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«Io mi impegno come cittadino, mai come artista», N. AJELLO, Intervista sullo scrittore
scomodo”, Roma-Bari , Laterza, 1978
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L’Attenzione di Alberto Moravia
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A. MORAVIA, L'uomo come fine e altri saggi, Milano, Bompiani, 1964, p. 61-67
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A. MORAVIA, Io e il mio tempo, Conversazioni critiche con Ferdinando Camon, "Nord-Est",
Padova, 1988, p. 35-36
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stato definito come una lunga metafora dello strazio dell'Italia in cui
poca differenza fa se l'origine di esso sia stato il burocrate fascista
Astarita oppure i sottoproletari Sonzogno e Gino. In questo romanzo
Geno Pampaloni ha individuato una svolta tra l'esistenzialismo ante
litteram e quasi istintivo de Gli Indifferenti e quello storico e
cosciente da La Romana in poi. Questo, scrive sempre Pampaloni,
non vuol dire però che Adriana sia un personaggio esistenzialistico,
ma solo uno dei tanti aspetti che caratterizzano il personaggio
insieme alla sua vitalità, la sua speranza, e la solidarietà col
prossimo. Il romanzo che concluderà questa fase della sua
produzione, molto importante anche per motivazioni storiche e
politiche ancora prima che letterarie, sarà La ciociara (1957), che
rappresenterà il debito pagato da Moravia nei confronti della
Resistenza e della guerra. Il romanzo, ispirato all'esperienza dello
stesso Moravia insieme alla moglie Elsa Morante a Fondi, racconta
la storia di uno stupro, a liberazione avvenuto, da parte dei
marocchini che facevano parte dell'esercito francese tra le macerie di
una chiesa abbandonata. Uno stupro che rappresentava in realtà lo
stupro dell'Italia stessa. Ancora una volta Moravia dunque usa un
termine che appartiene alla realtà sessuale – la sua chiave di lettura
della realtà – per parlare di altro. In questo romanzo sarà presente
l'unico personaggio positivo di tutta l'opera di Moravia, Michele (e
non è probabilmente un caso che abbia lo stesso nome del
protagonista de Gli Indifferenti), che si sacrifica per i suoi parenti e
gli altri sfollati, lasciandosi portare via da un gruppo di tedeschi in
ritirata. Michele rappresenta dunque l'unica limpida opposizione alla
crudeltà della guerra. Della carica ideale che Michele rappresenta
Cesira prende coscienza ricordando quando, prima di morire, aveva
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L’Attenzione di Alberto Moravia
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L’Attenzione di Alberto Moravia
Africa, dove la scoperta dei riti dei popoli primitivi avviene sulla
scorta della lettura di Cuore di tenebra di Conrad. In questo modo
l'ignoto, il mostruoso e l'estraneo vengono filtrati attraverso i
parametri della cultura occidentale. I suoi viaggi in Africa di questo
periodo verranno raccontati in tre testi: A quale tribù appartieni?
(1972), Lettere dal Sahara (1981) e Passeggiate africane (1981). A
differenza di quanti videro in questa scelta una professione di
disimpegno, questi testi rappresentarono al contrario un
coinvolgimento di Moravia negli avvenimenti e nei problemi del
Terzo Mondo. Testi che nulla ebbero a che fare con la tipica
letteratura di viaggio in Africa ma che descrissero i processi di
sviluppo del neocolonialismo capitalistico sotto la triplice violenza
economica, turistica e culturale. Estremamente significativo sarà
inoltre lo scontro tra il razionalismo illuministico dello scrittore e la
resistenza di una realtà sconosciuta e incomprensibile anche se il
fascino dei suoi resoconti di viaggio non sta tanto nella forza delle
idee quanto nel tono della voce che s'interroga di fronte a un
paesaggio, un incontro o un colloquio. Racconti interiori dunque più
che rappresentazioni fotografiche dell'Africa ed è per questo che
rientrano certamente nella sua migliore narrativa.
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L. ANCESCHI, Discorso generale, “Il Verri”, n°1 (1956), p. 2
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U. ECO, Opera aperta, Milano, Bompiani, 1962
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II. L’Attenzione
2.1 L’intreccio
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«Non vorrei essere tuttavia frainteso. Il romanzo poteva dirsi riuscito e non
avrebbe certo sfigurato tra la produzione narrativa di quegli anni.
Situazione, personaggi, stile, costruzione e strutture contribuivano
abbastanza naturalmente a formare un organismo complesso che aveva tutte
le apparenze della vitalità. E tuttavia, questa storia della ricerca
dell'autenticità attraverso l'amore per una donna del popolo, era
assolutamente inautentica. L'inautenticità non stava però nella pagina,
bensì, si sarebbe detto, nei fatti stessi che vi erano narrati. Era
un'inautenticità, per così dire, costituzionale, come se gli avvenimenti che
avevo cercato di raccontare fossero stati già in origine, prima ancora di
essere raccontati, irrimediabilmente inautentici […]. Dunque, una volta di
più, inautentico non era tanto il libro, quanto la realtà dalla quale era stato
ricavato».7
Il romanzo inizia dieci anni dopo gli eventi del prologo, quando
Francesco ha deciso di riprendere in mano il romanzo che aveva
distrutto perché “inautentico”: «L'inautenticità del romanzo derivava dal
fatto che vi si agiva. Io avevo infatti riscontrato che nella realtà della vita
non era possibile, almeno per me, agire in maniera autentica. Di
conseguenza... l'inautenticità era passata dalle cose che avevo cercato di
rappresentare nelle parole stesse di cui mi ero servito per rappresentarle».8
7
A. MORAVIA, L’Attenzione, Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 15-16
8
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 32
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«[...] il romanzo come storia, come vicenda, con un principio, uno sviluppo
e una fine, come dramma insomma, ti è fallito. Prova allora a vedere se ti
riesce il romanzo senza storia, senza vicenda, senza dramma. Un romanzo
in cui non succede niente. Che cos'è il contrario dell'azione drammatica? Il
contrario dell'azione drammatica è il quotidiano, cioè il tran tran, come si
dice, della vita di tutti i giorni[...] L'autenticità che l'azione non poteva non
rifiutarti vedrai che l'otterrai in una rappresentazione che escluda ogni
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specie di azione».
Prima di tornare a Roma Francesco riceve una lettera anonima che gli
rivela che la moglie Cora invece di gestire una sartoria, come creduto
da tutti, era in realtà la ruffiana di una casa di prostituzione.
Francesco, accortosi così della “disattenzione” nei confronti della sua
famiglia, tornato a Roma, farà leggere la lettera a Baba, che ha ormai
vent'anni e frequenta la facoltà di Lettere, perfettamente al corrente
dell'attività della madre, che sei anni prima aveva anche cercato
invano di iniziarla al “mestiere”. Baba non la rimprovera però in alcun
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A. MORAVIA, L'Attenzione, op. cit, Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 35-36
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È per questo motivo che Francesco, per evitare nel suo futuro romanzo
l'inautenticità, nel diario inventa anche scene come, ad esempio, quella
del suo corteggiamento a Baba, oppure quella del colloquio avuto con
Cora per convincerla a ricoverarsi in un sanatorio. Immaginazioni
inautentiche che si sovrapporranno continuamente ad una realtà
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«Il romanzo, insomma, era il vero protagonista del diario, non io che tenevo il diario. E il
diario era un romanzo bello e pronto perchè io non vi avevo raccontato la mia storia, bensì la
storia di un romanzo che progettavo di scrivere»,A. MORAVIA, L'attenzione, op. cit., Milano,
Bompiani, X Edizione, 2008, p. 295
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Santoro che non ama ma con cui è pronta ad affrontare una normale
vita matrimoniale. Mentre Francesco riconosce che il vero romanzo è
il diario e decide di pubblicarlo così com'è: consacrazione di un
genere letterario promosso non più soltanto come coscienza che
registra il passato, ma vera e propria norma morale per l'azione.
Durante il colloquio con Baba era emerso il fatto che l'iniziale lettera
rivelatrice potrebbe essere stata recapitata dieci anni prima a
Francesco, il quale era stato il primo cliente di Baba ma, entrando
nella stanza dove lei lo aspettava, aveva sospettato che fosse un
tranello e perciò se n'era andato. Nel diario due giorni dopo Francesco
nega però che ciò sia avvenuto e ripristina la versione iniziale, a cui
segue una controsmentita ed una sospensiva. Forse le cose sono
andate in un modo o forse in un altro senza venire chiarito, poiché,
conclude Moravia, «[...] qualcuno vorrà sapere che cos'è realmente
avvenuto. Ma questo io non lo dirò, perché in fondo non è necessario che lo
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dica». In realtà, la vera conclusione c'era stata precedentemente o,
per meglio dire, due diverse conclusioni. Nella prima, più vicina alle
aspirazioni fantastiche del personaggio, Francesco abbandona Roma
dopo una misteriosa scomparsa di Cora e Baba, che in seguito scoprirà
essere state uccise; nella seconda, più vicina invece alla realtà, la
scomparsa delle due donne si rivelerà una semplice assenza
temporanea. Quale dei due finali sia quello reale Francesco non lo
rivelerà, poiché essi dipendono dalla realizzazione o meno
dell'incesto. Se Francesco lo avesse realizzato, il romanzo avrebbe
avuto un finale drammatico attraverso una giusta punizione per Cora,
che questo incesto avrebbe favorito, e per Baba che l'avrebbe
accettato; nel caso invece non fosse riuscito, la morte sarebbe stato
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A. Moravia, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 288
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2.2 I personaggi
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A. MORAVIA, Il romanzo del romanzo. Appunti per l'Attenzione, “Nuovi Argomenti”, n°1,
(Gennaio-Marzo 1966), p. 3
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«Cora è una maschera drammatica che si decifra facilmente. È una sacerdotessa del ministero
fallico, una credente invasata nel sesso ed una ruffiana per fede; nel suo culto si consuma e
muore», Guido PIOVENE, Moravia è un baobab vorace, “Successo”, VII (Luglio 1965), p. 73
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A. MORAVIA, Lo stile narrativo saggistico-continuo, “Paragone”, n° 260 (ottobre 1971), p. 16-
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«[...] i motivi per cui ogni tanto sento il bisogno di cambiare i fatti via via
che li riporto nel diario sono molteplici e variano secondo la natura dei fatti
medesimi e il genere di rapporto che ho con essi».16
16
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 187
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L’Attenzione di Alberto Moravia
Tutti gli ambienti vengono descritti nei più minuziosi particolari, con
la solita tecnica teatrale moraviana, da cui emerge quel degrado
morale che coinvolge ormai tutto e tutti senza più alcuna distinzione,
tutto orridamente uguale, uniforme e conformistico. Il parallelo tra
degrado morale e descrizione degli spazi e degli ambienti risulta
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A. MORAVIA, A che punto è la polemica letteraria in Italia, “L'Espresso”, 24 maggio 1964
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evidente quando Francesco si reca alla villa gestita dalla moglie. Una
villa «intonacata di una trista tinta grigia, la facciata liscia e senza cornici
sparsa di grandi macchie scure di umidità e rigata dall'alto in basso di
scolastici rugginosi […] affiancata da una specie di torre che le dava un'aria
arcigna e utilitaria, tra il silos e il castelletto medievale»18, i cui interni
erano costituiti da «un vestibolo lungo e spoglio con lo zoccolo di legno
scuro, poi una porta dai vetri opachi, infine la scala stretta e ripida come
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ricavata nello spessore del cemento» . La stessa situazione si ritrova
nella sua casa con «[...]le due tende a grosse strisce verticali che
nascondevano altrettante finestre le quali davano sul cortile; le tre consolle
Impero sormontate da specchi, tra l'una porta e l'altra; le quattro stampe
incorniciate di legno scuro negli spazi tra le tende. Perché avevo arredato la
casa in una maniera così convenzionale?[...]per un'aspirazione inconscia ad
un ordine qualsiasi, persino un meschino ed anacronistico ordine borghese,
che mi nascondesse il disordine profondo, a me ancora sconosciuto, della
mia vita»20.
18
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 114
19
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 114
20
A. MORAVIA, L'Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 37
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A. MORAVIA, L'Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 175
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A. MORAVIA, L'Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X edizione, 2008, p. 178
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R. LUCIONI, adhikara, <http://www.adhikara.com/edizioni-hualfin/volume-1-
2/nomedelpadre.pdf>, ultima consultazione: 15.06.2010
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R. LUCIONI, adhikara, op. cit., <http://www.adhikara.com/edizioni-hualfin/volume-1-
2/nomedelpadre.pdf>, ultima consultazione: 15.06.2010
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Moravia, anche da parte dei suoi critici più feroci, è sempre stato
considerato un grande narratore. Ne è stata invece sottovalutata spesso
la sua natura critica, letteraria e stilistica. Si è sempre evidenziato il
carattere civile ed ideologico che ne ha caratterizzato l'opera,
minimizzando l'elemento stilistico e di scrittura (come se uno non
condizioni sempre l'altro). Notevole è, invece, a partire da Gli
Indifferenti, il rapporto tra critica e scrittura in Moravia. E' un rapporto
che non si risolve nel primato della scrittura, nel gesto stilistico,
nell'artificioso formalismo linguistico, allontanando il pubblico e
diventando un'operazione da laboratorio utile soltanto per gli addetti ai
lavori. La scrittura, per Moravia, è uno scambio di esperienza e
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comunicazione tra scrittore e pubblico, che rivela quale sia la sua idea
del ruolo dello scrittore.
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«Prima di tutto debbo dire perché ho scritto un diario. Molte sono le ragioni
per cui si scrive un diario: per annotare dei fatti che si ritengono importanti;
per quell'istinto di economia che qualche volta suggerisce agli scrittori di
mettere a profitto anche le briciole della loro vita allo scopo di avere un
libro di più da pubblicare; per vanità e compiacimento di se stessi. Questo
diario è stato invece scritto per ricavarne più tardi un romanzo: cioè come
raccolta di materiale per servire a un romanzo da farsi».26
25
A. MORAVIA, Gli Indifferenti, Milano, Bompiani, Euroclub Italia, III Edizione, 1988, p. 127
26
Alberto MORAVIA, L'Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 7
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«Nella Noia scandivo nel dialogo l'azione stessa. Insomma mi accorsi che tutto era superfluo,
tranne quel che i personaggi dicevano. E allora perché continuare a scrivere romanzi?», Enzo
SICILIANO, Alberto Moravia: vita, parole e idee di un romanziere, Milano, Bompiani, 1982,
p. 90
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A. MORAVIA, La noia, Milano, Bompiani, XVII Edizione, 2008, p. 8
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«Benché non fossi iscritto ad alcun partito, le mie idee politiche erano note,
e così non pochi furono coloro che mi giudicarono severamente e dissero
che, alla fine, mi ero comportato come tanti ambiziosi i quali, dopo essersi
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messi in valore a sinistra, si vendono a destra».
29
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 8
30
R. TESI, La lingua invisibile. Appunti in margine a uno studio sugli aspetti linguistico-stilistici
della narrativa di Alberto Moravia, “Studi e problemi di critica testuale”, LXXIV (2007), p. 213-
232
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«Dal punto di vista della durata, si direbbe che abbiano più probabilità di
essere letti in futuro i romanzieri che lasciano parlare le cose di quelli che
vogliono prima di tutto essere scrittori e stilisti [nel senso di 'soggettivisti',
'espressionisti']; e questo per la buona ragione che lo stile di uno scrittore,
ancor più della personalità, sovente rispecchia il gusto o la moda dell'epoca,
31
che sono cose periture».
2.5 I temi
«C'è alienazione ogni volta che l'uomo è adoperato come mezzo per
raggiungere un fine che non è l'uomo stesso, bensì qualche feticcio che può
31
A. MORAVIA, L'uomo come fine e altri saggi, op. cit., I Edizione, 1964, p. 293
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Dalla citazione è evidente come Moravia tenda a far sì che l'uomo non
sia più un mezzo, ma torni ad essere un fine. È, in altre parole, un
umanista, avendo ben chiaro cosa l'uomo dovrebbe essere e cosa è
invece nella realtà o, per meglio dire, irrealtà del mondo moderno che
utilizza tutti i mezzi a sua disposizione (la religione, il lavoro, le
convenzioni sociali, la cultura) per convincerlo del contrario. Spesso
l'uomo si lascia anche convincere «Ma basta», continua Moravia, «che
sopravvenga una crisi decisiva, e l'uomo spezzi il ritmo serrato delle sue
distrazioni e si dia la pena di riflettere seriamente e allora si accorge
facilmente che il lavoro è servitù, che onori, compensi e incoraggiamenti
sono inganni, illusioni e sonniferi, che la cultura è lusinga per sedurlo,
32
A. MORAVIA, L'uomo come fine e altri saggi, op. cit., 1964, p. 380
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A. MORAVIA, L'uomo come fine e altri saggi, op. cit., 1964, p. 401
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A. MORAVIA, L'uomo come fine e altri saggi, op. cit., 1964, p. 241
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sia del mito dell'autenticità del popolo, «[...]un cimitero di idee false via
via adoperate e poi abbandonate; un magazzino di camuffamenti del quale,
neppure una volta sola, il volto della realtà si era spogliato».35
35
A. MORAVIA, L’Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 16
36
A. MORAVIA, Requiem per il romanzo?, “Paese Sera”, 26 marzo 1965
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«L'uomo comune non ha che i sogni, sia quelli che fa dormendo che quelli
che fa ad occhi aperti; ma il romanziere, oltre ai sogni, ha le invenzioni dei
suoi romanzi. Come i sogni, queste invenzioni non sono quello che
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sembrano; e significano altro da quello che pretendono di significare».
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«[...] Ma con La Noia del 1960 Moravia esaurisce la sua vena realistica, che
tanti spunti e felici soluzioni aveva offerto[...] e introduce la funzione
dell'intellettuale come cardine del racconto, spia critica del modo di
guardare alla realtà, specchio degli scompensi fra aspirazioni e
realizzazioni, misura di una alienazione montante dell'artista e dell'uomo di
pensiero da una condizione sociale sempre più meccanizzata dal denaro e
dal progresso scientifico e dalla produzione industriale».39
39
G. PULLINI, Un personaggio scomodo come una coscienza critica, in Alberto Moravia: Il
narratore e i suoi testi, a cura di F. Longobardi, W. Mauro, G. Pullini, M. Ricciardi, Roma, La
nuova Italia scientifica, 1987, p. 19
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Inoltre, c'è da dire come anche nei romanzi del periodo neorealistico,
in cui il protagonista è un popolano, la figura dell'intellettuale è
sempre presente, ricalcando sempre la perenne figura del Michele de
Gli Indifferenti. Egli sarà sempre alla ricerca della sincerità, quella
forza che permette di vedere la realtà per quella che è, e che Moravia
definisce «speranza», «ragione totalizzante», oppure più
semplicemente «ragione». Per Moravia l'intellettuale, il philosophe, è
quello che maggiormente incarna la sua idea di verità, che non varierà
mai sostanzialmente nel corso di tutta la sua attività artistica e
culturale:
40
N. AJELLO, Intervista sullo scrittore scomodo, op. cit., Roma-Bari, Laterza, 1978, p. 69-72
41
A. MORAVIA, Breve autobiografia letteraria, in Opere, 1927-1947, op. cit., p. XIX-XX
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L. GERVASUTTI, I fantasmi di Moravia: gli intellettuali tra romanzo e realtà, Udine, Aviani
Editore, 1993, p. 23
43
T. SOLDINI, Alberto Moravia e la figura dell'intellettuale da Gli Indifferenti a La Ciociara,
“Versants”, n°49 (2005), p. 75-115
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A. MORAVIA, L'Attenzione, op. cit., Milano, Bompiani, X Edizione, 2008, p. 231
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A. MORAVIA, La Noia, op. cit., Milano, Bompiani, XVII Edizione, 2008, p. 7
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III. CONCLUSIONI
In seguito, nei paragrafi dedicati al tempo, allo spazio e alla lingua del
romanzo, ho analizzato gli elementi innovativi e quelli che si
conservano rispetto all'opera complessiva dello scrittore. Pur
analizzando in questa sezione gli elementi esclusivamente formali, si
può notare come anch'essi riflettano l'ideologia di Moravia. Tali
elementi, che mai sono banali né tantomeno casuali, riflettono una
poetica, un pensiero, una visione sulla vita e sul mondo, riflettendosi
su un piano puramente tematico. Un esempio tipico di tale
procedimento di Moravia, presente in tutta la sua opera e in particolar
modo proprio ne L'Attenzione, è l'utilizzo del passato prossimo, con
cui l'autore riesce ad immedesimarsi nella vicenda ma, al tempo
stesso, senza rifarsi totalmente al modo espressivo del Nouveau
Roman.
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Una contemplazione non mistica o ascetica che isoli dal resto della
comunità e del mondo ma che abbia come unico fine quello di
ricercare la verità.
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BIBLIOGRAFIA
ASOR ROSA A., Storia e antologia della letteratura italiana, vol. 23,
a cura Di ABRUZZESE A., Firenze, La Nuova Italia, 1976.
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PINCHERA M., Moravia e così sia, “Il Corriere del Giorno”, 9 luglio
1965.
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TURI N., Testo delle mie brame. Il meta romanzo italiano del secondo
novecento (1957-1979), SEF, Centro studi Aldo Palazzeschi, Quaderni
Aldo Palazzeschi nuova serie, Università degli studi di Firenze,
Facoltà di Lettere e filosofia, 2007.
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