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LEZIONE 5

Federico De Maria: poeta palermitano che dalla sua rivista La Fronda appoggiava il movimento futurista.
Corrado Govoni ferrarese ruota attorno al movimento futurista. Abbiamo citato un altro personaggio che è
Folgore, è uno pseudonimo, il cognome ha questo aspetto della velocità, pseudonimo di un nome reale che
era in opposizione con il concetto futurista cioè si chiamava Omero Vecchi. Totale rifiuto nei confronti della
tradizione immediatamente precedente, della stessa dimensione romantica ma anche della tradizione più
antica. Rifiuto totale nei confronti della tradizione: soprattutto nei primi decenni del 900 i grandi esponenti
della poesia internazionale cercheranno soprattutto dopo la prima guerra mondiale una soluzione diversa
per l’innovazione della poesia, cioè una innovazione che tenga ancora in considerazione la tradizione,
sottolineeremo dunque un rapporto molto più dinamico con la tradizione stessa che sarà considerata come
qualcosa di precedente ma riattualizzabile alla luce di una prospettiva di lettura. Avremo grande interesse
nei confronti degli approfondimenti psicanalitici ma contemporaneamente un recupero degli elementi del
mito visto alla luce dei nuovi saperi. Un altro personaggio importante per la dimensione futurista sarà Aldo
Giurlani, che è il nome reale di Aldo Palazzeschi che fu attivo nelle file dei futuristi anche se poi si staccò per
tornare a una sua produzione un po’ più giocosa. Uno dei manifesti futuristi vero e proprio sarà il
controdolore di Aldo Palazzeschi. Tra i diversi punti delle avanguardie uno degli aspetti della considerazione
dell’arte di queste nuovi correnti artistiche era il fatto che l’arte dovesse essere in stretto contatto con tutti
gli aspetti della vita. Infatti il futurismo è noto per una serie di iniziative pubbliche che puntavano alla
provocazione. Normalmente si andava di pari passo con queste manifestazioni pubbliche e con le
attestazioni di poetica. Quindi lo strumento stesso del manifesto per il futurismo in particolare rappresenta
un modo per affermare i propri tratti di poetica. Per esempio i crepuscolari che rappresentavano una
risposta a livello letterario ben diversa rispetto alla risposta che il futurismo dava, non protendevano per
un’affermazione della propria poetica, semplicemente parlavano attraverso le proprie raccolte. C’era un
rapporto di gruppo che ruotava intorno alla dimensione letteraria. I futuristi puntavano ad una
affermazione diretta in linea con i toni visti negli 11 punti. Un altro grande manifesto del futurismo, il
secondo grande manifesto del futurismo, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Poesia nell’ottobre del
1909 si intitolava “Uccidiamo il chiaro di Luna”, sempre in linea con le direzioni che abbiamo presentato
precedentemente. C’era una grande attenzione all’azione pratica nei confronti dei contesti in cui si
muovevano i futuristi stessi : frequente era l’uso di strumenti propri della società moderna che si stava
evolvendo, ed ecco allora il grande uso di cartelloni pubblicitari, di volantini. Attraverso questi strumenti
che cercavano di cavalcare le nuove possibilità di comunicazione , testi pubblici, Marinetti diffondeva il
proprio movimento e mobilitava i futuristi in giro per l’Italia. Parecchi sono gli episodi di questo tipo,
provocazione vera e propria, si ricorda il lancio dalla torre dell’orologio in Piazza San Marco a Venezia del
volantino che era intitolato Contro Venezia Passatista nell’aprile del 1910 ci fu un certo stupore e una
certa indignazione. Opposizione diretta nei confronti di tutto quello che era tradizione. Un altro manifesto
di grande importanza segnalato già in precedenza è il Controdolore di Palazzeschi del 1913. Il controdolore
rappresenta già da parte di Palazzeschi un contributo più sottile: un piccolo contributo filosofico in cui alla
fine si teorizza il riso, la gioia, l’allegria come le vere sensazioni degne di essere vissute dall’uomo. Il
manifesto del Controdolore rappresenta una riflessione un po’ più raffinata, meno provocatoria. A livello di
riflessione filosofica un po’ più strutturata. Nonostante l’adesione al futurismo da parte di Palazzeschi nel
1914, Palazzeschi si allontana dal futurismo soprattutto perché non condivideva alcuni aspetti più in
direzione politica di Marinetti stesso. Marinetti era un forte sostenitore dell’interventismo e acceso
sostenitore del nazionalismo. Sulla base di queste convinzioni e di queste insistenze, molti che avevano
aderito al futurismo per aspetti di sperimentazione o per aspetti più di carattere artistico-letterario, poi si
allontanarono. Proprio su questi elementi molte parti del movimento futurista tenderanno a staccarsi da
Marinetti stesso. Una delle declinazioni più interessanti per quello che riguarda il futurismo fu proprio il
paroliberismo. Nel manifesto tecnico della letteratura futurista nel maggio del 1912 si impone all’attenzione
questa invenzione, cioè il paroliberismo cioè la tecnica delle parole in libertà. Prevedeva uno svincolamento
della comunicazione in senso ampio dai criteri e dagli schemi tradizionali, quindi prevedea l’uso dei verbi
all’infinito e di avverbi, l’abolizione della sintassi e della punteggiatura. Quindi anche da un punto di vista di
scrittura c’era questo intento di distruzione della scrittura stessa, con l’intenzione di andare aldilà della
superfice testuale stessa l’intento era anche quella di rendere il rumore, il peso, l’odore degli oggetti
attraverso onomatopee o anche attraverso visualizzazioni grafiche. Cominciava ad essere un aspetto
determinante anche la disposizione delle parole all’interno del foglio. La tendenza a staccarsi dal livello
normativo del linguaggio stesso lo trovavamo anche in Pascoli quando avevamo fatto delle considerazioni
facendo nostre le osservazioni di Contini e individuava i tre livelli del linguaggio di Pascoli stesso:
grammaticale, pregrammaticale e postgrammaticale. Il pregrammaticale era il linguaggio che prevedeva la
resa dei rumori attraverso onomatopee: questo aspetto anche se in un contesto molto diverso perché se
per Pascoli l’uso delle onomatopee era soprattutto per rendere visivo e uditivo il senso delle cose, in questo
caso si tenta di arrivare direttamente al suono. L’onomatopea in Pascoli ha un altro intento, un altro ruolo
all’interno della sua poetica. Oltre all’aspetto uditivo c’era anche l’aspetto grafico, l’aspetto della
visualizzazione nella struttura del testo stesso di elementi visivi che potevano riguardare sia aspetti grafici
complessi, o potevano riguardare anche l’impiego di caratteri particolari. L’idea venne a Marinetti anche
grazie all’amicizia con un tipografo milanese, Cesare Cavanna. Cesare Cavanna si rivelò particolarmente
abile nel comporre le sue tavole parolibe: testi che presentavano un’articolazione dinamica su diversi livelli
dell’aspetto tipografico. Questa ulteriore dimensione grafico-visiva della letteratura futurista viene
presentata nel secondo manifesto tecnico di Marinetti intitolato distruzione della sintassi. Volontà di essere
espressivamente forte attraverso un aumento del volume, aumento dell’impatto. Idea di andare aldilà del
semplice contenuto, del semplice significato di ciò che si sta esprimendo ma impiegando elementi grafici
per sottolineare l’aggressività della parola. Siamo anche in linea con sperimentazioni non solo di tipo
poetico, ma anche di tipo grafico visuale. Ed ecco che per molti di questi testi troviamo anche delle
presenze di artisti veri e propri, quindi anche di pittori. I risultati più notevoli di queste tavole parolibere le
ottennero oltre a Marinetti stesso, anche Govoni e lo stesso Ardengo Soffici, pittore e letterato.

Campana di Chiaro di Luna di Govoni (vedi pdf):

esempio degli elementi tipici del paroliberismo: il disegno a mano e la sperimentazione tipografica. Il
procedere del testo stesso che è comunque organizzato al livello di scrittura, si avvale di tutta una serie di
inserti di tipo visivo che interagiscono con il significato stesso. in alcuni casi ci sono alcuni elementi di un
certo interesse e c’è una sovrapposizione di piani tra l’aspetto grafico in sé e il significato testuale stesso. ci
sono le lucciole che sono rappresentate in maniera fisica con questi asterischi e c’è un procedere del testo
stesso con indicazioni che vanno aldilà della qualità del segno stesso e che indicano come questo elemento
debba essere letto e qual è il suo peso nel testo stesso. Pagina 3: il cimitero viene indicato come libro di
conti perché è pieno di addizioni. Questo elemento può essere colto proprio sulla base di una percezione
visiva delle croci che sembrano tante più, questo aspetto pur nella sua dimensione pratica rappresenta una
delle possibili intersezioni fra i diversi piani di senso ed espressione che generano una serie di effetti
particolari possibili solo dall’aspetto linguistico e visivo stesso. Nell’avventura futurista non potevano
mancare anche i rapporti a volte anche un po’ vivaci con altri esponenti della cultura del tempo, stiamo
parlando di un movimento che puntava alla provocazione, avvicinamento aggressivo nei confronti degli altri
aspetti della cultura. Infatti all’ordine del giorno erano scontri con altri intellettuali. Uno di questi eventi si
verificò proprio in occasione di una mostra inaugurata nel 1911 a Milano da Boccioni, Carrà e Russolo. Due
mesi più tardi sulla rivista fiorentina La Voce nel giugno del 1911 ci fu una netta stroncatura da parte di
Soffici dei Lavori Futuristi era una presa di posizione diretta nei confronti di questa espressione letteraria
del futurismo milanese. Boccioni, Carrà e Russolo e lo stesso Marinetti si precipitarono a Firenze al Caffè
delle Giubbe Rosse, punto di ritrovo dei Vociani, scoppiò una rissa che fu sedata dai carabinieri. Fatto
interessante perché poi al commissariato continuarono a confrontarsi. Da questa occasione di scontro
nacque anche un’occasione di confronto: ecco quindi che milanesi e fiorentini trovarono in questo
momento un po’ particolare l’occasione per scambiarsi idee e nacque un’intesa che portò alla nascita,
grazie alla mediazione di Palazzeschi, alla rivista L’acerba, rivista del futurismo. Nel gennaio del 1913
l’animatore della rivista dell’area fiorentina era Giovanni Papini, intellettuale che si fece portavoce di questi
aspetti artistici e letterari el futurismo, ma rappresenta un altro esempio di letterato che per motivi di tipo
politico si trovò in contrasto con Marinetti stesso. infatti le differenze fondamentali che caratterizzavano i
due futurismi, quindi le due posizioni di futurismi, erano proprio concentrate nella visione politica stessa.
Papini era un qualunquista quindi passava da un’ideologia all’altra, mentre Marinetti era un nazionalista
vero e proprio, con qualche tendenza anarchica. Marinetti e Papini erano molto distanti su questi aspetti:
Marinetti rappresentava la Milano fredda, industriale mentre Papini rappresentava la Firenze rurale,
passionale. Le pagine dell’Acerba furono un canale importante per il futurismo perché rappresentavano
degli avantesti in cui il futurismo entrava in contatto con le arti figurative europee e comunque con i
contesti europei. Grazie a Soffici la rivista ospitò nel 1913 il manifesto l’antitradizione futurista del quale
Apollinere riconosceva a Marinetti il primato europeo delle avanguardie artistiche e letterarie. La rivista
l’Acerba si pose come uno strumento essenziale del futurismo stesso perché nel 1914 uscì per la rivista la
raccolta sistematica dei manifesti del futurismo e fornì l’occasione per un vero e proprio bilancio
dell’attività pubblicistica del movimento, anche costituendo una sorta di punto d’arrivo editoriale. L’acerba
si fece anche veicolo di poeti che rappresentavano comunque degli spunti d’interesse dal punto di vista
poetico e anche elementi che poi dal futurismo hanno potuto portare ad altre direzioni. Sull’acerba
apparvero scritti di Ungaretti, Dino Campana, Camillo Sbarbaro. Per molti aspetti le direzioni politiche di
Marinetti che di lì a poco sfoceranno nella partecipazione alla prima guerra mondiale, provocarono dei
distanziamenti da parte di altri intellettuali. Così fu anche per Papini. Passando i mesi il gruppo fiorentino
del futurismo tendeva sempre a puntare a una secessione dal gruppo milanese. Infatti nel 14 febbraio 1915
uscì con la firma di Papini, Soffici e Palazzeschi uscì un articolo sull’Acerba dal titolo “futurismo e
marinettismo”. Quindi uno schema riassuntivo di quello che il versante fiorentino intendeva come il vero
futurismo contrapposto a quello di Marinetti connotato da aspetti che evidentemente i fiorentini non
condividevano. Dopo questo articolo la scissione all’interno del movimento era ormai imminente. Nel
maggio del 1915 l’Italia entra in guerra e l’Acerba cessa le sue pubblicazioni. Dall’altra parte l’entrata in
guerra dell’Italia rappresentava per Marinetti un risultato positivo per la sua concezione. Abbiamo citato
velocemente come elemento attivo nell’occasione che creo l’incontro tra il futurismo milanese e quello
fiorentino la rivista della Voce. La Voce e i poeti vociani rappresentano un’altra linea di interpretazione
dell’arte all’inizio del 900. Una linea parallela a quelle viste fino ad ora, soprattutto parallela alla rumorosa
avanguardia futurista. Un’altra voce, un’altra ipotesi di risposta da parte della letteratura nei confronti della
situazione complessiva. I vociani rappresentavano una nuova risposta alla modernità imperante: se da un
lato il futurismo rappresentava una piena adesione alla modernità, dall’altra parte la Voce si opponeva a
questa dimensione nonostante una posizione completamente diversa da parte del futurismo e quindi si può
pensare più in linea con la tradizione stessa, anche i Vociani si proposero come innovatori in questo inizio di
900. Il centro attorno a cui ruotava il gruppo dei vociani è proprio questa rivista la Voce fondata nel 1908 a
Firenze per iniziativa di Giuseppe Prezzolini. L’idea era quella che si voleva dare voce a una generazione di
intellettuali che volesse esprimere l’insoddisfazione nei confronti del presente, dalla volontà di distaccarsi
dagli ideali dei propri padri. Risposta nei confronti dell’atmosfera di primo novecento, nel cambio di rotta
complessivo rispetto alla tradizione del secolo precedente. All’inizio del 900 Papini aveva rappresentato un
piccolo ritratto che è significativo per comprendere l’attitudine dei Vociani, la disposizione dei Vociani stessi
nei confronti delle loro iniziative letterarie. In questo quadro ci sono tutte le diverse posizioni che possono
essere adottate nei confronti di un periodo che si presenta come problematico. Ritratto disilluso che
manifesta il disagio di una generazione che sente di non avere una propria identità e che non vede altri
valori più concreti e solidi a cui richiamarsi. Pur sentendo l’esigenza di novità ha difficoltà a trovare la
direzione giusta. Sotto questo aspetto anche questa ricerca di novità anche i vociani condividono alcune
tendenze proprie del futurismo stesso anche se in toni molto diversi. Le risoluzioni a livello pratico sono ben
diverse. In linea di massima la rivista della Voce vive soprattutto due fasi: una prima fase (dal 1908 al 1914)
che era più orientata a una sorta di attività militante, quindi un lavoro intellettuale orientato verso il
concreto, l’impegno cercando di collegare la cultura, la politica, la vita vissuta un po’ com’erano i casi
precedenti di riviste quali il Caffè e il Conciliatore. La seconda fase della Voce, dal 1914 al 1916, è una fase
molto più orientata alle sperimentazioni letterarie e meno orientata verso una ricaduta di tipo militante,
quindi una fase iniziale più onnicomprensiva, quindi considerando la letteratua come uno strumento che
deve necessariamente agire in un contesto ampio e vivo. Una seconda fase di sperimentazione letteraria di
attività specifica nel contesto letterario stesso. tra i Vociani ricordiamo un po’ di nomi: abbiamo anche in
questo caso provenienze diverse: i toscani Papini e Soffici, Emilio Cecchi e Dino Campana, il milanese
Clemente Rebora, abbiamo i liguri Giovanni Boinef o Camillo Sparvaro e anche il goriziano Carlo
Mishertezzer. Tutti questi scrittori di provenienza diversa sottolineiamo tre dati:

1. La provenienza geografica è eterogenea quindi il gruppo die Vociani non è circoscritto a


un’appartenenza locale.
2. Estrema precocità a livello biografico della loro esperienza intellettuale: molti furono molto giovani.
3. Molte delle esperienze poetiche di questi autori furono esperienze drammatiche con esiti tragici.
Slataper muore in guerra, Campana ha problemi di salute piuttosto significativi. Anche in questo
caso un’esperienza di tipo letterario intrecciata con situazioni drammatiche e tragiche. Per
individuare l’esperienza poetica dei Vociani usiamo 4 parole chiavi: la prima parola è
frammentismo. Il frammento diventa l’unità di misura dell’esperienza poetica dei Vociani. Questo ci
porta a fare una riflessione diretta a livello di scelte di genere. Per i vociani la realtà è interpretabile
solo attraverso una certa immediatezza, quindi si può cercare di rappresentare la realtà solo
attraverso il frammento, lo scorcio immediato. Attraverso la forma piuttosto che impiegando forme
particolarmente strutturate. Leggiamo in questa soluzione un netto rifiuto del romanzo che è
all’inzio del 900, anche alla luce della grande influenza delle neoavanguardie del futurismo e di
questi movimenti di tipo letterario che orientavano ad una nuova adesione alla realtà moderna e a
un distacco dalla tradizione immediata. In una situazione del genere distaccarsi dalla tradizione
immediata significa distaccarsi dall’800 che era per molti versi il secolo romanzesco, rappresentava
il romanzo una forma facilmente identificabile come una forma della tradizione, una forma del
passato. Quindi ecco che in questa situazione culturale la tendenza è quella di preferire la forma
poetica, la forma del romanzo è vista come una forma tradizionale e in quanto tale è rifiutata da
molte delle espressioni artistiche letterarie di questo inizio 900. Anche agli occhi degli scrittori della
voce il romanzo veniva sentita come un’eredità logora di un passato da cui si sentivano lontani e
quindi non rappresentava una forma adatta per esprimere la loro visione della vita e del mondo. Il
romanzo del periodo positivista era un genere che aveva grande fiducia nella possibilità di
conoscere il reale, le stesse declinazioni naturaliste e veriste puntavano a una rappresentazione
efficace della realtà attraverso il romanzo. I Vociani considerano la realtà nella sua complessità non
conoscibile e quindi una forma quella del romanzo che fonda la sua efficacia sulla conoscibilità del
reale, viene rifiutata. Rifiutata anche la tradizione positivista, il romanzo naturalista e verista e il
romanzo simbolista di D’Annunzio o anche altri narratori neo romantici che si ponevano su quella
scia. Il frammento è l’unità di misura della produzione letteraria. Il frammento è la forma più adatta
per esprimere la frammentarietà esistenziale che erano consapevoli caratterizzasse il periodo
stesso. l’idea di una identità non definita, di un io non precisato, di una sostanziale perdita di punti
di riferimento, l’unica soluzione per poter rappresentare questa percezione di identità
frammentata è quella di coglierla in momenti specifici in quadri istantanei. Il frammento e la
predilezione nei confronti delle soluzioni poetiche. Anche con Pascoli uno degli aspetti proiettati
verso la dimensione novecentesca era la brevità: quindi la tendenza a cogliere lo strumento poetico
non come un genere letterario votato alla razionalizzazione ma come uno strumento volto a
cogliere quadri limitati ma che costituissero delle piccole illuminazioni istantanee. La seconda
parola d’ordine dei vociani è eticità cioè il senso etico dell’esistenza. Ecco che accanto alla
produzione letteraria c’era nei vociani l’idea che il poeta avesse una funzione di tipo etico. In
questo caso la poesia deve essere intesa non come un esercizio estetico ma come uno strumento,
un’attività che abbia delle conseguenze anche aldilà della dimensione letteraria stessa. Terza parola
chiave per dare delle coordinate precise ai vociani è l’autobiografismo che è strettamente collegato
sia al frammentismo che all’eticità. Sono tutte coordinate che contribuiscono a dare l’idea di un
movimento molto preciso. È chiaro che per una concezione etica della letteratura volta a porsi in un
modo particolare in rapporto con la realtà, attraverso l’illuminazione è evidente che il rapporto
dell’individuo nei confronti della realtà si fondi sulla dimensione personale del poeta stesso. la
tendenza al frammentismo è anche la tendenza al rapportarsi col reale sulla base di uno stato
d’animo personale. È chiaro che la dimensione poetica di questi autori è quasi sempre
autobiografica perché in un contesto in cui il reale non è leggibile, posso decodificarlo, l’unica
dimensione che posso leggere è la mia dimensione interiore. Questo proiettare la propria
esperienza letteraria su di se è parte integrante della concezione complessiva dei Vociari stessi.
L’aspetto biografico del proprio relazionarsi col reale è confermato. Si tratta di un autobiografismo
diverso rispetto a quello romantico e diverso rispetto a quello realistico quindi con l’intento di
raccogliere dati propri della propria esperienza di vita. Per definire la natura dell’autobiografismo
vociano è necessario chiamare in causa l’analisi interiore, quindi l’attenzione verso la propria
dimensione personale perché in un contesto di difficile relazione con la realtà è la propria
dimensione personale l’unica dimensione accessibile all’indagine. I critici definiscono questo
autobiografismo (quello dei vociani) un autobiografismo trascendentale, metafisico,
spersonalizzato perché l’idea è comunque che l’esperienza personale dei diversi esponenti della
corrente vociana sia comunque un’esperienza individuale che poi trascende l’individualità stessa e
si perde in un quadro complessivo in cui trova il suo senso. L’esperienza dell’individuo viene
ricondotta a una dimensione universale. L’esperienza diretta del singolo può avere un senso
ulteriore se collocata nel quadro complessivo di tutte le esperienze individuali. La quarta parola
chiave per individuare l’esperienza vociana è espressionismo: tendenza della poesia vociana a
cercare delle declinazioni espressioniste, quindi votate a individuare elementi della realtà relativi a
forme deformate, brutte, di violenza. Far rientrare nella dimensione poetica anche la rilevazione
del deforme, del violento, dell’eccessivo. Quindi in una situazione contraria a quella
dell’impressionismo volta al gusto del pittorico. La tendenza espressionista punta al gusto per il
deformante, violento, per l’eccessivo. Alla luce di questa dimensione espressionista entrano nella
poesia vociana elementi caratteristici di una rottura con la forma di comunicazione borghese
normale, una rottura nei confronti delle convenzioni. Idea di cogliere nella poesia elementi di
dolore, distruzione e morte. Ecco la predilizione per il brutto e per il deforme. In questa
declinazione si coglie anche l’attenzione dei vociani a quegli elementi che poi erano anche quelli dei
futuristi stessi, anche se in questo caso abbiamo toni e modi diversi. Anche la volontà di mescolare i
linguaggi, di infrangere l0unitarietà del linguaggio stesso anche a livello sintattico cercando
un’espressione più autentica che infranga anche i confini dei generi stessi. In questa declinazione
espressionista i poeti vociani trovano modo di combinare sia aspetti di ricerca stilistica, linguistica
sia punti di rottura degli schemi stessi, arrivando anche a risultati un po’ oscuri. L’aspetto
dell’espressionismo riconduce l’esperienza vociana a quei toni propri del primo novecento
avanguardista, per temi e per declinazioni tendevano ad una rottura, all’introduzione di elementi
più orientato verso questi che abbiamo visto.

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