Le cose cambiano sì, ma nel modo meno aspettato, deludono le attese, le
speranze e i progetti e le intenzioni sortiscono effetti contrari a quelli voluti. Infatti i cavalieri non trovano quello che cercano e trovano quello che non hanno cercato. Ma questo meccanismo apre, svela, un tema cruciale: i parziali e isolati smacchi preludono all'attesa delusa centrale e dominante, da cui scaturisce la follia di Orlando e, a livello non tragico, alludono alla magia del castello di Atlante, luogo delle vanità come la Luna indagata da Astolfo. Spazio e tempo La vicenda si svolge durante le crociate medioevali tra gli infedeli e l’ impero di Carlo Magno. Gli ambienti più ricorrenti sono i villaggi,le sale dei castelli,i campi di battaglia e i monasteri tutti prevalentemente abitati da cavalieri. Questi luoghi come i personaggi non sono descritti dettagliatamente. La vicenda si svolge in un periodo piuttosto lungo e la narrazione è lenta e in ordine cronologico. STRUTTURA NARRATIVA Ne Il cavaliere inesistente, l'autore fa narrare la vicenda a una suora (intreccio), e talvolta all'inizio di un capitolo interrompe la narrazione per far effettuare alla religiosa delle riflessioni sui fatti raccontati o delle digressioni sulle fonti di ispirazione utilizzate o ancora farle pronunciare delle scuse al lettore per la sua ignoranza su qualche argomento trattato. Per buona parte del libro Il cavaliere inesistente, circa dieci capitoli, il ritmo narrativo risulta abbastanza lento e la narrazione è tralasciata per descrizioni di ambienti e dettagliati riferimenti a questioni che non incidono sulla trama principale. Nella seconda parte al contrario il ritmo narrativo è molto veloce per ammissione della stessa monaca narratrice, che afferma di "stare aspettando qualcosa", che nel colpo di scena finale sarà proprio Rambaldo. La sintassi de Il cavaliere inesistente è strutturata prevalentemente su proposizioni principali e il linguaggio risulta abbastanza semplice e privo di figure retoriche. Il racconto non presenta un definito personaggio principale, in quanto, a seconda delle fasi della narrazione vede evidenziato un personaggio : come all'inizio dell'opera Agilulfo sembra il protagonista, in seguito Rambaldo focalizza su di sé l'attenzione, poi le avventure di Torrismondo, anche se velocemente narrate, assumono un ruolo importante e infine con la rivelazione dell'identità della narratrice il personaggio di Bradamante prevale sugli altri. L'autore nel libro Il cavaliere inesistente appare ironico, grande conoscitore delle epoche storiche e formidabile analizzatore dei rapporti fra le classi sociali. La monaca Teodora scrive per penitenza vicende da lei realmente vissute. Non appare un vero e proprio narratario riscontrabile nei personaggi del romanzo. L'autore reale si rivolge con intenti didattici ma divertenti ad un pubblico giovane. Capitolo primo In un pomeriggio di prima estate, sotto le rosse mura di Parigi, Carlo Magno passa in rassegna le sue truppe. Tutti i cavalieri si presentano; giunge finalmente al serrafila, Agilulfo, cavaliere dalla bianca armatura, che sostiene di non esistere, di prestare servizio con la sola forza di volontà e la fede nella "santa causa"; pertanto si rifiuta di mostrare a Carlo Magno il viso, fino a quando, a seguito della sua insistenza, solleva la celata e l'armatura risulta veramente vuota. Capitolo secondo Agilulfo è un paladino che svolge tutti i suoi compiti perfettamente e per questo è antipatico a tutti. Una notte, non riuscendo a dormire, passeggia meditando. Incontra un cavaliere di nome Rambaldo, ingenuo e inesperto, che gli dice di voler vendicare suo padre, il marchese Gherardo di Rossiglione, ucciso dall'Argalif Isoarre. ll giorno seguente, Rambaldo scopre che in realtà Agilulfo non esiste ma che, a detta di due comandanti con cui si trova a parlare, invece è un ammasso di ferraglia inutile. Rambaldo, però, spera di incontrarlo nuovamente perché secondo lui, è l'unica figura che dà concretezza, essendo la presenza più solida, al resto dell'esercito. Capitolo terzo Giunge un altro giorno e l'esercito franco di Carlo Magno, dopo diverse ore di galoppo, si accampa in uno spiazzo dove ode strani versi. E' così che incontra Gurdulù, "uno che c'è ma non sa d' esserci" e che qualche volta crede di essere un animale o un oggetto. Colpito da questo uomo, l'imperatore Carlo Magno, lo fa diventare scudiero di Agilulfo ma Gurdulù corre attraverso i cespugli sparendo alla vista di quest'ultimo che si muove come per rintracciarlo ma non lo vede più. I suoi compagni gli chiedono, per prenderlo in giro, quando comincerà a prestar servizio il nuovo scudiero. Agilulfo risponde seriamente che ogni ordine dell'imperatore deve essere eseguito immediatamente. Capitolo quarto Chi narra il romanzo è Suor Teodora. Tutti i cavalieri Cristiani sono pronti al combattimento contro gli Infedeli, anche Rambaldo sta aspettando il segnale dell' attacco con l'unico scopo di uccidere l'Argalif Isoarre. Si capisce che la battaglia è iniziata per via della tosse da parte di tutti i cavalieri a causa del polverone sollevato dai cavalli al galoppo. Rambaldo chiede all'interprete di tradurre ciò che un saracino sta dicendo ovvero di lasciargli il passo. Per risposta Rambaldo glielo avrebbe lasciato solo dietro l'informazione di dove si trova l'Argalif Isoarre perché deve vendicare la morte di suo padre; come da indicazioni va sull'altura a sinistra, ma quando ci sale trova l'Argalif Abdul; allora si reca su quella a destra dove si trova davanti uno scudiero con l'incarico di portare sempre con sé un paio di occhiali in quanto l'Argalif Isoarre è miope. Nel momento in cui lo scudiero avrebbe dovuto porgerglieli, Rambaldo, con la lancia, li rompe mentre Isoarre muore trafitto da parte a parte per mano di un cavaliere cristiano. Una volta vendicata la morte del padre anche se non in maniera diretta, Rambaldo si rifugia in una radura nella quale viene attaccato da due mori. Mentre sta per soccombere sotto i colpi degli avversari, è soccorso da un cavaliere pervinca che lo salva e fugge senza proferire parola. Rambaldo cerca di seguirlo perdendolo prima di vista e poi ritrovandolo nudo e immerso nell'acqua di un ruscello, scoprendo, con enorme sorpresa, che è una donna di nome Bradamante della quale si è già innamorato perdutamente. Tornato al campo, racconta tutto l'accaduto ai compagni che lo deridono facendolo rimanere senza parole e con l'unica speranza di poter incontrare il cavaliere inesistente con il quale confidarsi. Capitolo quinto Suor Teodora descrive il campo durante l'ora del rancio. Rambaldo vuole diventare un paladino come Agilulfo, per salvare i cristiani più deboli e coprirsi di gloria. Agilulfo smentisce questa illusione facendogli capire le responsabilità di essere paladino. Pertanto lo fa andare nelle cucine dei reggimenti a verificare se tutto è in regola con l'incarico di riferirglielo. Quando torna non ha le idee chiare perché i poveri che vengono per mangiare la zuppa hanno nomi diversi ma si assomigliano tutti; Agilulfo quindi decide di andare a verificare lui stesso. Con sua somma sorpresa, riscontra che il poveretto è Gurdulù; così gli rammenta che per ordine di Carlo Magno è il suo scudiero e che pertanto devono, tra gli altri compiti, anche seppellire i morti della battaglia e fare legna. Così, nel bel mezzo dei lavori, Rambaldo trova il coraggio di chiedere a Agilulfo se conosce Bradamante; il paladino non gli risponde ma ha come uno scatto d'ira nel mostrargli come si taglia, con un colpo netto e in maniera dritta, un tronco Questo gesto lo spaventa non comprendendo cosa sia preso ad Agilulfo. Capitolo sesto Il giorno seguente, Rambaldo incontra Bradamante; quando la vede per la prima volta in viso la trova bellissima. Andandole incontro la sfida al tiro con l'arco. Casualmente Agilulfo passa da quelle parti e Bradamante, colpita dal suo fascino se ne innamora perdutamente. Pertanto lo invita a tirare con l'arco. Rambaldo, rassegnato all'amore che Bradamante prova per Agilulfo, segue gli altri cavalieri. Incontra così Torrismondo, un giovane guerriero convinto che la guerra, condotta contro gli Infedeli, sia perfettamente inutile perché tutti sarebbero scomparsi tranne i cavalieri del San Gral. Capitolo settimo Agilulfo si reca al banchetto imperiale al quale Carlo Magno arriva prima di tutti e con scostumatezza mangia anche con le mani. I paladini, che arrivano alla spicciolata, si avventano sul cibo facendo più confusione che in battaglia mentre, dove è seduto Agilulfo, tutto procede calmo, pulito e ordinato. I cavalieri cominciano a raccontare delle loro battaglie vantandosene e Agilulfo, citando i documenti, afferma o smentisce i loro aneddoti risultando, ancora una volta, il solito antipatico. A questo punto Torrismondo si alza dicendo che anche Agilulfo non è senza macchia perché quando ha salvato Sofronia, figlia del re di Scozia, dai briganti, quest'ultima non era più vergine perché a tredici anni era già incinta di lui e, per evitare le ire dei genitori quando avessero appreso il suo stato, fuggì vagando per gli altopiani. Questo significa che Agilulfo non è cavaliere perché solo chi salva una donna vergine può diventarlo; così, anche per volere di Carlo Magno, parte alla ricerca di Sofronia con al seguito Gurdulù, il suo scudiero. Torrismondo, affermando di essere figlio illegittimo, non può rivestire il grado di cavaliere. Carlo Magno, nell'udire che, per Torrismondo, padre è il Sacro Ordine dei Cavalieri del San Gral, dice che solo se l'Ordine nel suo complesso lo riconoscerà come figlio, allora potrà conservare i suoi diritti militari. Così anche Torrismondo parte pieno di speranza. Vedendo Agilulfo pronto alla partenza, Bradamante si commuove a differenza di tutti gli altri cavalieri che fanno finta di non saper l'ora del suo allontanamento e, piena di amore per lui, lo segue. Anche Rambaldo, vedendo Bradamante partire, per le stesse ragioni, la segue. Capitolo ottavo Agilulfo e Gurdulù si mettono in viaggio. Il cavaliere si ferma a chiedere la strada ad una mugnaia che gli offre pane, acqua (rifiutate) e biada per il cavallo (accettata). Ripartito deve attraversare una città cinta da mura, le cui guardie vogliono che scopra il viso perché in cerca di un brigante feroce che imperversa nei dintorni. Rifiutandosi scappa e poco dopo consegna loro il brigante. Nel frattempo, Bradamante giunge nei luoghi in cui è passato Agilulfo e chiede se qualcuno lo ha visto. A sua volta Rambaldo chiede se qualcuno ha visto entrambi. Intanto Agilulfo incontra una donna che lo prega di liberare il castello della sua signora dall'assedio di un feroce branco di orsi. E' così che Agilulfo incontra Priscilla, una vedova non tanto alta e non tanto in carne che si innamora di lui e con la quale trascorre una notte bellissima in cui la elogia e la vezzeggia.. Capitolo nono Agilulfo riparte e arriva in Inghilterra, al monastero dove, da quindici anni, è ritirata Sofronia. Un vecchio gli dice che il convento è stato raso al suolo da una flotta di pirati moreschi che hanno deportato le monache in Marocco per essere vendute come schiave. Agilulfo si imbarca per il Marocco. La nave si scontra con una balena e si rovescia; il cavaliere cola a picco sul fondo del mare e lo percorre a piedi fino al Marocco. Gurdulù, il fedele scudiero, si impiglia in una rete di pescatori saracini, i quali lo portano con sé per farne un pescatore di ostriche. Una sera Agilulfo giunge finalmente in Marocco ricongiungendosi con Gurdulù che, con i pescatori, deve cercare perle per il sultano, scoprendo così che Sofronia è stata destinata in sposa al sovrano marocchino. Il cavaliere dalla bianca armatura si propone come regalo alternativo per la futura sposa; così quando giunge all'interno della stanza in cui si trova Sofronia, la prende e fugge con lei, inseguito dalle guardie saracene, su di una feluca diretta verso le terre cristiane. A questo punto la feluca sbatte contro la scogliera di Bretagna e Agilulfo pensa di lasciare Sofronia all'interno di una grotta, raggiungendo a piedi il campo di Carlo Magno per proclamare la verginità della donna. Torrismondo giunge dove è rifugiata Sofronia. Capitolo decimo Torrismondo è in cerca dell'accampamento segreto dei Cavalieri del Santo Gral; giunge a Curvaldia dove chiede agli abitanti di un villaggio un po' di ricotta e pan bigio ma glielo rifiutano per via delle oblazioni che devono fare ai Cavalieri del Santo Gral presenti nella foresta. Torrismondo li raggiunge e, una volta spiegata la storia della sua vita, purtroppo non possono riconoscerlo come loro figlio ma ugualmente gli chiedono di rimanere e di essere un membro dell'Ordine. Per qualche giorno rimane coi cavalieri concentrandosi veramente per entrare in estasi e raggiungere una completa comunione col tutto; il giorno in cui i Cavalieri vanno nei vari villaggi per la riscossione dei tributi, si accaniscono inutilmente sui contadini che non hanno nulla da offrire loro e così Torrismondo si schiera a favore del popolo facendo battere in ritirata l'Ordine e fuggendo via non sapendo nemmeno più lui chi fosse. Raggiunge una grotta e recandosi al suo interno per trovare riparo, vede Sofronia dormire. Tra i due c'è uno scambio di battute attraverso il quale si apprende l'amore che già nutre Torrismondo per la donna. Capitolo undicesimo Carlomagno assieme ad Agilulfo, Gurdulù e una vecchia esperta nelle faccende di donne sono diretti in Bretagna presso la grotta dove il cavaliere dalla bianca armatura ha lasciato Sofronia. Entrando, vedono la donna e Torrismondo giacere in un amplesso. Agilulfo chiama per nome Sofronia e Torrismondo, sentendone il nome, pensa di aver commesso un incesto nefando e per questo fugge; assieme a lui anche Agilulfo. Torrismondo torna pensando che fino a un attimo prima la donna era vergine e che non può essere sua madre. In effetti si apprende che Sofronia ha cresciuto il figlio della sua matrigna nato da un incontro fortuito. Quando apprese che il re era di ritorno, mandò i bambini nel bosco a passeggio e da lì non fecero più ritorno. Rambaldo va a cercare Agilulfo; trovando solo la sua armatura sotto un albero di quercia e un cartiglio con il quale gli dice che lascia l'armatura proprio a lui, decide di indossarla: giunto dall'imperatore afferma che di Agilulfo è rimasta solo l'armatura e che non vede l'ora di andare in battaglia. Rambaldo, finita la guerra, viene raggiunto da un cavaliere, Bradamante, che lo crede Agilulfo perché ne indossa l'armatura. Una volta congiunti, si guardano negli occhi e vedendo che si tratta di Rambaldo, la donna pervinca fugge dopo averlo stordito con un colpo di spada. Gurdulù diventa lo scudiero di Torrismondo e Rambaldo alla ricerca dell'unico a cui vorrebbe confessare le sue pene, non smette di cercare Agilulfo in ogni bivacco. Si celebrano le nozze, al cospetto di Carlo Magno, tra Torrismondo, che viene eletto conte di Curvaldia e Sofronia. Raggiunto il villaggio lo vedono rifiorito e gli abitanti accettano l'arrivo di Torrismondo e del suo seguito ma solo come loro pari. Capitolo dodicesimo Bradamante, che ora si scopre essere Suor Teodora, riflette che l'uomo della sua vita è Rambaldo, che cercandola ovunque, finalmente l'ha trovata presso quel convento dove si rifugia per dimenticare le sofferenze amorose patite da cavaliere pervinca. Lo raggiunge e con lui sale a cavallo sperando che questo amore duri per sempre. I personaggi de Il cavaliere inesistente Agilulfo Agilulfo pignolo e intransigente paladino di Carlo Magno, oltre alla sua stravagante non esistenza nel suo personaggio si evidenzia l'assenza di ogni sentimento e sensazione, che lo dipinge quasi come un personaggio inanimato. Tuttavia nel finale del racconto sentendosi ferito nell'orgoglio e nell'onore si ritira e abbandonando la sua armatura svanisce, dimostrando di poter provare sentimenti e che non esiste un uomo oltre al cavaliere. L' interesse per lui di Bradamante lo turba notevolmente, come dimostra nel secondo incontro con Rambaldo. Agilulfo è un ufficiale più noioso degli altri, ma è anche il più infelice. È alla ricerca della perfezione e la più piccola manchevolezza nel servizio gli procura una sofferenza acuta per ciò che è fatto male, fuori posto. Rambaldo di Rossiglione Giovane cavaliere, le sue illusioni sulla guerra e sulla cavalleria crollano immediatamente, ed egli è assalito dalla insicurezza. Assume Agilulfo come sostegno, con lui vorrebbe parlare quando è assalito dallo sconforto. Ma quando si innamora di Bradamante per lui il paladino assume un doppio ruolo: quello di confortatore e quello di rivale in amore. Tuttavia alla fine del racconto dimostra il suo riconoscimento e la sua stima per Agilulfo rincorrendolo per i boschi, e lo stesso paladino, che lo aveva freddamente trattato per tutto il romanzo, alla fine gli concede in regalo la sua armatura, ossia quanto di più caro abbia mai posseduto. Il suo processo di maturazione avviene scontrandosi con la dura realtà della guerra. Bradamante o Suor Teodora Bella e coraggiosa donna, nonché abilissima amazzone. Assunta dall'autore come narratrice dei fatti, non rivela fino alla fine la propria identità. Anche il suo carattere e il suo rapporto con gli altri personaggi muta nel corso della storia, ma il suo cambiamento è repentino: inizialmente altera e fredda con Rambaldo ha occhi solo per Agilulfo, perché ricerca negli uomini la perfezione, mentre al termine della vicenda accoglie Rambaldo abbandonando il convento. Il suo processo di maturazione si compie analizzando i fatti che descrive nel racconto. Torrismondo Giovane cavaliere, il suo carattere non è particolarmente evidenziato ma dalle sue riflessioni si evince la sua concezione pessimistica della vita e di tutte le cose. Nel corso del romanzo matura abbandonando le proprie illusioni giovanili e assumendo ideologie personali. Alla sua comparsa è presentato come anti-eroe del buon Agilulfo, ma nella continuazione dell'intreccio le avventure in Inghilterra e la scoperta della verità sulla sua famiglia lo propongono come personaggio buono. Gurdulù Noto con altri numerosissimi nomi, mendicante frequentatore degli accampamenti, per ordine di Carlo Magno viene assunto da scudiero da Agilulfo, ma si rivela più un peso che un aiuto per il paladino. È in contrapposizione con l'assoluto non essere di Agilulfo. Infatti Gurdulù esiste fisicamente, ma non ne ha coscienza e si confonde con la natura bruta, credendosi di volta in volta anatra, rana, zuppa, cavallo. INDIVIDUAZIONE DELLA TEMATICA PRINCIPALE E DI ALTRE TEMATICHE AD ESSA COLLEGATE Calvino ha voluto far riflettere su alcuni aspetti della realtà di oggi: il cavaliere inesistente appare come il simbolo dell'uomo moderno, che è talmente in crisi da sembrare privo di identità, quasi inesistente. L'uomo del nostro tempo appare infatti incerto, smarrito, privo di orientamenti e sicurezze. C'è qualcosa in lui di vuoto, come è vuota la bianca armatura di Agilulfo. Altri temi ricorrenti sono quello della ricerca, quello della formazione dell'essere e quindi della coscienza di sé. Ma il tema di fondo rimane questo: la forma, rappresentata da Agilulfo, non può esistere senza la vita, rappresentata da Gurdulù. Rambaldo non è altro che il punto di unione dei due e l'esempio da seguire. INTERPRETAZIONE DELLE INTENZIONI DELL'AUTORE A mio parere Calvino propone di superare la condizione in cui si trova il suo Agilulfo. Egli è un essere incompleto; egli vive solo di volontà e di ragione, ma gli manca un elemento importante: il corpo, con tutto ciò che questo significa (calore, sentimenti, emozioni). L'uomo dunque non è completo se non riesce ad impiegare con armonia tutte le sue facoltà, sia quelle legate al pensiero, sia quelle legate ai sentimenti e agli affetti. Questo, all'interno del racconto, è reso evidente dalla contrapposizione tra le due figure di Agilulfo eGurdulù: freddo e razionale il primo, vivo e incosciente il secondo; ma soprattutto dalla figura di Rambaldo che si può considerare come l' "unione", il "punto di incontro", la "somma" tra Gurdulù e Agilulfo. Eglio è infatti un essere razionale, come Agilulfo, ma che si lascia guidare anche dal suo cuore e dalle sue emozioni, come fa Gurdulù