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RIASSUNTO CANTI ORLANDO FURIOSO

Proemio:
I primi dodici versi del proemio (la prima ottava e i primi quattro versi della seconda) introducono due dei tre
principali argomenti dell’opera: la guerra tra Carlo Magno e Agramante e la pazzia di Orlando.I secondi quattro
versi della seconda ottava sono invece un’invocazione alla donna amata (Alessandra Benucci); questo è
sicuramente un elemento innovativo notevole perché, classicamente, l’invocazione era rivolta alla Musa. Ariosto
evita i toni solenni, sostituendoli con un approccio più scherzoso, lievemente ironico.
La terza ottava è costituita dalla “dedica”; sostanzialmente è la glorificazione del casato estense. In particolare,
questi versi sono dedicati al cardinale Ippolito d’Este; l’espressione “erculea prole” fa riferimento al fatto che
Ippolito era figlio di Ercole I d’Este. Non sfugge il tono ironico del poeta; Ariosto fu al servizio del cardinale come
suo segretario per molti anni, dal 1503 al 1517. Vale la pena ricordare che il rapporto fra Ludovico Ariosto e il
cardinale non fu semplice; Ippolito lo considerò sempre un “cortigiano”, mentre Ludovico avrebbe desiderato
fortemente essere apprezzato come poeta, come artista. Il rapporto si concluderà nel 1517 con il rifiuto di
Ludovico di seguire il suo signore in Ungheria.Nella quarta ottava si introduce il terzo argomento: la lode del
grande valore e delle imprese valorose di Ruggiero, questi era un eroe saraceno che, alla fine del poema,
sposerà la sorella di Rinaldo, Bradamante; è da questo matrimonio che si originerà la stirpe degli Estensi. Non
sfugge anche nel caso di questi versi il tono ironico dell’Ariosto (“vostri alti pensier”).

Primo canto:
Orlando torna con Angelica dall’Oriente ed entra in conflitto con suo cugino Rinaldo, anch’egli innamorato di Angelica.
Carlo Magno ha interesse a porre fine al conflitto trai due per averli di nuovo pienamente al proprio servizio, quindi
sottrae Angelica ad Orlando e la affida al duca di Bavera, promettendola a chi dei due duellanti risulterà il più valoroso
nella battaglia contro i saraceni, guidati da Agramante. Ma il giorno dopo i Cristiani sono sconfitti rovinosamente e il loro
accampamento è devastato dai nemici.
Trovatasi improvvisamente incustodita Angelica salta in sella ad un cavallo e scappa nel bosco. Lì incontra Rinaldo,
rimasto a piedi dopo la fuga del suo cavallo, Baiardo. Angelica, che ha orrore di lui avendo bevuto alla fontana dell’Odio,
fugge gridando e incontra un altro cavaliere dei Mori, Ferraù, che si è allontanato dalla battaglia per dissetarsi al fiume.
Ferraù riconosce subito Angelica, essendone invaghito anche lui, e si butta contro Rinaldo, che la sta inseguendo. I due
incominciano a duellare e intanto Angelica ne approfitta per scappare via da sola. Accortosi che l’oggetto della loro
contesa sta prendendo il volo, Ferraù e Rinaldo si accordano per inseguirla e riprendere in seguito il duello per stabilire a
chi deve toccare la preda. Ad un bivio decidono però di separarsi. Dopo diverse vicissitudini, Ferraù si ritroverà al punto
di partenza, dove gli appare l’Argalia, che lo incita a consegnarle l’elmo di Orlando in sostituzione del suo, promesso ma
mai restituito.Intanto Rinaldo ha ritrovato Baiardo, ma il cavallo non si lascia prendere. Angelica, dopo una lunga fuga, si
ferma nei pressi di un ruscello e si addormenta dopo essersi nascosta nel folto di un cespuglio. A un certo punto un
cavaliere giunge sulla riva del ruscello e comincia a lamentarsi. Angelica, destatasi, ascolta i suoi lamenti, rimanendo
nascosta. Il cavaliere triste è Sacripante, innamorato deluso e tradito. Scoperta la fanciulla Sacripante si consola subito e
decide di approfittare della situazione ma prima che possa mettere in atto il “dolce assalto”, improvvisamente
sopraggiunge un cavaliere sconosciuto. I due si scontrano ferocemente e Sacripante ha la peggio, ma il cavaliere
sconosciuto si allontana (è Bradamante, amazzone guerriera cristiana, che cerca il suo innamorato, Ruggiero,
coraggioso cavaliere dei Mori). Sacripante e Angelica trovano Baiardo che si lascia prendere da Angelica, che lo
conosce bene. I due si allontanano nel bosco, giusto mentre stava per sopraggiungere Rinaldo.
23 canto:
Ucciso Pinabello, Bradamante si accorse di non sapere più tornare al luogo in cui aveva lasciato Ruggiero. Dovette dormire
in un bosco, tra sospiri e lacrime, accusandosi di essersi lasciata prendere dall’ira, di non essere stata al fianco dell’amato e di
non essersi nemmeno guardata intorno durante l’inseguimento, tanto ardeva dal desiderio di vendicarsi.
Vagando per il bosco, il giorno dopo la donna raggiunge il palazzo nel quale era stata tenuta prigioniera, per incantesimo,
insieme ad altri cavalieri, ed incontra quindi il suo cugino Astolfo.
Il paladino è ben contento di incontrare Bradamante, la miglior persona alla quale avrebbe mai potuto affidare Rabicano.
Astolfo consegna quindi alla donna il proprio destriero, l’armatura, così da potersi muovere leggero nell’aria a cavallo
dell’ippogrifo, e la lancia incantata, chiedendole il piacere di portarle a Montalbano e di conservarle fino al suo ritorno. Il
cavaliere prende infine la sua via nel cielo.
Aiutata da un campagnolo, la donna riprende quindi il proprio viaggio con l’intenzione di recarsi prima alla badia di
Vallombrosa, per ritrovare l’amato, e solo dopo fare ritorno a Montalbano, dove aveva la madre ed alcuni suoi fratelli ad
aspettarla.
Vagando per il bosco, si ritrova però subito a Montalbano. Teme di essere riconosciuta e di trovarsi quindi costretta a
rimanere contro la propria volontà, per tale motivo riparte lungo la via a lei nota che porta alla badia. Non fa però in tempo
ad allontanarsi che incontra il fratello Alardo. Si incammina con lui verso Montalbano e riabbraccia così la madre Beatrice ed
anche gli altri suoi fratelli.
Non potendo più andarci di persona, Bradamante invia Ippalca, figlia della sua balia, a Vallombrosa per informare Ruggiero
degli avvenimenti e chiedergli quindi di procedere nel battesimo per poi raggiungerla a Montalbano. Affida a lei anche
Frontino, il cavallo di Ruggiero, che aveva portato a Montalbano dopo che l’amato era stato rapito dall’ippogrifo.
Ippalca incontra sulla propria via Rodomonte, il quale, partito alla ricerca di Doralice a piedi, si era promesso di entrare in
possesso del cavallo del primo cavaliere che gli fosse capitato di incontrare. Da quel momento non aveva incontrato altri
cavalli se non quello condotto dalla messaggera di Bradamante.
Al guerriero Pagano dispiace di doverlo sottrarre ad una donna, saputo però che si tratta del destriero di Ruggiero, che la
donna dice essere, seguendo le istruzioni ricevute da Bradamante per spaventare ogni malintenzionato, il più valoroso
cavaliere, il crudele saraceno non esita oltre, sale in groppa al destriero e si rimette in viaggio.
Rodomonte chiede ad Ippalca di fare il suo nome a Ruggiero e di dirgli che se lo rivuole indietro potrà trovarlo facilmente
seguendo le chiare tracce del suo passaggio.
Sentito il rumore di una battaglia, subito Zerbino, seguito da Gabrina, corre sul posto e trova così il cadavere di Pinabello
poco dopo la partenza di Bradamante. Mentre il cavaliere cerca invano di trovare il colpevole dell’omicidio, la vecchia
sottrae al morto tutto ciò che di valore riesce a nascondersi addosso, tra cui un cintura.
I due, ripartiti, giungono presso al palazzo del padre di Pinabello. Zerbino finge di non sapere nulla del corpo per paura di
essere accusato dell’omocidio. Il padre di Pinabello, il conte Anselmo, aveva però promesso un ricco premio a chi riuscisse a
indicargli l’assassino, e la vecchia Gabrina subito approfitta dell’occasione per indicare in Zerbino l’omicida e, per essere
meglio creduta, mostra anche al conte la cintura sottratta al cadavere. Zerbino viene subito fatto prigioniero e condannato ad
essere squartato là dove Pinabello era stato ucciso.
Giunge per fortuna sul posto il paladino Orlando in compagnia della bella Isabella. Il cavaliere, lasciata la compagna su di un
monte, si avvicina al condannato a morte chiedendo spiegazioni. Zerbino gli racconta la sua storia e convince così bene
Orlando della propria innocenza (aiutato anche dal fatto che Orlando conosce bene la crudeltà dei Maganzanesi) che subito il
paladino decide di aiutarlo.
Orlando si lancia in combattimento e fa una strage uccidendo senza pietà tutti quelli che riesce a raggiungere.
Zerbino, riavuta la libertà ed indossate nuovamente le proprie armi (quindi non riconoscibile a causa dell’elmo), si accorge
della presenza dell’amata Isabella e arde pertanto d’amore. Vorrebbe riabbracciarle ma teme che il paladino, verso cui è
debitore della propria vita, sia il nuovo amante di lei, e perciò si trattiene.
Giunti presso una fonte, Zerbino si toglie infine l’elmo e viene riconosciuto da Isabella, che corre ad abbracciarlo.
Un rumore giunto dal bosco pone fine ai ringraziamenti dei due amanti verso Orlando ed i tre vedono arrivare a cavallo
Mandricardo e Doralice.
Il crudele pagano era alla ricerca di quel cristiano che aveva fatto una strage di guerrieri saraceni presso Parigi, per potersi
confrontare con lui; riconosciutolo quindi nel cavaliere che si trova in quel momento di fronte, sfida subito il conte a duello.
Orlando si stupisce di vedere l’avversario privo di spada e Mandricardo gli dice di essersi promesso
di non portare con sé nessuna spada finché non riuscirà a togliere la spada Durindana al conte
Orlando. Infine dice di volersi vendicare anche dell’uccisione del proprio padre, Agricane, per mano
del paladino.
Orlando dichiara la propria identità, appende ad un albero la propria spada e si prepara al duello.La
lance vengono subito ridotte in pezzi nei primi scontri e gli sfidanti, non avendo altre armi, non possono fare altro che
cercare di avere la meglio con i pugni e nel combattimento corpo a corpo.
Il cavallo di Mandricardo rimane senza le briglie, tolte da Orlando, e parte subito al galoppo, accecato dalla paura, portandosi
dietro il proprio padrone. Terminerà la propria corsa cadendo in un fosso.
Doralice, corsa dietro alla propria guida, offre al guerriero le briglie del proprio cavallo. Mandricardo si impossessa invece di
quelle del cavallo guidato da Gabrina, giunta lì per caso.

Orlando, non vedendo ricomparire l’avversario, decide di andare alla ricerca di Mandricardo e si separa così dai due amanti,
chiedendo però prima loro, dovessero mai incontrare il guerriero pagano, di dire lui che potrà trovare il paladino in quei
boschi per altri tre giorni, prima che faccia poi ritorno a Parigi.
Dopo aver girato invano per due giorni, il conte Orlando giunge infine nei luoghi dove Angelica e Medoro sfogarono la loro
passione amorosa. Vede i loro nomi incisi su ogni albero ed ogni pietra. Il paladino cerca di convincersi prima che si tratti di
un’altra Angelica, ma conosce purtroppo bene la grafia della donna amata, poi che Medoro fosse il soprannome che lei gli
aveva dato, ma in una grotta trova una poesia scritta dal giovane in onore della passione vissuta insieme ad Angelica, e non
può infine fare altro che scontrarsi con la dura realtà. Inizia a crescere la pazzia in Orlando.
Pensa anche che le scritte siano opera di qualche malintenzionato, che voglia disonorare e screditare la sua amata, oppure che
siano state fatte con l’intenzione di ferirlo ingiustamente. Quella sera si trova però a dormire nella casa dello stesso pastore
che aveva accolto Angelica e Medoro e li aveva infine sposati. Gli viene raccontato ogni dettaglio della storia d’amore dei
due giovani e gli viene anche mostrato il bracciale, donato da Orlando come pegno d’amore, con il quale Angelica aveva
ripagato il pastore dei favori ricevuti. Questa storia è la scure che tolse definitivamente il capo dal collo del paladino.
Fugge nella notte da quella casa dove la sua amata aveva sfogato la sua passione amorosa per Medoro. Raggiunge il bosco,
grida il suo dolore, versa lacrime per giorni e si sente morire.
Giunto nuovamente nei luoghi dove ovunque erano incisi i nomi dei due amanti, l’Orlando furioso sguaina la propria spada e
distrugge tutto ciò che abbia quelle scritte. Ormai sfinito si sdraia sul prato e rimane così, immobile, per tre interi giorni.
Orlando si spoglia poi dell’armatura, di ogni arma e di ogni veste, rimanendo completamente nudo. Il paladino ha perso ora
completamente il senno: è la pazzia di Orlando.
Il conte furioso distrugge tutto ciò che incontra sulla propria strada utilizzando la propria immensa forza.

24 canto:
Udito il gran frastuono provocato dal paladino, alcuni pastori si recano sul posto. Vista la pazzia di Orlando cercano subito di
fuggire, ma il conte li rincorre e fa una strage di uomini, per poi fare altrettanto con i loro animali.
I contadini cercano anche di difendersi come possono, ma non riescono neanche a ferirlo, essendo lui invulnerabile per
incantesimo. Quando oramai nessuno osa più stargli intorno, l’Orlando furioso prosegue oltre nel suo vagare. Girerà tutta la
Francia, saccheggiando paesi ed uccidendo uomini ed animali senza distinzione, fino a giungere un giorno presso un ponte.
Tornando a parlare di Zerbino e di Isabella, i due amanti, dopo essersi separati da Orlando, incontrano sulla loro via Odorico,
colui che aveva tentato di possedere con la forza Isabella, condotto a cavallo come prigioniero da Almonio, il cavaliere che si
era opposto a Odorico ed era stato da lui ferito, e Corebo, il cavaliere allontanato con una scusa da Odorico. Almonio
racconta al suo signore gli avvenimenti successivi al rapimento di Isabella.
Tornato alla spiaggia con i cavalli richiesti, Almonio aveva ritrovato solo il compagno ferito ed era stato quindi informato su
quanto successo. Una volta guarito Corebo, i due si erano messi alla ricerca del cavaliere infedele e l’avevano trovato presso
il re Alfonso d’Aragona.
Almone sfida in duello Odorico, lo sconfigge e su concessione del re lo incatena con l’intenzione di consegnarlo appunto a
Zerbino.
Odorico conferma le parole di accusa, dicendo però di aver combattuto oltre ogni limite per non cedere in tentazione, ma
l’avversario era stato tanto superiore che alla fine era stato costretto a cedere. Zerbino ricorda la grande amicizia che li aveva
sempre uniti e decide quindi di graziarlo, sapendo che è stato vittima d’amore.
Giunge in quel momento tra loro anche il cavallo con in groppa Gabrina, al quale Mandricardo aveva tolto il freno, che viene
subito riconosciuta. Per punizione Zerbino fa promettere a Odorico di tenersi per compagna la donna per un anno intero, di
condurla ovunque lei voglia andare e di proteggerla da qualunque cavaliere. Odorico non manterrà la promessa, impiccherà
infatti la vecchia ad un albero quello stesso giorno, per poi subire lo stesso trattamento per mano di Almonio.
Zerbino manda infine Almonio e Corebo a dare sue notizie alla schiera scozzese e prosegue quindi insieme ad Isabella lunga
la via percorsa da Orlando, spinti entrambi dal desiderio di conoscere la sorte del loro salvatore. Arrivano sul luogo dove la
pazzia d’Orlando aveva manifestato i primi sintomi; ritrovano la sua armatura, il cavallo Brigliadoro e la sua spada
Durindana. Un pastore racconta loro della furia del cavaliere che aveva sparso in ogni luogo gli oggetti che vedono. Isabella
e Zerbino raccolgono ogni pezzo e lasciano il tutto su di un pino.
Giunge in quel posto anche Fiordiligi mentre è alla ricerca dell’amato Brandimarte, partito esso stesso alla ricerca di Orlando
e poi ritornato a Parigi (ma lei non lo sa). La donna riconosce le armi del paladino e viene a conoscenza della sua sorte.
Giunge poi anche Mandricardo e senza esitare si impossessa della spada Durindana. Zerbino non accetta quel
comportamento e subito si lancia contro il guerriero pagano. Il duello è impari: Zerbino si muove velocemente per schivare i
colpi dell’avversario e piazzare i propri, ma non può nulla contro l’armatura che in precedenza era appartenuta ad Ettore; i
pochi colpi piazzati da Mandricardo vanno sempre a segno e Zerbino si ritrova in breve ferito, privo dello scudo e con
l’armatura lacerata.
Devono intervenire le donne, Isabella e Doralice, per calmare l’ira degli uomini e separarli.
Fiordiligi si dispera vedendo allontanarsi in cattive mani la spada dell’amico Orlando. Vuole ora ancora di più ritrovare
Brandimarte: per amore, ma anche perché sa che lui sarebbe in grado di riprendere Durindana.
Prosegue oltre il suo viaggio ed un giorno, mentre sta per oltrepassare un ponte, incontra il povero paladino.
Zerbino, calmata l’ira, sente la vita che si spegne non solo a causa delle ferite ricevute e del sangue che continua a perdere,
ma anche per il dolore per non essere riuscito a recuperare la spada e per le lacrime che velano gli occhi di Isabella. Lei si
dispiace per non essere in grado di salvarlo, lui si dispiace perché la lascia senza guida in un posto non sicuro. Lei dichiara di
voler morire per seguirlo nella morte, lui la convince a non compiere quel gesto e muore subito dopo tra le sue braccia.
Giunge sul luogo un eremita ed evita il suicidio di Isabella, raccontandole passi del vecchio e del nuovo testamento che
parlavano di donne in situazioni simili alla sua. Alla ricerca di un buon luogo dove seppellire Zerbino, l’eremita conduce la
donna in un monastero di monache in Provenza. Incontreranno però sulla loro via un cavaliere che li offenderà
ingiustamente.
Tornando a raccontare di Mandircardo, il guerriero, terminata la battaglia, raggiunge una fonte e subito vede arrivare, guidato
dal nano mandato da Doralice, Rodomonte, pronto a sfidarlo per vendicarsi della perdita della sua promessa sposa.
Inizia un feroce combattimento tra i due cavalieri pagani; i colpi inferti dall’una e dall’altra parte sono durissimi. Le armature
incantate li proteggono da ogni ferita, ma i colpi ricevuti alla testa sono tanto forti da lasciarli a volte storditi.
Il cavallo di Mandricardo prende alla testa, indietreggiando, un colpo diretto al suo padrone e cade morto. Rodomonte viene
disarcionato ed il combattimento torna così alla pari. Giunge infine un messaggero mandato da re Agramante per richiamare
nelle file dell’esercito tutti i comandanti ed i cavalieri lontani da Parigi. L’accampamento pagano è sotto assedio ed è urgente
il loro aiuto.
Su richiesta della donna i due guerrieri sospendono il combattimento, rimandandolo al giorno in cui l’accampamento
saraceno sarà stato liberato dall’assedio, così da decidere chi dei due potrà avere Doralice.
Mandricardo è però rimasto senza cavallo, senonché alla stessa fonte arriva anche Brigliadoro.

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