La globalizzazione, fenomeno recente, è un processo che unisce sempre di più le comunità
umane, favorita dalle telecomunicazioni, dai flussi migratori e dall'interscambio di informazioni, denaro e beni. Si possono individuare varie "dimensioni" in cui la globalizzazione si presenta: la globalizzazione economica, aspetto mediante il quale tutte le economie sono strettamente legate le une alle altre e quando una crolla , di conseguenza, tutte le altre sono in pericolo o possono addirittura crollare anch'esse(effetto domino). Si è poi creato un mercato finanziario mondiale, che favorisce la libera circolazione dei capitali. Secondo me il primo è un aspetto negativo, perchè nessuna economia può dirsi totalmente al sicuro, mentre il secondo è un progresso mondiale, perchè una volta questo non era possibile. Un altro aspetto della globalizzazione economia è poi la delocalizzazione, cioè lo spostamento di interi comparti in aree geografiche dove i costi di produzione sono inferiori. Questo è assolutamente negativo in quanto gli stati, dove erano prime localizzate le industrie si impoveriscono progressivamente e alla fine la situazione si invertirà,e i paesi in cui prima i costi erano inferiori si arricchiranno, mentre gli altri sono destinati ad impoverirsi. Un altradimensione della globalizzazione è quella tecnologica : si sono infatti sviluppate, nell ultimo decennio , delle reti globali che ci permettono di entrare in contatto con luoghi e persone da tutto il mondo. Questo, a mio parere, è uno degli aspetti più positivi, in quanto ciò ci facilita la vita, anche a noi ragazzi. Poi ci sono la globalizzazione culturale edemografica, cioè anche a causa dei flussi migratori, nessuna popolazione hapiù una vera e propria identità culturale, ma è l'insieme di molte etnie diverse. Si capisce poi che ci sono Paesi nel Mondo dove le condizioni di vita non sono del tutto favorevoli, ma gli Stati più ricchi dovrebbero aiutarli ad uscire da questa situazione, e non approfittarne per soddisfare i propri interessi .Così,se tutti i Paesi fossero allo stesso livello, ognuno resterebbe nella sua terra d'origine e ogni luogo riacquisterebbe la propria identità culturale, anche perchè non penso che gli stranieri siano molto contenti di lasciare il loro Paese per un altro, senza sapere quando e se ci potranno ritornare... Infine c'è la globalizzazione politica, che ha portato alla formazione di nuovi equilibri fra gli Stati, ma non per questo sono diminuiti i conflitti fra i diversi Paesi, anzi, sono aumentate le tensioni locali, le guerrecivili e gli scontri etnici. Questo da una parte è positivo, con la fine della Guerra Fredda e delle tensioni locali, ma dall'altro è negativo. Non possiamo però dire che la globalizzazione riguardi tutto il mondo, ma solo una parte, quella più ricca e avanzata, portando gravi disagi e disuguaglianze fra le due parti. Siamo più uniti se consideriamo invece che ora circolano più facilmente idee e informazioni e c'è più disponibilità di beni e prodotti; siamo maggiormente sensibili rispetto ai problemi e le situazioni lontane da noi e abbiamo un maggiore senso di responsabilità in quanto ci sentiamo di più "cittadini del Mondo". Possiamo quindi affermare che la globalizzazione è un insieme di aspetti positivi e negativi, e mentre da una parte ha provocato e aggravato le differenze tra il Mondo ricco e quello povero, ha portato importanti innovazioni che ci hanno reso la vita più facile. D'altronde, in verità, noi che apparteniamo al mondo ricco fatichiamo a immaginare la nostra vita senza i privilegi della globalizzazione, forse anche perchè gli aspetti negativi non ci colpiscono da vicino.Eli & Fily La globalizzazione Viviamo in un mondo in cui l'economia agisce a livello planetario. La chiamano globalizzazione. Se si tratti di un fenomeno nuovo e quali siano le sue precise caratteristiche, restano questioni aperte. Di fatto, le economie mondiali sembrano interconnesse, i mercati borsistici strettamente collegati, le aziende, non solo quelle multinazionali, ma anche le medie e le piccole aziende, sono in grado di dislocare la produzione fuori dai confini nazionali, laddove è più conveniente. Tutto il mondo, almeno i paesi occidentali, ma anche gran parte degli altri paesi sparsi nei cinque continenti, consuma gli stessi prodotti, vede gli stessi film, legge i medesimi romanzi, beve Coca-Cola e pasteggia da Mc-Donald's, sfoglia giornali assemblati tecnicamente e ideologicamente allo stesso modo, si connette alla Grande Rete mondiale, Internet. Tutto è strettamente collegato, per cui si può tranquillamente dire, parafrasando piuttosto approssimativamente Edward Lorenz, meteorologo, matematico nonché padre della teoria del caos, che un batter d'ali di una farfalla a New York è in grado di provocare conseguenze concrete e spesso imprevedibili in tutto il mondo. Sì, perché sono gli Stati Uniti la realtà guida, egemone, della globalizzazione. Il modello da imitare universalmente Gli stati nazionali sembrano ormai segnare il passo, realtà obsolete, ferrivecchi inidonei a garantire la libera e veloce circolazione di beni, servizi, idee, fautori di potenziali pericolosi sciovinismi, capaci di minare la pace, quella pace così necessaria all'intero ciclo economico, la pace così cara ai mercanti di ogni tempo. Persino i gloriosi stati europei, ricchi di una forte identità storica, hanno recentemente portato a termine un'unione che non è soltanto economica, bensì politica e amministrativa. Ma la globalizzazione, dunque, è un bene o un male? Rappresenta la promessa di maggiore libertà e benessere per i cittadini di tutto il mondo, o costituisce un pericolo, perché favorisce l'omogeneizzazione culturale, l'omologazione consumista, la fine delle particolarità culturali, dell'identità dei popoli e della ricchezza delle tradizioni locali? I critici della globalizzazione sostengono che si tratta di un concetto inventato dal potere economico, propagandato e venduto come un dentifricio, per contrabbandare un nuovo e più feroce colonialismo, il dominio incontrastato delle multinazionali, l'oppressione "scientifica" dei poveri del mondo e persino delle classi medie della società affluente. Movimenti, non sempre omogenei ideologicamente e culturalmente, sono balzati all'attenzione della cronaca per la violenta contestazione del nuovo ordine mondiale. Alcune città, fra cui Genova, sono state letteralmente messe a ferro e fuoco dalla furia devastatrice dei cosiddetti black-block. Alcuni intellettuali stanno mettendo in dubbio, nei loro libri, l'utilità e i benefici della globalizzazione. L'orribile attacco dell'11 settembre alle Twin Towers è stato letto come un tentativo di dare una spallata alla globalizzazione. Le informazioni di cui dispone il cittadino comune, il fantomatico "uomo della strada", per farsi un'idea attendibile del fenomeno sono caotiche e contraddittorie. E forse non può essere che così. La globalizzazione è ancora un fenomeno troppo nuovo, un'escrescenza dell'attualità, non un fatto storico decantato e ben analizzato, sul quale stilare giudizi e riflessioni attendibili e meditati. La globalizzazione la stiamo vivendo, ma non comprendendo appieno. L'idea che me ne sono fatta io, è che non è tutto oro quello che luce. Il divario fra ricchi e poveri si sta ampliando e questo non è bene. Ampi strati della popolazione, persino nel ricco Occidente, conducono una vita sempre più precaria, alla mercé della variabilità del mercato. In queste condizioni si impedisce però alle persone di sperare, di progettare il futuro, per sé e per i propri figli. L'insicurezza e l'incertezza totale, elevate a sistema di vita possono portare alla disgregazione individuale, familiare, sociale. Non si può pretendere da un individuo che cambi lavoro una decina di volte nell'arco della vita, come qualcuno fanaticamente va ipotizzando. La flessibilità delle persone non è illimitata. E' altresì vero che la pletora di beni e servizi, che ci vengono quotidianamente offerti a prezzi più convenienti è un beneficio e che la globalizzazione rappresenta probabilmente un processo irreversibile di modernizzazione, il compimento di un cammino culturale che ha visto sempre più filosofi e intellettuali pensare in modo "globale", "totale", "universale" (le grandi religioni, in primo luogo quella cristiana, l'illuminismo, il marxismo...). La globalizzazione potrebbe essere, dunque, una categoria insita nel modo di pensare occidentale. Si tratta di trovare correttivi, equilibri. L'economia deve rimanere un mezzo. Il fine è l'uomo. Bisogna evitare assolutamente che una nuova utopia progressiva si trasformi nell'ennesimo inferno sulla terra. Tema sulla globalizzazione, pro e contro: introduzione La globalizzazione è un argomento molto dibattuto che permea fortemente la nostra società anche in maniera inevitabile, non fosse altro proprio perché in essa la società vive e si sta sviluppando. Iniziata come una mera definizione economica, di collegamento di tutte le economie mondiali unificazione e loro definitivo collegamento, è passata poi da questo piano a toccare temi culturali, sociali, quindi a rappresentare una sorta di unificazione culturale che inevitabilmente avviene nel momento in cui più culture vengono poste maggiormente a contatto.
Testo argomentativo sulla globalizzazione: tesi, antitesi,
confronto In realtà, sull’argomento c’è un forte dibattito soprattutto in merito alla sua positività o meno, in quanto ci sono opinioni che la appoggiano, definendola il mezzo di emancipazione dalla arretratezza per numerose popolazioni, di ulteriore slancio alla conoscenza ed allo sviluppo economico-scientifico, di abbattimento di frontiere e distanze, di unificazione e pace dei popoli. Dall’altro lato, invece, gli oppositori che sostengono esattamente l’opposto: per loro la globalizzazione accentuerebbe il degrado ambientale e lo sfruttamento di territori vergini e di popolazioni del Terzo mondo, oltre che favorire la perdita delle identità culturali locali (omogeneizzazione della società) e della privacy personale, usando come mezzo quei tanto osannati social che fornirebbero un eccessivo quantitativo di dati personali ai potenti. Ma chi ha ragione? Bisognerebbe sviscerare l’argomento, partendo dal presupposto cardine che il cambiamento comporta sempre uno squilibrio delle precedenti posizioni, e la perdita di sicurezze ed equilibri è sempre stata percepita dall’uomo con paura, con ribrezzo. È inevitabile che la globalizzazione sia un radicale cambiamento degli equilibri, un cambiamento così netto e rapido da non essere facilmente leggibile. Come fare quindi, ci affidiamo a delle opinioni illustri per poi trarre le nostre conclusioni. Innanzitutto, andiamo ad analizzare come essa possa incidere o meno sulla povertà mondiale ed arretratezza nei paesi del terzo mondo: secondo alcuni studi, essa potrebbe in realtà non solo favorire l’arricchimento del terzo mondo, ma addirittura causare un crollo dei paesi ad oggi ricchi, ma come? La domanda qualitativa dei prodotti dei paesi più ricchi è nettamente maggiore, e le aziende che sfruttano territori poveri de localizzando le loro industrie impoveriscono il loro stesso territorio, andando a togliere lavoro alla propria nazione, non permettendo più all’economia di girare come in passato. Di contro, i paesi del terzo mondo, con costi di vita comunque inferiori, andrebbero a ottenere un’economia comunque migliore con i soldi di quello che rappresenterebbe ad ogni modo uno sfruttamento. Inoltre, proprio per i costi di gestione minori, le aziende emergenti nei paesi del terzo mondo potrebbero assicurarsi più facilmente in futuro fette di mercati oggi appannaggio delle industrie dei paesi più facoltosi. Invece, secondo uno studio effettuato da Pranab Bardhan dell’Università della California, la globalizzazione non ha reso nel complesso le nazioni più povere, ma non ha nemmeno avuto grande influenza nella riduzione della povertà. Avrebbero invece effetto decisamente maggiore alcuni miglioramenti delle politiche interne dei paesi, quali lo sviluppo della rete infrastrutturale, il perseguimento della stabilità politica, le riforme del sistema agrario e il miglioramento dell’assistenza sociale. Infine, secondo altre tesi, la globalizzazione altro non sta diventando che un mezzo dei paesi capitalisti per appropriarsi in maniera indebita dei mezzi e delle ricchezze “vergini” dei paesi emergenti, in modo tale da poter garantire la sopravvivenza della loro “monarchia economica” (così secondo Muhammad Yunus, teorico della finanza etica e fondatore della Grameen Bank), mentre secondo un rapporto di Amnesty International, il potere economico starebbe scivolando dalle mani degli stessi Stati per essere custodito dalle multinazionali, che spostano capitali sempre più ampi. Infine, citiamo Papa Benedetto XVI, che durante la messa dell’Epifania del gennaio 2008 affermò che “non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, tutt’altro” e aggiunge: “i conflitti per la supremazia economica e l’accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale”.
Testo argomentativo sulla globalizzazione: conclusione
Di sicuro, trarre una risposta semplice ed univoca da quanto detto non è semplice, tenendo bene a mente come il cambiamento comporti sempre uno squilibrio, e lo squilibrio comporti paura e quindi rifiuto. La globalizzazione ha infatti un’anima che può essere letta in maniera negativa, soprattutto per quanto concerne la parte economica: stressa in maniera notevole i paesi arretrati, permettendo un legale furto delle proprie ricchezze naturali soprattutto da parte delle multinazionali, ed è questo un fenomeno che andrebbe regolamentato e bloccato. Come ledere gli interessi delle multinazionali? Questo è il vero problema. Per quanto concerne la sfera culturale, la società come oggi la conosciamo altro non è che lo sviluppo e lo scontro/incontro nei tempi di varie culture passate, quindi dal punto di vista sociologico, sebbene in proporzioni più grandi perché riguarda tutto il mondo, sarebbe una cosa già accaduta plurime volte nella storia umana. Da questo punto di vista, dunque, lasciamo fare al normale corso degli eventi, così come anche dal punto di vista del progresso scientifico, stando bene attenti a non perdere le nostre radici e la nostra… umanità. Viaggi, scambi e traffichi commerciali sono attività antichissime. La curiosità innata dell’uomo e l’esigenza economica hanno spinto le popolazioni a spostarsi in luoghi sempre più lontani da casa, per stabilire rapporti economici con altri popoli; inizialmente scambiando merci contro altre merci, nella forma del baratto e poi comprando e vendendo per mezzo della moneta.
TEMA TERZA MEDIA SULLA GLOBALIZZAZIONE:
SVOLGIMENTO Pensate agli antichi Fenici, ai Cartaginesi, agli Etruschi, famosi navigatori, esploratori, commercianti e abili pirati del Mediterraneo o ancora agli antichi greci che commerciavano con le loro grandi Galere e avevano il dominio sul mare, spingendosi lontano fino alle coste dell’Asia, Africa, e Spagna. I greci intrattenevano, con molti e differenti paesi, un intenso commercio, da cui importavano o esportavano prodotti pregiati, spezie, tessuti, e altri beni non facilmente reperibili nel paese d’origine. Il continuo rapporto intrattenuto per scopi economici, portò nel lungo periodo, a un nuovo tipo di scambio: il costante contatto con diverse civiltà e tradizioni portò a un’influenza culturale reciproca, che condizionava diversi ambiti culturali, dalla religione all’arte. Oggi, grazie alle tecnologie e ai veloci mezzi di comunicazione, beni e persone possono spostarsi da un punto estremo all’altro del mondo. Il mercato economico è completamente globalizzato, un ragazzo italiano, di fronte ad un pc, grazie a Internet, può vedere un film o leggere una notizia in contemporanea con un ragazzo di New York. Può messaggiare e chattare. Le distanze si sono accorciate, ci sentiamo più vicini e il mondo sembra più piccolo. Beni e capitali viaggiano liberamente senza più barriere. Secondo alcuni studiosi, alla base dello sviluppo della globalizzazione vi sono: le clamorose innovazioni tecnologiche, l’apertura dei mercati con scelte di politica economica nel senso di libero scambio. Fattori decisivi: Integrazione finanziaria e del mercato dei capitali con Movimenti di merci e denaro fra stati. Commercio internazionale. Imposizioni poste ai vari stati in campo di politica economica da organismi sovranazionali. Nuovi sviluppi tecnologici nel settore delle comunicazioni, dell’informatica, delle reti ecc. Insieme questi fattori, cono riusciti nel giro di pochi decenni a stravolgere il volto dell’economia mondiale e arricchirla con nuovi e influenti fenomeni fra cui l’ omologazione culturale. Mode, abitudini, scelte culinarie, modelli televisivi e talkshow sono influenzate da pubblicità e dalla circolazione standardizzate di informazioni . Oggi, scienziati sociali e ricercatori vari, discutono sull’argomento, e due sembrano essere le fondamentali linnee di pensiero: uno contrastante e uno a favore la globalizzazione.Solitamente, chi è pre-globalizzazione ne percepiscono i soli lati positivi: trovano stimolante l’uso di internet e l’utilizzo dei cellulari e delle tecnologie in genere perché consentono di poter stabilire una comunicazione in tempo reale con tutto il mondo. C’è chi invece imputa al processo di globalizzazione degli aspetti negativi come, la perdita di tradizioni e il continuo depauperamento degli stati ancora inviano di sviluppo, ad esempio attraverso lo sfruttamento di mano d’opera e delle risorse naturali.
ESAME TERZA MEDIA, TEMA SULLA
GLOBALIZZAZIONE: CONCLUSIONE La globalizzazione dovrebbe rappresentare uno stato di benessere e miglioramento per tutti gli uomini, limitare le differenze perché in questa terra siamo tutti uguali, che sia nero, bianco, che parli una lingua differente, dal cingalese al filippino, e con tradizioni e culture diverse, tutti abbiamo la stessa dignità. Riprendendo una frase del Papa Wojtyla, possiamo affermare che: ”Le relazioni e gli scambi internazionali e intercontinentali non devono diventare terreno di un a tirannia dei forti sui deboli. Diritti della persona e dei popoli, pace e giustizia sono al centro del nuovo umanesimo”. Giovanni Paolo II. La Globalizzazione è un fenomeno reale e recente che riguarda la progressiva apertura dei mercati nazionali all'estero dando così origine ad un mercato globale che varca i confini nazionali e che condiziona pesantemente con il suo andamento le singole economie nazionali (vi siete mai chiesti perché se cadono le borse asiatiche anche a Milano ne risentono?). La parola deriva dalla fusione di due termini distinti integrazione ed economia globale. Essa denota quindi quel processo tramite il quale aumentano e si intensificano i rapporti di ciascuna nazione nei confronti di molte altre.
Globalizzazione: tema
TEMA SULLA GLOBALIZZAZIONE PRO E CONTRO
Quindi non significa come molti credono mondo senza confini, senza frontiere nazionali né mercato unico mondiale. Per molti secoli la competizione economica tra gli stati si è facilmente tramutata in conflitto militare. Nel secondo dopoguerra invece le tendenze all'avvicinamento dei mercati si sono accentuate al punto tale che a partire dagli anni 80 si è cominciato a parlare di globalizzazione. L'industrializzazione ha imposto l'apertura degli scambi e ha dato avvio alla mobilità territoriale di persone e tecnologie destinata a divenire sempre più intensa. Il contributo più grande è avvenuto con la rivoluzione informatica e soprattutto con la possibilità di integrare i sistemi informatici con quelli delle telecomunicazioni. Oggi è possibile inviare in ogni parte del mondo un numero infinito di informazioni, grazie alla rete telematica internet.
GLOBALIZZAZIONE: TEMA ARGOMENTATIVO
Questa possibilità di collegare in pochi secondi luoghi distanti migliaia di chilometri ha finito per condizionare anche sistemi di produzione e di commercializzazione in quanto viene eliminato il contatto diretto fra produttore e consumatore, permette alle imprese di avere sedi anche in paesi diversi pur non perdendo mai di vista il loro operato mantenendosi in collegamento con le loro varie filiali. La globalizzazione ha l'effetto più importante nella finanza mondiale è possibile infatti grazie alle reti telematiche spostare capitali, acquistare titoli o venderli o effettuare qualsiasi azione speculativa digitando pochi tasti.
TEMA SULLA GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA
La globalizzazione non ha effetti infatti solo nella commercializzazione ma anche nel campo del lavoro: per molte imprese occidentali il trasferimento di molti stabilimenti produttivi in regioni asiatiche è conveniente poiché si può sfruttare una forza lavoro meno costosa. La globalizzazione ha dato tanto e ha migliorato tanto ma ci ha portato ad essere tutti uguali. Al di là delle singole manifestazioni c'è da dire che questo fenomeno condiziona ogni contesto della vita quotidiana: una stessa bevanda viene consumata a New York come a Pechino, uno stesso zainetto viene utilizzato a Milano come Singapore; uno stesso paio di scarpe viene venduto a Sidney come a Bankok. La parola «globalizzazione» deriva da «globo», il mondo in cui viviamo, e indica la dipendenza reciproca che unisce oggi tutti i paesi del mondo, in campo economico, tecnologico e culturale. La globalizzazione comporta la tendenza ad uniformare in ogni parte del mondo i modi di vivere e a trovare ovunque ciò a cui siamo abituati (telefilm, cibo, edifici, marche, musica…). Quasi tutto ciò che si diffonde ovunque è fornito da imprese occidentali e tale occidentalizzazione suscita attrazione ma anche rifiuto. Nell’età della globalizzazione è aumentata nel mondo la disuguaglianza sociale, cioè la distanza fra ricchi e poveri.
Che cos’è la globalizzazione?
La parola globalizzazione viene dall’aggettivo "globale" e può essere riferita a tanti aspetti diversi della nostra vita. Si parla, ad esempio, di "globalizzazione dell’informazione" per fare riferimento al fatto che, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, le notizie possono viaggiare più velocemente che in passato e raggiungere qualsiasi parte del pianeta. Si parla di "globalizzazione culturale" quando si vuole evidenziare che alcuni stili di vita e alcune abitudini si diffondono rapidamente da un luogo all’altro della Terra, spesso a scapito delle tradizioni locali, che invece vanno scomparendo. Più spesso questa parola è usata in politica e in economia. Infatti lo sviluppo delle telecomunicazioni e l’intensificarsi degli scambi commerciali hanno, negli ultimi decenni, rivoluzionato l’economia mondiale, rendendola, appunto, globale. A regolare il commercio in tutto il mondo è un organismo chiamato Wto (World Trade Organization, Organizzazione mondiale per il commercio). Il Wto dovrebbe permettere che lo scambio di merci tra i paesi del mondo avvenga liberamente, ma in realtà finisce con il difendere gli interessi delle nazioni più ricche. In pratica, quindi, il fatto che gli equilibri economici siano stabiliti a livello globale, e non più locale, non ha finora diminuito gli squilibri e le differenze sul nostro pianeta. Anzi, per i paesi più sviluppati che si trovano nel Nord del mondo (America del Nord, Europa, Giappone), la globalizzazione ha significato un maggiore arricchimento. I Paesi in via di sviluppo del Sud del mondo (America latina, Africa, Asia), invece, stanno diventando sempre più poveri. La globalizzazione dell’economia, da un lato, sta facilitando gli scambi internazionali, producendo maggiore benessere. Dall’altro sta mettendo in luce i grandi squilibri del pianeta: per il 20% della popolazione mondiale, che dispone dell’80% delle ricchezze del pianeta, tutto sembra vicino, accessibile, acquistabile; per tutti gli altri le necessità, anche basilari, sono negate dalla povertà e dall’arretratezza. Arrivati a questo punto ci verrebbe voglia di metterci a gridare: "fermate questo mondo, voglio scendere!". E invece no! E invece da questo mondo non dobbiamo "scendere", perché il suo motore non si può fermare. Immaginate che vi regalino una Ferrari nuova fiammante: che fate, la rifiutate perché è troppo veloce e può travolgere i pedoni o imparate a guidarla? È quello che dobbiamo tentare di fare: conoscere i fenomeni legati alla globalizzazione è importante per capire come gestire la nuova realtà che ci circonda e metterci alla guida di questa macchina così potente, per non restarne travolti. Quando nacque nel 1981, con il termine globalizzazione si intendevano tutte le relazioni che si instauravano tra i popoli e le aziende più grandi e importanti. In seguito ha assunto un termine molto più generale e complesso ed è andato a coinvolgere anche i campi culturali, politici, tecnologici e sociali. Spiegandola con termini semplici, la globalizzazione è l’insieme delle relazioni che mettono in una comunicazione continua i vari Stati del mondo. In questo clima, un evento all’interno di uno Stato potrebbe andare a coinvolgere anche gli altri Paesi del mondo. E’ un termine difficile da considerare, perché molto probabilmente la sua origine è da ricercarsi addirittura nel medioevo, se non prima, perché il commercio esiste da secoli e ha apportato profondi cambiamenti all’inizio nei villaggi e in seguito in intere contrade. Lo scambio commerciale è l’esempio più immediato. L’importazione e l’esportazione provocano una dipendenza verso i Paesi esteri. Ma la globalizzazione si sente soprattutto nella cultura dei popoli, che vanno sempre più uniformandosi. L’influsso del mondo americano, per esempio, si è fatto sentire per anni arrivando a influenzare persino le tradizioni del (non più) lontano oriente. Ancora, feste tipiche di una cultura ristretta (come Halloween) si stanno diffondendo a macchia d’olio un po’ ovunque. La globalizzazione sta raggiungendo il suo apice grazie allo sviluppo dell’informatica e alla diffusione di internet, che mette immediatamente in comunicazione il mondo intero. Una notizia può fare il giro del pianeta in poche ore. Pensiamo, per esempio, all’effetto che può avere la notizia di una grande azienda in procinto di chiudere: se quotata in borsa, le sue azioni saranno vendute in massa. La globalizzazione è valorizzata quanto criticata. Il fatto di interagire tutti e in poco tempo, infatti, porta alla perdita di tradizioni che derivano da secoli di storia. Inoltre, un guaio finanziario in uno Stato va a ripercuotersi sul mondo intero: la crisi economica mondiale sfociata nel 2008-2009 ha radici ben radicate e ci dà un chiaro esempio di come l’intera storia occidentale e orientale ne sarà influenzata. I critici si scagliano poi sulle multinazionali, associazioni che sfruttano proprio l’effetto della globalizzazione per arricchirsi a danno dei Paesi meno sviluppati. Resta un dato di fatto che, a livello di comunicazione, la globalizzazione ci offre strumenti sempre più sofisticati e permette di raggiungere angoli prima impensabili del pianeta.