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LE TRAGEDIE

La tragedia del Manzoni è innovativa perché il nostro rifiuta le tre unità aristoteliche di luogo (azione
ambientata nello stesso luogo), tempo (l'azione deve svolgersi in 24 ore) e azione (l'azione deve
essere unica), e dà nuova importanza al coro, che nella tragedia classica e classicista, era una sorta
di personificazione dei pensieri e dei sentimenti che l'azione doveva inspirare, mentre egli attribuisce
al coro una funzione di "cantuccio", di "angolino”.
Il nostro nelle sue opere, soprattutto negli Inni Sacri, nelle tragedie e nei Promessi Sposi, pur
essendo un romantico, si ispira anche l'Illuminismo (egli però non accetta il materialismo ateo proprio
di Foscolo e di Leopardi, ma al contrario accetta i principi di uguaglianza e di libertà). Egli farà propri
questi principi soprattutto dopo la conversione, perché si renderà conto che questi si leggono alla sua
visione cristiana dell'esistenza, e di questo legame parlerò in un suo saggio "le osservazioni sulla
morale Cattolica".
Egli vive l'opera nel pieno clima del Romanticismo, anche se non condivide in blocco tutti i principi;
infatti egli condivide il principio di una letteratura rigorosamente legata alla verità della storia. Questo
lo porta ad elaborare una sua personale concezione del rapporto tra la storia e la poesia: egli dice
che la poesia deve nascere da un’attenta meditazione sulla verità della storia, su ciò che gli uomini
hanno fatto nel bene e nel male, e dice anche che la poesia deve esprimere i sentimenti che da
quella meditazione il poeta ricava. Da queste sue riflessioni scaturiscono le tragedie del Manzoni:
infatti in uno scritto intitolato "La prefazione del conte di Carmagnola", il Manzoni ispirandosi al
Santo Vero (verità della storia), rifiuta la mitologia e le tre unità aristoteliche di luogo, tempo e azione,
che erano alla base della tragedia classica (mondo greco latino) e classicista (imitatori del mondo
classico). Egli rifiuta ciò (mitologia e unità aristoteliche), perché gli sembrano incompatibili con la
verità della storia che egli vuole rispettare, anche per le caratteristiche dei personaggi, i quali in quello
che fanno e in ciò che pensano, devono rispecchiare lo spirito dei tempi ai quali appartengono.
L'autore non intende trasferire nei personaggi le sue idee e i suoi sentimenti: un personaggio del XV
secolo, come il Conte di Carmagnola, o un personaggio dell'ottavo secolo come Adelchi, non può
pensare e sentire come il Manzoni che vive e opera nel XIX secolo. L'autore però non può nemmeno
rinunciare ad esprimere le sue meditazioni e i suoi sentimenti perché egli è chiamato a "illuminare" la
coscienza dei lettori attraverso l’esposizione del proprio punto di vista. Per questa ragione egli
inserisce nella tragedia il coro, attribuendo ad esso una funzione completamente diversa da quella
che aveva avuto in passato. Il coro della tragedia del Manzoni, deve offrire al poeta stesso la libertà di
dire tutto ciò che egli vuole, senza invadere la sfera dei suoi personaggi; nella tragedia classica e
classicista si configurava quasi come un vero e proprio personaggio (personalizzazione del coro), nel
senso che esso partecipava direttamente all'azione. Nella tragedia del Manzoni il coro diventa un
“cantuccio”, un angolino”, che il poeta riserva a se stesso per esprimere in prima persona il proprio
punto di vista. Infatti egli commenta i fatti rappresentati dalla tragedia.
Nel coro del “Conte del Carmagnola", il nostro medita sulla battaglia di Maclodio (località veneta,
siamo nel XV secolo), ma non si comporta come una storico; condanna non solo questa battaglia in
sé per sé, ma tutti i tipi di guerra, perché dice che portano gli individui a porsi gli uni contro gli altri.
Per Manzoni non ha senso che gli uomini debbano uccidersi reciprocamente per questioni di
predominio.
Anche nel primo coro dell’ "Adelchi", Manzoni condanna le “assurde” speranze degli italiani del
passato che, schiavi dai Longobardi, si illudevano di poter ottenere la libertà dai Franchi vincitori.
Egli vuole anche chiarire la differenza tra storia e poesia: dice che gli storici di professione si
soffermano su ciò che gli uomini hanno compiuto e mettono da parte i sentimenti e i drammi segreti di
coloro che hanno partecipato agli eventi storici. Aggiunge poi che gli storici si occupano soltanto dei
principi e dei potenti, e lasciano nell'ombra la gente comune, che in realtà è coinvolta anch'essa nelle
vicende storiche. La poesia ha il compito di completare la storia; essa deve fermarsi sui sentimenti
degli uomini e rivolgere la propria attenzione alla gente comune. Il nostro vuole quindi distanziarsi
dalla concezione aristocratica della cultura e della letteratura tradizionale (vedi Foscolo, che aveva
una concezione aristocratica): arriva ad avviare un processo di democratizzazione della storia e della
letteratura (vedi illuminismo). Da una parte si rifà quindi all’illuminismo e dell'altra al Cattolicesimo
liberale (prende le distanze dagli orientamenti della Chiesa Cattolica del tempo, che era reazionaria e
conservatrice). Il cristianesimo diviene per Manzoni la religione degli umili e degli oppressi, ai quali
la letteratura è tenuta a lasciare spazio. Da questa sua intuizione scaturiscono i "Promessi Sposi" e in
particolare la scelta di collocare al centro del romanzo due umili filatori di seta della campagna
lombarda.

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