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Analisi tematica del libro VI dell’Eneide di Virgilio

Flavio Cerlesi

L’Eneide viene spesso definito come “poema del destino”. In effetti è proprio il fato il vero
protagonista di quest’opera, dove tutte le fatiche e i sacrifici dolorosi compiuti dai
personaggi conducono a un futuro lontano e circonfuso di gloria, un vero ritorno all’età
dell’oro dopo i lutti e le tragedie delle guerre civili. E questo futuro è destinato a
concretizzarsi solo mediante la creazione dell’Impero Romano e del regno di Ottaviano
Augusto. In alcuni punti dell’Eneide si aprono degli “squarci” sul tempo futuro in cui verrà
realizzata questo fine ambizioso; un tempo che è lontanissimo per gli eroi del poema, ma
presente per i contemporanei di Virgilio. Queste premonizioni sono poste davanti agli occhi
di Enea in punti strategici dell’opera per di motivarlo e spingerlo con più forza alla missione,
personale e storica che lo attende.

Lo “squarcio” più importante si trova all’interno del sesto libro, situato non a caso in
posizione centrale all’interno dell’Eneide.

Dominante nella parte iniziale del libro è il tema della morte degli innocenti: Miseno che
viene punito da Tritone, i fanciulli morti anzitempo, le anime che si affollano presso la barca
di Caronte, i suicidi, Palinuro, sono personaggi la cui morte è inspiegabile e non è consolata
né dalla gloria né dalla pienezza di una vita vissuta fino alla maturità. La seconda parte del
libro è legata al tema del futuro luminoso di Roma, la città che i discendenti di Enea
fonderanno.

Anchise, il padre di Enea da poco scomparso, si assume il compito di profeta e illustra le


anime dei grandi di Roma, incarnando il tema politico della celebrazione della gloria futura
e dall'alta missione civilizzatrice. Questa carrellata si interrompe solo tra i vv. 847-853, in cui
troviamo in pochi versi la celebrazione della missione storica di Roma introdotta da un
Priamel, ovvero un’elencazione di alternative all’interno delle quali viene inserita l’unica via
che deve essere seguita dal popolo romano: reggere i popoli con la propria autorità,
imporre la pace risparmiando i supplici e sconfiggendo i superbi. Una sorta di propaganda
del regime augusteo, che non a caso aveva fatto della pace uno dei suoi imperativi
fondamentali. L'opera di Enea sarà dura, richiederà coraggio e forza di sopportazione, sarà
segnata dalla vittoria finale, ma anche da numerose sconfitte e gravi dolori: tutto questo gli
è richiesto in quanto realizzatore della funzione provvidenziale che il Fato gli ha assegnato.

Anchise prosegue la sua descrizione con due personaggi dallo stesso nome, Claudio
Marcello. L’opposizione tra i due non potrebbe essere più grande: il primo, vincitore sui
Galli e i Cartaginesi, giunse addirittura a portare nel 222 a.C. nel tempio di Giove Feretrio le
spoliae opimae di un re vinto in duello mentre le virtù del giovane Marcello, figlio della
sorella di Augusto e morto prematuramente nel 23 a.C. a soli diciannove anni, sono solo
potenziali e non destinate a venire mai alla luce. Proprio con questo contrasto tra gloria in
atto e gloria in potenza si conclude la carrellata dei grandi personaggi della Roma
repubblicana: il messaggio di Virgilio è che la storia è fatta di sofferenza e che il dolore è
ineliminabile dalla vita umana.
L'incontro tra Enea e Anchise, scopo primario della discesa agli Inferi, chiude
significativamente il libro e apre la parte successiva del poema: la profezia, posta alla fine
dei primi sei libri, quando ormai sono prossime a concludersi le peregrinazioni dei Troiani,
ribadisce la futura grandezza di Roma e riconforta Enea mentre sta per affrontare nuove
prove. Alcuni elementi del racconto, quali il ramo d'oro, la porta dell'aldilà da cui Enea
ritorna, il viaggio stesso, assumono significati simbolici, difficilmente definibili, ma
confermano il destino eccezionale dell'eroe, scelto per questa straordinaria avventura

Lo stile di questo brano è caratterizzato dalla prevalenza per le strutture sintattiche


complesse, movimentate ed arricchite dal frequente utilizzo di enjambements e iperbati.

Enea, Anchise e Ascanio in una scultura del Bernini

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