Sei sulla pagina 1di 6

Letteratura italiana (/)

HOME (/) PERCORSI (/PERCORSI.HTML) AUTORI (/AUTORI.HTML) OPERE (/OPERE.HTML) TESTI (/TESTI.HTML)

SCHEDE (/SCHEDE.HTML) VIDEO (/VIDEO.HTML)

Ludovico Ariosto

La fuga di Angelica (prima parte)


(Orlando furioso, I, 5-32)

Approfittando di una sconfitta sul campo dei cristiani, Angelica (che Carlo Magno ha affidato alla custodia del vecchio duca Namo di
Baviera) si dà alla fuga e viene variamente inseguita in un bosco da alcuni paladini, tra cui Rinaldo, che ora lei odia avendo bevuto alla
fonte del disamore, e Ferraù, già uccisore del fratello Argalìa e da lei a suo tempo rifiutato. I due guerrieri saranno anche protagonisti di
un duello accanito, prima di sospenderlo per riprendere l'inseguimento della fanciulla. La selva con cui si apre il poema ricorda
vagamente la "selva oscura" posta all'inizio della "Commedia" dantesca, anche se qui rappresenta la vita umana in cui tutti siamo
all'affannosa ricerca di qualcosa che non troveremo.

► PERCORSO: Il Rinascimento (/il-rinascimento.html)


► AUTORE: Ludovico Ariosto (/ludovico-ariosto.html)
► OPERA: Orlando furioso (/orlando-furioso.html)

5
Orlando, che gran tempo innamorato Orlando, che era stato innamorato di Angelica per tanto tempo e aveva
fu de la bella Angelica, e per lei compiuto per lei innumerevoli e nobili imprese in India, in Oriente, in
in India, in Media, in Tartaria lasciato Tartaria, era tornato con lei in Occidente, dove re Carlo Magno era
avea infiniti ed immortal trofei, accampato vicino ai monti Pirenei, con i guerrieri di Francia e di Germania,
in Ponente con essa era tornato,
dove sotto i gran monti Pirenei
con la gente di Francia e de Lamagna
re Carlo era attendato alla campagna,

6 per indurre re Marsilio e re Agramante a rimproverarsi del loro folle


per far al re Marsilio e al re Agramante proposito, poiché uno [Agramante] ha portato dall'Africa tutti i soldati in
battersi ancor del folle ardir la guancia, grado di portare spada e lancia, l'altro [Marsilio] ha spinto avanti la Spagna
d’aver condotto, l’un, d’Africa quante per distruggere il regno di Francia. E così Orlando arrivò qui al momento
genti erano atte a portar spada e lancia; giusto, ma si pentì subito di essere tornato:
l’altro, d’aver spinta la Spagna inante
a destruzion del bel regno di Francia.
E così Orlando arrivò quivi a punto:
ma tosto si pentì d’esservi giunto;

7 infatti poi gli fu sottratta la sua donna: ecco come spesso sbaglia il giudizio
che vi fu tolta la sua donna poi: degli uomini! Colei che aveva difeso con tante battaglie dall'Occidente
ecco il giudicio uman come spesso erra! all'Oriente, ora gli è tolta tra tanti suoi amici, senza che sia usata la spada,
Quella che dagli esperi ai liti eoi nella sua terra. Colui che gliela tolse fu il saggio imperatore, che volle
avea difesa con sì lunga guerra, spegnere un grave incendio.
or tolta gli è fra tanti amici suoi,
senza spada adoprar, ne la sua terra.
Il savio imperator, ch’estinguer volse
un grave incendio, fu che gli la tolse.
Pochi giorni prima era iniziata una gara tra il conte Orlando e suo cugino
8 Rinaldo, che erano entrambi innamorati con gran desiderio della rara
Nata pochi dì inanzi era una gara bellezza di Angelica. Carlo, che non amava questa lite che gli rendeva meno
tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo, saldo il loro aiuto militare, prese la fanciulla che ne era la causa e la affidò in
che entrambi avean per la bellezza rara custodia a Namo di Baviera;
d’amoroso disio l’animo caldo.
Carlo, che non avea tal lite cara,
che gli rendea l’aiuto lor men saldo,

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 1 di 6
questa donzella, che la causa n’era,
tolse, e diè in mano al duca di Bavera;
promettendola in premio a chi di loro in quella guerra, in quella grande
9 battaglia, avrebbe ucciso il maggior numero di infedeli e avrebbe prestato la
in premio promettendola a quel d’essi, più efficace opera militare. Lo scontro poi finì male, poiché i cristiani
ch’in quel conflitto, in quella gran giornata, andarono in fuga e il duca Namo fu fatto prigioniero insieme a molti altri,
degl’infideli più copia uccidessi, così la sua tenda rimase abbandonata.
e di sua man prestasse opra più grata.
Contrari ai voti poi furo i successi;
ch’in fuga andò la gente battezzata,
e con molti altri fu ‘l duca prigione,
e restò abbandonato il padiglione. E qui la fanciulla [Angelica], che doveva essere il premio del vincitore, prima
della rotta era salita in sella a un cavallo e al momento opportuno era
10 fuggita, avendo previsto che quel giorno la fortuna avrebbe voltato le spalle
Dove, poi che rimase la donzella alla fede cristiana: entrò in un bosco e nel sentiero stretto incontrò un
ch’esser dovea del vincitor mercede, cavaliere che veniva a piedi.
inanzi al caso era salita in sella,
e quando bisognò le spalle diede,
presaga che quel giorno esser rubella
dovea Fortuna alla cristiana fede:
entrò in un bosco, e ne la stretta via
rincontrò un cavallier ch’a piè venìa. Egli aveva la corazza addosso, l'elmo in testa, la spada al fianco e al braccio
lo scudo; e correva per la foresta più agile di un contadino mezzo nudo
11 dietro al drappo rosso [in una gara campestre]. Una timida pastorella non
Indosso la corazza, l’elmo in testa, ritrasse mai il piede davanti a un serpente più velocemente di quanto
la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo; Angelica fermò il cavallo, non appena si accorse del guerriero che giungeva.
e più leggier correa per la foresta,
ch’al pallio rosso il villan mezzo ignudo.
Timida pastorella mai sì presta
non volse piede inanzi a serpe crudo,
come Angelica tosto il freno torse, Costui era quel valoroso paladino figlio d'Amone e signore di Montalbano
che del guerrier, ch’a piè venìa, s’accorse. [Rinaldo], al quale poco prima il suo cavallo Baiardo era scappato di mano
per una strana circostanza. Non appena guardò la donna riconobbe, anche se
12 da lontano, l'aspetto angelico e quel bel viso che lo teneva stretto nelle reti
Era costui quel paladin gagliardo, d'amore.
figliuol d’Amon, signor di Montalbano,
a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo
per strano caso uscito era di mano.
Come alla donna egli drizzò lo sguardo,
riconobbe, quantunque di lontano,
l’angelico sembiante e quel bel volto La donna volta indietro il cavallo e lo sprona a briglia sciolta nel bosco; e non
ch’all’amorose reti il tenea involto. cerca la via più sicura e migliore tra i sentieri più radi e meno selvosi, anzi,
pallida e tremante e quasi fuor di sé lascia che il cavallo vada dove voglia.
13 Girò in lungo e in largo in quella selva intricata, finché giunse a un fiume.
La donna il palafreno a dietro volta,
e per la selva a tutta briglia il caccia;
né per la rara più che per la folta,
la più sicura e miglior via procaccia:
ma pallida, tremando, e di sé tolta, Su di esso si trovava Ferraù, pieno di sudore e tutto impolverato. Poco prima
lascia cura al destrier che la via faccia. un gran desiderio di bere e di riposare lo aveva distolto dalla battaglia e poi,
Di sù di giù, ne l’alta selva fiera suo malgrado, si era fermato qui, perché, goloso d'acqua e frettoloso, aveva
tanto girò, che venne a una riviera. fatto cadere l'elmo nel fiume e non era ancora riuscito a riprenderlo.

14
Su la riviera Ferraù trovosse
di sudor pieno e tutto polveroso.
Da la battaglia dianzi lo rimosse
un gran disio di bere e di riposo; La fanciulla spaventata giungeva gridando più forte possibile. A quella voce il
e poi, mal grado suo, quivi fermosse, saraceno salta sulla riva e la guarda in viso; al suo arrivo capisce subito che
perché, de l’acqua ingordo e frettoloso, è la bella Angelica, anche se pallida e sconvolta dalla paura e benché non ne
l’elmo nel fiume si lasciò cadere, abbia avuto notizie per più giorni.
né l’avea potuto anco riavere.

15
Quanto potea più forte, ne veniva
gridando la donzella ispaventata.
A quella voce salta in su la riva E perché era nobile e forse non ne era meno innamorato dei due cugini, le
il Saracino, e nel viso la guata; diede tutto l'aiuto che poteva, come se avesse ancora l'elmo, baldo e

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 2 di 6
e la conosce subito ch’arriva, coraggioso: sguainò la spada e corse minacciando verso Rinaldo che non ne
ben che di timor pallida e turbata, aveva paura. I due si erano già non solo incontrati, ma anche sfidati più
e sien più dì che non n’udì novella, volte.
che senza dubbio ell’è Angelica bella.

16
E perché era cortese, e n’avea forse
non men de’ dui cugini il petto caldo, Qui iniziarono una crudele battaglia, entrambi a piedi e con le nude spade: ai
l’aiuto che potea tutto le porse, loro colpi non reggerebbero le incudini, figurarsi le piastre e la maglia
pur come avesse l’elmo, ardito e baldo: dell'armatura. Ora, mentre i due se le danno di santa ragione, il cavallo di
trasse la spada, e minacciando corse Angelica deve studiare il passo; infatti lei lo fa correre nel bosco e nella
dove poco di lui temea Rinaldo. campagna, spronandolo quanto più può con le calcagna.
Più volte s’eran già non pur veduti,
m’al paragon de l’arme conosciuti.

17
Cominciar quivi una crudel battaglia,
come a piè si trovar, coi brandi ignudi: Dopo che i due guerrieri si affaticarono molto tempo invano per sopraffarsi a
non che le piastre e la minuta maglia, vicenda, poiché entrambi erano esperti nell'uso delle armi e nessuno era
ma ai colpi lor non reggerian gl’incudi. superiore all'altro, il primo che parlò al cavaliere spagnolo fu il signore di
Or, mentre l’un con l’altro si travaglia, Montalbano [Rinaldo], come uno che ha il cuore in fiamme, che brucia e non
bisogna al palafren che ‘l passo studi; può spegnersi.
che quanto può menar de le calcagna,
Questo sito usa i cookie per personalizzare l'esperienza utente, analizzare l'utilizzo del sito e offrire promozioni su misura. Politica sui cookie
colei lo caccia al bosco e alla campagna. Ricordami più tardi Accetto
(http://letteritaliana.weebly.com/privacy.html)

18
Poi che s’affaticar gran pezzo invano Disse al pagano: «Tu pensi di danneggiare solo me, invece danneggerai
i dui guerrier per por l’un l’altro sotto, anche te stesso: se ci scontriamo perché gli occhi splendenti del nuovo sole
quando non meno era con l’arme in mano [di Angelica] ti hanno acceso il petto, cosa ci guadagni a trattenermi qui?
questo di quel, né quel di questo dotto; infatti, anche se mi ucciderai o catturerai, la bella donna non sarà tua:
fu primiero il signor di Montalbano, mentre noi perdiamo tempo qui, lei scappa via.
ch’al cavallier di Spagna fece motto,
sì come quel ch’ha nel cuor tanto fuoco,
che tutto n’arde e non ritrova loco.

19
Disse al pagan: «Me sol creduto avrai, Sarà molto meglio, se anche tu la ami, che tu pensi a sbarrarle la strada e
e pur avrai te meco ancora offeso: trattenerla, prima che vada più lontana! Quando l'avremo in nostro potere,
se questo avvien perché i fulgenti rai allora proveremo con la spada di chi debba essere: in altro modo non so
del nuovo sol t’abbino il petto acceso, proprio cosa potrà accaderci dopo una lunga battaglia, se non un danno».
di farmi qui tardar che guadagno hai?
che quando ancor tu m’abbi morto o preso,
non però tua la bella donna fia;
che, mentre noi tardiam, se ne va via.

20
Quanto fia meglio, amandola tu ancora, Al pagano la proposta piacque: così il duello fu differito e tra loro nacque
che tu le venga a traversar la strada, subito una tregua, tale che dimenticarono l'odio e l'ira e il pagano
a ritenerla e farle far dimora, allontanandosi dal fiume non lasciò a piedi il buon figlio d'Amone: lo invita
prima che più lontana se ne vada! con preghiere e alla fine lo fa salire sul suo cavallo, poi galoppa sulle tracce
Come l’avremo in potestate, allora di Angelica.
di chi esser de’ si provi con la spada:
non so altrimenti, dopo un lungo affanno,
che possa riuscirci altro che danno.»

21 O grande bontà degli antichi cavalieri! Erano rivali, avevano una fede
Al pagan la proposta non dispiacque: religiosa diversa, e sentivano tutto il corpo dolente per gli aspri colpi ricevuti;
così fu differita la tenzone; eppure vanno insieme senza sospetto, per selve oscure e sentieri fuori
e tal tregua tra lor subito nacque, mano. Il cavallo, spronato da quattro piedi, arriva al punto in cui la strada si
sì l’odio e l’ira va in oblivione, biforca.
che ‘l pagano al partir da le fresche acque
non lasciò a piedi il buon figliuol d’Amone:
con preghi invita, ed al fin toglie in groppa,
e per l’orme d’Angelica galoppa.

22 E poiché i due non sapevano quale delle due vie avesse imboccato la
Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui! fanciulla (poiché le orme fresche sembravano uguali in entrambe), si
Eran rivali, eran di fé diversi, rimisero alla sorte e Rinaldo percorse una strada, il saraceno l'altra.

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 3 di 6
e si sentian degli aspri colpi iniqui Ferraù si addentrò molto nel bosco e alla fine si ritrovò nel punto da dove era
per tutta la persona anco dolersi; partito.
e pur per selve oscure e calli obliqui
insieme van senza sospetto aversi.
Da quattro sproni il destrier punto arriva
ove una strada in due si dipartiva.
Si ritrova proprio sul fiume dove l'elmo gli era caduto in acqua. Non
23 sperando più di ritrovare la donna, per riprendere l'elmo scende nelle rive
E come quei che non sapean se l’una umide più vicine al margine, in quel punto dove gli era cascato: ma quello
o l’altra via facesse la donzella era così conficcato nella sabbia che avrebbe dovuto faticare molto per
(però che senza differenza alcuna riaverlo.
apparia in amendue l’orma novella),
si messero ad arbitrio di fortuna,
Rinaldo a questa, il Saracino a quella.
Pel bosco Ferraù molto s’avvolse,
e ritrovossi al fine onde si tolse. Tasta il fondale del fiume con un gran ramo d'albero senza foglie, del quale
aveva fatto una lunga pertica, e non tralascia di battere e cercare in ogni
24 punto. Mentre in maniera molto stizzita prolungava il suo indugio qui, vide
Pur si ritrova ancor su la rivera, uscire dal fiume un cavaliere fino al petto, di aspetto feroce.
là dove l’elmo gli cascò ne l’onde.
Poi che la donna ritrovar non spera,
per aver l’elmo che ‘l fiume gli asconde,
in quella parte onde caduto gli era
discende ne l’estreme umide sponde:
ma quello era sì fitto ne la sabbia,
che molto avrà da far prima che l’abbia. Era tutto armato tranne che nella testa e nella mano destra teneva un elmo:
era lo stesso elmo che Ferraù aveva a lungo cercato inutilmente. Parlò a
25 Ferraù come se fosse arrabbiato, e disse: «Ah, mancatore di parola, fellone!
Con un gran ramo d’albero rimondo, perché fai tante storie per lasciarmi l'elmo che molto tempo fa avresti dovuto
di ch’avea fatto una pertica lunga, restituirmi?
tenta il fiume e ricerca sino al fondo,
né loco lascia ove non batta e punga.
Mentre con la maggior stizza del mondo
tanto l’indugio suo quivi prolunga,
vede di mezzo il fiume un cavalliero Ricordati, pagano, quando uccidesti il fratello di Angelica (e sono io), e mi
insino al petto uscir, d’aspetto fiero. promettesti di gettare nel fiume entro pochi giorni anche il mio elmo insieme
al resto dell'armatura. Ora se la fortuna fa il mio volere, quello che tu non
26 hai voluto fare, non arrabbiarti; e se proprio ti devi arrabbiare, fallo per il
Era, fuor che la testa, tutto armato, fatto che hai mancato di parola.
ed avea un elmo ne la destra mano:
avea il medesimo elmo che cercato
da Ferraù fu lungamente invano.
A Ferraù parlò come adirato,
e disse: «Ah mancator di fé, marano!
perché di lasciar l’elmo anche t’aggrevi, Ma se proprio hai desiderio di un elmo raffinato, trovane un altro e
che render già gran tempo mi dovevi? conquistalo con maggiore onore; il paladino Orlando ne porta uno e così
Rinaldo, forse migliore del mio: uno appartenne ad Almonte, l'altro a
27 Mambrino; conquista uno di quelli col tuo valore e questo, che avevi
Ricordati, pagan, quando uccidesti promesso di lasciarmi, fari meglio a lasciarmelo subito».
d’Angelica il fratel (che son quell’io),
dietro all’altr’arme tu mi promettesti
gittar fra pochi dì l’elmo nel rio.
Or se Fortuna (quel che non volesti
far tu) pone ad effetto il voler mio, All'improvvisa apparizione di quel fantasma dall'acqua al saraceno si rizzò
non ti turbare; e se turbar ti déi, ogni pelo e impallidì il viso; la voce si strozzò in gola al momento di uscire.
turbati che di fé mancato sei. Sentendo poi che l'Argalia, che aveva ucciso qui (aveva infatti quel nome) gli
rimproverava in quel modo di aver mancato di parola, arse dentro e fuori di
28 vergogna ed ira.
Ma se desir pur hai d’un elmo fino,
trovane un altro, ed abbil con più onore;
un tal ne porta Orlando paladino,
un tal Rinaldo, e forse anco migliore:
l’un fu d’Almonte, e l’altro di Mambrino:
acquista un di quei dui col tuo valore; Non avendo il tempo di trovare una scusa e sapendo bene che diceva il vero,
e questo, ch’hai già di lasciarmi detto, restò senza risposta a bocca chiusa; ma la vergogna gli colpì tanto il cuore
farai bene a lasciarmi con effetto.» che giurò sulla vita della madre Lanfusa di non volere più un altro elmo se
non quello che Orlando aveva tolto dal capo del feroce Almonte, in
29 Aspromonte.

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 4 di 6
All’apparir che fece all’improvviso
de l’acqua l’ombra, ogni pelo arricciossi,
e scolorossi al Saracino il viso;
la voce, ch’era per uscir, fermossi.
Udendo poi da l’Argalia, ch’ucciso E mantenne questo giuramento meglio di quanto non avesse fatto col primo.
quivi avea già (che l’Argalia nomossi) Se ne andò via tanto scontento che si rose dentro di sé molti giorni. Voleva
la rotta fede così improverarse, solo cercare Orlando in ogni luogo, dove pensava di trovarlo. Al buon Rinaldo
di scorno e d’ira dentro e di fuor arse. accadde un'altra avventura, poiché percorreva una via diversa.

30
Né tempo avendo a pensar altra scusa,
e conoscendo ben che ‘l ver gli disse,
restò senza risposta a bocca chiusa;
ma la vergogna il cor sì gli trafisse,
che giurò per la vita di Lanfusa Rinaldo non percorse molta strada quando vide saltare davanti il suo feroce
non voler mai ch’altro elmo lo coprisse, destriero: «Baiardo mio, su, ferma il passo! Essere senza di te mi è troppo
se non quel buono che già in Aspramonte dannoso». Ma il cavallo, sordo, non torna a lui per questo richiamo, anzi
trasse dal capo Orlando al fiero Almonte. fugge via ancora più veloce. Rinaldo lo insegue e si strugge di rabbia: ma
seguiamo Angelica, che fugge a sua volta.
31
E servò meglio questo giuramento,
che non avea quell’altro fatto prima.
Quindi si parte tanto malcontento,
che molti giorni poi si rode e lima.
Sol di cercare è il paladino intento
di qua di là, dove trovarlo stima.
Altra ventura al buon Rinaldo accade,
che da costui tenea diverse strade.

32
Non molto va Rinaldo, che si vede
saltare inanzi il suo destrier feroce:
«Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede!
che l’esser senza te troppo mi nuoce.»
Per questo il destrier sordo, a lui non riede
anzi più se ne va sempre veloce.
Segue Rinaldo, e d’ira si distrugge:
ma seguitiamo Angelica che fugge.

Interpretazione complessiva
L'autore si rifà al racconto di Boiardo che già nell'Innamorato (II.XXI.21) accennava al fatto che Carlo Magno aveva sottratto
Angelica a Orlando e Ranaldo e l'aveva affidata a Namo di Baviera, promettendo in realtà solo di dirimere la contesa in modo
"Che ogniom iudicherebbe per certanza / Lui esser iusto e dritto a la bilanza": Ariosto riprende la narrazione da qui e immagina
che la fanciulla, approfittando della rotta dei cristiani, fugga dalla tenda di Namo e inizi la sua fuga precipitosa nella selva da
dove si dipaneranno buona parte degli intrecci del poema. Questa selva ricorda in parte quella "oscura" in cui Dante si smarrisce
all'inizio della Commedia, anche se nel Furioso essa allude metaforicamente alla vita umana in cui tutti, chi più chi meno, siamo
alla affannosa ricerca di qualcosa che quasi mai riusciamo a trovare, quindi è un luogo "terreno" in cui nessun personaggio
troverà indicazioni per imboccare la "diritta via" ma, al contrario, ciascuno finirà per smarrirsi e sbagliare strada (una funzione
simile sarà svolta anche dal secondo castello di Atlante, in cui tutti cercano qualcosa che non trovano; ► TESTO: Il castello di
Atlante (/il-castello-di-atlante.html)). La selva si presenta come uno spazio labirintico in cui non è chiaro dove si dirigano i vari
personaggi, con Angelica che scappa disperata, Rinaldo che insegue sia lei sia il cavallo che gli è sfuggito, Ferraù che cerca la
fanciulla e l'elmo, e così via.
Angelica nella sua fuga precipitosa incontra vari suoi pretendenti, tra cui inizialmente Rinaldo e Ferraù già protagonisti
dell'Innamorato: il primo ama Angelica ma è odiato da lei, perché i due avevano bevuto rispettivamente alla fonte dell'amore e
del disamore, il che spiega perché la fanciulla scappa come la "pastorella" che vede un serpente nell'erba (cfr. Inn., II.XV,
episodio che ribaltava quello avvenuto nel primo libro), mentre Ferraù l'ama a sua volta e la insegue da quando aveva ucciso suo
fratello Argalìa e l'aveva pretesa in sposa, venendo da lei rifiutato per la sua bruttezza. Il duello tra i due paladini è inevitabile e
lo scontro ricalca quello avvenuto tra lo stesso Ferraù e Orlando nel precedente poema, anche in quel caso per amore di Angelica
e durante il quale il cristiano gli aveva rivolto la stessa proposta di differire lo scontro per inseguire la fanciulla, benché in quel
caso Ferraù avesse rifiutato con sdegno (Inn., I.III.79-81). Qui invece il saraceno accetta e i due inseguono Angelica sul suo
cavallo, in virtù di una tregua poco verosimile ma che dà modo all'autore di celebrare la "gran bontà de’ cavallieri antiqui", capaci
di sospendere le ostilità in virtù di un patto cortese (l'ironia di Ariosto è evidente e si collega alla rievocazione nostalgica della
cavalleria ormai inconciliabile con la moderna società, in cui le corti si sono tramutate in centri spietati di potere). Rinaldo
all'inizio e alla fine dell'episodio insegue Baiardo, il prodigioso destriero dal corpo fatato e dotato di intelligenza umana che

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 5 di 6
compariva già nelle chansons de geste e che nell'Innamorato veniva portato da Astolfo ad Albraca, dove cadeva nelle mani prima
di re Agricane e poi di Orlando suo uccisore (► TESTO: Il duello di Orlando e Agricane (/il-duello-di-orlando-e-agricane.html)): ci
verrà poi spiegato (II.20-22) che il cavallo non è scappato per caso, ma per condurlo da Angelica che lui aveva seguito sin da
quando lei era fuggita dalla tenda di Namo. Al termine del canto il cavallo si lascerà ammansire da Angelica, prima che Rinaldo lo
ritrovi e si batta con Sacripante (► TESTO: La fuga di Angelica/3 (/la-fuga-di-angelica3.html)).
Ferraù ha perso nel fiume l'elmo che aveva sottratto ad Argalìa, il fratello di Angelica da lui ucciso, al quale aveva promesso di
gettare il corpo con tutta l'armatura in un corso d'acqua nelle Ardenne, ottenendo però di trattenere l'elmo per quattro giorni
avendo distrutto il suo: il saraceno non aveva mantenuto la promessa e ora viene aspramente rimproverato dallo spettro dello
stesso Argalìa, che emerge magicamente dall'acqua armato di tutto punto con in mano l'elmo cercato da Ferraù (► TESTO: La
morte di Argalìa (/la-morte-di-argalia.html); Ferraguto perdeva l'elmo in circostanze analoghe anche in Inn., II.XXXI.4, pur
recuperandolo). Questi riceve epiteti propri del gergo cavalleresco ("mancator di fé, marano") e si vergogna di se stesso, tanto
che decide di restare senza elmo finché non otterrà in battaglia quello di Orlando, a sua volta sottratto ad Almonte (fratello di
Troiano, padre di Agramante) che il paladino franco aveva ucciso in Aspromonte. Ariosto dice ironicamente che a questo
giuramento Ferraù terrà fede, nel senso che il pagano sottrarrà furtivamente l'elmo di Orlando alla fine di un duello, avvenuto
dopo che i due saranno usciti dal secondo castello di Atlante. L'apparizione del fantasma di Argalìa costituisce il primo di una
lunga serie di elementi magici che caratterizzano il poema.
Il testo è fitto di rimandi letterari alle più diverse fonti e oltre al poema boiardesco, che costituisce il precedente immediato,
viene citata anche l'Eneide, specie nella reazione di Ferraù davanti al fantasma di Argalìa ("ogni pelo arricciossi, / e scolorossi al
Saracino il viso; / la voce, ch’era per uscir, fermossi") che ricalca Aen., I.774 (obstipui, steteruntque comae et vox faucibus
haesit, il racconto di Enea che vedeva l'ombra della moglie Creusa), ma anche Dante, Inf., V.131 ("e scolorocci il viso", il
racconto di Francesca da Rimini; ► TESTO: Paolo e Francesca (/paolo-e-francesca.html)). Dante è peraltro più volte riecheggiato
nel corso dell'episodio, anzitutto in 13.7 ("Di sù di giù") e 31.6 ("di qua di là"), in entrambi i casi con riferimento ancora a Inf.,
V.43 ("di qua, di là, di giù, di sù li mena"), e poi anche in 27.7-8 ("e se turbar ti déi, / turbati che di fé mancato sei", che
rimanda a Inf., III.94-96). L'immagine di Angelica che fugge da Rinaldo come la contadinella davanti al "serpe crudo" riprende
invece ancora Virgilio, Georg., IV.457-9 (il racconto di Euridice morsa da un serpente mentre scappa da Aristeo).

(/testi.html)

(/autori.html) (/opere.html)
(/percorsi.html) (/schede.html) (/video.html)

https://letteritaliana.weebly.com/la-fuga-di-angelica1.html 25/09/18, 16B01


Pagina 6 di 6

Potrebbero piacerti anche