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Vita
Alessandro Manzoni nasce nel 1785 da Pietro e Giulia Beccaria, una donna moderna, figlia dell’illuminista lombardo
Cesare Beccaria. Proprio per le ideologie diverse, i genitori di Manzoni si separano e la madre si trasferisce a Parigi.
Manzoni riceve una tradizionale educazione classica, ma vi è una avversione per i metodi pedagogici e per il
formalismo religioso. Nel 1805 raggiunge la madre a Parigi dove entra in contatto con gli ideologi eredi del patrimonio
illuministico e con degli ecclesiastici di orientamento giansenista che lo portano ad una conversione religiosa; sempre
a Parigi scrive un'opera in memoria a Carlo imbonati, compagno della madre. Nel 1808 si sposa con Enrichetta Blondel,
la quale lo aiuta a convertirsi dopo un evento del 1810. Sempre in quell'anno Manzoni torna a Milano e si dedica alla
stesura degli Inni Sacri appartenenti al Romanticismo. Manzoni intraprende una vita dedicata allo studio, scritture,
pratiche religiose e famiglia. Il periodo creativo dello scrittore termina nel 1827 con i Promessi Sposi e nel 1840 pubblica
la redazione definitiva del romanzo con intenti linguistici, infatti, Manzoni viene definito come fondatore e continuatore
della lingua italiana insieme a Dante poiché da una lingua all'Italia unita. Nel 1840, dunque, diviene una figura pubblica
nonostante il suo atteggiamento riservato. Durante Le 5 giornate di Milano del 1848, Manzoni dà alle stampe Marzo
1821 (ode patriottica), pubblicata quell'anno poiché si ebbe una maturazione nella società. Nel 1860, Manzoni, viene
nominato senatore del Regno di Sardegna, in seguito divenuto Regno d'Italia. Nonostante fosse cattolico era contrario
al potere temporale della Chiesa ed era favorevole a rendere Roma Capitale. Manzoni muore a Milano nel 1873 a 88 anni.
Dopo la conversione
La conversione al cattolicesimo cambiò drasticamente la personalità di Manzoni, ne sono prova Le
osservazioni sulla morale cattolica del 1819 dove afferma che la morale cattolica è stata la radice della
corruzione del costume italiano; qui traspare una fiducia assoluta nella religione come fonte di tutto ciò
che è buono e vero e come punto di riferimento per ogni tipo di scelta. Ne deriva anche un cambiamento
nella concezione della storia, infatti Manzoni inizia ad avere un atteggiamento risolutamente anticlassico
sostenendo che i romani furono un popolo violento e oppressore. Nasce in lui un nuovo interesse per il
medioevo cristiano e un rifiuto della concezione eroica che celebra solo i vincitori, ignorando i vinti.
Vi è un cambiamento anche nella concezione della letteratura, si forma in Manzoni una visione tragica del
reale e il bisogno di una nuova letteratura che guardi al vero della condizione storica dell'uomo. Ne deriva
il rifiuto del formalismo retorico e il bisogno di un'arte che affronti contenuti vivi nella coscienza e sia utile
nel campo morale e civile. Manzoni realizza nel modo più compiuto le esigenze di rinnovamento letterario
ed elabora una nuova concezione della letteratura. Tutta la produzione manzoniana si presenta con un
aspetto fortemente innovatore.
Le tragedie
Le tragedie di Manzoni sono diverse dalla tradizione, la novità si manifesta nella scelta della tragedia
storica e nel rifiuto delle unità aristoteliche. Infatti, Manzoni vuole collocare i conflitti dei suoi personaggi
in un determinato contesto storico, costruito con fedeltà; non vuole inventare dei fatti per adattarvi i
sentimenti e vuole esprimere ciò che gli uomini hanno sentito mediante ciò che hanno fatto. Per le sue
tragedie si ispira ai drammi storici di Shakespeare. Secondo Manzoni la falsità nelle tragedie è una cosa
negativa poiché gli uomini agiranno di conseguenza e applicheranno sentimenti falsi; secondo l'autore
solo il vero ha influssi positivi sul pubblico.
Il Conte di Carmagnola
Il Conte di Carmagnola è una tragedia scritta tra il 1816 e il 1820 e riguarda la storia delle divisioni
italiane. Come protagonista vi è Francesco Bussone, capitano di Ventura del 400, al servizio del Duca
di Milano di cui poi ne sposa la figlia. ln seguito è al servizio di Venezia dove assicura la vittoria su
Milano nella battaglia di Maclodio. Sospettato di tradimento dai veneziani viene attirato a Venezia con
un falso pretesto dove viene incarcerato e condannato a morte. In questa tragedia abbiamo il conflitto
tra l'uomo elevato, generoso e puro e la ragione di Stato; come tema centrale abbiamo la storia umana
come trionfo del male.
L’Adelchi
L’Adelchi è la seconda tragedia e mette in scena il crollo del Regno longobardo, qui si può vedere
l'interesse verso il popolo latino oppresso dai Longobardi e dai franchi. Le ricerche storiche di Manzoni
compongono un vero e proprio saggio storico: “Il discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in
Italia”. La tragedia narra la storia di Ermengarda, figlia di Desiderio, re dei Longobardi, la quale viene
ripudiata dal marito Carlo Magno. Desiderio decide allora di vendicarsi e vorrebbe far incoronare dal
Papa i figli di Carlo Magno. Quest'ultimo, dei franchi, non ci sta e manda un ultimatum a Desiderio, il
quale rifiuta e dichiara guerra. Intanto Ermengarda, ritiratasi nel convento di Brescia, viene a sapere che
Carlo Magno si è risposato e distrutta dal dolore, muore. Grazie ai traditori Carlo Magno riesce
finalmente a conquistare Pavia e a far prigioniero re Desiderio. In tutta la vicenda Adelchi tenta varie
volte di opporsi ai franchi invano e infine è portato in scena ferito e morente e chiede ai franchi di essere
pietosi verso il vecchio padre, per poi morire cristianamente.
La tragedia è concentrata su quattro personaggi: Desiderio e Carlo Magno, animati dall'interesse della
ragion di Stato e dalla passione di dominio, e Adelchi ed Ermengarda, personaggi ideali che a causa
della loro purezza sono inadatti per vivere nel mondo corrotto dal male.
I cori
Manzoni introduce il coro nelle sue tragedie, diverso da quelle greche, dove il coro era una
personificazione dello spettatore ideale; infatti, il coro manzoniano, illustra un momento lirico in cui lo
scrittore possa esprimere la propria visione. Per Manzoni la tragedia non deve essere effusione
soggettiva, ma la rappresentazione del vero.
I PROMESSI SPOSI
Il romanzo permette allo scrittore di esprimersi con piena libertà e Manzoni sceglie di rappresentare una realtà umile,
ignorata dalla letteratura classica. Questa rappresentazione seria della realtà quotidiana è il tratto che meglio
caratterizza il moderno realismo europeo. Infatti, il personaggio è rappresentato in rapporto organico con un dato
ambiente è un dato momento ed è un individuo dalla personalità unica, complesso e dinamico. Tutti questi elementi
fanno di Manzoni l'iniziatore della moderna tradizione del romanzo realistico.
Il romanzo storico
Con I Promessi Sposi, Manzoni, ricostruisce tutti gli aspetti della società dell’epoca: il costume, la mentalità, le
condizioni di vita e i rapporti sociali ed economici. Secondo il modello scottiano i personaggi sono inventati di cui la
storia non si occupa, così facendo la storia viene narrata per come si riflette sulla gente comune. Tuttavia, Manzoni
trova che Scott tratti con troppa disinvoltura la storia; lo scrupolo del vero di Manzoni rende difficile credere che i
personaggi siano inventati.
❖Don Rodrigo ❖Cardinal Federigo ❖Folla ribelle e ❖Lucia ❖Don Abbondio ❖fra Cristoforo
❖Gertrude violenta di Milano ❖Renzo (passaggio ❖Azzeccagarbugli
da negativo a
positivo)
Liberalismo e cristianesimo
Questo ideale di società si nutre dei principi della nascente borghesia liberale che, con la componente laica, si fonde
con la componente religiosa. Il modello di società giusta è proposto dal Vangelo stesso e, secondo Manzoni, si
potrebbe realizzare persuadendo le classi contrapposte a seguire i principi sociali del Vangelo. La visione religiosa
porta Manzoni ad avere una concezione pessimistica della storia umana scaturita dal peccato originale; Manzoni
sostiene sia un dovere dell’uomo agire per contrastare il male nella storia. La società a cui ambisce Manzoni dovrà
ispirarsi sia al liberalismo borghese sia ai principi religiosi del cattolicesimo.
Renzo ha le caratteristiche del popolo contadino, però in lui c'è una componente ribelle, la convinzione che l'oppresso
possa farsi giustizia da solo e ciò potrebbe portarlo a commettere atti di violenza, i quali lo allontanerebbero dalla
benevolenza divina. Dunque, il suo percorso di formazione consiste nel rassegnarsi totalmente alla volontà di Dio. Ciò
si attua attraverso le esperienze della sommossa e della peste, qui Renzo comprende la vanità delle pretese umane di
reintegrare la giustizia con l'azione.
Lucia, invece, ha già in lei un rifiuto della violenza e appare perciò come un personaggio statico; appare come
prigioniera di una visione ingenuamente idillica della vita e le manca la consapevolezza del male che è necessaria a
capire la vera natura della realtà umana e il senso religioso della presenza del negativo nel mondo. Lucia dunque,
comprende che le sventure si abbattono anche su chi è senza colpa.
L’ironia
Nel romanzo domina una tonalità conversevole, pervasa di sottile ironia, Quest'ultima è uno degli aspetti del romanzo
più felice e accattivante ma allo stesso tempo difficile da definire. Possiamo trovare:
❖ l'autoironia: il narratore guarda con distacco se stesso e la propria operazione di scrittura. Ad esempio,
nell'introduzione Manzoni mette in dubbio l'utilità della propria opera e la sua popolarità, ciò evidenzia la sottile
presa di distanza dello scrittore dalla letteratura che seppur mira al vero, rischia di essere inutile e oziosa.
❖ Ironia verso il pubblico: l'ironia rivolta ai lettori. Nelle pagine conclusive del romanzo il narratore non racconta la
vita tranquilla poiché potrebbe seccare a morte il lettore, poiché in teoria il pubblico si aspetta la narrazione di
eventi straordinari.
❖ ironia verso i personaggi: L'ironia verso i personaggi del romanzo segna la distanza del colto narratore dalla gente
umile e sprovveduta, tuttavia è un'ironia affettuosa, quasi a dire paterna. Questa ironia colpisce pure Renzo per
sottolineare i suoi errori e ingenuità, è affidata a commenti espliciti della voce narrante soprattutto quando il
personaggio sbaglia. A volte, invece, il narratore tace e l'ironia scaturisce oggettivamente dal contrasto tra le parole
di Renzo e la realtà degli eventi. Tuttavia, non sempre è un'ironia buona come quella verso don Abbondio, a causa
del suo egoismo. Verso le classi elevate, invece, si scaturisce un sarcasmo impietoso nato soprattutto dall'uso del
doppio linguaggio.
Fermo e Lucia: un altro romanzo
Del romanzo abbiamo tre redazioni:
1. La prima redazione inedita, scritta tra il 1821 e 1823, intitolata Gli Sposi Promessi, in seguito Fermo e
Lucia.
2. Quella del 1827 intitolata I Promessi Sposi
3. Quella che conosciamo oggi, pubblicata tra il 1840 1842.
Tra le ultime due vi sono differenze principalmente linguistiche, mentre tra la terza e l'ultima vi sono differenze
profonde:
❖ Differenze nella distribuzione delle sequenze narrative: in Fermo e Lucia vi sono prima le peripezie di
Lucia e in seguito quelle di fermo.
❖ Fisionomia dei personaggi completamente diversa: come il Conte del Sagrato, in seguito detto
“l'Innominato", viene inizialmente disegnato come un tipico tiranno violento e avido e non di grande
statura spirituale come nell'ultima versione del romanzo. Anche Lucia è diversa, nella prima versione è
più realistica.
❖ Interi episodi impostati in modo diverso: nel Fermo vengono approfonditi dal punto di vista
psicologico alcuni personaggi che nei promessi sposi saranno passati sotto silenzio, ad esempio la
storia della monaca di Monza.
Dunque, nel fermo Manzoni ricorre di più al documento storico e realistico e ci sono più posizioni critiche e
polemiche più aspre e secche, invece nei promessi sposi ciò viene coperto sotto il velo dell'ironia. dunque, nel
fermo la contrapposizione tra bene e male, ideale e reale è più chiara.
Manzoni in seguito espone le sue tesi con opere teoriche, come la lettera “Sulla lingua italiana” dedicata a
Giacinto Carena, il “Saggio di vocabolario italiano secondo l'uso di Firenze” e il trattato “Della lingua italiana”.
Manzoni nel 1868 presentò la sua relazione proponendo di diffondere la lingua Fiorentina con un
vocabolario e con l'impiego di maestri fiorentini nelle scuole elementari, la proposta fu approvata dallo
stato, tuttavia la lingua che oggi parliamo si formò mediante processi più lunghi e assunse una forma
diversa da fiorentino.