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Il poema ariostesco è l'opera cardine attorno alla quale ruota tutta la produzione del Suo
autore, anche grazie al Platonismo di fondo: infatti, che si tratti di personaggi antichi, di
cavalieri medievali, di uomini contemporanei della corte o del popolo ferrarese, si sta
comunque e sempre descrivendo LA STESSA NATURA UMANA nonché la sintesi di quanto
l'autore ha sperimentato nelle altre opere, mostrando la capacità di mettere in versi il suo
stesso vissuto, vario e contraddittorio.
Cos'è il Platonismo in Ariosto? La costante che vede nell'uomo un essere diviso tra i suoi
desideri e la delusione dopo il soddisfacimento degli stessi.
Gli uomini risultano prigionieri del desiderio, dell'amore come fine necessario a ognuno per
dare un senso alla vita, ma che perennemente sfugge.
Al centro della visione ariostesca non vi è la dantesca forza di volontà, né il petrarchesco
senso del peccato, vi è solo la fragilità umana.
Senza una meta da raggiungere l'uomo è perso. Nel palazzo di Atlante, si leggerà allora di
un magico e metaforico luogo in cui i destini dei cavalieri e degli uomini si incrociano,
perché tutti inseguono qualcosa ma nessuno riesce a raggiungerla e, per questo, tutti si
perdono.
L'ideale inseguito è qualcosa di vano e inattingibile, l'uomo è convinto di cercare il massimo
dei suoi desideri ma, in realtà, cerca sempre un'illusione.
La follia accompagna per tutta la vita la nostra avventura terrena, in quanto ogni uomo
insegue un suo sogno irraggiungibile e, per convivere con la mancata conquista dello
stesso, si autoinganna. Finché, quando scopre di aver perso l'oggetto del suo desiderio,
impazzisce. Se, da un lato, ogni uomo aspira a essere un microcosmo di valori, dall'altro
perde sistematicamente questi valori e se stesso, nella ricerca di un ideale irraggiungibile