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L’aedo Demodoco esegue un canto che ha per tema acquisire, attraverso i poemi omerici, qualche indiretta
«la lite fra Achille Pelide e Odisseo, / che contesero un conoscenza sui temi trattati dagli aedi micenei nei loro
giorno a un lauto banchetto dei numi, / con canti. In particolare, lo studioso prende in esame due
spaventose parole». Di questa contesa non sappiamo figure di eroi come Aiace e Eracle, che in Omero
nulla: né i poemi omerici né altre fonti mitografiche ci sembrano presentare tratti indiscutibilmente arcaici,
dicono alcunché sull’episodio, nonostante nello stesso tali da rendere plausibile l’ipotesi che fossero i
passo si affermi che la fama dell’episodio «al cielo protagonisti di alcuni fra questi antichissimi
vasto saliva». Certo è possibile, come suppone qualche componimenti. Per comprendere meglio quanto detto
studioso, che il poeta dell’Odissea abbia lì per lì su Aiace, si tenga presente che in moltissimi luoghi
inventato la cosa semplicemente per soddisfare le dell’Iliade le imprese di questo eroe hanno per
esigenze del momento (al canto dell’aedo, che lo soggetto «i due Aiaci» ( Ai[ante, al duale), espressione
riguarda direttamente, l’eroe non riesce a trattenere il che suole interpretarsi come riferita o alla coppia Aiace
pianto), ma si può anche pensare che questo sia un Telamonio/Aiace Oileo o a quella Aiace Telamonio/
indiretto riferimento a qualche antico componimento Teucro, ma che rimane comunque un singolare caso di
in cui il motivo dell’ e[ri~, della «contesa» fra due eroi, ‘sdoppiamento’; inoltre Aiace è descritto nell’atto di
reso celebre da quella dell’Iliade fra Agamennone e lo imbracciare un gigantesco scudo (un vero e proprio
stesso Achille, era riferito a questi e a Odisseo. La ‘reperto archeologico’ d’età micenea) per cui viene
questione ci offre lo spunto per proporre alcune usato il termine savko~, ignoto al greco d’età classica e
pagine di M. Durante dedicate alla possibilità di di oscura derivazione.
tutte le storie di contenuto eroico, raccontate o adombrate nei poemi omerici, po-
trebbero continuare archetipi micenei, in quanto non hanno rapporto con realtà
do ai miti omerici è condiviso pure dai racconti eroici che ci sono stati tramandati da
fonti seriori, poeti e mitografi. Peraltro, questo distacco dalle condizioni dell’età
ria perché i personaggi e le vicende del mito assumano quel tipico rilievo, che li pone
sono pervenuti i miti di possibile origine micenea non sono le più idonee al discerni-
mento dell’antico dal nuovo. La mitologia greca ci è giunta attraverso estratti, riela-
borazioni, compendi prosaici, non entro redazioni poetiche che possano ricondursi
ad archetipi micenei. I documenti prioritari sul piano cronologico, cioè i poemi ome-
rici, costituiscono per lo meno in larga misura una fonte indiretta, in quanto si rive-
la debitrice di altra poesia eroica andata perduta. La poesia omerica si colloca espli-
citamente di per se stessa entro una fase non primordiale della tradizione eroica.
Infatti, i protagonisti di quei miti che non hanno diretto rapporto con la guerra di
Troia e con la storia di Ulisse, sono posti perlomeno una generazione addietro agli
eroici omerici. Così, tutti e tre i guerrieri che guidano a Troia il contingente dell’Ar-
golide (Il. II 559-68), sono presentati come figli di protagonisti dell’epopea tebana,
poemi, tutti i principali, tranne i due capi Agamennone e Priamo, hanno una loro
autonomia mitica, nel senso che, in Omero o in fonti seriori, figurano come esponen-
Mario Casertano Gianfranco Nuzzo Ktēsis Letteratura e civiltà dei Greci © 2018 G. B. PALUMBO EDITORE
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ti di vicende che non hanno a che fare con la tematica omerica. Che possano essere
Nei tratti che caratterizzano la figura di Aiace Telamonio si individua con tutta
evidenza l’eredità di una tradizione eroica d’altri tempi. La sua associazione col tipo
mennone è grande di statura, ma si hanno guerrieri più grandi di lui, però nessuno è
valore non onomastico. Il duale Ai[ante sembra essere non meno antico dello scudo
duale ellittico: «Aiace e chi fa coppia con lui, il fratello Teucro»; un tipo ereditato,
ma altrimenti non evidenziabile nel greco e già miceneo. Nei testi che abbiamo,
tale interpretazione non s’impone in nessun luogo; va notato però che, nella grande
«i due Aiaci, Telamonio e Oileo». Due motivi diversi inducono però a ritenere che
l’analisi del Wackernagel sia valida per parte dei passi, o comunque per una fase
più antica dell’epos; e potrebbe trattarsi di una fase anche assai vicina alla redazio-
ne definitiva dell’Iliade, dappoiché il contesto che precede Il. XIII 197 indica con
tutta chiarezza che il duale va riferito ad Aiace e Teucro, mentre nel prosieguo del
racconto Ai[ante (201) indica i due Aiaci, come risulta da ∆Oiliavdh~ (203). In primo
luogo, colui che di solito fa coppia col Telamonio, e addirittura si ripara sotto il
suo stesso scudo (Il. VIII 266-72), non è Aiace Oileo, ma Teucro; e pertanto non
cente il rapporto di parentela tra Aiace e Teucro, poiché viene espresso da una rara
formula, arcaica e non pienamente perspicua: kasivgnhto~ kai; o[patro~ (Il. XII 371).
In secondo luogo, la singolare presenza di due guerrieri di rango elevato omonimi, si
spiega appunto con l’interpretazione di Ai[ante come «i due Aiaci». Che la figura di
Aiace Oileo sia nata da uno sdoppiamento, è reso evidente dal fatto che essa viene
costituire una barriera contro gli assalti, e porta uno scudo gigantesco.
Questa figura di eroe, così povera di tratti reali, non si sarebbe potuta conser-
vare, entro e oltre l’età del bronzo, che nell’unica sede idonea, entro l’alveo di una
tradizione eroica, non certo entro discorsi prosaici. Non c’è sofisma che tenga. Una
derivazioni, savko~? E posto che quella tradizione rammentasse altresì che lo scudo
paleomiceneo aveva forma rassomigliante a torre, sarebbe un caso che quella simili-
tudine fosse espressa dall’aedo omerico con un avverbio arcaico:fevrwn savko~ hjuvte
puvrgon (Il. VII 219, XI 485, XVII 128)? Anche Eracle proviene dall’età micenea, e
per lo stesso tramite; non attraverso hieroi logoi, perché i culti in suo onore sono
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secondari, e nell’Iliade egli condivide ancora il destino dei mortali (XVIII 117-9);
alla sua apoteosi accenna soltanto un passo dell’Odissea atetizzato fin da età antica
(XI 602-4). Già negli estratti omerici la saga di Eracle rivela tutta la sua complessità;
da Rodi e Cos al Peloponneso, alla Grecia centrale, alla Tesprozia), quale un poeta
di questa città sul Peloponneso. Il nome dell’eroe non si spiega in base alle leggi
del greco alfabetico: quel membro di composto Heră- con apofonia del tema non
Negli estratti omerici della saga di Eracle sopravvive non solo una tematica più
plica a eroi non omerici, il secondo a personaggi operanti nei poemi. Abbiamo
così, oltre alla perifrasi per ‘Eracle’, bivh ∆Eteoklheivh, bivh ∆Ifiklheivh, e invece
bivh Aijneivao, Diomhvdeo~, ÔElevnoio, Kuvklwpo~, Patrovkloio, Priavmoio, Teuvkroio,
ÔUperhvnoro~. Potremmo dire più semplicemente che la perifrasi con l’aggettivo
è riservata a esponenti delle generazioni eroiche anteriori: infatti, Eracle ha un
un protagonista delle gesta tebane, che sono collocate una generazione prima
3) bivh ÔHraklheivh non è stato soltanto il modello delle altre circonlocuzioni con bivh,
ma pure di quelle, dove si ha un sostantivo quasi sinonimo: sqevno~ (∆Hetivwno~,
iJero;n mevno~ ∆Alkinovoio, un’altra con la finale ∆Antinovoio. Questa formula non
iJero;n mevno” non soltanto non equivale concettualmente a bivh, ma non si trova
che invece si è già istituzionalizzata nel micen. ijero- e nei suoi derivati. Dunque,
[da M. Durante, Eredità micenee in Omero, in G. Maddoli (a cura di), La civiltà micenea. Guida storica e critica, Roma-Bari
2
1992 , pp. 164-168]
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