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BOIARDO E L’ORLANDO INNAMORATO

L’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, pubblicato nel 1483 ma composto già a partire dal 1476, è un testo fondamentale per comprendere
tutto il grande ciclo dei poemi epico-cavallereschi, che poi prosegue nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1474-1533) e nella Gerusalemme
liberata di Torquato Tasso (1544-1595). Il proemio del testo, che unisce e contamina il ciclo bretone e quello carolingio, trasponendo a livello colto e
“ufficiale” ciò che è già avvenuto in passato nei cantari popolari, è una zona stategica per presentare i temi e i protagonisti dell’opera. Qui infatti
l’autore delinea un affresco accurato e raffinato dell’ambiente della corte degli Estensi, di cui fanno parte i destinatari privilegiati del poema. Sfondo
della vicenda di Oralndo è la corte di Carlo Magno, teatro di una giostra a cui sono chiamati a partecipare guerrieri cristiani e saraceni.

Sin dalle prime righe, l’autore si premura di sottolineare e mettere ben in evidenza (I, v. 2: “cose dilettose e nove”; II, vv. 1-4) la novità apportata dal
proprio poema; per il pubblico dell’epoca, infatti, la figura eroica del paladino che rimane soggiogato da Amore è uno scarto significativo rispetto
all’immagine trasmessa dalla tradizione 1

L’azione di Amore come elemento strutturale della trama e delle vicende narrate si coglie da subito: se la prima ottava introduce l’argomento
dell’opera (le imprese che “fece il franco Orlando per amore”), la seconda e la terza sviluppano il tema della forza della passione, che non viene
però sviluppato in termini termini edonistici o lussuriosi. Piuttosto, per Boiardo e per il suo pubblico aristocratico l’amore diventa una strategia per
richiamarsi al mondo delle virtù e degli ideali cortesi, in cui l’amore era metafora del sistema di valori che legava un cavaliere al proprio signore
feudale. 2. In tal senso, quasi per non generare dubbi ed ambiguità nel proprio pubblico, Boiardo nella terza ottava precisa che la vicenda che egli si
appresta a raccontare è stata tenuta segreta da tale Turpino, arcivescovo di Reims, per non danneggiare ed infangare la memoria dell’eroe Orlando.

La lingua di questo proemio è il prodotto di una forte commistione linguistica, che possiamo rintracciare anche nella produzione lirica di Boiardo
degli Amorum libri tres e che qui mescola forme toscane, ovvero quelle della “lingua” più illustre e letteraria, e forme delle parlate settentrionali 3,
soprattutto padane, passando pure da formule auliche e sostenute ad espressioni più basse e popolareggianti. La sintassi è comunque semplice e
prevalente lineare e paratattica.

Metro: ottave di endecasillabi.

Orlando innamorato, canto 1: riassunto e commento dei versi

Il primo canto dell'Orlando Furioso presenta già tutti gli elementi costitutivi dell'opera: riassunto e commento di questi versi, perciò, permetteranno
non soltanto di invididuarne la struttura ma anche di fare ulteriori riflessioni sul poema di Ludovico Ariosto.

Il canto inizia con il proemio, in cui, secondo la classica struttura, sono ravvisabili tre elementi: l'esposizione dell'argomento, l'invocazione alla Musa,
la dedica. Alla materia è dedicata la prima ottava e mezzo; Ariosto rivendica la novità della sua scelta di trattare la  follia di Orlando ("cosa non detta
in prosa mai né in rima"); l'invocazione invece è parzialmente sostituita dall'accenno a una donna che ha fatto innamorare il poeta e che spera gli
conceda di mantenere il proprio ingegno: si tratta di un chiaro e ironico parallelismo del narratore con il suo protagonista, divenuto pazzo per
amore. Altre due ottave sono spese per la dedica a Ippolito d'Este, con la promessa particolare di raccontare, tramite le vicende di Ruggiero,
la nascita della casata Estense.
Dopo le quattro ottave proemiali, Ariosto riassume le vicende della trama dell'Orlando innamorato di Boiardo, raccontando in particolare del duello
tra Orlando e Rinaldo per Angelica. All'interno si trova uno dei famosi interventi del narratore ("ecco il giudicio uman come spesso erra!"), che
commenta ironicamente la vicenda e non teme di farsi beffa dei propri stessi personaggi. Il narratore è infatti un deus ex machina, controlla tutto
ciò che avviene e vuole anche presentarci alcuni eventi con uno sguardo distaccato che, appunto, è dato dall'ironia.

La trama del primo canto dell'Orlando Furioso

La narrazione vera e propria comincia con la fuga di Angelica; si tratta di un tratto significativo, perché Angelica nel poema è più o meno sempre
inseguita da qualcuno, in quanto rappresenta l'oggetto del desiderio della ricerca di molti cavalieri. Tale ricerca prende il nome di inchiesta, ossia
appunto il girovagare per vari luoghi per riuscire a trovare qualcosa che si desidera (può essere un oggetto ma anche, appunto, una persona).

Angelica si imbatte in Rinaldo, che sta cercando Baiardo, il suo cavallo fatato di straordinaria intelligenza, spesso molto maggiore di quella degli
umani; la fanciulla si dà subito alla fuga. Nell'ottava 13 si nota in modo chiaro la  percezione dello spazio dell'Orlando Furioso: si tratta di uno spazio
orizzontale, interamente legato alla Terra, che spesso è labirintico e anche frustrante, perché l'uomo non riesce a dominarlo ("Di su di giù, ne l'alta
selva fiera / tanto girò, che venne a una riviera"): insomma, qualcosa di estremamente diverso dalla Divina Commedia.

Sulla riva del fiume Angelica si imbatte in Ferraù, che sta cercando di recuperare il prezioso elmo che gli è caduto in acqua, e che per altro egli ha
portato via al fratello di lei, dopo averlo ucciso. Alle urla della ragazza Ferraù abbandona la sua impresa e si getta in sua difesa: ecco rappresentato,
dunque, il valore spesso fragile dell'inchiesta, che viene continuamente interrotta.

Mentre Ferraù si batte con Rinaldo, il cavallo di Angelica fugge via; dopo un po' i due decidono di interrompere la lotta, perché è più conveniente
che entrambi si dedichino alla ricerca di Angelica. "Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!", commenta ironicamente Ariosto. Arrivati a un bivio, i due
si dividono (torna lo spazio labirintico). Ferraù arriva nuovamente al fiume e, disperando di ritrovare Angelica, torna a dedicarsi al recupero
dell'elmo; gli appare però il fantasma di Argalia, il fratello di Angelica, che gli rammenta la promessa di non prendere il suo elmo. Ferraù decide
quindi di andare alla ricerca dell'elmo di Orlando.

A questo punto (ottava 32) Rinaldo ritrova il suo cavallo; ma il narratore blocca il racconto perché vuole tornare a parlare di Angelica (" Segue
Rinaldo, e d'ira si distrugge: / ma seguitiamo Angelica che fugge"), che, giunta in una radura, si riposa.

Arriva però Sacripante il quale, non visto, si lamenta per il fatto di non essere riuscito a possedere Angelica; sul suo lamento ad un certo punto il
narratore stende un velo ("che non mi par bisogno esser racconte") che rapresenta un esplicito richiamo alla razionalità e al ruolo che un cavaliere
dovrebbe mantenere.  Angelica decide di sfruttare la situazione e di farsi scortare da Sacripante, e si dichiara ancora vergine. "Forse era ver, ma non
però credibile / a chi del senso suo fosse signore": il narratore avanza dei dubbi sull'illibatezza di Angelica, ma non ne è certo. Arriva un misterioso
cavaliere (che in realtà è Bradamante, una donna), che si batte con Sacripante, lo vince e poi torna a cavalcare lungo la sua strada. Sacripante e
Angelica si incamminano e si imbattono in Baiardo; decidono di prenderlo, ma sopraggiunge Rinaldo.

Il distico finale dell'ultima ottava ("Quel che seguì tra questi duo superbi / vo' che per l'altro canto si riserbi") è segno della chiara percezione
della struttura scritta dell'opera.

CONFRONTO TRA BOIARDO E ARIOSTO


I Proemi di Boiardo e Ariosto L'orlando innamorato (di Boiardo) è precedente all'Orlando furioso (di Ariosto) e potrebbe essere considerato una
sorta di ispirazione per Ariosto. Lo dice lo stesso Ariosto Ariosto in una lettera del 1512 a Francesco Gonzaga, nella quale si dichiara esplicitamente
continuatore dell'opera del Boiardo.Ludovico ariosto nell’Orlando furioso riprende le vicende dei paladini di Carlo Magno dal punto in cui si era
interrotta la narrazione dell’incompiuto Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo Il periodo storico è lo stesso (siamo sotto l'impero di
Carlomagno) e sono entrambi poemi cavallereschi. Entrambi i poemi parlano dell'amore di orlando e dunque una delle tematiche principali dei due
romanzi è proprio il tema dell'amore. lo schema metrico è simile: ABABABCC in entrambe le opere. Inoltre ogni stanza è divisa in 8 versi. 5 Entrambi
dedicati agli estensi: Boiardo lo dedica a Ercole D'este e Ariosto a Ippolito d'Este. Ariosto, a differenza del Boiardo, avverte una forte contraddizione
tra la sua passione letteraria e il legame con la corte estense. Il poema del boiardo è incompiuto. la sua opera è meno armoniosa ed elegante
dell'Ariosto, ma Boiardo è più energico ed incisivo nel disegno e nella figurazione di certi episodi. Nell'opera di Ariosto è presente una ironia che
manca nel Boiardo e Ariosto vede i suoi personaggi con maggiore distacco. Boiardo può essere definito un "celebratore della cavalleria". A
differenza di Ariosto, che scrive ad un solo secolo di distanza, e non crede più in questa attualizzazione di un mondo cavalleresco. Entrambi, come
ho già detto, trattano il tema dell'amore, ma nel furioso il tema è portato all'esasperazione ed infatti assistiamo anche ad orlando che impazzisce
per amore di Angelica, perde il senno e poi glielo devono andare a recuperare sulla luna. Invece nel Boiardo orlando Orlando capisce che
innamorarsi non è una cosa adatta ad un tipo come lui che deve invece spendere tutta la sua vita a combattere per Dio, per il re e per la patria.
Mentre Boiardo dipinge il mondo cavalleresco con una sorta di ammirazione e rimpianto per quel mondo...e dipinge un orlando eroe cristiano.
Ariosto e i suoi personaggi rispecchiano i caratteri della concezione rinascimentale dell'uomo e della vita. Altra cosa: in Boiardo c'è l'espediente del
manoscritto trovato che parla di queste vicende (un po' come accadrà per manzoni coi Promessi sposi)

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