi risulta essenziale e non ridondante.
Le voci rare e desuete provengono in gran parte dall’immenso serbatoio linguistico dannunziano,
reinterpretato in senso sempre antisublime, antieroico e con una radicale lontananza ideologica.
“D’Annunzio nella recente tradizione italiana è presente in tutti perché ha sperimentato ho sfiorato tutte le possibilità
linguistiche e prosodiche del nostro tempo in questo senso non aver appreso nulla da lui sarebbe un pessimo segno”
(tratto da un’intervista)
Alla musica di D’Annunzio si sostituiscono sillabe ‘‘storte e tese’’, un balbettio che non rifiuta il canto
ma ne segue una variante intima. Al canto e alla musicalità sensuale dell’Alcyone gli Ossi sostituiscono
il balbo parlare.
I Morti