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PARTE I L’età delle origini XI-VIII secolo a.C.

CAPITOLO 2 I poemi omerici

LA PAROLA ALLA CRITICA

Contenuti dell’epica preomerica


M. Durante

L’aedo Demodoco esegue un canto che ha per tema acquisire, attraverso i poemi omerici, qualche indiretta

«la lite fra Achille Pelide e Odisseo, / che contesero un conoscenza sui temi trattati dagli aedi micenei nei loro

giorno a un lauto banchetto dei numi, / con canti. In particolare, lo studioso prende in esame due

spaventose parole». Di questa contesa non sappiamo figure di eroi come Aiace e Eracle, che in Omero

nulla: né i poemi omerici né altre fonti mitografiche ci sembrano presentare tratti indiscutibilmente arcaici,

dicono alcunché sull’episodio, nonostante nello stesso tali da rendere plausibile l’ipotesi che fossero i

passo si affermi che la fama dell’episodio «al cielo protagonisti di alcuni fra questi antichissimi

vasto saliva». Certo è possibile, come suppone qualche componimenti. Per comprendere meglio quanto detto

studioso, che il poeta dell’Odissea abbia lì per lì su Aiace, si tenga presente che in moltissimi luoghi

inventato la cosa semplicemente per soddisfare le dell’Iliade le imprese di questo eroe hanno per

esigenze del momento (al canto dell’aedo, che lo soggetto «i due Aiaci» ( Ai[ante, al duale), espressione
riguarda direttamente, l’eroe non riesce a trattenere il che suole interpretarsi come riferita o alla coppia Aiace

pianto), ma si può anche pensare che questo sia un Telamonio/Aiace Oileo o a quella Aiace Telamonio/

indiretto riferimento a qualche antico componimento Teucro, ma che rimane comunque un singolare caso di

in cui il motivo dell’ e[ri~, della «contesa» fra due eroi, ‘sdoppiamento’; inoltre Aiace è descritto nell’atto di

reso celebre da quella dell’Iliade fra Agamennone e lo imbracciare un gigantesco scudo (un vero e proprio

stesso Achille, era riferito a questi e a Odisseo. La ‘reperto archeologico’ d’età micenea) per cui viene

questione ci offre lo spunto per proporre alcune usato il termine savko~, ignoto al greco d’età classica e
pagine di M. Durante dedicate alla possibilità di di oscura derivazione.

Aiace ed Eracle: due eroi ‘micenei’

È possibile acquistare qualche nozione concreta intorno ai soggetti celebrati dagli

aedi micenei? È un quesito che coinvolge problemi difficili. In linea di principio,

tutte le storie di contenuto eroico, raccontate o adombrate nei poemi omerici, po-

trebbero continuare archetipi micenei, in quanto non hanno rapporto con realtà

storico-culturali dell’età del Ferro. Ma lo stesso scenario protostorico che fa da sfon-

do ai miti omerici è condiviso pure dai racconti eroici che ci sono stati tramandati da

fonti seriori, poeti e mitografi. Peraltro, questo distacco dalle condizioni dell’età

storica è un carattere immanente alla forma mitica, costituisce la premessa necessa-

ria perché i personaggi e le vicende del mito assumano quel tipico rilievo, che li pone

in antitesi con le realtà quotidiane. Il fatto fondamentale è che le condizioni in cui ci

sono pervenuti i miti di possibile origine micenea non sono le più idonee al discerni-

mento dell’antico dal nuovo. La mitologia greca ci è giunta attraverso estratti, riela-

borazioni, compendi prosaici, non entro redazioni poetiche che possano ricondursi

ad archetipi micenei. I documenti prioritari sul piano cronologico, cioè i poemi ome-

rici, costituiscono per lo meno in larga misura una fonte indiretta, in quanto si rive-

la debitrice di altra poesia eroica andata perduta. La poesia omerica si colloca espli-

citamente di per se stessa entro una fase non primordiale della tradizione eroica.

Infatti, i protagonisti di quei miti che non hanno diretto rapporto con la guerra di

Troia e con la storia di Ulisse, sono posti perlomeno una generazione addietro agli

eroici omerici. Così, tutti e tre i guerrieri che guidano a Troia il contingente dell’Ar-

golide (Il. II 559-68), sono presentati come figli di protagonisti dell’epopea tebana,

Tideo, Capaneo, Mecisteo. Ma Eracle è collocato due generazioni prima, perché ha

un figlio e un nipote che combattono a Troia. Quanto ai personaggi operanti nei

poemi, tutti i principali, tranne i due capi Agamennone e Priamo, hanno una loro

autonomia mitica, nel senso che, in Omero o in fonti seriori, figurano come esponen-

Mario Casertano Gianfranco Nuzzo Ktēsis Letteratura e civiltà dei Greci © 2018 G. B. PALUMBO EDITORE
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CAPITOLO 2 I poemi omerici

LA PAROLA ALLA CRITICA Contenuti dell’epica preomerica [M. Durante]

ti di vicende che non hanno a che fare con la tematica omerica. Che possano essere

stati introdotti da altri poemi, è dimostrato dal caso di Aiace […]

Nei tratti che caratterizzano la figura di Aiace Telamonio si individua con tutta

evidenza l’eredità di una tradizione eroica d’altri tempi. La sua associazione col tipo

di scudo paleomiceneo costituisce soltanto l’indizio più vistoso. L’aspetto gigantesco

dell’eroe, a cui fanno riferimento le combinazioni formulari Ai[a~... pelwvrio~, mevga~


Telamwvnio~ Ai[a~, e si evidenzia nel fatto che egli sovrasta gli altri con la testa e con
le spalle (Il. III 227), riflette un’ideale di prestanza, che non è quello omerico: Aga-

mennone è grande di statura, ma si hanno guerrieri più grandi di lui, però nessuno è

altrettantokalo~ e gerarov~ (Il. III 167-70). Il nome è documentato in miceneo nella


forma che ci si attende, a wa AijÛa(n)~ (KN C 973). Anche il patronimico ha forma
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micenea: molti hanno tentato, ma senza successo, d’individuare in Telamwvnio” un

valore non onomastico. Il duale Ai[ante sembra essere non meno antico dello scudo

che porta l’Aiace maggiore. Com’è noto, J. Wackernagel lo interpretò come un

duale ellittico: «Aiace e chi fa coppia con lui, il fratello Teucro»; un tipo ereditato,

ma altrimenti non evidenziabile nel greco e già miceneo. Nei testi che abbiamo,

tale interpretazione non s’impone in nessun luogo; va notato però che, nella grande

maggioranza dei casi, il contesto non si pronuncia nemmeno per l’interpretazione

«i due Aiaci, Telamonio e Oileo». Due motivi diversi inducono però a ritenere che

l’analisi del Wackernagel sia valida per parte dei passi, o comunque per una fase

più antica dell’epos; e potrebbe trattarsi di una fase anche assai vicina alla redazio-

ne definitiva dell’Iliade, dappoiché il contesto che precede Il. XIII 197 indica con

tutta chiarezza che il duale va riferito ad Aiace e Teucro, mentre nel prosieguo del

racconto Ai[ante (201) indica i due Aiaci, come risulta da ∆Oiliavdh~ (203). In primo
luogo, colui che di solito fa coppia col Telamonio, e addirittura si ripara sotto il

suo stesso scudo (Il. VIII 266-72), non è Aiace Oileo, ma Teucro; e pertanto non

è facile ammettere che la trentina di duali, o di plurali succedanei, ambigui, vada

interpretata costantemente nel senso recente. Comunque non è un’invenzione re-

cente il rapporto di parentela tra Aiace e Teucro, poiché viene espresso da una rara

formula, arcaica e non pienamente perspicua: kasivgnhto~ kai; o[patro~ (Il. XII 371).
In secondo luogo, la singolare presenza di due guerrieri di rango elevato omonimi, si

spiega appunto con l’interpretazione di Ai[ante come «i due Aiaci». Che la figura di
Aiace Oileo sia nata da uno sdoppiamento, è reso evidente dal fatto che essa viene

caratterizzata in maniera antitetica rispetto al Telamonio: l’uno ha statura bassa,

è veloce e porta lo scudo piccolo e rotondo, l’altro è altissimo, massiccio tanto da

costituire una barriera contro gli assalti, e porta uno scudo gigantesco.

Questa figura di eroe, così povera di tratti reali, non si sarebbe potuta conser-

vare, entro e oltre l’età del bronzo, che nell’unica sede idonea, entro l’alveo di una

tradizione eroica, non certo entro discorsi prosaici. Non c’è sofisma che tenga. Una

tradizione di linguaggio colloquiale avrebbe certamente risolto il duale ellittico

Ai[ante in un’espressione analitica. E perché avrebbe dovuto nominare lo scudo di


Aiace con un termine altrimenti obsoleto, che si distingue per assoluta mancanza di

derivazioni, savko~? E posto che quella tradizione rammentasse altresì che lo scudo
paleomiceneo aveva forma rassomigliante a torre, sarebbe un caso che quella simili-

tudine fosse espressa dall’aedo omerico con un avverbio arcaico:fevrwn savko~ hjuvte
puvrgon (Il. VII 219, XI 485, XVII 128)? Anche Eracle proviene dall’età micenea, e
per lo stesso tramite; non attraverso hieroi logoi, perché i culti in suo onore sono

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CAPITOLO 2 I poemi omerici

LA PAROLA ALLA CRITICA Contenuti dell’epica preomerica [M. Durante]

secondari, e nell’Iliade egli condivide ancora il destino dei mortali (XVIII 117-9);

alla sua apoteosi accenna soltanto un passo dell’Odissea atetizzato fin da età antica

(XI 602-4). Già negli estratti omerici la saga di Eracle rivela tutta la sua complessità;

le sue avventure si dispongono entro un amplissimo orizzonte geografico (che va

da Rodi e Cos al Peloponneso, alla Grecia centrale, alla Tesprozia), quale un poeta

del Medioevo ellenico difficilmente avrebbe potuto immaginare; ma il nucleo cen-

trale della saga, le fatiche imposte da Euristeo re di Micene, riflette il predominio

di questa città sul Peloponneso. Il nome dell’eroe non si spiega in base alle leggi

del greco alfabetico: quel membro di composto Heră- con apofonia del tema non

trova alcuna analogia.

Negli estratti omerici della saga di Eracle sopravvive non solo una tematica più

antica, ma anche un tratto di linguaggio preomerico: la perifrasi bivh ÔHraklheivh.


Questa locuzione non è nata nell’alveo della tradizione omerica. Lo si può dimo-

strare con vari argomenti:

1) Come notò J. Wackernagel, l’associazione di bivh con aggettivo riflette un modulo


più antico dell’associazione con nome al genitivo, in quanto il primo tipo si ap-

plica a eroi non omerici, il secondo a personaggi operanti nei poemi. Abbiamo

così, oltre alla perifrasi per ‘Eracle’, bivh ∆Eteoklheivh, bivh ∆Ifiklheivh, e invece
bivh Aijneivao, Diomhvdeo~, ÔElevnoio, Kuvklwpo~, Patrovkloio, Priavmoio, Teuvkroio,
ÔUperhvnoro~. Potremmo dire più semplicemente che la perifrasi con l’aggettivo
è riservata a esponenti delle generazioni eroiche anteriori: infatti, Eracle ha un

figlio e un nipote che combattono a Troia; Ificlo è fratello di Eracle; Eteocle è

un protagonista delle gesta tebane, che sono collocate una generazione prima

della guerra di Troia.

2) biva indica propriamente la forza materiale, in quanto strumento di vittoria o di


possesso; concordano sostanzialmente in tal senso i valori testuali e l’etimologia.

Quindi l’archetipo delle perifrasi in questione va individuato proprio in quella

che concerne l’eroe fortissimo e sempre vittorioso.

3) bivh ÔHraklheivh non è stato soltanto il modello delle altre circonlocuzioni con bivh,
ma pure di quelle, dove si ha un sostantivo quasi sinonimo: sqevno~ (∆Hetivwno~,

∆Idomenh'o~, ∆Wkeanoi'o, ∆Wrivwno~), i[~ (∆Odush'o~); cfr. anche kh'r (Patroklh'o~).


Infatti, queste associazioni si trovano tutte una sola volta. Invece si trova 7 volte

iJero;n mevno~ ∆Alkinovoio, un’altra con la finale ∆Antinovoio. Questa formula non

si poteva impiegare quando il nome dell’eroe iniziava per consonante: a tale

difficoltà sovviene iJerh; i~ Thlemavcoio (7 volte). Almeno la prima formula non


può avere avuto a modello la perifrasi concernente Eracle: infatti, il sintagma

iJero;n mevno” non soltanto non equivale concettualmente a bivh, ma non si trova

attestato altrimenti, eppure risulta essere antichissimo, perché in quell’impiego

di iJerov” risulta ancora assente o perlomeno non prevale la nozione di ‘sacro’,

che invece si è già istituzionalizzata nel micen. ijero- e nei suoi derivati. Dunque,

l’enunciazione del nome di un eroe attraverso un’espressione complessa è un

procedimento che data da una fase remota della tradizione.

[da M. Durante, Eredità micenee in Omero, in G. Maddoli (a cura di), La civiltà micenea. Guida storica e critica, Roma-Bari
2
1992 , pp. 164-168]

Mario Casertano Gianfranco Nuzzo Ktēsis Letteratura e civiltà dei Greci © 2018 G. B. PALUMBO EDITORE

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