Sei sulla pagina 1di 83

Dott.

Simone Pettine
Alessandro Letteratura italiana

Manzoni Laurea triennale in


Lettere moderne
Manzoni è l’interprete delle più profonde
istanze dell’Illuminismo (princìpi egualitari,
concezioni educativa della letteratura, rifiuto
del formalismo retorico).

Tuttavia le combina con le nuove sollecitazioni


provenienti dal Romanticismo (storicismo,
patriottismo, ispirazione religiosa).
«Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si
possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio,
di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser
questo: che la poesia, e la letteratura in genere, debba proporsi l’utile per iscopo, il
vero per soggetto, e l’interessante per mezzo».

Manzoni, Lettera al marchese Cesare d’Azeglio (1823)


I.
La vita
La vita (1)

Nasce nel 1785 a Milano.

Sua madre è Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria (Dei


delitti e delle pene), uno dei più illustri rappresentanti
dell’Illuminismo lombardo.
Riceve una tradizionale educazione classica, presso un
collegio di padri somaschi e barnabiti. Matura ben presto
un’avversione per il formalismo religioso di questi ambienti.
A sedici anni si inserisce nell’ambiente culturale milanese,
dove frequenta Monti, Foscolo e poeti già famosi.
Si dedica alla vita gaudente, alle avventure galanti, ma anche
al lavoro intellettuale (gusto classicistico).
La vita (2)

1805: raggiunge la madre a Parigi, dopo la morte di Carlo


Imbonati (con cui lei ha vissuto dopo la separazione del
marito).

A Parigi entra in contatto con gli “ideologi”, intellettuali


eredi del patrimonio illuministico (Cabanis, De Tracy,
Fauriel). Il loro rigore morale è fondamentale sulla
formazione dell’autore.

Conversione religiosa e ritorno alla fede cattolica (1805-


1810): determinanti la moglie Enrichetta Blondel (si
converte dal calvinismo al cattolicesimo) e il contatto con gli
ecclesiastici giansenisti, vicini agli ideologi.

Nel 1810 è di nuovo a Milano.


La vita (3)

Inni sacri (1812 – 1815): dopo la conversione Manzoni


abbandona la poesia classicheggiante e guarda a nuove opere
di orientamento romantico (interessi storici e religiosi)

Vive da possidente, appartato: segue gli sviluppi del


movimento romantico milanese, ma non partecipa alle
polemiche coi classicisti

1820 – 1821. Anni di intenso fervore creativo: la Pentecoste,


tragedie, la prima stesura dei Promessi sposi, Osservazioni sulla
morale cattolica, Discorso sopra alcuni punti della storia
longobardica in Italia
La vita (4)

I promessi sposi (1827): con la pubblicazione del romanzo


termina il periodo creativo.

Rifiuto della poesia (una “falsità” rispetto al «vero» storico


e morale); rifiuto della formula del romanzo storico;
distacco generale dalla letteratura.

Approfondimento degli interessi storici, filosofici,


linguistici.

1848: segue le cinque giornate di Milano e dà alle stampe


Marzo 1821, poesia tenuta per anni nascosta.

Muore a Milano nel 1873, all’età di 88 anni.


II.
La conversione
Prima della conversione
(opere classicistiche)
Le opere classicistiche vengono composte da
Manzoni tra il 1801 e il 1810, cioè tra i sedici e i
venticinque anni:

• perfettamente allineate con il gusto classicistico


dominante

• linguaggio aulico

• ornamentazione retorica evidente

• rimandi mitologici e dotti

• modelli: Monti, Foscolo


• Trionfo della libertà (1801): visione allegorica in
terzine; il modello è Monti

Anche la materia risente del clima del tempo: spiriti


libertari, entusiasmo per la Rivoluzione francese.

Manzoni si scaglia contro la tirannide (politica e


religiosa). Eppure già emerge una certa disillusione
(ideali traditi da Napoleone).

• Adda: poemetto idillico indirizzato a Monti

• Quattro Sermoni: polemizza contro aspetti del


costume contemporaneo; il modello è Parini
• Carme in morte di Carlo Imbonati (1805): immagina che
l’uomo gli appaia in sogno, dandogli nobili
ammaestramenti di vita e di poesia

Dalla delusione storica di Manzoni nasce l’ideale del


«giusto solitario», che si ritrae del mondo
contemporaneo per rifugiarsi in una sdegnosa
solitudine, nella propria virtù.

I modelli del componimento sono Alfieri e Foscolo.

• Urania (1809): poemetto che tratta il valore


incivilitore della bellezza e delle arti (Musogonia di
Monti, Le Grazie di Foscolo)
Dopo la
conversione
Già nel 1809 Manzoni avverte l’esaurimento della
cultura dei classicisti; se ne distacca e per tre anni
non compone altre opere letterarie.

È evidente il bisogno di una letteratura nuova, sia


nella materia che nel linguaggio (istanza
romantica).

Riprende a comporre con gli Inni sacri (1812): la


conversione è ufficialmente avvenuta, e il genere
di poesia appare infatti radicalmente diverso.
III.
Idee e poetica
Le idee (1)
La svolta interiore è fondamentale per comprendere i
nuovi orientamenti ideologici e culturali di Manzoni.

Osservazioni sulla morale cattolica (1819): l’opera nasce


per controbattere le tesi dello storico ginevrino
Simonde De Sismondi (morale cattolica come radice
della corruzione dei costumi italiani).

Manzoni mostra una fiducia assoluta nella religione:

• fonte di tutto ciò che è buono e vero

• punto di riferimento per ogni scelta (morale,


politica, intellettuale)
Le idee (2)
La prospettiva cristiana modifica anche la concezione della
storia, portando l’autore ad un atteggiamento risolutamente
anticlassicistico.

Il classicismo vedeva nel mondo romano l’antecedente


diretto della cultura moderna, un modello superiore di
civiltà.

Per Manzoni i romani furono un popolo violento, feroce e


oppressivo. Nuovo interesse per il medioevo cristiano,
matrice della civiltà moderna.

Rifiutare la visione classica significa rifiutare la concezione


eroica e aristocratica dei grandi e dei vincitori.

Interesse per i vinti, gli umili, le masse ignorate dalla storia


ufficiale.
A che cosa serve la letteratura?
In Manzoni è centrale il problema del male radicato nella storia, della miseria
dell’uomo incline al peccato (visione tragica del reale).

• Contenuti. La letteratura deve guardare al «vero» della condizione storica


dell’uomo (anche in senso religioso e civile). La serenità classica è fittizia,
pertanto inutile.

• Finalità. La letteratura deve prefiggersi l’«utile», cioè il progresso morale e civile


dei lettori.

Alcune conseguenze: ogni opera letteraria è rivolta alla «moltitudine» di «coloro


che sanno leggere»; lo stile deve rifiutare il vuoto formalismo retorico; la lingua
deve essere vicina a quella (realmente) parlata dai ceti colti.
«Io credo che la meditazione di ciò che è, e di ciò che dovrebb’essere, e l’acerbo sentimento
che nasce da questo contrasto, io credo che questo meditare e questo sentire sieno le
sorgenti delle migliori opere sì in verso che in prosa dei nostri tempi: e questi erano gli
elementi di quel sommo uomo. Per nostra sventura, lo stato dell’Italia divisa in
frammenti, la pigrizia e l’ignoranza quasi generale hanno posta tanta distanza tra la
lingua parlata e la scritta, che questa può dirsi quasi lingua morta. Ed è per ciò che gli
scrittori non possono produrre l’effetto che eglino (m’intendo i buoni) si propongono,
d’erudire cioè la moltitudine, di farla invaghire del bello e dell’utile, e di rendere in questo
modo le cose un po’ più come dovrebbono essere. Quindi è che i bei versi del Giorno non
hanno corretti nell’universale i nostri toti costumi più di quello che i bei versi della
Georgica di Virgilio migliorino la nostra agricoltura».
(Manzoni, Lettera del 9 febbraio 1806 a Claude Fauriel)
«Se le lettere dovessero aver pel fine di
divertire quella classe d’uomini che non
fa quasi altro che divertirsi, sarebbero la
più frivola, la più servile, l’ultima delle
professioni».
(Manzoni, Fermo e Lucia, 1823)
La Lettera sul
Romanticismo (1)
Nella Lettera sul Romanticismo al marchese Cesare
d’Azeglio (1823), Manzoni traccia un bilancio sul
movimento romantico.

La lettera si articola in due momenti:

• prima parte «negativa»: vengono esposte le critiche


rivolte dai romantici ai principi della letteratura
classicistica (uso della mitologia, regole, ecc.)

• seconda parte «positiva»: presentazione dei principi


di poetica dei romantici e dei loro programmi
letterari (parte propositiva)
La Lettera sul
Romanticismo (2)
Principi fondamentali del Romanticismo italiano secondo
Manzoni:
• «L’utile per iscopo». Concezione utilitaria ed educativa
della letteratura; eredità illuministica. Educazione morale,
ma anche sollecitazione civile e politica (il gruppo
romantico lombardo era impegnato in direzione
risorgimentale)
• «Il vero per soggetto». Manzoni riconosce che non è facile
definire il concetto di «vero». Lo definisce quindi in
negativo: rifiuto di contenuti e forme della letteratura del
passato (falsa, artificiosa, vuota e fredda)
• «L’interessante per mezzo». La letteratura deve insistere su
argomenti attuali, vicini all’esperienza quotidiana. La
materia religiosa, per esempio, deve soppiantare quella
mitologica (patrimonio di una élite)
«E che in ogni argomento [la letteratura, ndr] debba cercare di scoprire e di esprimere il
vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente
del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma
questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero; è quindi temporario e
accidentale. Il diletto mentale non è prodotto che dall’assentimento ad una idea,
l’interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di
assentimento e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il
falso e quindi l’impossibilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il
diletto e l’interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto,
e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è
avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura
proporsi di far nascere».
(Manzoni, Lettera a Cesare d’Azeglio, 1823)
IV.
Opere
Le opere (1)

• Produzione classicistica (1801 – 1810)


• Inni sacri (1812 – 1815)
• La Resurrezione
• Il Natale
• La Passione
• Il nome di Maria
• La Pentecoste
Le opere (2)
• Odi
• Aprile 1814
• Il proclama di Rimini
• Marzo 1821
• Il Cinque Maggio
• Tragedie
• Il Conte di Carmagnola
• L’Adelchi
• Fermo e Lucia (1823)
• I promessi sposi (1827, 1840)
Gli Inni sacri (1)
Composti tra il 1812 e il 1815 (subito dopo la
conversione) rappresentano un esempio di poesia
nuova; la polemica tra romantici e classicisti avrà luogo
solo nel 1816.

Manzoni rifiuta il classicismo (temi, forme e


linguaggio) e decide di cantare temi vivi alla coscienza
contemporanea (attinenti al «vero»).

Il poeta diventa interprete della coscienza cristiana, si


annulla nella comunità dei fedeli che celebra l’evento
liturgico.
Gli Inni sacri (2)
Carattere corale del componimento poetico
(scomparsa dell’“io”).

Metri dal ritmo agile e popolareggiante (settenari,


ottonari, decasillabi); abbandono dell’endecasillabo.

Il linguaggio si libera delle forme auliche del


classicismo.

Modelli: antica innografia cristiana; Vangeli; Padri


della Chiesa; oratori sacri del Seicento francese.
Le Odi
Lirica patriottica e civile, ma con numerosi spunti
innovativi (al pari degli Inni sacri):

• abbandono delle immagini mitologiche, di riferimenti


storici antichi

• attenzione per la realtà politica e sociale contemporanea

• gli eventi vengono visti in prospettiva religiosa

In Marzo 1821 Dio soccorre i popoli che lottano per


l’indipendenza: opprimere un altro popolo è contrario alle
sue leggi.

Nel Cinque Maggio glorie e sconfitte napoleoniche vengono


valutate dalla prospettiva dell’eterno («ov’è silenzio e
tenebra / la gloria che passò»).
Le tragedie (1)

Manzoni scrive due tragedie: Il Conte di Carmagnola


(1816) e l’Adelchi (1822).

Tre elementi le collocano in posizione di rottura rispetto


alla tradizione: la scelta della tragedia storica, il rifiuto
delle unità aristoteliche, l’introduzione del coro.

Quest’ultimo è una novità nel teatro tragico moderno,


un «cantuccio» dove l’autore «possa parlare in persona
propria», esprimendo le proprie reazioni soggettive. Ciò
allontana la tentazione di introdursi nell’azione.

Nella tragedia greca il coro era molto diverso: idealizzava


(liricamente) le passioni provate dal pubblico.
Le tragedie (2):
l’argomento storico
La tragedia classicheggiante (Racine, Alfieri) isolava l’azione
in un mondo assoluto, sottratto ad ogni legame con tempo e
spazio concreti.

Manzoni ricostruisce fedelmente contesti storici ben precisi.


Non c’è bisogno di inventare i fatti: in ciò che gli uomini
hanno compiuto vi è già un perfetto repertorio di soggetti
drammatici.

Il «vero» storico va rispettato. Il poeta “completa” i fatti,


costruendo con l’invenzione poetica pensieri e sentimenti
dei personaggi.

Modelli: drammi storici di Shakespeare; tragedie storiche di


Schiller e Goethe; Corso di letteratura drammatica di Schlegel.
Le tragedie (3): il rifiuto
delle unità aristoteliche
Proprio per rispettare il «vero» storico, Manzoni rifiuta
l’osservanza delle unità aristoteliche (tempo, luogo e
azione).

Queste ultime imponevano che i fatti si svolgessero in una


sola giornata, senza mutamenti di scena né intrecci di
sorta.

Ciò costringeva il poeta a forzare i caratteri e le passioni,


verso un «falso» che non corrispondeva all’agire degli
uomini nella realtà.

Si rischiavano anche deleteri effetti morali: gli uomini


avrebbero applicato princìpi e sentimenti falsi alla propria
vita.
Il Conte di Carmagnola (1)

Tragedia scritta tra il 1816 e il 1820.

Si concentra sulla figura di Francesco Bussone, capitano


di ventura del Quattrocento.

Ottiene molte vittorie al servizio del duca di Milano,


fino a sposarne la figlia; passa poi al servizio di Venezia e
le assicura una clamorosa vittoria su Milano.

Troppo clemente verso i prigionieri, è sospettato di


tradimento dai Veneziani, quindi incarcerato e
condannato a morte.
Il Conte di Carmagnola (2)

Manzoni era convinto dell’innocenza di Bussone (tesi


oggi confutata).

Conflitto tra l’uomo d’animo elevato (generoso, puro)


e la ragion di Stato (con i suoi intrighi).

Il Conte affronta quindi un tema centrale della visione


manzoniana: la storia umana come trionfo del male.

A questo stato di cose si contrappongono invano esseri


incontaminati, destinati inevitabilmente alla sconfitta.
L’Adelchi (1)

La tragedia mette in scena il crollo del regno longobardo


nell’Italia dell’VIII secolo, sotto l’urto dei Franchi di
Carlo Magno.
Manzoni era affascinato da quel periodo storico, e
soprattutto dalla sorte del popolo latino (oppresso prima
dai Longobardi, poi dai Franchi).
Influenza degli storici liberali francesi (Thierry), i quali
avevano studiato non i vincitori ma i vinti.

Tema: lo stesso conflitto già presente nel Conte di


Carmagnola.
L’Adelchi (2): i personaggi
• Desiderio, re dei Longobardi, animato dalla volontà di vendicarsi di Carlo, il quale
ha ripudiato sua figlia Ermengarda; è avido di potere e di conquiste
• Adelchi, figlio di Desiderio, sogna la gloria in nobili imprese ma senza riuscire a
realizzarle, poiché il mondo è dominato dall’ingiustizia
• Ermengarda, figlia di Desiderio, vorrebbe distaccarsi dalle passioni del mondo ma
muore devastata dal suo «amor tremendo» per il marito (Carlo)
• Carlo, re dei Franchi, dopo aver ripudiato la moglie riesce a tacitare ogni rimorso
in nome della ragion di Stato; si presenta come «campione di Dio» nella difesa del
papa aggredito dai Longobardi
Contrapposizione tra personaggi politici (Desiderio, Carlo) e personaggi ideali
(Adelchi, Ermengarda).
I promessi sposi (1)

Si tratta del romanzo storico per


eccellenza della letteratura italiana,
punto di riferimento imprescindibile
per la narrativa coeva (e per quella
successiva).
Il genere era ritenuto inferiore dalla
tradizione classicistica, indegno di
entrare nel campo della letteratura
(pregiudizi retorici e moralistici).
Perché Manzoni sceglie il romanzo?

• Risponde perfettamente alla poetica dell’«utile», del «vero» e


dell’«interessante»

• Può raggiungere il lettore comune (forma narrativa, lingua accessibile)

• Può veicolare notizie storiche, idee, concetti, cognizioni (concezione


educativa e utilitaria della letteratura)

• Essendo un genere nuovo, non risponde alla separazione degli stili: l’autore
può esprimersi quasi con assoluta libertà
I promessi sposi (2)
Manzoni sceglie la forma del romanzo
storico, che godeva di larga fortuna in
Europa grazie a Walter Scott:

• ricostruisce società, costume, mentalità,


condizioni di vita di un’epoca passata (il
Seicento lombardo)

• protagonisti sono personaggi inventati,


umili, dei quali la storiografia non si
occupa mai
I promessi sposi (3)

Al tempo stesso, Manzoni si mostra critico


verso il romanziere scozzese:

• Tratta la storia con troppa disinvoltura

• Ricorso eccessivo all’invenzione

• Serve maggior rigore (scrupolo del «vero»)

• Occorre uno studio attento delle fonti


(cronache, biografie, raccolte di leggi)
I promessi sposi (4)
Manzoni ha lasciato tre redazioni del suo romanzo, attentamente studiate
dalla critica letteraria:

• Fermo e Lucia (1823), mai pubblicato dall’autore

• I promessi sposi (1827), la Ventisettana

• I promessi sposi (1840), la Quarantana (edizione che si legge abitualmente)

Le edizioni del ’27 e del ‘40 differiscono nella lingua (passaggio al fiorentino
vivo dell’uso colto). Più complessa la redazione del 1823.
I promessi sposi (5)
Per il Fermo e Lucia si è parlato di «altro romanzo»; il
testo è molto differente dalle edizioni successive, in
molteplici aspetti:
• distribuzione delle sequenze dell’intreccio
• la storia della Signora di Monza è trattata ampiamente,
indugiando sui particolari
• caratterizzazione di Lucia e del Conte del Sagrato
• ampie digressioni, impostate in modo saggistico
• il narratore interviene con giudizi espliciti, molto critici
e polemici
• lingua: toscano letterario (con francesismi e apporti
dialettali)
I promessi sposi (6)
Spunti per eventuali approfondimenti:

• intreccio narrativo

• l’ideale manzoniano di società

• la concezione della Provvidenza

• l’uso dell’ironia (verso il lettore e i


personaggi)

• il problema della lingua


V.
Testi
La Pentecoste
(dagli Inni Sacri)
vv. 1-16 e 129-144
Madre de’ Santi; immagine
della città superna;
del Sangue incorruttibile Madre dei Santi; immagine
conservatrice eterna; sulla terra della città di Dio;
tu che, da tanti secoli, custode eterna
del Sangue divino di Cristo;
soffri, combatti e preghi; tu che, da tanti secoli,
che le tue tende spieghi soffri, combatti e preghi;
dall’uno all’altro mar; che, come un esercito,
conquisti il mondo intero;

campo di quei che sperano, campo in cui militano quelli che sperano nella
chiesa del Dio vivente; Salvezza, chiesa del Dio fatto uomo;
dov’eri? quale angolo del mondo
dov’eri mai? qual angolo ti nascondeva al tuo nascere
ti raccogliea nascente quando Cristo, tuo Re, trascinato
quando il tuo Re, dai perfidi dai malvagi a morire sul Golgota,
tratto a morir sul colle, arrossò la terra del colle,
altare del suo sublime sacrificio?
imporporò le zolle
del suo sublime altar?
Spira de’ nostri bamboli
nell’ineffabil riso;
spargi la casta porpora Rivelati nel riso dei bambini
alle donzelle in viso; indescrivibile nella sua purezza;
manda alle ascose vergini spargi il casto rossore
sul viso delle fanciulle;
le pure gioie ascose; manda alle monache le pure e segrete gioie
consacra delle spose interiori, che chi vive nel mondo non conosce;
il verecondo amor. rendi sacro
il pudico amore delle spose.

Tempra de’ baldi giovani Modera il carattere dei giovani


il confidente ingegno; troppo fiduciosi in sé;
guida i propositi degli uomini maturi
reggi il viril proposito a fini che non ingannino;
ad infallibil segno; adorna i capelli bianchi degli anziani
adorna le canizie di desideri lieti e santi;
di liete voglie sante; brilla nello sguardo incerto
di chi muore sperando nella salvezza eterna.
brilla nel guardo errante
di chi sperando muor.
• Diciotto strofe di otto settenari (primo,
Analisi terzo e quinto sdruccioli, gli altri piani,
l’ultimo tronco)
• La Pentecoste è la festa liturgica che
celebra la discesa dello Spirito Santo sugli
apostoli, avvenuta il cinquantesimo
giorno dopo la risurrezione di Cristo
(pentecostós = cinquantesimo)
• «citta superna» : la Gerusalemme celeste
• «Sangue incorruttibile» : celebrazione del
rito eucaristico
• «le tue tende spieghi / dall’uno all’altro
mar» : citazione letteraria dei Salmi
(LXXXI, 8) e almeno della prima Lettera a
Timoteo (3, 15) di San Paolo.
Il cinque maggio
(dalle Odi)
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro, Napoleone è morto. Come la salma,
reso l’ultimo respiro,
stette la spoglia immemore stette immobile, ormai senza coscienza
orba di tanto spiro, priva di un’anima tanto grande,
così percossa, attonita così la terra sta scossa, stupefatta
la terra al nunzio sta, alla notizia (della morte di Napoleone),

pensando in silenzio all’ultima ora di vita


muta pensando all’ultima dell’uomo che segnò il destino di un’epoca;
ora dell’uom fatale; e non sa quando un nuovo essere
umano tanto significativo
né sa quando una simile verrà a calpestare
orma di pié mortale la sua polvere insanguinata dalle guerre.
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque; La mia ispirazione poetica lo vide
quando, con vece assidua, sul trono nel fulgore della gloria, senza esaltarlo;
cadde, risorse e giacque, quando, con un avvicendarsi incalzante,
di mille voci al sonito fu sconfitto, si risollevò e fu definitivamente battuto,
non ha mescolato la sua voce
mista la sua non ha: al suono di mille altre:

vergin di servo encomio immune da lodi servili


e da vili oltraggi,
e di codardo oltraggio, ora (la mia ispirazione poetica) si leva commossa
sorge or commosso al subito allo sparire improvviso di una luce così gloriosa;
sparir di tanto raggio; e dedica all’urna (di Napoleone) un componimento
e scioglie all’urna un cantico che forse è destinato a restare.
che forse non morrà.
Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno, Dall’Italia all’Egitto,
di quel securo il fulmine dalla Spagna alla Germania,
tenea dietro al baleno; la realizzazione dell’impresa teneva immediatamente dietro al
suo concepimento, in quell’uomo senza esitazioni;
scoppiò da Scilla al Tanai, condusse azioni dalla Sicilia alla Russia,
dall’uno all’altro mar. dal Mediterraneo all’Atlantico.

Fu gloria autentica, la sua? Decideranno


Fu vera gloria? Ai posteri i posteri: noi
l’ardua sentenza: nui ci inchiniamo a Dio
chiniam la fronte al Massimo che volle imprimere in Napoleone
Fattor, che volle in lui un’orma più vasta del
suo spirito creatore [farne un simbolo della potenza divina].
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno, La tempestosa e trepidante
l’ansia d’un cor che indocile gioia data dal concepimento di un grande disegno,
serve, pensando al regno; l’ansia di un cuore che si piega indocile
a servire, pensando di conquistare un regno;
e il giunge, e tiene un premio e lo raggiunge e ottiene un risultato
ch’era follia sperar; che era follia sperare [un borghese diventa imperatore];

lui fece esperienza di tutto: (sperimentò) la gloria


tutto ei provò: la gloria più grande dopo il pericolo,
maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria,
la fuga e la vittoria, il potere regale e l’esilio:
la reggia e il tristo esiglio: due volte caduto nella polvere [a Lipsia e a Waterloo]
e due volte sul trono [di ritorno da Lipsia e dall’Elba].
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato, Egli pronunciò il suo nome: due secoli, dalle
sommessi a lui si volsero, tendenze tra loro opposte,
come aspettando il fato; si rivolsero umili a lui,
come aspettando la decisione sul loro destino;
ei fe’ silenzio, ed arbitro lui fece silenzio, e si sedette come arbitro
s’assise in mezzo a lor. fra di loro.

Ciò nonostante scomparve, e concluse la sua vita


E sparve, e i dì nell’ozio nell’ozio, prigioniero di una piccola isola [Sant’Elena],
chiuse in sì breve sponda, bersaglio di invidia immensa
segno d’immensa invidia e di rispetto profondo,
di odio inestinguibile
e di pietà profonda, e di amore incrollabile.
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
Come incombe vorticosa l’onda
l’onda su cui del misero, sulla testa del naufrago,
alta pur dianzi e tesa, l’onda su cui lo sguardo del poveretto
scorrea la vista a scernere poco prima scorreva alto e proteso
ad avvistare lontani
prode remote invan; approdi, ma invano

tal su quell’alma il cumulo così, il cumulo dei ricordi


delle memorie scese! si abbatté su quell’anima!
oh, quante volte cominciò a scrivere
oh quante volte ai posteri le sue memorie per i posteri,
narrar sé stesso imprese, e su quelle pagine interminabili
e sull’eterne pagine la mano stanca si arrestava!
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte, Oh, quante volte al termine di
chinati i rai fulminei, un giorno ozioso (improduttivo),
le braccia al sen conserte, abbassato lo sguardo degli occhi lampeggianti,
con le braccia conserte,
stette, e dei dì che furono rimase immobile, e l’assalì
l’assalse il sovvenir! il ricordo del passato!

E ripensò agli accampamenti continuamente


E ripensò le mobili spostati, alle trincee battute dall’artiglieria,
tende, e i percossi valli, al lampeggiare delle armi,
e il lampo de’ manipoli, alla cavalleria che dava l’assalto,
e l’onda dei cavalli, agli ordini concitati
e alla (loro) rapida esecuzione.
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo, Ahimè! Forse il suo spirito anelante,
e disperò; ma valida si arrese a tanto dolore,
venne una man dal cielo e si disperò; ma giunse dal cielo
e in più spirabil aere una mano forte [Dio]
che, mossa da pietà, lo trasportò
pietosa il trasportò; in un’aria più respirabile [distacco dalle cose terrene];

e l’avviò, pei floridi e lo avviò per i sentieri della speranza,


fonti di vita eterna,
sentier della speranza, e ai campi eterni (del Paradiso), alla ricompensa
ai campi eterni, al premio che supera tutti i desideri umani [la beatitudine],
che i desidéri avanza, dove la gloria terrena
non conta più nulla.
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
fede ai trionfi avvezza! Oh fede, bella e immortale! Benefica
Scrivi ancor questo, allegrati; e abituata a vincere!
ché più superba altezza Rallegrati, e segna quest’altra vittoria;
nessun uomo più grande di Napoleone
al disonor del Golgota si è mai chinato
giammai non si chinò. ad onorare la croce.

Tu (fede) dei resti mortali (di Napoleone), dalla vita travagliata,


Tu dalle stanche ceneri allontana ogni parola di rancore:
sperdi ogni ria parola: il Dio che prostra [i superbi] e innalza [gli umili],
il Dio che atterra e suscita, che manda sofferenze e che consola
è venuto a posarsi sul letto di morte di Napoleone,
che affanna e che consola abbandonato dagli uomini.
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
Analisi (1)
Ode ispirata alla morte di Napoleone (Sant’Elena, 5
maggio 1821).

Diciotto strofe composte da sei settenari (primo, terzo e


quinto sdruccioli).

L’ode è divisa in tre sezioni:

• il preambolo (strofe 1 – 4) introduce la morte di


Napoleone e l’atteggiamento del poeta

• rievocazione dell’impresa napoleonica (strofe 5 –


9 e poi 10 – 14)

• conclusione, con i temi della fede e dell’eterno


(strofe 15 – 18)

Opposizioni strutturali (dinamismo / immobilità, luce


/ tenebra, rumore / silenzio).
Analisi (2): figure retoriche
• Similitudine: «siccome immobile… così percossa» (vv. 1 – 5)

• Metafora: «orba» (v. 4); «tanto raggio» (v. 21)

• Enjambement: «ultima / ora» (vv. 6 – 7); «simile / orma» (vv 9 – 10); «subito / sparir» (vv.
21 – 22)

• Anastrofe: «a calpestar verrà» (v. 13); «di mille voci al sonito» (v. 17); «mista la sua non ha»
(v. 18)

• Sineddoche: «orma di pie’ mortale» (v. 10)

• Perifrasi: «dell’uom fatale» (v. 8)

• Personificazione: «percossa», «attonita», «muta» riferiti a «la terra» (vv. 5 – 7)


Analisi (3)

Il tema di fondo dell’ode è la meditazione sulle


imprese dei grandi uomini della storia. La vita di
Napoleone fu intensa, tumultuosa… ma positiva?

Prospettiva pessimistica: cercare la grandezza


provoca distruzione, sofferenza, morte. Il vero
significato dell’esistenza risiede in Dio,
nell’eterno.

Manzoni non nega la possibilità di agire nella


storia, ma il suo è un eroismo diverso, cristiano:
individui eccezionali devono mettersi al servizio
dei deboli, legittimando la propria superiorità.
Morte di Ermengarda
(dall’Adelchi, coro dell’atto IV)
Sparsa le trecce morbide
sull’affannoso petto; Con le morbide trecce sparse
lenta le palme, e rorida sul petto affannoso;
di morte il bianco aspetto, le mani abbandonate, e il volto pallido
giace la pia, col tremolo imperlato dal sudore della morte,
la pia (Ermengarda) giace nel letto, con lo sguardo
sguardo cercando il ciel. tremante rivolto al cielo.

Cessa il compianto: unanime (Le suore che l’assistono) interrompono i lamenti: comincia
s’innalza una preghiera: in coro una preghiera:
una mano leggera si posa
calata in su la gelida pietosamente sulla fronte gelida,
fronte, una man leggiera sugli occhi azzurri stende
sulla pupilla cerula il velo della morte.
stende l’estremo vel.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
mente i terrestri ardori,
Nobile creatura, sgombra dall’animo
leva all’Eterno un candido angosciato le passioni terrene [l’amore per Carlo],
pensier d’offerta, e muori: offri lietamente te stessa
fuor della vita è il termine a Dio, e muori:
del lungo tuo martir. la meta che può dare un significato al tuo
lungo martirio è fuori della vita [è nella vita eterna].
Tal della mesta, immobile Questo era il destino immodificabile
era quaggiuso il fato: dell’infelice sulla terra:
sempre un obblio di chiedere di chiedere sempre un oblio
che le sarebbe stato negato;
che le saria negato; e salire al Dio dei santi
e al Dio de’ santi ascendere, resa santa dalle sue sofferenze.
santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
per claustri solitari, Ahimè! nelle notti insonni,
tra il canto delle vergini, per i chiostri solitari,
tra il canto delle monache,
ai supplicati altari, dinanzi agli altari a cui si rivolgeva supplice,
sempre al pensier tornavano sempre nel pensiero tornava il ricordo del passato,
gl’irrevocati dì; anche se (Ermengarda) non voleva rievocarlo;

quando, ancora amata (da Carlo), non prevedendo


quando ancor cara, improvida che l’avvenire avrebbe deluso le promesse del presente,
d’un avvenir mal fido, ebbra di gioia respirò l’aria
ebbra spirò le vivide vivificatrice della terra di Francia,
aure del Franco lido, e uscì invidiata tra le altre
spose franche:
e tra le nuore Saliche
invidiata uscì:
quando da un poggio aereo,
il biondo crim gemmata,
vedea nel pian discorrere quando da un alto colle,
con i biondi capelli adorni di gemme,
la caccia affaccendata, vedeva nella pianura correre gli uomini
e sulle sciolte redini e cani affaccendati nella caccia,
chino il chiomato sir; e il re dalle lunghe chiome
chino sulle briglie sciolte;
e dietro a lui la furia e dietro di lui la furia
de’ corridor fumanti, dei cavalli fumanti (di sudore),
e lo sbandarsi, e il rapido e lo sbandarsi, e il rapido
redir dei veltri ansanti; ritornare dei cani ansanti;
e l’irsuto cinghiale uscire dai cespugli
e dai tentati triboli frugati dai battitori;
l’irto cinghiale uscir;
e la battuta polvere
rigar di sangue, colto e rigare di sangue la
dal regio stral: la tenera polvere calpestata, colpito
dalla freccia del re: Ermengarda
alle donzelle il volto distoglieva subito il volto verso
volgea repente, pallida le ancelle, pallida di paura
d’amabile terror. e per questo ancora più amabile.

Oh Mosa dal corso tortuoso! oh tiepidi


Oh Mosa errante! oh tepidi bagni di Aquisgrana!
lavacri d’Aquisgrano! dove il re guerriero, deposta
ove, deposta l’orrida la maglia irta di scaglie di ferro,
maglia, il guerrier sovrano scendeva a lavare il glorioso sudore
del campo di battaglia!
scendea del campo a tergere
il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
dell’erba inaridita, Come la rugiada che si posa
fresca negli arsi calami sul cespo d’erba inaridita
fa rifluire fresca la vita
fa rifluir la vita, negli steli riarsi,
che verdi ancor risorgono che risorgono ancora verdi
nel temperato albor; nella temperatura mite dell’alba;

così sul pensiero (di Ermengarda), che è


tale al pensier, cui l’empia sconvolta dalla violenza senza pietà dell’amore,
virtù d’amor fatica, scende il refrigerio
discende il refrigerio di una parola amica [della sorella Ansberga e delle monache]
d’una parola amica, e distoglie il cuore (dall’amore terreno)
indirizzandolo alla gioia tranquilla di un altro amore (divino).
e il cor diverte ai placidi
gaudii d’un altro amor.
Ma come il sol che reduce
l’erta infocata ascende, Ma come il sole che, risorgendo, sale
e con la vampa assidua nella sua infuocata parabola nel cielo,
e con la sua vampa continua
l’immobil aura incende, incendia l’aria immobile,
risorti appena i gracili (e) riarde abbattendoli al suolo
steli riarde al suol; i gracili steli appena risollevatisi;

così l’amore immortale, solo


ratto così dal tenue momentaneamente sopito, torna rapido
obblio torna immortale dopo il leggero oblio, e assale
l’amor sopito, e l’anima l’anima impaurita,
impaurita assale, e richiama al noto dolore le immagini mentali
che temporaneamente se ne erano distolte.
e le sviate immagini
richiama al noto duolo.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
mente i terrestri ardori; Oh anima elevata (Ermengarda), allontana
leva all’Eterno un candido dalla tua mente le passioni terrene;
innalza a dio un puro pensiero
pensier d’offerta, e muori: di offerta (di te stessa), e muori:
nel suol che dee la tenera nella terra che deve ricoprire
tua spoglia ricoprir, la tua giovane spoglia,

dormono [giacciono] altre infelici,


altre infelici dormono, che il dolore condusse alla morte; spose
che il duol consunse; orbate private dei mariti dalla spada [dai conquistatori Longobardi],
spose dal brando, e vergini e vergini fidanzate invano,
indarno fidanzate madri che videro i propri
madri che i nati videro figli trafitti impallidire.
trafitti impallidir.
Te dalla rea progenie
degli oppressor discesa, La sventura provvidenziale
collocò tra gli oppressi te,
cui fu prodezza il numero, nata dalla stirpe colpevole
cui fu ragion l’offesa, degli oppressori Longobardi,
e dritto il sangue, e gloria prodi solo perché numerosi,
il non aver pietà, che conoscevano solo la legge del più forte,

e la violenza sanguinaria, e la gloria


te collocò la provida del non mostrare alcuna pietà:
sventura in fra gli oppressi: muori compianta e tranquilla;
muori compianta e placida; scendi a dormire con gli altri oppressi [i Latini].
Nessuno recherà oltraggio
scendi a dormir con essi. ai tuoi resti privi di colpe.
Alle incolpate ceneri
nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
si ricomponga in pace; Muori; e il volto privo di vita
com’era allor che improvida riacquisti la pace;
come nel tempo in cui, ancora
d’un avvenir fallace ignaro del destino ingannatore,
lievi pensier verginei rifletteva solo sereni
solo pingea. Così pensieri puri. Così

dalle nuvole squarciate


dalle squarciate nuvole si libera il sole al tramonto
si svolge il sol cadente e, dietro le montagne, colora
e, dietro il monte, imporpora di porpora l’Occidente, dall’aria umida per la pioggia:
il trepido occidente: augurio di un giorno più sereno
per il pio contadino.
al pio colono augurio
di più sereno dì.
Analisi (1): Ermengarda
come “doppio” di Adelchi

Nel sistema dei personaggi, Ermengarda è il


“doppio” femminile di Adelchi.

È un’anima pura, elevata, estranea a una realtà retta


dalla legge della forza e dell’interessa.

Adelchi esprime il rifiuto della realtà nel campo


pubblico e politico, Ermengarda nel campo privato
dei rapporti amorosi.
Analisi (2): i conflitti,
l’eterno
Ermengarda non è fatta per reggere l’urto delle passioni
terrene (soprattutto di quella amorosa, anche se il suo è un
amore casto, coniugale).

Nella memoria della donna le immagini del marito sono


sempre collegate alla violenza e al sangue (la caccia, il
cinghiale ferito, ecc.)

Ermengarda è fatta per i «placidi gaudi», cioè per un altro


mondo: quello celeste.

La soluzione nei conflitti è nella morte: muore come


Adelchi, guardando al cielo, ansiosa di trovare pace e
liberazione.
Analisi (3): poesia epico-
drammatica
Manzoni è un innovatore.

La poesia lirica della tradizione italiana (petrarchesca)


consisteva nell’esposizione di moti soggettivi (quelli del
poeta).

La poesia manzoniana è invece epica, drammatica:

• ha un taglio narrativo

• si fonda sulla costruzione di personaggi, sull’analisi di


individualità oggettivate

• mette in scena conflitti drammatici


Analisi (4): i piani temporali
Complesso gioco di piani temporali e di simmetrie
• Strofe 1-4: tempo presente, Ermengarda è sul letto di morte
• Strofa 5: flashback, passato recente; Ermengarda chiusa nel convento cerca di
soffocare il suo amore
• Strofe 6-10: secondo flashback incastonato nel precedente; passato più
lontano, si narra dei giorni trascorsi con Carlo
• Strofe 11-14: si torna al passato recente (quello del primo flashback)
• Strofe 15-20: si torna al tempo presente, con l’agonia di Ermengarda
Ad ogni piano temporale corrisponde un motivo centrale: valore purificatore e
provvidenziale della sventura, pace ultraterrena (tempo presente); la sofferenza
amorosa (passato recente); la vita coniugale felice (passato remoto)
VI. La critica
La critica (1)
Il romanzo manzoniano è ricco di materiali storici,
ma anche di intenti edificanti e religiosi. Da subito
la critica indaga dunque il rapporto tra:

• arte e letteratura

• arte e storia

Giovita Scalvini (1831): la visione religiosa porta lo


scrittore a sublimi altezze morali, ma limita la sua
visione del mondo, toglie alla poesia lo slancio
spontaneo.

«Un non so che d’austero, quasi direi d’uniforme,


d’insistente senza alcuna tregua mai verso un unico
obbietto».
La critica (2)
Durante il periodo risorgimentale e negli anni
postunitari, la visione della realtà cattolica e
moderata suscita reazioni negative nei critici
della sinistra democratica e laica.

Tuttavia sono giudizi che riguardano più la


battaglia politica e culturale che la valutazione
artistica; Manzoni è comunque maestro e guida
spirituale della nazione (studio scolastico dei
Promessi sposi).

Carducci (1873) limita fortemente l’apporto di


Manzoni alla rivoluzione nazionale e alla
creazione di una cultura progressiva.
La critica (3)
Si deve alle lezioni universitarie di De Sanctis (1871 –
1872) la prima grande sistemazione critica dell’opera
manzoniana.

• Gli ideali religiosi e morali dell’autore mostrano il


mondo come dovrebbe essere, non com’è realmente

• Manzoni, però, non contrappone ideali perfetti alla


realtà imperfetta del mondo storico: tende invece ad
avvicinarli

• Manzoni è l’iniziatore di una nuova epoca letteraria,


quella del realismo: l’ideale, non più astratto, fa i conti
con la realtà ed è da essa limitato, corretto
La critica (4)
Benedetto Croce (1930) e la critica idealistica danno un
giudizio limitativo dell’opera manzoniana:

• I promessi sposi non sono opera di pura poesia, ma di


«oratoria»

• il libero moto della fantasia creatrice è frenato


dall’«utile» (persuadere, educare, diffondere ideali
religiosi e morali)

Alcuni crociani, come Momigliano e Russo,


correggeranno l’impostazione troppo rigida di Croce,
“salvando” Manzoni e il suo metodo.
Q&A
1. Ma le slide le dobbiamo studiare?
Studiare qualcosa in più è spesso utile; studiare qualcosa in meno è sempre dannoso.

2. Possiamo affiancare le slide al manuale?


Certamente, sono pensate per facilitare lo studio.

3. Possiamo sostituire le slide al manuale e studiare solo quelle?


Ah ah, NO.

4. Dove possiamo trovare le slide?


Nello stesso luogo di quelle del professor Cimini (e prossimamente su Academia).
Contatti utili

https://unich-
it.academia.edu/SimonePettine
Fine della lezione

Potrebbero piacerti anche