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Le differenze tra Iliade e Odissea, i due grandi poemi epici della letteratura classica,

riguardano innanzitutto il proemio e il tema trattato: la prima opera narra della guerra

di Troia, la seconda delle vicende di Ulisse e del suo periglioso viaggio che, dopo la

fine della guerra, intraprenderà per far ritorno a casa. Attribuite al poeta greco Omero, e

costituite entrambe da ventiquattro libri scritti in esametri dattilici, la tradizione vuole

che sia l’Iliade che l’Odissea siano state composte intorno al IX secolo a.C. nella Ionia

d’Asia.

Nati sottoforma di racconti orali, i due poemi epici hanno attraversato un percorso che è

stato tradizionalmente suddiviso in tre fasi: quella orale, che coincide con il medioevo

ellenico, durante la quale cominciarono a circolare racconti epici e storie di eroi; la fase

aurale, quando i poemi, grazie ai cantori, cominciarono ad assumere una certa

organicità; e quella scritta, che coincide con l’inizio dell’età ellenistica, quando le opere

cominciarono ad ottenere una vera e propria forma scritta. Stando a questo tipo di

suddivisione, alcuni studiosi ritengono che l’Iliade sia stata composta intorno al 750

a.C. mentre l’Odissea intorno al 720, ipotesi suffragata dall’uso, documentato, che ne

fece il tiranno ateniese Pisistrato quando nel VI secolo a.C. decise di dare forma

scritta ai poemi omerici, tramandati, fino ad allora, solo in forma orale.

Ma, come dicevamo, la prima grande differenza riguarda le tematiche che i due

poemi classici trattano. I ventiquattro libri dell’Iliade, infatti, raccontano 51

giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia: il protagonista è Achille, il valoroso

guerriero acheo che incarna gli ideali del coraggio, dell’onore, dell’amore e della patria.

Attorno alla sua ira, causata dalla morte del cugino Patroclo per mano di Ettore, si snoda

tutta la vicenda, che vede schierati Achille, Agamennone, Menelao e Ulisse nella parte dei

greci assedianti; mentre Ettore, Priamo, Paride, Cassandra ed Ecuba, nella parte dei
troiani. In una guerra in cui compiere imprese gloriose significa innanzitutto

guadagnarsi l’immortalità, poichè le gesta dei grandi eroi vengono ricordate per semprE.

Nell’Odissea, al contrario, che racconta del lungo viaggio verso casa di Ulisse –

ostacolato dagli dei che sono in collera con lui – i temi cardine sono la nostalgia per la

patria e la valorizzazione dell’amore coniugale, ideali incarnati dal protagonista

(ideatore, tra l’altro, dello stratagemma del cavallo di Troia, narrato nel precedente

poema) che, rispetto ai personaggi dell’Iliade, sembra molto più simile ai mortali che

non agli dei: lo stesso, infatti, rifiuta di sposare Calipso – che lo avrebbe così reso

immortale – proprio per conservare la sua natura umana e poter far ritorno così

dall’adorata Penelope.

Rispetto all’Iliade, inoltre, in cui l’azione si svolge in uno spazio piuttosto ristretto,

Troia, nell’Odissea le vicende narrate hanno luogo in tutto il Mediterraneo, con un solo

protagonista principale: Ulisse. Insieme a lui tutta una serie di personaggi distinti

nettamente in positivi e negativi, con grande rilievo dato anche alle figure femminili:

c’è Circe, Calipso, le Sirene e naturlamente Penelope, che rappresenta l’alter

ego dell’uomo, in questo caso di Ulisse. Nell’Iliade, invece, la donna (rappresentata

da Elena) diventa sclusivamente oggetto di contesa.

Anche la presenza degli dei cambia da un poema all’altro:

nell’Odissea essi puniscono Ulisse poichè ha peccato di presunzione attribuendo a se

stesso il merito della vittoria dei Greci sui Troiani, nell’Iliade invece intervengono a

favore o a sfavore di tutti i protagonisti.

I due poemi principali della letteratura classica occidentale – che erano, tra l’altro, alla
base dell’insegnamento elementare già all’epoca di Pisistrato – si differenziano, infine,
anche per il proemio, in cui si denotano differenze stilistiche e non solo. Entrambi, infatti,
iniziano con una invocazione alla musa che vale la pena di riportare per intero,
iniziando dall’Iliade:
‘Cantami, o diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei‘
Mentre l’Odissea inizia così:

‘L’uomo ricco d’astuzie racconta, o Musa, che a lungo

errò dopo che ebbe distrutto la rocca santa di Troia‘

Fin dai primi versi i due poemi annunciano quella che potremmo definire la parola-

chiave dell’intera vicenda, quella cioè che sarà il filo conduttore di tutta l’opera: l’ira, di

Achille, su cui poggia la struttura narrativa dell’Iliade, e l’uomo, concetto basilare di tutto

il racconto di Ulisse. Nel primo caso, la scelta di rendere l’ira funesta – scatenata da

un sopruso che ha leso l’onore di Achille – argomento principale dell’opera, è stata, da

parte dell’autore, ben precisa, poichè contribuisce a rendere l’atmosfera narrativa più

drammatica, dando rilievo alla preminenza ‘bellica’ del valoroso eroe.

Nel proemio dell’Odissea, invece, è presente una novità sia dello stile che della

concezione omerica: al centro del poema, infatti, non vi è un dramma voluto dagli dei e

interpretato dagli uomini, ma un eroe che non è visto come un valoroso guerriero ma più

semplicemente come una creatura umana, intelligente e al contempo sofferente.

I due poemi omerici, dunque, pur conservando diverse analogie differiscono, come

abbiamo visto, per contenuto, sì, ma anche per stile. L’anonimo autore del Sublime,

ad esempio, considerò, in base allo stile diverso dei due poemi, l’Iliade l’opera di

un Omero giovane, l’Odissea quella di un Omero più vecchio. Tutto ciò analizzando i

personaggi principali, per cui Achille sarebbe l’espressione degli ideali della gioventù,

portati avanti con forza e fierezza, mentre Ulisse l’espressione dell’uomo più pacato,

più maturo. Ma non solo: l’Odissea, scritta alcuni decenni dopo rispetto all’Iliade, denota

una maggiore raffinatezza dell’arte poetica che, insieme ai valori presenti, rappresenta

l’espressione della maturità stilistica del poeta ma anche di una società, quella greca,

molto più evoluta.


'Iliade e l'Odissea si differenziano anche nello stile, tanto che alcuni hanno pensato che potessero
esser stati scritti da due autori diversi, altri invece che l'Iliade fosse stata scritta in gioventù da
Omero, mentre l'Odissea in tarda età.
Achille rappresenterebbe gli ideali giovanili del poeta, mentre l'Odissea quelli più pacati della
vecchiaia. L'Odissea, inoltre, scritta almeno alcuni decenni dopo l'Iliade, presenta uno stile più
maturo e raffinato. 

DIFFERENZE ILIADE E ODISSEA: IL PROEMIO


Infine, un'ultima sostanziale differenza riguarda il proemio. In entrambi vi è l'invocazione alla
Musa, ma la distanza tra le due tematiche trattate è evidente fin dai primi versi. Nell'Iliade la parola
chiave è l'ira di Achille, conferendo al racconto un tono drammatico e dando risalto alla natura
bellica dell'eroe. Scopri di più: Proemio Iliade: parafrasi e riassunto
Il proemio dell'Odissea invece presenta una novità: la tematica principale non è la guerra voluta
dagli dèi o l'ira di un eroe, ma al centro vi è un eroe visto sotto l'aspetto umano, intelligente ma allo
stesso tempo sofferente per il lungo peregrinare.  
Nati sottoforma di racconti orali, i due poemi epici hanno attraversato un percorso che è stato
tradizionalmente suddiviso in tre fasi: quella orale, che coincide con il medioevo ellenico, durante
la quale cominciarono a circolare racconti epici e storie di eroi; la fase aurale, quando i poemi,
grazie ai cantori, cominciarono ad assumere una certa organicità; e quella scritta, che coincide con
l’inizio dell’età ellenistica, quando le opere cominciarono ad ottenere una vera e propria forma
scritta. Stando a questo tipo di suddivisione, alcuni studiosi ritengono che l’Iliade sia stata
composta intorno al 750 a.C. mentre l’Odissea intorno al 720, ipotesi suffragata dall’uso,
documentato, che ne fece il tiranno ateniese Pisistrato quando nel VI secolo a.C. decise di dare
forma scritta ai poemi omerici, tramandati, fino ad allora, solo in forma orale.

Ma, come dicevamo, la prima grande differenza riguarda le tematiche che i due poemi classici
trattano. I ventiquattro libri dell’Iliade, infatti, raccontano 51 giorni dell’ultimo anno della guerra
di Troia: il protagonista è Achille, il valoroso guerriero acheo che incarna gli ideali del coraggio,
dell’onore, dell’amore e della patria. Attorno alla sua ira, causata dalla morte del cugino Patroclo
per mano di Ettore, si snoda tutta la vicenda, che vede schierati Achille, Agamennone, Menelao e
Ulisse nella parte dei greci assedianti; mentre Ettore, Priamo, Paride, Cassandra ed Ecuba, nella
parte dei troiani. In una guerra in cui compiere imprese gloriose significa innanzitutto guadagnarsi
l’immortalità, poichè le gesta dei grandi eroi vengono ricordate per sempre.
Nell’Odissea, al contrario, che racconta del lungo viaggio verso casa di Ulisse – ostacolato dagli
dei che sono in collera con lui – i temi cardine sono la nostalgia per la patria e la valorizzazione
dell’amore coniugale, ideali incarnati dal protagonista (ideatore, tra l’altro, dello stratagemma del
cavallo di Troia, narrato nel precedente poema) che, rispetto ai personaggi dell’Iliade, sembra molto
più simile ai mortali che non agli dei: lo stesso, infatti, rifiuta di sposare Calipso – che lo avrebbe
così reso immortale – proprio per conservare la sua natura umana e poter far ritorno così
dall’adorata Penelope.
Rispetto all’Iliade, inoltre, in cui l’azione si svolge in uno spazio piuttosto ristretto, Troia,
nell’Odissea le vicende narrate hanno luogo in tutto il Mediterraneo, con un solo protagonista
principale: Ulisse. Insieme a lui tutta una serie di personaggi distinti nettamente in positivi e
negativi, con grande rilievo dato anche alle figure femminili: c’è Circe, Calipso, le Sirene e
naturlamente Penelope, che rappresenta l’alter ego dell’uomo, in questo caso di Ulisse.
 Nell’Iliade, invece, la donna (rappresentata da Elena) diventa sclusivamente oggetto di contesa.
Anche la presenza degli dei cambia da un poema all’altro: nell’Odissea essi puniscono Ulisse
poichè ha peccato di presunzione attribuendo a se stesso il merito della vittoria dei Greci sui
Troiani, nell’Iliade invece intervengono a favore o a sfavore di tutti i protagonisti.

I due poemi principali della letteratura classica occidentale – che erano, tra l’altro, alla base
dell’insegnamento elementare già all’epoca di Pisistrato – si differenziano, infine, anche per il
proemio, in cui si denotano differenze stilistiche e non solo. Entrambi, infatti, iniziano con una
invocazione alla musa che vale la pena di riportare per intero, iniziando dall’Iliade:
‘Cantami, o diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei‘
Mentre l’Odissea inizia così:
‘L’uomo ricco d’astuzie racconta, o Musa, che a lungo
errò dopo che ebbe distrutto la rocca santa di Troia‘
Fin dai primi versi i due poemi annunciano quella che potremmo definire la parola-chiave
dell’intera vicenda, quella cioè che sarà il filo conduttore di tutta l’opera: l’ira, di Achille, su cui
poggia la struttura narrativa dell’Iliade, e l’uomo, concetto basilare di tutto il racconto di Ulisse.
Nel primo caso, la scelta di rendere l’ira funesta – scatenata da un sopruso che ha leso l’onore di
Achille – argomento principale dell’opera, è stata, da parte dell’autore, ben precisa, poichè
contribuisce a rendere l’atmosfera narrativa più drammatica, dando rilievo alla preminenza
‘bellica’ del valoroso eroe.
Nel proemio dell’Odissea, invece, è presente una novità sia dello stile che della concezione
omerica: al centro del poema, infatti, non vi è un dramma voluto dagli dei e interpretato dagli
uomini, ma un eroe che non è visto come un valoroso guerriero ma più semplicemente come una
creatura umana, intelligente e al contempo sofferente.
I due poemi omerici, dunque, pur conservando diverse analogie differiscono, come abbiamo visto,
per contenuto, sì, ma anche per stile. L’anonimo autore del Sublime, ad esempio, considerò, in
base allo stile diverso dei due poemi, l’Iliade l’opera di un Omero giovane, l’Odissea quella di un
Omero più vecchio. Tutto ciò analizzando i personaggi principali, per cui Achille sarebbe
l’espressione degli ideali della gioventù, portati avanti con forza e fierezza, mentre Ulisse
l’espressione dell’uomo più pacato, più maturo. Ma non solo: l’Odissea, scritta alcuni decenni
dopo rispetto all’Iliade, denota una maggiore raffinatezza dell’arte poetica che, insieme ai valori
presenti, rappresenta l’espressione della maturità stilistica del poeta ma anche di una società,
quella greca, molto più evoluta.
Confronto tra Achille e Odisseo
Achille
Achille è il protagonista dell’Iliade.
Nel proemio è descritta la sua ira nei confronti di Agamennone, capo della spedizione, che pretende
di ottenere per sé la schiava di Achille (Briseide) poiché egli deve restituire la propria (Criseide) al
padre Crise, sacerdote di Apollo, per placare gli dei. Per dispetto, quindi, Achille decide di non
combattere più.
Patroclo, suo grande amico, si ritira anch’egli dai combattimenti, ma vedendo l’esercito greco
soccombere sotto i Troiani, chiede di poter tornare sul campo di battaglia, dove combatte
coraggiosamente ma viene ucciso da Ettore.
Per vendicare Patroclo, Achille decide di tornare a combattere (con nuove armi donategli dalla
madre Teti), compiendo grandi stragi di nemici, fino a saziare la propria ira uccidendo Ettore.
Priamo, re di Troia e padre di Ettore, si reca presso i Greci per ottenere che Achille gli restituisca il
corpo del figlio; Achille acconsente mosso da pietà.

Figlio della ninfa Teti e di Peleo, re di Ftia, Achille non viene descritto fisicamente da Omero (si sa
solo che è biondo), ma gli vengono attribuiti epiteti che descrivono la sua origine divina (Achille
divino, pari agli dei) e alcuni suoi attributi (piede rapido, glorioso, veloce, perfetto, luminoso).
Nello “scontro tra Achille e Agamennone” (libro I, vv.101-246) sembra una persona ragionevole ma
troppo impulsiva, che si fa prendere facilmente dall’ira; ho potuto riconfermare quest’impressione
nella “morte di Ettore” (libro XXIII, vv.131-374) in cui, accecato dall’ira, dopo aver ucciso
moltissimi eroi troiani, si trova faccia a faccia con colui che ha ucciso il suo amico Patroclo e,
aiutato dalla dea Atena che tende un inganno a Ettore, lo uccide e poi ne dilania il corpo
attaccandolo a un carro cui fa fare numerosi giri intorno alle mura di Troia.
Non è però un personaggio totalmente negativo: quando Priamo si reca presso le navi degli Achei
con un immenso riscatto per avere il corpo del proprio figlio, Achille si commuove alle sue parole, e
pensando al proprio padre piange, ma non dà a vedere che restituisce il corpo di Ettore perché
mosso da compassione, piuttosto dice che è stata la madre Teti a convincerlo.

Odisseo

Odisseo è un personaggio meno rilevante rispetto ad Achille nell’Iliade. È uno dei componenti della
spedizione a Troia, uno dei tanti re che combattono al fianco di Agamennone e Menelao, che si
distingue per la saggezza e l’astuzia.
È figlio di Laerte e re di Itaca; sposato con Penelope, ha un figlio, Telemaco.

Priamo, nel vederlo tra i tanti combattenti, chiede a Elena (libro III, vv.191-223) chi sia quell’uomo
“più piccolo della testa di Agamennone Atride, ma più largo di spalle e di petto a vederlo” che si
aggira tra le schiere dei guerrieri come “un ariete dal vello folto, che s’aggira fra un gregge grande
di pecore bianche”.
Quando Elena gli dice che è Odisseo, Priamo ricorda di una volta che l’aveva incontrato: erano
venuti a Troia lui e Menelao in ambasciata per Elena. Stando in mezzo ai troiani, egli si distingueva
per la maestosità; ogni volta che si alzava, secondo Priamo sembrava un pazzo, perché non
muoveva lo scettro, restava immobile, ma quando parlava, con parole “simili a fiocchi di neve
d’inverno”, nessuno osava contraddirlo né tantomeno si curava del suo strano aspetto.
È una figura molto positiva, stimato da tutti per la saggezza e la forza.
Diomede (libro X, vv.240-247), dovendo scegliere un compagno, chiede l’appoggio di Odisseo,
così saggio e forte da potersi tirar fuori indenne dal fuoco ardente.
Accerchiato dai Teucri (libro XI vv.396-488), Odisseo ne fa strage per poi essere ferito (non
mortalmente grazie all’intervento di Atena) dal nobile Soco,che perisce sotto la sua lancia. Poiché
ferito, viene accerchiato nuovamente dai Troiani, ma Aiace Telamonio e Menelao vengono in suo
soccorso.
Un altro episodio di cui è protagonista Odisseo si ha durante i giochi organizzati per la morte di
Patroclo (libro XXIII, vv.700-784), nei quali egli dimostra il suo coraggio e le sua forza: durante la
lotta con Aiace Telamonio, tutti e due sono molto forti e la gara finisce in parità, poiché viene
interrotta da Achille; durante la gara di corsa, invece, è secondo a breve distanza dal primo, che non
riesce a superare, quindi invoca Atena la quale fa in modo che il compagno Aiace cada; questi si
accorge dell’ inganno perpetrato da Odisseo per ottenere la vittoria e lo denuncia in pubblico, ma
tutti ridono di lui perché ripongono grande stima in Odisseo.

Per enfatizzare la sua forza e la sua astuzia gli vengono attribuiti epiteti quali “forte con l’asta, caro
a Zeus, glorioso, cuore costante, divino, accorto, abilissimo, costante, ingegnoso”.

La differenza principale tra i due eroi sta nell’importanza attribuita da Omero nella narrazione:
Achille infatti è onnipresente, è sempre il più forte, il più glorioso di tutti, anche se talvolta,
accecato dall’ira, agisce secondo l’istinto e non secondo la ragione, mentre Odisseo è, come altri
eroi, in secondo piano rispetto ad Achille, ma riveste un ruolo importante, poiché stimato da tutti i
guerrieri achei, e, con la sua astuzia, riuscirà a far vincere i Greci dopo dieci anni di guerra (grazie
al Cavallo di Troia) e a tornare in patria sano e salvo nonostante l’avversione di alcuni dei (in
particolare Poseidone) che allungheranno il suo viaggio, facendolo durare dieci anni (come è
raccontato nell’Odissea).
L’Iliade e l’Odissea sono tra le opere letterarie più importanti nella
storia dell’Umanità. C’è sempre stato dibattito sul/sui loro autore/i
in quanto presentano grandi differenze, ma anche analogie. Le
opere sono leggendariamente attribuite alla figura di Omero. Se è
esistito Omero o meno è sotto discussione, ma è sicuro che sono
state scritte in differenza di decenni, prima l’Iliade e
successivamente l’Odissea. Segue un analisi di alcune differenze e
analogie.
Analogie:
Tra i due poemi vi sono numerose analogie. L’Iliade e l’Odissea
raccontano due vicende collegate: l’Iliade racconta 51 giorni
dell’ultimo anno della guerra di Troia, mentre l’Odissea racconta le
avventure di Odisseo, il re di Itaca che ha partecipato a tale guerra.
Entrambi i poemi sono divisi in 24 libri di esametri dattilici; questa
impostazione è stata data dagli studiosi di lettere alessandrini. I
due poemi omerici si pensa risalgano al IX-VIII secolo a.c. Circa. I
poemi nascono come racconti orali (come tutte le altre storie al
tempo) e vengono successivamente trascritti nei poemi che
conosciamo. Una prova di questa origine è data dalla presenza di
numerose formule ausiliari alla memorizzazione, ad esempio gruppi
di parole che si ripetono nel testo. Nel VI secolo i testi ebbero
ufficialmente una forma scritta, sotto commissione del tiranno di
Atene Pisistrato.
Differenze:
Le differenze sono molto numerose, segue la descrizione di quelle
più evidenti ed importanti.
• I protagonisti:
Il protagonista dell’Iliade Achille è estremamente diverso da quello
dell’Odissea Odisseo; dai due traspare inoltre parte del messaggio
dei rispettivi racconti. Achille (in greco Aχιλλεύς) è il classico eroe,
propenso alla guerra e alla distruzione dei nemici per riceve una
ricompensa ed onore; tra i sentimenti più rispecchiabili in Achille
abbiamo: rabbia, vendetta, rancore e sete di vittoria. Odisseo (in
greco Oδυσσεύς, in latino Odysseus da cui deriva Ulisse) al
contrario, non è minimamente interessato alla guerra o alla gloria,
Odisseo è conosciuto per essere curioso e intelligente, avente
nostalgia di casa, ma molto interessato alla scoperta e
all’esplorazione.
• Idee sociali
In entrambi i brani la società descritta è quella micenea, ma
nell’Odissea la società è leggermente più evoluta. I valori espressi
sono l’etica eroica e guarriera nell’Iliade e nell’Odissea l’umiltà di un
capo nei confronti dei compagni ma anche per questo il grande
onore del capo.
• Stile scrittorio
L’Iliade e l’Odissea si differenziano molto nello stile, tanto che molti
pensano che potrebbero essere stati scritti da due autori diversi,
altri invece pensano che l’Iliade fosse stata scritta in gioventù da
Omero, mentre l’Odissea in tarda età. Achille con la sua sete di
onore e guerra rappresenterebbe gli ideali giovanili del poeta,
mentre Odisseo con i suoi ideali pacati e saggi rappresenterebbe gli
ideali omerici nella vecchiaia. L’Odissea, inoltre, scritta
successivamente all’Iliade di almeno alcuni decenni, presenta uno
stile più maturo ed elegante.
• Proemio
In entrambi i proemi vi è l’invocazione della Musa, ma la differenza
tra i due temi trattati è evidente fin dai primi versi. Nell’Iliade la
parola chiave è l’ira di Achille, attribuendo al racconto un tono
drammatico e dando risalto alla natura guarriera dell’eroe. Nel
proemio dell’Odissea invece al centro vi è un eroe visto sotto
l’aspetto umano, intelligente ma allo stesso tempo sofferente per il
lungo viaggiare.
Donne nell'Iliade e nell'Odissea
Tema svolto di italiano su donne e dee nell'Iliade e
nell'Odissea: caratteristiche fisiche e morali e funzione che
svolgono nella narrazione.
Donne e dee nell'Iliade e nell'Odissea: considerane le
caratteristiche fisiche e morali e la funzione che svolgono nella
narrazione
Nell’antica Grecia la figura della donna doveva sempre rispettare un certo canone attribuitole dalla
società, tipicamente maschilista. Questo concetto è ripreso nei poemi omerici frequentemente, per
non dire sempre: deve essere sempre bella, leggiadra e curata. Infatti Omero, quando si appresta a
descrivere l’aspetto fisico delle donne, ne evidenzia soprattutto la bellezza e la grazia; inoltre,
qualche volta, ne paragona alcune alle dee, usando similitudini con cui ne eguagliano le gesta.
Oltre alla bellezza e all’aspetto, le donne greche erano anche caratterizzate dalla loro sovente
sottomissione all’uomo. Ed anche qui Omero ripropone quest’immagine di donna inferiore in
diversi modi, calcando soprattutto sul tema della fedeltà verso il marito e della fiducia. Esse
venivano viste con diffidenza dagli uomini, che le ritenevano non idonee a partecipare alla vita
pubblica: erano buone solo a pensare alle questioni domestiche.
L’unica figura femminile che viene trattata al pari degli uomini è Atena, dea della saggezza e delle
arti. Infatti, protettrice di Odisseo, è lei che lo guida e lo consiglia su come tornare a casa e
scacciare i Proci. Ed è lei che impedisce ad Achille, in un momento d’ira, di uccidere Agamennone.
Infatti Atena, oltre che della saggezza e delle arti, è anche la dea della tecnica militare, aspetto
molto importante per gli antichi Greci; questo la mette sullo stesso piano della figura maschile,
poiché lei stessa un giorno chiese a suo padre, Zeus, di non venir trattata come una donna, e gli
disse di non voler aver a che fare con l’altro sesso. Ma ciò riporta a quanto espresso prima: volendo
essere al pari con gli uomini, Atena ha perciò rinunciato ad essere effettivamente una donna.
Come già detto in precedenza, la donna doveva essere bella e aggraziata, per rispettare le regole di
quel tempo: Omero, nelle descrizione delle protagoniste dei suoi poemi, si concentra sul loro
aspetto esteriore e sui paragoni con le dee. Come per esempio Nausicaa, bella figlia del re Alcinoo,
viene paragonata da Odisseo ad Artemide, dea della caccia, nell’atto di cacciare un cervo. Per il
concetto di fedeltà, invece, ci si ritrova su due fronti opposti: da una parte Penelope, sposa di
Odisseo, l’incarnazione della perfetta donna fedele, che da tanto tempo aspetta il ritorno del marito,
senza mai dubitare di lui e del suo amore, e Andromaca, sposa di Ettore, che abbandona il suo ruolo
di donna di casa per correre incontro all’amato marito, preoccupata per la sua incolumità; dall’altra
parte si trova Clitemnestra, simbolo dell’adulterio, che tradisce Agamennone con il cugino Egisto,
progettando con quest’ultimo anche la sua morte. Purtroppo, per gli uomini, che esse facessero
parte di una o dell’altra categoria, la diffidenza, il sospetto e l’obbligo di sottomissione erano
comunque presenti. Ed anche la bellissima Elena, sorella di Clitemnestra, contribuisce al
rafforzamento dell’opinione maschilista di donna seduttrice e incantatrice, che, con la sua fuga
insieme a Paride, causa addirittura una guerra tra due popoli.
La storia di Penelope, inoltre, porta ad osservare più da vicino la condizione della donna: lei ama
talmente tanto il marito da aspettarlo per vent’anni, senza concedersi ad altri uomini nel rispetto e
nella devozione per Odisseo. Lui, invece, si dice abbia avuto addirittura un figlio con Circe. Ciò
dimostra quello che erano obbligate a sopportare: oltre a dover stare in casa, curarla e a non
intromettersi nella vita dell’uomo, erano costrette a rimanere inerti davanti al fatto che il proprio
coniuge potesse avere altre donne oltre a loro.
Eppure non sono solo le mortali ad assumere comportamenti indegni e mal visti dall’uomo; le dee
stesse incarnano perfettamente il concetto femminile pensato da Omero: Afrodite, dea della bellezza
e dell’amore, perfetta e bellissima, tradisce il marito Efesto ed è lei che “dà” Elena a Paride e che,
anche se indirettamente, è una delle cause della guerra di Troia; Era, dea del matrimonio e della
fedeltà coniugale, è presentata come una dea morbosamente gelosa e incline al litigio; detesta
Afrodite, poiché Paride ha consegnato a lei la mela d’oro. Moglie di Zeus, viene trattata con
deferenza dagli altri dei, ma è obbligata ad obbedire al marito; Eris, dea della discordia, semina
zizzania tra Atena, Afrodite ed Era, offesa per non essere stata invitata al matrimonio tra Teti e
Peleo. L’unica dea considerata al pari degli uomini è Atena, che però ha comunque rinunciato ad
essere una vera donna, per ottenere ciò.
Queste dee sono citate per un motivo preciso: sono loro le protagoniste dell’episodio della mela
d’oro. Questo episodio mette in luce i difetti della donna, soprattutto la superficialità. Omero ha
evidenziato la debolezza della figura femminile e come essa sia capace solo di fare ciò che le viene
detto; in caso contrario, al tempo, la donna veniva punita con pene corporali molto dure. E, come
ribadito i precedenza, questi difetti si ripresentano non solo nelle donne mortali, ma anche nella
perfezione delle dee greche.
In conclusione il concetto di figura femminile trattata nei due poemi omerici è abbastanza chiaro:
erano obbligate a sottostare ai desideri dell’uomo, escluse da qualsiasi questione politica o bellica e
costrette a sorbire i rapporti dei mariti con altre donne. Quindi, questo anche per quanto riguardava
le donne immortali, esse erano descritte come le vedevano in quell’epoca, cioè sempre un gradino
in basso all’uomo ed unicamente al suo servizio.

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