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L'evoluzione ideologica: Manzoni compose opere allineate con il gusto classicistico allora dominante,

scritte nel linguaggio aulico e con rimandi alla mitologia.


Scrisse il Trionfo della libertà dove si scaglia contro la tirannide politica e religiosa. Seguirono l'Adda e
quattro Sermoni in cui polemizza contro gli aspetti del costume contemporaneo,
pubblico il Carme in morte di Carlo Imbonati in cui Manzoni immagina che Imbonati, che lo considerava
come un padre, gli appaia in sogno per affidargli nobili lezioni di vita e di poesia e dove viene esaltato
l'ideale del giusto solitario» dinanzi al caos della storia contemporanea e si rifugia dedicandosi al culto delle
lettere.
Nel 1809 compose ancora un poemetto, Urania, che tratta il valore della bellezza e delle arti . A
Parterneide è invece una risposta al poeta danese Baggesen, con cui Manzoni si scusa di non poter
tradurre il suo idillio Parthenais a causa di alcune situazioni impreviste.
Appena pubblicate queste ultime opere, Manzoni manifestò subito il suo scontento e che non comporrà
mai testi del genere a causa della loro mancanza assoluta d'interesse. Si ha quindi un distacco dal gusto e
dalla cultura classicistici e per tre anni non scrisse nulla. Quando riprese a comporre iniziò a sperimentare
un genere di poesia radicalmente diverso.
l'adesione al Romanticismo: La conversione fu per Manzoni un'esperienza totalizzante. Ne sono una prova
le Osservazioni sulla morale cattolica scritte per controbattere le tesi secondo il quale la morale cattolica
era stata la radi ce della corruzione del costume italiano. Dalle argomentazioni di Manzoni traspare una
fiducia assoluta nella religione come fonte di tutto ciò che è buono e vero. Questi orientamenti di manzoni
lo si possono capire nella concezione della storia in cui Manzoni assume un atteggiamento anticlassico,
sostenendo che i Romani furono un popolo violento, feroce e oppressore. Se si intende rintracciare i
fondamenti della civiltà moderna, è necessario dunque cercarli non nell'antichità romana, ma piuttosto nel
Medioevo cristiano. Questo rifiuto della visione classica implica anche il rifiuto della concezione eroica ed
aristocratica che celebra solo i grandi, i potenti, i vincitori, e la nascita di un nuovo interesse per i vinti, gli
umili.
La nuova ottica cristiana influenza anche la concezione manzoniana della letteratura e per lui diviene
centrale il problema dell’ incapacità dell'uomo di astenersi dal peccato. Si forma in lui una visione tragica
del reale che non tollera più la serenità classica. Nasce il bisogno di una letteratura che guardi al vero»
della condizione storica dell'uomo . Ne deriva il rifiuto del formalismo retorico e il bisogno di un'arte che
abbia come fine l'«utile», nel campo morale come in quello civile.
Questi principi vengono sintetizzati da Manzoni in una celebre lettera a Cesare d'Azeglio attraverso la
seguente formula: «l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo».
La lirica patriottica e civile
lo scrittore compose due odi :
-Marzo 1821, che celebra i moti rivoluzionari di quell'anno ed introduce l’intervento dell'esercito
piemontese per sostenere gli insorti lombardi,
-il 5 maggio che è dedicato alla morte di Napoleone Bonaparte
la lirica manzoniana ha un’intonazione patriottica e civile presenta elementi di forte innovazione, poiché
rifiuta le immagini mitologiche, i riferimenti storici antichi, presentando i fatti contemporanei attraverso
l'ottica religiosa. In Marzo 1821 Dio stesso soccorre i popoli che lottano per la loro indipendenza, perché
opprimere un altro popolo è contrario alle sue leggi; nel Cinque maggio la carriera militare e politica di
Napoleone viene ripercorsa per riflettere sulla vanità delle imprese terrene di fronte alla prospettiva
dell'eterno.
Rientrano nell'ambito della poesia lirica di argomento civile anche i cori inseriti nelle due tragedie (Il Con te
di Carmagnola e Adelchi), nei quali Manzoni mostra di analizzare il passato con un autentico senso della
storia, nel tentativo di ricostruire la fisionomia di epoche lontane, ma anche di comprendere meglio il
presente, il coro contiene infatti un ammonimento agli italiani affinché non facciano affidamento su forze
straniere per la loro liberazione nazionale.
La novità della tragedia manzoniana:
-Il primo elemento di novità è la scelta della tragedia storica differenti da quelli classici poiché isolavano
l'azione fuori della storia, da ogni legame con un tempo e uno spazio. Con manzoni, al contrario, i conflitti
dei personaggi sono collocati in un determinato contesto storico. Ritornando al suo culto del vero, Manzoni
ritiene che non ci sia bisogno di inventare fatti, per creare la poesia basta infatti ricostruire un fatto storico
nella dinamica interna delle sue cause e dei suoi svolgimenti.
-Il secondo elemento di novità, consiste nel rifiuto delle unità aristoteliche in cui i fatti. rappresentati dalla
tragedia si dovevano svolgere nell'arco di una giornata (unità di tempo), senza mutamenti di scena (unità di
luogo) ed evitando che si intrecciassero fra loro più azioni diverse (unità di azione). Manzoni riteneva però
che, dovendo chiudere la vicenda in tempi troppo brevi il poeta fosse costretto a esagerare le passioni, per
far sì che i personaggi giungessero in ventiquattr'ore alla fine di tutto. Da questa forzatura artificiosa dei
caratteri e delle passioni, nasce il «falso» della tragedia classicistica, ciò che Manzoni chiama il romanzesco.
Solo la libertà da regole artificiose per Manzoni consente di riprodurre il vero, di costruire caratteri
autentici, individuali, nella gamma infinita delle loro sfumature.
La falsità della tragedia, ritiene Manzoni, ha anche effetti negativi sul piano morale. poiché gli uomini
finiscono per applicare nella vita reale i principi e i sentimenti falsi visti sulla scena. Solo un teatro che si
ispiri al vero può per lui avere influssi positivi sul pubblico.
-Il terzo elemento di novità è infine costituito dall'introduzione del coro. nella tragedia greca era una sorta
di spettatore ideale, che filtrava e idealizzava liricamente le passioni provate dal pubblico reale. Il coro
manzoniano, invece, vuole costituire un «cantuccio» dove l'autore possa parlare in persona propria», un
momento lirico in cui lo scrittore possa esprimere la propria visione. Per Manzoni, cioè, la tragedia non
deve essere una descrizione di pensieri e stati d'animo soggettivi, ma una rappresentazione di caratteri e
conflitti, in nome sempre del «vero».
Il Conte di Carmagnola
questa tragedia si incentra sulla figura di un capitano, Francesco Bussone che ottiene molte vittorie, ma
sospettato di tradimento dai Veneziani per la sua clemenza verso i prigionieri, viene attirato a Venezia con
un falso pretesto, incarcerato e condannato a morte. Manzoni era convinto dell'innocenza del Conte. La
tragedia si regge sul conflitto tra l'uomo generoso e puro, e la ragion di Stato. Affronta dunque la storia
umana come trionfo del male
L’Adelchi: Lo stesso tipo di conflitto è al centro anche della seconda tragedia, Adelchi, che mette in scena il
crollo del regno longobardo. Ermengarda, figlia di Desiderio, re dei longobardi, viene ripudiata dal marito
Carlo Magno a causa di ragioni di stato. Desiderio decide allora di vendicarsi e vorrebbe far incoronare dal
Papa i figli di Carlomanno, fratello di Carlo Magno, che hanno trovato rifugio presso di lui alla morte del
padre.
Carlo Magno, a capo dei Franchi, non ci sta e manda un ultimatum a Desiderio il quale, ovviamente, rifiuta
e dichiara guerra. L’esercito di Carlo Magno riesce ad avanzare velocemente fino a Pavia, grazie anche al
fatto che i duchi longobardi hanno tradito il loro re. Intanto Ermengarda, ritiratasi nel monastero di San
Salvatore a Brescia, viene a sapere che Carlo Magno si è risposato e distrutta dal dolore, muore.
Intanto grazie ai traditori Carlo Magno riesce finalmente a conquistare Pavia e a far prigioniero re
Desiderio. In tutta questa vicenda assistiamo agli inutili tentativi di Adelchi, figlio di Desiderio e fratello di
Ermengarda, di scongiurare la guerra contro i Franchi. Non essendo riuscito nella sua impresa, finirà per
dover combattere fino alla sua morte. Infatti viene portato ormai in fin di vita davanti a Carlo Magno e a
Desiderio: qui chiede pietà per il padre e cerca di consolarlo per il trono perduto. E gli spiegherà con il suo
ultimo fiato che non avendo ormai più nessun potere, non sarà più costretto a subire o fare dei torti.
Si fa qui più evidente la contrapposizione tra i personaggi "politici", Desiderio e Carlo, animati solo
dall'interesse della ragion di Stato e dalla passione di dominio, e i personaggi ideali, Adelchi ed
Ermengarda, che, nella loro purezza, sono inadatti a vivere nel mondo e sono destinati alla sconfitta, a
trovare solo in un'altra vita la soluzione dei loro tormenti.

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